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Introduzione L’attività teatrale è un grande strumento per favorire la consapevolezza dentro di noi e nella relazione con il mondo, al fine di rispondere a domande fondamentali per la vita di ogni essere umano: chi sono? da dove vengo? dove vado? qual è il senso della vita, la mia vita? Nasce da questa semplice e complessa istanza l’esigenza di raccogliere le esperienze di collaboratori e colleghi, ponendo l’attenzione allo spazio interme- dio tra arte teatrale e terapia di gruppo, tra creatività psicofisica e allestimento scenico, tra funzione educativa e funzione terapeutica del teatro. Nelle precedenti pubblicazioni ho cercato di rispondere in modo sistematico alla domanda del perché far teatro susciti benessere mentale e fisico. In quest’ul- timo lavoro vorrei offrire strumenti e idee pratiche di intervento a coloro che operano nei campi della cura, dell’educazione e della riabilitazione. I concetti teorici schematizzati nelle prime pagine servono per orientarsi nella prassi degli esercizi e delle esperienze riportate in forma di resoconto di lavoro da studenti e da collaboratori. Mi auguro che questo libro, ricco di spunti operativi, favorisca l’apertura alla creatività e alla trasformazione individuale in vista della costruzione di piccole o grandi opere teatrali di gruppo.

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INTRODUZIONE 9

Introduzione

L’attività teatrale è un grande strumento per favorire la consapevolezza dentro di noi e nella relazione con il mondo, al fi ne di rispondere a domande fondamentali per la vita di ogni essere umano: chi sono? da dove vengo? dove vado? qual è il senso della vita, la mia vita?

Nasce da questa semplice e complessa istanza l’esigenza di raccogliere le esperienze di collaboratori e colleghi, ponendo l’attenzione allo spazio interme-dio tra arte teatrale e terapia di gruppo, tra creatività psicofi sica e allestimento scenico, tra funzione educativa e funzione terapeutica del teatro.

Nelle precedenti pubblicazioni ho cercato di rispondere in modo sistematico alla domanda del perché far teatro susciti benessere mentale e fi sico. In quest’ul-timo lavoro vorrei offrire strumenti e idee pratiche di intervento a coloro che operano nei campi della cura, dell’educazione e della riabilitazione. I concetti teorici schematizzati nelle prime pagine servono per orientarsi nella prassi degli esercizi e delle esperienze riportate in forma di resoconto di lavoro da studenti e da collaboratori.

Mi auguro che questo libro, ricco di spunti operativi, favorisca l’apertura alla creatività e alla trasformazione individuale in vista della costruzione di piccole o grandi opere teatrali di gruppo.

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LA CORNICE TEORICA 11

La cornice teorica

Il teatro

Le origini del teatro sono collocate contestualmente alla storia della civiltà e della religione; infatti, l’ipotesi più credibile è che il teatro derivi direttamente dalle forme rituali che le comunità umane primitive hanno adottato al fi ne di strutturare la vita sociale.

Il rito si dissocia dai tempi della vita quotidiana, è legato a un luogo diverso da quello in cui l’essere umano vive abitualmente. In esso avviene la trasforma-zione: ne sono un esempio i riti di passaggio, quando l’adolescente, attraverso alcune prove di coraggio, si prepara psicologicamente ad assumere il nuovo ruolo di adulto, abbandonando il proprio status di bambino. L’esperienza del rito — come quella del teatro — ha in sé le metafore del viaggio, della paura, del pericolo e della prova: elementi che sfociano nella performance, un atto creativo di retrospezione.

In epoche successive, il teatro diventa un fatto sociale e educativo, uno strumento di diffusione della cultura — pensiamo al periodo della nascita della tragedia greca — fi no ad arrivare al teatro contemporaneo, che sposta il proprio focus sulla fi gura dell’attore, sulle sue capacità creative e sulla forza comunicativa dell’azione corporea.

È proprio da questi principi che prendono spunto i primi riferimenti al teatro in funzione di cura psicologica alla persona.

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12 TEATROTERAPIA

La teatroterapia

Il termine terapia ha conosciuto un’importante evoluzione in questi ultimi vent’anni. Oggi è impiegato non solo per defi nire un trattamento medico di tipo scientifi co, ma anche per indicare una cura allo sviluppo personale di tipo fondamentalmente umanistico.

Noi lo usiamo in un’accezione che non si limita esclusivamente alla sfera medica, ma che si basa su una concezione psicosomatica della salute nonché di rinascita dei valori umani proprio grazie alla malattia, al disturbo o alla crisi.

Riaffermiamo quindi la legittimità dei termini con i quali defi niamo le artiterapie, la musicoterapia e la teatroterapia come processi pedagogici di crescita e di sviluppo della persona.

Ciò è ancora più legittimo se, facendo appello alla creatività e alla capacità di comunicare il disturbo tramite i linguaggi delle arti, collochiamo il benessere fi sico, psichico e sociale a quel nucleo identitario permanente — il Sé — che caratterizza l’esistenza individuale.

Oggi la teatroterapia è proponibile a chiunque desideri far teatro per capire meglio se stesso. Essa «implica l’educazione alla sensibilità, alla perce-zione del proprio corpo e agisce attraverso la rappresentazione di personaggi extraquotidiani, principalmente improvvisati, e si struttura su un minuzioso lavoro pre-espressivo indispensabile alla creazione di gesti che rendono possibile e consapevole la reazione simbolica».1

Questa è la defi nizione «scientifi ca», ma l’obiettivo della sessione di tea-troterapia è semplicemente quello di rendere armonico il rapporto tra corpo, voce, mente e spirito nella relazione con gli altri, se stessi e la propria creatività interpretativa.

Gli effetti delle sedute di gruppo, quando sono veramente salutari, pro-ducono benessere sul singolo anche a distanza di tempo dalla seduta stessa, poiché gli stimoli ricevuti entrano a far parte di un’esperienza profonda che può essere integrata nella vita di tutti i giorni.

I luoghi e le persone

La teatroterapia ha ricadute riscontrabili in diversi campi, tutti orientati alla salute psicofi sica del soggetto. Abbiamo individuato cinque aree di intervento.

1 Defi nizione data dalla Federazione Italiana Teatroterapia. Vedi il sito: www.fedteatroterapia.it.

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LA CORNICE TEORICA 13

L’intervento preventivo

Il teatro agisce positivamente su eventuali blocchi della creatività, nonché su alcuni aspetti psicologici, quali timidezza, paura di parlare in pubblico, balbuzie e paura del contatto con l’altro.

Inoltre, lavora sulle resistenze ad assumere nuovi ruoli nella vita reale, aiutando a uscire dal personaggio-maschera che ognuno si crea e con il quale si sente protetto, evitando altri ruoli che possono aiutare la propria crescita e il proprio sviluppo. In questo senso, il teatro facilita e incrementa la fl essibilità mentale dell’individuo e la sua possibilità di mostrarsi in modo differente in nuovi ambiti.

In questo tipo di intervento, uno degli elementi fondamentali è rappresen-tato dall’autoanalisi, in altri termini dal raggiungimento della consapevolezza che la propria personalità è costituita da diverse componenti, che possono essere gestite, facilitando quindi la rimozione di alcuni blocchi psicologici.

L’aspetto preventivo è dato dalla coscienza che solo attraverso il proprio sviluppo psicologico e relazionale si favorisce il mantenimento della salute mentale.

L’intervento curativo

L’intervento curativo della teatroterapia è dato dall’attenzione verso gli aspetti vitali e creativi espressi attraverso nuove interpretazioni di ruolo, favorendo così la gestione dei confl itti consci o inconsci.

Per mezzo dello spazio scenico — un luogo protetto dove poter esprimere liberamente il proprio Io autentico — la teatroterapia aiuta i soggetti nevrotici, depressi o borderline a sentirsi liberi di determinare le loro capacità espressive. La ripetizione del gesto teatrale consente di riscoprire una struttura dove poter sviluppare il proprio Io adulto per mezzo della consapevolezza corporea e delle relazioni sceniche.

