IPOTALAMO – SISTEMA NERVOSO AUTONOMO – ELETTROENCEFALOGRAMMA – FUNZIONI SANGUE

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Lezione 18 IPOTALAMO – SISTEMA NERVOSO AUTONOMO – ELETTROENCEFALOGRAMMA – FUNZIONI SANGUE L’ipotalamo è un centro importante di connessione tra i sistemi di controllo dell’organismo rappresentati dal sistema nervoso centrale e dal sistema nervoso autonomo, con un altro sistema di controllo che è quello ormonale. Questi sistemi hanno delle caratteristiche del tutto diverse: il sistema nervoso centrale e quello autonomo hanno un tipo di controllo molto preciso e mirato (es. una via efferente va su un motoneurone preciso e controllo quell’unità motoria specifica) invece il controllo operato dal sistema ormonale è molto più ampio (un ormone non va ad agire su un singolo motoneurone ma va ad agire o su un intero organo o su più organi). Inoltre il controllo operato dal sistema nervoso centrale è un controllo molto rapido (tanto più rapido tanto più grandi sono le fibre e queste abbiano o meno una guaina mielinica) nell’ordine dei milli secondi. Il sistema ormonale, invece, è un sistema molto più lento. Nonostante questi sistemi siano molto differenti sono nel contempo molto integrati; per fare un esempio, il sistema circolatorio ha diversi livelli di controllo: il controllo della pressione arteriosa a breve termine che è un controllo operato dal SNC e dal SN autonomo rispetto ad un controllo a lungo termine che è operato da parte del sistema ormonale. Questi si integrano a livello dell’ipotalamo perché l’ipotalamo invia delle fibre direttamente alla neuroipofisi e queste fibre secernono due ormoni che sono la vasopressina (ormone antidiuretico che agisce sul rene) e l’ossitocina che invece agisce sulle ghiandole mammarie e sulla muscolatura uterina facilitando le fasi del parto nonché l’allattamento. Quindi già c’è una primo aspetto diretto dell’ipotalamo che interferisce con questi due ormoni tramite la loro liberazione a livello della neuroipofisi in più l’ipotalamo è connesso tramite il circolo potale ematico all’ipofisi anteriore perché l’ipotalamo produce delle piccole proteine che si chiamano fattore di rilascio o fattore di inibizione che, tramite il circolo portale ipofisario, passano dall’ipotalamo all’ipofisi anteriore e qui consentiranno il rilascio di una serie di ormoni della adenoipofisi. Ancora una volta sono dei neuroni ipotalamici che attivano una funzione endocrina. Questa è la prova del fatto che esiste una stretta connessione tra sistema nervoso centrale e il sistema endocrino a livello dell’ipotalamo. Quindi l’ipotalamo riveste un ruolo centrale in questo controllo e infatti proprio per questa sua funzione di relazionare i due sistemi di controllo l’ipotalamo è in una posizione 1

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Lezione 18 IPOTALAMO – SISTEMA NERVOSO AUTONOMO – ELETTROENCEFALOGRAMMA – FUNZIONI SANGUE

L’ipotalamo è un centro importante di connessione tra i sistemi di controllo dell’organismo rappresentati dal sistema nervoso centrale e dal sistema nervoso autonomo, con un altro sistema di controllo che è quello ormonale. Questi sistemi hanno delle caratteristiche del tutto diverse: il sistema nervoso centrale e quello autonomo hanno un tipo di controllo molto preciso e mirato (es. una via efferente va su un motoneurone preciso e controllo quell’unità motoria specifica) invece il controllo operato dal sistema ormonale è molto più ampio (un ormone non va ad agire su un singolo motoneurone ma va ad agire o su un intero organo o su più organi). Inoltre il controllo operato dal sistema nervoso centrale è un controllo molto rapido (tanto più rapido tanto più grandi sono le fibre e queste abbiano o meno una guaina mielinica) nell’ordine dei milli secondi. Il sistema ormonale, invece, è un sistema molto più lento. Nonostante questi sistemi siano molto differenti sono nel contempo molto integrati; per fare un esempio, il sistema circolatorio ha diversi livelli di controllo: il controllo della pressione arteriosa a breve termine che è un controllo operato dal SNC e dal SN autonomo rispetto ad un controllo a lungo termine che è operato da parte del sistema ormonale. Questi si integrano a livello dell’ipotalamo perché l’ipotalamo invia delle fibre direttamente alla neuroipofisi e queste fibre secernono due ormoni che sono la vasopressina (ormone antidiuretico che agisce sul rene) e l’ossitocina che invece agisce sulle ghiandole mammarie e sulla muscolatura uterina facilitando le fasi del parto nonché l’allattamento. Quindi già c’è una primo aspetto diretto dell’ipotalamo che interferisce con questi due ormoni tramite la loro liberazione a livello della neuroipofisi in più l’ipotalamo è connesso tramite il circolo potale ematico all’ipofisi

anteriore perché l’ipotalamo produce delle piccole proteine che si chiamano fattore di rilascio o fattore di inibizione che, tramite il circolo portale ipofisario, passano dall’ipotalamo all’ipofisi anteriore e qui consentiranno il rilascio di una serie di ormoni della adenoipofisi. Ancora una volta sono dei neuroni ipotalamici che attivano una funzione endocrina. Questa è la prova del fatto che esiste una stretta connessione tra sistema nervoso centrale e il sistema endocrino a livello dell’ipotalamo. Quindi l’ipotalamo riveste un ruolo centrale in questo controllo e infatti proprio per questa sua funzione di relazionare i due sistemi di controllo l’ipotalamo è in una posizione centrale rispetto ad altre aree cerebrali (figura 1).

