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La Rassegna d’Ischia 3/2001 1 a cura di Raffaele Castagna ISOLA D’ISCHIA 1950 - 1999 cinquanta anni di vita e di storia isolana VIII Lacco Ameno «... paesello petroso, raccolto, guardato dal Fungo, sco- glio tipico, che i movimenti del mare han foggiato nella piccola rada, può vantare il Montevico, antichissima cittadella dei primi coloni ellenici, oggi coperto di fichi d’india e di vigne (ma per nulla risparmiato dai nuovi miraggi della modernità e dello sviluppo edilizio! ndr), con la torre quadrata aragonese, che fa da cappella al cimitero, il seno calmo di San Montano detto anticamente “Ripae”, il seno di San montano le cui acque lambiscono terre misteriose, che coprono un’antica e ora dissepolta necropoli (si rilegga il corsivo sopra riportato) e, raggruppate nella valletta, le casette monocellulari, con la copertura di zinco ondulato, che romba ai soffi del maestrale e del libeccio....» - (Gina Algranati, 1957).

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ISOLA D’ISCHIA1950 - 1999

cinquanta anni di vitae di storia isolana

VIII

Lacco Ameno «... paesello petroso, raccolto, guardato dal Fungo, sco-glio tipico, che i movimenti del mare han foggiato nella piccola rada,può vantare il Montevico, antichissima cittadella dei primi coloni ellenici,oggi coperto di fichi d’india e di vigne (ma per nulla risparmiato dainuovi miraggi della modernità e dello sviluppo edilizio! ndr), con latorre quadrata aragonese, che fa da cappella al cimitero, il seno calmo diSan Montano detto anticamente “Ripae”, il seno di San montano le cuiacque lambiscono terre misteriose, che coprono un’antica e ora dissepoltanecropoli (si rilegga il corsivo sopra riportato) e, raggruppate nellavalletta, le casette monocellulari, con la copertura di zinco ondulato, cheromba ai soffi del maestrale e del libeccio....» - (Gina Algranati, 1957).

La Rassegna d’Ischia 3/2001 1

a cura di Raffaele Castagna

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(continua a pagina 27)

Tre progetti di funivie Rispondendo ad una precisa richiesta di un lettore circa la costru-zione di una funivia per giungere al monte Epomeo, il direttore diIschia nel mondo (Anno I, n. 2/dicembre 1967) così risponde:

“... Dieci anni or sono, il prof.Vittorio Immirzi progettò una fu-nivia che, partendo da Portod’Ischia, saliva al Monte Epomeoe scendeva a Sant’Angelo. Il per-corso Porto d’Ischia - Epomeo - S.Angelo veniva coperto in soli 13minuti. Fu costituita la societàche doveva costruire e gestire lafunivia e fu acquistata anche unazona di terreno, in Via Iasolino,da utilizzare per la stazione dipartenza da Porto d’Ischia. Il pro-getto, tecnicamente perfetto, ven-ne accantonato per difficoltà am-ministrative, sorte in seguito adaltre due iniziative concorrenti,miranti a costruire una funivia daLacco Ameno al Monte Epomeo ed

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altra funivia da Casamicciola alMonte Epomeo. Allo stato attuale esistono tre pro-getti di funivie:

1) Porto d’Ischia-Epomeo-S. Angelo;2) Lacco Ameno-Epomeo;3) Casamicciola-Epomeo.

Nessuno dei tre progetti presen-ta, in questo momento, probabili-tà di realizzazione, nonostante ilnotevole incremento delle attivitàturistiche, termali e commercialigarantisca il migliore successo eco-nomico ad una iniziativa del gene-re. - (V. Telese)

In altro articolo di Etta Comitosi legge il seguente passaggio:“C’è per esempio la famosa, an-nosa, discussa faccenda della fu-nivia: tutti sono d’accordo nellanecessità di impiantarla, ma vi-sto che due sono i Comuni cheessa toccherebbe, ecco la famosa,annosa, discussa faccenda deipiloni: questi piloni dovrebberoessere sette, quattro da una partee tre dall’altra. Inutile dire che ilcomune al quale toccherebbero itre, protesta vivacemente: perchéa me tre ed a quell’altro quattro?E così non se ne fa niente. Salomonicamente si potrebberisolvere la soluzione abolendo loscoglio dei dispari e limitandosiper i piloni ad un equanime tredi qua e tre di là: non ho mai co-struito ponti (ho troppe altre coseda fare) e quindi non sono certase si possa costruirne uno con pi-loni in numero pari. Domandaagli esperti...”.

Nel 1958 si facevano voti:

- “perché il Ministero delle Poste e Telecomunicazioni intervenga per-ché la Società concessionaria delle linee telefoniche isolane estenda lereti private ai Comuni di Barano e Serrara Fontana, realizzi sollecita-mente il centralino automatico isolano, considerando urbana la rete del-l’isola e faciliti l’acquisizione di nuovi abbonati con l’ampliamento del-le reti comunali, e perché lo stesso Ministero garantisca al più prestol’attivazione di nuove linee dirette tra i vari Comuni dell’isola e Roma,non essendo assolutamente sufficiente al traffico telefonico turistico iso-lano la unica linea diretta Lacco Ameno - Roma attualmente esistente;

- “perché gli organi competenti, ed in particolare l’Amministrazione Pro-vinciale di Napoli, prendano in serio esame le varie iniziative tendentiad assicurare il collegamento con funivia tra le marine dell’isola e lavetta dell’Epomeo e, rimosso ogni ostacolo campanilistico o burocrati-co, diano il via alla realizzazione di quello o di quei progetti che abbianopiù immediata e conveniente possibilità di attuazione”;

- “perché la Cassa per il Mezzogiorno, il Ministero dei Lavori Pubblicie l’Amministrazione Provinciale di Napoli attuino (di concerto con l’EnteAutonomo di Valorizzazione dell’isola d’Ischia) il completamento dellarete stradale turistica isolana, realizzando la eliminazione delle curve

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da Ischia nel MondoPeriodico indipendente di infor-mazione e documentazione, diret-to da Vincenzo TeleseAnno II n. 2/Giugno 1968

I PIONIERI DELLA VALORIZZAZIONE

LA SORGENTE NITRUOLI NEL 1924

Situata a circa 300 metri dal li-vello del mare nella Contrada Ni-truoli, Frazione Buonopane del Co-mune di Barano, la Sorgente Ni-trodi sovrasta il burrone scavatodall’acqua stessa, che termina nelletto pluviale, detto Acquara, ovetrovasi la Sorgente Olmitello dinatura diuretica.

