Introduzione Allo Stato d'Eccezione

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POLITICA, SPAZIO E DIRITTO: DALLO STATO D'ECCEZIONE ALLO SPAZIO D'ECCEZIONE INTRODUZIONE Carl Schmitt, grande filosofo politico e giurista tedesco, uno dei più noti e studiati teorici del diritto pubblico ed internazionale, ritenuto uno dei maggiori interpreti della scienza giuridica e della filosofia del diritto del XX secolo, è certamente una figura molto complessa e controversa nella storia della filosofia, a causa della sua adesione al partito nazionalsocialista, al quale si iscrisse il primo maggio del 1933. Viene considerato il "pensatore della crisi", nei tragici anni a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale, sui quali si forgia il suo percorso politico-giuridico intellettuale, dove politica e diritto sono i due nuclei problematici più rilevanti della sua riflessione, impossibili da separare. Il filosofo che ha pensato in modo nuovo le categorie del politico, è nato a Pleettenberg (Westfalia) l'11 luglio del 1888. Di famiglia e formazione cattolica,

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Si tratta della biografia comparata di C. Schmitt e G. Agamben, autori fondamentali nello studio dello Stato d'Eccezione

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POLITICA, SPAZIO E DIRITTO: DALLO STATO D'ECCEZIONE ALLO SPAZIO D'ECCEZIONEINTRODUZIONECarl Schmitt, grande filosofo politico e giurista tedesco, uno dei pi noti e studiati teorici del diritto pubblico ed internazionale, ritenuto uno dei maggiori interpreti della scienza giuridica e della filosofia del diritto del XX secolo, certamente una figura molto complessa e controversa nella storia della filosofia, a causa della sua adesione al partito nazionalsocialista, al quale si iscrisse il primo maggio del 1933.

Viene considerato il "pensatore della crisi", nei tragici anni a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale, sui quali si forgia il suo percorso politico-giuridico intellettuale, dove politica e diritto sono i due nuclei problematici pi rilevanti della sua riflessione, impossibili da separare.

Il filosofo che ha pensato in modo nuovo le categorie del politico, nato a Pleettenberg (Westfalia) l'11 luglio del 1888. Di famiglia e formazione cattolica, dopo aver studiato diritto all'universit di Berlino, Monaco e Strasburgo, e dopo aver conseguito in quest'ultima anche il dottorato in giurisprudenza, ader in un primo tempo al neokantismo giuridico (analisi della politica attraverso il diritto, Stato come attuazione del diritto), ma pi tardi rivide la sua posizione per assumere quella di decisionista, che avrebbe mantenuto fino alla fine della sua vita nel 1985.

Fu professore all'universit di Greifswald, Bonn, Berlino e Colonia, fece parte dell'ambiente del generale Scheicher, l'ultimo cancelliere della Repubblica di Weimar prima di Hitler, della quale Repubblica vide le trasformazioni politico-costituzionali verificatesi durante la sua crisi, fino all'avvento del Nazionalsocialismo e fino alla nascita della Repubblica federale.

Assistette all'umiliante sconfitta della prima guerra mondiale, le clausole punitive previste dal Trattato di Versailles, lo spaventoso debito, il disarmo e la smilitarizzazione imposte, la conseguente crisi inflazionistica, l'aumento della disoccupazione ed il diffuso malcontento, che videro una Germania in ginocchio in preda al tracollo economico ed ai conflitti sociali. La situazione che aveva seguito il crollo dell'impero, l'abdicazione del Kaiser Guglielmo II con successivo affidamento dei poteri al socialdemocratico tedesco Friedrich Ebert, era propizia ad una rivoluzione: nelle citt si moltiplicavano i consigli di operai e soldati sull'esperienza rivoluzionaria sovietica. Tra gli attacchi pi forti che il debole governo sub, ci fu la rivolta degli spartachisti, organizzata dal partito comunista tedesco che voleva ostacolare la Costituente successivamente alla proclamazione della repubblica, guidata da Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, ma che venne repressa nella "Settimana di sangue". L'evento segnava la lacerante frattura tra i socialdemocratici al governo (alleatisi con le forze militariste della destra pi estrema per contrastare l'ondata rivoluzionaria) ed i comunisti, che non sarebbero stati in grado, neanche in seguito, di costituire un fronte comune.