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Figura 1

E’ inserito quindi tra molte strutture con diverso significato funzionale. La figura 2 mostra invece i vari nuclei che compongono l’ipotalamo che si trovano localizzati intorno al terzo ventricolo. Il nucleo

paraventricolare è quello dal quale partono molte delle fibre che vanno all’ipofisi posteriore per produrre i due ormoni ossitocina e vasopressina (ormone antidiuretico). Il nucleo sopraottico, invece, è responsabile dell’interazione tra ipotalamo e il sistema nervoso autonomo.

Figura 2

L’ipotalamo è molto importante dal punto di vista della termoregolazione che è l’insieme di quei fenomeni molto complessi che consente ai mammiferi e agli uccelli di mantenere costante la loro temperatura corporea. Il raggiungimento dell’omeotermia è stato un passo evolutivo molto importante perché essere animali a temperatura costante, se da una parte ha lo svantaggio di dare un dispendio energetico calorico perché termoregolare costa in metaboliti, ha grandi vantaggi. Uno di questi vantaggi è che le funzioni

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corporee sono sempre ottimali nel senso che in qualsiasi istante siamo in grado di attivare al massimo ogni nostra funzione corporea (cardiovascolare, respiratoria, muscolare, ecc…). Questo è possibile perché la temperatura corporea è adeguata a mantenere la velocità delle reazioni biochimiche adatta per ottenere la massima performance. Questo non è possibile negli animali che non sono omeotermi (rettili più piccoli come le lucertole) che necessitano della luce solare o qualche altra sorgente di calore per innalzare la loro temperatura e ottenere così le condizioni più favorevoli per i processi biochimici (es. se non si scaldano, la loro muscolatura reagirà più lentamente). Mantenere la termoregolazione significa coinvolgere molti aspetti della fisiologia, per questo se ne parlerà a fine corso dopo aver fatto sistema respiratorio, cardiovascolare e renale. Tutte e tre queste funzioni sono implicate nella termoregolazione. Due nuclei a livello dell’ipotalamo sono coinvolti nella gestione di tutti quei processi viscerali che governano la termoregolazione. L’attivazione e la stimolazione dell’area preottica induce la termolisi, cioè attiva tutti quei meccanismi che fanno abbassare la temperatura corporea. Tipicamente questa viene attivata quando si esegue un esercizio fisico perché la temperatura, che non può andare oltre un certo livello, si alza e deve essere quindi abbassata. Per abbassarla viene coinvolto il sistema respiratorio e il sistema circolatorio e il tutto viene regolato dall’area preottica.

Figura 3

Viceversa se ci esponiamo a temperature troppo basse c’è dispersione di calore e per recuperare calore bisogna attivare l’area ipotalamica posteriore che aumenta la termogenesi mediante l’attivazione della tiroide che produce gli ormoni tiroidei che inducono questo processo. Molte altre funzioni viscerali sono governate dall’ipotalamo. Si possono distinguere funzioni differenti per la parte anteriore e quella posteriore dell’ipotalamo. L’ipotalamo anteriore, tramite il nucleo paraventricolare, si mette in comunicazione con l’ipofisi posteriore con le fibre nervose specifiche con la funzione per esempio di liberazione di ossitocina oppure della vasopressina che ha, nello specifico, il compito della conservazione

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dell’acqua corporea. Questo ormone agirà sull’ultima parte del nefrone, in particolare nel tubulo collettore del nefrone, inducendo l’assorbimento dell’acqua. Quindi quando si è assetati in un luogo caldo quello che succede è che si attiva il nucleo paraventricolare e l’attivazione di questo nucleo con la conseguente liberazione dell’ormone antidiuretico determina il risparmio dell’acqua (si urina di meno). Più anteriormente, nell’area preottica mediale, abbiamo altre funzioni di carattere viscerale che saranno poi mediate perifericamente dal sistema nervoso autonomo, per esempio la contrazione della vescica, la diminuzione della pressione e della frequenza cardiaca che sono mediate dalla inibizione dell’ortosimpatico. In genere l’attivazione dell’ortosimpatico un aumento della frequenza cardiaca e un aumento della pressione arteriosa che è quello che si attribuisce al nucleo perifornicale posto posteriormente. L’attivazione dell’area preottica mediale induce un’inibizione del nucleo perifornicale e quindi una diminuzione della pressione. Il nucleo sopraottico induce anche lui una liberazione di vasopressina. La termoregolazione comporta la polipnea (iperventilazione, aumento della frequenza e della profondità della ventilazione), la sudorazione (una maggiore produzione di sudore che evaporando abbassa la temperatura) e l’inibizione della pireotropina spigando il perché è quello termolitico. Per abbassare la temperatura non è sufficiente che si espella acqua, ma bisogna che il sudore che viene prodotto venga disperso sottoforma di gas, cioè di vapor acqueo. In un ambiente secco, tanto più sudore si produce tanto più ne evapora e quindi la temperatura scende ma se l’ambiente è saturo di vapore acqueo il sudore non evapora e quindi non si ha un abbassamento della temperatura. La sudorazione prevede un modificazione importante della

