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Lunedì 20 gennaio 2020 il GiornaleCONTROCORRENTE IL PERSONAGGIO

di Piera Anna Franini

Per 40 anniAduaVeroni ha condivi-so la propria esistenza conunmo-numento vivente come Luciano

Pavarotti. È stata la prima moglie deltenore (dei tenori), l’uomo per il qualeè lecito usare il superlativo perché nes-sun cantante lirico d’oggi, e del passatoprossimo, ha raggiunto la famaplaneta-ria e trasversale di big Luciano, riem-pendo teatri e stadi e con l’onda lungadi più di 100 milioni di dischi venduti.Su di lui è stato girato un docufilm, «Pa-varotti» di Ron Howard: tutto è fuorchéun capolavoro,ma le riprese di vita quo-tidiana e qualche gustoso dietro le quin-te hanno ricordato perché la gente im-pazziva per questa leggenda dalla risa-ta contagiosa e d’una spontaneità disar-mante, qualità che si saldavano conuna voce con dentro il sole e la voglia divivere.Ma cosa vuol dire vivere accanto a un

mito? Lo abbiamo chiesto ad Adua Ve-roni che ha ricostruito alcuni momentidel passato con disincanto, equilibrio ebonomia emiliana. Neppure l’ombrad’acredine per lo strappo della coppia(dopo 41 anni di unione, incluso il fi-danzamento, entrava in campoNicolet-ta Mantovani, poi seconda moglie), ri-cucito durante la fase dell’epilogo delcantante, quando la malattia se lo por-tava via nel 2007.«Vivere con unmito, vuol dire sem-plicemente annullare sè stessi».Consigli a chi si trova in questa si-tuazione?«A mio avviso è sano condividere e

ponderare le scelte e farsi consigliareda persone fidate e del mestiere. Maiintromettersi, per esempio, nelle que-stioni che riguardano il rapporto tra l’ar-tista e la direzione artistica di un teatro.È poi importante essere sinceri, e criti-ci. Calato il sipario, tutti lodano l’artistaanche quando le cose non sono andatepoi così bene. Invece la verità va detta».Pavarotti accettava le critiche?«Assolutamente sì, ascoltava le mie

osservazioni e anche quelle delle figlie.La critica onesta serve molto più diun’approvazione. E la cosa gli era per-fettamente chiara».Al partner di un artista tocca spesso

occuparsi delle questioni pratiche.Accadeva anche a voi?«Eh, sì. Questi sono i casi in cui devi

fare il tuo ma anche quello che tocche-rebbe all’altra parte della coppia. Se vi-vi con una leggenda devi fare da con-trappeso, risolvere i problemi che po-trebbero compromettere la serenitàdell’artista. Così come certe comunica-zioni vanno fatte nel momento giusto.Ricordo, per esempio, che quando no-stra figlia Lorenza fu operata di appen-dicite, lo avvisai quando tutto si stavarisolvendo».Faceva in modo che vivesse sottouna campana di vetro...«È così che funziona, l’artista deve

potersi occupare serenamente del suolavoro».Dove è volata la mente quando haascoltato Tosca, l’opera che ha inau-gurato il cartellone della Scala?«Eh... un fiume di ricordi...Di Pavarotti e Kabaivanksa? Furo-no Mario Cavaradossi e Tosca alMet di New York, al Covent Gardena Londra, a Vienna, alla Scala....«Una coppia fantastica. Per interpre-

tare Tosca ci vuole gran classe, e Rainal’aveva, e sapeva anchemuoversimera-vigliosamente in palcoscenico. Il primodisco che regalai a Luciano fu proprioTosca interpretato da Maria Callas eGiuseppe Di Stefano».Perché regalare proprio Tosca?«Perché in casamia erano tutti appas-

sionati di opera lirica. Io un po’ meno,devo ammetterlo, però trovavo diver-tente studiare le trame delle opere; ave-vo uno zio che collezionava libretti. Emi ero letteralmente innamorata di Ca-varadossi (ndr pittore, amante di To-sca), era il mio idolo, mi piacevano ilsuo patriottismo e il suo coraggio».Come conobbe Pavarotti?«Frequentavamo la stessa scuola,

l’istituto magistrale. Io avevo 17 anni elui 18 nella stessa scuola ma non nellastessa classe».Com’era la famiglia di Pavarotti?Sappiamo che era molto legato aigenitori.«Erano persone molto semplici, di-