Il teatro in forma di cura psicologica può essere utilizzato in tutte le situazio-ni, in quanto l’espressione teatrale apre, lentamente e dolcemente, alcuni nuovi spiragli di comunicazione che facilitano un cambiamento di atteggiamento della persona nel rapporto con il resto del mondo.

Più delicata è l’applicazione della teatroterapia in soggetti con problemi di psicosi gravi, in quanto la teatroterapia stimola un nuovo orientamento dell’Io attraverso la mediazione drammaturgica e antropologica. L’intervento, in questi casi, va condotto da teatroterapeuti esperti e competenti in stretta collaborazione con medici e psichiatri.

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14 TEATROTERAPIA

L’intervento riabilitativo

L’intervento riabilitativo a mediazione teatrale è utile in quei soggetti in fase di recupero e di inserimento sociale come tossicodipendenti, carcerati, alcolisti, oppure in soggetti diversamente abili che sono stati posti ai margini della società per la loro condizione; l’utilizzo dell’esperienza teatrale li guida a riguadagnare coscienza delle proprie capacità immaginative, motorie e spontanee, nonché a prendere consapevolezza del proprio passato e riscattarsi da esso. Anche in questo caso improvvisare nuovi copioni sulla scena è di estrema importanza, perché consente a queste persone di progettare il proprio futuro. Il ruolo di attore è un momento decisivo, in quanto aiuta a far fronte ai traumi attraverso l’interpretazione di personaggi.

L’intervento educativo e formativo

Questo tipo di intervento è ormai entrato nel mondo della scuola, per cui in quasi tutti gli ordini scolastici si effettuano corsi di teatro, non solo per gli alunni e gli studenti, ma anche per gli insegnanti.

La teatroterapia compie, però, un passo avanti rispetto ai corsi di teatro o di animazione, in quanto non costringe i ragazzi e le ragazze a ruoli prefi ssati o imposti, ma, attraverso l’improvvisazione, consente a ciascuno di costruirsi il proprio personaggio in base alle sue esigenze personali, facilitando la scoperta di capacità che in situazioni normali non emergerebbero. Inoltre, fondandosi non sul singolo soggetto, bensì sul gruppo in azione, sulla collaborazione reciproca, sulla fi ducia e sul rispetto dell’altro, aiuta a creare uno spirito di comunità. Pur lavorando su se stessi, sulle proprie capacità e potenzialità, gli studenti vengono quindi accompagnati a utilizzare il personaggio emerso in un contesto gruppale, che esalta le capacità e i tempi di ognuno all’interno della relazione con l’altro.

Questo stesso tipo di lavoro svolto nelle scuole può essere portato anche in ambiti aziendali e nell’educazione permanente dell’adulto.

L’intervento artistico

Quest’ultimo intervento non è da trascurare, anche se la fi nalità principale della teatroterapia è l’aspetto preventivo o curativo.

Del resto, per avere una sua validità il processo teatrale ha bisogno di confrontarsi con il pubblico, e il prodotto fi nale non può esimersi dal costruire una drammaturgia, anche perché deve apparire gradevole agli occhi dello spet-tatore.

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LA CORNICE TEORICA 15

Consapevoli che nella teatroterapia si concepisce l’arte come veicolo e non come spettacolo, dobbiamo ricordare che la ricerca artistica può rafforzare il signifi cato del processo che si sta effettuando. Siamo convinti che la riscoper-ta della creatività e della propria espressività possono essere convogliate in un pregevole lavoro artistico anche da soggetti non professionisti, in quanto ogni essere umano si può considerare un potenziale attore.

Il gruppo ideale

La teatroterapia si attua generalmente con gruppi di dieci-venti persone.Gruppi così composti rappresentano infatti una situazione collettiva in cui la

psiche si può esprimere più liberamente e pienamente che in gruppi più piccoli o più grandi. Da un punto di vista antropologico, ci riportano alla situazione di una tribù con legami identitari forti, un effi cace contesto per la creazione di uno spazio relazionale ideale per l’elaborazione culturale e lo sviluppo della solidarietà. Questi gruppi oscillano in continuazione tra la dimensione individuale e il senso di appartenenza, tra l’intrapsichico e l’extrapsichico, favorendo lo spazio in cui si alternano con relativa facilità la relazione individuo-gruppo, la formazione di coppie e il lavoro in sottogruppi.

Si possono incontrare anche gruppi più allargati di venti-trenta persone e oltre, nei quali l’individuo è «collettivizzato» e sperimenta più facilmente lo smar-rimento dei confi ni individuali in un notevole spazio di regressione e di emozioni

Fig. 1.1 Compagnia Teatro della Spontaneità, Casa Laboratorio Artite-rapie, Colico (LC) 2005.

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INDICAZIONI OPERATIVE 31

Indicazioni operative

Consigli al conduttore

Il lavoro di gruppo nella teatroterapia è espressione di energie diverse — emotiva, affettiva e intellettiva — che si compenetrano nel setting. Il processo creativo parte dall’individuo, dal piano fi sico, emotivo e mentale, e coinvolge il gruppo, che rappresenta il sociale, per poi avviarsi verso un piano, quello arti-stico, che trascende e sintetizza l’esperienza individuale con quella relazionale e culturale. Questo processo è canalizzato dal conduttore (educatore e terapeuta), che costituisce l’elemento focale del gruppo, in grado di guidare e di essere testimone del processo evolutivo. In altri termini, il conduttore è un leader che all’occorrenza sa mettere da parte il proprio egocentrismo e agisce al servizio del gruppo, per farlo crescere.

Il primo compito del conduttore è la fondazione del setting e la cura delle sue dinamiche. Le dinamiche di gruppo, infatti, avvengono in un campo defi nibile come «la situazione totale» (il setting, appunto), ovvero l’insieme di tutti gli eventi osservabili (circostanze oggettive della realtà e regole esplicite o implicite).

Il conduttore è disposto a giocarsi diversi ruoli in diverse situazioni: leader-terapeuta, guida, uno del gruppo-paziente, individuo poco invasivo in empatia con il gruppo. Pensiamo quindi a un conduttore — per dirla con Foulkes (1975) — «primo paziente del gruppo», vero e proprio «condensatore» delle forti correnti dinamiche che attraversano il campo relazionale, il quale al fi ne di aiutare gli altri a divenire quello che sono dovrebbe intuire quando offrire sostegno contenitivo al

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gruppo, quando essere discreto, mostrando la capacità di stare in disparte, sullo sfondo, e quando porsi in posizione di ascolto di sé, oltre che del gruppo.

Dato che la teatroterapia è una psicoterapia di gruppo a mediazione cor-porea che si basa sull’azione psicofi sica, anche il conduttore agisce a tutti gli effetti come membro del gruppo, partecipando attivamente al movimento, alle azioni sceniche, al contatto corporeo e sensoriale con gli altri componenti del gruppo stesso.

La condivisione e le discussioni coinvolgono tutti i partecipanti. La libera discussione di sensazioni, stati d’animo e problemi serve anche a svelare interazioni complesse di tipo simbolico, mitologico e transpersonale. Il conduttore ha il compito principale di tenere insieme l’intero gruppo e mettere ogni persona in grado di prendere parte attiva all’azione.

Il leader-terapeuta è la variabile più importante, che determina la cultura e le tradizioni prevalenti nel gruppo.

Programma di esercizi per la composizione delle sedute

Principi generali

Quando si progettano le sedute, si deve tener conto dei seguenti aspetti:

FINALITÀ E OBIETTIVI:

– allentare le tensioni psicocorporee con tecniche di rilassamento, tecniche vocali e percezioni sensoriali;

– prendere coscienza dei movimenti corporei;– sviluppare la padronanza delle azioni e la concentrazione psicofi sica;– apprendere un nuovo linguaggio corporeo;– provarsi in nuovi copioni comportamentali attraverso il gioco dell’improvvisa-

zione di personaggi;– verifi care verbalmente l’integrazione cognitiva tra il personaggio che ero e

quello che vorrei essere.

