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1 PROVINCIA DI BERGAMO Settore Politiche Sociali e Salute INVECCHIAMENTO E SERVIZI PER GLI ANZIANI Aprile 2014 Dati, riflessioni e prospettive sulle politiche sociali per la popolazione anziana nella provincia di Bergamo

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1

PROVINCIA DI BERGAMO

Settore Politiche Sociali e Salute

INVECCHIAMENTO E SERVIZI PER GLI ANZIANI

Aprile 2014

Dati, riflessioni e

prospettive sulle politiche

sociali per la popolazione

anziana nella provincia di

Bergamo

2

A cura della Dott.ssa Rita Bianchin

Coordnamento: Dr. Silvano Gherardi, con la collaborazione di Elisabetta Rota e Diego Locatelli

3

INDICE

PREFAZIONE

Premessa

1) Il territorio

p. 6

1.1 Le condizioni socio economiche p. 9

1.2 Cambiano i tempi, cambia la vecchiaia p.12

2) Gli anziani: una risorsa per la coesione sociale

p.15

2.1 Le donne e la vecchiaia p.16

2.2 La salute e le condizioni di vita delle donne p.17

2.3 Gli anziani e le forme famigliari p.18

2.4 Gli anziani e le forme famigliari p.25

3) Il reddito e le condizioni sociali

p.27

3.1 Le pensioni: uno sguardo di genere p.28

4) L’invecchiamento negli Ambiti Territoriali della provincia di Bergamo

p.31

4.1 Curare ed essere curati p.37

4.2 La demenza, un problema sociale in crescita p.39

5) Le dimensioni della non autosufficienza: i servizi dedicati

p.43

5.1 I centri Anziani: una risorsa da valorizzare p.46

5.1.1 La qualità della sede p.49

5.1.2 I tempi di funzionamento e gli utenti p.49

5.1.3 La gestione, il finanziamento, le attività p.50

5.2 Le Residenze Sanitarie Assistite p.52

5.2.1 Le origini delle RSA: cenni storici p.57

5.3 I servizi per la domiciliarità p.61

5.4 Il lavoro privato di cura: le assistenti familiari p.62

5.4.1 Quante sono le assistenti familiari e chi sono p.63

5.4.2 Il rapporto tra l‟assistente famigliare e la famiglia p.64

5.5 I Centri Diurni Integrati ( CDI) p.65

5.5.1 I CDI nella Provincia di Bergamo p.66

5.5.2 I servizi offerti p.71

5.5.3 Inserimento di un nuovo ospite p.72

5.5.4 Partecipazione dei familiari alla gestione p.72

6) Uno sguardo oltre i nostri confini: interventi per la domiciliarità e per

l’assistenza agli anziani non autosufficienti in alcuni Paesi europei

p.74

6.1 I servizi socio assistenziali e sanitari p.76

7) Come vivono gli anziani nella società che cambia

p.78

7.1 I giovani e gli anziani p.81

8) Le buone pratiche: salute e socialità

p.82

BIBLIOGRAFIA

p.89

4

PREFAZIONE

L‟Osservatorio per le politiche sociali della Provincia di Bergamo nasce con lo scopo di di fornire,

alle amministrazioni locali e a tutti gli altri soggetti che concorrono alla programmazione e alla

realizzazione di interventi e servizi sociali, informazioni e riflessioni intorno ai fenomeni sociali

che interessano più da vicino la popolazione della nostra provincia e al loro costante dinamismo.

Negli anni scorsi, con la pubblicazione del CD rom “ Anziani, uno sguardo al cambiamento”, il

Settore Politiche Sociali e Salute ha voluto acquisire una base di conoscenze aggiornate e

particolareggiate sulle diverse condizioni vissute dagli anziani del territorio provinciale, al fine di

costruire una serie di riferimenti e indicatori che potessero far emergere le dimensioni quantitative

e qualitative del fenomeno invecchiamento e di una potenziale domanda di servizi dedicati alla

popolazione interessata. Il lavoro di indagine e riflessione sui dati raccolti, fatto in collaborazione

con istituzioni pubbliche, del privato sociale e forze sociali più attive e sensibili al tema, ha

consentito di sviluppare anche un approfondimento sui connotati dei servizi esistenti e sulle risorse

in quel momento disponibili. I due gruppi di lavoro che hanno impostato e sviluppato i temi

presenti nel CD, uno formato da tecnici e da fruitori e uno costituito da esperti della materia, hanno

concluso il loro impegno con la raccomandazione di mantenere aggiornato il quadro costruito e

aperto lo sguardo sul dinamismo delle varie sfaccettature territoriali, culturali e demografiche che lo

compongono. L‟Osservatorio infatti, visto come strumento di conoscenza, mantiene la propria

capacità di rappresentare la realtà se sa offrire di essa una visione aggiornata. Gli anziani, le

famiglie e il loro universo, soprattutto in questi ultimi anni, sono interessati da significativi

cambiamenti che toccano sempre di più bisogni immateriali di natura psicologica e relazionale

insieme a richieste relative alla qualità degli ultimi anni di vita. Anche per questo si è voluto dare

seguito alle sollecitazioni provenienti da una parte dei soggetti che avevano partecipato alla

costruzione dell‟Osservatorio mettendo in campo le conoscenze e le sensibilità derivanti dal loro

ruolo di rappresentatività e cerniera tra le istituzioni e il mondo degli anziani. Si è impostato così,

con la loro collaborazione, un lavoro di aggiornamento dei dati e di completamento delle

informazioni che tenesse conto, documentasse e commentasse le più significative modificazioni nel

frattempo intervenute. Lavoro che mettiamo a disposizione di tutti i cittadini, degli enti locali, delle

forze sociali e del terzo settore affinché se ne possano servire per i loro compiti di programmatori e

realizzatori di servizi e per i loro interessi di conoscenza del complesso mondo della vecchiaia.

Dr. Domenico Belloli

Assessore alle Politiche Sociali e Salute

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PREMESSA

Il contesto socio-economico e culturale

“Havvi gente buona et laboriosa”. Il servo di Dio Giovanmaria Acerbis, arciprete di Vilminore di

Scalve piccolo paese dell‟alta Valle Seriana, parlava così dei suoi parrocchiani in una lettera

indirizzata al vescovo di Bergamo. Era l‟inizio del 1700. La provincia di Bergamo faceva ancora

parte del dominio della Repubblica di Venezia ed era nota soprattutto per l‟industria della torcitura

della seta greggia che a quei tempi veniva quasi tutta esportata in Europa. La natura geoclimatica

della provincia bergamasca, e lo scarsissimo reddito derivato dalle tradizionali coltivazioni agricole,

aveva favorito l‟affermarsi dell‟allevamento dei bachi da seta e la coltivazione dei gelsi da foglia,

mettendo in secondo piano quella del grano.

Sin dal XVII secolo l‟allevamento dei bachi da seta, insieme al lavoro nelle filande, costituì, per i

contadini bergamaschi, un‟attività integrativa dello scarsissimo reddito agricolo mentre per i

proprietari terrieri, spesso anche proprietari delle filande, divenne l‟occasione per accumulare

ingenti e solide ricchezze. La coltivazione dei gelsi e l‟allevamento dei bachi esigevano la

disponibilità di tutta la forza lavoro familiare e contribuivano a legare profondamente la famiglia

alla terra nella remota speranza di poter diventare padroni del fondo agricolo che si lavorava.

Procurarsi di che vivere allora significava fatica fisica, la gran parte degli attrezzi agricoli era di

legno, tecnicamente rudimentali. Il terreno si lavorava con la vanga, l‟uso dell‟aratro era quasi

inesistente in montagna come in collina per via della impossibilità di mantenere animali destinati al

traino. Dal punto di vista sociale la zona montuosa, che occupa circa il 60% di tutto il territorio

provinciale, era caratterizzata da un estremo frazionamento della proprietà terriera sfruttata ai soli

fini dell‟autoconsumo famigliare. La zona collinare e di pianura, invece, vedeva nella mezzadria e

nell‟affittanza le forme più diffuse di conduzione agricola. In questo caso la terra era di proprietà

dell‟aristocrazia, del clero o della nuova borghesia imprenditoriale proprietaria delle filande seriche.

Vecchia filanda

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Le famiglie coloniche, per sopravvivere, erano costrette ad avviare al lavoro in filanda le donne e i

bambini anche in tenera età. Infatti, per contratto, un certo numero di uomini e di ragazzi, definito

in base all‟estensione del terreno concesso in affitto o in mezzadria, erano obbligati a lavorare solo

nel fondo, pena la risoluzione del contratto stesso e la conseguente perdita della principale fonte di

sussistenza.

L‟alimentazione, gravemente insufficiente per quantità e qualità, era costituita

prevalentemente da polenta di mais usata anche per svezzare i neonati. Il vino, benché di pessima

qualità, era consumato come un vero e proprio alimento e veniva somministrato senza particolari

prudenze anche ai bambini. L‟alcolismo diventa un problema diffuso e incide notevolmente sulle

cause di mortalità complessiva. In più, il lavoro fuori casa delle donne e quello di filatura e torcitura

della seta a domicilio, aveva portato con sé un aumento significativo del numero di neonati esposti

presso i diversi torni presenti nel capoluogo. Nel periodo 1771-1790 i bambini abbandonati

all‟Ospedale San Marco di Bergamo, il più grande della città, furono 775 e quasi 2.000 nel

ventennio successivo.

Per tutto il 1800 le rese dei campi coltivati restarono piuttosto misere e “la promiscuità dei mestieri

con le opere agricole” riduceva ulteriormente la produttività del lavoro agricolo, mentre aumentava

costantemente la pressione demografica sulla terra alimentata da un tasso di natalità superiore al

40% (oggi è dell‟8%). In quel periodo tutte le forme di vita subirono le conseguenze di uno

sfruttamento estremo, ne seguirono un impoverimento drammatico della popolazione, un grave

deterioramento delle condizioni di salute e, successivamente, verso la fine del secolo, un esodo

migratorio parte del quale clandestino e in prevalenza definitivo.

Segno evidente del peggioramento delle condizioni di salute della popolazione è un costante

aumento dei ricoveri nell‟ospedale psichiatrico di Astino, dove oltre la metà dei malati mentali è

affetta da pellagra giunta all‟ultimo stadio, quello della pazzia. Nel 1878, quando la popolazione

complessiva della Provincia era di 385.000 abitanti, una commissione di indagine appositamente

costituita dalla Provincia, stima in 9.500 il numero dei pellagrosi, in 11.500 le persone affette da

gozzo e cretinismo. Molto più alto della media regionale è il numero degli ammalati di tubercolosi,

malattie veneree, intossicazioni alcoliche e malattie oftalmiche. I più colpiti sono i contadini

rispetto agli operai e le campagne rispetto ai centri urbani e prima di tutti i bambini e le donne. Alla

fine anche la terra reagisce al sovraccarico di sfruttamento con la diffusione incontrollabile di

infestazioni da parassiti che colpirono le colture e da devastanti epidemie che falcidiarono le culture

dei bachi da seta, gli animali da cortile e da stalla.

Ospedale psichiatrico di Astino

7

L‟insediamento delle fabbriche nelle basse valli impedì che si verificassero consistenti fenomeni di

inurbamento. I contadini continuavano ad alternare il lavoro nei campi con quello nelle filande e gli

operai continuavano a mantenere il legame con un pezzo di terra che coltivavano per integrare il

salario. In questo modo essi permettevano alle proprie famiglie di restare nel paese, magari

emigrando stagionalmente in altre regioni, in Francia o nella vicina Svizzera, con la speranza di

allontanare la terribile prospettiva di doversene andare per sempre.

Il lavoro nelle industrie, esattamente come due secoli prima, anche se miseramente pagato,

nonostante l‟estensione degli orari (da 12 a 16 ore giornaliere compresa la domenica) e la durezza

delle condizioni, continuava a rappresentare una fonte di reddito sussidiaria rispetto a quella offerta

dall‟attività agricola, ma assolutamente necessaria alla sopravvivenza.

Fu lo scoppio della prima guerra mondiale a sconvolgere la staticità del mondo bergamasco e ad

apportare quei mutamenti qualitativi nell‟assetto sociale e produttivo che avrebbero condizionato gli

avvenimenti socio politici del dopoguerra. Intanto le donne rimaste dovettero continuare ad

occuparsi del lavoro domestico, di quello dei campi in aggiunta a quello nelle fabbriche convertite

in produzioni belliche, dove esse lavoravano con salari molto più bassi di quelli degli uomini. Le

condizioni di vita si mantengono estremamente precarie tanto che la mortalità infantile continua ad

essere altissima e nel periodo tra il 1913 e il 1941 arriva a raggiungere il 26% quasi il doppio del

valore nazionale, mentre il tasso di analfabetismo tra i giovani chiamati alla leva militare rilevato

nel 1923, raggiungeva il 37% valori uguali a quelli presenti nelle regioni del Sud. Anche la natalità

continua a risultare elevata visto che il 30% delle famiglie risulta composta da sette e più figli. Il

tasso di mortalità infantile insieme alla mortalità da parto, due tra gli indicatori più significativi del

livello economico, sociale e culturale di una comunità, continueranno a mantenersi al di sopra della

media nazionale fino agli anni „50 e resteranno tra i più alti del Paese fino al 1980.

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Capitolo 1

IL TERRITORIO

La provincia di Bergamo ha un territorio pari a 2.723 km2

dei quali il 63,5% occupati da montagna,

il 24,4% da pianura e il 12% da collina. La popolazione residente, distribuita in 244 comuni,

ammonta, al 1 gennaio 2011, a 1.098.740 individui che vivono in 451.970 famiglie con una media

di 2,4 componenti. La densità media, per il territorio provinciale, è di 350 abitanti per km2 mentre di

2.970 per la città capoluogo. I servizi socio sanitari della Provincia fanno capo ad un‟unica Azienda

Sanitaria Locale (ASL) che è stata istituita nel 2002 in luogo delle 9 USSL preesistenti.

L‟ASL provinciale è suddivisa in 14 Ambiti Territoriali formati da comuni di dimensioni

estremamente differenziate: si va dai 120.000 abitanti della città di Bergamo, ai 79 del comune di

Blello in alta Val Brembana. Il territorio montuoso fa parte di cinque Comunità Montane, tre delle

quali hanno assunto anche la configurazione di Ambito Territoriale, mentre la Comunità Montana

della Val di Scalve, con una popolazione che non supera i 5.000 abitanti, è stata aggregata

all‟Ambito Territoriale della confinante Val Seriana Superiore e la Comunità Montana dei Laghi

Bergamaschi ricomprende tre Ambiti Territoriali. Il grosso della popolazione risiede nei comuni

della pianura, della collina e delle basse valli, mentre non più di 10.000 persone abitano le zone

montuose.

I dati sulla popolazione di seguito riportati, si riferiscono al 1° gennaio 2011

Tav. 1 - Provincia di Bergamo, comuni per dimensione demografiche e percentuale sul totale*

abitanti ≤ 1.000 1.001-3.000 3.001-5.000 5.001-7.000 7.001-9.000 ≥ 9.001 Totale

n. comuni

%

57

23%

69

27%

52

22%

31

12%

21

8%

14

5%

244 100%

* Fonte ISTAT, ns. elaborazione

23%

27%22%

12%

8% 5%

0

Densità demografica

comuni con popolazione ≤ 1.000

comuni con popolazione 1.001-3.000

comuni con popolazione 3.001-5.000

comuni con popolazione 5.001-7.000

comuni con popolazione 7.001-9.000

comuni con popolazione ≥ 9.001

9

Sono 57 i comuni al di sotto dei mille abitanti, 30.317 i residenti, il 2,7% di tutta la popolazione

della provincia. Il 75% dei 244 comuni bergamaschi non supera i 5.000 abitanti e di questi almeno

27, il 13% del totale, non raggiunge i 500. Vivono quindi in comuni al di sotto dei 5.000 abitanti il

69,7% dei bergamaschi e, tra questi, 6.800 risiedono in comuni con una popolazione inferiore ai

500 abitanti.

I 57 comuni con meno di 1.000 abitanti si collocano perlopiù nelle alte valli, 12 di questi contano

meno di 200 residenti, in buona parte anziani sprovvisti di mezzi di trasporto propri o non in grado

di poterli utilizzare. I piccoli comuni inoltre, rispetto a quelli di dimensioni maggiori, tendono a

spendere meno in interventi di sostegno alle persone e nello stesso tempo risultano penalizzati dalle

carenze della rete di trasporto pubblico verso le sedi operative dei servizi socio-assistenziali.

Le difficoltà delle piccole comunità a far fronte ai bisogni della popolazione più fragile, sono

ulteriormente aggravate dalla tendenza di tutti i comuni bergamaschi, a spendere autonomamente

l‟85% delle risorse destinate alle iniziative assistenziali e solo il restante 15% in forma associata.

Tav. 2 - Provincia di Bergamo, popolazione residente per fasce d’età quinquennali, sesso e percentuali su

popolazione totale*

classe d‟età maschi Femmine totale provincia

%

Provincia

%

Lombardia

%

Italia

00-04 30.312 28.942 59.254 5,4 5,0 4,7

05-09 29.327 27.694 57.021 5,2 4,7 4,7

10-14 27.976 26.545 54.521 5,0 4,5 4,7

15-19 27.029 25.375 52.404 4,8 4,4 4,8

20-24 28.068 26.947 55.015 5,0 4,6 5,2

25-29 31.811 31.206 63.017 5,7 5,4 5,7

30-34 39.348 37.366 76.714 7,0 6,8 6,7

35-39 47.998 43.943 91.941 8,4 8,4 7,9

40-44 49.561 45.302 94.863 8,6 8,7 8,1

45-49 46.546 43.957 90.503 8,2 8,2 7,9

50-54 38.223 36.890 75.113 6,8 6,8 6,8

55-59 33.211 33.089 66.300 6,0 6,1 6,1

60-64 33.315 33.721 67.036 6,1 6,4 6,3

65-69 25.236 27.177 52.413 4,8 5,1 5,0

70-74 23.793 27.858 51.651 4,7 5,3 5,1

75-79 16.585 22.611 39.196 3,6 4,1 4,2

80-84 10.339 18.328 28.667 2,6 3,0 3,2

>=85 5.999 17.112 23.111 2,1 2,5 2,7

BERGAMO 544.677 554.063 1.098.740 100 100 100

LOMBARDIA 4.844.524 5.073.190 9.917.714 100 100 100

ITALIA 29.413.274 31.213.168 60.626.442 100 100 100

*Fonte ISTAT, ns. elaborazioni

10

I dati su cui riflettere, per i cambiamenti che produrranno sui futuri assetti socio economici della

realtà bergamasca e sulle reti di aiuto informale della famiglia e non solo, sono il 15,6% di

popolazione con età inferiore ai 14 anni e il 17,7% con oltre 65 anni. Ma all‟interno di questa ultima

componente va guardata con particolare attenzione la presenza del 4,7% di ultra ottantenni, quota di

popolazione potenzialmente più esposta alla fragilità. I dati regionali e nazionali al confronto,

risultano essere superiori.

Tav. 3 - Provincia di Bergamo, popolazione residente per sesso, serie storica, 1971 – 2011 e percentuale

incremento* 1971 1991 2001 2011 incremento

1971 - 2011

%

Maschi 396.677 445.617 486.053 544.677 +148.000 +37,3

Femmine 411.237 457.075 500.871 554.063 +142.826 +34,7

* Fonte ISTAT, ns. elaborazione

5,42,5 3,5 4,5 5 5,7 7 8,4 8,6 8,2 6,8 6 6,1 4,8 4,7 3,6 2,6 2,1

5

4,4 1,82,8

4,65,4

6,8

8,4 8,7 8,2

6,86,1 6,4

5,1 5,34,1

32,5

4,7

23

5

5,25,7

6,7

7,9 8,17,9

6,8

6,1 6,3

5 5,1

4,2

3,22,7

0

5

10

15

20

25

30

Italia %

Lombardia %

Provincia Bergamo %

34,7

37,3

33

33,5

34

34,5

35

35,5

36

36,5

37

37,5

incremento %

Femmine

Maschi

11

1.1 - Le condizioni socio economiche

Il dopoguerra vede il patrimonio industriale bergamasco praticamente intatto, ad esclusione delle

due più grandi industrie siderurgiche della provincia, bombardate massicciamente dagli alleati nel

1944. Mancano, come in tutto il Paese, le materie prime e, di conseguenza, la ripresa della

produzione a scopi civili è rallentata. Le industrie non sono in grado di assorbire l‟aumento di

disponibilità di manodopera costituito dai reduci che rientrano e nemmeno di continuare a garantire

il lavoro alle molte donne, già impiegate per la produzione bellica. In città e nei centri più grossi

della provincia i viveri scarseggiano. Il ricorso alla borsa nera diventa l‟unica possibilità per

procurarsi il necessario per vivere, ma non tutti hanno i mezzi economici per poterselo permettere. I

prezzi della farina, delle uova e di altri generi di prima necessità sono altissimi, manca la legna, e

carne, olio, sale sono introvabili. Intanto anche l‟inflazione raggiunge livelli preoccupanti, nel 1940

con la paga di un mese, un operaio poteva comprare 10 paia di scarpe, nel 1945 ne poteva comprare

solo uno. L‟enorme perdita di valore della moneta e la mancanza di beni di consumo favoriscono il

ritorno alla pratica del baratto di merce contro merce. Il dottor Ferruccio Galmozzi, medico

condotto e primo sindaco di Bergamo del dopoguerra, racconta che, durante l‟inverno del 1946, si

recava al ponte di Borgo Santa Caterina in città, per scambiare della legna proveniente dai boschi di

proprietà della sua famiglia, con farina, frumento e altri viveri portati dai contadini della bassa

pianura trevigliese.

Esempio di lavoro nei campi

A causa della crisi nel 1951 oltre 13.000 operai del comparto tessile lavorano ad orario ridotto

percependo la metà del salario, pur di conservare il posto di lavoro e nella speranza di una rapida

ripresa della produzione. I tempi della ripresa economica si dilatano e allora, come sempre nella

storia di questo popolo, resta percorribile la solita strada, cercare lavoro fuori, emigrare. Tra il 1945

12

e il 1950 30.000 bergamaschi lasciano la Provincia per l‟estero, la Francia e Svizzera, le miniere del

Belgio, le Americhe e perfino l‟India. Solo nel 1952 partono in oltre 23.000. Lo sviluppo

economico degli anni successivi porterà alla progressiva contrazione del fenomeno migratorio fino

alla suo definitivo esaurimento che avverrà nei primi anni „70.

Emigranti bergamaschi

La ricostruzione di vaste aree del milanese distrutte dai bombardamenti e la contemporanea ripresa

in quelle stesse zone, della produzione industriale, induce un massiccio pendolarismo di

manodopera. Sono in 30.000 a spostarsi ogni giorno verso Milano, sono soprattutto muratori,

manovali, ma anche operai generici e donne che vanno a fare le domestiche. Il pendolarismo

lavorativo con Milano trascina quello culturale, sarà un fenomeno destinato a consolidarsi nel

tempo tanto da diventare una componente strutturale della vita economica e sociale bergamasca del

giorno d‟oggi.

Anche l‟agricoltura è investita da processi di trasformazione e cambiamento che porteranno a

qualificare e modernizzare le colture dei cereali, dei vigneti, dei sistemi di allevamento dei bovini

da latte e degli animali da carne in genere. Nonostante gli sforzi e gli investimenti a favore di questo

settore effettuati anche negli anni „70, non si ferma il lento, ma continuo abbandono del lavoro dei

campi a favore di quello in fabbrica e negli uffici. Il boom economico degli anni „60, crea lavoro e

molte occasioni di mettersi finalmente in proprio, di diventare padroni di se stessi. Il lavoro adesso

c‟è, non è molto qualificato, ma ce n‟è per tutti, i sacrifici del passato sono finalmente ripagati.

Mettersi in proprio si rivelerà una tendenza costante dell‟economia bergamasca tanto che oggi le

imprese artigiane, in gran parte con meno di cinque dipendenti, superano le 30.000 unità, una ogni

trenta abitanti bambini e vecchi compresi. Gli occupati attualmente risultano essere circa 467.000 e

di questi solo il 46,1% donne. Le piccole imprese artigiane, forza produttiva naturalmente flessibile,

hanno contribuito a fare di Bergamo il 4° polo industriale della Lombardia e a contenere per molti

13

anni, il tasso di disoccupazione entro il limite fisiologico del 2-3%. Nel 2011 però, per effetto della

crisi economica in corso dal 2009, il tasso di disoccupazione è salito al 4,1% ben al di sotto

comunque del valore regionale che risulta del 5,8% e di quello nazionale che si attesta all‟ 8,4 %.