vascolarizzazione cutanea, quindi deve essere attivato tutto quel settore del sistema circolatorio che induce l’aumento della sudorazione. Anche in questo processo è richiesto il sistema nervoso autonomo.Nella zona posteriore dell’ipotalamo abbiamo un’altra serie di funzioni che sono antitetiche rispetto a quelle appena analizzate, il che ci dice che se viene attivata la porzione anteriore con dei circuiti interni verrà inibita la zona posteriore. C’è quindi una sorta di autoregolazione dell’ipotalamo tra i vari nuclei. Abbiamo anche il centro della fame o il centro della sete. L’ipotalamo ha una serie importante di funzioni.Le funzioni governate dall’ipotalamo vengono in effetti riferite alla periferia dal sistema nervoso autonomo.

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Figura 4

La figura 4 mostra la localizzazione dei vari gangli del sistema nervoso autonomo e la destinazione delle vie periferiche di cui il sistema nervoso autonomo si serve. Il sistema nervoso autonomo si suddivide in due parti che sono “abbastanza” antitetiche. Le due parti sono il sistema nervoso parasimpatico e il sistema nervoso ortosimpatico. Queste differiscono sia nella localizzazione sia nel tipo di arrangiamento che c’è tra le fibre pre e post-sinaptiche, sia nel tipo di mediatore che i due sistemi utilizzano per eccitare le strutture

sulle quali vanno ad agire. Nella parte cervicale e nella parte lombosacrale è localizzato il parasimpatico, mentre l’ortosimpatico si localizza da T1 a T12 circa.

Figura 5

Tutti gli organi viscerali (polmoni, cuore, fegato, tutto il sistema digerente) ricevono fibre dall’ortosimpatico (figura 5). Anche il parasimpatico contribuisce all’innervazione degli organi viscerali. Per esempio il polmone riceve dalle prime vertebre toraciche una componente dell’ortosimpatico ma riceve anche un’innervazione dal parasimpatico. Il polmone ha carattere solo afferente per il parasimpatico perché il polmone utilizza il nervo vago come via afferente per informare il SNC (zona bulbo pontina) di ciò che sta

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succedendo nel polmone. Per contro il polmone riceve un’innervazione di tipo ortosimpatico che ha la funzione di modificare il diametro delle vie aeree superiori (bronco dilatazione o bronco costrizione. Il sistema circolatorio è costituito da diversi settori. Il cuore riceve sia un’innervazione di tipo vagale che un’innervazione di tipo ortosimpatico, qui c’è una grossa differenza perché, mentre il polmone utilizza il vago solo nella componente afferente, nel cuore il vago ha una duplice funzione sia afferente che efferente. Il cuore utilizza il vago nella sua via afferente (più l’arco aortico e la biforcazione della carotide in verità) per portare informazioni di tipo meccanico e chimico sul tipo di tensione a cui la parete dei grossi vasi arteriosi è sottoposta, quindi sul valore della pressione arteriosa, così come sul valore della pressione parziale di ossigeno e di anidride carbonica che c’è nel sangue. Quindi tutte queste informazioni verranno portate anche loro a livello bulbare per una risposta da parte del sistema ortosimpatico e parasimpatico. L’ortosimpatico agisce sul cuore che sui vasi: sul cuore modificando la forza di contrazione del ventricolo e modificando la frequenza cardiaca; sui vasi inducendo o vaso costrizione o vaso dilatazione. Nello stesso modo agisce il sistema nervoso autonomo in tutti gli organi viscerali. Un’altra grossa differenza dal punto di vista anatomico è la posizione a livello spinale dei neuroni che appartengono al sistema nervoso orto e parasimpatico. La via afferente (figura 6) che arriva al midollo lungo le corna posteriori, tra le altre sinapsi che prende con i vari tipi di strutture che abbiamo visto finora, può prendere anche sinapsi chimiche con neuroni vegetativi i quali partiranno dalla zona posteriore formando il ramo comunicante bianco e

andranno a finire poi nei gangli periferici. Dai gangli partono le fibre post-gangliari, quindi sia l’ortosimpatico che il para simpatico hanno un motoneurone vegetativo, da cui insorgono a livello spinale e poi fanno strada facendo un’altra sinapsi che è quella che mette in comunicazione la fibra pregangliare (quella che parte dal neurone vegetativo) con la fibra post gangliare che è quella che troviamo dopo il ganglio. Quindi abbiamo sempre una fibra pregangliare e una fibra postgangliare. Anatomicamente sono un po’ differenti perché il sistema nervoso simpatico ha il ganglio posizionato in zona paravertebrale lungo tutto l’asse della colonna. Quindi il ganglio è molto ravvicinato rispetto alla sua uscita dal midollo, di conseguenza la fibra pregangliare è corta e la fibra postgangliare, cioè quella che parte dal ganglio e arriva all’organo, è più lunga perché deve andare dalla colonna all’organo di arrivo. Invece nel caso del parasimpatico abbiamo una fibra pregangliare molto lunga e il ganglio è localizzato praticamente a livello dell’organo bersaglio. Quindi la fibra postgangliare, essendo il ganglio localizzato nel tessuto o in zona limitrofa è molto breve. Quindi fibra pregangliare lunga (nel parasimpatico) e postgangliare corta.