PROCESSO EDUCATIVO-TERAPEUTICO:

– iniziazione a un linguaggio nuovo in uno spazio «protetto» per lo sviluppo delle proprie potenzialità artistiche;

– stimolo del transfert gruppale: guardando, toccando e agendo con l’altro vedo me stesso nell’altro;

– immedesimazione con il personaggio e sviluppo delle proprie capacità espres-sive e relazionali;

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INDICAZIONI OPERATIVE 33

– integrazione di vari aspetti dell’individuo come soggetto a più dimensioni in una dimensione di gruppo.

LIVELLI DELL’ESPERIENZA:

– sensoriale, tecnico, regressivo, pre-espressivo;– estetico, espressivo, affettivo e relazionale;– cognitivo, analitico e artistico post-espressivo.

Esercizidi Silvia Poletti1

Il ventaglio di esercizi che vi propongo intende essere uno stimolo operativo fl essibile che possa servire alla composizione delle sedute di teatroterapia in base alle esigenze dell’utenza e alle competenze del conduttore.

Questa proposta nasce da due ragioni: la prima è che la validità di un inter-vento consiste nella capacità di personalizzare la conduzione. Gli esercizi elencati sono un campionario di possibilità operative, che verranno selezionate a seconda delle variabili contestuali, tra cui: le dinamiche relazionali che si instaurano nel gruppo, i vari setting di lavoro, la tipologia dei partecipanti, ecc. La seconda ragione è di tipo funzionale-metodologico: una rassegna di esercizi è di comoda applicazione per ogni situazione e può essere diluita nel tempo. Naturalmente è sempre meglio condurre gli interventi con l’ausilio di un esperto del settore.

Per facilitare l’applicazione, il ventaglio di esercizi è già distinto in tre mo-menti:

a) Riscaldamento: esercizi iniziali o inframmezzati tra un gioco e l’altro, fi nalizzati a favorire la concentrazione, il recupero di energia, la distensione, lo sciogli-mento di pensieri e tensioni corporee.

b) Spontaneità: esercizi per stimolare, suscitare, risvegliare, dare l’avvio all’azione immediata.

c) Improvvisazione: esercizi di improvvisazione vera e propria.

Camminare (a)

Le varianti di questo esercizio sono molteplici: aumentare e diminuire l’andatura seguendo un’ideale scala di velocità da 1 a 10; appoggiare i piedi in modi diversi; prestare attenzione a come si modifi ca l’andatura; osservare un

1 Operatrice in teatroterapia, attrice e educatrice, lavora a Omegna (VB) e a Milano come libera professionista in scuole, carceri e istituti per disabili. Ha al suo attivo numerosi apparizioni in attività concertistiche in qualità di voce recitante.

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compagno da lontano senza farsi vedere e tallonarlo; camminare liberamente; camminare concentrandosi sulle singole articolazioni, muovendole, sciogliendo i nodi, i blocchi; tenendo la schiena dritta, camminare con un compagno, il quale ti trattiene tenendoti per la vita con l’aiuto di un golf.

Il corpo si scioglie, occupa lo spazio.

L’onda (a)

Con una musica adeguata di sottofondo, immaginare di essere immersi nell’acqua, rilassare il nostro corpo, lasciare che si muova con fl uidità, senza ostacoli, come cullato.

Dopo questa sensazione individuale, dividersi in gruppi: un partecipante è al centro, gli altri lo stringono in un abbraccio che lo culla e lo sostiene con un movimento simile all’onda. Dal senso di coesione, di accoglimento, di movimen-to fl uido eppure sicuro, dipende il grado di fi ducia e di abbandono che chi è al centro riuscirà a provare.

La corda che tira (a)

Una corda immaginaria tira una parte del nostro corpo — una spalla, un ginocchio, ecc. — e tutto il resto segue questo movimento, inizialmente con delle pause fra uno spostamento e l’altro, poi con fl uidità e continuità.

Gioco di conoscenza dello spazio e degli ogg ett i (a)

Il gioco prevede diverse fasi: dapprima ci si muove liberamente nello spazio, nominando gli oggetti che si incontrano nel cammino, poi si nomina l’oggetto associato a una qualità, infi ne si racconta qualcosa ispirati da questo oggetto.

L’energia (a)

Sentire l’energia che uscendo dal plesso solare si trasforma in un movimento e confrontarsi con la forza degli altri.

Magma, terr a, vento, acqua (a)

Sentire la potenza degli elementi primordiali, le vibrazioni che scendono lungo la schiena e le membra che viaggiano attraverso mondi mai vissuti.

Le articolazioni (a-b)

In un primo momento, il movimento nasce da un impulso che parte da un punto preciso del nostro corpo e poi viene seguito da tutto il resto del corpo senza

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bacino che ha fretta», ecc.) aumentando e diminuendo l’andatura, appoggiando i piedi in modi diversi; camminare a ritmo di musica, interagendo con i compagni, in modo da arricchirsi del movimento degli altri e donare il proprio.

È anche possibile accostare movimento e parola: dapprima ciascun parte-cipante passeggia liberamente nella stanza, osservandone i particolari, come lo zoom di un regista; poi, dopo aver scritto i particolari della stanza che lo hanno colpito, sottolinea una sola frase che rappresenta il cuore del testo e la legge al gruppo. Infi ne, tutte le frasi vengono accostate in modo da formare una nuova poesia. I partecipanti possono anche creare possibilità poetiche nuove cambiando gli accostamenti e migliorandone l’esposizione come veri registi.

Costruiamo la nostra maschera (b)

L’esercizio consiste nel costruire una maschera in modo istintivo, lasciando quasi che le mani lavorino da sole usando il materiale a disposizione (carta velina colorata, carta bianca, forbici, colla, graffette, ecc.). Costruita la maschera, è il momento della rappresentazione: si mette la musica e ogni personaggio si muove nello spazio, incontra gli altri, si ferma.

Rendere viva la maschera (c)

A coppie si inventa una scena utilizzando i personaggi in maschera prece-dentemente defi niti.

Esercizi a tema specifi co

Presentiamo qui di seguito le schede di esercizi a tema per perseguire obiettivi specifi ci: dalla presa di coscienza dello schema corporeo allo sviluppo delle possibilità respiratorie, dalla consapevolezza fonetica alla capacità espressiva gestuale, dall’elaborazione rituale alla consapevolezza sensoriale.

Queste schede danno la possibilità di scegliere l’esercizio a secondo delle fi nalità e degli obiettivi che si vogliono ottenere.

Training fi sico dell’attore

Durante il training fi sico, l’attore si allena al linguaggio pre-espressivo tecnico ed espressivo creativo. Quelli che seguono sono esercizi tipici:

– Acrobatica elementare: singolarmente, eseguire capriole, candela, salti, ruote; a coppia, salire sulle spalle del compagno e mantenere l’equilibrio.

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INDICAZIONI OPERATIVE 41

– Movimenti del corpo nei suoi vari segmenti: tutti i possibili movimenti di testa, guance, bocca, lingua, collo, spalle, gomiti, mani, torace, addome, bacino, gambe, piedi.

– Alterare l’equilibrio: portare il peso del corpo su punte dei piedi, talloni, su un piede e sull’altro.

– Trovare le dinamiche delle forze opposte: lanciare un ipotetico disco avvitando il corpo; dinamica del salto in tutte le direzioni.

– Improvvisazione: su movimenti liberi nello spazio, creare gesti inconsueti la-sciandosi guidare da immagini che emergono dal movimento corporeo.

– Costruzione scenica: defi nire l’improvvisazione con gesti, suoni vocali e ritmi studiati e ripetuti più volte con la massima precisione.

– Rappresentazione: presentazione al gruppo da parte dell’attore delle sue azioni, ritmi, suoni vocali, testi.

Esercizi pre-espressivi di respirazione e suono vocale

L’inspirazione e l’espirazione sono espressione della nostra esperienza inte-riore ed esteriore. Quando respiriamo profondamente, espandiamo e contraiamo. Possiamo accogliere il mondo dentro di noi fi no in fondo solo se siamo in grado di lasciare uscire il respiro completamente. Inspirando si crea una vibrazione che dall’esterno va verso l’interno, espirando si crea una vibrazione opposta che dall’interno si direziona verso l’esterno. Una buona respirazione ci aiuta a trovare un soddisfacente equilibrio fra le due dimensioni dell’essere.