L’acqua fuoriesce dalla rocciagranitica con getto ampio, ininte-rotto, abbondante: è limpidissima,molle al gusto ma piacevole; latemperatura alla sorgente sorpas-sa di pochi decimi i 27 gradi deltermometro centigrado.

Quando l’ho conosciuta sul da-vanzale, arginato da un muraglio-ne, esisteva una vasca preadami-tica adibita per lavatoio e da ba-gno; al disotto del muraglione viera un fabbricato incompleto, ini-ziato, come seppi, per la fondazio-ne di un mulino che avrebbe dovu-to essere animato dalla cascatadell’acqua.

In questo periodo di tempo i na-turali della Frazione Buonopane equelli di Barano si bagnavano nel-l’acqua Nitruoli a scopo di sempli-ce nettezza; né vi era alcuna indi-cazione speciale circa l’uso benefi-co di essa.

Chiamato alla direzione delloStabilimento termale Piesco, nelbiennio 1887-89, oggi proprietà diLucibello, potei personalmenteprovare la grande efficacia dell’ac-qua del Gurgitello: però notai chei nevropatici, ritenuti reumatici,non ritraevano eguali vantaggidall’uso dei bagni del Gurgitello.

E poiché di fronte ed a destra del-lo Stabilimento da me diretto, viera la sorgente, così detta dell’Oc-chio, oggi interrata, la cui tempe-ratura non raggiungeva i 40 gra-di, volli sperimentarne l’azione. Mifu facile notare che, a differenzadel Clinico idrologo Dottor Vincen-zo Morgera, il quale faceva inizia-re la cura dei bagni del Gurgitello,

non prima di almeno quattro ba-gni preparatori dell’acqua dell’Oc-chio, questi bagni riuscivano gio-vevolissimi e di grancle sollievonegl’individui nevropatici, e la be-nefica azione aumentava speciequando la temperatura dell’acquadella Sorgente dell’Occhio, col raf-freddamento naturale, si contene-va tra i gradi 27 e 31, secondo lagradevolezza del soggetto.

Avuta questa personale esperien-za nella mente, si rievocò la sto-riella delle Ninfe Nitrodi le quali,tuffandosi nelle acque omonime,riacquistavano la freschezza e losplendore delle carni, appassitedagli anni. Conosciuto il risultatodell’analíisi dell’acqua Nitruolieseguito nel 1896 ne volli speri-mentare l’azione.

Tra i primi casi sottoposti allacura delle miracolose acque di Ni-truoli, fu quello del mio compian-to amico Reverendo Don France-sco Buono fu Saverio, affetto dagrave nevrastenia: il risultato fusemplicemente splendido.

D’allora non ho più enumerati icasi di guarigione ottenuti con lacura dei bagni dell’acqua Nitrodinelle persone affette da isterismo,nevrastenia, istero-nevrastenia, especialmente nelle donne nevropa-tiche, giunte all’età della meno-pausa: in tutti questi casi gli effet-ti della cura sono sorprendenti:sebbene, a marcio scorno della ven-tennale Amministrazione del Co-mune, la vasca da bagno della sor-gente Nitruoli resti allo scopertoinfluenzata da tutte le correnti at-mosferiche!

Ma la virtù salutare dell’acquaNitrodi non si manifesta soltantonelle malattie sopraindicate; oggi

per l’opera dello scrivente, questasorgente può essere, a giusta ra-gione, paragonata con la piscinamiracolosa di Lourdes.

Allorché nel principio del secolopresente, seguendo i progressi del-la scienza, la chirurgia affermò chel’unico mezzo di rendere sterile ilcampo operatorio era l’acqua aset-tica, mi sovvenne il risultato del-l’analisi dell’acqua di Nitruoli ese-guito nel 1896 dall’Amministrazio-ne comunale del tempo. In queldocumento, che dovrebbe trovarsinell’Archivio comunale, l’acqua diNitruoli è dichiarata immune daqualsiasi germe, cioè asettica: eperciò, anziché ricorrere a nuoveanalisi, pensai di assoggettare imiei clienti, affetti da ferite sop-purate, all’irrigazione dell’acqua diNitruoli direttamente sul posto.

I risultati furono sorprendenti; leferite, dopo 10 minuti, venivanodeterse in modo mirabile, la feb-bre soppurativa cedeva per incan-to, il fondo lardaceo cedeva il po-sto a granalazioni rosso-vivo e, se-condo l’intervento la guarigione siverificava, senza alcun soccorsodella farmacia, nel periodo mediodi una settimana. L’ho indicatanella cura del patereccio e, Nitruolisorgente, ha risposto a meravigliacalmando il dolore ed abbrevian-do la guarigione, ma il fatto sor-prendente, miracoloso, l’offre laguarigione quasi istantanea delflemmone incipiente. Dopo la pri-ma irrigazione il dolore si calma,il rossore sbiadisce, il gonfiore siarresta, la linfangilite s’íntercettae scompare, ed alla quinta irriga-zione non si riscontra del flemmo-ne alcuna traccia.

Efficacissimi riescono i bagni diNitruoli nelle malattie della pellesottoforma di foruncolosi, acnepustolose, non di natura specifica,ed in quelle dipendenti da strep-tococchi piogeni.

Ed oggi non vi è ora del giorno,

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1950 - 1999 Cinquanta anni di vita e di storia isolana

in cui non affluisca alla beneficasorgente, gente di ogni età e diambo i sessi per la cura delle feri-te suppurate di ogni specie, d’ar-ma da fuoco, punta e taglio, con-tusi ecc. ecc.; ed affinché la guari-gione avvenga con la maggiore sol-lecitudine, non ho mancato l’indi-cazíone di far coprire con cotoneidrofilo le ferite immediatamentedopo l’irrigazione.

Non ho avuto l’occasione di spe-rimentare l’azione diretta dell’ac-qua di Nitruoli nei soggetti affettida seni fistolosi di natura tuberco-lare del sistema osseo periosteo; ri-tengo, per analogia, che la guari-gione non può mancare, qualora lacura dell’acqua sotto forma d’irri-gazione diretta prolungata, siaprotratta per un certo periodo ditempo senza il soccorso di antiset-tici, tranne la cura interna ricosti-tuente.