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Figura 6

Le differenze di carattere fisiologico. I mediatori del sistema ortosimpatico e parasimpatico sono fondamentalmente due: Acetilcolina e Noradrenalina. L’acetilcolina è presente in tutti i neuroni pregangliari, siano essi del sistema nervoso ortosimpatico o parasimpatico. L’acetilcolina sulla fibra postsinaptica può avere differenti recettori. Può avere ad esempio un recettore nicotinico o un recettore muscarinico. I recettori nicotinici sono quelli che si trovano sulla fibra postsinaptica di tutte le sinapsi gangliari sia del sistema ortosimpatico che parasimpatico. Cioè, nel ganglio, tra la fibra presinaptica e nella fibra postsinaptica viene sempre usata l’acetilcolina e questa, all’interno di

questa sinapsi, nella fibra postsinaptica è recepita da recettori di tipo nicotinico. Sono gli stessi recettori che si trovano anche sulla placca neuro muscolare del muscolo scheletrico e anche del muscolo liscio. Tra l’ortosimpatico e il parasimpatico c’è una differenza molto grossa che è quella del diverso mediatore della fibra postgangliare. Mentre nel parasimpatico il mediatore chimico utilizzato dalle fibre post gangliari è l’acetilcolina, nell’ortosimpatico è la noradrenalina (figura 7). In questo caso l’acetilcolina usa dei recettori detti recettori muscarinici. Esiste un gruppo di neuroni appartenenti all’ortosimpatico, che sono post gangliari, che al posto di usare la noradrenalina usano l’acetilcolina. Sono delle fibre post gangliari che vanno alle ghiandole sudoripare. Solo in questo caso le fibre post gangliari ortosimpatiche usano l’acetilcolina come mediatore e anche loro utilizzano i recettori di tipo muscarinico invece di quelli nicotinici. In tutti gli altri casi, nelle fibre postgangliari dell’ortosimpatico, viene utilizzato come mediatore la noradrenalina. La noradrenalina è una sostanza appartenente al gruppo delle tirosine, deriva dalla tirosina passando attraverso alcuni passaggi intermedi (figura 7). Sia la noradrenalina che l’adrenalina sono dei derivati della dopamina, ma vengono usati in maniera diversa: l’adrenalina è (non al 100%) quasi esclusivamente usata come ormone. La noradrenalina viene liberata dalle cellule endocrine della midollare del surrene che produce derivati della tirosina (noradrenalina e adrenalina). Chiamiamo una sostanza ormone quando viene liberata nel sangue e tramite questo raggiunge l’organo bersaglio. L’attività dell’adrenalina è quasi esclusivamente sotto forma di ormone, quindi agisce venendo liberata dalla midollare del surrene e da questa andrà ad agire come ormone

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sui vari organi bersaglio. La noradrenalina invece non ha il significato di ormone ma è piuttosto un neuro mediatore perché, al posto di essere liberata nel sangue viene utilizzata nella sinapsi tra la fibra post sinaptica dell’ortosimpatico e l’organo effettore. Entrambe sono derivate dalla tirosina, entrambe rientrano nella classe delle catecolamine però hanno un utilizzo diverso una come ormone (adrenalina) e una come neuro mediatore (noradrenalina).

Figura 7

Non solo hanno questo differente iter e utilizzo ma l’adrenalina e la noradrenalina possono variare molto la

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loro funzione fisiologica l’uno rispetto all’altra perché vengono recepiti da recettori cellulari differenti. Si conoscono almeno due grosse classi di recettori per le catecolamine e questi recettori sono di tipo ( e ), e di tipo ( e ). A seconda che il mediatore interagisca con l’uno o con l’altro recettore l’effetto sarà diverso. Se la noradrenalina interagisce con dei recettori , quello che succede è, per esempio sui vasi, un’induzione di vasodilatazione. Se invece agisce sui recettori si indurrà un vasocostrizione. La stessa cosa succede sulle grosse vie aeree (bronchi e bronchioli). Il recettore , se stimolato, determina una bronco dilatazione; determina una bronco costrizione. Le arterie coronarie sono quelle portano il sangue alla muscolatura cardiaca in genere. Il cuore va sotto la stimolazione diretta sia dell’ortosimpatico che del parasimpatico (tabella 1). Se stimoliamo il nervo vago (parasimpatico) quello che succede è che troveremo una riduzione della frequenza cardiaca una riduzione della pressione arteriosa. Se stimoliamo, invece, l’ortosimpatico (nervo simpatico cardiaco) aumenta la frequenza di contrazione e aumenta la pressione arteriosa. L’aumento della pressione arteriosa è legata sia ad un aumento della forza di contrazione del cuore ma anche ad una vaso costrizione periferica.