FASE 1

Provare la capacità respiratoria, in volume d’aria, che si è in grado di immet-tere nell’organismo. Per far ciò, si espelle tutta l’aria fi no all’ultimo soffi o. Quando tutto il cavo orale è compresso dal vuoto d’aria si avrà una reazione dell’organismo che riprende aria in modo vigoroso. Si è così ottenuto un respiro profondo.

FASE 2

Lasciare uscire un suono quando si espira e cercare di tenerlo il più a lungo possibile. Ripetere per venti volte con suoni vocali diversi (A, E, I, O, U).

FASE 3

Ascoltare il silenzio e seguire il respiro per sessanta secondi circa. Riprendere gli esercizi esercitandosi sui suoni bassi con le vocali U e O.

Immaginare una caverna nera e tenere il suono lungo, usando il ventre come cassa di risonanza.

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INDICAZIONI OPERATIVE 47

Alla fi ne di ogni azione si consiglia di scrivere le proprie impressioni in forma di poesia, iniziando ogni strofa con le parole «sento che»:

Sento chenelle masse immobili piene di misterole tenebre regalano un fascino secolarecome un fuoco caduto sulla terrache rivive nel riflesso del lago.

Sento chenel profumo della sera non sono solole montagne delimitano lo spazio del mio corpo come un manto ventoso sulla luna che rivive nel profumo della sera.4

Come allestire uno spettacolo

Premessa psicologica e artistica

Come abbiamo già avuto modo di sottolineare, lo spettacolo di primo livello in teatroterapia è detto transizione, termine che vuole indicare la forma che prende la drammaturgia costruita a partire dalle istanze dell’Io dell’attore e che procede verso l’azione del corpo nello spazio, l’elaborazione del testo per lo più «inventato» dal suo autore-attore e la costruzione della narrazione collettiva. La transizione non è uno spettacolo vero e proprio, ma una performance nella quale le forme fl uide del processo creativo cedono il posto alle strutture della narrazione scenica e dalla forma confusa del vissuto si passa alla creazione drammaturgica.

Nel processo della teatroterapia, spesse volte la drammaturgia di primo livello indica il punto di passaggio che consente all’Io dell’attore di transitare attraverso le innumerevoli visioni di sé verso l’evoluzione personale, relazionale e sociale. Infatti, nella prima fase della costruzione durante l’improvvisazione, l’Io perde potere ed esce da una visione ristretta di sé (egocentrica) per raggiungere altre dimensioni, dove la persona inizia a percepirsi nello spazio dilatato del personaggio.

A questo proposito, Copeau sostiene: «Voi dite di un attore che entra in una parte, che si mette nella pelle di un personaggio. Mi sembra che questo non sia

4 La poesia è di Daniel Sangalli. Per un esempio di esperienza percettiva, vedi il contributo di Anna Russo nel terzo capitolo.

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esatto. È il personaggio che si avvicina all’attore, che gli domanda tutto quello di cui ha bisogno per esistere a spese di lui e che a poco a poco lo rimpiazza nella sua pelle. L’attore si sforza di lasciargli il campo libero».5

In questo primo livello di possessione scenica, le battute del copione na-scono dalla personalità dell’attore. Per esempio, parlando di sé in terza persona l’attore dà voce al personaggio che l’Io, attraverso il gioco dell’interpretazione, può integrare pienamente, facilitato da un certo distacco emotivo dovuto proprio al racconto in terza persona.

Nella fase di riscaldamento si applicano alcuni fattori fi sici (peso, equilibrio, posizione della colonna vertebrale, direzione dello sguardo) che producono nel corpo tensioni organiche pre-espressive. Queste nuove tensioni generano una diversa qualità dell’energia, rendendo il corpo teatralmente pronto: esso manifesta lo status dell’attore, la sua «presenza», il suo bios scenico che attira l’attenzione dello spettatore. Il lavoro dell’attore è il risultato della fusione di tre aspetti che si riferiscono a tre distinti livelli di organizzazione:

– la personalità dell’attore, la sua sensibilità, la sua intelligenza artistica, la persona sociale che lo rende unico e irripetibile;

– la particolarità della tradizione e del contesto storico-culturale;– l’utilizzazione delle tecniche del corpo (apprenderle per superarle).

L’attore provvede alla composizione del campo con l’ausilio delle proprie capacità tecniche, contribuisce alla formazione del campo e nello stesso tempo ne è formato. L’improvvisazione teatrale, dalla quale si attinge il materiale per costruire lo spettacolo, è la drammatizzazione di situazioni esistenti nella realtà interna del singolo attore. Infatti, due persone che improvvisano creano un’opera narrativa «aperta» da sviluppare nel qui e ora che rinuncia all’applicazione dei codici utilizzati quotidianamente. Questo non può che spaventarci, ponendoci di fronte a un’azione che non è più ancorata a modelli esaustivi (codifi cati), ma è imprevedibile nel suo svolgimento.

Il personaggio che si defi nisce nell’improvvisazione per l’uomo-attore ha diversi signifi cati da un punto di vista psicologico: oltre a essere l’oggetto del transfert (il trasferimento di emozioni e fantasie circa le fi gure parentali), l’oggetto del rimosso (parte di sé da integrare), e contemporaneamente anche l’oggetto del desiderio, rappresenta pure la possibilità di riscatto, di accettazione, il collegamento interno-esterno, individuo-collettivo, la possibilità di cambiare atteggiamento e comportamento.

5 J. Copeau, citato in E. Barba, La canoa di carta. Trattato di antropologia teatrale, Bologna, Il Mulino, 1993, p. 193.

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INDICAZIONI OPERATIVE 49

Il personaggio non è il Sé dell’attore, è la sua trasformazione. Il Sé è un campo d’energia che trova nel personaggio un punto di transito; nei personaggi, l’attore ha la possibilità di sperimentare e tollerare versioni molteplici del Sé.

Procedimento

Riportiamo qui una possibile sequenza per la costruzione drammaturgica.

FASE 1

Si agisce su un atto poetico stimolato da un testo teatrale, una fi aba, un racconto, una poesia, un tema o qualsiasi altro spunto (un sasso, una foglia, un colore, ecc.), che riveste il ruolo di collegamento tra sé e l’ignoto (il futuro personaggio).

FASE 2

Si agisce un’azione corporea e vocale creando un clima di disponibilità e di relazione di gruppo (massaggi, canti, giochi, training fi sico e vocale) e quindi s’inserisce il lavoro drammaturgico, lasciando scegliere alle persone il loro personaggio e il loro ruolo.

FASE 3

Ogni attore elabora il proprio personaggio raccontandone la storia, trovando oggetti signifi cativi, eventuali costumi. Da ciò scaturiranno, in un secondo tempo, le improvvisazioni che creano la vera e propria relazione dramma-turgica fra i partecipanti.

FASE 4

Ora l’azione drammaturgica è una situazione strutturata con unità di tempo e luogo. Tutto il resto è improvvisato.

FASE 5

Si provano le diverse scene. Infi ne si può stendere il copione defi nitivo e giungere allo spettacolo.

L’osservazione dei cambiamenti

Premessa

L’osservazione è un momento fondante della ricerca scientifi ca che richiede il prendere in considerazione la complessa interazione tra il soggetto che osser-

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ESEMPI ED ESPERIENZE 53

Esempi ed esperienze

Due esempi di sedutadi Francesca Bellandi1

Riportiamo qui di seguito due esempi di seduta sul tema della spontaneità e dell’improvvisazione.

Seduta di teatroterapia sul tema della spontaneità

FINALITÀ E OBIETTIVI: dare la possibilità ai partecipanti di sperimentare il gioco e l’azione spontanea, scaricare parte dell’aggressività attraverso il movimento del corpo nello spazio.