Sebbene i Medici idrologi dell’an-tichità non parlino della sorgenteNitrodi con quella dovizia di argo-menti pratico-scientifici, con i qua-li hanno luminosamente illustra-te ed indicate le singole sorgentiminerali del versante sud-est =nord-ovest dell’Isola d’Ischia, nonpertanto, in seguito ai risultatisopra menzionati, affermo che nel-l’Isola non vi è alcuna sorgenteminerale, la quale possa essereparagonata con quella di Nitruoli.Ed aggiungo che, a differenza deiMedici attuali, guidati più dal fineindustriale, anziché clinico, gliantichi Medici, con l’intuito clini-co che tuttora li ricorda, differen-ziavano le sorgenti a seconda deirisultati pratici che ottenevano; inaltre parole i malati venivano sot-

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toposti alla cura delle acque ter-mali, non a casaccio, ma a ciascu-no era assegnata la sorgente Gur-gitello, S. Restituta, Fornello oFontana ecc., secondo il propriomalanno. Non è colpa di costoro semanca nei loro trattati la de-scrizione ed il risultato della cura

delle acque della sorgente Nitruo-li, perché in quei tempi non esiste-va la microbiologia, né la brancadelle malattie nervose.

Non faccia meraviglia quindi, cheio, edotto della scienza microbio-logica e nervosa, seguendo le ormedegli antichi, abbia riscontratonelle acque della sorgente Nitruo-li virtù miracolose tali da parago-narle alla piscina di Lourdes: aprescindere che l’analisi, anzidet-ta, mi aveva dimostrato la comple-ta immunità dell’acqua Nitruoli, ilsano criterio clinico me ne ha datola riprova.

Ed ora i risultati benefici sem-

pre costanti, ottenuti in una lun-ga serie di anni, con l’uso dell’ac-qua della sorgente Nitruoli, mi au-torizzano ad esortare i giovani Col-leghi di non uniformarsi all’opinio-ne comune di ordinare il bagnominerale come panacea generale.I direttori delle terme ed i giovaniColleghi dovrebbero studiare laefficacia delle acque delle singolesorgenti, in relazione dei singolicasi clinici; onde maggiormentepossa risaltare la differenza di ef-fetto tra l’una e l’altra sorgente.

Poiché non è ammissibile, secon-do la mia opinione, che le molte-plici sorgenti di acqua minerale, dicui è ricchissima l’Isola d’Ischia,pur essendo differenti nei compo-nenti chimici, nel grado di calore,nella presenza o meno di micror-ganismi, debbano poi tutte averela stessa virtù curativa nelle diver-se manifestazioni morbose!

Come non è possibile il parago-ne, batteriologicamente parlando,tra l’acqua a 100 gradi e quella a27%, così non è ammissibile dedur-re che l’acqua della sorgente Ca-vascura, che ha 100 gradi di calo-re naturale, abbia la stessa effica-cia curativa delle altre sorgentiminerali di calore inferiore!!

Spetta ai giovani Medici discipli-nare l’uso delle differenti sorgen-ti, secondo il caso clinico, specieoggi in cui è affermata nei congres-si l’efficacia curativa assoluta del-le acque minerali; affinché l’Isolad’Ischia dotata della più grandericchezza, la salute, riacquisti ilprimato nel Mondo.

Dott. cav. uff.Benedetto Di Meglio

Bianche vele

Mentre il giorno si bacia con la serae le stelle inargentano il marevanno bianche vele lontan dalla scoglieralasciandosi da un canto accompagnar

Ischiastella di maresolo il tuo cielo

mi fa sognare.Ischiase col respirosul mar ti sfiorofremo d’amor.Anche la musica che invade l’ariasa di profumo,al sole giungono le mie parolese io ti chiamo.Ischiaterra d’amore

sempre nel cuoreti porterò

Sorge l’alba e la nebbia si disperde.L’orizzonte lontano riappar.Con i primi raggi del sol l’isola verderivede le sue vele sopra il mar.

(Versi di Carlo Rossi, musica di Silvano

Di Paolo - Cantata da Roberto Altamurae Floriana Pan -1959, II Fstival Nazio-nale della Canzone marinaa).
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da Ischia nel MondoPeriodico indipendente di infor-mazione e documentazione, diret-to da Vincenzo TeleseAnno II n. 2/Giugno 1968

IL GIALLO, IL ROSA E L’AZZURRO

DELLE CASE D’ISCHIA

Per quanto la sua assenza possaapparire singolare non c’è alla So-vraintendenza ai Monumenti diNapoli un funzionario che sia addet-to a controllare il rosa, o il giallo, o

il celeste delle case di Ischia. Pure potrebbe addirit-tura bandirsi un concorso, tra i turisti che frequen-tano l’Isola, perché ne trovino una che sia stonatadi colore. Oggi che sono in tanti a costruire, sarebbefacile sbagliare. Ma non sbaglia nessuno. Ogni casaha la sua facciata come deve averla: né troppo acce-sa né troppo pallida, ma di quel colore giusto, stem-perato e pastoso, che pare fatto apposta per spicca-re tra il verde circostante senza romperne l’armo-nia, anzi integrandola.

Questo discorso vale, naturalmente, per le case cheson dipinte di rosa, giallo, o celeste. Ma molte sonopure le bianche. E bisogna vederle per capire il va-lore e il significato di questa chiarità estrema di tin-te in un paese dove il sole è signore.

Che il bianco serva appunto a spezzare e rifrange-re gli ardenti raggi solari è cosa che tutti sappiamo.Ma non c’è dubbio che il gioco delle luci e delle om-bre, dei vuoti e dei pieni, eserciti anche, sugli abi-tanti di questa terra, una magari inconscia educa-zione architettonica: uno spontaneo e per nulla fati-coso affinamento del gusto. E che li abitui, fin daragazzi, a un certo arcano senso di forme e propor-zioni, che di essi stessi fa, in fondo, i migliori custo-di del patrimonio di bellezza.