Operai di fabbriche recenti

L‟agricoltura è oggi sul piano occupazionale ed economico una realtà poco significativa. Gli

occupati sono circa 7.000 ma, al contrario di altri settori, da qualche anno risultano in lieve crescita.

In pianura il settore più competitivo a livello nazionale, per qualità del prodotto e per dotazione di

tecnologie molto avanzate è rappresentato dalla zootecnia da carne e da latte, dall‟allevamento di

suini e dalla coltivazione di cereali. Il terreno agricolo della collina, oramai ampiamente consumato

da una crescente urbanizzazione, è dedicato alla coltivazione della vigna, di prodotti orticoli e in

qualche caso di uliveti. Persiste in montagna un‟agricoltura di tipo tradizionale dedicata

principalmente a produzione di foraggio, alla coltivazione dei boschi per il legname da costruzione

e da ardere e a quella di prodotti destinati all‟autoconsumo familiare. Negli ultimi anni, a fianco del

consueto allevamento di bovini da latte, si sta sviluppando quello di ovini e caprini il cui latte è

destinato alla produzione di formaggi apprezzati dal mercato non solo locale.

Oggi Bergamo, al pari di altre comunità, si presenta come una realtà complessa mossa da spinte e

tensioni che possono sembrare contraddittorie. Insieme al lavoro, alla persistente solidità dei legami

famigliari e il voler fare da sé, convivono movimenti culturali e politici che lavorano sulla coesione

sociale, sui grandi temi della pace, dello sviluppo sostenibile, della cooperazione internazionale, dei

diritti dei popoli. Sono reti di solidarietà organizzata e spontanea diffuse e attive, impegnate ad

operare concretamente nel territorio provinciale come in molti paesi stranieri. Le sole associazioni

di volontariato attive nel campo della solidarietà sociale e dei servizi alla persona, regolarmente

iscritte al registro regionale sono oltre 500, più del 15 % di tutte quelle lombarde, una ogni 1930

abitanti, più di due per ogni comune. Il valore economico del lavoro volontario di cura, che si

14

traduce in un risparmio di risorse pubbliche specialmente dei comuni, si stima in circa 4 milioni di

euro l‟anno.

Il 64% dei volontari bergamaschi impegnati nelle associazioni dedicate all‟assistenza e alla

solidarietà, sono pensionati, in gran parte donne, con un‟età superiore ai 65 anni. Recenti ricerche

sul tema del volontariato e dei suoi significati per le persone e per la società, dimostrano che fare il

volontario, lavorare gratuitamente per gli altri, aiuta a invecchiare bene. Le dimensioni del dono del

proprio tempo, della relazione con l‟altro, del dare e del partecipare, facilitano l‟invecchiamento

attivo e si traducono in un maggiore benessere specialmente per la persona anziana. Gli anziani

stessi diventano così i protagonisti e i testimoni di un percorso culturale che può portare al

definitivo superamento della persistente immagine sociale della vecchiaia, legata agli stereotipi del

declino, della malattia, e quindi di peso e costo per la società. Solo quattro regioni, Veneto, Umbria,

Liguria e Trentino, hanno inserito nei loro programmi di intervento, politiche sull‟invecchiamento

attivo finalizzate a restituire senso alla presenza degli anziani, promuovere la loro partecipazione

alla vita sociale, a progetti di prevenzione dei danni dovuti all‟isolamento, agli stili di vita e ai

cambiamenti di ruolo.

1.2 - Cambiano i tempi, cambia la vecchiaia

La vecchiaia, l‟età dal futuro breve, è oggi in Italia come in provincia di Bergamo, un‟esperienza di

vita che con ogni probabilità, toccherà alla gran parte delle persone. Una bambina bergamasca che

nasce in questi giorni ha davanti a sé una prospettiva di vita di oltre 84 anni, mentre un suo coetaneo

può sperare di vivere per quasi „80 anni. Sarà per loro una vita vissuta in condizioni di salute e di

autonomia sicuramente migliori dei vecchi di oggi. Il miglioramento delle condizioni generali

dell‟esistenza, la possibilità di alimentarsi in modo più adeguato, i progressi dell‟igiene e l‟accesso

sempre più diffuso alle cure sanitarie, avvenuti in gran parte nel corso dell‟ultimo secolo, hanno

determinato un progressivo allungamento della vita media della popolazione, prima in tutti i paesi

industrializzati e di recente, seppure più lentamente, anche in quelli definiti in via di sviluppo.

Lavori nei campi

15

In Italia si è passati dai 60 anni di sopravvivenza media dell‟inizio del‟ 900 ai 70 del 1975, agli oltre

80 dei giorni nostri. Rispetto all‟inizio del secolo scorso il numero di anziani con età tra i 65 e i 74

anni è aumentata di 8 volte mentre è aumentata di 24 volte quella degli ultra ottantacinquenni.

Per definire l‟invecchiamento demografico non si può prescindere dal fare riferimento alla struttura

per età della popolazione e ciò rende necessario precisare cosa si intende per persona anziana. In

genere si considera come soglia di ingresso nella vita anziana il raggiungimento di una prefissata

età anagrafica (60 o 65 anni a seconda delle diverse concezioni), oppure ci si basa sul criterio “della

soglia dinamica di vecchiaia” che tiene conto della speranza di vita residua. Questi parametri

attribuiscono in genere un valore preminente alle “perdite”, lavoro, reddito, salute, relazioni. Perdite

che vengono accettate come costitutive della condizione di anziano e che hanno contribuito a creare

un‟immagine sociale della vecchiaia come età segnata da malattie e dipendenza e quindi da

assistere. Se è vero che la definizione di invecchiamento della popolazione non può prescindere dai

tempi dell‟invecchiamento biologico e quindi dal suo rapporto con l‟età anagrafica, l‟adozione di un

limite di età fisso come soglia di ingresso nell‟anzianità, risulta fuorviante in quanto si prendono in

esame persone e popolazioni con la stessa età anagrafica, ma che si sono evolute con modalità

diverse. L‟identificazione e la valutazione delle caratteristiche della componente anziana di una

popolazione dovrebbe invece comprendere riferimenti in cui l‟età anagrafica viene vista come uno

degli elementi che si accompagna a un insieme di altre condizioni per loro natura dinamiche.

Condizioni legate allo stato di salute, all‟efficienza fisica, all‟integrità cognitiva, all‟effetto di

avvenimenti storici che possono aver coinvolto le persone e i loro contesti di vita e a comportamenti

soggettivi. In questo caso l‟invecchiamento nelle sue diverse dimensioni si presenterà come un

percorso non lineare, in buona parte dipendente da un insieme di condizioni esterne, ambientali,

storiche e soggettive e quindi almeno in parte malleabile e modificabile.

Gli studi dimostrano che anche la vita psichica dell‟anziano, non offeso da patologie

comportamentali, è “plastica” capace cioè di adattamenti e dotata di potenzialità di cambiamento in

positivo e che il declino può essere in molte parti contenuto operativamente. A patto però che la

società e gli anziani stessi siano stimolati a superare lo stereotipo della vecchiaia come l‟età del

deterioramento inarrestabile e siano capaci di costruire nuove prospettive di crescita e impegno

dotati di senso .

Attività di svago per gli anziani

Lo stereotipo della vecchiaia come età del declino e della dipendenza è stato anche il prodotto del

modello di studio trasversale adottato negli anni „50, secondo il quale si analizzavano e si

confrontavano tra loro gruppi di soggetti di età diversa. Venivano così ingigantite le differenze

intercorrenti tra i gruppi, proprio perché non si consideravano le diversità dovute agli effetti

“generazionali”, ma solo quelle relative allo sviluppo e maturative. Il modello longitudinale

successivamente adottato proprio per cercare di superare questi limiti, presentava anch‟esso il

16

rischio di distorsioni significative. Si studiavano persone già naturalmente selezionate perché più

disponibili a sottoporsi ai test susseguenti e proprio per questo più dotate culturalmente.

Gli studi degli anni „60 e „70, per la prima volta tentano di distinguere e pesare il declino dovuto

agli effetti maturativi e agli influssi dei fattori sociologici ed educativi, di per sé reversibili e

modificabili. Dai risultati di questi studi prendono forma ipotesi di intervento finalizzate a contenere

l‟involuzione psichica, comunque presente nel percorso di invecchiamento, attraverso modificazioni

del contesto di vita personale e sociale. Secondo questa lettura l‟invecchiamento è guardato come

un aspetto di un più generale processo di cambiamento che accompagna tutta la vita e non di

involuzione soltanto. La vecchiaia è allora vista in relazione alle dotazioni biologiche delle persone,

ma anche come frutto di condizioni di vita e comportamenti soggettivi e, come tale, passibile di

trasformazioni.

Tav. 4 - Provincia di Bergamo, popolazione residente con ≥ 65 anni per classi d’età quinquennali, sesso e

percentuale su popolazione totale*

65-69 70-74 75 -79 80 - 84 85 - 89 90 – 94 95 – 99 100 e + totali

maschi 25.236 23.793 16.585 10.339 4.734 989 276 15 81.952

femmine 27.177 27.858 22.611 18.328 11.757 3.835 1.520 158 113.086

totale 52.413 51.651 39.196 28.667 16.491 4.824 1.796 173 195.038

BERGAMO 4,8 4,7 3,6 2,6 1,5 0,4 0,2 0,0001 17,7

LOMBARDIA 5,1 5,3 4,1 3,0 1,8 0,5 0,2 0,0003 20,0

ITALIA 5,1 5,1 4,2 3,2 1,9 0,6 0,2 0,2 20,3

*Fonte ISTAT ns. elaborazione

popolazione residente con ≥ 65 anni per classi d’età quinquennali, sesso e percentuale su popolazione totale

Capitolo 2

17,7

20

20,3

16

16,5

17

17,5

18

18,5

19

19,5

20

20,5

percentuale

Provincia di Bergamo

Lombardia

Italia

17

GLI ANZIANI: UNA RISORSA PER LA COESIONE SOCIALE

La provincia di Bergamo si caratterizza anche per la frequente vicinanza abitativa delle famiglie

appartenenti allo stesso ceppo. I figli che formano un loro nucleo famigliare tendono a fissare la

loro residenza in prossimità di quella dei genitori e dei fratelli. La relativa vicinanza facilita scambi

di sostegno reciproco in particolare per aiuti concreti, soprattutto economici, e per la cura di anziani

e bambini. La presenza dei nonni consente alle giovani donne di lavorare, ai bambini in età scolare

di essere accuditi durante le ore di assenza dei genitori nel 53% dei casi, alle giovani famiglie di far

fronte a spese impreviste o impegnative, come ad esempio l‟acquisto dell‟abitazione e quindi di

poter vivere con maggiore tranquillità. L‟impegno degli anziani verso le famiglie dei figli adulti è in

continua crescita, tende invece a diminuire l‟aiuto dei figli nei confronti dei genitori anziani, mentre

è in aumento l‟aiuto di anziani dell‟età di mezzo verso i propri genitori o suoceri molto vecchi.

Nel nostro Paese e in particolare nella nostra provincia, le reti di aiuto informale a favore

dell‟ambito familiare, hanno sempre avuto un ruolo di grande rilievo ed hanno rappresentato uno

dei pilastri del sistema di welfare locale e nazionale. L‟aiuto concentrato sulla famiglia, al confronto

con l‟impegno in un‟organizzazione di volontariato appare nettamente prevalente. Negli ultimi 15

anni il numero di coloro che prestano aiuto è rimasto pressoché stabile come valore percentuale sul

totale della popolazione, ma sono diminuite le famiglie aiutate, in generale sono diminuiti gli aiuti

alle famiglie di anziani. Nelle reti di aiuto informale cresce l‟impegno degli anziani come soggetti

attivi tanto che sono proprio gli anziani a fornire il 23% delle ore di aiuto e tra gli anziani i due terzi

delle ore sono a carico delle donne.

Tav. 5 - Provincia di Bergamo, anziani che svolgono attività a favore di figli e nipoti *

maschi femmine Totale

Sì 63,4 62,1 62,7

18

si occupa direttamente dei nipoti

contribuisce economicamente

è disponibile per piccoli lavori di casa

31,9

9,9

21,7

38,8

8,9

14,4

35,8

9,4

17,5

No 36,6 37,9 37,3

*Fonte Censis.

Si conferma la generale tendenza a concentrare l‟aiuto verso le giovani famiglie con figli piccoli,

soprattutto in funzioni vicarie del ruolo genitoriale in maggioranza svolte ad opera dei nonni

materni. Gli studi sulle dimensioni delle relazioni nonni, nipoti e genitori hanno indagato il

significato simbolico dello scambio che si regge sul principio del dono e del debito. È

principalmente la sfera domestica il luogo naturale in cui il dono sembra confinato ed è lì che si

realizza il percorso circolare del “dare, ricevere, contraccambiare”, che non si interrompe e lega nel

tempo più generazioni.

2.1 - Le donne e la vecchiaia

Superata la soglia dei 70 anni, la presenza della componente femminile nella popolazione, aumenta

progressivamente fino a diventare più del doppio di quella maschile oltre gli 80 anni. Sono la

longevità e la differenza di età al momento del matrimonio che portano come conseguenza una

maggiore sopravvivenza delle donne rispetto al coniuge.

Foto storiche del lavoro delle donne

63,4

36,6

Anziani e contributi domestici MASCHI

SI

NO62,1

37,9

Anziani e contributi domestici FEMMINE

SI

NO

19

Foto recenti lavoro delle donne

Sono dunque le donne ad affrontare il destino di vivere senza il coniuge un lungo tratto della loro

vita, il tasso di vedovanza che le riguarda sfiora l‟85% nella fascia di età compresa tra gli 80 e gli

84 anni. Diventare vedove, affrontare la vedovanza dopo un matrimonio che si è prolungato per

molti anni, è probabilmente uno dei cambiamenti più faticosi e difficili che una donna in tarda età si

trova a dover vivere, ed è un‟esperienza che tocca oltre il 49% delle donne con più di 65 anni. Si

tratta di una condizione che comporta spesso una serie di problemi materiali, personali e di

integrazione sociale di particolare peso, soprattutto per coloro che non hanno mai lavorato fuori

casa e che hanno vissuto le relazioni esterne alla vita di coppia, attraverso la mediazione del

coniuge, in un rapporto di accentuata dipendenza.

Le donne vivono più a lungo e sembra invecchino meglio forse perché protette da un patrimonio

biologico, ma anche perché fortificate da un ruolo sociale che le consegna precocemente agli

impegni e alle fatiche del prendersi cura degli altri, ai continui cambiamenti che questa funzione

porta con sé e a un diverso e più stretto rapporto con il dolore non solo fisico. Determinante nel

favorire positivi comportamenti adattativi, sembra essere il ruolo di mediazione tra sé e gli altri, lo

stimolo a costruire e mantenere reti di relazioni, ad ascoltare, osservare, accompagnare, consolare, e

quindi a modificarsi, rendersi flessibili e perciò a diventare più resistenti.

E poi c‟è il grande valore dell‟amicizia che le donne tendono a conservare anche in vecchiaia, essa è

vissuta principalmente come esperienza emotiva di reciproco supporto piuttosto che come

occasione per occupare il tempo. In molti casi la consuetudine con il mondo degli affetti, sembra

proprio essere la strada che porta ad un migliore rapporto con se stessi e con la propria età.

2.2 - Salute e le condizioni di vita delle donne

In generale, le donne con più di 70 anni, soffrono più frequentemente rispetto ai coetanei, di

malattie croniche e quindi manifestano una valutazione del proprio stato di salute, in media più

negativa. Il divario tra maschi e femmine, quanto a percezione dello stato di salute, appare correlato

al livello di istruzione, mediamente più basso nelle donne anziane, condizione che con l‟avanzare

dell‟età tende ad essere più frequente. Per questo le donne consumano più farmaci, ricorrono più

frequentemente alle visite mediche, ma sono anche più propense ad adottare stili di vita più sani, ad

essere più attive e in genere, a conservare questi orientamenti anche in età avanzata. Le donne non

solo vivono più a lungo, ma invecchiando al confronto con i loro coetanei, soffrono di patologie di

tipo diverso, meno letali, con un decorso più a lungo termine e più invalidanti. Le cure sanitarie

attualmente disponibili sono in grado di ridurre la mortalità, ma non sempre di avviare processi di

guarigione nel caso di malattie croniche. Si sa che le reazioni ai farmaci risultano essere diverse da

uomo a donna: gli studi degli ultimi anni hanno dimostrato che gli esiti delle terapie non dipendono

solo dal dosaggio, ma anche dalle caratteristiche biologiche specifiche di ciascun genere.

20

Attività recenti per anziane

Nonostante le loro condizioni di efficienza fisica siano in genere al di sotto di quelle degli uomini, a

parità di età le donne ottengono migliori risultati nei test di performance psichica.

Il livello di istruzione è correlato anche all‟ammontare del reddito nel suo complesso. Le donne

anziane, specialmente sole, sono quasi sempre più povere degli uomini di pari condizioni, hanno

pensioni di importo inferiore come conseguenza di lavori meno qualificati, di lunghi periodi

lavorativi non regolarizzati e in generale di salari più bassi anche a parità di mansioni.

Tenere conto della progressiva maggiore presenza femminile tra le classi d‟età più avanzate,

significa finalmente considerare per la nostra società, l‟importanza e la variabilità di percorsi di

invecchiamento differenziati con specifiche peculiarità di vissuti, desideri, bisogni, e insieme,

assumersi l‟impegno di valorizzare un patrimonio di risorse personali diverso da quello maschile e

non sempre riducibile al solo ambito delle attività di cura.

2.3 - Anziani e forme familiari

Tav. 6 - Provincia di Bergamo, anziani con ≥ 65 anni distribuzione per sesso, stato civile e percentuale su

popolazione totale

coniugati % celibi/nubili % divorziati % vedovi % totale %

maschi 65.029 33,3 6.623 3,4 951 0,4 9.349 4,7 81.952 42,1

femmine 48.905 25,0 10.812 5,5 1.091 0,5 52.278 26,8 113.086 57,9

totale 113.934 58,4 17.435 8,9 2.042 1,0 61.627 31,5 195.038 100 *Fonte ISTAT ns. elaborazione

65.029

6.623

951

9.349

48.905

10.812

1.091

52.278

0 20.000 40.000 60.000 80.000

coniugat

i v…

celibi/nubili v…

divorziati valo…

vedovi

valo…

femmine

maschi

33,3

3,4

0,4

4,7

25,0

5,5

0,5

26,8

0,0 10,0 20,0 30,0 40,0

coni

celib

divo

vedo

femmine

maschi

21

Da notare che tra queste generazioni di anziani la dimensione della condizione di divorziato è

ancora molto limitata in entrambi i sessi, mentre emerge la notevole differenza tra maschi e

femmine nel peso della variabile vedovo a svantaggio delle donne.

Tav. 7 - Provincia di Bergamo, maschi con ≥ 65 anni distribuzione per età e stato civile e percentuale non coniugati

su popolazione totale*

coniugati

Celibi divorziati vedovi totale non

coniugati

%

65-69 21.318 2.276 435 1.207 3.918

70-74 19.687 1.952 312 1.842 4.106

75-79 12.989 1.322 121 2.153 3.596

80-84 7.562 724 55 1.998 2.777

85-89 2.906 279 23 1.526 1.828

90-94 497 51 3 438 492

95-99 68 19 2 172 193

≥100 2 0 0 13 13

BERGAMO 65.029 6.623 951 9.349 16.923 1,54

LOMBARDIA 658.926 61.814 13.878 92.131 167.823 1,69

ITALIA 4.147.454 356.190 80.145 607.153 1.043.448 1,72

*Fonte ISTAT ns. elaborazione

65.029

658.926

4.147.454

6.623

61.814

356.190

951

13.878

80.145

9.349

92.131

607.153

16.923

167.823

1.043.448

0 1.000.000 2.000.000 3.000.000 4.000.000 5.000.000

BERGAMO

LOMBARDIA

ITALIA

NON CONIUGATI

VEDOVI

DIVORZIATI

CELIBI

CONIUGATI

Uomini

1,54

1,691,72

1,45

1,5

1,55

1,6

1,65

1,7

1,75

BERGAMO LOMBARDIA ITALIA

Valori percentuali totali distribuzione per età e stato civile degli uomini

BERGAMO

LOMBARDIA

ITALIA

22

Tav. 8 - Provincia di Bergamo, femmine con ≥ 65 anni distribuzione per età e stato civile e percentuale non

coniugate su popolazione totale*

coniugate nubili divorziate vedove totale non

coniugate

%

65-69 18.764 1.847 457 6.109 8.413

70-74 15.691 2.205 321 9.641 12.167

75-79 8.961 2.175 176 11.299 13.650

80-84 4.110 2.175 88 11.955 14.218

85-89 1.218 1.580 36 8.923 10.539

90-94 147 574 11 3.103 3.688

95-99 14 225 2 1.121 1.348

≥100 0 31 0 127 158

BERGAMO 48.905 10.812 1.091 52.278 64.181 5,84

LOMBARDIA 509.053 97.746 22.872 534.063 654.681 6,60

ITALIA 3.152.794 576.438 126.240 3.255.123 3.957.801 6,52

*Fonte ISTAT ns. elaborazione

48.905

509.053

3.152.794

10.812

97.746

576.438

1.091

22.872

126.240

52.278

534.063

3.255.123

64.181

654.681

3.957.801

0 1.000.000 2.000.000 3.000.000 4.000.000 5.000.000

BERGAMO

LOMBARDIA

ITALIA

NON CONIUGATE

VEDOVE

DIVORZIATE

NUBILI

CONIUGATE

Femmine

5,84

6,66,52

5,4

5,6

5,8

6

6,2

6,4

6,6

6,8

BERGAMO LOMBARDIA ITALIA

Valori percentuali totali distribuzione per età e stato civile delle donne

%

23

La condizione di non coniugato non comporta necessariamente quella di solo, ma come è

prevedibile, le persone che vivono sole risultano in gran parte non coniugate. Nel complesso il

numero delle convivenze matrimoniali dei maschi supera quello delle donne di 16.200 unità. Da

notare come tra le donne, la condizione di coniugata tenda a diminuire drasticamente con l‟avanzare

dell‟età, mentre nello stesso lasso ti tempo, quella di coniugato si riduce più gradualmente. Gli

uomini infatti vivono in coppia più a lungo e questo grazie al fatto che in genere sposano donne più

giovani. La permanenza nella condizione di coppia fino alla tarda età, quando più facilmente

possono insorgere problemi dovuti alla non autosufficienza o alla malattia, comporta per gli uomini,

la possibilità di poter contare sull‟assistenza della moglie ed evitare il ricorso al ricovero in RSA

dove infatti la presenza maschile è di molto inferiore a quella femminile.

La vedovanza, quindi è una condizione sociale declinata prevalentemente al femminile, ma anche il

nubilato risulta essere uno stato più presente fra le donne in età più avanzata rispetto al celibato. In

passato la rinuncia al matrimonio costituiva per le donne, una scelta obbligata motivata dalla

necessità di contribuire all‟accudimento dei numerosi fratelli più piccoli, del padre vedovo oppure

imposta dalle condizioni di estrema povertà della famiglia che non consentivano di fornire alle

ragazze la dote allora richiesta.

Tav. 9 - Provincia di Bergamo, famiglie uni personali percentuale su popolazione totale, serie storica 1971 – 2011+

1971 1981 1991 2001 2011

% famiglie 13 17,5 20,1 26,1 30

*Fonte ISTAT ns. elaborazione

I cambiamenti nella struttura per età della popolazione, prodotti dalle dinamiche demografiche,

favoriscono la diffusione di famiglie uni personali costituite perlopiù da persone anziane. Questo

fenomeno, diffuso in tutto il Paese, diventa visibile e intenso anche in Lombardia e in provincia di

Bergamo dove, la quota di famiglie composte da un singolo con età superiore ai 65 anni si aggira

intorno al 30% con valori che variano nei diversi Ambiti Territoriali.

Superati gli 80 anni l‟81% degli anziani soli sono donne. La crescita e la diffusione di questa

tipologia di famiglia produce una modifica degli stili di vita e dei sistemi di relazione parentale che

si manifestano con l‟orientamento verso forme di sostegno a distanza.

