InUnaGelidaRosa

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a cena col vampiro MAMMAEDITORI Violet Folgorata In una gelida rosa 2010 n.6 Ma non avete capito? Il futuro non si può mai controllare. Possiamo solamente avere fiducia…

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Ma non avete capito? Il futuro non si può mai controllare. Possiamo solamente avere fiducia… M aMMaeditori 2010 a cena col vampiro n.6

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a cena col vampiroMaMMaeditori

Violet Folgorata

In una gelida rosa

2010n.6

Ma non avete capito? Il futuro non si può mai controllare. Possiamo solamente avere fiducia…

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ISBN 978-88-87303-44-5 1° edizione settembre 2010

Copyright © 2010 Mamma Editori

Casa Bonaparte 43024 Neviano degli Arduini - Parma

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Immagine di copertina rielaborata da Pitta su:Dark Angel - manipolazione originale di Davide Zussa

(http://tomaraya1981.deviantart.com)si ringraziano i seguenti stock provider:

superior-stock; gracies-stock; aqualilia; wcs-wildcat; falln-stock; emelody; adnrey

di deviantart.com”

In fatto di vampiri ed esseri soprannaturali vari la ma-gia dell’epica sembra più che mai rinnovarsi. Nella koinè letteraria, migliaia di fans di ogni paese, continuano a im-maginarne e a leggerne le avventure. Per questi tipi, la col-lana A cena col vampiro intende dar conto del fenomeno, con l’avvertenza, che non tutte le storie mantengono il profilo adolescenziale e romantico, alcune autrici hanno voluto narrare in modo più crudo le passioni, altre più attratte dal titanismo dei signori della notte, ne hanno descritto detta-gliatamente la violenza. Altre ancora tornano al momento magico in cui sboccia l’amore impossibile.

a cena col vampiro

Collana

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Liz Cambell Rochester

Personaggi

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Allison

Chandra

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Lock Ness (Inverness)11 Giugno 2006A Somerset Blake*

Carissimo Somerset,la battaglia è appena terminata. Alla fin fine è l’antico incubo di Lenith ad aver generato tutto questo. In molti sono scomparsi per la sua ossessione. Il mondo non dimenticherà presto, ne son certo, lo scontro di Loch Ness che, per la prima volta da millenni, ha visto Lenith sconfitta. Nei secoli a venire ancora e ancora se ne parlerà. …Della scomposta follia di Lenith, della serena e fredda determinazione dei Rochester e della loro alleanza.

Ora Lenith e i Quirites sono rintanati nell’ipogeo romano a leccarsi le ferite ma sono certo che la battaglia finale è stata solamente rimandata. Come finirà? Tu mi chiedi un oracolo Caldeo e io te lo concedo. Non è tuttavia nei moti perpetui dei pianeti e delle costellazioni che ho vaticinato ma sulla scorta di un’antica profezia. La medesima che redassero i miei avi nel momento in cui Lenith sottrasse loro l’antica supremazia, la medesima che Lenith teme e finirà col realizzare mercè la propria stessa paura.La figlia di Zoroastro, la sposa vampiro dagli occhi pregni di Olio di Media, sottrarrà i vampiri al regno degli inferi e il suo sposo distruggerà il trono della regina.

In memoria del tuo creatore Cornelius,ti riverisco Somerset degli Erranti

Cosmo dei Caldei

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* Nella pagina precedente: testo autografo del secolo XXI, redatto all’indomani dell’epica battaglia di Loch Ness (11 giugno 2006), tra esseri mitici e immortali: i Quirites, vampiri romani, contro i Rochester, vampiri scozzesi e i loro alleati. L’esito ha sfavorito i romani ma nel testo si riportano le preoccupazioni di un essere sovrannaturale in ordine alla possibilità che gli sconfitti non si arrendano.

L’autore confida in una antica profezia, secondo la qua-le una donna mitologica con gli occhi color petrolio (la nominata “figlia di Zoroastro”) avrebbe mutato in futuro la natura demoniaca dei vampiri e il suo sposo avrebbe distrutto definitivamente il regno dei romani e di Lenith (nome etrusco della antica Lilith mesopotamica).

La profezia avrebbe origine dagli antichi Caldei, sop-piantati al governo dei misteri in epoca arcaica proprio da Lenith (allora Lilith).

L’autore della missiva, erede degli antichi Caldei, ricor-da ora questa profezia degli avi e pronostica a Lenith che la battaglia finale le sarà fatale.

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...grazie

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Due anni dopo,a Roma

Capitolo 1Il vaso

Una risata lugubre risuonò nella grotta, provocando un tremore che scosse il terreno. Un ragno si rattrappì sulla tela. Un topo si arrestò affondando le unghie nella terra. Sulla superficie del torrente sotterraneo affiorò il ventre di un pesce gatto.

Ancora la voce di quell’essere mostruoso? Ma non era morto?

Il topo squittì e andò a nascondersi. Non poteva essere vero, non doveva essere vero… Proprio adesso che si stava un po’ meglio!

Il ratto parve riflettere puntando gli occhi neri e lucidi verso l’acqua che scorreva incurante di tutto il resto. Forse stava decidendo come risalire la corrente e riemergere in su-perficie prima che facesse buio. Anche lui, come chiunque, sembrava odiare l’oscurità e l’inquietudine provocata dal quel luogo sinistro sin dai tempi in cui, là sotto, succedeva veramente di tutto. Mani scheletriche che uscivano dalla roccia afferrando qualsiasi essere vivente. Dita agili e senza scrupoli che si passavano il malcapitato fino a portarlo a tiro di qualche teschio e allora, zac! I denti ancora saldati al cranio vuoto scattavano affondando nella carne e la preda si trasformava in un involucro vuoto e secco.

Vampiri. Ex vampiri o ossa di Ex Vampiri. Comunque esseri smembrati ma non morti… Roba da incubo.

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Beh, tutto questo era bruciato in un rogo enorme. Tutto questo grazie a Dio era finito! O meglio, così era sembrato fino al suono di quella risata maledetta.

Una suola scricchiolò camminando sopra resti di ossa e polvere che sporcavano la roccia. Un paio di occhi attenti osservarono il topo tendere le orecchie e apprestarsi ad at-traversare la banchina. Il visitatore si portò la mano destra all’altezza del naso. Il pollice e l’indice stretti a chiudere le narici per non respirare l’odore di morte che appena entra-to gli aveva provocato un conato.

Improvvisamente il tremore ritornò scuotendo nuova-mente il suolo. Una nuova risata e un boato fecero vibrare tutta la grotta.

«Non avrai violato vanamente questo luogo? Lenith dei Querites non ama essere disturbata.»