Le regole sono nell’aria

Per questo - come dicevamo - alla Sovraintenden-za ai Monumenti di Napoli non c’è un funzionarioche controlli il colore delle case di Ischia. E non oc-corre nemmeno che gli altri funzionari si diano mol-to da fare per mantenere sulla retta via coloro checostruiscono nell’Isola. I casimenti, i palazzoni dariportare nei limiti li progettano magari o forestiericalati dal Nord: sempre ammirevoli per il loro inna-moramento ischitano, ma talvolta davvero bisogno-si di un freno al loro ardore edilizio. I locali no, ilocali sanno quasi sempre come costruire senza of-fendere la storia, il paesaggio, il buon gusto. Ed icensori della Sovraintendenza hanno da sudar pococon loro: basta lasciarli fare come fecero i padri, o -meglio ancora - i nonni.

Limitato è stato finanche il danno derivante, inalcune località isolane, dal terremoto del 1883, checostrinse a rifar le cose in fretta ed alla meglio, sot-

to l’influsso di una passeggera ten-denza ottocentesca, frivola e banalead Ischia più ancora che altrove,perché posta a confronto con unostile di sobrietà millenaria. Dopo

una breve indulgente parentesi di cedimento al cat-tivo gusto di un’epoca, in tutta l’Isola lo stile del-l’arco mediterraneo ha ripreso ben presto il suo giu-sto dominio, ed oggi nuovamente trionfa. E non èparadosso affermare che si doveva giungere all’etàdel cemento armato per assicurare maggiore purez-za e continuità all’architettura delle case d’Ischia.

L’incontro era dei più naturali. Lo stile isolano,come lo stile moderno, respinge il fregio, il ghirigo-ro, la sovrapposizione ornamentale.

Ogni anno qualcosa di nuovo

E si costruisce. Si costruisce in una misura che aprima vista dà preoccupazione: la preoccupazionedi veder lacerata e intristita, a un certo punto, que-sta massa di verde così folta e viva che da ogni latodell’enorme scoglio si rispecchia sul mare. Ma è untimore che passa, un’apprensione che dilegua nonappena gli occhi si posano su una nuova casa finitae la ritrovano appunto affondata in quel verde condiscrezione, con grazia.

Guardiamoli al lavoro, questi maestri muratorid’Ischia. Gli ingegneri che vengono a dar ordini san-no che non ci sarà bisogno di molte parole per in-tendersi: la scala essi inizieranno a farla esterna,in una sola rampa, come a diecine se ne trovano disecolari, presso le vecchie case, là nella parte anti-ca di Ischia Ponte o di Forio. E sotto la scala unbell’arco, mentre gli altri archi chiuderanno, lassùin cima ai gradini, due lati del ballatoio.

L’arco, segno distintivo dello stile di Ischia, è an-che un simbolo di perfezione, di semplicità, di net-tezza. E gli ischitani, malati del male della pietracome tutti i navigatori, se sanno costruire, sannoanche mantenere.

Le pubbliche amministrazioni dei sei Comuniischitani fanno qui regolarmente il loro dovere, sen-sibilmente aiutate dagli altri organismi pubblici. Mal’esperienza delle cose ischitane ci ha da tempo con-vinti che le amministrazioni fanno il loro dovereanche perché non potrebbero fare diversamente inconfronto all’esempio dei cittadini.

Un sindaco, una giunta comunale, possono esserenegligenti se gli amministrati lo sono a loro volta.Non possono segnare il passo se l’esempio viene dai

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1950 - 1999 Cinquanta anni di vita e di storia isolana

cittadini e se questi altro non chiedono che d’essereimitati nella buona volontà di tenere in ordine lacasa.

Se siete usi tornare ad Ischia ogni anno, fateviattenzione: la dimora dei vostri amici avrà ogni vol-ta, per voi, qualche cosa di nuovo, fosse pure soltan-to una nuova serie di piantine al balcone. Il muroche si era smozzato è stato rifatto, il mattone rottosostituito, l’angolino brullo del giardino o dell’ortorivestito di un rampicante.

Nell’Isola, indubbiamente, deve esistere, celato inqualche cava ignota a noi ed a voi, un grande ripo-stiglio comune, dove tutte le cose vecchie ed inutilivanno a dormire.

Nell’interno delle case, come all’esterno, non tro-verete fronzoli decorativi. Pareti ruvide, a calce oda colla, sulle quali, tutt’al più il padrone avrà incor-niciato un ricordo di vita militare - la foto in divisada marinaio, sovrapposta a quella della nave sullaquale era imbarcato - o il ritratto di un caro defun-to.

In compenso degli ornamenti che non abbondano,troverete ogni anno qualcosa inteso a rendere il“quartino” più accogliente, più funzionale. Primaancora dell’esistenza dell’acquedotto sottomarinoche oggi assicura a tutta l’Isola acqua a sufficienza,ogni casa s’era provveduta della sua cisterna a pia-no terra e del suo serbatoio in terrazzo - col relativomotore che azionava, tra l’una e l’altro, la pompaelevatrice - della stanza da bagno, completa comenella casa di città, con il pavimento ricoperto di lu-cide mattonelle e con pareti rivestite di piastrelledai delicati colori.

A questo punto, forse, direte che chi scrive è inu-

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tilmente sceso a delle banalità. E può anche darsi,ma è per sottolineare questo senso ammirevole del-la proprietà, questo affetto per la casa, questa dedi-zione ad essa che sono propri dell’isolano.

Nausicaa nacque ad Ischia

È per questo che ad Ischia ogni casa è un piccoloregno, dove il disordine, la trascuraggine, il sudi-ciume non hanno diritto di cittadinanza.

Un noto studioso francese, Filippo Champault, alcui nome è oggi dedicata una graziosa stradina diIschia, avanzò, agli inizi del secolo l’ipotesi - soste-nuta con fiducia e fermezza - che Ischia fosse l’Isoladei Feaci, retta dal buon re Alcinoo ed ultima tappa- nella narrazione omerica - al peregrinare di Ulisseverso la sospirata Itaca.

Nessuno oggi può dire quanto di verosimile esistanell’ipotesi dello Champault. Ma, per un verso, a noipiace accettarla e ricordarla in questo inizio di sta-gione, agli ospiti che cominciano nuovamente ad af-follare gli alberghi e le case ischitane.

Ischia, terra di gente ordinata e laboriosa, Ischia,terra di donne amorevolmente assidue alle cure dellacasa, ben avrebbe potuto essere la patria della dolceed onesta Nausicaa, al tempo in cui la figlia di unre, gioiosamente, si recava al fiume, con le ancelle,a risciacquarvi i panni di casa, in un tempo di sere-nità patriarcale non chiuso e scontroso, tuttavia, maaperto invece alle relazioni con le genti di fuori edanimato dal più cordiale spirito di ospitalità.