12%

16%

19%25%

28%

Famiglie uni personali

1971

1981

1991

2001

2011

24

0 10000 20000 30000

75-…

80-…

85-…

90-…

95-…

≥100

16585

10339

4734

989

276

15

22611

18328

11757

3835

1520

158

FEMMINE

MASCHIValori assoluti

0

1

2

3

4

5

6

%

2,9

5,3

MASCHI

FEMMINEValori percentuali

Se si considerano le tendenze in atto, si può prevedere che le condizioni di solitudine non mitigata

dall‟esistenza di relazioni significative, tenderanno ad aumentare ulteriormente, sia per una minore

propensione a ricostituire forme di convivenza famigliare allargate comprendenti gli anziani, sia per

il diffondersi di fenomeni come le separazioni ed i divorzi che coinvolgeranno significativamente le

prossime generazioni. Continueranno invece ad essere presenti le “famiglie lunghe” caratterizzate

dalla coabitazione di un figlio adulto con i genitori nell‟età di mezzo.

In provincia di Bergamo, la non convivenza con i genitori anziani si accompagna frequentemente

con la vicinanza delle abitazioni dei figli a quella dei genitori: circa il 45% dei figli tra i 30 e i 45

anni vive in prossimità dell‟abitazione dei genitori, sono il 25% a livello nazionale, solo l‟8% dei

figli vive lontano dai genitori in altri comuni o in altre regioni, dato questo attribuibile alla sensibile

stabilità residenziale della popolazione bergamasca, presente fin dagli anni 1950, mentre a livello

nazionale lo stesso dato sale al 16,6%. Il modello di intimità a distanza risulta più frequente nei

piccoli centri di cui è in gran parte formata la realtà bergamasca.

Tav. 10 - Provincia di Bergamo, popolazione con età ≥75 anni e percentuale su popolazione totale*

75-79 80-84 85-89 90-94 95-99 ≥100 totale %

maschi

femmine

16.585

22.611

10.339

18.328

4.734

11.757

989

3835

276

1.520

15

158

32.938

58.209

2,9

5,3

BERGAMO 39.196 28.667 16.491 4.824 1.796 173 91.147 8,29

LOMBARDIA 957.275 9,65

ITALIA 6.147.116 10,13

*Fonte ISTAT, ns elaborazione

Tav. 11 - Indice di vecchiaia* per serie storica 1971 – 2011, e proiezione 2021 – 2031

25

1971 1981 1991 2001 2011 2021 2031

BERGAMO 34 48 80 108 114,1 141,1 160

LOMBARDIA 46 63 104 138 141,1 158,3 193

ITALIA 46 61 96 131 144,5 168,3 212

*Fonte ISTAT

L‟indice di vecchiaia misura il rapporto tra la popolazione con età superiore ai 65 anni e la

popolazione con età inferiore ai 14 anni. Indica cioè quanti sono i soggetti con più di 65 anni ogni

100 con età inferiore ai 14 anni. Valori superiori a 100 segnalano una maggiore presenza di anziani

rispetto ai giovani e viceversa. Ad oggi la provincia di Bergamo è la più giovane della Lombardia,

l‟andamento in atto conferma che il divario esistente è destinato a ridursi progressivamente e

rapidamente. Il previsto aumento dell‟indice di vecchiaia sta ad indicare che nei prossimi 10 anni la

provincia tenderà ad allinearsi ai valori medi regionali. A conferma della tendenza in corso sono

anche i dati sull‟incremento della popolazione anziana stimato per il prossimo decennio per la

nostra provincia in più 21,4%, valore superiore a quello regionale che risulterebbe del 16% e a

quello del Nord ovest del 13,5%. Da notare inoltre che l‟incremento maggiore interesserà

significativamente la popolazione degli ultra ottantenni mediamente più esposta ai rischi della non

autosufficienza.

Tav. 12 - Indice di vecchiaia per sesso *

maschi femmine media

BERGAMO 93,5 135,9 114,1

LOMBARDIA 113,8 170 141,1

ITALIA 118,5 171,9 144,5

*Fonte ISTAT

Tav.13 - Indice carico sociale *

maschi femmine media

BERGAMO 45,2 54,8 49,9

LOMBARDIA 47,1 57,3 52,19

ITALIA 48,2 56,3 52,28

*Fonte ISTAT

L‟indice di carico sociale viene considerato un indicatore di rilevanza economica e sociale. È il

rapporto tra la popolazione, che a causa dell‟età si ritiene non autonoma nel provvedere al proprio

34

48

80

108

114,1

141,1

160

46

63

104

138

141,1

158,3

193

46

61

96

131

144,5

168,3

212

0 50 100 150 200 250

1971

1981

1991

2001

2011

2021

2031

ITALIA

LOMBARDIA

BERGAMO

26

sostentamento, e cioè i minori di 14 anni e gli anziani con più di 65 anni e la popolazione attiva con

età dai 15 ai 64 anni. Indica il numero di persone in età non attiva ogni 100 persone in età attiva.

Da tenere presente che in società, come è anche quella bergamasca, caratterizzate ancora da un alto

livello di sviluppo economico, una parte della popolazione con età dai 15 ai 25 anni è considerata

nel calcolo come produttiva, ma in realtà non lo è o perché in maggioranza sta ancora studiando o

perché disoccupata.

Valori superiori a 50 segnalano una situazione di squilibrio a favore della popolazione non

produttiva o dipendente.

Aspetto rilevante dell‟indicatore è la composizione della popolazione dipendente, può infatti

risultare preponderante una delle due parti, quella anziana piuttosto che quella giovane.

Tav.14 - Provincia di Bergamo, percentuale popolazione per età, indici di vecchiaia e carico sociale, 2011 e

proiezione 2022 e 2032 ipotesi centrale*

0 - 14

15 – 64

≥65

ind. vecchiaia carico sociale

2011 15,5 66,7 17,8 114,1 49,9

2021 13,2 64,7 21,1 158,3 54,7

2031 13,7 63,1 23,1 168,5 58

*Fonte ISTAT, ns. elaborazioni

Le prospettive future delineano una progressiva riduzione della quota di popolazione con meno di

14 anni e di quella in età produttiva tra i 15 e i 64 anni e un aumento significativo della quota con

più di 65 anni e con più di 85. Di conseguenza si prospetta un aumento sensibile dell‟indice di

vecchiaia e di carico sociale.

Tav.15 - Lombardia e Italia percentuale popolazione per età, indici di vecchiaia e carico sociale, anno 2011 e

previsione 2022 e 2032, ipotesi centrale*

0 – 14 15-64 ≥ 65 indice di vecchiaia carico sociale

Lomb. Italia Lom. Italia Lomb. Italia Lomb. Italia Lomb. Italia

2011 14,2 14 65,7 65,7 20,1 20,3 141 144,5 52,1 52,3

2021 14 13,4 63,5 63,6 22,5 23 160,8 172,2 57,4 57,1

2031 13,2 12,5 60,5 60,3 26,2 27,2 198,1 217,2 65,2 65,9

*Fonte ISTAT

Speranza di vita

In generale l‟obiettivo delle previsioni sull‟andamento della popolazione a breve e medio periodo,

ha lo scopo di produrre quadri probabili e plausibili che possono essere utili anche per la

pianificazione delle politiche sociali di un determinato territorio.

Le previsioni demografiche dell‟ISTAT cui si fa riferimento, sono calcolate secondo standard

metodologici riconosciuti internazionalmente, il calcolo si basa sul metodo per componenti, tiene

conto cioè dell‟andamento dei fenomeni di natalità, mortalità e migratorietà secondo le variabili di

sesso ed età. L‟ipotesi centrale qui considerata è lo scenario centrale costruito sulla base delle attuali

tendenze della fecondità, della sopravvivenza e dei flussi migratori. Nel breve e medio periodo lo

scenario centrale può essere ritenuto il più verosimile in quanto nell‟arco di 10 – 20 anni la

popolazione sarà ancora rappresentata dalle generazioni oggi presenti, il suo rinnovo relativamente

lento rende maggiormente prevedibili i cambiamenti. Da notare che lo scostamento dei dati relativi

alla speranza di vita rilevati nel 2011 per la provincia di Bergamo rispetto a quelli regionali, appare

molto contenuto.

27

2.4 - Longevità e salute

Tav. 16 - Provincia di Bergamo, speranza di vita alla nascita e a 65 anni anno 2011 e previsione 2022 e al 2032,

ipotesi centrale*

SPERANZA DI VITA

alla nascita a 65 anni

maschi femmine maschi femmine

anno 2011

BERGAMO

LOMBARDIA

ITALIA

79,7

79,7

79,5

84,8

84,6

84,6

18,4

18,4

18,4

22,2

22

22,2

anno 2021

BERGAMO

LOMBARDIA

ITALIA

non disponibile

82,2

81,5

non disponibile

86,

86,5

non disponibile

20,1

19,8

non disponibile

23,8

23,5

anno 2031

BERGAMO

LOMBARDIA

ITALIA

non disponibile.

83,9

83,1

non disponibile

88,5

88

non disponibile

21,2

20,9

non disponibile

25,1

24,7

*Fonte ISTAT

Tav. 17 - Provincia di Bergamo, speranza di vita libera da disabilità a 65 e a 75 anni *

maschi femmine

65 anni 75 anni 65 anni 75 anni

totale anni da vivere 17,5 10,5 21,3 13,1

anni liberi da

disabilità

14,9 7,9 16,2 8,3

liberi da

confinamento in

casa o a letto

16,4 9,4 18,8 10‟7

liberi da difficoltà

nelle attività

quotidiane

15,8 8,7 17,8 9,7

liberi da difficoltà

di movimento

16,2 9,2 18,6 10,7

*Fonte ISTAT

0

5

10

15

20

25

Totale anni da vivere

Anni liberi da disabilità

Liberi da confinamento

in casa o a letto

Liberi da difficoltà

nelle attività quotidiane

liberi da difficoltà di movimento

17,5

14,916,4 15,8 16,2

10,5

7,99,4 8,7 9,2

21,3

16,2

18,817,8 18,6

13,1

8,3

10,79,7

10,7 MASCHI 65 anni

MASCHI 75 anni

FEMMINE 65 anni

FEMMINE 75 anni

28

La speranza di vita libera da disabilità esprime il numero medio di anni che una persona ad una

certa età, può aspettarsi di vivere senza subire la riduzione o la perdita delle proprie capacità

funzionali. La complessa relazione tra aumento della longevità e qualità della sopravvivenza ha dato

luogo a diverse ipotesi interpretative del concetto di salute. La condizione di buona salute in

statistica può essere identificata oggettivamente come l‟assenza di una malattia o di gruppi di

malattie, ma anche l‟assenza di limitazioni funzionali che ostacolino o impediscano lo svolgimento

delle attività quotidiane tutte clinicamente accertate, oppure si può assumere come orientamento

una impostazione completamente soggettiva, basata sulla percezione individuale del proprio stato di

salute. La percezione soggettiva dello stato di buona salute è diversa per genere, le donne lamentano

più degli uomini di sentirsi male o molto male e il numero di coloro che esprime un giudizio

negativo sulla propria salute aumenta con l‟età.

29

Capitolo 3

IL REDDITO E LE CONDIZIONI SOCIALI

I dati ISTAT mostrano come, negli ultimi otto anni, la spesa media mensile di un anziano sia

cresciuta solo per l‟abitazione, l‟energia e i trasporti, mentre si è ridotta per l‟alimentazione,

l‟abbigliamento e le spese sanitarie, una tipologia di consumi quest'ultima considerata fondamentale

per la salute. Tra i consumi alimentari sono sensibilmente diminuiti quelli della carne e del pesce.

L‟apporto calorico quotidiano degli anziani soli con un reddito basso è diminuito di circa 400

calorie a causa di scelte alimentari guidate dal risparmio, situazione questa che espone a problemi di

mal nutrizione a volte tanto gravi da causare il ricovero in ospedale.

Sono gli anziani a percepire in modo più accentuato gli effetti della crisi economica in corso. Nel

2011 ben l‟81% di essi dichiara un peggioramento della propria condizione economica contro il

74% dell‟anno precedente.

In Lombardia gli anziani con più di 65 anni che continuano a lavorare sono l‟ 8,19% e di questi solo

l‟1,51% sono donne; per tutti gli altri il reddito è costituito principalmente dalla pensione che

rappresenta il 62% delle entrate, mentre il 28% è costituito da rendite di origine diversa.

Tav. 18 - -Provincia di Bergamo, pensionati I.V.S. (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti) anno 2010 distribuzione

per sesso e importo

età n°

maschi

importo

mensile

importo

medio

femmine

importo

mensile

importo

medio

totale

m+f

importo

mensile

importo

medio

0-34 4.499 3.424 7.923

35-39 1.196 7.615 6.367,43 708 4.909 6.933,22 1.904 12.524 6.577,82

40-44 1.722 11.946 6.937,21 1.153 9.096 7.888,66 2.875 21.042 7.318,79

45-49 2.237 16.790 7.505,74 1.828 15.600 8.533,91 4.065 32.390 7.968,10

50-54 2.764 30.260 10.947,78 2.755 26.301 9.546,47 5.519 56.560 10.248,27

55-59 11.753 251.841 21.427,79 7.694 107.097 13.919,58 19.447 358.938 18.457,24

60-64 27.621 638.424 23.113,71 23.915 298.050 12.462,87 51.536 936.473 18.171,25

65-69 24.568 524.415 21.345,44 22.278 257.648 11.565,14 46.846 782.063 16.694,34

70-74 23.507 469.598 19.976,94 23.353 272.915 11.686,51 46.860 742.513 15.845,34

75-79 16.406 304.603 18.566,55 20.191 250.684 12.415,65 36.597 555.287 15.173,03

80-84 10.299 189.708 18.420,06 17.497 238.941 13.656,12 27.796 428.649 15.421,26

85-89 4.733 89.872 18.988,43 11.721 177.058 15.106,02 16.454 266.930 16.222,80

90-94 995 19.839 19.938,90 3.864 63.633 16.468,15 4.859 83.472 17.178,87

95 + 283 5.626 19.881,41 1.544 26.776 17.342,01 1.827 32.402 17.735,36

Non

indicato

8 67 8.342,91 6 25 4.195,69 14 92 6.565,53

totale 132.521

48,2%

2.583.154

59,4%

19.482,1 141.931

51,7%

1.764.732

40,5%

12.433,7 274.522 4.347.885 15.838

*fonte INPS ns. elaborazioni

30

3.1 Pensioni: uno sguardo di genere

In provincia di Bergamo nel 2010 i percettori di pensioni I.V.S. sono stati complessivamente

274.522, di questi il 48,2% sono uomini e il 51,7% alle donne. Le donne, pur rappresentando la

maggioranza dei pensionati, percepiscono il 40,5 % dell‟ importo totale, mentre il 59,4% è

percepito dai maschi .L‟importo medio mensile della pensione di un maschio è di 1.498,76 euro,

quello di una donna si ferma a 964,4, circa un terzo in meno. Nella bergamasca viene erogata una

pensione ogni 28 abitanti, e in Lombardia una ogni 31. Il coefficiente di pensionamento, cioè il

numero di pensionati per mille occupati, è di 586 in provincia di Bergamo mentre sale a 626 in

Lombardia.

Poiché è possibile che un pensionato percepisca più di una pensione, il numero delle pensioni

complessivamente erogate assomma a 299.828. Di queste 216.472 sono di vecchiaia, 10.783 di

invalidità, 72.573 ai superstiti. Il cumulo di trattamenti pensionistici risulta più frequente per le

donne e in parte compensa, seppure parzialmente, il più basso importo medio delle pensioni

percepite. In media l‟importo delle pensioni di invalidità si aggira intorno ai 692 euro mensili,

quelle di reversibilità ai superstiti 680 euro, 393 euro le pensioni sociali e 468 euro l‟invalidità

civile.

Tav. 19 - Provincia di Bergamo, pensionati per numero di pensioni percepite e sesso, valori percentuali*

*Fonte INPS

0

5000

10000

15000

20000

25000

30000

n° MASCHI importo medio n° FEMMINE importo medio2

1 pensione 2 pensioni 3 pensioni 4 o più pensioni

maschi 51, 7 40,2 29,1 25,9

femmine 48,3 59,8 70,9 74,1

31

Tav. 20 - Provincia di Bergamo, pensionati I.V.S (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti) anno 2010 distribuzione per

sesso e classe di importo complessivo annuo

classe di

importo

mensile

maschi

importo

complessi

vo annuo

importo

medio

annuo

femmin

e

importo

complessi

vo annuo

importo

medio

annuo

m+f

importo

complessi

vo annuo

importo

medio

annuo

Fino a

249,99

4.231 8.277 1.956,2

1

5.063 9.866 1.948,69 9.294 18.143 1.952,1

1

250,00 -

499,99

6.834 28.720 4.202,5

1

14.637 69.541 4.751,04 21.471 98.261 4.576,4

5

500,00 -

749,99

8.169 61.228 7.495,1

5

37.718 269.355 7.141,29 45.887 330.583 7.204,2

8

750,00 -

999,99

11.273 117.658 10.437,

18

19.188 197.746 10.305,7

0

30.461 315.404 10.354,

36

1.000,00

-

1.249,99

15.514 211.300 13.619,

97

23.507 317.463 13.505,0

3

39.021 528.763 13.550,

73

1.250,00

-

1.499,99

21.061 347.504 16.499,

88

15.475 252.548 16.319,7

5

36.536 600.052 16.423,

58

1.500,00

-

1.749,99

19.971 387.921 19.424,

21

9.886 191.873 19.408,5

3

29.857 579.794 19.419,

02

1.750,00

-

1.999,99

13.968 313.028 22.410,

36

6.138 137.371 22.380,4

7

20.106 450.399 22.401,

24

2.000,00

-

2.249,99

9.599 243.854 25.404,

14

4.016 102.079 25.417,9

5

13.615 345.933 25.408,

22

2.250,00

-

2.499,99

6.039 171.461 28.392,

34

2.469 70.060 28.375,9

0

8.508 241.521 28.387,

57

2.500,00

-

2.999,99

6.813 222.461 32.652,

38

2.187 70.970 32.451,0

5

9.000 293.431 32.603,

46

3.000,00

e più

9.119 469.741 51.512,

36

1.647 75.860 46.059,4

1

10.766 545.601 50.678,

16

Totale

132.59

1

2.583.154

19.482,

12

141.931

1.764.732

12.433,7

274.522

4.347.885

15.838,

02

*Fonte INPS L‟importo complessivo è indicato in migliaia di euro, l‟ importo medio è indicato in euro

Tav. 21 - Provincia di Bergamo, pensionati per sesso e classi di importo medio mensile del reddito pensionistico e

valori percentuali*

1500-1749 1750-1999 2000-2249 2250-2499 2500-2999 3.000 e oltre

n° maschi

%

19.941

66,8

13.968

69,5

9.599

70,5

6.039

80

6.813

75,7

9.119

84,7

n° femmine

%

9.886

33,2

6.138

30,5

4.016

29,5

2.469

20

2.187

24,3

1.647

15,3

m+f 29.857 20.106 13.615 8.508 9.000 10.766

*Fonte INPS, ns. elaborazioni

32

Se si analizzano le classi di reddito pensionistico mensile emerge la maggiore concentrazione della

presenza maschile nelle classi di reddito più elevate con differenze a favore dei maschi rispetto alle

femmine, questa differenza aumenta con l‟aumentare dell‟importo medio mensile. Nelle classi di

reddito superiori ai 3.000 euro la presenza femminile è il 15,3% mentre quella maschile raggiunge

l‟ 84,7% valori significativamente superiori a quelli nazionali.

La differenza di genere, a danno delle donne, emerge con evidenza anche nei trattamenti

pensionistici erogati nell‟anno 2010. Il dato bergamasco si presenta poco al di sotto di quello

lombardo e di quello nazionale. L‟importo medio annuo delle prestazioni a titolarità maschile

ammonta a 19.482,12 €, 7.048,39 € in più di quello a titolarità femminile che si attesta a 12.433,73

euro.

108.176 pensioni pari al 39,4% del totale non supera i 1.000 euro mensili; di queste 31.507 pari al

29,1% sono percepite da uomini mentre più del doppio, 76.606 pari al 70,9% da donne. Ancora più

indicativo risulta il dato riguardante le pensioni di importo inferiore ai 500 euro mensili, in totale

sono 30.765 pari all‟ 11,2%. Il 35,9% è corrisposto agli uomini e oltre il 64% alle donne.

02000400060008000

100001200014000160001800020000

1500 -1749

1750 -1999

2000 -2249

2250 -2499

2500 -2999

3000 E OLTRE

n° MASCHI

n° FEMMINE

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

1500 -1749

1750 -1999

2000 -2249

2250 -2499

2500 -2999

3000 E OLTRE

66,8 69,5 70,5

8075,7

84,7

33,2 30,5 29,5

2024,3

% MASCHI

% FEMMINE

33

Capitolo 4

L’ invecchiamento negli Ambiti Territoriali della provincia di Bergamo

Tav. 22 - Ambiti territoriali, popolazione per sesso*

Ambito maschi femmine totale

1 Bergamo 71.705 80.281 151.986

2 Dalmine 71.999 71.383 143.382

3 Seriate 37.653 37.603 75.246

4 Grumello 24.333 24.025 48.358

5 Val Cavallina 26.928 26.605 53.533

6 Basso Sebino 15.940 17.749 31.689

7 Alto Sebino 15.413 16.026 31.439

8 Val Seriana 48.994 50.603 99.597

9 Alta V. Seriana e Scalve 21.919 22.253 44.172

10 Valle Brembana 21.568 21.863 43.441

11 Valle Imagna 25.880 26.371 52.251

12 Isola Bergamasca 65.542 65.404 130.946

13 Treviglio 54.893 55.088 109.981

14 Romano di Lombardia 41.910 40.799 82.709

PROVINCIA 544.677 554.063 1.098.740

LOMBARDIA 4.844.524 5.073.190 9.917.714

ITALIA 29.413.274 31.213.168 60.626.442

*Fonte ASL Bergamo

71705

71.999

37.653

24.333

26.928

15.940

15.413

48.994

21.919

21.568

25.880

65.542

54.893

41.910

80281

71.383

37.603

24.025

26.605

17.749

16.026

50.603

22.253

21.863

26.371

65.404

55.088

40.799

0 10000 20000 30000 40000 50000 60000 70000 80000 90000

BERGAMO

DALMINE

SERIATE

GRUMELLO

VAL CAVALLINA

BASSO SEBINO

ALTO SEBINO

VAL SERIANA

ALTA V.SERIANA E SCALVO

VALLE BREMBANA

VALLE IMAGNA

ISOLA BERGAMASCA

TREVIGLIO

ROMANO DI LOMBARDIA

FEMMINE

MASCHI

34

Tav. 23 - Ambiti territoriali, popolazione per classi d’età decennali *

0-14 15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65-74 75-84 ≤85 totale