Lenith. Sembrava ancora impossibile. Lei capace di tanta brutalità da spaventare le pietre. Lei artefice di ogni scempio e madre abominevole di quelle membra senza pace e senza storia. Lei, sempre lei, la vecchia e terribile Lenith. Rideva, ancora, paralizzando di paura il visitatore che tremò nell’asciugarsi il sudore della fronte.

«Quale vittoria è possibile contro chi signoreggia sulla notte dei tempi? Chi? Avvertite la figlia di Zoroastro o es-seri inferiori… — e giù un’altra risata — Ditele che non ha vinto! Lenith è ancora qui e tornerà a seminare morte e dolore a cominciare da lei perché nessuna battaglia potrà dirsi l’ultima finché un solo uomo sulla terra cercherà di fuggire la morte anziché cercare la vita.»

Il visitatore ansimò senza sapere dove guardare. Era in-credibile, era ancora difficile riuscire a capacitarsene. Per quanto pazzesco fosse, la vecchia non era morta. Eppure quella stessa grotta era stata testimone delle fiamme che avevano consumato il mostro. Le sue carni fragili erano sta-te ridotte in cenere. La sua pelle raggrinzita era stata carbo-

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nizzata e la veletta, con cui aveva cercato di nascondere gli occhi bianchi, trasformata in un pugno di scintille!

Di nuovo la voce, acuta e tentennante questa volta:«Finalmente una saggia decisione. Ma quanto tempo ci

hai messo! Fatti avanti … Sempre che tu ci riesca.»Bastarono una decina di passi incerti e il volto di Le-

nith si dipinse sulla parete della grotta davanti agli occhi dell’Aspirante conformandosi come una gigantesca mac-chia di umidità. Poi di nuovo un ghigno, forte e lugubre come la morte stessa.

«Ero certa che non avresti resistito!» Silenzio.«Mi servirai?», gridò furiosa. SilenzioQualcosa improvvisamente cadde al suolo luccicando

nei rimbalzi fino a fermarsi ai suoi piedi. L’Aspirante fece un salto indietro e Lenith scoppiò a ridere.

«Questo è per lei, per la maledetta figlia di Zoroastro! Trovala e daglielo! Che inizino le danze!»

L’Aspirante rabbrividì. Raccolse l’oggetto che giaceva sul terreno e arretrò chinando il capo senza dare le spalle alla macchia sulla parete. Poi svoltò l’angolo girandosi verso l’uscita e affrettando il passo senza voltarsi indietro, mentre Lenith rideva di nuovo, sempre più in lontananza.

No, i vampiri non si erano tutti estinti. C’era qualcuno pronto a giurare che ne esistessero anco-

ra anche molto… molto lontano da Roma…

a Forres,nelle Highlands Scozzesi

In quell’istante, a Forres, in Scozia, Brad, avvinghiato ad Angelina in un torrido tango, chinava la testa di lato av-vicinando le labbra a quelle di lei. Le sollevava il ginocchio, scoprendo la coscia e la pistola infilata nella giarrettiera…

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Tutto questo avveniva sulla pagina di una rivista lasciata aperta sul tavolino del salotto.

Mrs. Marissa Gordon rabbrividì accarezzandosi il fianco ed esitando prima di far sparire la rivista nel portagiornali. Spiò l’immagine riflessa nella vetrinetta aggiustandosi il ti-rabaci sulla guancia. Civettuolo per la sua età, ma bisognava osare, le gran signore lo facevano. Gran signore! Senz’altro era stata Allison a lasciare in bella vista un’immagine tanto volgare. Che impressione di grossolanità avrebbe dato di tutta la famiglia e del loro stile di conversazione!

Si aggiustò il bustier di velluto nero, controllando che il fermaglio della collana di perle fosse correttamente centrato dietro la nuca. Un doppio giro, coltivate si intende, questo Mrs. Gordon avrebbe tentato di far credere. Un’imitazione in realtà, di questo si trattava, trovata per due soldi. Erano costate meno dei fiori. A proposito, meglio lasciarli sul ta-volino o spostarli sull’angoliera? Meglio in mostra al centro del salotto! Con quello che aveva speso per acquistarli. Ma d’altronde, se avessero ostruito la visuale… No. Prese con due mani il vaso di gladioli dirigendosi verso il mobile: non voleva perdersi nulla di quel momento.

Si avvicinò alla tenda tenendo d’occhio il vialetto. Ormai sarebbero dovuti arrivare: Ethan Rochester e sua moglie Liz, lì in quella umile dimora per firmare le carte del passaggio di proprietà della vecchia casa di Endora Campbell.

Si contorse le mani poi le fissò con orrore sperando che lo smalto si fosse già asciugato.

Nessun danno fortunatamente.Si sedette sul bordo della poltrona, incrociando le cavi-

glie in attesa. Esalò un sospiro che pareva uscito da sottoterra concen-

trandosi finalmente sul Capitano Billy Gordon suo marito.

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Doveva togliergli dalla faccia quell’espressione da cane sul-lo zerbino.

Fece le prove ad aggiustare la voce di petto:«Io dico William, che non potevano esserci dubbi sul

fatto che vendessero. Endora da un anno, da quando cioè si è sposata con Sir Somerset Blake, non mette più piede fuori da Rochester Manor e non è passata da casa sua nep-pure una volta. Tra l’altro, mancando ai doveri di buona creanza. Da buone vicina… Mi senti William? Billy!!»

Il capitano, sussultando, abbassò la rivista sportiva.«Cosa urli Marissa? Parli con me?», chiese con voce di

trombone.C’era mancato poco che chiedesse “chi è questo William”! La moglie lo incenerì con lo sguardo.«Dicevo, Endora non è più venuta a trovarci gettando

via la nostra lunga amicizia di vicine di casa», ripeté Maris-sa svuotando la voce.

Billy si allacciò anche l’ultimo bottone dell’alta unifor-me della Polizia alzandosi dalla poltrona. Cominciò a cam-minare con le mani incrociate dietro la schiena.

«Endora forse si è solamente adeguata ai modi dei Ro-chester: la puzza sotto al naso», e il trombone terminò con il suono metallico del clarino.

«Oh, Billy, che grossolanità — accennò Marissa con la mano a farlo tacere e si alzò di un’ottava —. Non ti rendi conto che cosa possa significare trovarsi ai vertici della scala sociale: lei è la madre di “lei”, la “lei” della coppia più in vi-sta della Moray Coast! Capisci? Endora è la madre di “lei”!» Marissa scosse ancora la testa nello sforzo di convincere se stessa che proprio loro, la coppia tutta d’oro, a momenti sa-rebbero stati seduti lì, in casa sua. La coppia tanto inegua-gliabile e restia alle frequentazioni da risultare irraggiungi-bile: Ethan Rochester che a poco più di vent’anni valeva

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tutti i milioni della Therisfot Sistem e la moglie Elisabeth. Anche lei ex normalissima vicina di casa, in quanto figlia di Endora Campbell, ma ora persa nell’allure della nuova vita. Anche Elisabeth purtroppo si vedeva raramente sebbene, andava detto, era tanto condiscendente nelle rare occasioni d’incontro.

