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INTRODUZIONE

AVVERTENZE PER LA TUTELA DELLA TUA SALUTE: LEGGERE CON ATTENZIO-NE!

Questo libro-corso, che approfondisce le tematiche sviluppate nel videocorso, parte del presupposto che una delle

abilità delle persone felici riguarda la capacità di comunicare in modo efficace con gli altri e risponde a tre domande

fondamentali relative al mondo della comunicazione, della persuasione, dell’influenza personale in genere.

Prima domanda: posso rendere la mia comunicazione davvero persuasiva, efficace, accattivante?

Seconda domanda: esiste un metodo da seguire per trasformare il mio modo di comunicare in un sistema re-

plicabile e vincente?

Terza domanda: posso davvero influenzare positivamente i comportamenti delle altre persone parlando in

modo diverso e utilizzando tecniche specifiche?

Le risposte sono contenute in questo libro e spiegate nel video corso. Ti offro un assaggio.

Prima: posso rendere la mia comunicazione davvero persuasiva, efficace, accattivante? Sì.

Il cervello umano reagisce ad alcuni stimoli in modi predeterminati e prevedibili. Gli studi di Programmazione Neu-

rolinguistica, di Neuromarketing e di Persuasione ci dicono che è possibile influenzare le reazioni e i comportamenti

del nostro interlocutore utilizzando in modo appropriato parole particolari, domande di qualità e schemi linguistici

specifici. In questo libro ti spiego quali sono e come puoi utilizzare questi straordinari strumenti.

Seconda: esiste un metodo da seguire per trasformare il mio modo di comunicare in un sistema replicabile e

vincente? Sì, adesso.

Se finora hai proceduto a caso, se finora hai realizzato presentazioni commerciali efficaci solo di tanto in tanto e ti

sei sempre chiesto il perché, ora hai la possibilità di implementare un modello di eccellenza e un efficace sistema di

regole che puoi replicare ogni volta che desideri, quando vuoi, con chi vuoi. Se impari le regole, sei libero. Se conosci

le regole del gioco meglio degli altri e ti alleni a sufficienza, vinci.

Terzo: posso davvero influenzare positivamente i comportamenti delle altre persone parlando in modo diverso

e utilizzando tecniche specifiche?

Sì, a tre condizioni.

La prima è che tu sia animato da un intento positivo. Sono inaccettabili e alla lunga non producono risultato tutti quei

comportamenti motivati da finalità subdole o intenzioni poco etiche. Inoltre, io li depreco con ogni forza e ti diffido dal

metterli in campo. Se hai acquistato questo libro per usarlo “contro” qualcuno, lascia perdere. Questo libro è pensato

per chi vuole migliorare le proprie capacità e crescere con gli altri, non a svantaggio degli altri. La felicità non si può

guadagnare sull’infelicità altrui.

La seconda è che tu faccia pratica: i segreti svelati in questo libro e durante il videocorso sono di semplice attuazione

e, allo stesso tempo, devono essere fatti propri attraverso esercizio e allenamento, per farli diventare naturali. Perciò,

leggi con attenzione tutti i passaggi e praticali con determinazione. Come dice Robert Dilts, “la conoscenza è nulla,

finché non scende nei muscoli”.

La terza è che tu ti diverta. Se ti divertirai applicando questi principi, allora avrai successo. Ricorda che l’appren-

dimento è una cosa seria e... se non è seriamente divertente, allora non vale nemmeno la pena dedicarci tempo ed

energia.

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Ho scritto questo libro seguendo uno schema preciso, che ritroverai anche nel videocorso:

5 capitoli, 3 strategie (o tecniche, o spunti di riflessione) per ogni capitolo, 15 argomenti in totale, pillole super

energetiche per la tua comunicazione.

Quel che ti chiedo è di lavorare a questo libro per almeno 30 giorni di fila: ogni giorno dedicati a un argomento, a una

strategia o anche semplicemente alla riflessione su uno spunto che ti ha colpito. Fai in modo di lavorare su ciascuno

degli spunti forniti dal libro.

30 giorni di fila per poter cominciare a praticare questi argomenti, per sentirli dentro, per farli diventare letteralmente

parte di te.

Buona lettura e buon lavoro,

Paolo

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PRIMA CHIAVE: ASCOLTA CON RISPETTO

“Dio ti ha dato due orecchie e una lingua

perché tu oda più che tu non parli”

(San Bernardino da Siena)

IL CAPITOLO, IN TRE PAROLE

1. Fai domande utili e stai zitto per almeno 8 secondi, senza giudicare.2. Ricorda che ognuno ha la sua testa.3. Impara a dividere le informazioni in pezzi grandi e in pezzi piccoli.

1

Quando tengo corsi su tecniche di PNL (Programmazione Neurolinguistica) applicate alla vendita o quando entro in un’a-

zienda per formare commerciali e venditori, la prima cosa che tutti mi chiedono è di insegnar loro le tecniche di “chiusura”.

Io rispondo: no. Sai perché?

Pensaci: puoi chiudere una porta chiusa? No, ovviamente. Puoi chiudere solo porte aperte. La maggior parte dei venditori

che ho conosciuto si preoccupava quasi esclusivamente di come “chiudere” e quasi nessuno di come “aprire”.

La stessa cosa vale per la comunicazione quotidiana, quindi, partiamo proprio da qui. La prima cosa da fare è: conquista il

tuo interlocutore. Nessuno dei passaggi che seguono funzionerà se prima non hai conquistato il tuo interlocutore.

Per conquistarlo devi ascoltarlo con rispetto, senza giudicare.

Fare domande di qualità è senza dubbio una delle abilità più difficili che io abbia incontrato sulla mia strada, e allo stesso

è una delle più utili. Le persone amano chi pone domande di qualità. Ci sono due tipi di domande: le domande chiuse,

ovvero quelle che prevedono una risposta “sì/no” o una risposta con doppio legame (delle quali mi occuperò più avanti)

e le domande aperte.

Ecco un paio di esempi di domande chiuse:

“Hai fame?”

“Sì/no”.

“Preferisci che ci vediamo martedì o giovedì?”

“Giovedì”.

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Poi, ci sono le domande aperte, ovvero domande che danno la possibilità a chi ti ascolta di dirti qualcosa di sé, di parlare,

di raccontare. Sono domande che iniziano con “come”, “cosa”, “in che modo”.

Ad esempio:

“In che modo pensi di affrontare il tuo futuro?”

“Come hai fatto ad arredare la tua casa così bene?”

“Cosa ne pensi dell’ultimo modello di iPhone?”

Queste domande lasciano spazio al tuo interlocutore e gli danno la possibilità di parlare di sé o di qualcosa che gli interes-

sa. Può darsi che, all’inizio, il tuo interlocutore ti risponda con poche parole, forse perché è timido, forse perché teme che

quello che lui pensa non ti interessi o forse perché non è ancora completamente a suo agio con te. In tal caso, tu vai avanti

e poni altre domande aperte, sempre con atteggiamento conciliante. Vedrai che il tuo interlocutore inizierà a parlare.

Per esempio:

Tu: “Vedo che hai un iPhone! Cosa ne pensi delle ultime novità?”

Lui: “Sì, sono interessanti”.

Tu: “Caspita, è vero. Per te quali sono le migliori? In che modo le usi?”

Ti svelo un segreto: una delle cose che le persone amano fare di più è parlare di loro stesse. Anche quelle più timide, se

trovi il tasto giusto e le fai sentire a loro agio, si dimostreranno ben disposte a raccontarti qualcosa che amano fare o che

a loro interessa. Ti dirò di più: recenti studi dimostrano che gli esseri umani parlano di loro stessi per oltre il 50% della loro

vita e che quando parlano di se stessi o di qualcosa che amano fare attivano un’area del cervello che produce dopamina,

la stessa sostanza prodotta quando si desidera o si possiede denaro, cibo, sesso1.

Ora che hai capito l’importanza di chiedere al tuo interlocutore di parlare di se stesso, devi prestare attenzione all’aspetto

più importante della questione: è inutile che tu faccia domande, per quanto intelligenti, se poi non stai zitto abbastanza a

lungo per lasciarlo parlare.

Qualche anno fa ho formato, per conto di una importante casa farmeceutica, diverse aule di medici e farmacisti. Lo scopo

dei corsi era quello di capire come medici e farmacisti potessero fare in modo che i pazienti seguissero le loro indicazioni

(infatti, il paziente medio si dimentica di seguirle dopo poco e ciò ovviamente va a detrimento dell’efficacia della pre-

scrizione). In questi corsi presentavo uno studio, commissionato dalla casa farmaceutica, secondo il quale un medico o

un farmacista lascia parlare il paziente di se stesso e della propria storia personale solo 8 secondi, prima di interromperlo

per iniziare a dare ordini su come prendere le medicine. Lo studio dimostrava altresì che i medici che lasciavano parlare i

pazienti avevano pazienti più “disciplinati”. Non solo: un altro studio, questa volta americano, dimostra che i pazienti più

ascoltati dal loro medico intentano statisticamente meno cause al medico stesso, qualora le cose non vanno per il verso

giusto. In pratica, i pazienti (negli Stati Uniti) non fanno causa al medico quando sbaglia ma quando sbaglia e ha dimo-

strato scarsa capacità di ascolto, perdonando quei dottori che, invece, si dimostrano gentili e comprensivi.

cfr. ason Mitchell e Diana Tamir, neuroscienziati di Harvard.