Un tempo, a pensarci bene, che a Ischia non sem-bra ancora trascorso.

Sandro Mulé

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« Aliscafo per Ischia » canzone con parole di Pittari e musica di Foer (1960)

L’aliscafo scivola sul mare,vola... senza volar -L’aliscafo scivola sul mare,vola... senza volar -

Aliscafo... offremezz’ora d’emozion...Con la freccia del marenel golfo di Napoli.

Salutando Mergellina,lascia indietro il vaporetto...Sorridendo per dispetto,salutiamo il capitano,il capitan.

Bella mia, non esitare,tu che soffri il mal di mar,allegramente, in aliscafo,puoi viaggiare... sul mar.

L’aliscafo scivola sul mare,vola... senza volar.

(segue da pagina 22)

pericolose ancora esistenti nell’anello stradale provinciale, le indispensabili opere

di circumvallazione del Porto di ischia e di Lacco Ameno, il prolungamento finoa Campagnano della strada di Cartaromana, il completamento della strdaTestaccio - Maronti, la costruzione della strada panoramica Lacco Ameno -Pannella - fango, la completa riattivazione della bellissima strada a mezza costada Piedimonte a Casamicciola Terme, attraverso il villaggio di Fiaiano, e daCasamicciola Terme, seguendo il tracciato dell’antica strada borbonica, a Forio,la costruzione di una strada panoramica a mezza costa interna al Comune diCasamicciola Terme, la costruzione di nuove strade che consentano ai turisti diraggiungere con comodità le bellissime spiagge di San montano, San Francescodi paola e Citara”;

- “perché il Ministero della Pubblica Istruzione e il Ministero dei Lavori Pubbli-ci accolgano le richieste degli Enti locali dell’isola, ed in particolare del comunedi Ischia, tendenti a dare alle varie scuole secondarie dell’isola d’Ischia unadegna sistemazione con la costruzione di adeguati edifici, assolutamente indi-spensabili allo svolgimento dell’alta missione cui la scuola deve assolvere an-che in funzioner di un sempre maggiore adeguamento delle giovani energie del-l’alto livello turistico che l’isola ha già raggiunto”;

- “perché, allo scopo di facilitare l’afflusso turistico dell’isola d’Ischia in tutti iperiodi dell’anno, dagli organi competenti venga posta allo studio, a similitudinedi quanto attualmente si sta facendo per lo Stretto di Sicilia, la possibilità dicostruzione di un ponte che unisca Ischia alla terraferma”.

(Convegno Turistico svoltosi a Casamicciola e organizzatodalla Democrazia Cristiana, il 28, 29 e 30 marzo 1958).

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I disagidi Ischia Ponte

(dal Corriere dell’isola d’IschiaAnno V n. 2/Novembre 1964)

Un vivo malumore serpeggia nella cit-tadina di Ischia Ponte a causa del com-pleto abbandono in cui è stata lasciata,nonostante le reiterate e numerose pro-messe, in questi ultimi quattro anni.

Le mareggiate conseguenti all’imper-versare del maltempo hanno reso sem-pre più precaria ed allarmante la situa-zione che già si era presentata in tutta lasua gravità negli anni scorsi.

Infatti i primi lavori furono eseguiti ed’altra parte anche in maniera incom-pleta, e diremo il perché più innanzi,circa quarant’anni or sono, allorquandosi procedette alla costruzione di un pri-mo muraglione a 20 metri da terra a pro-tezione dell’abitato di Via Boccaccio,Via Girolamo Rocca, Via Giovanni daProcida, Via San Giovan Giuseppe del-la Croce; ed un secondo muraglione abase di grossi blocchi dall’altro lato delponte, a protezione del caseggiato cheinizia dal piazzale aragonese e finisceallo stradone.

Tutto questo apparve allora necessa-rio che si facesse, altrimenti si sarebbeveirificato il crollo di quelle abitazionipiù esposte, le cui fondamenta giornoper giorno presentavano evidenti lesio-ni a causa delle infiltrazioni delle acquedel mare.

Dopo di ciò nulla più è stato fatto.Anzi no! ci scusiamo, poco dopo fu co-struito il nuovo pontile, grazie al quale ipiroscafi dalla Span poterono riappro-dare ad Ischia Ponte; e nel ‘57 la nuovastrada Cartaromana che stando a voci difonte bene informata dovrebbe ora pro-seguire per Campagnano. Ed a parernostro sarebbe il minimo che si potessefare se si considera che essa così comeè stata lasciata, dal giorno della sua co-struzione ad oggi, ha fatto registrare lasua inutilità.

Tutto qui. Intanto Ischia ponte conti-nua ad essere flagellata dalle grandi ma-

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(da Ischia nel mondo - Anno I n. 2/dicembre 1967)

reggiate che ogni stagione invernale siripetono con una furia devastatrice daincutere paura al più coraggioso dei pe-scatori della zona.

Prima ancora che fu costruito il mu-raglione detto “delle alghe”, il mare ave-va la forza di arrivare attraverso tutta ViaGiovanni da Procida (detta comunemen-te Vico di Lucione), addirittura in piaz-za Luigi Mazzella, dove trovava un al-tro afflusso impetuoso di acque prove-nienti da Vico Marina, senza poi dimen-ticare ciò che succedeva alla Mandra,dove i pescatori erano costretti a porrein salvo le proprie imbarcazioni lungotutta Via Pontano. E succedeva che neicasi di estremo pericolo per persone ecose, avvinti dalla disperazione si do-veva ricorrere al Santo Protettore, SanGiovan Giuseppe della Croce, la cui sta-tua veniva portata a spalle sui luoghidove incombeva il disastro. Il miracolosi verificava e tutto si placava.

Certo ora non si ricorre a tanto, pro-prio perché l’opera che fu eseguita al-lora, regge ancora all’urto del mare. Maper quanto tempo ancora?

Comunque riportandoci alla mareg-giata dei giorni scorsi, Ischia Ponte èstata completamente allagata dal mareche ha invaso le sue strade apportandodanni notevoli al ponte Aragonese, il cuiparapetto di protezione con parte delfondo stradale è andato distrutto in piùpunti.