Nel gennaio del 1919 si riuniva dunque a Weimar la Costituente che avrebbe emanato nel luglio dello stesso anno la costituzione della Repubblica di Weimar. Questa sostituiva il principio democratico a quello monarchico, con l'introduzione del sistema plebiscitario (tramite l'elezione diretta del presidente della Repubblica e la collocazione del popolo al centro del sistema, con il potere di iniziativa referendaria) e quello rappresentativo (il Reichstag, la camera rappresentativa di tutto il popolo, essendo di diretta derivazione popolare, prevedeva per la sua formazione il sistema elettorale proporzionale puro).

La neonata Repubblica di Weimar doveva rappresentare il baluardo della democraticit in Europa grazie alle grandi innovazioni che introduceva, ma fin dai primi momenti della sua vita fu caratterizzata da una grandissima instabilit politica e dure pressioni, tanto dagli estremisti di sinistra, quanto da quelli di destra. Se infatti a sinistra il governo socialdemocratico veniva accusato di aver tradito gli ideali del movimento operaio, patteggiando con i poteri del vecchio stato invece di mettere in atto una rivoluzione comunista sull'onda del fervore rivoluzionario di quegli anni, la destra si opponeva al sistema democratico, perch decisamente pi favorevole allo stato autoritario del 1871. Il 20 marzo del 1920 ebbe luogo il "Putch di Kapp", organizzato dal giornalista di destra Wolfgang Kapp che, dopo la presa di Berlino, si insedi come Cancelliere del nuovo governo. Ebert pot solo ritirare il suo parlamento da Berlino a Dresda, da dove il governo indisse uno sciopero generale che ferm completamente l'economia e port al collasso del governo Kapp.

A tutto questo si sommava l'eccessiva frammentazione parlamentare che non riusciva a costituire una maggioranza stabile, con un Reichstag quindi che non era in grado di assolvere alle sue funzioni, ed un presidente, che nasceva prevalentemente come "potere di riserva", che si trov a prevaricarlo. Non era pi un potere neutro a tutela della Costituzione, ma assumeva un ruolo forte con il frequente uso del potere di scioglimento e l'uso/abuso dei poteri eccezionali previsti dall'art. 48 della Costituzione.

Secondo quest'ultimo, il Presidente del Reich poteva adottare tutte le misure necessarie per ristabilire la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico, incluso il ricorso delle forze armate. La Costituzione non parlava pi di un caso di guerra o di ribellione, ma soltanto di una "considerevole minaccia" o di un "rilevante turbamento" della sicurezza pubblica e dell'ordine pubblico: una proclamazione dello stato di emergenza non era prevista. Il potere dittatoriale del Presidente del Reich era ampio ed incisivo, e secondo quanto stabilito dal comma II dell'articolo, sette importanti diritti fondamentali (previsti dagli artt. 114, 115, 117, 118, 123, 124 e 153) potevano essere sospesi: il diritto alla libert personale, l'inviolabilit del domicilio, la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione, la libert di espressione, la libert di riunione ed associazione, ed il diritto alla libert privata. "Abbiamo evidentemente a che fare con un'autorizzazione ad operare un intervento incondizionato del tutto inconsueta per la concezione finora corrente dello stato di diritto. (...) Occorre per precisare che dovranno essere sempre misure di fatto, altrimenti quest'autorizzazione illimitata significherebbe dissolvere lo stato di diritto esistente e attribuire la sovranit al presidente del Reich; non potranno mai essere quindi atti legislativi o giurisdizionali", evidenzia Schmitt nell'ultimo capitolo di La Dittatura.

Un limite al potere eccezionale era costituito dalla volont del Reichstag, ma questo poteva essere fatto valere soltanto quando si aveva una maggioranza parlamentare, cosa non pi possibile, soprattutto nell'ultima fase della Repubblica. Venivano dunque conferiti al Presidente poteri eccezionali estremamente ampi, a tal punto che, lo stesso Schmitt nel 1995 disse che "nessuna costituzione della terra come quella di Weimar aveva cos facilmente legalizzato un colpo di stato". I governi della Repubblica, a cominciare da quello Brning, ne fecero continuamente uso (con una relativa pausa tra il 1925 ed il 1929), proclamando lo stato di eccezione ed emanando decreti di urgenza in pi di 250 occasioni (se ne servirono anche per imprigionare migliaia di militanti comunisti e per istituire tribunali speciali abilitanti a pronunciare condanne di pena capitale), anche per fronteggiare la caduta del marco nel 1923, evidenziando la tendenza moderna a far coincidere emergenza politico-militare e crisi economica.