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Per mia esperienza, la capacità di ascoltare è una fra le più carenti negli esseri umani. Lavoraci molto.

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Fare domande aperte e restare in silenzio, dunque, ti permette di far sentire il tuo interlocutore a proprio agio e di ac-

cedere a informazioni importantissime che poi ti torneranno utili nel processo della comunicazione. Inoltre, ti permette di

capire come parla la persona che ti sta ascoltando, che linguaggio usa, che termini preferisce. Perché questo è importan-

te? Per un motivo molto semplice: devi imparare a parlare in modo che il tuo interlocutore ti capisca. Lascia perdere parole

difficili o termini troppo tecnici, se il contesto non lo richiede. Il tuo scopo non è impressionare chi ti ascolta, ma vendere

le tue idee o influenzare positivamente i comportamenti altrui. I tecnicismi vanno bene con i tecnici.

Sai qual è il proverbio più pericoloso e dannoso per chi vuole comunicare in modo efficace? “Parla come mangi!”. In re-

altà, quello che devi fare è “parlare come mangia chi ti ascolta!”. Se io, ora, parlassi come mangio, probabilmente capiresti

molto poco di quello che scrivo. Alcuni medici usano spesso un linguaggio molto tecnico che lascia il paziente spaventato

e interdetto. In un libro molto interessante si cita l’esempio della “cardiopatia idiopatica”. Che cosa vuol dire? Soprattutto,

chi ascolta è in grado di capire esattamente che questa definizione significa, in due parole, che “c’è un problema non me-

glio identificato al cuore e che non si sa da che parte arrivi”?2

Se vuoi conquistare il tuo interlocutore, devi parlare in modo che lui ti capisca, questo è l’asso da giocare.

Facciamo ora un piccolo ripasso: ti ho detto che devi fare domande aperte, che devi evitare di suggerire risposte e che

devi stare zitto il più possibile. Ora, ti resta un’ultima cosa da fare: devi liberarti delle tue strutture mentali, delle tue idee

e dei tuoi pregiudizi. Devi sviluppare l’atteggiamento di un etologo, devi cioè analizzare la struttura della comunicazione

senza coinvolgimento, senza interpretazioni. Devi astenerti dal giudizio. Nel momento in cui giudichi, perdi. Evita di pen-

sare che il resto del mondo pensi come te, perché non è così.

Uno dei principi fondamentali della PNL è: “la mappa non è il territorio”. Il territorio è la realtà oggettiva e la mappa è il

modo che ognuno di noi ha per rappresentarla.

La “mappa” è il modo in cui noi vediamo le cose e deriva dalla nostra storia personale, dall’educazione ricevuta, da tutti

gli stimoli cui siamo stati sottoposti fin dalla

nostra nascita. Se non ti dimentichi della tua mappa, ti sarà impossibile comunicare in modo efficace e persuasivo. Come

sostiene anche Carl Rogers: “La tendenza a giudicare gli altri è la più grande barriera alla comunicazione e alla compren-

sione”.

Ecco alcune idee valide e di immediata applicazione che ti saranno di aiuto:

• Cancella dal tuo vocabolario la frase: “se fossi in te”. Non lo sei. Non sei in “lui”, quindi puoi anche evitare di dirlo.

• Cancella dal tuo vocabolario la frase: “io al tuo posto farei”. Non sei al suo posto, quindi evita di dirlo.

Ricorda che non sei un veggente e che non sai leggere il pensiero. Quindi, nel dubbio, chiedi. Se non sai che cosa pensa

l’altra persona, chiedi. Se vuoi sapere quali sono le idee o i gusti dell’altra persona, chiedi. E, in ogni caso e prima di aprire

bocca per dire una qualsiasi cosa, chiedi.

cfr. “Idee forti”, di Chip e Dan Heath, ed. Etas

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Ora, una chicca per te: un’informazione che ti permetterà di creare immediatamente un efficace ponte di comunicazione

con il tuo interlocutore e di entrare immediatamente in sintonia con il suo modo di pensare. Gli esseri umani ragionano

sulla base dei cosiddetti Metaprogrammi di comportamento. Uno di questi riguarda i diversi modi che le persone hanno

per elaborare le informazioni. Alcune persone preferiscono avere prima un quadro generale della situazione e poi andare

man mano nel dettaglio. Altre persone, invece, preferiscono procedere dettaglio dopo dettaglio, pezzo dopo pezzo, fino

a comporre nella loro mente il quadro generale. Questa informazione è importantissima, perché se ti perdi in dettagli con

una persona “quadro generale”, rischi di apparire pesante e didascalico. Al contrario, se parti con un quadro generale a

una persona “che ama i dettagli”, rischi di apparire poco preparato e superficiale. Quindi, dopo aver fatto domande e aver

ascoltato, prima di cominciare a spiegare la tua idea, ricordati di fare questa domanda: “preferiscI che ti spieghi le cose

in generale per poi approfondire gli argomenti che ti interessano o hai subito qualche domanda per me?” Naturalmen-

te, usa un linguaggio adatto al contesto. A te è mai capitato di parlare con qualcuno che ti sta raccontando qualcosa e

di avere in testa una domanda precisa? Ti ricordi che cosa è successo, dopo? Eri così concentrato sulla tua domanda da

perderti il filo del discorso di chi ti stava parlando! Ricorda che gli esseri umani possono seguire solo una conversazione

alla volta: o quella che stanno avendo con te o quella che avviene nella loro testa. Quindi, chiedi: “Quadro generale o

domande specifiche?”

Ti garantisco che il risultato è davvero soddisfacente!

Ora conosci la prima cosa da fare. Allenati, concentrati, trattieni il fiato.

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SECONDA CHIAVE: ABBI CURA DI CHI TI ASCOLTA

“L’egoismo è l’unico movente delle azioni umane.

(Carlo Bini, Manoscritto di un prigioniero, 1833)

IL CAPITOLO, IN TRE PAROLE

1. Il tuo compito è catturare l’attenzione e fare in modo che chi ti ascolta si ricordi di quel che dici.2. Tre è davvero il numero perfetto. Usalo sempre.3. L’unica cosa cui davvero le persone sono interessate… è il loro ego.

1

Il rischio maggiore che corri parlando con qualcuno è quello di annoiarlo o di perderlo per la strada. O perché si di-

strae o perché si perde nel suo dialogo interiore, chiedendosi per quanto ancora tu parlerai, di che cosa parlerai, se e

quando toccherai l’argomento che interessa a lui. Gli esseri umani, infatti, per stare sereni e rilassati, hanno bisogno

di sapere quel che sta succedendo e quel che succederà: ciò li tranquillizza. Per questo, un’eccellente strategia per

comunicare in modo efficace è quella di anticipare sempre quel che stai per dire o quel che stai per fare.

Per esempio, se stai per prendere appunti durante una conversazione, mentre prendi dalla borsa carta e penna, puoi

dire qualcosa del genere: “ora prendo carta e penna per prender nota di quel che ci diciamo…”. Altrimenti, rischi che

il tuo interlocutore ti osservi in silenzio e si chieda che cosa stai facendo e perché.

Oppure, se stai per illustrare un progetto o una tua idea, puoi anticipare quello che stai per dire con una frase del tipo:

“ora ti spiego di che cosa si tratta, poi ti spiego come fare per… e infine ti dico alcune cose che di certo…”.

La cosa importante, dunque, è anticipare quello che stai per dire e verbalizzare quello che stai per fare.

Una volta che hai anticipato l’argomento del tuo discorso, puoi passare all’argomentazione vera e propria.

Alla fine, quando hai terminato, devi riassumere in poche parole quello che hai detto. Questo ti permette di sfrut-

tare un meccanismo cognitivo del cervello umano che viene definito come “principio di priorità e recenza” e che

di fatto significa che il cervello si ricorda molto bene le prime e le ultime cose, dimenticando quel che sta nel mezzo.

Pensa alle poesie che studiavi a scuola: ti ricordavi sicuramente bene l’esordio, i primi versi, e sapevi chiudere alla

grande. Dove avevi maggiori difficoltà? Nella parte centrale.

Due parole ancora su questo argomento, perché riguarda la cosiddetta Memoria a Breve Termine (MBT), fondamen-

tale quando si tratta di comunicare in modo efficace.

Molti studenti sono preoccupati dall’idea di dover memorizzare quanti più dettagli possibili dei testi e imputano le

proprie difficoltà ad una cattiva memoria. La questione, come ti dicevo, riguarda invece qualcos’altro e non certo

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ipotetici limiti della mente.

Fai anche tu questo esperimento, per renderti conto di come funziona: leggi in sequenza, i numeri scritti di seguito e

ripetine quanti più riesci subito dopo:

2, 6, 8, 7, 7, 6, 9, 0, 1, 2, 4, 9, 8, 1

Quanti numeri hai ricordato in sequenza?

Ora leggi, in sequenza, le parole scritte di seguito e ripetine quante più riesci subito dopo:

Casa, cavallo, computer, tavolo, dentifricio, avvelenare, bambino, isterico, anello, morbidezza, cavolfiore, ginocchio,

telecomando, torta, aereo, pompiere

Quante parole hai ricordato in sequenza?