A distanza di circa un mese il PonteAragonese è ancora ostruito dai massitrasportati dalla furia delle onde. E ciòche è ancora più deplorevole, fino adoggi non sono stati ancora presi i prov-vedimenti del caso, sia per sgomberarela piazza, sia per riparare i danni causa-ti dalla furia del maltempo. In sostanzaquello che ci fa più rabbia è il fatto cheIschia Ponte, nonostante sia ritenuta laparte del comune e forse dell’isola inte-ra, più bella, debba essere così noncu-rata dalle autorità cittadine.

Durante la stagione turistica è costret-ta a presentare ai forestieri il suo squal-lore di vita povera, senza pretese.

Durante la stagione invernale IschiaPonte è costretta a subire la furia deva-statrice dei marosi che spronati da venticome lo scirocco (batte incessantemen-te sul lato Est della zona, flagellandoCartaromana, la proprietà Zerilli, le Al-ghe con tutto il caseggiato di Via Boc-

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1950 - 1999 Cinquanta anni di vita e di storia isolana

caccio), la tramontana, il ponente ed illibeccio (piglia di mira esclusivamenteil lato Ovest del Ponte facendo registra-re anche seri danni alla zona della Man-dra), mettono in serio pericolo la stabi-lità dell’abitato più prospiciente al mare,annullando il traffico pedonale e veico-lare sul piazzale aragonese ed inizio diVia Luigi Mazzella. Tutto questo per nonaver provveduto ancora a creare appo-site scogliere al largho del Ponte, ondefronteggiare meglio il mare in tempe-sta.

Da tempo è stata prospettata, speciein questi ultimi quattro anni, da parte deipescatori locali la necessità di costruire

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alcune scogliere di protezione al litora-le aragonese. Ma sino ad oggi nulla an-cora è stato fatto, ed ogni anno, comedetto sopra, la cittadina aragonese, perevidente incuria degli amministratori,viene ad essere sempre più danneggiatadal mare per cui non è difficile preve-dere che, se non verranno adottati op-portuni e tempestivi provvedimenti,gran parte del litorale aragonese andràcompletamente distrutta, senza conside-rare i notevoli danni che ogni anno sop-portano i pescatori del luogo che talvoltanon riescono neppure a mettere in sal-vo le proprie imbarcazioni e gli attrezzida pesca. In febbraio scorso si diede per

certa la notizia che proprio in quel mesedovevano avere inizio i lavori per lacostruzione del Porto Aragonese, inbase ad un progetto redatto dall’Ing. Ti-scione. Un poco per la indifferenza del-l’amministrazione, un poco per l’op-posizione a quel progetto di alcuni pe-scatori, pittori e.. pescatori della zona, ilavori non ebbero più inizio, e del portonon se ne è più parlato.

Inoltre, lo stato di completo abban-dono in cui versa Ischia Ponte è anchedimostrato dal rilento esasperante in cuiprocedono i lavori per la costruzione delLungomare Aragonese. Molto tempo ètrascorso dal giorno della cerimonia del-la posa della prima pietra per la realiz-zazione del tanto auspicato lungomareed oggi, a distanza di alcuni anni, sol-tanto una poco consistente scogliera, lacui resistenza è già stata messa a duraprova dalle mareggiate, è stata realiz-zata.

Quando numerose personalità con acapo l’on. Stefano Riccio, presenziaro-no alla posa della prima pietra, gli abi-tanti di Ischia Ponte, che finalmente ve-devano realizzarsi una, una sola delletante promesse, si attendevano ben al-tro. Purtroppo ancora una volta sono sta-ti disillusi, ed ormai le scusanti che ven-gono addotte a giustificare il rilento deilavori, quali quelle della necessità dicostruire prima le fognature, non pos-sono più essere ritenute fondate.

*

(Testo letterario di GiuseppeGarofalo, musica di DomenicoAusiello - Cantata da AntonioBasurto - 1957 I Festival Nazio-nale della Canzone marinara).

Marenariello mio!

Chi t’ha crisciuto, chi t’ha ‘mparato, marenariello, tu ‘o ssaie chi è: nun fuie na mamma, nun fuie nu pate, nun so’ sti viecchie, felice ‘e te.Sti mmanelle ca ‘e calle già fanno, chesti rrezze ca tire cantanno... marenare te siente, e pecché? sta passione he pigliata, e pecché?

È ‘o mare!è ‘o mare!è ‘o mare!marenariello mio!è chisto mare ca ‘nsuonnote cunnuleia cu ll’onne:

figlio, nun ‘o lassà!figlio, nun t’ ‘o scurdà!sotto a stu cielo,‘ncopp’a stu mare,se nasce e se moremarenare!

Puo’ fa’ furtuna, si vaie luntano,ma ‘o core, ‘o ssaie ca ‘o lasse ccà:meglio na varca, nu piezz’ ‘epane,ca tutte ‘e dollare ca può truvà!«Santo e viecchio!» e sta gente sinceranun te ‘nganna si preia e si spera:piccerillo e sperduto accussì,piscatore ‘e stu mare mo si’!

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I pescatoridi Domenico Di Meglio

( da Ischia OggiAnno II n. 2/ febbraio 1971)

Il mare viene guardato da lon-tano; in modo “accademico” si ac-cettano le sventure che in esso ca-pitano; ci si preoccupa del suo in-quinamento e si mangiano, leccan-dosi i baffi, i pesciolini che ci of-fre. Ma nessuno si è mai doman-dato cosa si nasconde in esso, acosa sono dovute le disgrazie chesuccedono sul mare, quanti sudo-ri costano quei “pescioni” tanto“odorosi”, che adornano mense emensette!

In un numero scorso di “Ischiaoggi” parlammo di una “invenzio-ne” dei pescatori ischitani (la rete,lampare ndr) ed oggi, iniziandouna microinchiesta sulle categoriemeno abbienti di lavoratori ischi-tani, parleremo dei pescatori, deimembri della “piccola pesca”, diquesti uomini che con piccole bar-che lavorano e soffrono in silenzioed umiltà.

Il numero di pescatori che mili-tano nella “piccola pesca” (talenome nasce dal fatto che la pescacondotta da questi uomini vieneattuata in modo quasi individua-le, vicino alle coste e senza inci-denze industriali) diminuisce avista d’occhio. Il boom turistico, lapossibilità di nuovi sbocchi di la-voro, l’incentivo di maggiori gua-dagni ed una vita più tranquillahanno allontanato i giovani e stan-no facendo allontanare i vecchi.Così da pescatori si tramutano incamerieri, bagnini, guide turisti-che, tassisti. È una fuga che assu-me e che raggiunge punte vertigi-nose. E quelli che non riescono a“scappare”, che non riescono o nonsanno trovare niente di meglio,continuano la loro dura lotta colmare.