sponibili. Il papà era d’una simpatia ge-nuina. Adorava l’opera, cantava nellaCorale Rossini di Modena, dove fece

entrare anche Luciano ancora giovanis-simo. Adele era più introversa delmari-to ma molto sensibile e romantica».Si riavvicinò all’ex marito durantela fase della malattia. La riconcilia-zione la fece sentire un poco piùsollevata?«Sollevata non direi proprio. Non sta-

va per niente bene sia fisicamente chepsicologicamente. È andata così. Dicia-mo che provavo una gran pena».Cosa dice del recente docufilm diHoward?«L’impostazione registicami è piaciu-

ta e ritengo sia riuscita a far percepire alpubblico l’essenza della personalità diLuciano; mentre, sul piano narrativo,avrei preferito – avendo vissuto tantesituazioni in prima persona – un rac-conto più puntuale. Ho avvertito poi lamancanza di molti testimoni che han-no veramente avuto un ruolo fonda-mentale nella vita di Luciano, sia condi-videndo con lui la realtà di tutti i giorniche l’esperienza del palcoscenico».A proposito di Scala, così assentenel film di Howard. Cosa ha signifi-cato questo teatro per Pavarotti?

«È stata una tappamolto importante.Luciano vi debuttò in Bohème in sosti-tuzione di Gianni Raimondi. DirigevaKarajan. E affrontare Karajan non erafacilema, per Luciano, è stato un incon-tro artistico importantissimo».In che senso non era facile?«Faceva tremare le vene e i polsi per-

ché era molto esigente, anche se poi irisultati si vedevano. Quando Lucianostava preparando laMessa da Requiemalla Scala con Karajan, io stavo per par-torire Giuliana, la nostra terza figlia.Era terrorizzato all’idea di prendersi raf-freddori spostandosi fra Modena e laScala, così non si mosse da Milano evide sua figlia che aveva già otto gior-ni».Quali opere e arie cantate da Pava-rotti accendono i ricordi più inten-si?«Senz’altro La Bohème perché gli ha

permesso di iniziare la carriera da pro-tagonista, dandogli la certezza che pote-va finalmente considerarsi un tenore incarriera. Questo ha fatto sì che potessi-mo fare progetti per il futuro e di creareuna nostra famiglia. Ricordo l’emozio-

«Io 17 anni, lui 18. Così iniziòla mia vita con Pavarotti»

È stata la prima moglie del grande tenore: «La nostra famiglia? È natacon la Bohème: solo dopo il debutto iniziammo a fare progetti»

ADUA VERONIL ’ I N T E R V I S T A

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ne che provai quando, in occasione deldebutto, alla fine della romanza “Chegelida manina”, il pubblico applaudìcon grande calore ed entusiasmo. Fon-damentale anche il ruolo di Riccardo inUn Ballo in Maschera, personaggio dalui molto amato».Partiamodal Covent Garden di Lon-dra«Luciano fu chiamato a sostituire Giu-

seppe di Stefano che si era ammalato.L’indomani della recita, i giornali scris-sero che era stato scoperto un nuovotalento».Il Met di New York?«Il debutto al Metropolitan, sempre

con La Bohéme, non fu del tutto fortu-nato, in quella occasione si ammalò du-rante la seconda recita e dovette abban-donare, malgrado il successo della pri-ma».Possiamo immaginare ilmix di rab-bia e frustrazione quando un ma-lanno manda all’aria una recita.Ma chi sta accanto all’artista, comevive questi momenti?«Sono situazioni terribili. Ricordo, al

Festival di Salisburgo, ero in piedi ingalleria seguendo La Bohème direttada Karajan. Alla fine del primo atto, lavoce di Luciano si troncò all’improvvi-so. Mi sentii svenire, tanto che dovettiappoggiarmi ad una colonna che avevodi fianco. Corsi in camerino e dissi aKarajan che Luciano non poteva prose-guire. Lui replicò che doveva continua-re anche solo per rispetto di quanti ave-vano pagato il biglietto. Insistetti di nuo-vo, ma niente. Karajan fece intervenireil suo medico. Costui mise nella gola diLuciano un ferro, per me lunghissimo,per rimuovere quel catarro. Un ferro ditortura perché Luciano si lamentavaper il dolore. Però poi tornò in scena e