Un aspetto interessante che riguarda la MBT è che, quando si cerca di ricordare una lista di parole o numeri, i primi

elementi e gli ultimi hanno più probabilità di essere ricordati rispetto a quelli centrali.

Questi due effetti prendono il nome, come ti dicevo, di primacy (priorità) e recency (recenza). I primi elementi di una

lista sono ricordati più facilmente perché vengono ripetuti mentalmente più volte, mentre gli ultimi sono quelli appena

registrati e quindi più “freschi”.

La MBT è una sorta di “lavagna” dove annotare temporaneamente le informazioni affinché queste vengano “cancel-

late” o, al contrario, “immagazzinate” nella memoria a lungo termine. Il passaggio delle informazioni dal primo tipo di

memoria al secondo richiede la ripetizione, mentale o verbale, delle informazioni. Ecco perché è importante che tu

anticipi e ripeti: aiuti chi ti ascolti a ricordare meglio e a capire meglio quello che dici.

Nel campo cinematografico, per questo motivo e giusto per farti ancora un esempio, si concentra grande attenzione

a un inizio che sia avvincente e coinvolgente (negli action movies a maggior ragione: la sequenza iniziale è strategica

per il godimento di tutto il resto del film) e al gran finale. Che poi sono le due cose che lo spettatore ricorderà più

facilmente.

Per aiutarti a ricordare questo importantissimo principio, te lo presento come “la regola delle 3D”:

Dì quello che stai per dire (anticipa);

Dì quello che devi dire (argomenta);

Dì quello che hai detto (riassumi).

Ogni comunicazione che si rispetti dovrebbe essere strutturata in questo modo: D-D-D!

Come forse hai già notato, questo libro contiene una breve introduzione (il box iniziale nel quale ti dico quello che sto

per dire), il testo vero e proprio (ti dico quello che devo dire) e un riassunto (il box finale, nel quale ti dico quello che

ho detto).

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Il 3 è il numero perfetto, lo sai. Quale che sia la tradizione che consideri, da qualsiasi parte ti giri, troverai che il 3 è un

numero davvero magico. È così potente che il cervello umano lo apprezza molto: ecco perché i più esperti comuni-

catori del mondo espongono le informazioni, a pezzi di tre (per esempio, puoi guardare i discorsi di Obama) e le più

importanti aziende hanno tre categorie di prodotti o tre famiglie o tre tipologie di prodotti (pensa ad Apple e ai suoi

prodotti, sempre in 3 tagli o in tre modelli). Questo libro, ad esempio, ti propone in ogni capitolo tre diverse strategie.

A proposito, ti sei mai chiesto perché le lattine contengono 33cl di prodotto e non, ad esempio, 42 o 28?

Ti sei mai chiesto come mai, quando qualche azienda vuole gentilmente omaggiarti di un po’ del suo prodotto, te ne

offre il 33% in più?

Oppure, ti sei mai chiesto come la promozione più gradita dalle persone sia il 3 x 2?

Se quando esponi le tue idee o quando stai anticipando il contenuto del discorso usi informazioni a pezzi di tre, il tuo

interlocutore sarà immediatamente attratto da te e dal tuo discorso.

3

L’essere umano è una creatura profondamente egoista, per natura. Nel senso buono del termine, naturalmente, ma

la realtà è questa: quando ascoltiamo qualcuno, una parte del nostro cervello ragiona sull’utilità della conversazione.

Se trova utilità, va avanti a seguire. Altrimenti, si distrae.

Ti svelo un segreto tanto semplice quanto potente. Quando comunichi, quando vuoi influenzare qualcuno o vuoi

semplicemente che ascolti i tuoi consigli, evita tassativamente le frasi costruite con la terza persona e usa inve-

ce frasi costruite sulla seconda persona. Inoltre, se il contesto lo richiede, spiega che cosa significa quello che

dici per chi ti ascolta, in che vantaggi per lui si concretizza la tua idea o la tua proposta.

Ti faccio un esempio. Considera la frase seguente:

“Leggere questo libro permette alle persone di migliorare le relazioni con i loro amici.”

Suona bene ma è del tutto priva di efficacia. Considera, ora, questa frase:

“Leggere questo libro ti permette di migliorare le relazioni con i tuoi amici.”

Questa frase è molto più penetrante, coinvolge emotivamente chi sta leggendo, lo porta ad associarsi alla tua idea

(cioè, a viverla dall’interno, a sperimentarne in prima persona l’efficacia).

Considera, infine, quest’ultima frase, che tiene conto della regola precedente (uso della seconda persona) e la arric-

chisce con l’altra regola (spiegazione del significato per chi la ascolta):

“Leggere questo libro ti permette di migliorare le relazioni con i tuoi amici il che significa, per te, che i tuoi amici ti

ascolteranno volentieri e con interesse.”

Nel campo del marketing esiste una sigla che riassume perfettamente quanto ti ho spiegato finora e che, in pratica,

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è la domanda che si pone ogni persona quando parli delle tue idee o dei tuoi prodotti: W I I F M?

Ovvero: What’s In It For Me? Che cosa c’è qui dentro, di buono, per me? (corsivo mio).

Usa sempre pronomi personali come “tu”, “tuo”, “tuoi”, “tue”. Ovviamente, se il registro stilistico con il tuo interlocu-

tore è più formale, usa il “lei”, “suo”, “suoi”: l’efficacia è la medesima.

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TERZA CHIAVE: USA UN LINGUAGGIO POTENTE

“In principio, parole e magia erano una cosa sola

e persino oggi le parole conservano

molto del loro potere magico.

Attraverso le parole, ognuno di noi può dare

a qualcun altro la massima felicità,

oppure portarlo alla totale disperazione.

Le parole suscitano emozioni e

sono il mezzo con cui generalmente influenziamo i nostri simili.”

(Sigmund Freud)

IL CAPITOLO, IN TRE PAROLE

1. Ci sono parole letteralmente magiche, che hanno il potere di aprire qualsiasi porta e di rendere la tua comunicazione davvero efficace: usale.2. Ci sono parole piene di significati che permettono a chiunque di costruirci una storia e a te di suggestionare chi ti ascolta: usale.3. Ci sono parole che dovrai evitare di pronunciare, lasciandole dire al tuo interlocutore. Perché fingere di esser rimasto senza parole è uno dei modi per arrivare al cuore di chi ti ascolta.

1

Per arrivare al cuore del tuo interlocutore, devi usare parole magiche, parole che eccitano e che fanno brillare gli oc-

chi. Parole luminose, parole che suscitano emozioni positive e reazioni inconsce, di pancia.

Le parole magiche sono quelle che creano in chi ti ascolta piacevoli sensazioni e che addirittura riescono a modifi-

care il suo umore. Sono parole che evocano immagini positive e in qualche modo condizionano il tuo interlocutore,

facendolo stare bene.

“Se pronunciamo parole positive queste vibrazioni influenzano le cose nella direzione del bene. Se utilizziamo parole

negative ci muoviamo verso la distruzione. In Giappone si ritiene che le parole abbiano un’anima, la cosiddetta anima

della parola. Si pensa che soltanto pronunciando le parole si abbia il potere di trasformare il mondo. Le parole influen-

zano in maniera molto forte la nostra coscienza”. (Masaru Emoto)

Come mai le parole godono di tale straordinario potere? In PNL si parla di neuroassociazione per descrivere quel pro-

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cesso per cui a ogni parola è collegata una specifica immagine e ad ogni immagine è collegata una reazione chimica

coerente. Parole buone = immagini buone = chimica buona = persona felice. Ti faccio un esempio banale: pensa a

una tarantola pelosa che cammina con le sue lunghe e terrificanti zampe sul copriletto, davanti a te, mentre sei steso

sul letto a leggere. E ora pensa a un tenero cucciolo di cane, con i suoi occhioni grandi, che scodinzola e ti guarda

perché aspetta che tu lo prenda in braccio (o a una bionda mozzafiato che ti si avvicina con sguardo ammiccante!).

Che te ne pare? Sensazioni diverse? La biologa Candance Pert ha dimostrato come ogni tipo di emozione sia colle-

gata a una particolare miscela chimica nel nostro corpo. Quando nella nostra mente abbiamo immagini piacevoli, il

nostro organismo produce neurotrasmettitori che provocano buonumore (ad esempio, la serotonina e la dopamina).

Quando, invece, nella nostra mente abbiamo immagini sgradevoli, accade il contrario e il nostro organismo produce

altri tipi di neurotrasmettitori (ad esempio, noradrenalina o corticoidi).

Tu ora hai la possibilità di imparare una serie di parole capaci di evocare in chi ti ascolta una serie di immagini positive,

collegate a una chimica altrettanto positiva.