Il periodo dal 1924 al 1929, sotto la guida di Stresemann, fu considerato il migliore della Repubblica di Weimar dal punto di vista economico, sociale, culturale, ma anche diplomatico, con il progressivo riaffacciarsi della Germania sulla scena internazionale (si quietarono i conflitti con la Francia, in particolar modo legati all'occupazione della Rurh e grazie al piano Dawes proposto dagli USA, la Germania sarebbe stata facilitata nel pagamento dei debiti di guerra; significativi furono anche l'ammissione della Germania alla Societ delle Nazioni, la firma del patto di neutralit con l'Unione Sovietica, ed il Patto Briand-Kellog, con il quale Germania, Francia, USA, Giappone, Russia e Italia, si impegnavano a risolvere le controversie diplomaticamente, rinunciando alla guerra come strumento per tale scopo). In quegli anni tuttavia, alla morte del presidente Ebert, succedette, su insistenza della destra, l'ormai anziano Hindenburg. Tale evento venne considerato come una sconfitta per la Repubblica democratica, perch veniva a mancare l'organo che pi l'avrebbe dovuta difendere nei tempi difficili delle maggioranze parlamentari instabili.

Il venerd nero di Wall Street e la crisi finanziaria che ne segu nel 1929, segnarono la strada verso un collasso senza precedenti. Le decisioni varate dal cancelliere Brning, che punt ad un drastico taglio della spesa pubblica per risanare la situazione, acuirono la crisi; i continui scioglimenti del Reichstag da parte del presidente (la formazione di un maggioranza era ormai impossibile con l'aumento di percentuali estremiste di destra e sinistra al suo interno, la progressiva sfiducia verso i socialdemocratici che vedevano i loro pi abituali alleati allontanarsi, e l'avvicinamento anche dei cattolici all'area nazionalsocialista), l'uso smodato dell'art. 48 e le continue sostituzioni del cancelliere, portarono nel 31 luglio del 1932 il 37,2% dei voti al Partito Nazionalsocialista del Lavoratori Tedeschi. Nel gennaio del 1933 Hindenburg nomin Hitler il nuovo cancelliere e, da quel momento in poi, una serie di misure in rapida successione portarono all'eliminazione del pericolo comunista dal parlamento, all'instaurazione della dittatura e all'unificazione degli uffici del presidente e del cancelliere sotto un unico nuovo titolo di Fhrer.

Era stato, legalmente, decretato lo stato di emergenza permanente. "Al vertice dello Stato il Capo, Hitler, riconosciuto dalla volont popolare come ".

La posizione di Schmitt alla vigilia dell'avvento del nazismo e la sua adesione alla politica del generale Schleicher, vengono da alcuni sottolineate come la prova della sua diffidenza verso il nazismo, del quale non auspicava l'avvento al potere. "Egli avrebbe voluto, come Schleischer, una soluzione autoritaria, conservatrice, anticomunista ma non nazista (contraria cio all nazista)". Quando per Hitler, con la "Legge dei pieni poteri" del marzo 1933, divenne anche formalmente il padrone della Germania, Schmitt pens di entrare nel partito nazista, nella cui azione vedeva comunque una garanzia di stabilizzazione politica ed economica.

Entr nel partito il 1 maggio del 1933, fu membro del Consiglio di Stato prussiano, per il quale contribu alla stesura di alcune leggi, e presiedette anche l'associazione dei giuristi nazionalsocialisti. Lasci questo posto nel 1936, lo stesso anno in cui fu attaccato dalla rivista delle SS. Da allora visse piuttosto appartato dalla vita politica e continu a dedicarsi all'insegnamento. Nel 1939 scrisse sul problema dei "grandi spazi", mostrando di aderire ancora al nazionalsocialismo, ed in seguito non rivide le tesi qui sostenute. Dopo la caduta della Germania fu internato dagli americani per pi di un anno e poi si ritir nella sua citt natia, a Plettenberg.

Schmitt certamente un uomo che stato testimone del suo tempo, e buona parte della sua riflessione sicuramente stata legata al dramma weimariano, all'ascesa legale al potere di Hitler, alle due sconfitte mondiali subite, e certamente tante sue affermazioni sono state confermate da fatti realmente accaduti (basti pensare al fallimento del tentativo democratico della Repubblica di Weimar tramite l'elezione del Reichstag con il sistema proporzionale puro senza alcuna soglia di sbarramento). Il regime parlamentare di Weimar ha avvalorato la sua diagnosi, secondo la quale determinate decisioni non possono scaturire dalla discussione pubblica del consenso parlamentare, la democraticit pensata sulla carta si scontrava inevitabilmente con la governabilit.