TEMPO DI REALIZZAZIONE PREVISTO: 2 ore.TIPOLOGIA DELL’UTENZA: adatta a tutti.LUOGO: stanza spaziosa, ben illuminata, libera da oggetti che possano limitare il movimento

nello spazio.ABBIGLIAMENTO: per questo incontro sono state date indicazioni particolari, quali entrare

nella stanza — in silenzio — senza scarpe, con calze anti-scivolo, abiti comodi e senza monili (collane, bracciali, orecchini, ecc.).

SETTING: cuscini nel centro della stanza, lettore Cd in un angolo.MATERIALI: cuscini, lettore Cd.

3

1 Operatrice in teatroterapia e riabilitazione psichiatrica, nonché operatrice teatrale presso l’Associazione «L’Intreccio» di Pisa.

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54 TEATROTERAPIA

Accoglienza (15 minuti)

La conduttrice accoglie i partecipanti, che si sono conosciuti in un incon-tro precedente e, come in quell’occasione, li invita a sedersi sui cuscini posti in cerchio nel centro della stanza. A un primo momento dedicato ai saluti segue uno spazio per i commenti alla seduta precedente e per raccontare le emozioni della settimana.

Primo gioco sui nomi (10 minuti)

Terminati i commenti ci si alza e con un gioco si ripassano brevemente i nomi dei partecipanti: tutti in piedi si mantiene il cerchio, chi desidera iniziare si sposta e comincia a camminare dietro ai compagni fi no a quando ne riconosce uno e accostandosi a lui ne pronuncia il nome e, se questo è corretto, prende il suo posto. Il nominato comincia a camminare e così via, fi no al termine del gruppo.

Riscaldamento (10 minuti)

Si comincia il riscaldamento sciogliendo gli arti inferiori e superiori, i muscoli del collo e della faccia. Oggi si proporrà al gruppo di introdurre anche i suoni delle vocali nell’esercitare la mimica della bocca.

Movimento: prima fase (20 minuti)

La conduttrice invita i partecipanti a muoversi liberamente nello spazio focalizzando l’attenzione sul proprio corpo, sulla camminata e sul respiro.

Pochi minuti dopo darà la consegna del gioco «Il ballo dell’atatac», che consiste nel formare delle coppie o dei gruppi di tre e ballare così raggruppati in modo spontaneo al ritmo della musica continuando lo spostamento nella stanza. I brani musicali previsti sono i seguenti:

I. Get the money di Goran BregovicII. Brani tratti dalla colonna sonora di Cowboy Bebop2

III. Ussa sa (Chernobyl) di Acquaragia DromIV. Dubuque di George Winston.

Quando il ballo diventa troppo strutturato e ripetitivo, la conduttrice fa entrare i partecipanti nel vivo del gioco dando nuove indicazioni che porteranno gradualmente le coppie (o i gruppi) da un primo contatto visivo fi no a un buon

2 Una serie televisiva giapponese con musiche di Yoko Kanno.

ˇ

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ESEMPI ED ESPERIENZE 55

contatto corporeo, attraverso le seguenti fasi: ballare fi ssandosi intensamente negli occhi senza toccarsi – cambio – con le sole mani unite – cambio – con i soli gomiti uniti – cambio – con le sole ginocchia unite – cambio – con le teste unite – cambio… e così via fi no ad avere l’intero corpo in contatto con quello dell’altro (sulle note del quarto brano scelto).

Movimento: sec onda fase (20 minuti)

Dopo qualche minuto di movimento libero nello spazio per riprendere fi ato ed energie, si passa al terzo gioco della seduta. Si tratta del gioco «Ala Ala», di tradizione senegalese, che ho modifi cato in alcuni passaggi per dar modo ai partecipanti di sperimentare diverse posizioni del corpo nello spazio.

Questo gioco prevede che i partecipanti si mettano in cerchio gli uni ac-canto agli altri il più vicino possibile nelle posizioni che preferiscono (in piedi, seduti, sdraiati, di lato, ecc.) tranne uno che deve stare al centro del cerchio e che assume il ruolo di prigioniero.

I carcerieri cantano «Ala ala mandir bagio, ala ala docifar!» scandendo il ritmo con il battito delle mani. Il compagno prigioniero deve cercare di «sfondare» la barriera del cerchio per liberarsi tenendo le braccia dietro la schiena e soprat-tutto assumendo posizioni simili alla persona che sta caricando: può provare a spingere, passare tra gli spazi vuoti, fare piccoli dispetti, ma sempre tenendo la posizione del compagno che ha di fronte.

Movimento: terza fase – rilass amento (15 minuti)

Si propone il rilassamento mantenendo il tema della giornata, quindi con un gioco chiamato «L’autolavaggio»: i giocatori si dispongono in due fi le, una di fronte all’altra; la prima parte di questa doppia fi la fa l’insaponatura, la seconda le spazzole e la terza il risciacquo e l’asciugatura. Uno alla volta i giocatori si mettono all’inizio della fi la e, dopo aver dichiarato che tipo di auto si sentono e il proprio anno di costruzione, devono lasciarsi trasportare dalla macchina di lavaggio.

Uniche indicazioni sulle modalità di contatto sono la lentezza e la delicatezza per la testa e le parti più delicate del corpo.

Movimento: quarta fase (15 minuti)

In questa fase si propone un gioco che non è strutturato, ma dà la possibi-lità a ogni partecipante di essere spontaneamente protagonista. La consegna al gruppo è di mettersi in cerchio e, uno alla volta, portarsi al centro per chiedere a un singolo o all’intero gruppo di fare qualcosa per lui. Le richieste saranno le

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ESEMPI ED ESPERIENZE 61

Francy: «Ho avuto un viaggio un po’ mio, dialogo evolutivo con Roberta: nella danza a occhi chiusi con una persona del gruppo ho ricreato la stessa storia che avevo raccontato a parole. Quando sono tornata da Roberta e l’ho guardata negli occhi, per un attimo ho visto tutta la sua vita».

Lavoro del pomeriggio

Riscaldamento con il bastone: camminata libera nello spazio, uno o più bastoni girano fra le persone. Quando si riceve il bastone lo si rilancia subito alla prima persona che si incontra con gli occhi.

Seguendo la dinamica del riscaldamento, ogni volta che il bastone cade il gruppo si ferma; chi ha fatto cadere il bastone racconta la sua storia sempre con intenzione contrastante — raccontando per esempio la barzelletta in modo triste — rispetto alla modalità del racconto.

Poi con lo stesso compagno della mattina si procede a coppie, disegnando la sua sagoma su grandi fogli bianchi. Al termine, ciascuno può personalizzare la propria sagoma.

Esempio di sociodramma: ognuno utilizza la propria sagoma come fosse il manifesto elettorale di un partito. A turno ciascuno presenta il proprio manifesto davanti al gruppo, diviso in due giurie: una favorevole e una contraria. Le giurie commenteranno in seguito la proposta elettorale di ciascuno.

Ripresa fi nale delle proprie storie: al centro della stanza è stata messa una sedia con la bombetta nera, il gruppo cammina liberamente nello spazio. Quando qualcuno se la sente, indossa la bombetta e sceglie di raccontare una delle due storie, mantenendo l’intenzione contrastante.

Canto fi nale in cerchio.

Resoconto di un’esperienza di teatro-danzadi Mattia Toscani5

L’esperienza che voglio raccontare si è svolta presso la scuola di danza «Era Acquario», che ha sede a Parma. La scuola è stata fondata ed è attualmente diretta da Lucia Nicolussi Perego, danzatrice coreografa e psicologa. Lucia ha

CON LE PERSONE DIVERSAMENTE ABILI...

5 Operatore in teatroterapia, è insegnante presso un istituto tecnico di Parma. Collabora con il Dipartimento di Studi politici dell’Università di Parma ed è docente a contratto di Sociologia dell’handicap.