«Oh Billy sono, sono così emozionata al pensiero che arrivino!»

«Certo Marissa, — commentò Allison di gola, entran-do — arriva la principessa!», poi andò a sedersi sul divano posando sul tavolino il telefono cellulare nuovo di zecca.

Marissa abbassò il viso per concentrarsi sull’incredibile total look italian style della nuora. Ma quella aveva già ri-cominciato a parlare:

«Sai che emozione: “Salve sono Liz, — affettò Allison — e sono così terribilmente dolce, altruista, insicura, sem-pre pronta a scusarmi. Non disturbatemi, sono persa in adorazione di quel gran figo di mio marito”.» Allison si lasciò andare a una risata.

«Allison! — la rimproverò Mrs. Gordon di petto dime-nandosi sulla poltrona, scombussolata — Certo è strano — ammise tuttavia —. Lei, così spaesata e timida, arri-vare tanto in alto! È stata veramente una sorpresa, non è vero Billy? Sarebbe stato prevedibile che la famiglia di lui la emarginasse, almeno i primi tempi, e invece mi dicono che i Rochester siano tutti in sua adorazione. Certo Elisabeth, con quegli incredibili occhi color petrolio! Che disdetta che la firma avvenga a casa nostra, avrei tanto voluto essere invitata al maniero!»

«Scordatelo! — Allison smise di ridere cercando una si-garetta nel pacchetto quasi vuoto, — Anche in ufficio si dà arie, come se non fossimo mai state amiche e anche con Sean! E pensare che lui l’ha aiutata quando lei era appena stata assunta.»

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«Allison, Sean la corteggiava a quei tempi», tubò Marissa.Risuonò nuovamente la risata gutturale di Allison:«Eh sì, quell’aria angelica inganna tutti. Dovreste vedere

che artigli quando si arrabbia…», socchiuse la bocca per emettere una lunga boccata di fumo ma avrebbe continua-to ad esporre il suo punto di vista su Liz se Sean non fosse comparso allo stipite della porta.

Marissa sbattè le palpebre un paio di volte. Non credeva ai suoi occhi, per una volta il figlio era senza l’adorato giubbotto nero! Indossava una giacca, anche se nera, ovviamente.

Sean tentennò avvicinandosi ad Allison.«Bisogna ammettere che Liz è sempre gentile con noi

in ufficio… — disse con voce vuota sedendosi accanto alla moglie — Però è vero, quella ragazza è un mistero, nessuno la conosce veramente», terminò giocando con la carta di una caramella.

«Anche Ethan, caro Sean, — Allison lo rimbeccò spe-gnendo la sigaretta a metà — Anche Ethan è sempre gen-tile in ditta.»

Marissa socchiuse gli occhi; senz’altro Allison doveva essere rimasta scottata che Rochester le avesse preferito l’amica.

«Ed è sempre signore! È protettivo, la tratta come fosse la Vergine scesa in terra! Ma vi rendete conto?»

Sean, ancora sul bordo del divano si accigliò fissandosi le unghie:

«Mah, lui, a volte, a volte, c’è, non c’è, parla per fucilate, sta sempre solo… Cioè… Poi Ethan Rochester, è sempre così sprezzante… violento…»

«Non provarci neanche figliolo — intimò Billy lascian-dosi cadere in poltrona —. Dovresti baciare dove cammi-na! Uno che ti ha tenuto a lavorare dopo che hai tentato di spaccargli la testa! Te l’ho già detto cento volte che non la

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voglio più sentire quella storia di vampiri! O quant’è vero che sono tuo padre, ti faccio ricoverare.»

Il suono del campanello fece zittire tutti. Con un cenno del capo Mrs. Gordon fece segno al ma-

rito Billy che era già schizzato alla porta. Le batteva il cuore, il momento era arrivato conducen-

do sulla sua passatoia, fin dentro il salottino, niente po’ po’ di meno che Ethan e Liz Rochester.

Avanzarono lentamente. Lui alto, atletico, tutto nuan-ces autunnali, le ciocche corvine sul viso aristocratico e lei! Disinvolta e sportiva, senza borsetta perfino! Così Country Club! Come faceva il lungo cardigan di cachemire grigio a caderle così signorilmente su un paio di jeans scoloriti ad arte, sulle gambe lunghe e tornite? E la massa di riccioli naturali di un inimitabile color mogano!

Marissa attraversò il salotto protendendo la mano. Rochester si avvicinò posando con delicata eleganza

l’ombrello nell’apposito vaso all’ingresso. Invece di strin-gerle la mano, chissà come, le sollevò le dita fin quasi a portarle alle labbra.

A Mrs. Gordon non restò in gola mezza goccia di saliva.Rochester intanto con sguardo a volo d’uccello andò a

prendere posto con passo indolente direttamente al tavolo da pranzo lasciandoli di stucco.

«Meglio qui, no? Per i documenti», sorrise impercetti-bilmente.

Che voce calda e profonda! Marissa invitò con la mano Liz a sedersi sul divano ac-

canto a lei ma Elisabeth, nello splendore di una carnagione di porcellana, andò ad agguantare il gatto accoccolandoselo sulle ginocchia, prendendo posto accanto al marito.

Mentre i Gordon accorrevano anche loro al tavolo, già Liz si aggiornava con voce melodiosa e gentile.

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«E Wallace?»Malgrado tutte le prove, a Marissa tremò la voce nel

rispondere:«Wallace non c’è, arriverà presto per le vacanze estive.»Ethan si compiacque. «Così prima o poi conoscerò anche lui…», disse in un

soffio controllando i documenti ma nulla gli sfuggiva. De-clinò gentilmente con gesto deciso, le offerte di Marissa quanto a tè e aperitivi. Mostrò la procura a vendere rilascia-ta da Endora e porse un documento alla moglie.

Elisabeth Rochester lo vergò con mano leggera estraen-do di tasca un’incredibile penna a stilo dal cappuccio avvol-to da un serpente d’oro.

Mrs. Marissa Gordon non si era accorta di come il tem-po potesse essere volato tanto in fretta quando Ethan si sollevò dalla sedia.

Chinando il capo, Rochester annunciò che ora, lui e la moglie, avrebbero fatto un ultimo sopralluogo nella casa d’Endora, ormai vuota, per accertarsi che non vi fosse ri-masto nulla prima della consegna dell’immobile.

«Diamo un’occhiata e vi riportiamo subito le chiavi», sorrise Liz parlando a fior di labbra. Posò le mani su quelle del Capitano che la fissava come ipnotizzato.

E così, mentre Marissa farfugliava alla ricerca di un pre-testo per trattenerli, loro stavano già oltrepassando la porta e poi allontanandosi sul vialetto.