1 Bergamo 20.809 13.710 16.715 24.156 23.343 18.882 16.730 12.505 5.134 151.986

2 Dalmine 23.419 14.003 18.447 26.118 21.895 16.902 12.793 7.599 2.206 143.382

3 Seriate 12.599 7.349 10.406 13.409 11.498 8.800 6.360 3.699 1.136 75.246

4 Grumello 8.227 5.156 6.906 8.461 6.921 5.543 3.994 2.391 611 48.358

5 Val

Cavallina

9.240 5.645 7.099 9.374 7.931 5.904 4.468 2.391 941 53.533

6 Basso

Sebino

5.108 3.218 4.131 5.571 4.808 3.731 2.686 1.825 611 31.689

7 Alto

Sebino

4.560 2.909 3.665 5.175 4.539 4.059 3.425 2.207 900 31.439

8 Val

Seriana

14.905 9.788 11.294 16.020 15.208 12.842 10.431 6.876 2.233 99.597

9 Alta V.

Seriana e

Scalve

6.271 4.379 5.056 6.839 6.876 5.956 4.566 3.129 1.100 44.172

10 Valle

Brembana

5.992 4.690 4.848 6.468 6.688 6.002 4.674 3.381 1.219 43.441

11 Valle

Imagna

8.484 5.243 6.509 8.697 7.933 6.309 4.744 3.204 1.128 52.251

12 Isola

Bergamasca

20.816 12.797 17.817 23.277 19.828 15.310 11.667 7.261 2.173 130.946

13 Treviglio 16.879 10.302 14.487 16.367 16.447 13.288 10.454 6.522 2.235 109.981

14Romano

di

Lombardia

13.487 8.751 12.351 13.872 11.701 9.808 7072 4.331 1.336 82.709

TOTALE 170.796 107.419 139.731 186.804 165.616 133.336 104.064 67.863 23.111 1.098.740

*Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazione

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

PROVINCIA LOMBARDIA ITALIA

544.677 4.844.524 29.413.274

554.063 5.073.190 31.213.168

FEMMINE

MASCHI

35

2080913710

1671524156

2334318882

1673012505

5134

0 10000 20000 30000

0-14 anni

25-34 anni

45-54 anni

65-74 anni

≤ 85 anni

BERGAMO

010000 20000 30000

0-14 anni

25-34 anni

45-54 anni

65-74 anni

≤ 85 anni

2341914003

1844726118

2189516902

1279317599

2206

DALMINE

05000

1000015000

0-14 anni

25-34 anni

45-54 anni

65-74 anni

≤ 85 anni

125997349

1040613409

114988800

63603699

1136

SERIATE

8227

5156

6906

8461

6921

5543

3994

2391611

GRUMELLO

0-14 anni

15-24 anni

25-34 anni

35-44 anni

45-54 anni

55-64 anni

65-74 anni

92405645

70999374

79315904

44682391

0-14 anni

25-34 anni

45-54 anni

65-74 anni

≤ 85 anni

0 2000 4000 6000 8000 10000

VAL CAVALLINA

0

2000

4000

6000

8000

10000

BASSO SEBINO

0100020003000400050006000

ALTO SEBINO

0

5000

10000

15000

20000

VAL SERIANA

36

0

2000

4000

6000

8000

Alta V.Seriana e Scalve

0

2000

4000

6000

8000

Valle Brembana

02000400060008000

10000

VALLE IMAGNA

0

5000

10000

15000

20000

25000

ISOLA BERGAMASCA

0

5000

10000

15000

20000

TREVIGLIO

0

5000

10000

15000

ROMANO DI LOMBARDIA

0

50000

100000

150000

200000

0-14 anni 15-24 anni 25-34 anni 35-44 anni 45-54 anni 55-64 anni 65-74 anni 75-84 anni ≤ 85 anni

TOTALE

37

Tav.24 - Ambiti territoriali, anziani con ≥ 65anni e percentuale su popolazione provinciale totale*

Anziani con ≥ 65 anni

maschi femmine totale %

1 Bergamo 13.567 20.804 34.371 3,13

2 Dalmine 9.771 12.827 22.598 2,06

3 Seriate 4.816 6.379 11.195 1,02

4 Grumello 2.998 4.146 7.144 0,65

5 Val Cavallina 3.653 4.687 8.340 0,76

6 Basso Sebino 2.177 2.945 5.122 0,47

7 Alto Sebino 2.724 3.808 6.532 0,59

8 Val Seriana 8.325 11.215 19.540 1,78

9 Alta V.Seriana e Scalve 3.767

5.028 8.795

0,80

10 Valle Brembana 3.989 5.285 9.274 0,84

11 Valle Imagna 3.890 5.186 9.076 0,83

12 Isola Bergamasca 8.777 12.324 21.101 1,92

13 Treviglio 8.056 11.155 19.211 1,75

14 Romano 5.442 7.297 12.739 1,16

*Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazione

0 5000 10000 15000 20000 25000 30000 35000

BERGAMO

DALMINE

SERIATE

GRUMELLO

VAL CAVALLINA

BASSO SEBINO

ALTO SEBINO

VAL SERIANA

ALTA V.SERIANA E SCALVE

VALLE BREMBANA

VALLE IMAGNA

ISOLA BERGAMASCA

TREVIGLIO

ROMANO

13567

9771

4816

2998

3653

2177

2724

8325

3767

3989

3890

8777

8056

5442

20804

12827

6379

4146

4687

2945

3808

11215

5028

5285

5186

12324

11155

7297

34371

22598

11195

7144

8340

5122

6532

19540

8795

9274

9076

21101

19211

12739

TOTALE

FEMMINE

MASCHI

38

Nella fascia d‟età 0-14 anni gli Ambiti di Bergamo e della Valle Brembana presentano i valori più

bassi. Per il primo pesano i valori della città capoluogo caratterizzata da uno scarso ricambio

generazionale, derivato e dalla conseguente diminuzione della natalità e quindi dall‟invecchiamento

della popolazione residente e dalla ridotta mobilità abitativa prodotta dal costo delle abitazioni,

mentre per l‟Ambito della Valle Brembana, pesa l‟omogeneità territoriale, tutti i comuni sono infatti

collocati in montagna, e tutti segnati dal fenomeno della migrazione dei giovani verso il fondovalle

e la pianura. Nell‟Ambito di Bergamo risiede il 13,8% della popolazione totale, ma

contemporaneamente è presente il numero più elevato di ultra settantacinquenni, il 19,6%,

percentuale molto al di sopra rispetto a quella di tutti gli altri Ambiti.

Il confronto dei valori provinciali con quelli regionali e nazionali, nelle diverse fasce d‟età,

evidenzia la relativa giovinezza della popolazione bergamasca, caratteristica che viene confermata

anche dal paragone con tutte le altre province lombarde.

Tav. 25 - Ambiti territoriali, popolazione con ≥ 75 anni per classe d’età quinquennali e sesso e percentuale su

popolazione provinciale*

75 -79 80 - 84 ≥ 85

maschi femmine maschi femmine maschi femmine TOTALE

1 Bergamo 2.815 4.140 2.043 3.509 1.372 3.762 17.641

2 Dalmine 2.047 2.547 1.094 1.911 584 1.622 9.805

3 Seriate 926 1.244 555 974 299 837 4.835

4 Grumello 560 817 360 654 176 583 3.150

5 Val Cavallina 746 954 477 754 248 693 3.872

6 Basso Sebino 444 626 268 487 160 451 2.436

7 Alto Sebino 584 727 333 599 221 679 3.143

8 Val Seriana 1.740 2.270 1.028 1.874 566 1.667 9.145

9 Alta Val Seriana 776 1.009 473 871 281 819 4.229

10 Val Brembana 836 1.049 550 946 315 904 4.600

11 Valle Imagna 767 1.065 485 887 318 810 4.332

12 Isola Bergamasca 1.722 2.523 1.049 1.967 525 1.648 9.434

13 Treviglio 1.565 2.198 988 1.771 613 1.622 8.757

14 Romano 1.129 1.442 636 1.124 321 1.015 5.667

PROVINCIA 16.585 22.611 10.339 18.328 5.999 17.112 90.974

LOMBARDIA 171.469 236.520 108.579 190.526 66.411 183.770 957.275

ITALIA 1.083.407 1.450.188 740.792 1.200.500 504.228 1.168.001 6.147.116

*Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazione

3,13

2,06

1,02 0,65 0,76 0,47 0,59

1,780,8 0,84 0,83

1,92 1,751,16

00,5

11,5

22,5

33,5

percentuale su popolazione provinciale totale

TOTALE %

39

Tav.26 - Ambiti territoriali, popolazione con ≥ 75 anni per classi d’età quinquennali e percentuale su popolazione

dell’Ambito*

75-79 80-84 ≥ 85 totale totale ambito %

1 Bergamo 6.955 5.552 5.134 17.641 151.986 11,6

2 Dalmine 4.594 3.005 2.206 9.805 143.382 6,8

3 Seriate 2.170 1.529 1.136 4.835 75.246 6,4

4 Grumello 1.377 1.014 759 3.150 48.358 6,2

5 Val Cavallina 1.700 1.231 941 3.872 53.533 7,2

6 Basso Sebino 1.070 755 611 2.436 31.689 12,2

7 Alto Sebino 1.311 932 900 3.143 31.439 10,0

8 Val Seriana 4.010 2.902 2.233 9.145 99.597 9,2

9 Alta Val Seriana 1.785 1.344 1.100 4.229 44.172 9,6

10 Val Brembana 1.885 1.496 1.219 4.600 43.441 10,6

11 Valle Imagna 1.832 1.372 1.128 4.332 52.251 8,3

12IsolaBergamasca 4.245 3.016 2.173 9.434 130.946 7,2

13 Treviglio 3.763 2.759 2.235 8.757 109.981 8,0

14 Romano 2.571 1.760 1.336 5.667 82.709 6,9

PROVINCIA 39.196 28.667 23.111 90.974 1.098.740 8,3%

LOMBARDIA 407.989 299.105 250.181 957.275 9.917.714 9,7%

ITALIA 2.533.595 1.941.292 1.672.229 6.147.116 60.626.442 10,1%

*Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazioni

La normativa regionale stabilisce il fabbisogno di posti letto nelle RSA in base al numero di anziani

con un‟età superiore ai 75anni. L‟indice programmatico adottato prevede 7 posti letto per ogni 100

abitanti di questa età.

4.1 - Curare ed essere curati

La soglia degli 80 anni è considerata il limite oltre il quale i rischi di perdita dell‟autonomia

conseguenti all‟insorgere di malattie e problemi cognitivi risultano più elevati se paragonati alle età

precedenti. Rispetto a dieci anni fa ci si ammala in età più avanzata, ma la condizione di malattia è

destinata a durare più a lungo proprio perché si vive di più. L‟indice ADL, è adottato dall‟Istat

come strumento per valutare il grado di non autosufficienza, l‟ incapacità di provvedere in modo

autonomo ad attività come alzarsi e sedersi, vestirsi e spogliarsi, fare il bagno o la doccia, lavarsi

mani e viso, mangiare e tagliare il cibo. Si stima che circa il 6,3% degli anziani con età superiore ai

65 anni non sia in grado di svolgere in autonomia due o più attività ADL e che quindi abbia bisogno

di essere aiutato. Il bisogno di assistenza aumenta naturalmente con l‟aumentare dell‟età e si

aggrava in presenza di disturbi del comportamento dovuti a demenza riscontrati nel 40% degli

ultraottantenni.

Persone malate assistite

Il vero problema della non autosufficienza sarà per il futuro prossimo sempre di più quello della

cura della persona divenuta fragile e non tanto dell‟assistenza sanitaria. Problema reso più rilevante

40

a causa dei cambiamenti che stanno modificando la struttura familiare e sociale riducendone la

disponibilità di risorse personali ed economiche.

Tav. 27 - Ambiti territoriali, anziani ≥65 anni non autosufficienti (6,3%) valori percentuali*

AMBITO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 totale

n° 2.165 1.417 705 441 491 323 412 1.231 554 584 572 1.329 121 803 11.148

% 19,1 12,1 6,4 4,1 4,5 3,0 3,5 11,3 5,1 5,4 5,3 12,3 1,2 7,3

*Fonte ASL Bergamo e Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) ns, elaborazione

La diminuzione della natalità ha portato come conseguenza ad uno svuotamento della rete familiare,

mentre il prolungamento della sopravvivenza ha fatto aumentare il numero di anziani da assistere.

Una donna nata nel 1940 potrebbe trovarsi impegnata nella cura di un familiare anziano per almeno

12 anni della sua vita e in quella di più anziani contemporaneamente per circa 4 anni, avrebbe avuto

comunque intorno a sé altri componenti della famiglia principalmente donne, 9 o 10, tra sorelle,

cognate, zie e cugine con cui condividere fatiche e responsabilità. Una donna nata nel 1960, oggi

nell‟età di mezzo, potrebbe avere davanti a sé circa 18 anni da impegnare nell‟assistenza di un

parente anziano, e di questi anni almeno 12 da dedicare a più persone, ma con il sostegno della rete

0

500

1000

1500

2000

25002165

1417

705

441 491323 412

1231

554 584 572

1329

121

803

Valori assoluti

Ambito n°

19%

12%

6%

4%

5%3%4%

11%

5%

6%

5%

12%

1%7%

Valori percentuali

n°1

n°2

n°3

n°4

n°5

n°6

n°7

n°8

n°9

n°10

n°11

41

femminile di appartenenza ridotta della metà. Il compito della cura familiare da sempre è affidato

alle donne delle età centrali, quasi sempre figlie, che spesso non hanno avuto margini di scelta e

vivono in solitudine il peso psicologico e fisico di questo impegno. Nella rete di aiuto le figlie sono

presenti per il 40%, le nuore per il 18%, le mogli per il 15%, i figli maschi per il 14% e infine i

mariti per il 6%.

Oggi, all‟età di sessant‟anni tre donne su dieci hanno la madre e più raramente il padre viventi di età

tra gli 80 e i 90 anni, mentre nel 1951 questa esperienza toccava una donna su dieci. Per una donna

tra i cinquanta e i sessant‟anni che ancora sta lavorando fuori casa, non è un fatto inconsueto che

debba occuparsi contemporaneamente dei genitori, dei suoceri e dei propri nipoti. In un paese come

il nostro, che da sempre ha basato il proprio sistema di welfare familiare sul lavoro non retribuito

delle donne, è maggiormente evidente come il carico dovuto agli impegni della cura stia

progressivamente aumentando, e contemporaneamente stia diminuendo il tempo che le donne hanno

a disposizione per se stesse. La catena della solidarietà femminile, di cui le nonne raffigurano

l‟anello forte e che fino ad oggi ha rappresentato un pilastro del lavoro di cura familiare, a causa del

sovraccarico rischia di spezzarsi con conseguenze facilmente prevedibili per il nostro sistema di

welfare. Le nonne con sempre più fatica e difficoltà, anche psicologiche, riescono per ora a

mantenere il tradizionale ruolo di supporto alle figlie e alle nuore lavoratrici con figli piccoli.

4.2 - La demenza, un problema sociale in crescita

Tav. 28 - Anziani con ≥ 65 anni per Ambito territoriale con demenza ( ipotesi: 5,3% se maschi, 7,2% se

femmine)*

maschi malati femmine malate

1 Bergamo 13.567 719 20.804 1497

2 Dalmine 9.771 517 12.827 923

3 Seriate 4.816 255 6.379 459

4 Grumello 2.998 158 4.146 298

5 Val Cavallina 3.653 193 4.687 337

6 Basso Sebino 2.177 115 2.945 212

7 Alto Sebino 2.724 144 3.808 274

8 Val Seriana 8.325 441 11.215 807

9 Alta V.Seriana e Scal. 3.767 199 5.028 362

10 Val Brembana 3.989 211 5.285 380

11 Valle Imagna 3.890 206 5.186 373

12 I sola Bergamasca 8.777 465 12.324 887

13 Treviglio 8.056 426 11.155 803

14 Romano 5.442 2884 7.297 525

totale malati 4.343 8.137 12.485

totale popolazione 81.952 113.086 195.038

*Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazioni

42

Tav. 29 - Demenze prevalenza per Ambito e per 10.000 abitanti anno 2011 *

prevalenza abitanti totale demenze

1 Bergamo 87,6 151.986 1.322

2 Dalmine 51,5 143.382 736

3 Seriate 55,3 75.246 414

4 Grumello 43,5 48.358 208

5 Val Cavallina 61,9 53.533 328

6 Basso Sebino 65,6 31.689 203

7 Alto Sebino 84,2 31.439 261

8 Val Seriana 94,3 99.597 933

9 Alta V.Seriana e Scalve 69,7 44.172 306

10 Val Brembana 82,6 43.441 355

11 Valle Imagna 50,2 52.251 261

12 Isola Bergamasca 61,4 130.946 798

13 Treviglio 47,6 109.981 518

14 Romano 52,7 82.709 432

PROVINCIA 65,7 1.098.740 7.218

*Fonte ASL Bergamo

0

10.000

20.000

30.000

MASCHI

FEMMINE

Maschi e femmine

0

1000

2000

3000

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14

MALATI

MALATE

Malati e malate

43

Con il progressivo invecchiamento della popolazione i casi di demenza sono in rapido aumento

nella nostra provincia come in tutta Europa. Si calcola che ne sono colpiti rispettivamente il 5,3%

degli uomini e il 7,2% delle donne con età superiore ai 64 anni. La maggiore presenza femminile

viene in parte attribuita alla longevità delle donne e in parte ad una serie di fattori genetici,

ambientali e sociali ancora in esame. Gli studi disponibili presentano differenti valutazioni

quantitative quanto a incidenza* e prevalenza* delle diverse forme della malattia, ciò è dovuto

all‟eterogenità dei fattori considerati, alla difformità dei criteri diagnostici, alle diverse modalità di

arruolamento dei casi (medici di famiglia, strutture residenziali e semiresidenziali per anziani,

ricoveri ospedalieri, servizi domiciliari) e alla struttura della popolazione per sesso ed età, presa in

esame.

Sulla base delle stime individuate si ipotizza che le persone con demenza presenti attualmente in

provincia di Bergamo si possano quantificare intono alle 12.000. Le forme più frequenti possono

essere attribuite alla malattia di Alzheimer per circa il 50-60% e per il 10-20% a malattie vascolari.

Al 1 gennaio 2012 sono stati rilevati dall‟ASL di Bergamo, 8.921 casi di persone malate, tra queste

2.733 sono maschi (30,6%) e 6.188 femmine (69,4%) e nel complesso, circa 4.500 sarebbero malati

di Alzheimer. Nel 2006, alla stessa data, i casi presenti risultavano essere 5.599, l‟aumento

accumulato in sei anni, supera il 50%. La prevalenza dei casi di demenza nei diversi Ambiti

Territoriali è generalmente correlata positivamente all‟indice di vecchiaia, più alto è il valore

dell‟indice, più alto risulta essere il valore della prevalenza.

Attualmente le demenze costituiscono un importante problema sanitario e, soprattutto, socio

assistenziale per il notevole carico di accudimento che le persone malate richiedono, sia quando

sono assistite dai servizi, sia quando a provvedere è in tutto, o in parte, la famiglia. Nel 2009 il

servizio ADI dell‟ASL di Bergamo aveva in carico 873 persone con demenza certificata, altre 2.500

circa erano ricoverate nelle RSA, compresi i Nuclei Alzheimer, e intorno alle 280 venivano assistite

nei CDI. Nell‟insieme i servizi garantivano assistenza, in forme e modalità diverse, a circa 3.653

ammalati, meno della metà del totale. Gli altri malati sono assistiti a casa dai familiari si stima che,

per ogni persona ammalata, ne sono coinvolti almeno tre e come abbiamo già visto, questi sono

quasi sempre donne della famiglia, oppure sempre più frequentemente negli ultimi 10 anni, donne

straniere. La famiglia- risorsa, la famiglia che cura, è oramai assottigliata e invecchiata. Quando poi

è culturalmente ed economicamente più debole e resa ancora più fragile dal sovraccarico di fatiche

0

200

400

600

800

1000

1200

1400

TOTALE DEMENZE

44

dovuto all‟impegno nel lavoro di assistenza prolungato e intenso, tende a chiudersi dentro i confini

della propria storia e non ha forze da spendere neanche per chiedere aiuto.

Negli ultimi anni diversi studi fanno ritenere che l‟insorgenza della demenza possa essere almeno in

parte prevenibile. Si è visto ad esempio come una regolare attività fisica ed una intensa attività

sociale, produttiva e mentale, possono ridurre il rischio di malattia anche del 40% in un arco

temporale di 4-5 anni.

*L’incidenza misura i nuovi casi che si verificano in una popolazione in un certo lasso di tempo,

per esempio quante persone si ammalano di demenza in un anno nella popolazione della provincia

di Bergamo.

*La prevalenza misura il numero di tutti i casi presenti in un determinato momento in una

determinata popolazione; per esempio quante sono oggi le persone malate di demenza in provincia

di Bergamo.

45

Capitolo 5

Le dimensioni della non autosufficienza: i servizi dedicati

Tav. 30 - Ambiti territoriali, indici di vecchiaia e di carico sociale per sesso*

indice di vecchiaia carico sociale

Ambito territoriale maschi femmine media maschi Femmine media

1 Bergamo 127,9 203,8 165,1 50,8 62,9 57

2 Dalmine 79,9 114,5 96.4 43,9 50,7 47,2

3 Seriate 74,5 103,8 88,8 42,7 49,9 46,2

4 Grumello 71,6 102,6 86,8 41,9 51,6 46,6

5 Val Cavallina 77,8 103,1 90,2 44,9 53,15 48,9

6 Basso Sebino 82,5 119,1 100,2 43,2 52,4 47,6

7 Alto Sebino 116,4 171,5 143,2 48,9 60,2 54,5

8 Val Seriana 108 155,8 131,1 48,6 57,2 52,8

9 Alta V.Seriana e Scalve 116 166,2 140,2 47,5 56,7 51,7

10 Val Brembana 130,8 179,5 154,7 48,4 60,3 54,1

11 Valle Imagna 90 124,5 106,9 46,4 54,9 50,6

12 Isola Bergamasca 82,6 120,9 101,3 42 52,5 47,8

13 Treviglio 93,6 134,7 113,8 43,5 54,5 48,8

14 Romano 78,4 111,3 94,4 41,9 51,4 46,4

PROVINCIA 93,5 135,95 114,1 45,2 54,8 49,9

LOMBARDIA 113,8 170 141,1 47,1 57,3 52,1

ITALIA 118,5 171,9 144,5 48,2 56,3 52,2

*Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazio

0

50

100

150

200

250

MASCHI

FEMMINE

MEDIA

Indice di vecchiaia

46

I territori di Bergamo, Alto Sebino, Val Seriana superiore e Val Brembana si caratterizzano per

importanti differenze rispetto ai valori dei restanti Ambiti sia dell‟indice di vecchiaia che di quello

di carico sociale che si presentano ben superiori anche alle medie regionali e nazionali. I valori dei

due indici risultano più elevati tra le femmine con uno scarto rispetto ai maschi di oltre 42 punti per

l‟indice di vecchiaia e di quasi 10 per quello di carico sociale. I valori dei due indici rilevati nelle

diverse zone appaiono tra loro coerenti, più alto è l‟indice di vecchiaia più alto risulta quello di

carico sociale. In tutti i capoluoghi della Regione si registra un indice di vecchiaia più elevato

rispetto al relativo territorio provinciale, l‟indice di vecchiaia della città di Bergamo (180), si

presenta più alto rispetto alla media provinciale e pesa sensibilmente sul valore medio dell‟Ambito.

Tav. 31 - Anziani con ≥ 75 anni, centri diurni anziani (c.d.a.) e Centri Diurni Integrati (CDI)* per Ambito

territoriale

Ambito

territoriale

c.d.a.

numero

anziani

≥75

CDI

numero

CDI

posti autorizzati

CDI

posti

accreditati

CDI

fabbisogno

Bergamo 30 17.639 2 60 60 176,6

Dalmine 12 9.805 5 + 1 145+ 20 per

Alzheimer

110 98,0

Seriate 12 4.835 0 0 0 48,3

Grumello 8 3.002 2 40 40 30,0

Val Cavallina 11 3.332 2 28 28 33,3

Basso Sebino 3 2.436 1 30 0 24,3

Alto Sebino 2 3.107 1 20 20 31,0

Valle Seriana 16 9.109 4 93 98 91,0

Valle S. e Scalve 9 4.229 2 42 37 42,2

Valle Brembana 7 4.600 0 0 0 46

Valle Imagna 4 4.332 2 70 30 43,3

Isola Berg.sca 17 9.434 4 105 95 94,3

Treviglio 14 8.757 2 60 60 87,5

Romano L.do 12 5.667 1 10 0 56,6

Totale 157 90.284 29 723 578 902,4

*Fonte ASL di Bergamo, ns. elaborazioni

*Il fabbisogno di posti in CDI è stabilito dalla Regione in 1 posto per ogni cento anziani con età superiore ai 75 anni

0

10

20

30

40

50

60

70

MASCHI

FEMMINE

MEDIA

Carico sociale

47

0

5

10

15

20

25

30

Centri Diurni Anziani

CDA numero

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

3,5

4

Centri Diurni Integrati

CDI numero

48

5.1 - I CENTRI ANZIANI: una risorsa da valorizzare

La disciplina per la realizzazione e la gestione dei centri diurni per anziani, quali servizi a valenza

socio assistenziale, rientra nelle competenze regionali e per la parte operativa in quelle dei comuni.

Le indicazioni regionali che trattano in modo organico il tema dei centri, ne prevedono il

finanziamento, le finalità e gli standard strutturali e gestionali, sono contenute nel POA (Progetto

Obiettivo Anziani) del 1995-97. Negli anni seguenti, sono stati gradualmente sospesi tutti i

finanziamenti regionali destinati alla costruzione e alla gestione di centri e l‟argomento non è stato

mai più ripreso negli atti normativi successivi come i Piani Socio Sanitari. Di conseguenza il

finanziamento passa totalmente o in buona parte a carico dei comuni, con qualche saltuaria e

parziale integrazione dell‟Amministrazione provinciale o da parte di privati, comprese alcune

parrocchie.