SPIEGAZIONE. Il cuore è una pompa che spinge il sangue in una direzione

se in A si abbassa la pressione come faccio ad alzarla e portarla al valore normale? Posso fare 2 cose: o aumento la forza con cui le pareti cardiache si chiudono sulla camera ventricolare (aumento di pressione) e/o posso restringere un pochino il vaso. Se si stringe il vaso a valle la pressione in A sale. Però se si stringono tutti i vasi, coronarie comprese, l’afflusso di sangue alla muscolatura cardiaca diminuisce quindi c’è il rischio di andare in contro ad un’ischemia (mancanza di ossigeno ai tessuti) che è l’anticamera di un infarto cardiaco. Questo è in verità scongiurato dalla presenza di recettori sulle pareti delle coronarie che, se stimolate dalla noradrenalina, aumentano il diametro delle coronarie (più ossigeno al cuore) contemporaneamente ad una costrizione degli altri vasi che per contro hanno recettori che costringono i vasi se stimolati dalla noradrenalina. Quindi la stessa noradrenalina e la stessa adrenalina che sarà prodotta dalla midollare del surrene, mentre contrae una parte ne dilata un’altra grazie a differenti recettori.

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Il cuore va anche sotto effetto della stimolazione vagale parasimpatica, anzi nel cuore prevale il “tono vagale”, è quello più importante. Se viene stimolato il simpatico il tono vagale viene inibito e la frequenza aumenta sia perché viene inibito il tono vagale sia perchè è eccitato il tono simpatico. La stimolazione parasimpatica induce una diminuzione della frequenza cardiaca. Nei vasi sanguigni può dare vaso costrizione se ci sono i recettori , vaso dilatazione se ci sono i recettori . Il simpatico sui vasi non ha una grande azione: se c’è una vaso dilatazione non è perché viene stimolato il parasimpatico è perché viene inibito l’ortosimpatico. Se vogliamo vasodilatare un po’ un’arteriola dobbiamo diminuire il tono ortosimpatico a quella arteriola, diminuendo l’eccitazione ortosimpatico si allenta la vasocostrizione e, dal punto di vista fisiologico, allentare una costrizione è l’equivalente della dilatazione. Il Simpatico agisce sull’occhio, può determinare ancora costrizione con i recettori , in questo caso si costringe il muscolo radiale e si ha quello che si chiama miosi, cioè un restringimento dell’iride. Invece la midriasi è un aumento del diametro dell’iride legato ad una diminuzione della contrazione del muscolo oculare. il parasimpatico è assente nel muscolo radiale c’è invece anche l’attivazione parasimpatica a determinare la miosi. La secrezione salivare aumenta sia con la stimolazione simpatica che con quella parasimpatica. La stimolazione simpatica ha un significato molto diverso nelle ghiandole salivari rispetto a quella parasimpatica. Quella parasimpatica agisce sulle parotidi a determinare una produzione di una saliva molto liquida e ricca di enzimi (secrezione salivare seriosa). Invece la secrezione mediata dall’ortosimpatico è più ricca di muco ad opera delle sottomandibolari e delle sottolinguari (può darsi che si

sia confusa!!! Ne riparleremo, dice lei). Questa secrezione mucosa è meno ricca di enzimi. Il parasimpatico è quello prevalente nel preparare il sistema digerente alle sue funzioni, quindi le secrezioni lungo il tubo digerente non che le peristalsi a partire dall’esofago in giù. L’ortosimpatico non ha invece nessuna azione sul digerente (se ce l’ha è molto limitata).

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Tabella

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Andare a studiare bene sul libro che cosa fa il parasimpatico e l’ortosimpatico da una parte piuttosto che da un’altra.

ELETTROENCEFALOGRAMMA

L’elettroencefalogramma è la registrazione sul cuoio capelluto dei potenziali che si sviluppano nella corteccia, piazzando gli elettrodi in alcuni punti di interesse che sono già stati codificati. Misura non invasiva. E’ l’analogo dell’elettrocardiogramma che va a registrare dei potenziali corporei integrati sulla superficie corporea. L’elettroencefalogramma registra sul cuoio capelluto l’attività elettrica di un’area neuronale rispetto ad un elettrodo di riferimento, che generalmente è posto dietro l’orecchio.

Figura 8

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Quel è la base fisiologica e che informazioni ci può dare questa lettura? La corteccia è costituita da diversi strati (figura 8). Ad esempio nel V strato ci sono le cellule piramidali che ricevono varie informazioni mediante il loro albero dendritico che parte dalla cellula e sale verso la superficie corticale dove contrae diversi tipi di interazione. Questi rami prendono contatto con interneuroni che possono essere sia inibitori che eccitatori che stimolano la cellula piramidale a produrre un segnale di uscita. L’elettroencefalogramma è la registrazione composita delle scariche elettriche che si generano nelle cellule piramidali della corteccia. Queste hanno diverse funzioni a seconda della corteccia di cui si sta parlando perché come abbiamo visto le funzioni sono molto diversificate da zona a zona (anteriormente alla scissura del Rolando saranno motorie se no hanno attività sensoriale).Se si considera una sola cellula piramidale e se si posizionano degli elettrodi possiamo andare a vedere all’interno della cellula piramidale e all’esterno di essa, cosa succede quando stimolo la cellula piramidale.