Le gocce di sudore bagnano i pe-

sci ed il sapore amarognolo dellestille di sudore viene nascosto dal-la salsedine, ma rimane sulla be-stia ed entra in noi.

La vita di questi pescatori è unavita da cani. Senza assicurazione,senza protezione si avventuranocon tutti i tipi di mare, è raro chele loro barche non solchino lo spec-chio d’acqua dinanzi l’isola, allaricerca di un branco di sarde, disaraghi, alla caccia di polipi, allaricerca di altri pesci setacciandoil mare con le loro reti di nailon amaglie larghe, con le nasse, conle lenze. Dormono poco, pochissi-mo. Escono “a caccia” a mezzanot-te, rientrano la sera dopo, gover-nano la barca, le reti, un bocconeduramente guadagnato, unosguardo ai figli, un letto..., pocheore e sono di nuovo le 24. Bisognaritornare sul mare. È un logorioche distrugge le cellule, che logo-ra il cuore, che annienta la psichee spesso si sente dire: Tizio è mor-to sulla sua barca.... un colpo alcuore. E in quel colpo è racchiusatutta una vita di stenti e di soffe-renze... Per cosa? Per il pane!

Le case spesso spoglie una vol-ta nascondevano, sotto i letti, i cu-muli di rete, le “sapaselle”, le len-ze e gli ami. Oggi per alcuni cisono le case popolari. Per altri latelevisione ed il frigo, ma in ognicasa si sente l’amarezza di unavita senza sbocco, il dolore delledonne, la stanchezza degli uomi-ni e l’odore, penetrante, di pesce!!!

Comunque la razza dei pescato-ri è finita. È finita nei meandri delturismo, del benessere, della mac-chinazione, dei soldi. I giovani vo-gliono vivere e vivere bene: il maxied il mascara, poco lavoro e moltodivertimento.

Un bene? Un male? Forse è unbene ed un male. Da parte mia ilbene di vedere sollevare degli uo-mini dalla terribile prova di un si-mile mestiere. Dall’altra il maledella perdita di poesia, di corag-gio, di onestà; la scomparsa, congli ultimi vecchi pescatori, di quel-la sana saggezza che solo uominiprovati nelle forze e nei sentimentipossono esprimere e trasferire aglialtri.

Le poche rare volte che vado sul-la spiaggia mi piace rivedere i vec-chi, i “matusi” della pesca. Vaga-no sulla rena come aerei fantasmi,nei loro occhi l’amarezza di unavita spesa male: a cosa è servitoessere ligi, onesti, a cosa è servitocredere nella famiglia se tutti ciguardano dall’alto in basso? Sesiamo le pecore nere della socie-tà? Se siamo solo e solamente “pe-scatori” ed i nostri figli vengonotenuti a bando dai signori?

Hanno ragione. I vecchi con50-60 anni di pesca sulle spalle,vecchi che ricordano i bei tempidella loro giovinezza, oggi sonoschivati, “i puzzettini sotto il na-sino” arricciano i musetti, si scuo-tono i cappottini, alzano il migno-letto quando incrociano qualche“mastu Tore”, e “Ron Peppe”,“Gennari” e via dicendo. Ma quan-te cose ci possono insegnare queipescatori! Quanta saggezza,quanto amore, quanta onestà e li-berta!

Un solo sbaglio hanno fatto nel-la vita, oltre quello di aver fatto ipescatori: sono stati troppo fessi acredere agli avvocati, ai dottori, aiprofessori che li hanno usati comecarne da macello o, meglio, come“mazzamma”. Promesse e promes-se ed ancora promesse hanno tar-pato le aspirazioni ed annullatoogni anelito di miglioramento so-ciale ed umano.

Ma i vecchi sono cose passate: ri-mangono appoggiati alle barche,

La società che cambia

La pesca e l’agricoltura in crisi

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1950 - 1999 Cinquanta anni di vita e di storia isolana

restano seduti sui mucchi di retimentre sul mare restano i menovecchi, i giovani che “non hannovoluto mettersi sul braccio la to-vaglia e fare i servi”.

I problemi della “piccola pesca”di oggi, le necessità prime dei pe-scatori ischitani si riassumono inpochi punti: maggiore difesa degliinteressi della piccola pesca; mag-giore interesse verso questa formaeconomica; necessità di ristruttu-razione della “cooperativa”.

Per tutelare gli interessi dellapiccola pesca occorrerebbe vieta-re la pesca ai motopescherecci en-tro le tre miglia dalla costa. Infat-ti oggi i pescherecci non possonopescare in fondali minori di 50 me-tri. Ma tali fondali si possono tro-vare anche a 20-30 metri dalla co-sta. E quando passa un pescherec-cio con la sua rete a strascico nonresta traccia di pesce!

Ancora occorrerebbe un maggio-re controllo, una maggiore severi-tà verso i pescatori di frodo cheusano le mine e distruggono, alpari dei ciancioli, la fauna marit-tima vicino alle nostre coste.

Un maggiore interesse per la ca-tegoria si rivelerebbe con l’asse-gnazione di tratti di spiaggia de-stinati esclusivamente ai pescatori(l’avv. Romolo, sindaco d’Ischia,sta agendo proprio in questa dire-zione); con la costruzione di caseminime a case popolari da asse-gnare a pescatori; con maggioriquote per la cassa assicurazione epensione al fine di dare ai mem-bri di questa categoria un futurose non roseo almeno tranquillo.

Abbiamo anche parlato di “coo-perativa”. Ebbene parliamo dellacooperativa che funziona a Ischiae che non funziona come dovreb-be. Ovvero fa incassare gli asse-gni familiari, fa risparmiare ilmedico ma non contribuisce alladifesa degli interessi dei pescato-ri suoi affiliati.

E con questo argomento siamofiniti nel problema “economico”.

La pesca viene acquistata dairivenditori che la vendono a prez-

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zi valutati tripli di quelli d’acqui-sto. Ora se la cooperativa riunissetutti i pescatori, installasse unospaccio, aprisse un negozio per lavendita di attrezzature e di mate-riale da pesca, potrebbe rivende-re direttamente al consumatore isuoi prodotti a prezzi più accessi-bili con un maggiore margine diguadagno per i produttori.