Liz aprì il cancelletto per lasciare casa Gordon resisten-do alla tentazione di lanciare un altro saluto a Sean. Se lo avesse fatto, Marissa li avrebbe bloccati per un’altra ora. Un’ora intera c’era voluto per firmare due pezzi di carta! Era incredibile quanto chiacchierava quella donna.

Seguì Ethan che ovviamente non aveva fatto alcuna fa-tica ad aprire la serratura rotta del cancelletto di casa Cam-

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pbell, cosa che a Liz era sempre costata svariati tentativi. Che rabbia vederlo in quel connubio di grazia e potenza. Creava il vuoto intorno a lui. Una bolla di regalità che la faceva ancora palpitare al solo pensiero di sfiorarlo.

Liz si avvicinò alla porta un po’ esitante alla prospettiva di vedere vuota la casa dove aveva abitato da ragazza. Era la casa dove Ethan era venuto a sorprenderla la notte, riem-piendole, ogni volta, il cuore di gioia, come accade davan-ti al dono più bello e inaspettato. Presto sarebbero entrati nella medesima stanza, dove, per un periodo in cui lui vi si rifugiava, era stata lei a visitarlo nel buio, meravigliandosi ogni volta che quello spettacolo di ragazzo fosse lì adagiato nel suo sonno perfetto ad aspettare lei. Pronto ad offrirsi alle sue carezze e ai suoi baci.

D’altra parte era stato inevitabile alienare la casa. Con in ballo le nozze religiose dovevano scongiurare il rischio che Endora, ritornandoci per prendere qualcosa, creasse scalpore o peggio. Il che avrebbe bloccato tutto…

Appena richiusa la porta d’ingresso alle spalle, Liz ed Ethan corsero al piano superiore fino ad arrestarsi davanti a una porta verniciata d’azzurro.

Le dita di Ethan si appoggiarono appena alla maniglia schiudendo la visuale in penombra.

Per poco a Liz non venne un colpo. «Così vuota la vecchia camera sembra enormemente più

grande.» La attraversò colpita dall’eco dei passi, guardando la carta da parati con aree più accese: «Lì c’era il poster di Harry Potter e là la testata del letto!»

Gli occhi le si riempirono di lacrime insensibilmente. «Il tempo ora passa anche per noi», disse Ethan fredda-

mente ma sul volto gli aleggiò un sorriso. Socchiuse le palpebre, avvicinandosi a lei come un gatto

dalle intenzioni misteriose. Poi distese un braccio, afferran-

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do la punta delle dita di Liz per attirarla a sé con quel misto di calore e potenza che la faceva sentire ogni volta come in procinto di affondare. La trattenne dolcemente, restando a fissarla dall’alto con sorriso sornione.

Liz tremò. Ancora una volta, sebbene lui non fosse più un vampiro già da un anno, non fu immediatamente chia-ro se stesse per morderla o per baciarla. Non era cambiato l’irritante magnetismo di Ethan. Sempre lo stesso seducen-te modello di fascino conosciuto quando era stata assunta nell’azienda dei Rochester; gli era rimasto lo stesso potere ammaliatore a parte il dettaglio di non promanare più da un vampiro. L’aveva soggiogata da subito con quella sua pelle dura e fredda al cui tocco lei si riempiva di brividi non dovuti alla temperatura. Non le aveva lasciato scampo. Neppure sapere cos’era lui in realtà l’aveva allontanata a quel tempo. Un vampiro, cadavere e non morto. Non gli mancava niente. Avrebbe dato la propria vita per una del-le sue carezze e infatti aveva offerto il collo ai suoi canini aguzzi permettendo che le strappassero il respiro, facendola sua per sempre. Tuttavia anche quando Liz si era ritrovata vampiro, nulla era cambiato. Ethan non aveva cessato di farle scendere il cuore nelle viscere con un semplice lam-po degli occhi blu di vampiro che diventavano viola sotto l’impeto della passione. E neppure ora, questo potere era diminuito: ora che entrambi erano comuni e mortalissimi esseri umani. Non era cambiata l’andatura felina di Ethan. Il potere degli occhi, ora di un semplice e meraviglioso ver-de mare, era lo stesso: con uno sguardo le seccavano la gola impedendole di parlare.

Lui, stagliandosi in controluce nella giacca dal taglio perfetto, la studiò dall’alto facendola sentire una nullità poi si chinò, inarcando le spalle possenti. Le poggiò le lab-bra sulla bocca facendola deglutire per l’emozione. Ma la

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lingua penetrò morbida e decisa su quella di lei lasciandola dannatamente priva di volontà autonoma.

Ethan la baciò di nuovo e poi chinò la testa fino a po-sarle la fronte su una spalla. Le mani, adesso morbide e tie-pide, indugiarono partendo dai polsi per poi risalire fino a stringersi sull’incavo degli avambracci. Le narici soffiavano veloci sul seno, un respiro caldo, ma tutt’altro che disteso.

Il cuore le battè al ritmo del respiro di Ethan: sempre più veloce.

Poi lui si sollevò di nuovo e gli occhi scivolarono in quelli della moglie rapendoli come la prima volta. Verdi e profondi come le acque del mare bloccarono quelli di Liz e la trapassarono fino ad accarezzarle l’anima.

Il cuore le si infiammò come se la vista dell’oggetto di tutto l’amore che le albergava dentro le avesse fatto un’inie-zione di fuoco direttamente nel petto.

Le sorrise mostrandole una mezzaluna di zucchero grande e bianchissima.

«Ehi», le disse aggrottando le sopracciglia scure.«Ehi», rispose lei, preparandosi al nuovo abbraccio che

l’avrebbe accolta su quel torace ampio. Mentre Ethan la trascinava verso la parete facendola

sentire del tutto indifesa, gli occhi di Liz percorsero il pro-filo delle spalle eleganti e massicce.

Ethan non era più il ventenne che aveva conosciuto alla Therisoft. Poteva vantare un altro anno di vita vissuta, to-talizzando ben 21 anni umani e quel particolare gli confe-riva oltre un’espressione più matura, un fisico più definito e maschio che ogni volta la metteva ko.

Liz si addossò al muro mentre Ethan frettolosamente le sbottonò gli abiti con una maestria che la lasciava ogni volta ammirata. Le fece scivolare i jeans fino alle caviglie poi, senza permettere che lei li sfilasse del tutto, le sollevò le

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ginocchia verso l’alto facendola sentire chiusa, calda, impe-netrabile. Sostenendola e ripiegandole le gambe a conchi-glia, la baciò sulla bocca mentre con un colpo deciso entrò acuendole improvvisamente la sensibilità delle narici e il turgore delle labbra.