Oltre al fatto che con le parole magiche riesci ad arrivare direttamente al cuore del tuo interlocutore, usando que-

ste parole la tua conversazione avrà il profumo di pane appena sfornato. Che, come sai, è irresistibile. Di

che cosa sto parlando? Ti sto parlando di un fenomeno chiamato “assuefazione edonistica”: il cervello, sottoposto

per un determinato periodo allo stesso stimolo, si abitua e smette di considerarlo… “stimolante”. Quando entri in

una panetteria, immediatamente avverti un buonissimo profumo di pane appena sfornato. Se resti nella panetteria

troppo a lungo, però, smetti di sentirlo perché ti ci sei abituato. Questo vale per molti altri esempi: la macchina nuo-

va, che i primi giorni ti sembra quasi brillare di luce propria, dopo un mese inizia a sembrarti normale. E il profumo

che ti spruzzi la mattina, quell’essenza particolare e suggestiva che tanto ti ha conquistato in profumeria, smette di

inebriarti dopo pochi minuti, almeno fino a quando qualcuno si complimenta con te per il profumo che indossi. La

stessa cosa vale per le parole: se la maggior parte delle persone utilizza l’aggettivo “bello”, il tuo cervello lo ignorerà

perché appunto è usato dalla maggior parte delle persone: per il cervello, è la stessa cosa che restare un’ora in for-

neria. Invece di “bello”, di’ qualcosa come “straordinario”, “importante”, “super mega straordinario”. Queste parole

sono come il profumo di pane che risveglia i sensi: catturano l’attenzione di chi ti ascolta, rendono memorabili i tuoi

discorsi e ti faranno emergere rispetto alla massa di coloro che usano lo stesso vocabolario trito e ritrito. Le persone

faranno fatica a ricordare una persona che dice “bello” o “buono” e ricorderanno, piuttosto, chi usa termini come

“strepitoso”, “eccellente”, “fantascientifico”. In un mondo nel quale siamo bombardati da migliaia di informazioni e

messaggi pubblicitari al giorno (secondo le ultime stime, sono quasi 7.000 al giorno per persona), vince chi è straor-

dinario, eccezionale, esaltante, entusiasmante.

Ora ti faccio un elenco di parole che hanno il potere di stimolare il cervello di chi ti ascolta. Leggilo bene, studialo e

poi comincia subito a riempire le tue frasi con queste parole. Ricorda: per fare scacco matto devi essere affascinante,

carismatico, straordinario.

Il SÌ è il più suadente dei suoni, il grimaldello che scardina qualsiasi serratura, il passe-par-tout che ti permetterà di

costruire comunicazioni efficaci, dirette, costruttive. Usa spesso questa parola.

A proposito della potenza insita nella parola SÌ, è d’obbligo citare la campagna presidenziale dell’attuale Presidente

degli Stati Uniti d’America, Barack Obama, che è stata centrata su un unico, potente e inequivocabile messaggio:

“Yes, we can” (Sì! Noi possiamo!). Un messaggio davvero ben congegnato, che ha colpito nel cuore gli elettori e di-

mostrato come a volte poche parole scelte con cura possano aiutare un uomo a compiere il suo personale miracolo.

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E, a prescindere da ogni considerazione di ordine politico, possiamo ben dire che Barack Obama abbia compiuto

un’impresa straordinaria: ha venduto il suo prodotto (se stesso) e lo ha fatto così bene da diventare Presidente con-

tro ogni aspettativa. Lo stesso non si può dire per il casereccio Walter Veltroni che, nel 2008, ha impostato la sua

campagna politica con l’italianissimo (e pessimo) “si può fare”: questo slogan somiglia solo da lontano a quello del

Presidente Obama poiché contiene una vera e propria aberrazione linguistica e, infatti, se ne sono visti i risultati:

sconfitta clamorosa e scomparsa dalla scena. L’errore madornale è che il “SI” senza accento ha un valore bel diverso

dal valore assertivo del SÌ con l’accento: il SI senza accento rende la frase impersonale e la priva del soggetto attivo.

In tal modo, chi ascolta lo slogan lo capisce da un punto di vista razionale ma ne resta estraneo da un punto di vista

emotivo. In pratica, è uno slogan che invita - letteralmente! - chi lo ascolta all’inazione, al passare la palla, al declinare

la responsabilità!

REGALO

Questa è una parola riporta alla mente di chi la pronuncia e di chi ascolta immagini buone, inevitabilmente positive.

La maggior parte delle persone pensa a un pacco o a una grossa scatola incartata di rosso e decorata con un gran

fiocco dorato. Alcuni pensano all’albero di Natale e a tutti i pacchetti pieni di nastri e fiocchi colorati in attesa di essere

scartati.

MAGICO

A chi non viene in mente un coniglio che esce da un cilindro, oppure un paio di guanti bianchi e una bacchetta da

prestigiatore, oppure scintille e stelline alla maniera della fata Smemorina che trasforma una zucca in una carrozza?

Parola che fa spalancare gli occhi e socchiudere leggermente la bocca in uno stato di sospensione e aspettativa che

rasenta lo stato di trance. Parla di cose magiche: le persone che ti ascoltano resteranno a bocca aperta.

AMORE

AMORE è una parola dallo straordinario potere: stimola nel nostro cervello la produzione di un ormone che si chiama

ossitocina. Quest’ormone, fra le altre cose, favorisce l’empatia ed è considerato l’agente biologico dell’innamora-

mento. Nelle donne in particolare, anche il solo udire questa parola mette di buon umore (a meno che sia collegata

a qualche evento contingente spiacevole e circoscritto, come una recente delusione): le immagini collegate a questa

parola sono collegate a bambini, coccole, cuccioli. In sostanza, la parola AMORE innesca nella maggior parte dei casi

il fenomeno della “neotenia”, ovvero amore e piacere per tutto ciò che ha le sembianze di un cucciolo (se noti, pra-

ticamente qualsiasi pubblicità, da quella della carta igienica a quella delle automobili contiene cuccioli e/o bambini).

Questo meccanismo induce in chi ti ascolta piacevoli sensazioni.

PASSIONE

PASSIONE è molto simile ad AMORE, per quanto riguarda gli ormoni dei quali induce la produzione. È una parola

molto buona per stimolare ed eccitare il tuo interlocutore (dal punto di vista nervoso, s’intende!). Esiste però una

importante differenza con la parola AMORE. Per la precisione, PASSIONE induce immagini più calde e trasmette

sensazione di maggior movimento: a molte persone, questa parola fa venire in mente due amanti che si dimenano

fra le lenzuola, baci bollenti e corpi avvinghiati. Oppure, sport come il calcio o l’automobilismo. Quindi, questa parola

favorisce comunque la produzione di sostanze chimiche positive, ma con una nota e una sfumatura diverse.

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SORPRESA

La prima immagine che viene in mente a me è un pacco aperto da cui salta fuori un pagliaccio a molla, proprio come

si vede nei film o nei cartoni animati. La parola SORPRESA, nel gioco delle libere associazioni, è solitamente colle-

gata a concetti come regalo, uovo di pasqua, inaspettato, festa di compleanno. Tutte cose o esperienze che, come

di certo hai intuito, sono collegate a loro volta con una chimica piacevole e positiva. Ricorda, in questo caso come

in altri di cui ti ho parlato, che il contesto in cui inserisci la parola può essere diverso di volta in volta: con un po’ di

allenamento diventerai davvero bravo a costruire frasi con il deliberato intento di utilizzare parole specifiche.

SCOPERTA

Una SCOPERTA è quella fatta da Cristoforo Colombo quando credette di aver raggiunto le Americhe. Una SCOPER-

TA è quella fatta Isaac Newton quando gli cadde una mela in testa. Una SCOPERTA è quella che ha permesso a Loius

Pasteur di evitarci molte malattie. Insomma, una SCOPERTA è qualcosa di particolare, di buono, quasi di magico, che

permette di trovare qualcosa di nuovo. Per alcune persone, addirittura, la parola è collegata alla mappa di un tesoro

o di una grotta segreta in fondo alla quale sono custoditi preziosi segreti.

FACILE

Le persone adorano le scorciatoie. Dicono, magari, di apprezzare l’impegno e il duro lavoro. E dicono anche di essere

disposte a lunghi mesi di sacrificio. In realtà, adorano le soluzioni miracolose e facili, altrimenti non si spiegherebbe il

gran numero di persone che comprano pastiglie dimagranti convinte di perdere peso senza sforzo (l’ho fatto anch’io!)

o che si affidano ai trattamenti estetici per perdere i loro dodici chili di grasso (pure questo, l’ho fatto!), senza consi-

derare l’idea di una sana dieta e di tanto sport quotidiano. Illusioni belle e buone, certo. Ma comode. Ed ecco dunque

da dove deriva l’amore per questa parola.

STUPEFACENTE

Fa brillare gli occhi! È una parola collegata a concetti come sorpresa, stupore, bocca aperta. Desta immediatamente

l’attenzione di chi ti ascolta ed è un vero e proprio catalizzatore d’interesse.

PAZZESCO

Ti fa pensare a qualcosa di incredibile: “roba da pazzi”, per l’appunto. Il che rappresenta un sistema sicuro e rapido

per catturare l’attenzione di chi ti ascolta o per rendere l’idea di cui stai parlando ancor più interessante e fuori dal

comune.

INCREDIBILE

Ti fa pensare a qualcosa di eccezionale, a regali che nemmeno riesci a immaginare, a cose che fai persino fatica a

raccontare. E ti fa luccicare gli occhi per il desiderio di scoprire che cosa sia così “incredibile”!