Quando il POA interviene tra il 1995 e il 1997, la realtà dei centri ha già una sua consistenza sia in

Regione che in provincia di Bergamo. Una ricognizione sullo stato dell‟arte dei centri anziani messa

in campo nel 1993 dall‟Auser di Bergamo che si era da poco costituito, censisce 75 realtà, la gran

parte delle quali, il 60%, attivate nel periodo 1980-1990, le altre con una storia lontana che risale ai

dopolavoro operai nati negli anni „30. Secondo gli orientamenti dettati dal POA i centri possono

offrire una molteplicità di prestazioni con finalità socializzanti e di educazione alla salute nel senso

più ampio ed essere in grado di attrezzarsi per diventare supporto al SAD dotandosi di interventi

specifici come: bagno assistito, lavanderia, laboratorio di cucito per la cura del guardaroba, servizio

di barbiere, di parrucchiere, di podologia e di quanto necessario per soddisfare eventuali nuove

necessità. Nelle intenzioni del legislatore regionale i centri per la terza età dovrebbero diventare un

servizio aperto, finalizzato alla prevenzione e al contenimento degli effetti dell‟isolamento,

accessibile a chiunque. Dunque un servizio di sostegno e promozione delle potenzialità della

persona anziana nel percorso individuale di invecchiamento fisiologico, al di fuori di logiche

assistenzialistiche. Il centro anziani ,per queste sue finalità, dovrebbe essere capace di attivare

scambi continui con i servizi e con la realtà sociale in cui è inserito e saper essere un punto di

ascolto sensibile delle esigenze della popolazione anziana e della comunità a cui appartiene.

0

20

40

60

80

100

120

Posti autorizzati

Posti accreditati

Posti autorizzati e accreditati

49

Tra i centri anziani attivati in provincia di Bergamo in quegli anni, grazie a finanziamenti regionali

integrati in questo caso in modo cospicuo da quelli provinciali, va ricordato quello di Vilminore di

Scalve, un comune montano di 1.500 abitanti al fondo di una piccola valle distante 60 km da

Bergamo, che ha rappresentato un esempio emblematico di come un servizio destinato ad una parte

di popolazione potesse diventare una significativa risorsa per tutta una comunità. Il centro anziani di

Vilminore, fin dalle sue origini, fornisce un servizio pasti aperto ai lavoratori delle poche aziende

della zona e soprattutto agli studenti del nuovo Centro di Formazione Professionale (CFP). E‟ stata

proprio la possibilità di consumare il pasto in loco che ha probabilmente garantito nel tempo al

CFP, la presenza un numero di allievi sufficiente a mantenerlo in vita.

Presenza dei centri anziani nel territorio bergamasco

Dei 244 comuni della provincia di Bergamo, in 127 pari al 52% sono presenti uno o più centri per la

terza età, in totale i centri esistenti sono 157, la città capoluogo ne conta 23, mentre altri sette

comuni ne contano due per ciascuno. L‟indagine sui Centri anziani si è svolta tra il 2007 e il 2008.

Dei 157 centri censiti hanno restituito il questionario compilato in 140 pari al 89,1%.

Tav.32 - Provincia di Bergamo, distribuzione numero c.d.a. per comune, provincia di Bergamo*

n° centri per comune 1 centro % 2 centri % 23 centri % totale comuni

comuni con c.d.a 119 93,7 7 5,5 1 0,7 127

*Fonte Spi e Provincia Bergamo

Tav. 33 - Provincia di Bergamo, distribuzione c.d.a. per dimensione demografica dei comuni *

abitanti ≤ 1.000 1.001-3.000 3.001-5.000 5.001-7.000 7.001-9.000 ≥9.001 Totale

n°comuni

con c.d.a

8 = 6,2%

29 = 22,8%

34 = 26,7%

26 = 20,4%

15 = 11,8%

13=11,8%

127

*Fonte Spi e Provincia Bergamo

I dati sulla distribuzione dei centri in base alla dimensione demografica dei comuni mettono in

evidenza che la presenza di almeno un centro anziani è direttamente proporzionale al numero dei

residenti, infatti dispongono di questo servizio l‟89% dei comuni fra i 5.000 e i 7.000 abitanti, tutti i

comuni con una popolazione che supera i 9.000 abitanti e solo il 29% dei comuni con meno di

3.000 abitanti.

Tav. 34 - Provincia di Bergamo, distribuzione dei centri diurni anziani per Ambito territoriale*

n°ambito 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 tot.

n° c.d.a. 30 17 16 14 12 12 12 11 9 8 7 4 3 2 157

*Fonte Spi e Provincia Bergamo

05

101520253035

n° CDA

50

Tav. 35 - Provincia di Bergamo, distribuzione dei centri diurni anziani per dimensione della struttura*

dimensione in

mq

< 100

101-200

201-400

> 401

non risponde totale

centri

n° c.d.a 33 = 23,5% 42 = 33% 20 =14,2% 11 = 7,8% 34 =24,2% 140=100%

*Fonte Spi e Provincia Bergamo

La superficie interna dei centri dipende e dalla dimensione demografica del comune e più spesso

dalla data della loro costruzione, è infatti mediamente più contenuta se la costruzione è avvenuta

prima del 1990 quando ancora mancavano indicazioni regionali in materia. Sempre tra i centri

costruiti prima del 1990 si contano tutti quelli privi di spazi esterni.

Per la gran parte l‟ampiezza si aggira tra i 100 e i 200 mq, nei casi in cui le dimensioni superano i

400 mq sono quasi sempre presenti o il gioco delle bocce coperto oppure ampie sale polivalenti o

veri e propri auditorium. Nell‟82% delle situazioni l‟edificio appartiene al comune ed ceduto senza

oneri nel 72,8% delle occasioni all‟associazione cui ne è stata affidata la gestione. In genere il

comune provvede a garantire le opere di manutenzione e il riscaldamento, mentre il costo delle

utenze è quasi sempre a carico del centro. Due sedi sono di proprietà della associazione che si

occupa della gestione, quattro risultano essere di proprietà di privati e altre sei di parrocchie o ordini

religiosi. Dei 140 centri presi in esame, la maggioranza dispone di spazi per attività ricreative e di

tempo libero, sale per incontri di gruppo o attività particolari, cucina, gioco delle bocce e bar. Il bar,

presente nel 64,1% dei casi, rappresenta l‟unica entrata economica autonoma utilizzata per

finanziare acquisti o l‟organizzazione di attività altrimenti non realizzabili. In alcune realtà gli utili

del bar, donati in parte ad altre istituzioni locali, diventano un tramite, uno strumento, per

manifestare all‟esterno che gli anziani sanno essere una presenza attiva e attenta ai bisogni delle

componenti più fragili della comunità.

Tav. 36 - Provincia di Bergamo, distribuzione centri anziani per tipologia dei locali*

locali

vari

bar spazio esterno bocce giardino cucina ambulatorio palestra biblioteca

94 90 57 42 37 32 25 17 12

67,1% 64,2% 40,7% 30% 26,4% 22,6% 17 12,1% 8,5%

*Fonte Spi e Provincia Bergamo

51

Centro Diurno per Anziani Treviglio

In 25 centri troviamo un ambulatorio medico dove infermieri professionali volontari e a volte

medici in pensione, garantiscono semplici prestazioni sanitarie, come la rilevazione della pressione

sanguigna, del peso, della glicemia, la cura di piccole lesioni, la somministrazione di farmaci. La

palestra, presente in 17 centri, consente l‟organizzazione di attività motorie anche a scopo

riabilitativo come corsi di ginnastica, ballo e yoga. Dal momento che la palestra quasi mai è ad uso

esclusivo, il suo utilizzo, specie nelle ore serali, è a disposizione della generalità dei cittadini. Un

elemento di criticità è rappresentato dal numero di centri, 46 pari al 32,8% del totale, privo di spazi

esterni e quindi della possibilità per i frequentatori di soggiornare o di svolgere attività all‟aperto, di

essere visibili. L‟invisibilità aumenta il rischio che il centro si trasformi e venga vissuto come uno

spazio introverso, una bolla difensiva.

5.1.1 - Qualità della sede

Il quadro che emerge dai dati descrive una realtà positiva quanto a condizioni strutturali nel 90% dei

casi. In maggioranza i centri sono puliti, in buone condizioni di manutenzione, privi di barriere

architettoniche, luminosi, forniti di acqua calda, di riscaldamento e arredati adeguatamente. Sono

però segnalate anche alcune criticità. Il 50% sottolinea carenze nelle attrezzature, il 15% presenza di

rumorosità, l‟11% di umidità, e il 60,3% non dispone di sistemi di condizionamenti di cui negli

ultimi anni si sente particolarmente il bisogno nelle zone di pianura durante il periodo estivo.

5.1.2 - Tempi di funzionamento, utenti

Gli orari di apertura descrivono realtà molto variegate, frequentemente correlate con il numero di

volontari che operano attivamente e con le capacità organizzative e di coinvolgimento dei

componenti gli organismi direttivi. Durante i tempi di apertura i volontari presenti non si occupano

solo di far funzionare il servizio, ma in molte occasioni svolgono il ruolo di veri e propri facilitatori

relazionali. Il 61,4% dei centri è aperto per mezza giornata, in prevalenza il pomeriggio, tutti i

giorni feriali compreso il sabato, 32 centri pari al 22,8%, funzionano da tre a sei volte la settimana e

i restanti 20 meno di tre volte. Frequentano il centro per lo più pensionati iscritti all‟associazione

che ha in carico la gestione, con età tra i 60 e i 75 anni in prevalenza maschi, persone autosufficienti

in grado di spostarsi autonomamente a piedi o con l‟uso di mezzi di trasporto proprio. In genere si

conoscono tra di loro, sono compagni di lavoro, aderenti allo stesso sindacato o partito politico e

che a volte arrivano al centro perché portati da un amico o da un conoscente e solo in poche

occasioni sollecitati dai servizi socio assistenziali territoriali.

52

Tav. 37 - Provincia di Bergamo, distribuzione centri anziani per numero utenti giornalieri *

n°utenti

10 - 15

16 – 30

31 - 45

46 - 60

> 60

non

risponde

totale

n°centri % 28

20 %

45

32,1%

25

17,8%

19

13,5%

10

7,1 %

13

9,2 %

140

*Fonte Spi e Provincia Bergamo

In certi casi il centro viene percepito all‟esterno come un luogo chiuso, espulsivo, quasi

inaccessibile, riservato esclusivamente ad un singolo gruppo, mentre in altri casi viene definito

ghetto o vecchia osteria. Il 70% dei centri accoglie giornalmente a rotazione fra le 10 e le 45

persone, che si fermano in genere dalle 2 alle 4 ore.

La caratterizzazione dei centri come luogo di socialità, è messa in risalto dalle aperture domenicali

presenti nel 45% delle realtà e complessivamente per un tempo di circa 350 ore ogni domenica.

Le persone che alla domenica si incontrano nei centri sono in parte diverse dai frequentatori

abituali, sono sempre pensionati, a volte anche relativamente giovani, in cerca di un sostituto al bar

del paese più accogliente e con prezzi più bassi.

Tav. 38 - Provincia di Bergamo, distribuzione dei centri per tempi di apertura domenicale*

mattino pomeriggio mattino e

pom

pom. e

sera

matt. e pom. e

sera

non aprono alla

domenica

n° centri e % 2 = 3,1% 45 = 71,4% 13 = 20,6% 1 = 1,5% 2 = 3,1% 77 = 55%

*Fonte Spi e Provincia Bergamo

Il funzionamento domenicale, non sarebbe possibile senza l‟impegno e le capacità dei tanti

volontari. Lavorare per il centro anziani diventa perciò un‟esperienza importante per se stessi,

grazie alla quale il tempo liberato dall‟impegno lavorativo non si trasforma in tempo da perdere.

5.1.3 - Gestione, finanziamento, attività

Il 73,5% dei centri sono autogestiti, il che significa che è l‟associazione di volontariato a cui il

comune ha affidato la conduzione, ad occuparsi di tutto attraverso i propri organismi, presidente,

consiglio direttivo e in qualche caso commissioni ad hoc che in qualche caso vede la presenza

dell‟assistente sociale. Il 74,2% ha adottato uno statuto e un regolamento come previsto dalla legge

sul volontariato. L‟adozione dello statuto è condizione necessaria per poter accedere all‟iscrizione

al Registro regionale e,o a quello provinciale e così concorrere ai bandi annuali o biennali che

prevedono l‟erogazione di fondi per il finanziamento delle attività.

Tav. 39 - Provincia di Bergamo, distribuzione centri diurni anziani per tipologia delle attività con l’esterno* - Tab. E

10

segretariato

sociale

attività

aperte

esterni

affissioni

avvisi

collaborazioni

con altri centri

collaborazioni

associazioni locali

collaborazioni

associazioni

esterne

centri

73

83

82

24

83

42

% 52,1 59,2 58,5 17,1 59,2 30

*Fonte Spi e Provincia Bergamo

53

Se si prendono in esame i flussi comunicativi verso l‟esterno e le iniziative condotte in

collaborazione con altre organizzazioni sociali, si nota che una parte dei centri tende a mantenere il

tradizionale atteggiamento di chiusura e a concentrarsi quasi esclusivamente in attività per i propri

utenti.

Le ragioni del diverso modo di interpretare il ruolo del centro diurno sono da ricercare nella storia

del centro stesso e nelle esperienze di vita, nelle motivazioni che hanno portato i componenti gli

organismi direttivi, a scegliere questo impegno. I dati mettono in evidenza una netta propensione a

concentrare gli interventi entro i confini del paese e una certa resistenza ad intrecciare relazioni con

organizzazioni e altri centri diurni, situati fuori dai confini comunali. Da ricordare che circa 80 degli

attuali 140 centri hanno origine negli anni 30 come dopolavoro operaio.

Nel 59,2% dei casi le attività organizzate sono fruibili anche da persone non iscritte all‟associazione

e in più della metà delle situazioni il centro mette a disposizione spazi per affissioni e locali per

ospitare la presenza periodica di funzionari di patronati sindacali che curano l‟assistenza fiscale o le

pratiche pensionistiche per i residenti nella zona. Solo il 17,1% delle attività sono costituite da

collaborazioni con organizzazioni esterne al paese e in particolare con altri centri anziani.

In 19 centri, il comune mantiene una gestione diretta della parte amministrativa come il bilancio, le

forniture, la registrazione delle iscrizioni ecc, mentre delega ad un‟associazione di volontariato la

gestione operativa. Il finanziamento necessario al funzionamento del centro, alla realizzare delle

attività e alla manutenzione dello stabile, dipende per il 52% da contributi erogati dal comune.

Provvedono in modo autonomo alle proprie esigenze economiche o ricevono dal rispettivo comune

contributi molto modesti, 64 centri pari al 45% del totale. In genere i centri si autofinanziano

attraverso diverse iniziative: il tesseramento, le attività proposte a pagamento come le gite, i corsi di

ballo ecc., la vendita di piccole produzioni artigianali realizzate dagli utenti, gli utili del bar interno

e le donazioni di privati, aziende locali e più, spesso, banche.

In alcuni casi il centro si connota, in tutto o in parte soprattutto come contenitore, non elabora

propri progetti, non fa proposte, ma funziona come un locale pubblico che offre ai frequentanti il

vantaggio di non essere obbligati alla consumazione e, comunque, prezzi bassi. Si limita a mettere a

disposizione degli spazi e così gruppi anche piccoli, fortemente coesi e chiusi, si possono incontrare

e dedicare ad un proprio comune interesse, quasi sempre il gioco delle carte per gli uomini, le

chiacchiere a ruota libera e la tombola per le donne.

54

Tav. 40 - Provincia di Bergamo, distribuzione dei centri diurni anziani per tipo di attività offerta*

giochi

corsi vari

visite

guidate

gite

gruppi di

interesse

attività

sportive

attività

culturali

n° centri 108 54 28 90 37 51 50

% 77,1 38,5 20 64,2 26,4 36,4 35,7

*Fonte Spi e Provincia Bergamo

5.2- LE RESIDENZE SANITARIE ASSISTITE (RSA)

Tav. 41 - Provincia di Bergamo, RSA per Ambito, posti letto autorizzati, fabbisogno ( 7% su anziani con età ≥ 75

anni) e posti letto a contratto

numero

RSA

posti letto

autorizzati

posti letto

accreditati

*fabbisogno

*posti a

contratto

differenza

Bergamo 7 1.075 1.075 1.234 1.053 181

Dalmine 5 437 342 686 362 324

Seriate 2 272 272 338 272 66

Grumello 2 125 123 210 60 150

Val Cavallina 3 277 231 233 231 + 2

Basso Sebino 3 189 186 170 92 78

Alto Sebino 3 383 271 217 280 +63

Valle Seriana 10 795 823 637 710 +73

Valle S. e Scalve 5 251 251 297 171 126

Valle Brembana 4 330 305 322 239 83

Valle Imagna 2 142 117 303 72 231

Isola Berg.sca 4 705 650 660 671 +11

Treviglio 4 337 271 612 295 317

Romano L.do 7 421 406 392 295 97

Totale 61 5.739 = 6,3% 5.323 6.368= 7% 4.803= 75% 1.565 = 24,5%

*Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazioni

02468

10

n° RSA

n° RSA

55

Il numero dei posti letto autorizzati corrisponde al numero dei posti complessivamente disponibili

nelle singole RSA. L‟autorizzazione al funzionamento, l‟accreditamento dei posti letto e l‟eventuale

loro contrattualizzazione vengono rilasciati dall‟ASL, previa verifica del possesso e del

mantenimento dei parametri strutturali e gestionali fissati dalla normativa regionale (LR 3/2008 -

33/2009 - Dgr IX/2633/2012), con l‟obiettivo di garantire livelli essenziali e uniformi di assistenza.

L‟accreditamento certifica il possesso di requisiti superiori a quelli stabiliti per l‟autorizzazione al

funzionamento, sotto il profilo strutturale, tecnologico o organizzativo. Con l‟accreditamento il

soggetto giuridico accreditato consegue l‟abilitazione ad erogare prestazioni per conto del Servizio

socio sanitario regionale. L‟accreditamento è presupposto necessario, ma non sufficiente per

ottenere il rimborso delle prestazioni socio sanitarie a carico del Fondo Sanitario Regionale. Il

rimborso delle prestazioni a carico del Fondo Sanitario Regionale è previsto per i posti letto a

contratto.

Con DGR IX/4879 del 21 febbraio 2013, in applicazione della DGR IX/4574 del 19/12/2012, si

definiscono indicatori e metodologie per l‟assegnazione di budget per l‟anno 2013 alle RSA, alle

RSD ( Residenze sanitarie per disabili) e alle CSS (Comunità socio sanitarie). Questo al fine di

rendere il sistema di queste unità d‟offerta più centrato sul reale bisogno espresso dal territorio e

consentire quindi una più omogenea distribuzione ed equilibrio tra le diverse ASL e tra le diverse

strutture di una stessa ASL, del numero di posti letto messi a contratto. Gli indicatori previsti dalla

Regione Lombardia per la messa a contratto di posti letto delle RSA sono:

offerta territoriale: indice rilevato in ciascuna ASL, quale rapporto tra il numero dei posti

messi a contratto e la popolazione di riferimento, numero di anziani con età superiore ai 75

anni, rispetto all‟indice medio regionale del 6%, e progressivo aumento dei posti letto a

contratto nelle ASL con indice inferiore al 5,5%;

il tasso di saturazione dei posti letti nell‟arco di 365 giorni; verranno premiate le ASL con

indice di saturazione superiore al 96% retta uguale o inferiore ai 55,5 euro e lista d‟attesa

numerosa. Al contrario è prevista una riduzione dei posti letto messi a contratto nelle ASL

dove l‟indice di saturazione è inferiore al 92%, la retta è superiore ai 55,5 euro e il rapporto

tra la popolazione anziana e i posti letto a contratto supera il 6,6%;

liste d‟attesa, che dovranno essere ripulite dai doppioni a cura dell‟ASL, si tiene conto del

rapporto tra il numero di domande in lista d‟attesa e la popolazione di riferimento. Per il

0

500

1.000

1.500

FABBISOGNO

POSTI CONTRATTO

Fabbisogno e Posti contratto

56

futuro è prevista la creazione, a cura della Regione, di un sistema informatico di gestione

delle liste d‟attesa che consenta di superare il problema della moltiplicazione delle domande;

mobilità intra regionale, il numero di utenti provenienti da un‟ASL diversa da quella di

residenza;

età media di ingresso in RSA e complessità assistenziale rilevate attraverso il SOSIA;

la retta media a carico dell‟utente applicata nel corso dell‟anno 2012.

Tav. 42 - Provincia di Bergamo, indice di invecchiamento , posti letto in RSA per Alzheimer e di sollievo*

indice di

invecchiamento

n° RSA

posti per

Alzheimer

n° RSA

posti di

sollievo

n° RSA

posti in

hospice

Bergamo 22,61 1 40 1 9

Dalmine 15,76 1 20 3 13

Seriate 14,88 0 0 1 6 1 13

Grumello 14,77 0 0 1 6

Val Cavallina 15,58 0 0 0 0

Basso Sebino 16,16 0 0 2 11

Alto Sebino 20,78 1 20 0 0

Valle Seriana 19,62 1 30 3 19 1 4

Valle S. e Scalve 19,91 0 0 0 0

Valle Brembana 21,35 1 20 2 4

Valle Imagna 17,37 0 0 0 0

Isola Berg.sca 16,11 3 69 4 28

Treviglio 17,47 1 24 1 3

Romano L.do 15,40 0 0 0 0

PROVINCIA 17,6 9 223 19 99 2 17

LOMBARDIA 20,1

ITALIA 20,3

*Fonte ISTAT e ASL Bergamo, ns. elaborazioni

* indice di invecchiamento: rapporto tra la popolazione con età superiore ai 65 anni e la popolazione totale di una

determinata zona, in percentuale.

0

5

10

15

20

25

Indice di invecchiamento

Indice di invecchiamento

57

Tav. 43 - Provincia di Bergamo, RSA per numero posti letto autorizzati

Posti ≤40 41-60 61-80 81-100 101-120 121-140 141-160 200-225 421 totale

n° RSA 6 13 13 13 6 2 2 5 1 61

*Fonte ASL Bergamo, ns. elaborazione

Tav. 44 - Provincia di Bergamo, RSA posti letto e domande in lista d’attesa* serie storica

2000 2004 2011

posti letto 4.714 5.116 5.739

lista d’attesa 2.788 1.663 6.286

*Fonte ASL, Bergamo

*Poiché una domanda di ricovero può essere presentata in più RSA , ne consegue che il numero delle domande in lista

d‟attesa superi quello delle persone interessate. Si stima che normalmente per ogni richiesta di ricovero vengano

presentate almeno tre domande.

Tav. 45 - Provincia di Bergamo, RSA per importo *retta minima e massima in euro

retta minima ≥ 40 41 - 50 51 - 60 61 -70 71 - 80 81 - retta media

n° RSA 2 24 30 3 1 1 50,5

retta maxima ≥ 50 51 - 60 61-70 71-80 81 - 90 -------------- retta media

n° RSA 3 27 19 5 7 59,5

*Fonte ASL, Bergamo, ns. elaborazione

La retta corrisposta dagli ospiti copre le spese alberghiere e assistenziali, mentre per i soli posti letto

a contratto, i costi per l‟assistenza sanitaria, stabiliti in base alle classi SOSIA sono rimborsati dalla

Regione.