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62 TEATROTERAPIA

un’esperienza pluriennale di relazione con soggetti diversabili: dal 1987 collabora con l’Anfass e ha lavorato, fra gli altri, anche con il «Teatro Lenz», compagnia di ricerca teatrale che vede all’opera come artisti alcuni soggetti diversabili. L’ap-proccio non è dichiaratamente danzaterapeutico, ma nei suoi corsi sono sempre inseriti soggetti diversabili accanto a «normodotati»; inoltre, i corsi tradizionali sono affi ancati da alcuni progetti speciali, in cui i protagonisti sono tutti, o pre-valentemente, diversabili. A questo proposito, Lucia ha coniato un’espressione che trovo bellissima per defi nire coloro che per la società sono solo «disabili» o «handicappati»: altrimenti sensibili, a indicare la capacità espressiva delle emozioni, leggibili nel corpo trasparente di queste persone («corpo trasparente», invece, è mia...).

Ho personalmente seguito due esperienze nell’arco di oltre un anno e mezzo di ospitalità presso la palestra della scuola, ambiente con dimensioni 8 x 13 metri (una parete lunga, di fronte all’ingresso, è interamente coperta da specchi). Il pa-vimento è in legno, ci sono fi nestre grandi lungo i lati brevi, sbarre per esercizi di danza classica sul lato lungo dalla parte della porta di accesso al locale. L’impianto stereo è collocato in uno degli angoli (in fondo a sinistra, rispetto all’ingresso). I nomi sono di fantasia, per rispetto della privacy.

Primo anno

Il gruppo del venerdì pomeriggio è stato da me seguito per 2 anni. I corsi della scuola seguono il calendario delle attività scolastiche, e vanno perciò da ottobre a maggio, con chiusura estiva e durante le vacanze natalizie e pasquali. Il corso era articolato in una seduta settimanale della durata rispettivamente di un’ora e mezzo nel 2004/05, e di un’ora nel 2005/06. L’esperienza di seguito descritta è cominciata nel novembre del 2004. I partecipanti sono ragazzini e ragazzine dagli 11 ai 15 anni. I soggetti presentano defi cit e patologie di vario tipo, dal semplice ritardo mentale, non meglio precisato, all’epilessia, alla sindrome di Down, ma tutti classifi cabili, nel linguaggio comune, come «disabili gravi».

Gli obiettivi dichiarati del corso sono i seguenti: sviluppare attenzione e concentrazione, favorire la percezione, la conoscenza del proprio corpo e la coscienza del movimento corporeo, raggiungere la consapevolezza del lavoro di gruppo e favorire interazioni positive.

I ragazzi e le ragazze con cui lavoriamo il primo anno sono Alberto (autismo), Arianna (sclerosi tubercolare), Carlotta (epilessia), Beatrice (sindrome di Down), Gianluigi (sindrome di Down e sordomutismo), Giovanna (ritardo), Deborah (ritardo). Non ci sono osservatori, tutti i presenti sono tenuti a lavorare. La mia osservazione è dunque quella di un partecipante ai lavori e si basa sugli appunti

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ESEMPI ED ESPERIENZE 63

presi a caldo dopo lo svolgimento della lezione, per cui mi piace impostare il resoconto sul lavoro svolto come un racconto che, il più possibile, seguirà l’ordine cronologico degli eventi.

Cominciamo con un gioco di presentazione con la palla, poi ci muoviamo lentamente nello spazio, «afferrando» l’aria con le braccia e le mani. Le mie im-pressioni sono quelle di una grande diffi coltà nel lavoro: è diffi cilissimo ottenere attenzione e silenzio. Mi sembra che Arianna e Alberto siano molto attratti da me: lui cerca il contatto fi sico, lei mi accarezza spesso i capelli che porto lunghi e spesso tengo sciolti durante il lavoro. Un’altra sensazione che mi accompagna fi n da subito è che questo tempo trascorso non sia vano, bensì prezioso per me e per tutti gli altri.

Negli incontri successivi, Lucia cerca di sviluppare la fi sicità e il ritmo del gesto mediante la pulizia dagli stereotipi. Il lavoro si svolge inizialmente con le mani, che vengono battute fra di loro, sul corpo o sul pavimento, o con il tam-burello. Spesso lavoriamo a coppie, alternandoci fra gli adulti nel rapporto con i ragazzi.

Alla fi ne di quasi ogni lezione, dopo un intenso lavoro con il corpo, Lucia cerca di stimolare una minima verbalizzazione dell’esperienza. Per esempio, ricordo con piacere che alla fi ne di un incontro i ragazzi, sollecitati da Lucia a dare un nome ai movimenti svolti durante la lezione, così si pronunciano: Danza del Pinguino (Beatrice), Danza delle Capriole (Deborah), Danza del Girotondo Giratesta (Alberto).

Spesso, lo spazio in cui si lavora viene contrassegnato da vari livelli tramite la disposizione di oggetti quali cerchi, panche, sgabelli, materassi, tappetini; gli oggetti stimolano usi diversi dello spazio.

Per stimolare l’ascolto e l’attenzione, a volte utilizziamo il tamburo. Alberto, con il suo senso spiccato del ritmo, e Gianluigi, sordomuto, ma dotato di senso del tempo, capace di cogliere le vibrazioni dell’aria, amano molto esibirsi con questo strumento. Gli altri battono le mani, seguendo il ritmo suggerito dai colpi del conduttore. Prima o poi tutti battono il tamburo: Gianluigi si segnala per varietà nelle possibilità del tocco, sia relativamente alle modalità (punta delle dita, palmi o dorso delle mani, polsi, bacchette), sia relativamente all’intensità del tocco. Inoltre, sa creare l’attesa, tenendo le bacchette sospese in alto. Esige l’attenzione di tutti prima di cominciare a battere un ritmo! L’ascolto riguarda anche la voce: invitiamo i ragazzi a porre le mani sulle gole altrui e sulla propria, per sentire la vibrazione delle corde vocali mentre emettono la «a» e poi qualche parola appena accennata.

Viene coniata anche (da Giovanna) una nuova azione, una vera e propria parola/movimento: ca-volare (una fusione fra cadere e volare!).

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ESEMPI ED ESPERIENZE 71

Portare gli spettacoli nei teatri della nostra zona è diventato anche un im-pegno di sensibilizzazione dell’opinione pubblica rispetto alle diverse abilità.

Lavorare con le fi abe

Premessa

Il progetto ha coinvolto 4 gruppi di 20/25 bambini di 5 anni della Scuola dell’infanzia di Limbiate (MI) per un totale di 12 incontri di 45 minuti per gruppo. I gruppi erano molto diversi e presentavano al loro interno situazioni problematiche, che verranno in seguito descritte.

Le aule dove si sono svolti gli incontri erano le classi della scuola dove i bambini stavano normalmente, tutte provviste di banchi e cattedra che venivano spostati durante il laboratorio per creare maggiore spazio e permettere ai bambini di «staccarsi» dal banco e vivere lo spazio più liberamente. Avevamo a disposizione anche una sala-corridoio molto ampia, ma molto dispersiva, dove i bambini di solito fanno l’intervallo (gioco libero).

Era prevista la presenza di un osservatore (insegnante o educatore della scuola), anche se in realtà solo un gruppo ha avuto una presenza fi ssa durante tutti gli incontri. Negli altri casi abbiamo avuto la presenza di un’educatrice che seguiva però un bambino paraplegico, oppure presenze sporadiche di insegnanti diverse e, nel caso di un gruppo, nessuna presenza.

Abbiamo chiesto alle educatrici presenti di togliersi le scarpe e svolgere le attività insieme ai bambini senza intervenire, ma spesso queste consegne non sono state ascoltate o comprese.

Il laboratorio è stato costruito sulla base del sottotesto di una fi aba; in par-ticolare, abbiamo scelto due fi abe di riferimento: Il mago di Oz e La Signora Holle. Con due gruppi abbiamo lavorato con la prima e con gli altri due con la seconda. In entrambi i casi la fi aba è stata presentata ai gruppi come l’ingresso in un mondo magico: abbiamo raccontato infatti di avere incontrato dei folletti che ci hanno chiesto di portare queste storie ai bambini, per cui il mondo dei folletti e della magia è stato il fi lo conduttore di tutti i gruppi.