FANTASTICO/STREPITOSO/AFFASCINANTE/SBALORDITIVO/STRABILIANTE

Altri modi per evitare il banale “bello” e l’ancor più banale “buono”. Un piccolo suggerimento, se permetti: al momen-

to in cui scrivo (2014) è di gran moda usare l’aggettivo “basito” per indicare “stupore”. Ebbene, una volta tale agget-

tivo era considerato segno di cultura poiché lo usavano in pochi. Oggi lo usa soprattutto chi vuol dare sfoggio di una

parola “colta”, ottenendo esattamente il risultato contrario a quello sperato. Perciò, se vuoi colpire il tuo interlocutore

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e incuriosirlo, usa piuttosto “attonito”, “trasognato” o “trasecolato”.

DOLCE/DOLCEZZA/TENERO/TENEREZZA/GIOIA

Come AMORE, tutte queste parole sono stimolatrici degli ormoni delle coccole. GIOIA, in particolare, suscita imma-

gini di bambini che saltano e ridono. E, quindi, fa brillare gli occhi. (e quando comunichi e quando vendi, l’unica cosa

di cui ti devi preoccupare è che a chi ti ascolta brillino gli occhi).

PIÙ

Tre lettere magiche! Sia che venga in mente il simbolo “+” (che a sua volta rimanda all’idea di “positivo”) sia che venga

in mente “aggiunta”, questa parola mette chi la ascolta in ottimo stato. Poco importa che cosa ci sia in PIÙ: quel che

conta è che qualcosa è stato aggiunto o che il prodotto fa qualcosa PIÙ di prima o degli altri. Usala spesso.

LIBERO

A molte persone viene in mente il vento. A qualcuno vengono in mente cieli azzurri, prati verdi sterminati, spiagge

senza fine. Devo aggiungere altro? Usala sempre e solo in modo etico.

POTENTE

Che tu immagini un maestoso cavallo di razza, un motore rombante di un’autovettura da corsa o un uomo di stra-

ordinario successo personale ed economico, il risultato è il medesimo. La parola POTENTE esprime vigore e forza,

maestà e al tempo stesso senso di sicurezza e stabilità. Ricorda di inserirla spesso nelle tue conversazioni!

FIDUCIA

Questa è un’altra parola che ispira strette di mano, sorrisi e rapporti umani solidi e basati sul reciproco rispetto. Quan-

do chiedo, in aula, che cosa faccia venire in mente questa parola, la maggior parte delle persone risponde “stretta di

mano”; qualcuno risponde “sorriso” e qualcuno addirittura “focolare”. Tutti concetti che rendono la tua comunicazio-

ne molto più credibile e persuasiva.

SPECIALE

Ho chiesto a tante persone che cosa significasse per loro questa parola e quali immagini evocasse. Ho raccolto le ri-

sposte più diverse: regalo, affetto, sorriso, nonno, fiocco, stella, attrice di successo, sorpresa e via discorrendo. Quel

che è certo è che SPECIALE è una parola… speciale. E vale la pena utilizzarla. Quale che sia l’immagine che evoca

in chi ti ascolta, è una buona immagine. Persuasione massima garantita.

2

Un modo eccezionale per arrivare al cuore del tuo interlocutore è quello di pensare con la sua testa. Esatto, pensare

con la sua testa. Come fare? Semplice. Ti basta usare frasi e predicati “semanticamente densi”, ovvero frasi, parole e

verbi così vaghi che ognuno può attribuir loro il significato che preferisce. In pratica, è come se tu fornissi una traccia,

una cornice che poi la persona riempie di contenuto, il suo contenuto.

Ti faccio un esempio molto semplice. Leggi questa frase: “Dentro di te, tu sai il vero motivo per cui hai acquistato

questo libro. È perché sei alla ricerca di nuove risorse per affrontare in modo diverso le difficoltà che incontri con le

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persone. Grazie a questo libro ti renderai conto di avere le capacità che ti servono per poter raggiungere il risultato.

Altre persone che lo hanno letto dicono che è importante capire come lavorare su se stessi e anche tu saprai presto

come far fronte a quei momenti complessi che rendono la tua vita più complicata di quel che vorresti”.

Se leggi con attenzione questa frase puoi renderti conto che dice tutto e dice niente. Potrebbe andar bene per qual-

siasi lettore. Soprattutto, permette a chiunque di costruirsi in testa un determinato scenario.

Prendi ad esempio la frase “...le difficoltà che incontri con le persone”.

Se ti avessi detto: “pensa a quando un conoscente ti dice che non capisce esattamente il motivo per cui tu frequenti

quella palestra invece che prendere l’aperitivo con lui”, avresti perso interesse perché, probabilmente, è una cosa

che non ti riguarda. Quando, invece, parlo di “difficoltà con le persone”, io penserò alle mie difficoltà e ai miei amici,

tu alle tue e ai tuoi amici. E ti sentirai coinvolto.

Torniamo alla frase di prima, al momento in cui ti dico che “ti renderai conto di avere le capacità che ti servono per

raggiungere il risultato”. Anche in questo caso, se ti avessi specificato tutte queste parole esprimendo il mio punto di

vista, avrei utilizzato la mia esperienza soggettiva invece della tua, ben più preziosa in questa sede.

Il tipo di linguaggio di cui ti sto parlando è quello elaborato dal famoso ipnoterapista Milton Ericksonn e ha il potere

di permettere a chi ti ascolta di pensare alla sua realtà senza essere schiacciato dalla tua. Per questo, usare questo

linguaggio “ipnotico” o “abilmente vago” ti permette di creare immediatamente un solido ponte di comunicazione fra

te e chi ti ascolta, suscitando empatia istintiva.

In pratica, funziona così: tu parli usando frasi, parole e verbi “abilmente vaghi”, chi ti ascolta inizia a pensare alla

propria esperienza credendo che tu stia parlando proprio di quella, di qualcosa che lo riguarda e, in tal modo, si trova

fin da subito a sentirsi allineato a te, d’accordo con quello che dici, interessato all’argomento. D’altronde, come po-

trebbe essere altrimenti? Stai parlando di lui, in fondo.

Ora ti faccio un elenco di parole, frasi e verbi semanticamente densi. Ricorda di usare questo prezioso materiale per

arricchire la tua intelligenza linguistica e rendere i tuoi discorsi persuasivi ed efficaci. Con queste parole, arriverai al

cuore di chi ti ascolta.

PAROLE

Strumenti

Risorse

Difficoltà

Complessità

Capacità

Abilità

Soddisfazione

Benessere

Gradimento

Soluzione

Risposte

Idee

Lavoro

Potenzialità

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VERBI

Saprai

Capirai

Sai

Ti rendi conto

Puoi

Potere

Ti è possibile

Accorgerti

FRASI

• Mentre lo osservi, puoi cominciare a renderti conto di quanto è bello.

• Pensa a tutte le difficoltà e le complessità che hai dovuto finora affrontare: io posso aiutarti a trovare le risorse

necessarie…

• Puoi subito renderti conto di quanto sia in linea con le tue esigenze…

• Rappresento la soluzione alle tue difficoltà, e in cuor tuo sai che dentro di te hai tutti gli strumenti che ti servono…

3

Un altro modo elegante e straordinariamente efficace per arrivare al cuore del tuo interlocutore è quello di… far finta

di esser rimasto senza parole.

Considera questi due dati.

Primo, quando una persona sente silenzio in una conversazione, tende a riempirlo.

Ti è mai capitato di avere conversazioni che all’improvviso si interrompono? Hai mai avvertito la necessità, per “rom-

pere il ghiaccio” o “sciogliere la tensione”, di parlare e dire qualcosa? Ecco, sto parlando di questo.

Secondo, quando le persone parlano usando i puntini di sospensione, chi ascolta tende a riempire gli spazi con le sue

parole. Conosci qualcuno che mentre parli anticipa le tue parole e, di fatto, te le mette in bocca? Ecco, sto parlando

anche di questo.

Vediamo ora insieme come tu puoi usare a tuo vantaggio queste due caratteristiche dell’essere umano per arrivare

al cuore del tuo interlocutore.

Quando parli puoi di tanto in tanto permettere al tuo interlocutore di completare le frasi al posto tuo.

Le parole, ricordalo bene, sono ancore. Anzi, sono le ancore più potenti in assoluto, perché ogni parola è collegata,

nel cervello di chi la pronuncia, alle esperienze di una vita intera.

Hai presente le boe che usano i sub per segnalare la presenza di qualcosa sul fondo? Una volta, i pirati facevano lo

stesso. Per evitare che i loro tesori venissero scoperti, li sistemavano in grandi rete sul fondo del mare e poi collega-

vano queste rete a galleggianti che solo loro potevano ritrovare al momento del bisogno.

Con le parole è lo stesso. Ogni parola è collegata, nel profondo, a una miriade di informazioni. Quando il tuo interlo-

cutore, quindi, ti mette le parole in bocca, ha prima dovuto attingere alla propria esperienza e a una serie di rappre-

sentazioni. Che sono quelle, appunto, che ti permettono di arrivare direttamente al suo cuore.

Si tratta di una tecnica raffinatissima, da usare con cura ed eleganza. Allenati senza forzare troppo la mano e scoprirai

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quali e quanti incredibili risultati ti darà.

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QUARTA CHIAVE:PENSA E PARLA POSITIVO

“Comunicare. È la prima cosa che impariamo davvero nella vita.

La cosa buffa è che più noi cresciamo, impariamo

le parole e cominciamo a parlare e

più diventa difficile sapere cosa dire,

o peggio ottenere quello che davvero vogliamo.”