Tav. 46 - Provincia di Bergamo, differenza tra retta massima e retta minima in euro*

nessuna ≥10 11-15 16-20 21-30 31-40 41-50 totale

n° RSA 15 28 7 3 4 2 2 61

*Fonte ASL, Bergamo, ns. elaborazione

0

10

20

30

40

50

60

70

40

20

0 0 0 0

20

30

0

20

0

69

24

0

913

6 60

11

0

19

04

0

28

300 0

13

0 0 0 04

0 0 0 0 0

n° posti per Alzheimer

n° posti di sollievo

n° posti in hospice

58

24%

76%

Percentuale maschi e femmine

MASCHI FEMMINE

Tav. 47 - Provincia di Bergamo, RSA prestazioni aggiuntive a pagamento*

costo n° rsa

lavanderia da 1,5 € al giorno o da 30 a 85 € mensili 4

podologo fisso 6 € o a prestazione 15

parrucchiere da 5 a 20 € 18

trasporto a prestazione 17

totale RSA che applicano il

pagamento delle prestazioni

aggiuntive

18 = 28,5%

*Fonte Spi ,Bergamo

Le rette minima e massima per la copertura dei costi alberghieri di base, dell‟assistenza e delle

prestazioni aggiuntive, sono fissate da ogni singolo gestore di RSA. Il gestore decide

autonomamente quali siano le prestazioni comprese nella retta e quali invece debbano essere a

pagamento. Una tale situazione rende difficile il confronto tra l‟importo della retta applicata nelle

diverse strutture in rapporto alle prestazioni fornite. I costi per le prestazioni socio sanitarie a carico

del Fondo Sanitario sono definiti dalla Regione, secondo la classificazione dei bisogni di ogni

singolo assistito, attraverso l‟applicazione del SOSIA, strumento di valutazione standardizzato. La

maggior parte delle RSA (81%) applica una retta minima, per la copertura dei costi alberghieri a

carico degli assistiti, compresa tra i 41 e i 50 euro al giorno e nel 75% dei casi una retta massima tra

i 51 e i 70 euro. In 15 RSA (24%) non esiste differenza tra la retta minima e quella massima mentre

in quasi la metà delle strutture la differenza si aggira intorno ai 10 euro.

Tav. 48 - Provincia di Bergamo, RSA persone ricoverate, distribuzione per genere*

numero

%

età media

all’ingresso

tasso di saturazione

medio 2011

Maschi 1.377 24 79

Femmine 4.362 76 85

Totale 5.739 100 82

99,32

*Fonte Spi, Bergamo

* il numero delle persone ricoverate ad una certa data può risultare inferiore a quello dei posti letto. Infatti i posti che si

rendono liberi non vengono occupati immediatamente. Il tasso di saturazione è l‟indicatore che dice, in percentuale, per

quanto tempo un posto letto è stato occupato nell‟arco di un anno per esempio il valore 100 indica che il posto è stato

sempre occupato, mentre il valore 50 segnala che il posto è rimasto vuoto per la metà del tempo.

0

1000

2000

3000

4000

5000

MASCHI FEMMINE

1377

4362

N° MASCHI E FEMMINE

MASCHI

FEMMINE

59

46,3

32

21,7

% ANNO 2010

fino a 1 anno

da 2 a 5 anni

oltre i 5 anni

29,9

42,1

28

0

% ANNO 2005

fino ad 1 anno

da 2 a 5 anni

oltre i 5 anni

Tav. 49 - Provincia di Bergamo, durata della permanenza in RSA

% anno 2005 % anno 2010

fino ad 1 anno 29,9 46,3

2 - 5 42,1 32,0

oltre 5 anni 28 21,7

Totale 100 100

*Fonte ASL Bergamo

5.2.1 - ORIGINE DELLE RSA: cenni storici

Nel 1980 la Regione Lombardia ha avviato un censimento degli archivi storici degli ospedali

esistenti in ogni provincia parte dei quali nel tempo, si sono trasformati in ospizi e poi in case di

riposo. Questo patrimonio, presente anche nella nostra provincia e che qui ha avuto in alcuni casi,

origine molto antica, si è potuto formare grazie allo spirito caritativo di molti cristiani, ma anche

alla filantropia di laici illuminati. Delle 61 RSA della provincia 21 sono entrate nel censimento e di

queste, 14 sono nate come ospedali o infermerie, caratteristica che in genere hanno mantenuto fino

intorno al 1960-70, 6 si trovano in Val Seriana e 7 nella bassa pianura ,le restanti in zone diverse,

ma nessuna è presente in Val Brembana o in Valle Imagna. L‟origine di queste strutture copre un

periodo storico antecedente il 1463 per la casa albergo di Albino, fino al 1939 per l‟ospedale Milesi

di Gromo. Le RSA di Vertova, Cologno e Gandino, sorgono tra il 1600 e il 1670, Calcio e Urgnano

hanno origine rispettivamente nel 1744 e nel 1795, il numero più consistente, 12, iniziano l‟ attività

76

78

80

82

84

86

MASCHI FEMMINE

79

85

Età media d' ingresso

MASCHI

FEMMINE

60

nel corso del 1800, mentre nel 1919 nasce Torre Boldone, nel 1928 Gorlago e, infine, Gromo nel

1939.

ALBINO

Casa Albergo per persone anziane e per invalidi al lavoro. Beneficio di San Bartolomeo

fino al 1463, Ospedale e Casa San Bartolomeo dal 1463 al 1670, “Spedale dei poveri

infermi” dal 1670 al 1840, Pia casa di ricovero dal 1840.

Infermeria G. Honegger G. Honegger fondò nel 1908 un ospedale per i dipendenti del

proprio cotonificio. Nel 1972 il cotonificio ha ceduto lo stabile alla Casa albergo che lo

ristrutturò per adibirlo ad infermeria per i propri ricoverati.

ALMENNO S. SALVATORE

Istituto Opera Pia Rota casa di riposo. Giovanni Carlo Rota con il suo testamento del

1876 lascia i suoi beni affinchè si costruisca un ospedale per la cura degli infermi poveri

qualunque fosse la loro malattia.

ARDESIO

Casa di riposo Filisetti Giacomo Filisetti nel 1822 con un suo testamento lasciò alla

Congregazione di carità di Ardesio una “montagna pascoliva e lignifera” per la costruzione

di un ospedale in Ardesio che iniziò il suo funzionamento nel 1844, con il compito di

“accogliere gli ammalati poveri del comune e i vecchi impotenti a qualsiasi lavoro.” Dal

1970 l‟ospedale si trasforma in casa di riposo.

BERGAMO

Pia casa dei poveri di Bergamo, ora Casa di riposo S. Maria Ausiliatrice, viene aperta

nel 1811 presso l‟ex convento delle Grazie. Scopo della Casa è di ricoverare e mantenere

gratuitamente o a pagamento poveri d‟ambo i sessi affetti da malattie schifose ed incurabili o

da mala conformazione di corpo od imbecillità di mente e che sono senza appoggio o non

possono essere assistiti nelle loro case”

61

Istituto S. Antonino delle Pie istituzioni Botta Nel 1837 viene aperto l‟Istituto Santa

Chiara, una delle opere caritativa sorte grazie alla sensibilità sociale del sacerdote don Carlo

Botta. L‟Istituto è dedicato al ricovero di fanciulle abbandonate e vecchie signore decadute.

BRIGNANO GERA D‟ADDA

Ospedale Aresi Casa di Riposo, istituito nel 1892 con i lasciti testamentari del sacerdote

don Pietro Aresi. Scopo dell‟istituzione è il ricovero di ammalati poveri del comune.

CALCIO

Casa di riposo don Carlo Zanoncello, già ospedale civile sorge grazie al lascito di don

Carlo Zanoncello nel 1744 e prima di allora Infermeria per malati acuti.

CASNIGO

Casa di Riposo, già Ospitale San Giuseppe. L‟istituzione viene fondata dall‟arciprete don

Giuseppe Malighetti verso la fine del 1893 e fu destinato all‟assistenza di persone sole ed

ammalate.

CIVIDATE AL PIANO

Ospedale civile don Ciriaco Vezzoli Casa di riposo dal 1902, Infermeria dal 1939, sorge ad

opera del parroco di Cividate Ciriaco Vezzoli. La Congregazione di carità del paese riunì i

lasciti e Petronilla Seghezzi ved. Casati provvide a continuare l‟opera di assistenza agli

ammalati.

COLOGNO AL SERIO

Ricovero Corsini dell’Infermeria Vaglietti. L‟edificio viene costruito nel 1840 con i

proventi del lascito della nobildonna Angela Vaglietti e in seguito il patrimonio venne

arricchito da altri lasciti tra cui quello importante di Carro Corsini.

FONTANELLA

Ospedale civile Casa di riposo aperto nel 1808, Infermeria per ammalati acuti dal 1939 al

1966. Destinato alla cura di ammalati acuti non contagiosi.

GANDINO

Ospedale civile e Casa di riposo. Ospedale civile dal 1640 al 1939, viene fondato nel 1640

con un lascito di Cecilia Caccia del Negro. Nel 1940 viene aperto un reparto sanatoriale per

soli uomini.

GORLAGO

Casa di riposo S. Giuseppe, l‟istituzione risale al 1928, fu fondata dal parroco don Pietro

Bonetti, è sempre stata una casa di riposo parrocchiale.

62

GROMO

Casa di riposo Milesi, Infermeria per ammalati acuti, poi Ospitale Milesi dal 1868.

L‟Ospitale ha origine nel 1868 con un lascito di Giovanni Milesi il quale destinò allo scopo

la propria abitazione. La sede attuale venne costruita nel 1935

GRUMELLO DEL MONTE

Casa di ricovero Madonna del Boldesico, Ospedale di Santa Maria al Boldesico.

L‟ospedale fu istituito nel 1811 nella casa del fondatore don Luigi Belotti donata per lo

scopo.

LEFFE

Casa serena di Leffe, Ospedale civile di Leffe dal 1844 al 1939, l‟infermeria per acuti dal

1939 al 1966. La sede dell‟ospedale fu donata dai fratelli Giuseppe e Gio Maria Pezzoli

d‟Albertoni. Dalla sua fondazione e fino alla classificazione in infermeria, gli infermi

venivano ammessi solo se forniti di un certificato di povertà rilasciato dal parroco o dagli

amministratori dell‟ospedale.

MARTINENGO

Ricovero Balicco, Ospedale civile Francesco Mazza dal 1735 al 1939, Infermeria per malati

acuti dal 1939 al 1966, Ospedale civile Francesco Mazza dal 1966 al 1975, poi casa di

riposo. Con il suo testamento del 24 dicembre 1735 il Zilioli “ lasciò erede di tutta la sua

sostanza il venerando Pio luogo affinchè venisse aperto uno spedale per il ricovero di

ammalati poveri”.

NEMBRO

Pia casa di ricovero. La Pia casa viene fondata nel 1804 dall‟arciprete don Giovanni

Zanoni, il quale donò la propria abitazione per ricoverarvi i poveri cronici del paese. Nel

1845 il ricovero fu trasferito nella sede attuale, ex convento degli agostiniani, sede donata

dal medico condotto Antonio Gilberti.

SPIRANO

Infermeria civile Casa di riposo. Ospitale e Casa di ricovero dal 1864 al 1948. Infermeria

per malati acuti dal 1948 al 1966, poi casa di riposo Don Giacomo Capitanio, parroco di

Spirano, nel 1831 con il suo testamento lasciò una casa di sua proprietà affinchè fosse

adibita a ricovero per tre o quattro donne del comune povere e incurabili.

URGNANO

Ricovero per inabili al lavoro Magri, Ospedale Magri per acuti dal 1797, Infermeria fino

al 1962, poi casa di riposo.

Bortolo Magri lascia “tutta la sua sostanza affinchè venisse eretto un ospedale pei poveri

infermi di Urgnano”. Nel 1806 anche don Pietro Ghisleri lascia i suoi beni per l‟ospedale e

nel 1810 fa la stessa cosa don Francesco Magri, cugino di Bortolo.

63

VERTOVA

Pia casa di ricovero. La Pia Casa ha origine nel 1808 a seguito del bando prefettizio sulla

mendicità. Lo statuto del 1883 stabilisce che hanno diritto al ricovero cronici e semi invalidi

preferibilmente in età avanzata.

5.3 - I SERVIZI per la domiciliarita’

Il SAD, servizio di assistenza domiciliare, è di competenza comunale, eroga a domicilio prestazioni

di assistenza generica a persone fragili o a famiglie in difficoltà. Scopo principale del servizio è

consentire alla persona assistita di restare al proprio domicilio in condizioni di sicurezza personale e

ambientale. La domanda va presentata dall‟interessato o da un familiare presso il comune di

residenza. E‟ un servizio a domanda individuale per il quale è previsto il pagamento stabilito in base

al reddito.

L‟ADI, assistenza domiciliare integrata, è di competenza dell‟ASL, garantisce interventi sanitari,

infermieristici e riabilitativi a domicilio al fine di favorire il recupero di condizioni di benessere.

Viene attivata su richiesta del medico curante solo dopo che il Cead, centro per l‟assistenza

domiciliare, presente in ogni Ambito Territoriale, ne ha verificato la congruità.

Tav. 50 - Provincia di Bergamo, anziani ≥ 65 anni assistiti da ADI e SAD anno 2010*

solo ADI ADI+SAD solo SAD totale %

65 – 69 355 40 149 544 7,6

70 – 74 498 87 276 861 12,15

75 – 79 719 129 430 1278 18,03

80 – 84 841 162 605 1608 22,68

≥ 85 1529 289 980 2798 39,47

totale 3942 707 2.440 7.089

*Fonte ASL, ns. elaborazioni

Tav. 51 - Provincia di Bergamo, anziani assistiti solo da ADI per patologia*

demenze diagnosi

indifferenziata

malattie

neurologiche

SLA tumori Totale

%

65 – 69 25 126 35 8 204 398 8,58

70 – 74 43 232 50 8 252 585 12,61

75 – 79 116 397 57 6 268 845 18,21

80 – 84 197 458 61 1 282 999 21,53

≥ 85 468 936 108 1 299 1.813 39,07

totale 849 2.149 311 24 1.305 4.640

*Fonte ASL, ns. elaborazioni

64

5.4 - IL LAVORO PRIVATO DI CURA: le assistenti familiari

Ai fini dell‟applicazione del contratto nazionale di lavoro, la figura della “badante” definita più

correttamente assistente familiare, rientra tra le categorie previste nel rapporto di lavoro domestico,

mansione svolta esclusivamente per le necessità della vita familiare del datore di lavoro. La

qualifica di assistente familiare è attribuita a coloro che assistono persone non autosufficienti o che

hanno bisogno di assistenza a causa delle loro condizioni di salute o dell‟età. Con la legge

finanziaria del 2005 è stato introdotto per la prima volta il termine badante con il quale viene

identificata una precisa categoria di lavoratore indicato come “addetto all‟assistenza personale nei

casi di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana”.

L‟assistente familiare non entra solo in una casa, il lavoro che le viene richiesto la porta a far parte

della rete delle relazioni familiari e sociali, entra nel flusso delle emozioni e degli affetti che

intercorrono tra le persone coinvolte nei legami e nell‟intimità che la cura ha creato. Con la persona

assistita, frequentemente ammalata in modo grave e con problemi cognitivi, si stabilisce una

relazione di particolare intensità, spesso connotata da sentimenti ambivalenti che, se non vengono

riconosciuti, possono essere fonte di malessere che va a sommarsi alle fatiche di un lavoro

complesso sul piano pratico, fisicamente e psicologicamente impegnativo.

0

50

100

150

200

250

300

350

400

450

500

65-69 anni 70-74 anni 75-79 anni 80-84 anni ≥100

2543

116

197

468

DEMENZE

65

Nel nostro paese e nella nostra provincia l‟assistenza al domicilio di anziani non autosufficienti è

sostenuta in buona parte dalle famiglie. Quando esse non sono più in grado di provvedere

all‟impegno con le proprie forze, si avvalgono dell‟aiuto di donne immigrate. Il ricorso al lavoro di

cura privato risulta molto più diffuso in quei paesi dove un modesto sviluppo dei servizi residenziali

e domiciliari pubblici si accompagna alla persistenza di un modello culturale che attribuisce alla

famiglia in particolare alle donne, il carico dell‟accudimento delle persone fragili della famiglia. La

consistente presenza di assistenti familiari accumuna infatti l‟Italia ad altri Stati che come il nostro

si affacciano sul bacino del Mediterraneo, Spagna, Portogallo, Grecia ed in più hanno in comune

con l‟Italia la stessa visione del ruolo della famiglia e della donna nei compiti di cura. Nei paesi del

Nord Europa e in Francia, la diffusione del lavoro di cura privato risulta piuttosto contenuta, ma

contemporaneamente sono presenti servizi domiciliari e forme di residenzialità comunitaria protetta

più numerosi e soprattutto diversificati. In Italia sono assistiti a domicilio il 3,9% degli anziani, in

Francia il 7,9 e in Danimarca il 20,4.

5.4.1 - Quante sono le assistenti familiari e chi sono.

Le assistenti familiari sono presenti nel nostro paese, in numero apprezzabile, a partire dagli anni

novanta. Nel corso degli anni il flusso di arrivi appare continuo anche se, a seconda dei periodi, si

manifesta con intensità diversa. E‟ difficile stabilire quante siano esattamente le assistenti familiari

in Italia, studi diversi arrivano a stimare presenti tra le 750 e le 840.000. Solo una parte, (33% circa)

è fornita di un regolare contratto di lavoro, il 40% è priva di permesso di soggiorno e il resto, pur

formalmente in regola, lavora o senza contratto o per un numero di ore inferiore a quello reale

(lavoro grigio). La irregolarità della presenza non è solo un problema amministrativo e legale, rende

l‟assistente familiare e la persona di cui si prende cura invisibili, esposti entrambi ai rischi di una

condizione di isolamento dal contesto sociale che li rende più vulnerabili, impoveriti di diritti, di

relazioni e di occasioni di crescita professionale. Negli ultimi 8 anni sono arrivate in Italia circa il

25 % delle assistenti attualmente presenti, sono persone con caratteristiche diverse da chi le ha

precedute per peculiarità culturali e socio anagrafiche e per l‟atteggiamento nei confronti del lavoro

che intendono svolgere.

In questo lasso di tempo si registra un aumento degli arrivi dai paesi dell‟Est, in particolar modo

dalla Romania da dove giunge il 39% dei nuovi ingressi e una diminuzione relativa, delle

sudamericane. Le donne che giungono in Italia sono più giovani aumenta infatti la quota con età

inferiore ai 30 anni che passa dal 10,9% al 33,3 %, resta stabile intorno al 28% la fascia d‟età tra i

66

30 e i 39 anni, diminuisce di circa 10 punti quella dai 40 ai 49 anni e passa dal 22,5% al 15,3% la

presenza delle ultra cinquantenni. Risultano mediamente meno istruite, con la caduta del

comunismo la frequenza della scuola superiore e dell‟università hanno oggi costi elevati, le

diplomate di scuola superiore passano dal 61% al 52%, ma sono più consapevoli dei propri limiti e

più interessate a intraprendere percorsi di qualificazione professionale. Il 60% è sposata, il 62% ha

figli, ma otto su dieci li ha lasciati nel paese d‟origine affidati quasi sempre a madri o a sorelle.

Chi arriva in questi anni è maggiormente orientata a stabilirsi nel nostro paese definitivamente, ma è

meno intenzionata a svolgere il lavoro di cura domiciliare per un lungo periodo o con le attuali

modalità; vuole cambiare tipo di lavoro oppure è interessata a lavorare “a ore” e soprattutto non più

in convivenza. L‟intenzione in questi casi è di preparare le condizioni per una vita di maggiore

integrazione, avere tempo sufficiente per riprendere, ricostituire o formare una vita familiare ed

eventualmente predisporsi al passaggio verso una attività diversa. Sono più le donne sud americane

interessate a svolgere con continuità il lavoro di cura, ma desiderano farlo non più in convivenza.

La preferenza per il lavoro a ore è legata oltre che alla possibilità di godere di maggiori margini di

libertà personale, anche all‟opportunità di realizzare più guadagni quando è ben organizzato e

comprende quote di lavoro nero o grigio. L‟area della regolarizzazione “grigia”, quando cioè il

numero di ore dichiarate nel contratto di lavoro risulta inferiore a quello effettivo, riguarda la

maggioranza delle assistenti, ma sono quelle con progetti migratori di breve o medio termine più

propense ad accettare l‟irregolarità , questa conviene alle famiglie che risparmiano e alle lavoratrici

che in cambio di un guadagno più alto rinunciano a tutele e garanzie previdenziali di cui peraltro

non è affatto certo il futuro godimento.

Spesso le nuove arrivate sapevano già che si sarebbero occupate di persone non autosufficienti, nel

69% dei casi avevano ricevuto specifiche informazioni da conoscenti che le avevano precedute. Il

formarsi di gruppi omogenei per paese di provenienza, molto frequente tra le donne dell‟Est, ha

sicuramente favorito la circolazione delle informazioni sulle possibilità di lavoro e sui diritti e ha

messo a disposizione delle nuove arrivate, in cambio di denaro, notizie e aiuti indispensabili anche

per trovare sistemazioni alloggiative autonome.

Secondo stime attendibili, formulate da fonti ufficiali quali Inps, Istat, Agenas, e da valutazioni

informali, in Italia sarebbero presenti mediamente 6 assistenti familiari ogni cento anziani con più

di 65 anni, con una distribuzione territoriale molto diversa tra il Nord, dove si arriva a superare il

10%, il Centro e il Sud dove la presenza scende al di sotto del 5%.

Se si utilizzano i medesimi criteri si può realisticamente ipotizzare che in provincia di Bergamo

lavorino complessivamente, con orari diversi, regolarizzate e non, con o senza contratto di lavoro,

non meno di 11.000 assistenti familiari, soprattutto donne e per oltre il 90% straniere. Ipotesi

confermata da un‟indagine realizzata nel 2006 dalla Caritas diocesana svolta con il coinvolgimento

delle parrocchie e nel 2008 anche da uno studio campionario dell‟IRS (Istituto Regionale di Ricerca

Sociale ) che si è svolto nelle provincie di Milano e Brescia. Negli ultimi anni, a causa della crisi

economica, si è osservato una costante crescita della presenza di donne italiane che, espulse dal

mondo produttivo hanno trovato in questo lavoro una nuova possibilità di impiego, si stima che

nella nostra Provincia il 10% delle assistenti familiari siano italiane .

5.4.2 - Il rapporto tra l’assistente familiare e la famiglia

I paesi di provenienza delle assistenti familiari sono molto diversi tra loro culturalmente ed

economicamente, oltre il 66% arriva dall‟ Est Europa, Ucraina, Romania, Polonia e Moldavia, il

resto proviene dall‟America latina rappresentata dalla Bolivia paese d‟origine del 27%. Ognuno di

67

questi contesti culturali porta con sé una propria visione dell‟anziano, dei doveri della famiglia nei

suoi confronti e del ruolo di assistente familiare, valori che rendono più o meno facile la scelta delle

famiglie. Con le donne dell‟Est la sintonia sembra più agevole, sono efficienti, organizzate,

autonome e di solito disponibili a lavorare molto, i loro modelli di riferimento per quanto riguarda il

rapporto con la persona anziana, la gestione dell‟assistenza e i lavori domestici sono molto vicini ai

nostri. Per le boliviane e le sud americane quasi sempre l‟adattamento alle nostre modalità di

governo della casa presenta, soprattutto per le nuove arrivate, qualche fatica e incertezza in più, ma

nel contempo, con l‟anziano da assistere sono aiutate da pazienza e tolleranza.

Generalmente per entrare in contatto con un‟ un‟assistente le famiglie ricorrono prima di tutto al

passaparola (55,4%), gli altri canali informativi sono, nell‟ordine, le associazioni di volontariato, le

parrocchie e le agenzie specializzate. Le famiglie non incontrano particolari difficoltà nell‟

affrontare le necessarie procedure di regolarizzazione, ma il 22% che segnala problemi li individua

per primo nell‟espletamento delle pratiche burocratiche, nella comprensione linguistica e 11% nella

preparazione professionale.

5.5 - I CENTRI DIURNI INTEGRATI (CDI)

La normativa regionale precisa la natura e le caratteristiche dell‟unità d‟offerta del CDI per anziani

come un servizio parte della rete dei servizi socio-sanitari per anziani con funzione intermedia tra

l‟assistenza domiciliare e quella residenziale. E‟ pensato per accogliere durante il giorno, anziani

che vivono al proprio domicilio e che presentano limitazioni dell‟autosufficienza, con necessità che

superano la capacità del solo intervento domiciliare, ma che non richiedono ancora il ricovero in

RSA.

L‟obiettivo principale del CDI è quello di evitare o ritardare il ricovero in strutture residenziali,

attraverso l‟offerta di prestazioni assistenziali, socializzanti, sanitarie, infermieristiche e riabilitative

e insieme a queste interventi di sostegno e sollievo ai familiari impegnati nella cura.