Mentre ancora palpitava annaspando, scossa dai brivi-di, lui le cosparse di baci il viso, covandola con lo sguardo morbido:

«Liz, dobbiamo andare, oggi arriva la lettera», sussurrò. Liz sorrise, lanciando lampi con gli occhi castano-verdi. «Sì, questo è il gran giorno.»Ethan annuì gravemente fissandola dall’alto con sorriso

compiaciuto, stringendo le mani ai lembi del cardigan di Elisabeth.

«Da Roma hanno assicurato che l’arrivo è per oggi.»«Forse è già a casa in bella mostra sul vassoio della consol-

le dell’atrio», disse Liz facendo brillare gli occhi maliziosi. Fu pronta in un attimo. In predicato c’era la barriera tra

il futuro e il passato. Liz lanciò un ultimo sguardo alla stanza vuota in un addio

a cuor leggero a quel pezzo di vita. Un passato meraviglio-so perché in quel passato aveva conosciuto lui. Spaventoso, perché in quel passato per due anni della sua vita mortale era stata un vampiro, cioè morta. Vampiri redenti erano lei ed Ethan: morti cui era stato concesso di tornare vivi.

Mentre la chiave girava per l’ultima volta nella toppa chiudendo la casa della madre, Liz spiò i vialetti ordinati e il quartiere apparentemente tranquillo di Forres. Lì si era aggirato Ethan, un vampiro dei tempi di Trafalgar dove era stato morso e infettato nel corso del naufragio. Lì aveva abitato lei che vampiro lo era diventata solamente tre anni

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prima per propria volontà e per concessione del ragazzo che aveva sposato civilmente e che amava alla follia.

Con un sospiro Liz attese che Ethan consegnasse le chiavi ai Gordon, godendosi il cinguettio di quel piovoso mattino di giugno. Quanta pace. La pace cui aveva agogna-to disperatamente nei due anni di dannazione che avrebbe dovuto essere eterna.

La notte dell’anima era durata però solamente due cicli solari insegnandole che l’immortalità, l’invincibilità, la bel-lezza e il potere non erano nulla se chiedevano un quotidia-no prezzo di violenza e di sangue. Nulla aveva valore quan-to la pace interiore, quella pace che le era stata restituita un anno prima.

Ritornare viva era stato un miracolo, reso possibile dall’aiuto dei Guardiani, figure misteriose a metà tra cielo e terra. Un miracolo giunto al termine di una grande batta-glia, grazie alla determinazione di Ethan, alla fedeltà degli alleati. I vampiri evoluti che avevano sconfitto i primitivi ed erano stati redenti, riportati alla vita. Lei ed Ethan erano tra questi, insieme a Tristan e Pamela, rispettivamente il fratello di Ethan e sua moglie.

Ad attenderli a casa ora c’era il viatico per una nuova nascita. La consacrazione del loro matrimonio sarebbe sta-ta la pietra tombale su quel passato da morti viventi.

Intanto a poche miglia di distanza, nel folto della foresta Rochester Manor era immerso nella quiete. Nel salone del-le feste, tra dipinti a olio, un grande camino, il pianoforte, il tavolo destinato alle partite di Whist, Pamela Rochester entrò illuminando la giornata piovosa con i lunghi capelli biondi e un tailleur pantalone color panna.

Tristan abbassò il Times lentamente, sorridendole.

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Lei ricambiò studiando criticamente la giacca in cache-mire beige con collo sciallato. Gli mancava un tocco di co-lore. Il viso pallido e i capelli chiari scompigliati di Tristan morivano un po’ sul cammello.

Si diresse al vaso all’angolo staccando uno scuro boccio-lo di peonia; glielo infilò nel taschino della giacca a fianco del fazzoletto di seta, avvicinandosi. Ne approfittò per dare un bacio lieve su quella fronte sempre un po’ corrucciata, sussurrando:

«Che pace stamattina, senza quei due che fanno su e giù davanti alla porta!»

«Sì — rise Tristan cingendola con le braccia dietro la nuca —, non sembra vero che si siano levati dai piedi. Non se ne poteva più di vederli pencolare nell’atrio, tra finestra e telefono!»

«Con la fissazione di quella lettera mi fanno diventare isterica! — Pamela fece roteare lo sguardo scivolando sul di-vano accanto a Tristan — È Liz comunque che soffia sul fuo-co. L’hai vista come spia tuo fratello se solo si allontana di un passo? Ha paura di essere mollata! Fa tanto la mammoletta: “la ragazza umana vittima di un gruppo di assetati vampiri!”. E invece! Ha finito per metterci tutti sotto», rise.

«No, per me, è lui il fanatico. “A causa dell’antico dono di leggere nella mente”, — disse Tristan con voce da storia di fantasmi — l’ex vampiro non si fida di nessuno, è con-vinto che tutti insidino la moglie. Lui immagina ciò che gli altri pensano quando la guardano… — rise tornando alla quieta voce di sempre — È pieno di sensi di colpa. Non riesce a dimenticare nulla del suo passato. Sono convinto che sia lui soprattutto a volere il perdono di Santa Madre Chiesa!»

«Macché. Vive nel timore di deluderla, lo fa per lei! Ethan si fa sempre troppi problemi.»

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«Ci credo! Con ciò che Liz ha fatto! — Tristan richiu-dendo il giornale, fece tanto d’occhi —. Farci ritornare umani, trasformare tutto il regno soprannaturale!»

Pamela alzò gli occhi al cielo lasciando ondeggiare le mani:

«Non ne posso più della storia che è la figlia di Zoroa-stro, non è certo merito di Liz, andiamo!»

«Eppure Pamela, devi ammettere che c’è qualcosa in lei che non torna, ma ti ricordi come combatteva?»

«Sì… — lei sgranò gli occhi arretrando con la testa — Faceva paura!»

In quel momento un rumore di passi risuonò dall’in-gresso.

Nell’atrio, Liz entrava di corsa per sfuggire alla pioggia, ridendo. Scuotendo il cappuccio dell’impermeabile, gli oc-chi cercarono subito il vassoio sulla consolle.

Vuoto. La fronte si accigliò mentre il sorriso si spense. Il vassoio era vuoto, ancora niente posta. Ruotò il polso

velocemente: le undici. Si avvicinò corrucciata alla finestra oltre la quale nell’au-

torimessa aperta si vedeva Ethan curvo con gentilezza verso il giardiniere che lo aveva trattenuto. Tra poco, non sarebbe restata traccia del suo passo elastico, di quel parlare mor-bido e profondo che la faceva trasalire a distanza. Ethan avrebbe scoperto che ancora non era arrivato niente da Roma. Nessuna notizia, né plichi suggellati da un marchio in ceralacca.