(citazione dal telefilm “Grey’s Anatomy”)

IL CAPITOLO, IN TRE PAROLE

1. Parla semplice, senza condizionali e congiuntivi. Per essere persuasivo, sono inutili. 2. Il pensiero positivo, quello vero, fa muovere le persone proprio nella direzione che de-sideri tu.3. Se vuoi far andare le persone dove tu vuoi che vadano, devi saper tracciare loro il per-corso.

1

La prima e più importante regola che devi memorizzare e applicare è questa: quando vuoi portare il tuo interlocutore

esattamente dove vuoi, devi usare solo e sempre indicativo e/o imperativo declinati al tempo presente.

Leggi questi esempi.

“Potremmo fare...”, diventa “Facciamo...”.

“Vorrei parlarti di una cosa importante…”, diventa “Voglio parlarti di una cosa importante”.

“Ora dovresti prendere in considerazione...”, diventa “Ora prendi in considerazione...”

Per comunicare in modo efficace, devi usare una strategia linguistica adatta, una linguistica da leader, da colui che

ha le idee chiare e che sa esattamente quello che vuole. Condizionali e congiuntivi ti concedono un buon margine per

rimandare, essere inattivo, delegare ad altri la responsabilità delle tue scelte e delle tue azioni. Soprattutto, trasmet-

tono senso di insicurezza e di incertezza.

Dire “farei” esprime, inconsapevolmente, il fatto che ci sono ostacoli frapposti fra te e il tuo agire.

Dire “vorrei” significa, letteralmente, che forse vuoi e forse no.

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Dire “mi piacerebbe”, significa che non sai davvero e con certezza se la cosa ti piace o meno.

Devi sviluppare, in pratica, una comunicazione da “Comandante”. Il generale, durante una battaglia, parla in questo

modo: “Avanzate! Prendete posizione! Arretrate! Serrate i ranghi!” e così via. Te lo immagini un generale che chiede

ai suoi soldati: “Ora, ragazzi, dovreste avanzare e poi, se volete, potreste anche scavare un rifugio per la notte…”?

Impossibile!

Ancora due parole sul modo condizionale che, come dice la parola stessa, pone pesanti condizioni sull’efficacia

della tua comunicazione. Naturalmente, puoi usarlo se lo scopo della tua comunicazione è chiacchierare e basta.

Se, viceversa, lo scopo della tua comunicazione è quello di ottenere un risultato specifico, allora concentrati solo sui

comandi diretti. Il condizionale non è l’unico pericolo dal quale guardarti. Infatti, se unisci il condizionale alla terza

persona singolare, il danno è ancora più incredibile. Ad esempio: “Sarebbe il caso che…” è una frase che contiene in

sé più di un problema. In primo luogo, genera dubbi (potrei chiederti: sarebbe il caso secondo chi?). Poi, si tratta di

una declinazione di responsabilità: se vuoi che qualcuno faccia qualcosa o se tu stesso vuoi davvero fare qualcosa,

esprimi questa volontà nel modo corretto: “Voglio che..”, sempre ricordando di fare un bel sorriso e di parlare con

tono gentile.

Anche con il tempo coniugato al futuro consiglio di andarci piano e di limitarti a utilizzarlo giusto quando serve. I

verbi al futuro, infatti, sono sinonimi di procrastinazione. Il futuro è il tempo verbale preferito delle persone che hanno

buone intenzioni ma che superano di rado il confine fra il dire e il fare. Attenzione: se usi il futuro in nessun modo ciò

significa che tu, realmente, sia una persona che rimanda. Ma questo è ciò che passerà al tuo interlocutore.

2

Molti confondono il pensiero positivo con il facile ottimismo. Il pensiero positivo, tecnicamente e semplicemente,

consiste nel dire alle persone ciò che vuoi che facciano, evitando le negazioni ed evitando la terribile trappola del

“non”.

“Non voglio che tu faccia questo, non devi fare questo, non devi fare quello…”.

Per portare il tuo interlocutore esattamente dove vuoi, per fargli fare quello che è utile per te e per lui, devi parlare

positivo e proattivo. Ripeto: positivo e proattivo.

Che cosa significa, esattamente?

Parlare positivo significa dire a chi ti ascolta quello che vuoi che faccia ed evitare le negazioni.

La parola NON produce spesso danni incredibili. Il motivo fondamentale per cui questa parola è tanto pericolosa

risiede nel fatto che il cervello ignora le negazioni, soprattutto se queste sono collocate all’inizio di una frase. Faccio

un esempio: se ti dico “NON pensare a una banana”, inevitabilmente la prima cosa che fai è giusto quella di pensare

a una banana. Si tratta di un processo inevitabile: per poter negare a livello razionale “una banana”, il cervello deve

prima rappresentarsi un’immagine precisa, ed è qui la fregatura. “NON pensare a una banana” è un comando al

quale, per definizione, è impossibile ubbidire. Ecco perché possono sorgere problemi, perché rischiamo di ottenere

esattamente il contrario di quello che abbiamo chiesto: “non preoccuparti”, frase abbastanza usata, mette in testa a

chi ti ascolta esattamente il concetto (preoccuparsi) che vorresti evitare. C’è forse qualcosa di cui si deve preoccu-

pare? Stai per fare qualcosa di sbagliato? Queste sono le domande che potrebbe porsi.

Ricorda questo: quando parli, ogni singola parola che dici viene intercettata dal cervello di chi ti ascolta e produce in

lui una serie di reazioni a catena, come immagini o pensieri. Una volta pronunciata, la parola non può essere ignora-

ta. E se tu “lanci” nell’aria la parola “preoccupazione”, stai pur certo che in chi ti ascolta si produrranno immagini e

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pensieri legati a questo concetto.

Pensa anche a frasi come:

“NON voglio che tu faccia questo…”.

“NON voglio che tu pensi che io…”.

“NON voglio rubarti altro tempo…”

Quando sei con una persona, se vuoi che comprenda quello di cui stai parlando, parla chiaro. Sposta la sua atten-

zione su quello che vuoi mettere in risalto invece che su quello che vuoi evitare. Di’ quello che vuoi, invece di quello

che non vuoi. Di’ quello che vuoi fare invece di quello che non vuoi fare. Di’ quello che vuoi avere, invece di quello

che non vuoi avere più.

Se vuoi che tuo figlio “non stia così vicino al televisore”, digli di spostarsi, di andare da qualche altra parte. Sii chiaro

e preciso con le tue indicazioni, perché parlare positivo è utilissimo e davvero molto efficace. A volte, tuttavia, può

non bastare.

Se vuoi comunicare in modo positivo e proattivo con tuo figlio, quindi, usa una frase del tipo: “Spostati dal televisore

e vai a sederti sulla poltrona”.

Per comunicare in modo proattivo ed esercitare quindi il massimo grado di persuasione, devi tracciare il percorso a

chi ti ascolta in modo preciso, passo dopo passo.

Dire a un collega: “non metter sempre i documenti in disordine” produce di certo scarso risultato. Puoi usare un lin-

guaggio positivo e proattivo: “la prossima volta, metti per cortesia i documenti firmati nel terzo cassetto”.

3

In un bellissimo libro sul cambiamento ho letto questa frase, che condivido con te: “quella che noi chiamiamo resi-

stenza, spesso è mancanza di chiarezza”.

Per comunicare in modo efficace con il tuo interlocutore, per farti comprendere e soprattutto per ottenere il risultato

che desideri, devi dirgli esattamente che cosa fare e in quale sequenza. Ti faccio un paio di esempi. Fai molta pratica

per poterla applicare con naturalezza.

“Sai che cosa fai adesso? Te ne vai a casa, ti fai una bella doccia e ti rilassi, poi prendi gli appunti del corso e li leggi

con attenzione, così domani mattina sai tutto alla perfezione.”

“Facciamo così: tu adesso studi ancora un’ora, poi ti fai la doccia e così, entro le sei, puoi uscire a giocare con i tuoi

amici.”

Quando parli in questo modo, stai molto attento al tono di voce, che sia morbido e tranquillo e in nessun modo troppo

imperativo. Ricorda: usare un verbo nel modo imperativo non significa abbaiare ordini o urlare alle persone che cosa

devono fare. E stai anche attento ai tuoi gesti, che siano concilianti (evita il dito puntato, soprattutto) e all’espressione

del tuo volto: un bel sorriso e un tono di voce adeguato fanno miracoli.

Conta quello che dici e conta come lo dici.

Poi, per rendere questa tecnica infallibile ed efficace, ecco un’altra chicca per te: la neuro-trappola della libertà di

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scelta!

Quando le persone credono di esser libere di scegliere, allora solitamente fanno quello che tu dici loro di fare. Pensa

al diritto di recesso, norma di legge che molti valutano come esempio di civiltà e che di fatto è una strategia di marke-

ting micidiale. Hai presente le televendite? Quando la presentatrice di turno mostra le mirabilanti qualità del prodotto

del giorno, tu sei lì che guardi e non sai che decidere. Ti interessa, ma potrebbe essere una fregatura. Poi compare

la famigerata scritta “soddisfatti o rimborsati: puoi restituire il prodotto”. In quel momento, compri. Le mie statistiche

mi dicono che quasi nessuno, fra i clienti delusi, restituisce il pacco. Qualcuno per la scomodità di andare in posta

a far la spedizione. Qualcun altro per non dover ammettere con se stesso di aver preso un abbaglio. Poco importa:

quel che conta è che tu sei libero di restituire il prodotto e invece lo tieni. Ecco quindi come integrare questo principio

nella tecnica che ti ho appena esposto: prima, anticipa al tuo interlocutore che può fare quello che vuole e che può

decidere quello che vuole. Poi, suggerisci. In tal modo, la prima cosa che il suo cervello registra è che può decidere

come vuole e questo fa abbassare le sue difese, il che ti permette poi di dare le tue indicazioni in modo efficace. Ecco

altri due esempi.