8 Francesco Artese è operatore in teatroterapia e attore. Francesca Deias è operatrice in teatro-terapia; laureata in Storia del Teatro, ha iniziato a occuparsi di teatro nel 1997. Attualmente conduce laboratori teatrali presso scuole dell’infanzia e scuole primarie.

di Francesco Artese e Francesca Deias8

NELLA SCUOLADELL’INFANZIA...

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72 TEATROTERAPIA

A livello progettuale abbiamo pensato a un percorso che fosse più o meno simile per tutti i gruppi; successivamente, la composizione dei gruppi stessi ha imposto delle modifi che a quanto avevamo precedentemente costruito. È stato interessante notare la risposta diversa dei vari gruppi di fronte allo stesso eser-cizio. Abbiamo utilizzato 3 canzoni principali che abbiamo insegnato al gruppo; con una di esse aprivamo e chiudevamo le sedute. Abbiamo scelto due canzoni in lingua straniera per stimolare la curiosità dei bambini e l’ascolto di suoni e parole differenti.

Le sedute sono state quasi sempre chiuse in maniera rituale attraverso il passaggio della cetra (strumento magico dei folletti): inizialmente si trattava di un modo per presentarsi, dire il proprio nome, poi è diventato uno strumento magico con il quale esprimere desideri e sogni e comunicare con i personaggi del mondo delle fi abe.

Solo con un gruppo si è potuti arrivare a un percorso di transizione; gli altri, pur avendo avuto una chiusura dell’esperienza, non erano ancora pronti. Segue il resoconto dettagliato dell’intervento basato sulla narrazione della fi aba Il mago di Oz.

IL MAGO DI OZ

Il gruppo è composto da circa 20 elementi, sono da segnalare due bam-bini: il primo è Lorenzo, con un ritardo psicomotorio, munito di carrozzina e seguito da un’educatrice; il secondo è Stefano, sordomuto, a volte seguito da un’insegnante poco adeguata. Non è la prima volta che troviamo diffi coltà con le insegnanti di sostegno, ma del resto la nostra attività ha lo scopo di rendere anche a loro qualche rimando.

Lorenzo all’interno del gruppo è abbastanza accettato, spesso qualche com-pagno si prende cura di lui. Stefano, a causa della sua diffi coltà a comunicare, viene spesso rimproverato ed etichettato come indisciplinato; a nostro avviso possiede una grande fantasia e capacità espressiva, ma purtroppo non è seguito in modo adeguato.

Il gruppo è abbastanza aperto e reagisce positivamente alle nostre proposte. Gli spazi a nostra disposizione sono del tutto inadatti per un laboratorio teatrale: lavoriamo in una classe in cui ci sono banchi e sedie che devono essere regolar-mente spostati prima di iniziare. Molte scuole ci propongono setting decisamente inadeguati che fanno perdere un sacco di tempo e diventano snervanti.

Spesso al nostro arrivo i bambini sono stanchi, per cui fanno fatica a prestare ascolto; abbiamo riscontrato in loro una notevole diffi coltà ad abbandonarsi alla fantasia per entrare nel mondo della fi aba.

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ESEMPI ED ESPERIENZE 73

1° INCONTRO

1. Accoglienza e rituale del togliersi le scarpe.2. In cerchio, si esegue la canzone introduttiva, Che mi si no anada.9

3. Racconto della prima parte della storia. Ingresso nel mondo magico.4. Lavoro sull’elemento dell’aria: riallacciandosi all’uragano descritto dalla fi aba,

i bambini devono sperimentare la sensazione di essere essi stessi «aria», utiliz-zando anche teli azzurri; a tale scopo sono aiutati da un brano che favorisce tale sensazione, Aerial Boundaries di Michael Hedges.

5. Camminata dei Munchkin: i bambini sono invitati a camminare come i folletti, sperimentando camminate differenti su diversi livelli (alto, basso…).

6. Cerchio fi nale: rituale della cetra.

Osservazioni

Nel cerchio iniziale l’ascolto è stato buono, il gruppo era incuriosito e interessato.

Abbiamo invece riscontrato diffi coltà a incominciare il gioco sull’aria a causa di un imbarazzo iniziale, che però è svanito nel momento in cui sono stati introdotti i teli che hanno coinvolto molto il gruppo, favorendo un rapido crescendo di energia. La camminata non ha coinvolto tutti allo stesso modo, c’è stata un po’ di dispersione. Nel cerchio fi nale la cetra ha riscosso un grande successo.

2° INCONTRO

1. Accoglienza e rituale del togliersi le scarpe.2. In cerchio, si esegue la canzone introduttiva, Che mi si no anada. 3. Recupero della prima parte della fi aba con l’aiuto dei bambini, prosecuzione

del racconto.

9 Canto brasiliano: Che mi si no anada Che mi si no anada, No foi marinero Foi u pesiño du mar, No foi marinero Foi u pesiño du mar.

Come questo, anche il brano citato successivamente, Se esta rua, è stato trasmesso diretta-mente agli autori da attori brasiliani nell’estate 1995 nell’ambito delle attività dell’Università del Teatro Eurasiano, diretta da E. Barba a Scilla (RC).

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78 TEATROTERAPIA

3. Racconto di una nuova parte della storia: la Strega con un solo occhio.4. Percorso verso il regno di Oz: movimento in relazione alla musica.

Osservazioni

Il gruppo era molto stanco, c’e stata una grande dispersione di energia.

12° INCONTRO

1. Accoglienza e rituale del togliersi le scarpe.2. In cerchio, vengono eseguite le canzoni introduttive, Che mi si no anada e

Se esta rua.3. Narrazione della parte fi nale della storia: il ritorno a casa.4. Percorso conclusivo: il gruppo rivive fi sicamente i personaggi incontrati nella

fi aba.5. Cerchio fi nale: rituale della cetra (cosa mi porto a casa dal regno di Oz).

Premessa: il teatro è un gioco che aiuta a cresceredi Biancamaria Cereda10

Il teatro è un gioco che aiuta a crescere per diversi aspetti: migliora la socializzazione, responsabilizza l’individuo, accresce e mette alla prova le com-petenze acquisite; dà entusiasmo al gruppo e ai docenti; consente di verifi care l’unità del sapere; unisce l’elaborazione razionale ai vissuti profondi; sviluppa la ricerca creativa; dà regole, richiede impegno, fa lavorare su di sé, permette di realizzare un prodotto in un tempo defi nito, che è frutto del lavoro di tutti.

Le fi nalità pedagogiche del fare teatro sono dunque quelle dell’imparare a esprimersi, a comunicare, a conoscere. La risposta al bisogno di creatività che sta in ciascuno, la ricerca dell’autenticità nei rapporti e nella comunicazione sono momenti fondamentali della crescita e del far teatro.

Questi sono anche i motivi dell’incontro tra scuola e teatro. La proposta è quella di un teatro a misura di bambino, bambino che è in grado di esprimere

NELLA SCUOLAPRIMARIA...

10 Insegnante di Lettere alla Scuola secondaria di primo grado di Vimercate (MB), si occupa di laboratori teatrali e organizza ogni anno la rassegna di teatro e scuola; è esperta di didattica attraverso il linguaggio del teatro.

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ESEMPI ED ESPERIENZE 79

naturalmente una teatralità spontanea. Occorre partire da qui per proporre un’esperienza teatrale a chi sta crescendo.

La teatralità non è ancora il teatro, è qualcosa che appartiene a tutti, che si può ritrovare nella vita di tutti i giorni. In particolari momenti è possibile rin-tracciare tracce di teatro più o meno consapevoli, più o meno evidenti, come in particolari situazioni (il mercato, lo stadio, la stazione, ecc.) oppure nell’aspetto esteriore di alcune persone (per esempio la fi gura del vecchietto, anche se come stereotipo).

Fondamentale in questa prospettiva è il gioco di fi nzione attraverso il quale il bambino si rapporta alla realtà. Bisogna partire da questi giochi di fi nzione, dal piacere che i bambini provano, per incoraggiarli a sperimentare un teatro che, col tempo, diventerà sempre più chiaro e preciso, anche attraverso la proposta di strumenti più idonei. Nell’aiutare i bambini a scoprire e a usare il linguaggio teatrale dobbiamo attingere a piene mani da questa variegata quotidianità, rielabo-rarla, riorganizzarla, darle una forma teatrale come fa la musica per la musicalità e arrivare così a un atto creativo. Come insegnanti dobbiamo educarci a vedere la teatralità latente nel comportamento dei bambini. I bambini non sono attori, ma sono spesso molto bravi nel mostrare e rappresentare la realtà che conoscono.