fu un grande successo».Nel film, si vede Pavarotti raggiun-gere il palcoscenico dicendo: «Vadoamorire». Era unmodo per sdram-matizzare oppure faceva sul serio?«Soffriva. Non prese mai alla leggera

nessuna recita. Aveva sempre paurache un incidente potesse compromette-re l’esito della serata. Il cantante è co-me l’equilibrista, cammina sul filo. Lavoce è un organo delicatissimo».A un certo punto, lei fu pure suaagente.«Non da subito però e sempre in col-

laborazione con gli altri suoi rappresen-tanti; la mia esperienza, o meglio, lamancata esperienza, non l’avrebbe per-messo. Fin dall’inizio tenevo invece lefila con i vari agenti, tedeschi, inglesi,americani e l’agente italiano che lo ave-va scoperto al “Concorso Peri”. Conquesti vi era un continuo scambio dicorrispondenza e da loro imparai mol-to. Proprio in questi giorni mi sono ca-pitate fra le mani copie di lettere, scrit-te con carta carbone su velina».Come si stanno trasformando i can-tanti? Lei ha il polso della situazio-ne anche perché segue e presiede ilConcorso per cantanti lirici Ope-ra-Pienza, in provincia di Siena.«Innanzitutto, nel tempo è cambiata

la morfologia del corpo, forse una con-seguenza del cambiamento dello stiledi vita. Poi, soprattutto negli uomini, èsicuramente più raro trovare voci digrande volume».Come è arrivata a questo concorso?Pienza è un gioiello rinascimenta-le, ma è estranea ai circuiti dellalirica.«Faccio un passo indietro. Alcuni

cantanti, vincitori del Pavarotti Interna-tional Voice Competition di Philadel-

phia, si rivolsero a me per chiedere sup-porto e consigli per la loro futura carrie-ra. Avendo maturato negli anni una cer-ta esperienza, decisi di aprire un’agen-zia di rappresentanza per cantanti liri-ci con Angelo Gabrielli e Francesca Bar-bieri. Tra i giovani cantanti che rappre-sentavo, vi era anche il mezzosopranoMonica Faralli che, a sua volta, ben sa-pendo quanto sia importante dare unsostegno ai giovani talenti, ha poi isti-tuito il Concorso Opera Pienza, e mi haaffidato la presidenza».Soddisfatta dell’operazione?«Sì perché la soddisfazione nel lavo-

rare per i giovani è grande. La Città diPienza li accoglie come fossero perso-ne di famiglia e l’Amministrazione Co-munale sostiene, fin dall’inizio, il pro-getto con generosa partecipazione.Non è semplice gestire una tale orga-nizzazione, in cui confluiscono tanticantanti da tutto il mondo, ma la deter-minazione e la concertazione del Diret-tore Artistico Monica Faralli fa sì chetutti gli anni si compia il miracolo. Nonultimo, il concorso annovera una giu-ria composta anche da direttori e ma-nager di teatri stranieri. Data la preca-ria situazione dei teatri italiani, è rin-cuorante sapere che i nostri cantantipossano avere audizioni e contratticon enti esteri. È importante vincereborse di studio ma, ancor più, averepossibilità d lavoro».Cosa ricorda del primo vostro viag-gio a Pechino? Correva l’anno1986.«Ci ricordava l’Italia del secondo do-

poguerra. Non circolavano auto, vede-vi fiumi di biciclette, la gente giocava amorra o a carte sotto i lampioni. Micolpì la partecipazione di massa aglispettacoli, e questo nonostante i bigliet-

ti avessero un prezzo alto. Eravamo nelPalazzo dell’Assemblea del Popolo diPechino, ed ero seduta al fianco di unpersonaggio chiave della storia cinese.Mi dissero che aveva partecipato allaMarcia di Mao. In generale, i Cinesi mipiacquero subito. Ricordo il grande ca-lore con il quale fummo accolti».E invece la vostra prima volta inRussia?«La prima volta fu nel 1974. Fu ese-