“Beh, tu ovviamente sei libero di decidere come meglio ritieni, per me è lo stesso. Poi vai a casa, ti fai una bella doc-

cia, ti rilassi, prendi in mano gli appunti e li leggi, così domani mi dici come intendi procedere. Ovviamente, ripeto, sei

libero di fare come vuoi.”

“Ovviamente fai come vuoi. Io ti consiglio: fai i compiti, poi ti fai una bella doccia e alla fine esci con gli amici. Ripeto,

poi fai come vuoi.”

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QUINTA CHIAVESII EFFICACE

“Il computer più nuovo al mondo non può che peggiorare,

grazie alla sua velocità, il più annoso problema nelle relazioni

tra esseri umani: quello della comunicazione.

Chi deve comunicare, alla fine, si troverà sempre

a confrontarsi con il solito problema:

cosa dire e come dirlo”

(Bill Gates)

IL CAPITOLO, IN TRE PAROLE

1. Assicurati che le parole che usa il tuo interlocutore abbiano lo stesso significato che gli attribuisci tu… e ripeti: ti farai capire il doppio.2. Impara a dare indicazioni precise e a seguire una struttura: sarai efficace senza fatica.3. Impara a concludere in modo efficace la tua comunicazione!

1

Molte parole fra quelle che tu utilizzi possono avere significati differenti per le persone con cui parli. Per esempio,

se io ti dico, durante una discussione, che ho bisogno di “serenità”, tu potresti pensare ad alcune cose, io ad altre.

Potremmo non capirci, pur essendo d’accordo sul concetto di massima.

Ancora: se io parlo di esperienza “rilassante”, qualcuno può pensare a una passeggiata nei boschi, qualcun altro a

un pomeriggio in un centro commerciale a fare shopping.

Ecco perché, per essere assolutamente sicuro di quello che realmente il tuo interlocutore ha in testa, per evi-

tare incomprensioni e per realizzare una comunicazione efficace, devi sempre porre una domanda dal potere

straordinario: “che cosa intendi?”

“Voglio essere sicuro”

“Che cosa intendi esattamente con sicuro?”

“Voglio una persona che mi dia fiducia”

“Ottimo! Che cosa vuol dire per te fiducia?”

“Mi interessa ma non è il momento giusto”

“Capisco, e cosa intendi esattamente per momento giusto?”

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Dopo aver fatto questa domanda e aver ottenuto la risposta, devi ripetere quello che ti ha detto il tuo interlocuto-

re, utilizzando le sue stesse parole.

Ripetere la risposta è una strategia che ti fa ottenere immediati e incredibili vantaggi.

Anzitutto, ripetendo puoi controllare di aver capito correttamente. Te lo dico perché spesso quando le persone ci

parlano noi tendiamo a distrarci o a pensare già alle soluzioni che vogliamo proporre. Oppure, banalmente, pensiamo

ai fatti nostri. Ripetere, invece, ti permette di verificare la tua comprensione e di mettere a fuoco la questione con il

tuo interlocutore.

Poi, ripetendo permetti a chi ti parla di verificare di aver detto esattamente quello che pensa davvero. Molti, si espri-

mono male oppure in maniera poco precisa. Sentirsi ripetere la spiegazione permette di riascoltarsi e di rendersi con-

to di quel che si è detto. Può forse sembrarti strano, ma molte persone, quando riascoltano quello che hanno detto,

si accorgono di dover correggere il tiro o di modificare quanto hanno espresso.

Infine, e questa è davvero una ciliegina sulla torta, quando tu ripeti a qualcuno quel che ha detto (naturalmente in

modo appropriato, contestualizzato e con misura), vendi fino al 30% di più. Che si tratti di prodotti, di servizi o della

tua credibilità, vendi fino al 30% in più. Lo psicologo Robert Cialdini ha condotto una serie di esperimenti in ristoranti

americani (nei quali è invalso l’uso della mancia ai camerieri): i camerieri che ripetono ai clienti le ordinazioni prendono

molte più mance degli altri!

Infine, ed ecco il terzo passaggio, ricorda di chiedere la ricevuta di ritorno. Proprio come quando spedisci una racco-

mandata, assicurati di chiedere la ricevuta di ritorno.

Che cosa significa? Significa che quando hai parlato al tuo interlocutore, che si tratti di un figlio o di un collega, quan-

do gli hai detto che cosa deve fare o quello che avete concordato, chiedigli se “va tutto bene”, se “ti sei spiegato in

modo chiaro” o, infine, ripeti con lui “tanto per essere sicuri”.

Nota bene che devi usare formule di cortesia che mettano te in discussione e mai chi ti parla: “così verifico di averti

detto tutto”, oppure “così sono sicuro di essermi spiegato bene”.

L’idea di utilizzare la “ricevuta di ritorno” deriva da una legge di persuasione chiamata “coerenza e impegno”. Questa

legge dice che quando le persone prendono un impegno pubblico, poi fanno di tutto per essere coerenti con questo

impegno. Cioè: se una persona ti dice che “va bene”, sarà statisticamente molto più propenso a fare proprio quello

che tu gli hai detto di fare. La cosa fondamentale è che tu eviti di dare per scontato che le persone capiscano esatta-

mente quel che gli dici e che facciano proprio ogni cosa che gli hai suggerito. Gli altri non sono te. E tu non sei loro.

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Nel Coaching esiste uno strumento prezioso per aiutare le persone a raggiungere i propri obiettivi e a svolgere le

azioni concordate con il Coach: è un modello strategico la cui efficacia porta il Coach a ottenere la soddisfazione

del cliente e il Cliente stesso a conquistare i propri traguardi. Si tratta del modello G.R.O.W., acronimo che significa

GOAL (ovvero, obiettivo: quello che vuoi), REALITY (ovvero, realtà: la tua situazione attuale), OPTIONS (ovvero,

opzioni: le diverse strade che puoi prendere) e, infine WHAT WHEN WHO (ovvero, cosa quando chi: il tuo piano di

azione per realizzare il tuo obiettivo).

Come Coach, lo uso come struttura per ogni sessione di coaching, che si tratti di Life Coaching o di Business Coa-

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ching. Qui voglio spiegarti come usarlo per dare indicazioni precise al tuo interlocutore, tener conto della sua situa-

zione personale, fargli venire idee valide su come realizzare le tue indicazioni e, soprattutto, fargli fare quello che tu

gli hai chiesto di fare.

Immagina questa scena piuttosto tipica. Tu vuoi che un tuo collega o collaboratore ti mandi entro fine settimana una

breve relazione sul suo operato nel mese precedente. Un modo di chiedergliela, basata sulle tue presupposizioni e

sulle tue necessità, potrebbe essere qualcosa di simile a questo:

“Paolo, per cortesia mi prepari una relazione di qualche pagina sul tuo lavoro del mese scorso e me la mandi per mail

al più presto?”

Questo modo di comunicare è così poco preciso, così vago e così esageratamente morbido da generare in chi ascol-

ta la sensazione di poter fare quello che vuole. E tu potresti poi ritrovarti senza la relazione che avevi chiesto o con

una relazione realizzata in modo difforme da quel che avevi immaginato, con conseguente frustrazione da parte tua

e di chi ti ha consegnato un lavoro fatto male.

Ed ecco la versione della stessa comunicazione, impostata utilizzando la struttura del G.R.O.W.

GOAL (DEFINIZIONE PRECISA DI OBIETTIVO)

“Paolo, per cortesia mi prepari una relazione di tre pagine, in PDF, su quello che hai fatto il mese scorso e me la mandi

per mail, all’indirizzo xyz, entro venerdì sera? Te lo chiedo perché in questo modo io posso girarla al grande capo.”

REALITY (ANALISI DELLA SITUAZIONE)

“Tu questa settimana come sei messo? Hai impegni? Quando sei in ufficio? Che altri lavori devi fare? (qui, attendi la

risposta).”

OPTIONS (ANALISI DELLE POSSIBILITÀ)

“Perfetto! Allora, visto che mi hai detto che sei libero martedì mattina e poi giovedì pomeriggio devi solo finire un paio

di altri lavori, quando potresti dedicare del tempo a questa relazione? (attendere risposta).”

WHAT WHEN WHO (DEFINIZIONE DEL PIANO DI AZIONE)

“Benissimo! Quindi scrivi la relazione che ti ho chiesto martedì mattina, fra le 9 e le 11 e poi me la spedisci addirittura

giovedì sera, entro le 19? Grazie!”

Diamo insieme uno sguardo a quello che hai letto.

Anzitutto, quando dai indicazioni a qualcuno, quando chiedi a qualcuno di fare qualcosa, devi stare molto attento

a essere preciso e specifico: dì esattamente quello che vuoi, in modo che chi ti ascolta abbia le idee chiare senza

dubbi, ombre o zone vaghe.