Tra le attività previste sono comprese:

animazione e la socializzazione: attività occupazionali e di attivazione finalizzate al

mantenimento e al recupero di capacità cognitive e relazionali;

riabilitazione: fisioterapia individuale e di gruppo, ginnastica;

assistenza alla persona, igiene e cura, assunzione dell‟alimentazione, supporto nelle attività

di vita quotidiana;

assistenza sanitaria: controlli sanitari periodici, prestazioni infermieristiche, educazione alla

salute supervisione delle attività riabilitative.

interventi di sostegno al contesto familiare o all‟assistente familiare: informazioni, sui

servizi e sui comportamenti più adatti, educazione alla salute, formazione per il corretto

utilizzo a domicilio dei presidi, ausili e procedure necessari a garantire sicurezza e adeguato

supporto all‟autonomia residua.

Il CDI è destinato a persone anziane con età superiore ai 65 anni affette da pluripatologie fra le

quali anche la demenza che però non comporti gravi disturbi comportamentali, che siano in grado di

raggiungere il servizio con un trasporto protetto, prive di un contesto familiare o con una famiglia

impossibilitata a garantire cure complesse o troppo onerose.

68

5.5.1 - CDI IN PROVINCIA DI BERGAMO

A dicembre del 2012 i CDI funzionanti in Provincia erano 29. Le informazioni e i dati di seguito

riportati, aggiornati al 2010, si riferiscono a tutti i 23 centri esistenti nel 2008, anno in cui è stata

avviata l‟indagine di cui si riportano alcuni esiti. Le informazioni relative agli ospiti riguardano le

presenze medie relative ad un periodo di sei mesi.

Tav. 52 - Provincia di Bergamo, CDI per anno di inizio dell’ attività*

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2007 2008 oltre totale

anno inizio 1 1 0 4 2 4 3 1 5 2 6 29

*Fonte Provincia di Bergamo

Il Progetto Obiettivo Anziani (POA) per il triennio 1995-1997, approvato dalla Giunta regionale nel

marzo del 1995, prevedeva l‟avvio sperimentale di CDI quale servizio intermedio di “cerniera” tra

l‟assistenza domiciliare e il ricovero in RSA. Nel 1996 con l‟assegnazione alle ASL e al comune di

Milano dei finanziamenti per l‟attuazione del POA, la Regione fissava i requisiti per

l‟autorizzazione al funzionamento. Le prime indicazioni regionali in materia, prevedevano che

questi servizi venissero collocati all‟interno di strutture residenziali per anziani, e questo per

evidenti ragioni di migliore e più razionale utilizzo di risorse già esistenti. La rete dei CDI nel

territorio bergamasco si costruisce progressivamente a partire dal 1998, il primo CDI della

provincia ad entrare in funzione nel 1998 è quello della RSA Santa Maria Ausiliatrice di Bergamo.

Successivamente, a partire dal 2001 la Regione stabilisce che la collocazione può avvenire anche al

di fuori di una RSA. Dei 23 CDI presi in esame, 16 si trovano all‟interno di una RSA e 7 in sedi

esterne.

Tav. 53 - Provincia di Bergamo, CDI per classificazione posti *

autorizzati accreditati posti liberi domande in lista d’attesa

n° posti 558 526 116 63

*Fonte Provincia di Bergamo

Il fabbisogno di posti nei CDI è stabilito dalla Regione nella misura di un posto ogni 100 anziani

con età superiore ai 75 anni

1 1

0

4

2

4

3

1

5

2

6

0

1

2

3

4

5

6

7

1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2007 2008 OLTRE

n° CDI

69

Tav. 54 - Provincia di Bergamo, CDI per tipologia posti * e domande in lista d’attesa*

CDI

numero

posti autorizzati

posti

accreditati

fabbisogno

posti

posti liberi

domande

il lista d’attesa

Bergamo 2 60 60 176,6 29 1

Dalmine 5 + 1 145+ 20 per

Alzheimer

110 98,0 1 18

Seriate 0 0 0 48,3 0 0

Grumello 2 40 40 30,0 7 0

Val Cavallina 2 28 28 33,3 10 15

Basso Sebino 1 30 0 24,3 0 0

Alto Sebino 1 20 20 31,0 3 0

Valle Seriana 4 93 98 91,0 17 10

Alta V.S. e

Scalve

2 42 37 42,2 22 4

Valle

Brembana

0 0 0 46 0 0

Valle Imagna 2 70 30 43,3 15 0

Isola Berg.sca 4 105 95 94,3 0 14

Treviglio 2 60 60 87,5 3 0

Romano L.do 1 10 0 56,6 0 0

Totale 29 723 578 902,4 107 62

*Fonte Provincia di Bergamo

2

6

0

2 2

1 1

4

2

0

2

4

2

1

0

1

2

3

4

5

6

7

n° CDI

70

Il confronto fra le variabili, fabbisogno, posti esistenti da un lato, presenza di posti liberi e domande

in lista d‟attesa dall‟altro, richiama l‟attenzione su alcune situazioni particolari: l‟Ambito di

Bergamo dove a fronte di una disponibilità di posti inferiore di quasi due terzi rispetto al fabbisogno

si rilevano 29 posti liberi tutti concentrati nel CDI di Gorle. Nell‟Ambito di Dalmine con un numero

di posti leggermente superiore al fabbisogno risultano 18 domande in lista d‟attesa, tutte presso il

CDI di Ciserano. In Val Cavallina a fronte di una copertura del fabbisogno dell‟84,8% risultano 10

posti liberi, tutti nel CDI di Endine e 15 domande in lista d‟attesa tutte a Trescore. In Valle Seriana

con una dotazione di posti appena superiore al fabbisogno esistono 17 posti liberi di cui 12 ad

Albino, 4 a Ranica, 1 a Villa di Serio dove però ci sono anche10 domande il lista d‟attesa. Nell‟Alta

Valle Seriana, fabbisogno e posti disponibili sono quasi in pari , i posti liberi rilevati sono 22 , dieci

a Clusone e 12 a Schilpario. In Valle Imagna dove il fabbisogno appare ampiamente compensato

dai posti disponibili esistono 15 posti liberi tutti ad Almenno San Salvatore. Nell‟Isola, fabbisogno

e disponibilità coincidono , non ci sono posti liberi, ma 14 domande in lista d‟attesa di cui 8 a Ponte

San Pietro e 6 a Capriate. Da sottolineare l‟assenza di CDI nell‟Ambito di Seriate e in quello della

Valle Brembana dove peraltro l‟indice di vecchiaia è tra i più alti della provincia.

Tav. 55 - Provincia di Bergamo, CDI per dimensioni capienza

posti da 8 a 10 da 11 a 20 da 21 a 30 da 31 a 40 Totale

n° CDI 3 5 13 2 23

*fonte Provincia di Bergamo

Tav. 56 - Provincia di Bergamo, CDI per caratteristiche spazi esterni*

n° CDI

SI dispone di spazi come

18

- giardino coltivato 4

- orto coltivato 3

- spazio attrezzato per attività motorie 1

- spazio verde per attività varie 10

- altri spazi: terrazzo, cortile, grandi vasche per coltivazioni.. 4

NO 6

*Fonte Provincia di Bergamo

0

20

40

60

80

100

120

140

160

180

200

Posti accreditati

Fabbisogno

Posti liberi

Domande in lista d' attesa

71

Tutti gli studi concordano nel sostenere che soggiornare all‟aperto , meglio se per svolgere attività

fisica anche moderata, migliora la qualità della vita ad ogni età ed in modo particolare nell‟età

avanzata. È dimostrato che stare all‟aperto in mezzo al verde anche per brevi periodi ha un effetto

benefico sull‟umore, sul il funzionamento cognitivo e quello sensoriale. L‟attività fisica, come il

semplice camminare, è in grado di incidere sul benessere complessivo poichè esiste una relazione

diretta tra motricità, benessere psicologico, coordinamento e orientamento spazio temporale.

Quasi tutti gli anziani dei nostri giorni vengono da una storia di contadini , di attività agricole svolte

nel tempo libero dal lavoro della fabbrica a volte per svago, ma spesso per far fronte a necessità

familiari. Ritrovare anche solo temporaneamente l‟opportunità di riprendere il contatto fisico con la

terra, con i suoi ritmi e i suoi cambiamenti, può diventare un‟esperienza carica di senso,

rasserenante, stimolante, terapeutica e nello stesso tempo di aiuto per riprendere il filo propria

memoria e della propria identità. Nella gran parte dei centri gli ospiti soggiornano all‟aperto, in

spazi opportunamente protetti e ombreggiati solo durante i mesi estivi. In alcune realtà, sempre

durante l‟estate si consumano all‟aperto il pasto di mezzogiorno o la merenda pomeridiana.

Tav. 57 - Provincia di Bergamo, CDI per locali dedicati esclusivamente ad usi particolari*

n° CDI

SI dispone di locali dedicati 20

per:

- colloqui 11

- accoglienza dei familiari 12

- laboratori animativi 13

- lavori / riunioni di piccoli gruppi 13

- cure estetiche 6

- altri locali: sale riposo, stanza multisensoriale.. 5

NO 3

*Fonte: Provincia di Bergamo

La presenza di spazi e locali destinati all‟accoglienza dei familiari, ai colloqui personali con gli

ospiti, segnalano l‟attenzione verso bisogni legati alla sfera emotiva, a sentimenti che solo

nell‟intimità di spazi riservati possono essere coltivati ed esprimersi liberamente.

Alcuni centri, orientati a stabilire legami con il territorio, a mantenersi in collegamento con la vita

della comunità in cui sono inseriti e a connotarsi come risorsa, ospitano nei propri locali servizi a

disposizione di utenti esterni come patronati sindacali, gruppi di auto mutuo aiuto, corsi di

formazione delle università per anziani, corsi di ginnastica dolce, Alzheimer cafè, associazioni di

volontariato, ambulatori medici , presidi ASL, UVA, ecc.

Tav. 58 - Provincia di Bergamo, CDI per periodo di funzionamento*

n° CDI orario giornaliero

da lunedi a venerdi 18 tra le 7 e le 20

anche il sabato 1 tra le 7 e le 14

anche il sabato 3 tra le 8 e le 20

anche la domenica 1 tra le 9 e le 17,30

totale 23

*Fonte: Provincia di Bergamo

72

Mediamente i CDI funzionano tra le 9 e le 10 ore al giorno con una flessibilità di due ore negli orari

di inizio e fine attività.

L‟orario di funzionamento adottato dalla maggioranza dei centri sembra essere pensato proprio per

anziani che possono ancora contare sull‟aiuto di familiari o sulla presenza di un‟assistente familiare,

per il pasto serale, la preparazione al riposo notturno oppure che godono ancora di un discreto

margine di autonomia per fare da soli.

Tav. 59 - Provincia di Bergamo, CDI per numero ospiti presenti in media al giorno*

fino a 10 da 11 a 20 da 21 a 30 da 31 e oltre Totale

numero CDI 5 8 9 1 23

*Fonte Provincia di Bergamo

Tav. 60 - Provincia di Bergamo, CDI per importo retta residenti e non residenti*

residenti non residenti

da 11 a 20 € da 21 a 30 € da 31 a 40 € da 11 a 20 € da 21 a 30 € da 31 a 40 €

n° CDI retta

minima

7 15 1 7 14 2

n° CDI retta

massima

3 19 1 1 20 2

*Fonte Provincia di Bergamo

81 persone ospiti ricevono dal comune di residenza un contributo economico per il pagamento della

retta.

In 6 centri le rette minima e massima, per residenti e non residenti risultano dello stesso importo.

Tav. 61 - Provincia di Bergamo, CDI per numero ospiti e modalità di frequenza *

n° ospiti a tempo pieno n° ospiti tempo parziale Totale

5 giorni 218 18 236

4 19 1 19

3 140 1 141

2 55 1 53

1 giorno 7 7

da lunedì a sabato 59 0 59

da lunedi a domenica 28 1 28

totale 526 22 548

*FonteProvincia di Bergamo

Degli utenti presenti il 39,7% frequenta il centro a tempo pieno per 5 giorni la settimana, il 10,7%

lo frequenta anche il sabato e il 5,1% anche la domenica, in questo ultimo caso gli utenti sono tutti

quelli del CDI dedicato a malati di Alzheimer di Treviolo.

La frequenza del CDI può essere modulata a seconda delle scelte o delle necessità della persona e

dei familiari. Alcuni CDI propongono un tempo minimo di presenza, in modo da poter dare un

senso più completo all‟esperienza, riservare uno spazio sufficiente per conoscere l‟ospite , creare le

condizioni per un suo inserimento più agevole e soddisfacente favorito dalla crescita di relazioni

significative con gli altri ospiti e gli operatori.

Da notare che a volte i tempi di frequenza sono condizionati dall‟importo della retta o da come i

familiari riescono ad organizzarsi per l‟assistenza.

73

5.5.2 - I servizi offerti

La normativa regionale stabilisce dettagliatamente quali debbano essere le prestazioni sanitarie,

assistenziali, riabilitative, socializzanti e alberghiere che ogni CDI è tenuto a garantire ai propri

ospiti e ai familiari attraverso l‟intervento di operatori in possesso di specifiche qualifiche

professionali. La molteplicità e variabilità dei bisogni degli anziani ospitati, hanno nel tempo

sollecitato l‟introduzione di servizi e attività aggiuntivi di natura diversa, ad integrazione di quanto

garantito dagli standard regionali. I centri che offrono prestazioni aggiuntive sono 14, la maggior

parte di questi mette a disposizione più proposte che vanno dalle consulenze di specialisti, urologo,

ginecologo, psichiatra, chirurgo, fisiatra, psicologo, assistente sociale ecc., alle cure estetiche come

parrucchiere ed estetista, alle vacanze assistite, ai gruppi di auto mutuo aiuto, all‟Alzheimer Cafè,

fino al servizio religioso e la terapia con animali. Sembra particolarmente interessante l‟offerta da

parte di un centro, di ospitalità notturna temporanea. Per la partecipazione ai gruppi di auto mutuo

aiuto, all‟Alzheimer Cafè e al servizio religioso e a volte anche per i servizi di estetista e

parrucchiere se forniti da volontari, non viene richiesto alcun pagamento, negli altri casi vigono

applicate tariffe concordate con il singolo professionista.

In 7 centri una parte degli interventi è messa a disposizione a pagamento, anche a persone esterne,

si tratta di corsi di educazione alla salute, di preparazione al ruolo di care giver, di ginnastica dolce

e di cicli di fisioterapia. In alcuni centri sono disponibili anche per esterni, ma sempre a pagamento:

bagno assistito, accesso alla mensa per il pranzo e la merenda e servizi infermieristici quali prelievi,

controllo pressione arteriosa, medicazioni, ECG.

Tav. 62 - Provincia di Bergamo, ospiti dei CDI per età e sesso*

≤ 59 60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85-89 ≥ 90 totale %

maschi 22 14 18 22 31 45 18 5 175 34,2

femmine 9 11 10 34 76 126 47 23 336 65,8

totale 31 25 28 56 107 171 65 28 511 100

% 6,0 4,8 5,4 10,9 20,9 33,4 12,7 5,4 100

*Fonte Provincia di Bergamo

Tav. 63 - Provincia di Bergamo, CDI ospiti per stato civile e modalità di convivenza*

soli con assistente f. con coniuge con un figlio/a

maschi 27 9 119 35 190

femmine 89 39 66 168 362

totale 116 48 185 203 552

*Fonte Provincia di Bergamo

0

20

40

60

80

100

120

140

≤ 59 60-64 65-69 70-74 75-79 80-84 85-89 ≥ 90

2214 18 22

3145

1859 11 10

34

76

126

47

23

MASCHI

FEMMMINE

74

Gli uomini che frequentano il CDI sono il 34,2% , nella maggior parte vivono con il coniuge e

hanno un‟età compresa tra gli 80 e gli 84 anni.

Le donne sono il 65,8%, in maggioranza vivono con un figlio o una figlia e hanno mediamente

un‟età superiore a quella degli uomini.

Tra gli ospiti dei CDI ,280 il 50,2% è affetto da forme di demenza certificate e tra queste, 155 pari

al 28% sono i casi di Alzheimer.

Dai dati emerge l‟immagine dell‟ ospite medio di un CDI: una donna che vive con un figlio o una

figlia, di età compresa tra gli 80 e gli 89 anni, frequentemente con disturbi cognitivi e che frequenta

a tempo pieno per cinque giorni alla settimana.

5.5.3 - Inserimento di un nuovo ospite

Le persone in età avanzata in genere presentano una diminuzione delle capacità di adattamento a

situazioni nuove o stressanti, non sono in grado cioè di mobilitare con una certa rapidità, le risorse

psicologiche necessarie ad elaborare strategie efficaci utili per appropriarsi della nuova realtà. Le

intense emozioni di spaesamento di paura fino alla sofferenza, che si manifestano, possono rendere

ancora più problematica la ricerca di un nuovo equilibrio con il contesto sconosciuto. Quando poi la

tarda età si accompagna alla non autosufficienza e al decadimento cognitivo ogni modifica

dell‟ambiente, dei ritmi e delle abitudini come dei rapporti personali, può diventare origine di una

tale sofferenza da essere causa di ulteriori peggioramenti sia delle condizioni psicologiche che

fisiche.

Preparare e condurre con cura l‟ambientamento di un nuovo ospite al CDI, può sicuramente essere

determinante per il suo equilibrio emotivo, la qualità della sua permanenza e per la serenità dei

familiari.

In 17 centri sono state pensate procedure per favorire l‟ inserimento positivo di un nuovo ospite,

mentre in 6 non sono previste. I tempi stabiliti per questo percorso, vanno da un giorno a una

settimana, ma in 4 centri non è fissato un termine preciso e ci si regola secondo le necessità

individuali. La presenza di una persona di famiglia o dell‟assistente familiare è richiesta in 15 centri

, tra questi 6 la prevedono solo per il primo giorno, 4 la richiedono per tutto il periodo previsto e

invece 5 accettano che siano presenti quando possono.

5.5.4 - Partecipazione dei familiari alla gestione

Sono previsti incontri collettivi con i familiari in 17 centri. I familiari sono convocati una volta

l‟anno in 14 centri e due volte in 3. In nessuno dei centri sono attivi comitati di familiari o altre

forme strutturate di partecipazione. In un centro si intende avviare a breve un percorso specifico di

sensibilizzazione destinato ai familiari, per arrivare alla costituzione di un comitato familiari e

ospiti. In tutti i casi la partecipazione alle riunioni è scarsa, i familiari prediligono il rapporto

individuale con i singoli operatori o i vari responsabili. L‟interesse preminente si concentra in

genere sulla situazione individuale piuttosto che sulle questioni di carattere collettivo o strutturali. I

temi che generalmente vengono discussi dai pochi presenti agli incontri riguardano soprattutto

aspetti amministrativi, le rette, gli adempimenti burocratici e in un caso l‟organizzazione di attività

di tempo libero.

75

Tav. 64 - Provincia di Bergamo, CDI per presenza e tipo attività del volontariato

n° CDI

SI è prevista la presenza regolare di volontari

per:

- supporto all‟assistenza

- accompagnamento nelle uscite

- visite di cortesia e conversazione

- conduzione di laboratori

- collaborazione per attività di animazione

NO

22

7

18

17

12

18

1

*Fonte: Provincia di Bergamo

La legge quadro sul volontariato, n°266/91 determina l‟attività svolta da volontari come “quella

prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l‟organizzazione di cui il volontario fa

parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà.” Gli elementi

della gratuità , della solidarietà e della condivisione sono costitutivi dell‟agire volontario. Le grandi

potenzialità presenti soprattutto nelle azioni semplici e concrete di persone e gruppi possono

contribuire ad incrementare le risorse presenti in un servizio come il CDI e indirizzarle là dove la

vita delle persone appare indebolita dalla non autosufficienza, dalla malattia, dal dolore. E‟ in questi

casi che il bisogno, a volte difficile da comunicare, di ricevere attenzione e sostegno per se stessi,

diventa una necessità vitale. Il contributo del volontariato, per mantenere questa sua specificità di

risorsa destinata ai più fragili e che per sua natura sa arricchire di senso il fare e le relazioni, non

può essere schiacciato e snaturato da supplenze che non gli spettano.

L‟impegno dei gruppi e dei volontari che operano singolarmente, è una ricchezza che va sostenuta,

nutrita e migliorata nelle competenze, per questo si riafferma la necessità di offrire loro occasioni

formative ricorrenti per essere aiutati nel compito di accogliere il dolore e il peso della sofferenza.

Per poter comunque stare bene con se stessi, apprendere a lavorare con gli altri per il gusto di

costruire insieme, realizzare una crescita comune e insieme imparare a tradurre i valori in attività

concrete.

Nell‟arco di una settimana, nei 22 CDI dove sono presenti, si alternano circa 200 volontari per lo

più donne e con un‟età che va dai 60 agli 80 anni. In maggioranza i volontari fanno parte di ad

un‟associazione, il 40% è presente a titolo personale. Dedicano mediamente dalle 5 alle 10 ore

settimanali, le donne si concentrano nelle attività di tipo assistenziale e nel supporto all‟animazione

mentre gli uomini si impegnano volentieri anche in piccoli lavori di manutenzione. In 16 strutture

su 22 la presenza dei volontari è coordinata da un operatore interno, in 10 casi si tratta di un

educatore o animatore, nelle altre realtà il ruolo di coordinamento è assunto da figure professionali

sanitarie.

76

Capitolo 6

UNO SGUARDO OLTRE I NOSTRI CONFINI: interventi per la domiciliarità e per l’

assistenza agli anziani non autosufficienti in alcuni paesi europei.*

In Germania, con la riforma degli anni „90, l‟assistenza continuativa ai non autosufficienti si

allinea ai criteri di funzionamento del welfare tedesco. Si passa dal modello ancora presente in molti

paesi occidentali , in cui le spese per l‟assistenza ai non autosufficienti sono a carico dell‟utente o

del comune di residenza nei casi di indigenza, ad una modalità in cui viene riconosciuto a tutti, il

diritto all‟assistenza finanziato attraverso una assicurazione sociale obbligatoria a carico di tutti i

potenziali utenti. L‟assistenza viene gestita dall‟assicurazione a cui il lavoratore è iscritto.

L‟assicurazione è sovvenzionata mediante un prelievo stabilito per legge intorno all‟1,7% del

reddito imponibile, ripartito tra lavoratori e datori di lavoro. I beneficiari sono persone residenti di

qualsiasi età, con problemi di autonomia tali da impedire loro lo svolgimento di azioni quotidiane

ricorrenti come: igiene personale, alimentazione, mobilità e cura dell‟ambiente domestico

Gli interventi erogati sono modulati in base a tre livelli di necessità:

1) il bisogno si manifesta una volta al giorno per almeno due delle azioni quotidiane previste.

2) il bisogno si presenta almeno tre volte al giorno sempre in relazione ad almeno due delle di

azioni quotidiane individuate.

3) il bisogno si manifesta in qualsiasi momento e per tutte le categorie.

Tutti gli iscritti possono accedere alle prestazioni assistenziali, senza nessuna compartecipazione ai

costi, ogni volta se ne verifichi la necessità e qualora questa si prolunghi per più di sei mesi.

Il sistema assicurativo tedesco prevede sia contributi economici che interventi professionali a

seconda dei servizi richiesti. Nel caso venisse scelta l‟assistenza in una struttura residenziale,

l‟assicurazione di cura provvederà al pagamento dei costi dell‟assistenza generica e dell‟assistenza

sanitaria mentre resteranno a carico dell‟assistito i soli costi alberghieri. Se invece viene richiesta

l‟assistenza domiciliare si può scegliere o un trasferimento in denaro o prestazioni professionali o

un mix tra le due forme, in modo da garantire al richiedente l‟intervento a lui più adatto. Gli importi

dei trasferimenti in denaro sono determinati sulla base dei livelli di bisogno che vengono accertati e

verificati da un medico o da un infermiere del servizio pubblico. I fornitori di prestazioni

professionali sono quasi tutti privati e sono ammessi ad operare solo se hanno sottoscritto un

contratto con un ente assicurativo che ha il compito di fissare il tipo di intervento, le modalità di

attuazione e le relative tariffe.

Anche il lavoro di cura informale prestato da familiari, amici o parenti, è sostenuto dal sistema

assicurativo. Per questa categoria di soggetti è previsto il riconoscimento ai fini pensionistici dei

tempi dedicati all‟assistenza se di durata superiore alle 14 settimane, corsi di formazione gratuiti,

periodi di sollievo fino a 4 settimane nel corso dell‟anno, in questo caso l‟assistito può essere

ricoverato in una struttura residenziale.