Ovvio. Più si aspettano le cose e più non succedono. Liz sbuffò al colmo dello sconforto e fece un passo indietro allontanandosi dai vetri. Era inutile stare con la faccia in-collata alla finestra. Ethan lo avrebbe scoperto comunque. Sarebbe scivolato di nuovo nell’incubo che quelli di Roma

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avessero mentito. Tutti mentivano e lui, che un tempo ave-va avuto il dono di vedere nelle mente attraverso gli occhi degli altri, lo sapeva bene.

Liz alzò le spalle rifiutandosi di capire mentre lo sguardo tornò a scandagliare fuori. Ethan era sparito e del furgone della posta nemmeno l’ombra. Oltretutto il tempo era fred-do oltre che piovoso. E fortuna che era l’undici giugno!

Una cosa bella nella pioggia a dire il vero c’era: sotto il tintinnio sottile, il prato davanti al maniero era diventato color smeraldo. Le sfumature delle distese erbose nelle Hi-ghlands scozzesi lasciavano senza fiato. Liz rimase ancora un attimo ad ammirare la brughiera, prima che un rumore la riportasse alla realtà.

«Christabel non ha la febbre stamattina, grazie a Dio! Ma accidenti, mi si è scheggiata un’unghia. Senti? Punge e ho rotto due paia di calze.»

La voce acuta di Pamela la fece voltare.Liz la guardò, senza capire come potesse mischiare i due

argomenti. Forse tentava solo di nascondere la preoccupa-zione per la figlia adottiva. Si morse il labbro e la tristezza le provocò un brivido. Una quindicenne ammalata di AIDS era un’offesa alla vita. Adesso però Christabel era senza feb-bre. Buon segno.

Di nuovo un’occhiata alla finestra e un nuovo sospiro le gonfiò il petto. O il postino arrivava entro tre minuti o si sarebbe messa a urlare. Doveva pensare ad altro. Si voltò di scatto e fissò Pamela a occhi socchiusi.

Era un mix scivolato di capelli color miele e tailleur pantalone: 27 anni di età umana portati divinamente.

Liz si limitò a fissarla passarsi il rossetto sulle labbra. Da quando Pamela aveva smesso di essere un vampiro

le più gravi afflizioni della cognata sembravano essere le doppie punte o qualche minaccia di brufolo da controlla-

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re meticolosamente alla specchiera. Ma era evidente che il problema erano i nuovi conti da fare con il trascorrere del tempo.

Liz si voltò per l’ennesima volta verso il vialetto fangoso e deserto.

«Si può sapere che cosa fissi?», la strafottenza della do-manda la fece sobbalzare «Guarda che la posta è già arrivata questa mattina. E poi basta con questa mania, anche se non arriva la lettera non è certo la fine del mondo.»

Liz stava per rispondere come Pamela meritava, quando l’improvviso tintinnio di chiavi la face tacere.

Ethan comparve nell’arco del portone, con un’eccita-zione negli occhi che le strinse il cuore. Ma lei non fece in tempo a pronunciare sillaba.

«Queste della X5, le prendo io», avanzò Pamela sbarran-dogli il passo e dondolando un mazzo di chiavi.

«Ok Pamela, levati dai piedi», sibilò Ethan facendo un’ampio giro morbido per evitare la cognata. Ma al pas-saggio si bloccò sullo scrittoio, gli occhi fissi sul vassoio d’ottone vuoto.

«Ci sono notizie?», indagò con una punta aspra nella voce poi quando gli occhi girarono su Liz il sorriso gli si spense.

Lei sbarrò per un istante gli enormi occhi liquidi. «No!», rispose poi abbassando le palpebre mentre Pame-

la scompariva oltre il portone.Ethan innalzò un sopracciglio colmo di disappunto

pronto ad esplodere quando un fruscio comunicò l’arrivo di Tristan.

Lui, a differenza del fratello, aveva ancora le movenze e l’aspetto del vampiro. Indossava una giacca morbida e i capelli biondi erano scompigliati. Nemmeno un grammo di grasso sotto la pelle e i muscoli nervosi gli guizzavano

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direttamente sulle ossa. Un altro neoumano, o meglio, un altro ritorno.

«Beh! Ho interrotto qualcosa?», chiese facendo vagare gli occhi nella stanza come cercando qualcuno. A volte la costante apprensione per aver perso il dono di vedere il futuro lo faceva risultare assillante. Tristan tendeva a diven-tare paranoico.

Gli sguardi di Liz e Ethan si incrociarono con stoicismo ma Tristan non se ne avvide neppure: era già andato allo scrittoio.

«Ancora niente? — chiese con tono deluso — Stai tran-quillo Ethan, vedrai arriverà!»

Per un lungo istante le sopracciglia di Ethan diventaro-no un’onda unica e tempestosa.

«Cos’è? Un presentimento?», sibilò facendo tremare le spalle di Liz in un brivido ma intanto il cognato non aveva raccolto la provocazione.

A Ethan non restò che insistere:«Perchè dici “arriverà”? Perché lo dai per scontato? Come

se fosse facile, con il passato che abbiamo! Cos’è, — Ethan socchiuse le palpebre in espressione di sfida — È ritornato qualcuno dei tuoi fantastici poteri di previsione?»

«No, Ethan. Mi pare di no. Nessun ritorno…»Ethan annuì con la testa e il sorriso gli si increspò

d’amarezza:«Quindi, secondo te, come ex vampiri abbiamo tutte le

ragioni per sentirci tranquilli. Immagino saranno entusiasti di darci i sacramenti.»

Le parole di Ethan scesero nel cuore di Liz facendovi il buio.

Ethan espirò profondamente abbassando le palpebre e fece per abbandonare l’atrio quando una voce pomposa lo richiamò dal ballatoio.

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«Il nostro promesso sposo! Arguisco dalla tua espressio-ne che la missiva non sia ancora giunta!»

Somerset si sporgeva oltre la balaustra impettito nella sua vestaglia da camera, lunga fino ai piedi, damascata di rosso. Malgrado tutto, le labbra di Liz si incresparono in un sorriso. Era il ritratto del vampiro da operetta. I capelli corvini imbrillantinati all’indietro, i baffi altrettanto neri arricciati a manubrio, il naso bitorzoluto sul viso irreal-mente pallido che in quel momento scrutava Ethan con occhi sottili.

«Bando alle tristezze virgulto, la tua fiducia nella natu-ra umana è commovente quanto malriposta. Se da Roma dicono che la lettera deve arrivare entro oggi, puoi metter-ti tranquillo. Non perverrà prima di una settimana. Ciao cara…», disse rivolgendosi alla nuova venuta: una donna di mezza età, dalla capigliatura fiammeggiante.

Endora era sopraggiunta senza un fruscio, scivolandogli alle spalle.

«Non sono affatto “cara”», gli rispose lei con voce acuta, fulminandolo con gli occhi cerulei.