Ma questo studio non vuole concentrarsi sullo Schmitt "nazista o opportunista", o limitarsi all'analisi della consequenzialit deterministica del suo pensiero con l'epoca che ha vissuto.

L'intenzione posta quella di andare a focalizzare l'attenzione sul pensiero espresso da Schmitt, e che stato centrale in gran parte della sua produzione intellettuale, sullo stato di eccezione, il caso non previsto dall'ordinamento. In una polemica antiformalistica, si oppone al normativismo kelseniano ed alla democrazia depoliticizzata, che nei momenti di crisi, in cui nella societ si scontrano interessi non conciliabili e gruppi antagonisti, pretendono di rispondere con atti legalmente giustificati. Questo non solo alla luce della situazione weimariana e di ci che successe nello stato di eccezione permanente che rappresent il nazismo, ma guardando anche allo stato moderno e contemporaneo del quale si assiste allo stravolgimento. Chi il sovrano?

Ed questo lo stesso motivo per il quale stata presa in considerazione tale riflessione schmittiana da Giorgio Agamben. Per lui a Schmitt risale il tentativo pi rigoroso di costruire una teoria sullo stato di eccezione, in particolar modo riferendosi a La dittatura e Teologia Politica, i due testi che, scritti negli anni venti, descrivono a suo avviso una profezia interessata, un paradigma (una forma di governo), non solo rimasto attuale, ma che, anzi, ha raggiunto oggi il suo compiuto sviluppo.

Partendo da ci che Schmitt dice del "giurista", questi non solo un interprete neutrale della norma esistente, ma anche l'organo che contribuisce all'elaborazione formale del nuovo diritto sostanziale che si sta creando nella prassi sociale ( un organo e un interprete del potere costituente del popolo a cui appartiene). Un giurista, dunque, non crede affatto che nel diritto sia possibile separare tra loro, o addirittura contrapporre, teoria e prassi. Ma la prassi conduce sempre al "politico", che per Schmitt spiegato dalla contrapposizione amico-nemico.

, dice Agamben, spiegando chiaramente l'intento di voler portare alla luce quella "costellazione" che il pensiero schmittiano forma con i problemi politici decisivi del nostro tempo. Il suo realismo politico e la sua lacerante attualit perdurano ancora oggi.

Ma per comprendere la portata della produzione filosofica ed il grande contributo intellettuale di Giorgio Agamben, importante prima segnare alcune tappe della sua carriera. Il filosofo italiano nasce a Roma il 22 aprile del 1942 e si laurea in giurisprudenza presso l'Universit di Roma con una tesi sul pensiero politico di Simone Weil nel 1965. In quegli stessi anni frequenta a Roma Elsa Morante, Pier Paolo Pasolini (facendo anche la parte di Filippo nel film Il Vangelo secondo Matteo), Ingeborg Bachmann. Nel 1966 e nel 1968 partecipa a seminari promossi da Martin Heidegger a Le Thot su Eraclito ed Hegel. Nel 1974 si trasferisce a Parigi, insegnando come lettore di italiano presso l'Universit di Haute-Bretagne, dove studia linguistica, cultura medievale e frequenta altri intellettuali dell'epoca. L'anno successivo inizia un lavoro di ricerca presso la biblioteca del Wartburg a Londra, mentre tornando in Italia nel 1978, inizia a dirigere per Einaudi l'edizione italiana delle opere complete di Walter Benjamin, di cui ritrova importanti manoscritti.

Continuando a muoversi per i poli culturali pi importanti d'Europa e non solo, e coltivando le sue frequentazioni con personaggi rilevanti dell'epoca, il suo profilo filosofico-accademico si arricchisce. Dalla fine degli anni '80 al 2003 sar infatti direttore del Collge international de philosophie a Parigi, professore associato di Estetica presso l'universit di Macerata e poi di Verona. Dal 1994 stato regolarmente Visiting professor nelle universit americane e successivamente nominato Distinguished professor presso la New York University. Abbandoner l'incarico presso quest'ultima come forma di protesta, per ribellarsi alle forme di controllo adottate dall'amministrazione George Bush per il controllo dei cittadini stranieri che si recavano negli Stati Uniti. Da quel momento non vi si pi recato.