guita a Mosca una splendida Messa daRequiem diretta da Claudio Abbado eil pubblico fu molto caloroso, ma l’ariache si respirava nella città era oppri-mente. Tornammo nel 1986, fuun’esperienza molto bella dove, in unpaese ancora soggetto comunque a tan-ta corruzione, si cominciavano però adavvertire segni di distensione e di cam-biamento. Ritornando invece all’espe-rienza della Cina ricordo che trovam-mo un popolo dignitoso. Di lì a poco ciinvitarono di nuovo, subito dopo la ri-volta di Tienanmen. Rimanemmo cosìcolpiti dalla situazione terribile edall’efferatezza delle immagini che daquel paese lontano ci giungevano, chedecidemmo di declinare l’invito».Una sua opinione su quanto accadu-to a Placido Domingo (ndr accusa-to di molestie ascrivibili a 30 annifa, non dimostrate, ma che hannocompromesso l’attività americanadel tenore dei Tre Tenori).«Dov’è la verità? Non sta a me poter-

lo dire, non sono a conoscenza di fattidel genere. Certo le denunce dovrebbe-ro essere fatte non a 30 anni di distan-za. Voglio però fare una considerazio-ne esclusivamente artistica: Domingoè stato sicuramente un cantante di cosìalto profilo che rimarrà, meritatamen-te, nella storia dell’opera lirica».

Frequentavamola stessa scuola,l’istituto magistralema in una classediversa. Lì ci siamoconosciuti

Ascoltava le mieosservazioni eanche quelle dellefiglie. La criticaonesta serve piùdell’approvazione

Entrava in scenasempre con lapaura che unincidente potessecomprometterel’esito della serata

GIOVANISSIMORossiaK, emittente televisivarussa dedicata allacultura, ha pubblicatoun filmato d'archiviodel 1964 (a sinistra uno scatto)in cui Luciano Pavarotti siesibisce a Mosca nell'aria «Ladonna è mobile» tratta dal«Rigoletto» di Verdi. Il tenoreaveva allora 29 anni. Nel 1974Pavarotti tornò nellacapitale russa con la moglieper una Messa da Requiemdiretta da Claudio Abbadodove riscosse un grandesuccesso

INSIEME PER 40 ANNILuciano Pavarotti con la moglieAdua Veroni in una fotodegli anni ’80, quandoil loro matrimonioera ancora saldo. Si eranoconosciuti da giovanissimi e sisono sposati quando illeggendario tenore aveva 25anni. Hanno avuto tre figlie,Lorenza, Cristina e Giuliana.Adua non è stata solo al suofianco come moglie,consapevole di essereal fianco di un uomo diventatoa un certo punto della suacarriera una leggenda, maanche come agente

IL DOCUFILM DI RON HOWARDSi intitola «Pavarotti» il docufilmuscito in Italia a ottobre erealizzato da Ron Howard(nella foto). «Pavarotti erainteressante come soggetto,perché era molto conosciutonel mondo come artista, ma sisapeva ben poco della sua vita- ha detto il regista -. Io, da nonesperto di lirica, ho capito chela sua vita aveva qualcosa dianalogo all’opera: in alcunesue esibizioni sentivo checantava, ma anche che forsequella non era solo una recita,aveva invece un reale rapportoemotivo con la sua vita»

Il Docufilmdi Howard? Fapercepire la suapersonalità mamancano moltepersone importanti

Al Covent Garden aLondra sostituìDi Stefano: igiornali scrisseroche era statoscoperto un talento

AduaVeroni è sta-ta la prima mo-glie del tenore

Luciano Pavarotti. Laloro storia è iniziatasui banchi di scuola,quando i due, entram-bi di Modena, fre-quentavano l’istitutomagistrale: lei avevasoltanto 17 anni e luiuno in più, 18. Da al-lora sono rimasti in-sieme per 41 anni, fi-no a quando nella vi-ta di Pavarotti è entra-ta NicolettaMantova-ni, diventata poi lasua seconda moglie.Hanno avuto 3 figlie.Per il tenore non è sta-ta solo la moglie chelo ha accompagnatoin tutta la sua carrie-ra, ma anche l’agenteche lo seguiva in cam-po artistico. Dopo laseparazione e l’inevi-tabile allontanamen-to, il riavvicinamentocon il cantante lirico èavvenuto quando èstato colpito dallama-lattia che lo ha porta-to via nel 2007. OggiAdua Veroni presiedeil Concorso per can-tanti lirici Ope-ra-Pienza (in provin-cia di Siena) per gio-vani talenti.

Chi è✒