Tutta vestita di pelle nera alle undici del mattino, Endo-ra sfoggiava un tailleur “alla Allison”. La moda non aveva più confini per Mrs. Campbell da quando era vampiro.

Liz scosse la testa ripetutamente meravigliandosi di quanto la madre sapesse calamitare l’attenzione. E ora come piantava in faccia al marito lo sguardo indagatore!

«Cosa succede?», intimò Endora.«Ca… consorte mia, come puoi ben vedere dalla faccia

di Ethan, la lettera non è ancora arrivata.»«Farei volentieri un salto a Roma», disse lei con un

ringhio minaccioso mentre Matthew premeva già alle sue spalle perché lasciasse libero il passaggio sulle scale.

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Il ragazzone tutto muscoli si fece avanti, pallido nono-stante la pelle olivastra. Con i magnetici occhi di vampiro, scuri, lunghi e sottili, scendeva le scale atletico e imbron-ciato commentando:

«Matrimoni…»Liz sorrise di tenerezza. Poi Matth scappò via, non prima però di aver lanciato

uno sguardo al ballatoio dove ora si stava affacciando anche Christabel.

Come era dolce il viso della piccola malata, come erano grandi gli occhi color sottobosco nella pelle appena rosata, come era soffice la nuvola che le scendeva attorno al viso fin oltre le spalle, fatta di capelli sottili, leggermente ramati. Si stava stringendo addosso la vestaglia. Aveva freddo forse. Eppure scese fino a Liz prendendole le mani:

«Liz, mi dispiace tanto», disse semplicemente.

Poche ore dopo, le grida echeggiavano per la valle intor-no al maniero. Nel pomeriggio, anche se il cielo era rimasto grigio, aveva smesso di piovere. Christabel rideva, meno male, erano tutti lì per quello. L’idea era stata di Matthew. Matthew aveva un’evidente cotta per la figlia adottiva di Pamela e Tristan, anche se tentava di nasconderlo. Aveva organizzato tutto lui: il bosco, la finta necessità di far legna e l’arruolamento forzato di tre esseri soprannaturali, com-preso se stesso pur di regalarle un pretesto per non pensare alla malattia.

Endora, madre di Liz nonché neo vampiro, era il vero fulcro dello spettacolo. In tuta verde pisello abbatteva pini di Caledonia con lo sforzo con cui un tempo aveva strap-pato le infestanti nel giardino. Un colpo d’ascia e via, un terzo albero precipitò al suolo. Qui subentrava Somerset, impeccabile marito della deforestatrice. Aveva un’aria spi-

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ritata stretto nel completo da camera in velluto e foularino al collo, decisamente vecchio stile, da buon vampiro d’altri tempi. Afferrò al volo un tronco lanciatogli da Endora. Poi lo spezzò a colpi di sciabola. Infine lanciò i ciocchi a Mat-thew che li impilava a velocità incredibile.

Liz, Christabel e Ethan guardavano. Il ragazzo vampi-ro, Matthew, alias Drago dei Tessali, faceva volare in aria i tronchetti con l’abilità di un giocoliere. Rideva e fissava Christabel che sembrava felice. Impagabile Matthew: sedi-ci anni apparenti, una camicia a quadri e un sorriso scalda-cuori. Quasi perfetto ma inspiegabilmente del tutto sgradi-to a Pamela che non lo voleva intorno alla sua “bambina”. Eppure i tre vampiri in quel prato erano la sola speranza di Chris nel caso la malattia fosse precipitata. Avrebbero do-vuto trasformarla anche se i più sensati si auguravano fosse Matthew a farlo. Lui era diverso dagli altri, era in grado di trasformarsi in qualunque animale, mutando forma. Ma non era questo a rendere auspicabile che fosse lui a salvare Christabel. In più, infatti, Drago, detto Matthew, era quel che si dice un vampiro evoluto, dotato di controllo e di una perfetta padronanza dei propri istinti, non come Endora e Somerset che ancora stentavano a dominarsi. L’autocon-trollo, tuttavia, non era essenziale per essere un vampiro evoluto quanto invece lo erano i sentimenti di profonda umanità e generosità d’animo. Se fosse stato lui a trasfor-marla, per la legge del sangue quei moti di magnanimità si sarebbero trasferiti a Christabel rendendola un vampiro già in condizione di riacquistare la propria umanità. Lei e Mat-thew avrebbero poi potuto fare come Liz, Ethan, Tristan e Pamela: chiedere e ottenere di ritornare umani. Una con-dizione in cui Christabel sarebbe risultata perfettamente risanata come già era accaduto a Liz che, tornando umana, si era liberata dalla terribile miopia che l’affliggeva prima di diventare immortale.

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Un tronco di Endora per poco non centrò Somerset in pieno. Christabel impallidì di spavento e tutti gridarono.

Il vampiro d’altri tempi mostrò i canini. Poi scoppiaro-no a ridere. Un’onda di tenerezza invase il cuore di Liz. Era la coppia più improbabile del pianeta. Non ci pensavano neppure, loro, a tornare umani. Burbero ed eccentrico lui, quanto svampita e “anni settanta” era lei ed entrambi felici come mai ci si sarebbe aspettato.

Anche Ethan rideva, finalmente disteso. Il pensiero del-la lettera non sembrava ossessionarlo in quel momento e nemmeno Liz. Lei respirò avidamente come a voler bere quell’aria fresca. Era bello lì, in mezzo alla natura. Lì le sembrava di essere nel proprio elemento, non come al ma-niero, dove si sentiva sempre fuori posto. Tra quelle mura aristocratiche, in mezzo ai Rochester, sentirsi ripetere di essere la ragazza della profezia non serviva a molto. Quale figlia di Zoroastro poi? Sì, anche lei aveva dato un contri-buto a quel ritorno in massa allo stadio umano ma da qui a essere al centro di tutto, ce ne correva.

Un moto d’ilarità la fece sorridere. Figlia di Endora, altro che figlia di Zoroastro! Quella squinternata che stava bersa-gliando il marito di pigne, urlando a Somerset di piantarla di chiamarla “cara”. Gli occhi della madre erano quasi tor-nati celesti, finalmente! Sempre che non si arrabbiasse, per-ché allora le diventavano rossi. Bianchi se avesse assaggiato sangue umano. Poi, quando si accendeva la passione tra lei e Somerset, gli occhi assumevano quel colore viola che un tempo, prendevano anche gli occhi di Ethan. Quando lui era ancora un vampiro e Liz una semplice umana.

Ex vampiri. Ecco a cosa si riduceva la parola “redenti”! Come potevano sperare di poter ricevere i sacramenti e di poter consacrare la loro unione con la benedizione della Chiesa?