A partire dagli anni „90 i servizi residenziali tedeschi per anziani con buoni margini di autonomia o

gravemente non autosufficienti, sono affiancati da un considerevole numero di appartamenti adattati

alle diverse necessità e che costituiscono concretamente un efficace strumento per evitare

l‟istituzionalizzazione precoce o impropria.

77

La Francia, a partire dagli anni „70 ha avviato un graduale e lento processo di superamento della

istituzionalizzazione degli anziani. L‟assistenza di lunga durata degli anziani non autosufficienti è

finanziata dallo 0,1% dei contributi sociali versati alle casse pensioni e per una parte residuale dai

diversi regimi obbligatori dell‟assicurazione di vecchiaia. Le risorse provenienti da queste fonti

confluiscono in un fondo appositamente costituito. Da questo fondo provengono le risorse

economiche per finanziare l‟assistenza degli anziani che vivono al proprio domicilio o presso una

residenza protetta. Nel caso dell‟assistenza domiciliare il beneficiario può assumere direttamente la

persona o le persone che lo assisteranno oppure rivolgersi ad agenzie o associazioni accreditate

dallo stato. Nel 1980 è stato avviato il servizio di cure infermieristiche a domicilio che è

organizzato in piccole unità operative con un‟infermiera coordinatrice e degli “aiutanti di cura” a

cui è affidato il nursing domiciliare anche notturno. l‟attivazione di questo servizio ha portato alla

creazione di 232.000 nuovi posti di lavoro per infermieri e aiutanti di cura.

L‟assistenza domiciliare generica in Francia risale agli anni „50. A seconda del bisogno , offre due

possibilità l‟ ”aide menagèré” (aiuto domestico) , la “garde a domicile” (assistenza domiciliare) e le

“soins a domicile” (cure domiciliari), tutti i servizi hanno lo scopo di favorire il mantenimento delle

persone anziane a domicilio ed eventualmente sostenerne il rientro a seguito di ricoveri per malattia

o riabilitazione.

L‟aide menagèré provvede principalmente a prestazioni di aiuto domestico e di assistenza generica

alla persona mediamente per circa 21 ore mensili, il servizio di garde a domicile, risponde a

situazioni di imprevista urgenza temporanea, non può essere protratto oltre i 6 mesi e può offrire la

presenza di un operatore qualificato anche per 24 ore al giorno, mentre le soins a domicile provvede

alle cure infermieristiche. La tendenza è quella di intensificare e differenziare l‟assistenza

domiciliare per ridurre il rischio di un ricovero permanente in una struttura.

Le forme di residenzialità si articolano seguendo e il criterio di assistere adeguatamente le persone

non autosufficienti e di rispettare la scelta dell‟anziano di continuare a vivere nel proprio ambiente

di vita per quanto possibile e nelle migliori condizioni di sicurezza possibili.

Sono:

Les maisons de retraite, assimilabili alle RSA, dove nelle sezioni di cure mediche ospitano

prevalentemente anziani non autosufficienti; sono circa 5.700 con 700.000 ricoverati.

Piccole “unità di vita” con non più di 20 posti, ispirate al modello di vita familiare, sono

integrate nei quartieri, e collegate ai servizi domiciliari e di cura sanitaria, ospitano anziani

con diversi gradi di non autosufficienza.

Comunità “cantou” (angolo del focolare) per un massimo di 12 persone a gestione familiare

per anziani dipendenti disorientati.

Case albergo, “longement foyers” comprendono alloggi autonomi e servizi collettivi per

anziani relativamente autonomi e sezioni di cure mediche per anziani con patologie

stabilizzate.

“Services de soins de longue durèe” (lungodegenze) si tratta di servizi medicalizzati,

accolgono circa 77.000 persone totalmente non autosufficienti, sono collegati agli ospedali e

hanno standard assistenziali che prevedono un rapporto di un operatore ogni due ospiti.

Case appartamento, sono circa 2.800 con 153.00 posti, sono abitazioni autonome date in

affitto, corredate da servizi che l‟ospite può o meno scegliere come la mensa comune, le

pulizie, il cambio di biancheria. Vengono pagati a parte con il contributo della cassa

“indennità familiare”. Sono assegnate ad anziani relativamente autosufficienti.

78

La Danimarca , dal primo gennaio 1988 per scelta politica ha stabilito di non costruire più RSA e

case protette, di ristrutturare quelle esistenti, e di sostituirle gradualmente con residenze chiamate

case per anziani e nursing home, strutture adattate anche ai bisogni di grandi anziani con problemi

di non autosufficienza. Da allora sono stati incrementati notevolmente i servizi domiciliari sanitari e

socio assistenziali e i centri diurni.

6.1 - I servizi socio assistenziali e sanitari

I servizi socio assistenziali e sanitari sono gestiti direttamente dai comuni i quali stabiliscono gli

standard di qualità ed efficienza che vengono controllati da un valutatore esterno. Le politiche

assistenziali a favore degli anziani sono orientate, in ogni comune, dal Consiglio degli anziani alla

cui elezione partecipano le persone con età superiore ai 60 anni, è un organismo che affianca la

giunta e il Consiglio Comunale nelle decisioni che riguardano la vita degli anziani. I comuni

provvedono direttamente al pagamento delle spese per i ricoveri e sempre tramite un valutatore

esterno controllano la qualità e la durata delle prestazioni. Nel caso queste siano al di sotto degli

standard concordati possono ridurre o escludere il pagamento.

Le abitazioni per anziani, sono formate da alloggi singoli o gruppi di alloggi, generalmente

ubicate nel quartiere dove l‟anziano ha vissuto, circondate da ampi spazi verdi e con terrazze

arredate per le attività all‟aperto. Tutti gli alloggi sono dotati di bagno, di telesoccorso collegato ad

una centrale operativa in grado di attivare i soccorsi, sono attrezzati di tecnologie domotiche, privi

di barriere architettoniche, di dimensione tra i 45 e i 60 mq., arredati con mobili di proprietà

dell‟ospite e corredati di servizi comuni come mensa a buffet, lavanderia, sale hobby e

riabilitazione. Gli ospiti pagano un affitto stabilito dal comune il cui importo è calcolato in

proporzione al reddito e, a parte, l‟eventuale uso dei servizi offerti.

Le nursing home (case di cura), gestiscono anche l‟assistenza domiciliare, sono strutture simili alle

abitazioni per anziani per dimensioni, organizzazione degli spazi, collocazione e attrezzatura

domotica. Ogni ospite occupa un alloggio indipendente con angolo cottura e bagno, fornito degli

ausili necessari allo spostamento e letto ortopedico. Il resto dell‟arredamento e le suppellettili sono

di proprietà personale. La nursing home è fornita di mensa comune, lavanderia, laboratori, palestre

per la riabilitazione, servizi che, a partire dagli anni ‟80, sono a disposizione anche per i non

residenti. L‟ospite decide chi far entrare nel proprio alloggio, il livello e il ritmo delle pulizie, se e

quando uscire all‟esterno, se provvedere personalmente alla preparazione dei pasti anche per

eventuali ospiti, se utilizzare la mensa aperta tutto il giorno o consumare il pasto nel proprio

appartamento, se ospitare un familiare o acquistare altri servizi disponibili che sono sempre a prezzi

molto bassi. La retta, come per le case per anziani è stabilita dal comune e calcolata in base al

reddito.

I centri diurni comunali sono aperti alla popolazione in genere, sono gestiti da anziani volontari,

ospitano, attività di doposcuola, iniziative per la conservazione della cultura locale e dei mestieri

tradizionali, per la creatività, per il mantenimento delle capacità di anziani e disabili, per

l‟apprendimento dell‟uso di internet e per iniziative di divertimento. Sono dotati di bar e sala da

pranzo a buffet. L‟organizzazione e il coordinamento sono affidati a ergoterapisti e ad educatori.

79

Capitolo 7

COME VIVONO GLI ANZIANI nella società che cambia.

Viviamo in una società che ha fatto del cambiamento sempre più rapido il suo valore chiave e nella

quale funzionano e sono premiati gli individui dotati dell‟energia e delle competenze necessarie per

mantenersi all‟interno di questo gioco. La velocità e il cambiamento non sopportano vincoli, tutto

deve essere reso fluido, scorrevole, liquido. L‟esistenza diventa una sequenza di nuovi inizi, ciò che

vale è il presente. In questa società caratterizzata da un‟apparente maggiore libertà, che sembra

promettere ad ogni individuo una gamma più ampia di scelte, sono l‟incertezza e la preoccupazione

i sentimenti con cui prima di tutti gli anziani devono fare i conti. In questi processi di

trasformazione sempre più rapidi e regolati dai ritmi imposti dalla competizione individuale con i

più forti, il mondo degli anziani sembra essere sempre di più esposto al rischio di esclusione. Sono

i vecchi più deboli, privi di una rete sociale e relazionale significativa, senza strumenti culturali per

capire, informarsi e tenere sotto controllo i cambiamenti, che sempre più soli si confrontano con le

proprie fragilità e mancanze, a reagire con strategie di chiusura difensiva, cogliendo del

cambiamento sociale gli elementi di minaccia, piuttosto che le opportunità. L‟uso di tecnologie

informatiche e di internet come strumenti per conoscere e mantenersi all‟interno del mondo che

cambia è ancora una modalità poco utilizzata per la grande maggioranza di chi oggi è anziano e con

una bassa scolarizzazione, ma non sarà così per le prossime generazioni.

La psicologia definisce la paura come un malessere, un‟emozione primaria di difesa, una reazione

fisiologica protettiva, provocata da una situazione percepita come pericolosa, un evento che può

essere reale, imminente, anticipato dalla previsione, evocato dal ricordo o prodotto dalla fantasia.

La funzione della paura è perciò adattativa, permette di attivare energie e nuove risorse che

combinandosi consentono di creare le condizioni per superare un ostacolo, una situazione

imprevista, una difficoltà. Provare paura, questo tipo di paura, significa poter disporre di

potenzialità da mettere in gioco per affrontare la realtà, essere attivi, fiduciosi, ma anche attenti e

vigili e in definitiva capaci di cercare spazi per crescere. Quando però la paura non ha un oggetto e

viene vissuta senza possibilità di confronto e consolazione, acquista dimensioni e intensità

insopportabili, talmente sproporzionate che invece di proteggere paralizza, rende succubi, o, al

contrario, aggressivi e violenti.

80

Tav. 65 - Lombardia, anziani per età e utilizzo rete internet valori percentuali*

60-70 anni ≥ 70

non dispone di un p.c. 71 84,8

dispone della rete, ma non la usa 16,8 51

la usa poco 11,2 19,6

la usa spesso 8,5 6,2

*Fonte: Censis

Sono soprattutto i giovani adulti maschi e femmine tra i 25 e i 44 anni a conoscere e ad usare

internet, il 67% lo usa quotidianamente o più volte la settimana. Nella fascia d‟età tra i 45 e i 59

anni, internet è frequentato mediamente dal 44% , la presenza delle donne è inferiore di quasi 10

punti rispetto a quella dei coetanei maschi e se sono casalinghe si riduce al solo 10%.

Siamo portati a considerare gli anziani e le nuove tecnologie come mondi lontani tra loro, ma

internet non può essere considerato un campo riservato ai più giovani. Per vivere bene la propria

esistenza occorre dare senso al tempo sia nella giovinezza che nella vecchiaia e internet può

diventare, insieme ad altre occasioni di socializzazione, uno strumento utile per rimanere all‟interno

dei cambiamenti anche se questo percorso può essere complicato e difficile.

Offrire agli anziani occasioni per avvicinarsi al mondo dei nuovi media, imparare ad usare i loro

linguaggi e le loro potenzialità, può tradursi in opportunità di partecipazione e conoscenza fino a

ieri impensabili e inaspettate, ma può anche diventare un modo per colmare le distanze con le

generazioni più giovani, per entrare nel loro mondo superando gli schemi tradizionali di

trasmissione del sapere.

Tav. 66 - Provincia di Bergamo, anziani per zona e modalità utilizzo internet, valori percentuali *

pianura

montagna collina Bergamo città totale

usa spesso internet 12,0 10,0 14,0 21,0 12,0

usa mail e altri sistemi di

comunicazione via internet

7,2 5,7 7,4 12,6 6,8

*Fonte Censis

Tav 67 - Provincia di Bergamo, anziani per preoccupazioni più diffuse, confronto 2002 – 2010, valori percentuali*

2002 2010 variazione

dipendere dai figli 3 17,2 + 14,2

la morte 19,8 34,8 + 15

la perdita del coniuge 43,4 56,1 +12,7

essere vittima di reati 16 18,8 + 2,8

la situazione economica personale 16,7 19,6 +2,9

la solitudine 26 20,9 -5,1

una malattia invalidante 59 41,3 -17,7

nessuna preoccupazione 38,5 55,5 +17

*Fonte Censis

Le preoccupazioni più diffuse, viste nella loro evoluzione temporale, sembrano concentrarsi

principalmente su due temi: da un lato la solitudine segnalata dal timore di perdere il coniuge e,

dall‟altro, dall‟apprensione per la non autosufficienza indicata dal timore di una malattia invalidante

e dalla eventualità di dipendere dai figli. Il sostegno familiare si conferma per gli anziani la risorsa

principale su cui contare in caso di necessità.

81

Tav. 68- Provincia di Bergamo, anziani per condizioni di vita, valori percentuali *

femmine maschi

vivono soli 45,2 16,5

non hanno amici di altre generazioni 30,7 16,4

si occupano del proprio benessere 55,0 74,0

non partecipano alla vita della comunità 32,0 48,8

non fa parte di volontariato organizzato 58,4 41,8

hanno un reddito adeguato 70,0 79,0

sono assistiti dal coniuge 36,0 67,0

non e‟ soddisfatto delle proprie condizioni di salute 33,3 28,5

*Fonte Censis

Sono le donne a soffrire di una maggiore fragilità soprattutto relazionale e perciò esposte, più dei

coetanei, ai rischi dell‟isolamento in età avanzata. Il deficit di relazioni al di fuori del contesto

familiare è provato anche dalla minore confidenza con le nuove tecnologie. Le donne anziane poi, si

confermano protagoniste nella di cura dei familiari e quindi portate a concentrarsi dentro la casa e

investire nelle relazioni familiari, ma quando tocca a loro avere bisogno sono meno aiutate.

Nella fascia d‟età dai 75 anni e oltre le donne che dichiarano di stare male o molto male sono il

33,3% contro il 25,8% dei coetanei. Il tipo di valutazione delle proprie condizioni di salute è

correlata sia all‟età che al livello di scolarizzazione. Le donne anziane bergamasche hanno

mediamente una scolarizzazione più bassa di quella degli uomini.

Tav. 69- Provincia di Bergamo, anziani in difficoltà da chi sono aiutati, valori percentuali*

familiari, figli, parenti 63,5

amici o vicini di casa 14,5

parrocchia, volontariato 6,3

servizi sociali comunali 4.2

Nessuno 26,6

*Fonte Censis

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

FEMMINE

MASCHI

82

Tav. 70 - Provincia di Bergamo, da chi si sentono più lontani gli anziani, valori percentuali

dai più giovani 18,3

da una persona di un‟altra etnia 8,3

da una persona di un‟altra classe sociale 6,3

da una persona di un‟altra regione 4,3

*Fonte Censis

7.1 – I giovani e anziani

La diversità tra i due mondi sono scontate, esistono, vanno conosciute, analizzate affinchè non si

trasformino in pregiudizi che impediscono la comunicazione e lo scambio reciproco. Il permanere

di reciproche chiusure può condurre chi invecchia alla chiusura nell‟isolamento di un ghetto e chi è

giovane a perdere il contatto con le proprie radici e gli insegnamenti dell‟esperienza. Tra giovani e

anziani è sempre esistita una certa difficoltà a comunicare, ma in passato, quando i cambiamenti

erano più lenti, i contesti sociali di lavoro e di vita si mantenevano pressoché inalterati nel tempo, la

continuità rendeva il reciproco adattamento un cammino più facile. Il vecchio sapeva per esperienza

quello che i più giovani non sapevano e dipendevano dalla sua conoscenza in molti campi,

soprattutto nelle tecniche necessarie alla sopravvivenza.

Nella nostra società il rapporto si è capovolto, sono i giovani a sapere, le relazioni possono

funzionare solo se ciascuno ha la possibilità di avvicinarsi all‟altro senza preconcetti, mettersi in

gioco, confrontarsi. E‟ nella famiglia che si determinano le condizioni per l‟inclusione o

l‟esclusione degli anziani e il riconoscimento al loro diritto di avere un posto come cittadini. Ma la

famiglia, con tutte le sue fragilità e contraddizioni, non rappresenta più il luogo primario della

socializzazione, non può essere considerata l‟unico o il principale territorio di incontro tra giovani e

anziani, vanno pensati altri contesti, vanno valorizzate altre occasioni.

83

Capitolo 8

LE BUONE PRATICHE: salute e socialità

Associazione Giobbe, via Berizzi, 31 Bergamo telefono: 3383563268

Scopi dell‟Associazione - Diffondere in collaborazione con enti, istituzioni, forze sociali la cultura

della tutela, rispetto, cura e assistenza di persone fragili e anziane.

Studio e messa a punto di buone pratiche in collaborazione costante con il mondo scientifico

nazionale e internazionale.

Progetto Giobbe: RSA senza dolore , offerta di corsi di formazione per operatori di RSA al fine di

riconoscere, misurare e curare il dolore delle persone anziane e di coloro che non comunicano in

modo tradizionale e successivamente dare corso ad incontri periodici per analisi di casi critici,

discussione e programmazione di progetti di intervento individualizzati. Il progetto è stato elaborato

con il contributo di un comitato di esperti in geriatria, in farmacologia e in organizzazione del

lavoro. I temi principali affrontati nel percorso formativo sono:

il dolore nel paziente anziano

valutazione del dolore in base al grado di deterioramento cognitivo

cura del dolore

preparazione e applicazione del protocollo dolore, parametro vitale

Provincia di Bergamo Settore Istruzione, Formazione, Lavoro e Politiche Sociali – Via

Fratelli Calvi, 10 - Bergamo

Telefono 035. 387657

Progetto: terapie non farmacologiche dedicate a persone affette da demenza. Percorsi formativi

per operatori e responsabili di RSA e CDI diretti all‟appredimento e alla sperimentazione di terapie

complementari non farmacologiche e alla realizzazione di interventi di adattamento terapeutico

dell‟ambiente interno ed esterno. L‟attività di formazione prevede oltre agli incontri di

approfondimento teorico, la progettazione e la supervisione da parte del docente, di iniziative

sperimentali quali:

musicoterapia ambientale e ricettiva in cuffia individuale e condivisa allo scopo di favorire

l‟orientamento temporale, le relazioni interpersonali, la memoria;

doll terapy, uso terapeutico di bambole particolari. Il loro accudimento aiuta i malati ad

attivare un canale di comunicazione delle proprie emozioni, questo facilita processi di

memoria, migliora lo stato d‟animo, riduce disturbi di comportamento.

84

Paro foca robot, Paro è un peluche, assomiglia ad un cucciolo di foca, il suo corpo è coperto

da pelo soffice e candido, è dotata di una rete sottocutanea di sensori che le consentono di

reagire agli stimoli esterni come la voce o le carezze, con movimenti della testa, degli occhi

o emettendo suoni. L‟uso di Paro aiuta le persone malate di Alzheimer a trovare tranquillità,

interagire ed esprimere le proprie emozioni e a ridurre gli stati di agitazione.

La sperimentazione di Paro è svolta in collaborazione con l‟Università di Siena dove a partire

dal 2004 è in atto uno studio sulle esperienze.

ALER via Mazzini,32 Bergamo telefono: 035259595

Comune di Sarnico viale Roma, 54 telefono: 035924111

Progetto: costruzione di alloggi per anziani.

Gli appartamenti sono bilocali, composti da camera da letto, soggiorno – cucina e bagno, di 38-40

mq con doppio affaccio, distribuiti su un ballatoio per facilitare la socialità e gli scambi tra gli

inquilini, sono privi di barriere architettoniche così come gli spazi esterni di pertinenza.

AUSER via Corridoni, 42 Bergamo telefono: 035303670

Progetto: Filo d’argento - telefono 800995988 numero verde gratuito

Servizio di telefonia sociale è dedicato all‟ascolto delle persone anziane, fornisce loro una prima

risposta alle richieste di informazioni sui servizi e sugli interventi presenti sul territorio di residenza

e offre caso per caso, sostegno psicologico e sociale.

Provincia di Bergamo Settore Istruzione, Formazione e Lavoro e Politiche Sociali

Centro per l’impiego via Pizzo Presolana, Bergamo telefono: 035387741

85

Progetto: occupazione e servizi alla persona

Scopo del progetto è aiutare le famiglie impegnate nell‟assistenza di anziani non autosufficienti o di

persone disabile, a reperire un assistente familiare non solo affidabile e preparato, ma anche adatto

alle proprie esigenze. Il progetto comprende anche il supporto per l‟ espletamento delle pratiche

burocratiche necessarie alla regolarizzazione del rapporto di lavoro. Il servizio offerto è gratuito.

Tu Terza Università via Garibaldi, 3 Bergamo telefono: 0353594370

Progetto: attività culturali per la terza età

La Terza Università propone alle persone anziane una serie di corsi che si tengono a Bergamo, ma

anche in molti paesi della provincia. I vari temi sono trattati da persone esperte della materia e

spaziano dall‟informatica, ai gruppi di lettura, all‟attività fisica. Il sostegno delle Amministrazioni

pubbliche consente di contenere il costo dell‟iscrizione.

Fondazione don Carlo Zanoncello RSA Calcio (Bergamo) via G. Matteotti, 2 a

telefono: 0363906391

Progetto: video chiamate

La RSA ha istituito al suo interno una postazione Skipe per consentire ai i propri ospiti di collegarsi

in video chiamata con familiari ed amici. Il servizio ha lo scopo di rendere più frequenti e facili le

comunicazioni e i rapporti dell‟anziano ricoverato, soprattutto se colpito da demenza, con persone a

lui care.

Fondazione Anni Sereni RSA Treviglio (Bergamo) Piazzale Ospedale,5

telefono: 036344063

Progetto: Pet therapy

86

Gli ospiti della RSA compresi i malati di Alzheimer, se lo desiderano, potranno giovarsi della

compagnia di un cane appositamente addestrato e guidato da un operatore esperto di pet therapy. La

vicinanza e il rapporto con animali suscita emozioni piacevoli, aiuta a contenere l‟ansia e stimola la

persona anziana a mantenere viva l‟attenzione.

Ambito territoriale di Seriate (Bergamo) Ufficio di Piano c/o Comune di Seriate, piazza

Alebardi, 1 telefono 035304294

Progetto: Guida ai servizi per gli anziani e le loro famiglie

L‟opuscolo è uno strumento semplice, pensato per aiutare gli anziani e le loro famiglie a conoscere

e ad orientarsi tra le varie opportunità esistenti nel loro territorio. È distribuito gratuitamente ed è

reperibile nelle sedi comunali. Contiene una serie di schede chiare e di facile lettura che illustrano

tutti i servizi e le risorse socio assistenziali e socio sanitari presenti negli undici comuni che fanno

parte dell‟ambito di Seriate.

ASL di Bergamo, via Gallicciolli Bergamo telefono 035385111

Progetto: promozione di stili di vita sana, gruppi di cammino (numero verde 800447722)

I gruppi di cammino si costituiscono con lo scopo di provocare il cambiamento stabile di

comportamenti collettivi per la prevenzione e il miglioramento di diverse patologie croniche

presenti soprattutto negli anziani. Il gruppo inoltre favorisce relazioni e legami solidali tra le

persone, contrasta l‟isolamento, aiuta a mantenersi attivi e a stare meglio.

Comune di Albano S. Alessandro Piazza Caduti per la Patria, 1 Albano S. Alessandro

(Bergamo) telefono 0354239210

Progetto: Casa Famiglia

Il servizio accoglie durante il giorno anziani autosufficienti o con lievi limitazioni funzionali

bisognosi di accudimento e socializzazione. Offre attività finalizzate a preservare e mantenere

l‟autonomia della persona. Garantisce interventi di igiene e cura e la somministrazione dei pasti.

87

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