Immaginiamo di stimolare tramite una sinapsi un dendrite di una cellula piramidale (figura 9 Ⓐ), cosa succede? Succede che, rispetto alla situazione di riposo, nel momento in cui la cellula piramidale viene eccitata in quel punto, il potenziale intracellulare che si registra nel punto ②aumenta. Passa, ad esempio, da -90mV ad un valore più positivo, c’è quindi una depolarizzazione più o meno intensa della cellula. Se si registra il potenziale fuori dalla cellula piramidale nel punto ③, si noterà una diminuzione del potenziale. Questo succede perché se si stimola la cellula piramidale le cariche positive che si trovano al di fuori della cellula entrano in essa per determinare la depolarizzazione, contemporaneamente all’esterno ci sarà una iperpolarizzazione. Nel punto ④si misura il potenziale all’esterno del pirenoforo: se considero il tratto del dendrite compreso tra la sinapsi dalla quale parte lo stimolo al punto ④ ,e immagino che per andare dalla sinapsi al corpo cellulare, la corrente che è generata nel punto ① deve attraversare una resistenza interna al dendrite. Si genereranno delle correnti che producono questo protrarsi della stimolazione e fanno scorrere il potenziale lungo la fibra. Il potenziale scorre perché si creano dei circuiti locali per il quale gli ioni positivi che entrano in ② usciranno per chiudere il circuito nel punto ④ dopo aver transitato attraverso la membrana. Nel punto ④ quindi troverò una depolarizzazione

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dovuta all’accumulo degli ioni usciti dalla cellula piramidale. A seconda di dove insorge il potenziale e a seconda di dove misuro vedrò un segnale diverso nello stesso tipo di stimolazione.

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Quando noi piaziamo gli elettrodi sul cuoio capelluto non misuriamo il potenziale intracellulare, ma misuriamo un insieme di potenziali che sono derivati da ciò che succede nello spazio extracellulare (figura 9 Ⓑ). Essendo l’elettrodo piazzato sul cuoio capelluto risentirà maggiormente di quello che succede vicino all’elettrodo rispetto a quello che succede lontano da esso. In questa figura un assone arriva da un altro punto della corteccia, eccita la corteccia in quel punto, all’interno diventa positiva ma all’esterno diventa negativa. L’elettrodo che è stato messo vicino al punto dove è stata portata l’eccitazione (destra), registrerà un potenziale negativo che corrisponde a quello che c’è all’esterno della cellula. Nella parte sinistra della figura Ⓑ ,invece, siccome lo stimolo avviene lontano dall’elettrodo la parte più vicina ad essa si depolarizza quindi ci sarà una lettura positiva. In più si può capire dalla figura che a seconda che la via afferente provengano dal talamo piuttosto che dalla corteccia controlaterale avrà sulla cellulare piramidale delle connessioni diverse. Quella che proviene dal talamo è un po’ più prossimale rispetto alla cellula, quella che proviene dalla corteccia controlaterale è un po’ più distale. Ogni via afferente termina in punti diversi dell’albero dendritico e del corpo del soma delle cellule piramidali e quindi darà luogo, una volta eccitato ad un segnale che verrà registrato con intensità e direzione di deflessione differenti. La lettura dell’elettroencefalogramma è complicato da leggere (figura 10). Questo succede perché non si ha una lettura di una o due cellule piramidali ma bensì di un integrazione di molte cellule piramidali messe insieme. Potremmo avere quindi un profilo come quello in figura

10, dal quale bisogna cercare di estrapolare un profilo più pulito del tracciato per poterne riconoscere due caratteristiche tipiche: la frequenza e l’ampiezza. Esistono diversi tipi di onde, ne vengono identificate cinque in tutto. Le onde alfa sono onde elettroencefalografiche che hanno un’ampiezza che è nell’ordine dei 10/20μV e che ha una frequenza variabile tra gli 8Hz e i 13Hz (1Hz è un’oscillazione al secondo; se fossero 10Hz, 10 al secondo 10 ogni 1000ms, sono 1 onda ogni 100ms circa). Le onde alfa sono tipiche di una condizione che è la veglia rilassata. L’attività corticale dipende dallo stato di eccitazione della corteccia

14Figura 9

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oltre che dal tipo di azione che viene evocata nel corso della registrazione. Tanto maggiore è l’attivazione della corteccia durante la veglia tanto varierà il profilo elettroencefalografico. Se siamo in una condizione di veglia rilassata la frequenza è abbastanza elevata (8÷12Hz) mentre l’ampiezza è piccola. Esiste poi una seconda fase che è quella delle onde beta, sono delle onde che hanno una frequenza più alta tra 13Hz e 25Hz ad hanno un’ampiezza un pochino minore rispetto alle onde alfa. La maggior frequenza di comparsa delle onde beta rispetto alle onde alfa dipende dall’eccitazione corticale che è dovuta ad una facilitazione da parte della reticolare mesencefalica. E’ questa che attiva la corteccia durante lo stato di veglia ed è la parziale disattivazione della corteccia mesencefalica che porta dallo stato di veglia allo stato si sonno e che definisce il cosiddetto ritmo sonno veglia. Maggiore è l’attivazione della reticolare mesencefalica maggiore è lo stato di veglia e questo, dal punto di vista elettroencefalografico, è evidenziabile dal fatto che aumenta la frequenza delle onde. Le onde teta, sono onde che compaiono nel sonno leggero. Sono onde a bassa frequenza e più ampie. Le onde più ampie di tutte sono le onde delta del sonno profondo che hanno una frequenza da 0,5Hz a 4Hz.