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Il pensiero le tornò all’attimo in cui Ethan, tre anni prima, preda dell’amore, aveva ceduto infilandole le zanne nel collo per poterla amare come lei gli aveva chiesto fino all’esasperazione. L’eccitazione le richiamò al cuore ogni stilla di sangue. Il dolore e il piacere di quel momento le si ripresentarono insieme: il momento cruciale della sua vita, il momento che più aveva desiderato, il momento in cui aveva potuto finalmente sentire il corpo di Ethan su di sé e potuto ricambiare il suo abbraccio senza la paura che lui potesse ucciderla cedendo all’odore inebriante del san-gue. Il momento verso cui si era diretta come un treno dai binari segnati accettando l’impiego alla Therisoft System, decidendo così il proprio destino.

Era diventata vampiro per amore. Poi, sia lei che Ethan, erano stati perdonati. Beh. non solo loro, tutto il mondo degli esseri ctonii non era più quello di un tempo, tutti o quasi erano tornati esseri mortali. Quelli rimasti vampi-ri erano stati quasi tutti smembrati e arsi in un immenso rogo.

Le guerre tra esseri mostruosi, le battaglie, e persino il grande rogo, sembrarono ripopolare in un istante la bru-ghiera davanti a Liz. Gli ultimi fuochi, pochi mesi prima, avevano bruciato gli esseri malvagi che erano rimasti.

Poche creature sovrannaturali in via di evoluzione erano state risparmiate perché giudicate di buona indole. Non era da escludere che quelle che erano lì, in quel momento, fossero addirittura le ultime rimaste: attorniate a loro vol-ta di persone apparentemente normali — come Liz, come Ethan, come Pamela, come Tristan, o come Zachary — che spesso, invece, avevano alle spalle un passato centenario, da non morti.

Sì, l’anno prima Ethan aveva fatto una scoperta banale: comportandosi con “umanità” si poteva tornare ad essere umani…

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Liz scosse il viso come per cacciare un insetto. Non do-veva pensare agli anni da vampiro altrimenti, quella notte, non avrebbe dormito. La paura che tutto tornasse era sem-pre in agguato, la tormentava, tormentava tutti.

Solo l’accesso ai sacramenti poteva metterli al sicuro. Di questo lei e Ethan erano convinti. Al sicuro dal rischio di destarsi, un giorno scoprendo che era stato tutto soltanto un bel sogno. Al sicuro dal rischio di svegliarsi, una matti-na, e scoprire di essere tornati allo stadio di esseri mostruo-si, condannati a una vita eterna di istinti incontenibili.

Qualcosa la spinse a voltarsi. Il volto di Ethan era a po-che spanne e il suo sguardo la fissava concentrato.

Sulle labbra gli aleggiava un sorriso ma le sopracciglia erano increspate da una domanda. Non era mai riuscito a leggerle negli occhi, quella era una delle poche cose rimaste sempre uguali tra loro, insieme all’amore.

«Rientriamo», le bisbigliò all’orecchio, indicandole con gli occhi il volto di Christabel. Le labbra erano diventate bluastre e anche Matthew fissava la ragazzina accigliato. Il ragazzo fece un fischio prolungato cui rispose la mano al-zata di Somerset.

Ma per fermare Endora intenta a tranciare fusti, fu ne-cessario placcarla in due.

In prossimità del portone del maniero c’erano la X5 e la 200G. Pamela era rientrata e Zachary pure.

Ethan spinse l’anta di castagno mentre la voce allegra di Zachary dava loro il benvenuto:

«Vedo che ve la spassate, bravi ragazzi!»Liz scandagliò Zachary con lo sguardo. Come mai era a

casa così presto?Doveva essere appena tornato dal museo di Aberdeen.

O, per lo meno, lui senz’altro avrebbe dichiarato di arrivare

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da là. Era “l’uomo della verità” ma mentiva, mentiva sem-pre. Era stato costretto a mentire perfino ai propri figli. Za-chary non era “solo” il patriarca dei Rochester. Era speciale. E lo era in un modo che a Liz aveva sempre fatto soggezio-ne. Era un Guardiano, ovvero un ex vampiro diventato ben più che umano. Ognuno di loro doveva tutto a Zachary, alla sua lungimiranza, alla sua pazienza. Altro che lei e altro che Figlia di Zoroastro! E il pensiero di quanto fosse ancora pronunciato con reverenza quel nome la mosse a ilarità.

Gli occhi penetranti sopra il pizzetto brizzolato, la fis-sarono:

«È così che si saluta tuo suocero Liz? Ridacchiando?»Intanto, non avevano ancora fatto in tempo a sistemarsi

tutti all’interno che Christabel si era già lanciata nel reso-conto.

«Dovevi vedere nonno! La zia tirava giù alberi alti come il castello con un colpo!»

«E il maniero? È ancora in piedi…», osservò Zachary con finta delusione poi sorrise.

Abbracciati, Liz e Ethan, si diressero alle scale per salire verso i propri appartamenti dove si sarebbero cambiarti per la cena. Avevano trascorso un’altra lunga giornata serena.

Liz col cuore ricolmo di tenerezza, mise il piede sul pri-mo gradino e fu allora che la vide. Sopra il vassoio dello scrittoio c’era una busta candida con un sigillo rosso.

«Me l’hanno consegnata ad Aberdeen», spiegò la voce di Zachary.

Il cuore le batté forte.Ethan ridiscese velocemente il gradino e prese in mano la

busta, la rigirò, l’annusò. Poi fissò Liz con occhi inquieti.Fecero un respiro all’unisono e infine con la mano un

po’ troppo rapida, Ethan staccò il sigillo e aprì l’involto.

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Ne estrasse un foglio che sembrava fatto di pergamena, aveva un timbro a secco, la scrittura era corsiva e… vergata in latino. Liz trattenne il respiro poi si rilassò. Niente pau-ra, Ethan stava già traducendo.

«Con il parere favorevole del Sacro Consiglio per la Fa-miglia, Sua Santità…»

Che genio era. Sapeva tutte le lingue lui. Poi una sbir-ciata oltre la sua spalla e la versione inglese si stagliò in tutta chiarezza in fondo alla pagina. Liz gli diede una manata.

Ethan sorrise sornione. Ma la bocca si appiattì e le so-pracciglia cominciarono a sollevarsi. Poi man mano prose-guì nella lettura:

«…potranno accedere ai sacramenti e contrarre sacro vincolo solo dopo congruo periodo di castità e prepara-zione connotato da tre prove corrispondenti ai sacramenti validi per giungere allo sposalizio:

La consacrazione della mente filosofica solo possibile con la prova della vanità delle cose terrene;

La consacrazione del corpo, ovvero del sorgere del cor-po filosofico e del corpo incontaminato;

La consacrazione dello spirito, ovvero della purifica-zione delle azioni con la tempra nel giudizio e nell’azione morale.»

Silenzio. Poi la voce di Liz sembrò uscire da una grattugia: «In che senso “castità”, Ethan? — pausa — E… “con-

gruo”?»