Un conto è chiedere due o tre pagine di relazione da consegnare con comodo, un altro conto è chiedere tre pagine di

relazione, in versione pdf, da mandare a uno specifico indirizzo mail entro un momento stabilito. Quindi: le tue indica-

zioni devono essere precise, misurabili e, se esistono termini entro i quali vuoi che le tue indicazioni siano eseguite,

devi dare questo termine a chi ti ascolta.

Dopo aver fatto questo, devi verificare le condizioni di partenza: come si dice, devi evitare di fare i conti senza l’oste.

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Quindi, chiedi a chi ti ascolta come è organizzato, che cosa deve fare, quali sono le sue condizioni di partenza. Evita

di credere che lui pensi come te o che veda le cose come le vedi tu. Magari ha altro da fare, magari ha già preso im-

pegni, magari usa già un prodotto simile al tuo o ha già ricevuto un preventivo: se vuoi fare scacco matto ed essere

estremamente persuasivo, devi avere queste preziose informazioni.

La stessa cosa vale in un contesto familiare: pensa a come puoi comunicare in modo efficace con tuo figlio!

“Allora, amore, entro stasera, prima di cena, devi fare tre pagine di antologia e due espressioni. E vuoi andare a gio-

care con gli amici, giusto? (GOAL). Come sei organizzato per il pomeriggio? Che impegni hai? (REALITY).”

Ricevuta la risposta del figlio, puoi continuare: “Allora, quando fai antologia? Quando potresti sistemare algebra? A

che ora potresti o vorresti uscire a giocare? (OPTIONS)”.

E infine, discusse con lui le varie possibilità, puoi passare al piano di azione: “Allora, come dicevi tu, prima fai antolo-

gia dalle 14 alle 16, poi ti rilassi con i tuoi amici e prima di cena, dalle 18 alle 19, fai algebra. D’accordo?”

Ed ecco fatto. Comunicazione efficace, vita più semplice.

Stai sempre bene attento: chiedi, invece di dire. Se sei tu a suggerire le opzioni, rischi di rovinare il ponte di comunica-

zione che hai creato o di suggerire idee poco gradite a chi ti ascolta. Se, invece, lasci che sia lui a suggerire opzioni,

allora hai la certezza quasi matematica che, poi, le metterà in pratica: sono idee sue, deve essere coerente con quello

che ti ha detto.

Infine, eccoti al piano di azione. Ricorda sempre che devi pretendere azioni da chi ti ascolta. Perciò, insisti con i tempi:

se lasci le persone senza limiti di tempo, tergieverseranno, rimanderanno, faranno di tutto tranne quello che gli dici

di fare.

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Per concludere in modo magnifico la tua comunicazione efficace, a questo punto devi soltanto imparare un paio di

strategie: le presupposizioni e i doppi legami.

Le presupposizioni sono particelle linguistiche o pezzi del discorso che presuppongono, come dice la parola stessa,

che qualcosa succederà, che ci sarà una certa azione, che qualcuno farà qualcosa. È un modo pulito ed elegante per

suggerire azioni senza essere eccessivamente aggressivo. È un modo dolce per suggestionare il cervello inconscio

del tuo interlocutore.

Vediamone insieme alcune:

QUANDO: presuppone che ci sarà un “quando”, non è in discussione il “se”.

Esempi:

“Quando hai deciso…” (presupposizione: deciderai).

“Quando ci vediamo?” (presupposizione: ci vedremo).

“Quando hai sistemato la stanza…” (presupposizione: sistemerai la stanza).

QUANTO: presuppone che ci sarà una determinata quantità di qualcosa.

Esempi:

“Fammi sapere tu quanti pezzi te ne mando” (presupposizione: vuoi alcuni pezzi).

“Quanto ne vuoi?” (presupposizione: vuoi qualcosa).

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“Poi mi dici quanti risultati hai ottenuto” (presupposizione: otterrai risultati).

COME: presuppone che ci sarà un modo, uno sviluppo, un processo.

Esempi:

“Hai pensato a come procedere?” (presupposizione: procederai).

“Come vuoi cominciare?” (presupposizione: comincerai).

“Dimmi come ci muoviamo adesso” (presupposizione: ci muoveremo).

Ci sono molte altre presupposizioni, naturalmente. Qui ti ho segnato solo quelle più consuete.

Le presupposizioni funzionano egregiamente nelle frasi e nelle conversazioni. E diventano uno strumento di chiusura

eccellente quando sono affiancate a un “doppio legame”, ovvero una scelta doppia che dà l’impressione a chi ti

ascolta di esser libero di scegliere e che in realtà gli suggerisce una scelta che tu hai costruito prima.

Ricorda, quindi: predisponi una doppia scelta, sulla base di quelle che sono le tue preferenze. Usando questa tecnica

dopo tutte le altre, il risultato è assicurato.

Esempi:

“Allora dimmi, quando cominci i compiti? Tra mezz’ora o vuoi iniziare addirittura adesso?”

“Quanti pezzi vuoi? La scatola da 3 o addirittura la scatola da 6?”

“Come intendi procedere? Facciamo prima i compiti e poi sistemiamo la stanza o vuoi iniziare subito facendo ordine

in stanza?”

Tieni presente, infine, anche questo principio: quando poni al tuo interlocutore un doppio legame, questi sceglierà

tendenzialmente la seconda opzione (naturalmente, a parità di altre condizioni).

Allora, siamo giunti alla conclusione di questo corso.

So perfettamente che leggere un libro non è sufficiente a sviluppare nuove abilità e che la pratica è sempre l’eserci-

zio migliore. So anche, tuttavia, che sei molto impegnato e che il tuo lavoro e la tua vita ti assorbono già abbastanza

tempo. Allo stesso tempo, hai le capacità e gli strumenti per poter fare la differenza, per poter cambiare quello che

nella tua vita ti piace di meno.

Facendo pratica otterrai vantaggi incredibili: potrai migliorare le tue abilità di comunicatore, evitare conflitti e contrad-

dittori e avere una vita più ricca, piena e felice.

Ti offro questo consiglio, ovviamente per tuo vantaggio: leggi e rileggi questo libro tutti i giorni, qualche pagina al

giorno. Poi, scegli una tecnica. Poi, mettila in pratica. Poi, il giorno seguente, cambia tecnica. Poi, torna al libro, leggi

ancora e fai ancora pratica.

Nel frattempo, usa le lezioni del video corso come ulteriore strumento di crescita personale: guardale anche più volte

e, soprattutto, fai gli esercizi proposti nelle lezioni. La maggior parte delle persone, quando acquista libri o segue le-

zioni in cui sono proposti esercizi, li salta. La maggioranza delle persone, infatti, non ottiene risultati.

Hai già pensato a quando cominciare ad allenarti su queste tecniche? Aspetti domani o inizi subito?

Quanto tempo dedicherai alla tua preparazione? Un paio di volte la settimana o mezz’ora al giorno, tutti i giorni?

Come farai pratica? Solo leggendo o anche facendo pratica con persone in carne e ossa?

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Soprattutto, hai riconosciuto tutte le tecniche che ho usato nel breve testo qui sopra?

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RIFERIMENTIPer avere maggiori informazioni su Paolo Borzacchiello e il suo lavoro, visita il sito ufficiale: www.paoloborzacchiello.com

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CHI È PAOLO BORZACCHIELLO

Paolo Borzacchiello è Licensed NLP Trainer (Trainer in PNL con certificazione internazionale) e Coach professionista certificato con Master in Business Coaching e Life Coaching. Si è formato in PNL e Coaching presso l’istituto NLP ITALY® , certificato dalla NLP Society® di Richard Bandler.Lavora come Coach e consulente per tutto ciò che riguarda la comunicazione, la PNL, il Coaching.

Collabora con la più importante società di formazione in Italia, NLP ITALY® come Coach aziendale e Trainer, è Trainer director della società di formazione UFFICIO RECLAMI CHIUSO! e Presidente della ONLUS “Illuminiamoilmondo”. Inoltre, è fra i Master Founders del Social Shopping Network Goocity©.

Collabora con importanti realtà italiane e internazionali, come ad esempio Beghelli, Beghelli Point, Pinti INOX (posate e pentole), Dyson (leader mondiale aspirapolveri lusso e asciugamani elettrici), Terex & Cranes (leader mondiale Gru e mezzi pesanti), Kone (ascensori e scale mobili), INA Assitalia, ILTUOPRESTITO, Gruppo Capital. Inoltre, segue la formazione di importanti studi professionali.Tiene corsi formativi per medici e farmacisti ed è ospite in numerosi convegni, promossi da importanti case farmaceutiche (Chiesi, Abbott, Pierre Fabre).

Segue la formazione e il training di professionisti in svariati ambiti: psicologi, commercialisti, avvocati, medici, consulenti, uomini politici.

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Organizza e tiene corsi di crescita e miglioramento personale; corsi di formazione in comunicazione, linguaggio del corpo e vendita; corsi di formazione specifica per privati e aziende.

È autore di svariate pubblicazioni, tra le quali il libro best seller “Parole per vendere”, il libro “Io sono chi voglio essere” e il video corso “Le 5 chiavi della comunicazione efficace”. Puoi trovare tutte le informazioni sul sito www.paoloborzacchiello.com