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Figura 10

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Il sonno non presenta caratteri costanti dal primo all’ultimo momento ma presenta delle fasi. Le fasi sono distinte in cicli di 3/4 ore (dipende da molti fattori, quale l’età per esempio), e queste onde sono caratterizzate nell’ambito di uno stesso ciclo dall’alternanza del cosiddetto sonno REM rispetto a quello che si chiama nonREM (NREM). Il sonno REM (Rapid Eye Movement) è un sonno caratterizzato da rapidi movimenti degli occhi che occasionalmente vengono anche aperti. Ciò non è normalmente presente nel sonno NREM. In questa fase che può durare 30/40 minuti o addirittura pochi minuti (dipende dal soggetto). Questa eccitazione del movimento oculare si accompagna ad una eccitazione globale della corteccia. Infatti nella figura si notano delle onde beta che possono essere registrate così come nella veglia anche nel sonno; sono onde tipiche del sonno REM. Quindi: presenza di movimenti oculari e talvolta di movimenti corporei, i sonnambuli si muovono nel sonno REM infatti. E’ un sonno caratterizzato da un’attività corticale molto intensa tipica addirittura della veglia. Viene anche chiamato “sonno paradosso” proprio per questa somiglianza con il profilo elettroencefalografico della veglia. Le onde delta invece sono quelle che si misurano nel sonno profondo NREM, cioè tra quelle fasi che sono alternate tra periodi di sonno REM. In questo periodo c’è un rallentamento dell’attività corticale. Sembra che questa attività si sonno REM serva per reintegrare molti dei circuiti neuronali (es. i circuiti della memoria), quindi la fase REM sembra essere essenziale per la funzione normale della corteccia. La figura 11 mostra il passaggio da uno stato di veglia ai vari stadi del sonno. Quindi anche il profilo elettroencefalografico varierà di conseguenza: da onde beta della veglia, ad onde alfa della veglia rilassata fino al sonno profondo

carattrerizzato dalle onde delta, nello stadio 4 infatti ci sono delle onde molto più ampie e molto più lente. Il grafico sotto, dice invece quante sono le ore di sonno nelle varie età della vita. La parte del profilo più chiara è il sonno REM (desincronizzato) mentre la parte più

scura è il sonno sincronizzato, quello profondo che rimane più o meno costante con qualche oscillazione per tutta la vita. Il sonno REM, invece, passa da una quantità cospicua nel neonato e si riduce crescendo con l’età. In una durata di sonno medio di otto ore (grafici in alto e a destra) si possono distinguere i vari stadi, dalla veglia allo stadio profondo dal quale periodicamente ci si sveglia e la barretta nera indica lo stadio di sonno

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Figura 11

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REM. Questa fase di sonno è ripartito variamente a seconda dell’età.

FUNZIONI DEL SANGUE

Il sangue è un fluido. Il suo funzionamento lo si capisce paragonando il sangue ad un liquido che scorre in un tubo e cercare di capire perché il sangue scorre in un modo piuttosto che in un altro. Un fisiologo francese di nome Paul Bert, alla fine dell’800 definì molto bene il sangue e lo chiamò ”MILLIEU INTERIEUR”, nel senso di mezzo interno. Interno all’organismo, e lo chiamò così per differenziarlo dal mezzo esterno che è l’aria contenuta nel tubo digerente e nel sistema respiratorio. Il sistema respiratorio è un’invaginazione del tubo digerente ed entrambi circoscrivono un ambiente esterno ma interno all’organismo. Le cellule sono separate tra loro (o perché sono in tessuti diversi o perché sono nello stesso tessuto ma distanti tra di loro) e per “comunicare” ci deve essere qualcosa in mezzo e che consenta loro di funzionare contemporaneamente. Nel regno animale si sono evolute molte forme diverse, se si pensa ad un protozoo, che è sostanzialmente una cellula e come tale non ha un sistema circolatorio perché essa può prendere direttamente l’O2 dal mezzo che ha intorno, cioè il mezzo esterno ed espelle la CO2

nell’ambiente. Stessa cosa fanno le spugne che hanno delle strutture in cui l’acqua entra e ogni cellula della spugna si prende direttamente l’ossigeno dall’acqua che passa. Tanto è più complesso l’organismo, tanto più le cellule si trovano ad essere lontane dall’ambiente. Le nostre cellule non possono prendere l’ossigeno direttamente dall’esterno perché poche sono quelle che si affacciano all’esterno tutte le altre sono ben lontane. Ecco perché si sono evoluti organi che adempiono a funzioni distinte, ci sarà un organo che serve a prelevare l’ossigeno e a espellere la CO2