Il teatro, a differenza della teatralità, nasce dalla relazione che si crea tra qualcuno che fa e qualcuno che guarda. Questa fi nzione condivisa ci permette di stabilire i confi ni al di là dei quali un determinato evento non appartiene più al teatro. È necessario mettersi dalla parte di chi fa o da quella di chi guarda; se non condividiamo la fi nzione, possiamo ragionevolmente pensare che chi fa stia raccontando un sacco di bugie, stia mentendo o abbia perso il contatto con la realtà. Quindi i due possibili confi ni sono la menzogna e la pazzia. Se invece ci mettiamo dalla parte di chi fa, ci rendiamo subito conto che i confi ni oltre i quali il teatro non può andare sono il gioco e il rito, in quanto chi gioca lo fa solo per se stesso, per un piacere personale, e chi attribuisce alla propria azione un signifi cato simbolico la rende magica o religiosa, oltrepassando la semplice dimensione del fare.

È bene che la fi nzione condivisa sia fatta propria dal teatro, dalla scuola, dai bambini, perché dalla ricerca di un’interazione tra questi tre elementi può nascere un progetto teatrale. È fondamentale, però, che il teatro si confronti con obiettivi di tipo formativo sia cognitivi, sia affettivi.

L’obiettivo principale è di accostare gradualmente i bambini alle regole teatrali. Il linguaggio teatrale, infatti, più che da imparare è da sperimentare, da smontare e rimontare, tenendo conto che la tecnica sarà al servizio dell’invenzione.

È importante guardare le cose con gli occhi del teatro, in modo da leggere in tutto ciò che accade nel gruppo le potenzialità teatrali nascoste in ciascuno. Tutto

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106 TEATROTERAPIA

Con bambini affetti da leucemia

Il progetto che segue è stato approvato dal Comune di Cagliari e realizzato nell’ospedale Microcitemico di Cagliari nel 2004, con la consulenza psicologica della dott.ssa M. Cri-stina Deliberi.

UTENTI: 7 bambini leucemici di 9-10 anni in stop-terapia.TEMPI: 2 ore.SEDE: sala dei giochi dell’ospedale riservata all’incontro.

Premessa

Il momento di stop-terapia nel processo di malattia dei bambini affetti da tumore è un passaggio estremamente delicato. Il piccolo paziente non fa terapia, ma si sottopone a dei controlli periodici; ciò si traduce nella percezione di non essere più curato e nasce il timore che la malattia si possa ripresentare: a causa di ciò può subentrare la depressione e possono verifi carsi crisi di pianto o di ansia prima dei controlli. In seguito ai trattamenti chemioterapici, il bambino ha avuto dei cambiamenti fi sici (seppure temporanei) che lo fanno sentire diverso dagli altri, e questo potrebbe provocare la paura di non essere accettato, di essere inadeguato; la malattia può essere vissuta come una punizione, con un grande richiamo ai propri sensi di colpa. Il paziente ha quindi necessità di essere supportato, al fi ne di riassumere tutti i ruoli del bambino sano (la scuola, il reinserimento sociale), e non avrà più i vantaggi della malattia (le attenzioni dei genitori, le cure amorevoli di chi gli vuole bene): dovrà riprendere una nuova vita.

Probabilmente nello sviluppo e nel processo di resa di autonomia dalle fi gure genitoriali non ha funzionato qualcosa e ora deve iniziare a reinvestire su altre fi gure: insegnanti, altri familiari, istruttori sportivi, ecc.

Il lavoro teatroterapeutico consiste nella ristrutturazione dell’Io del bambino, agendo sulle angosce primarie (separazione) affi nché acquisisca quel grado di narcisismo, inteso come amore per se stesso, che gli permetta di volersi bene.

IN OSPEDALE...

15 Operatore in teatroterapia, attore e educatore, vive e lavora a Cagliari. Conduce percorsi di teatroterapia per conto di strutture pubbliche e private, attualmente per l’Ente Regionale Studio Universitario; conduce inoltre percorsi formativi per gruppi e professionisti.

di Nicola Michele15

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ESEMPI ED ESPERIENZE 107

In fase pre-espressiva si lavora sulla percezione corporea, sull’amore per il proprio corpo, cercando dapprima di capire il signifi cato che la malattia ha per ogni partecipante e poi la percezione che ciascuno ha di se stesso nel futuro. In fase espressiva è opportuno lavorare sui timori comuni (per esempio la paura della morte, l’angoscia di riammalarsi) per imparare a condividerli con gli altri. Segue una fase post-espressiva, con la messa in forma di quanto i bambini avranno manifestato nelle fasi precedenti.

L’obiettivo dell’intero processo di 10 sedute consisterà nell’aiutare i bambini a defi nire il ruolo che dovranno ricoprire all’interno della società una volta che si percepiranno sani.

Prima seduta

Accoglienza e conoscenza (durata: 20 minuti)

I bambini trovano un setting accuratamente preparato, luminoso, colorato e con tutti i materiali a loro disposizione disposti al centro della sala. I piccoli vengono accolti con particolare cura e invitati a disporsi in cerchio, spiegando che il cerchio è l’unica possibilità che abbiamo per vederci tutti allo stesso momento e per poter comunicare in libertà ciò che sentiamo.

Segue una semplice presentazione, nella quale ogni bambino dice il proprio nome e, se vuole, qualcosa di sé; per cominciare a giocare e stimolare la fantasia, si dice che ognuno può scegliere un soprannome che sarà utilizzato dagli altri per chiamarlo nei nostri giochi.

Avviene un ripasso dei soprannomi con un semplice passaggio tra i com-ponenti del gruppo di una palla di gommapiuma. (Per esempio: «Io sono Alfredo — nome del suo medico — ho ricevuto la palla da Dragon Ball e la passo alla Signora Tumistufi »).

Gioco centrale (durata: 70 minuti)

Si dice ai bimbi che hanno a loro disposizione tutto ciò che vedono nel centro della stanza e che possono realizzare i disegni o le composizioni che vorranno. Si fa partire la musica di Enya in sottofondo a volume moderato.

Si opta per una conduzione di supervisione e immagazzinamento mentale degli input dati dai bimbi, per poi scrivere, dopo la seduta, un accurato verbale di osservazione e di riscontro delle dinamiche scaturite. Non si interviene sul gioco spontaneo, ma si lasciano fl uire l’inventiva e la creatività dei piccoli; ci si mette in gioco solo se invitati, ma non si prende mai l’iniziativa delle interazioni ludiche.

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132 TEATROTERAPIA

Il protocollo di osservazione

PROTOCOLLO DI OSSERVAZIONE della seduta di gruppo e/o singolo soggetto in base a tre esercizi ripetuti nel tempo

Data ______________________ Luogo ______________________________________________ Numero partecipanti __________

1. LO SPAZIO, IL MOVIMENTO, LA FORMA GEOMETRICA

Azione prevalente osservata: verticale orizzontale obliqua

Esercizio eseguito

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Osservazioni

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Modifi cazioni comportamentali e infl uenze del conduttore

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2. POSTURE

Azione prevalente osservata: apertura chiusura equilibri disequilibri

Esercizio eseguito

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Osservazioni

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Modifi cazioni comportamentali e infl uenze del conduttore

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© 2007, W. Orioli, Teatroterapia, Trento, Erickson

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APPENDICI 133

3. VOCE Azione prevalente osservata: apertura vocali chiusura vocali Consistenza del suono: bassa media alta Forza del suono: bassa media alta

Esercizio eseguito

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Osservazioni

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Modifi cazioni comportamentali e infl uenze del conduttore

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A cura di _____________________________________________

© 2007, W. Orioli, Teatroterapia, Trento, Erickson