Abbiamo riferito questa idea aparecchi pescatori: sono tutti d’ac-cordo con noi, ma affermano: sia-mo divisi, non ci capiamo e la po-litica avvelena le nostre decisioni.

Incompetenza, insensibilità, par-titocrazia, avvelenano, dunque, lacooperativa e rendono impossibi-le un qualsiasi discorso costrutti-vo in merito ed il vecchio “Mazzo-la” potrà ancora e sempre dire:“nessun pescatore si è fatto lacasa, la casa se l’è costruita chivende il nostro lavoro”.

Aspirazioni? Forse troppe voltesono stati delusi e la speranza èmorta in questi uomini.

Quasi tutti non hanno aspirazio-ni come pescatori; vogliono segui-re i loro amici lontani dalle spiag-ge; vogliono abbandonare tutto e,al massimo, continuare a tirareavanti senza farsi sogni e senzanutrire speranze!

In uno stato come il nostro che

si dice sociale i pescatori della “pic-cola pesca” rappresentano lavora-tori di serie D. Non pagano, comei metallurgici, le taglie ai sinda-cati; non possono essere aggrup-pati come pecore e possono crepa-re tra l’indifferenza di tutti: di po-litici incapaci e ciarlieri e sinda-calisti di serie D!

Soli, abbandonati a se stessi,questi pescatori non hanno neppu-re la gioia di vedersi intervistatidalla Fallaci, perché non fannocolore al pari dei “peones” e deivari “guerrilleros”, perché nonhanno le mani sozze di sangue, magrigie per i calli, per le ferite pro-vocate dalla frizione che le corde ele maglie producono sulle palme,perché non protestano, perchéstanno zitti sulle loro spiagge, vi-cino alle loro reti, vicino alle lorocasupole stonacate e spoglie.

Soli col mare, soli con la loro sag-gezza e la loro individualità, conla loro onesta miseria e del lorobuio futuro hanno, da parte no-stra, tutta la nostra comprensio-ne ed il nostro affetto: non possia-mo fare di più, non possiamo pro-mettere di più che la loro sofferen-za è anche la nostra; essi sono inostri “peones”, i nostri “nordco-reani”.

*

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La crisi vitivinicolada La vite e l’uva nell’isola d’Ischia di Salvatore D’Ambra - 1962)

Ischia (S. Michele)Potatura a spalliera alta

Forio (Sciabica)Potatura a spalliera bassa

Forio - Veduta panoramica con vigneti

(...) La crisi vitivinicola dell’Iso-la, di cui sovente si parla, è crisidi produzione quantitativa equalitativa, e crisi di mercato. La crisi quantitativa è determi-nata: a) dalla minore superficie vitataper la destinazione di molti vigne-ti ad aree fabbricabili, o la trasfor-mazione in frutteti o in seminati-vi; b) dal minor numero di viti perettaro per le fallanze provocatedalle viti fillosserate, deperite enon reimpiantate, oppure reim-piantate ma già deperite; c) dalla deficienza di mano d’ope-ra passata nell’industria termalee turistica. La crisi qualitativa è determina-ta: a) dal portainnesto, usatoindiscriminatamente senza tenerconto dell’adattamento al vitignonostrale e all’ambiente; b) dal diffondersi di vitigni a uvabianca superati per le loro carat-teristiche non più desiderate,come l’Arilla e il Lunardo, o diminor pregio come il Forastera, adiscapito dell’ottimo vitignoBiancolella; dal diffondersi, per ivitigni a uva nera, del Barbera adiscapito del Guarnaccia e delPer’è palummo (Pié di Palumbo); c) dalla deficienza di tecnicacolturale; d) dalla deficienza di tecnica divinificazione e di conservazione.

Le cause della crisi di mercatorientrano in quelle della crisi na-zionale. Anzi a tal proposito èbene ricordare che il prezzo dimercato dei vini dell’Isola è sem-pre superiore a quello di moltialtri vini meridionali. Questo fat-to di per se stesso già sta ad indi-care il maggior pregio di questivini, per la difesa dei quali siauspica: 1) Il ripristino totale dei vignetia mezzo di reimpianti su vitigno

americano adatto sai vitigninostrali e all’ambiente. 2) Il ritorno della manodopera ailavori dei vigneti. L’esodo dallecampagne è il fenomeno più gra-ve e preoccupante della crisi. Idanni che ne derivano sono di or-dine economico e sociale. Il ritor-no alla terra dovrebbe essere sol-lecitato da una politica agraria,che migliorasse il reddito e le con-dizioni di vita del contadino. 3) L’educazione a una maggiorematurità sociale degli agricoltoriche permettesse loro di riunirsi incooperative per la lavorazionemeccanica dei terreni, per la tra-sformazione e per la vendita delprodotto.

Per un reddito maggiore è statapropugnata la trasformazione dicolture: uva da vino in uva da ta-vola; vigneti in frutteti; o addirit-tura è stata propugnata lafloricultura. Accanto ai frutteti giàabbastanza sviluppati, resta dadivulgare ulteriormente la coltu-ra dell’uva da tavola, peraltro giàmolto affermata per il consumolocale.

*

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1950 - 1999 Cinquanta anni di vita e di storia isolana

Forio - Citara

Lacco AmenoLa spiaggia del Fungo

Ischia - La spiaggia dei pescatori

Ischia - Cartaromana

Le spiagge

un tempo più ampie, libere ed acco-glienti, un vero vanto dell’isola, in alcu-ni casi vittime di nuove esigenze (stra-

de, porti...), in altri occupate dal mare eridotte nella loro estensione....

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La Rassegna d’Ischia 3/2001 15

Barano - Maronti

Serrara - Sant’Angelo

Forio

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Forio - La spiaggia del molo

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I precedenti inserti sono stati pubblicati su La Rassegna d’Ischian. 2/1999 - n. 4/1999 - n. 5/1999 - n. 3/2000 - n. 7/2000 - n. 1 e n. 2/2001

1950 - 1999 Cinquanta anni di vita e di storia isolana

Lacco Ameno - San Montano

Casamicciola - Spiaggia della Marina

Isch

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Titolo tratto dal Corriere dell’isola d’Ischia,settimanale d’attualità diretto da Pino Buono -Anno I n. 33 / dicembre 1960