(sistema respiratorio), l’altro che servirà a eliminare l’acqua in eccesso o a trattenere l’acqua ed elimina eventuali metaboliti che non servono più (rene) ecc…

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L’ossigeno si scambia a livello del polmone ma ne ho bisogno anche nelle cellule cutanee del piede. L’ossigeno arriva in periferia grazie al sistema circolatorio. Il sangue è mezzo interno perché è l’analogo del mezzo esterno per la spugna o per il protozoo. Cioè porta il mezzo esterno all’interno. Riesce a collegare tutti i sistemi e tutte le cellule per fare in modo che, nonostante la specializzazione dei vari organi, tutte le cellule possano essere raggiunte dall’O2, possano eliminare la CO2, possano controllare il volume di acqua, possano avere più soluti disponibili e così via. Non sarebbe possibile se non ci fosse il sistema circolatorio e quindi se non ci fosse un mezzo di trasporto che è il sangue. E’ estremamente importante che il sangue mantenga tutte le caratteristiche che servono per funzionare da mezzo interno. Le funzioni del sangue sono:

1. Trasporto di H20, soluti, gas (O2, CO2, N), ormoni2. Termoregolazione3. Difesa4. Controllo del pH

La prima funzione è quella di trasporto dell’acqua. L’organismo dispone di molti mezzi, soprattutto il rene e la respirazione per mantenere il controllo dei volumi dei fluidi organici. Mantenere il controllo dello stato di idratazione di un tessuto è fondamentale. Ci sono alcuni organi che possono sopportare una variazione del contenuto di acqua altri no. Per esempio, se ci viene un ascesso, che è un’infiammazione all’interno della quale si verificano varie modificazioni, una di queste è che gli endoteli che tappezzano il vaso aumentano la loro permeabilità a vari soluti ma soprattutto all’acqua, quindi esce più acqua dai vasi. Quell’acqua va nel tessuto il tessuto diventa turgido, da fastidio ma non è letale. Se lo stesso fenomeno si verifica nel polmone o nell’encefalo la situazione è un po’ più grave. Sia il polmone che l’encefalo sono muniti di dispositivi che evitano un accumulo di acqua nel tessuto. Se si accumula acqua nel tessuto ci si sposta verso una condizione patologica che è quella di edema che può avere conseguenze molto gravi. Gli alpinisti sono molto spesso soggetti a edema sia cerebrale che polmonare perché l’ipossia determina un aumento della permeabilità degli endoteli all’acqua. E dunque importante che venga mantenuta l’adeguato contenuto di acqua (ne troppa ne troppo poca) per garantire la funzione. Il contenuto di acqua insieme al contenuto di soluti determina la concentrazione dei soluti nel plasma che determina l’osmolarità. Il trasporto dell’acqua risente pesantemente della presenza nel plasma delle proteine plasmatiche.

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Insieme all’acqua c’è il trasporto dei soluti che vengono trasportati o liberamente disciolti come nel caso dei sali, oppure trasportati legati alle proteine plasmatiche che hanno un ruolo molto importante. Poi il trasporto di gas. I gas che vengono trasportati sono fondamentalmente tre: ossigeno, anidride carbonica e azoto. Di questi l’ossigeno e l’anidride carbonica sono chiamati gas respiratori perché sono quelli che partecipano agli scambi respiratori. L’azoto viene chiamato invece gas inerte perché pure essendo presente nel plasma non ha funzioni fisiologiche, è importante considerare questo gas nel caso di immersioni subacquee perché può dare luogo ad un fenomeno chiamato embolia gassosa. Trasporto di ormoni che sono importanti perché svolgono un ruolo di integrazione rispetto al SNC regolando molti organi. Vengono trasportati nel sangue in due modi: se sono idrosolubili (vitamina B e C) vengono trasportati in forma solubile come gli altri soluti se invece sono liposolubili (vitamine A, D e K) allora vengono trasportate legate alle proteine plasmatiche.

Un ruolo importante del sangue è quello di consentire la termoregolazione. Se la temperatura cambia a livello periferico, grazie al sangue, questa variazione di temperatura viene compensata, sia in un senso, sia nell’altro. Il sangue consente l’esposizione a temperature non favorevoli. Un’altra funzione importante è quella di difesa, sia da agenti interni che esterni. Da quelli esterni si intende la risposta immunologica che è a carico del sistema linfatico e i linfociti fanno parte del circolo sanguigno. E’ elemento di difesa nei traumi che possono essere traumi lievi e si innesta una risposta chiamata emostasi che è una risposta meccanica che consiste nella chiusura tramite un tappo emostatico (crosta) sul punto della lesione questa risposta serve a chiudere la ferita evitando la perdita di sangue. Altro metodo importante è quello della coagulazione che viene attivata dalla rottura del vaso. Il tappo evita che il sangue raggiunga il punto di fuoriuscita deviando il flusso. Sia l’emostasi che la coagulazione si avvalgono di fattori (fattori della coagulazione) che altro non sono che proteine plasmatiche, tranne il Ca2+ (fattore X). Un’altra importante funzione è quella del controllo del pH (importantissimo), che richiede l’intervento della parte corpuscolata che del plasma.

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