Dal novembre del 2003 stato professore di filosofia teoretica presso la IUAV di Venezia, dal cui incarico si recentemente dimesso. Nel 2012 riceve presso l'universit di Friburgo la laurea honoris causa in teologia. Oggi dirige la collana Quarta Prosa presso l'editore Neri Pozza, organizza un seminario annuale presso l'universit Saint-Denis di Parigi, collabora con Aut-aut, Cultura tedesca, e con diverse altre riviste di filosofia. Infatti, sebbene le sue competenze si estendano dall'ambito della letteratura, della storia dell'arte, della giurisprudenza, all'etica, alla teologia e alla mistica (cristiana ed ebraica soprattutto), viene particolarmente coinvolto e considerato per temi relativi alla filosofia politica, alla biopolitica ed al biopotere.

Con un'erudizione che ha pochi pari, la sua indagine si addentra nell'intricato rapporto esistente tra diritto e politica, prendendo le mosse dall'analisi della figura dell'Homo sacer, "colui che il popolo ha giudicato per un delitto; e non lecito sacrificarlo, ma chi lo uccide non sar condannato per omicidio".

Esordendo con la celebre definizione schmittiana sulla sovranit, inizia il suo importante scritto sullo stato di eccezione. Nonostante infatti il lavoro di Schmitt sia stato ampiamente commentato e discusso, ancora oggi, sostiene Agamben, "una teoria dello stato di eccezione manca nel diritto pubblico, e giuristi e pubblicisti sembrano considerare il problema pi come una quaestio facti che come un genuino problema giuridico. Non soltanto la legittimit di una tale teoria viene negata da quegli autori che, rifacendosi all'antica massima necessitas legem non habet, affermano che lo stato di necessit su cui l'eccezione di fonda, non pu avere forma giuridica, ma la definizione stessa del termine resa difficile dal suo situarsi al limite fra la politica e il diritto".

E' quel meccanismo che, in situazioni di necessit o emergenza (come guerre, catastrofi naturali, epidemie) non contemplate dal diritto, comporta la sospensione dell'ordinamento vigente precostituito ed in particolar modo la sospensione della tutela dei diritti individuali; quella paradossale situazione di provvedimenti giuridici che non possono essere compresi sul piano del diritto, e lo stato di eccezione si presenta come la forma legale di ci che non pu avere forma legale.

E' "quella terra di nessuno fra il diritto pubblico e il fatto politico"che la sua ricerca si propone di indagare al fine di comprendere la relazione che lega la vita al diritto, guardando alla storia della politica occidentale, per cercare di rispondere alla domanda "cosa significa agire politicamente".

Nella sua Breve storia dello stato di eccezione, premettendo una divisione (netta in linea di principio, ma di fatto sfumata) tra gli ordinamenti che regolano lo stato di eccezione nel testo della costituzione o attraverso una legge (Francia e Germania), e gli ordinamenti che preferiscono non regolare esplicitamente il problema (Italia, Svizzera, Inghilterra e Stati Uniti), parte dalla Francia, dalla sua rivoluzione alle varie legislazioni sullo stato di assedio, che hanno scandito i momenti di crisi costituzionale nel XIX e XX secolo.

Guardando in particolar modo il laboratorio che la prima guerra mondiale ha rappresentato in Francia e negli altri paesi europei, passa poi alla Germania con la storia del suo articolo 48 precedentemente affrontata, ed il suo passaggio alla Repubblica federale, dove inizialmente non era costituzionalmente menzionato lo stato di eccezione. Sar in seguito la "grande coalizione" tra democratici cristiani e socialdemocratici a votare una legge di integrazione alla costituzione nel giugno del 1968, reintroducendo cos lo stato di eccezione, definito come . Per la prima volta nella storia di questo istituto veniva prevista questa possibilit non solo per la salvaguardia della sicurezza e dell'ordine pubblico, ma anche per la difesa della .

Anche la Svizzera non si tir indietro nel 1914 dall'attribuire un potere illimitato al Consiglio federale per garantire la sicurezza, l'integrit e la neutralit del paese, con poteri addirittura pi ampi di chi era un paese belligerante.

L'Italia presenta invece un particolare interesse sotto il profilo dei cd. . Essa rappresenta infatti un vero e proprio laboratorio politico-giuridico, nel quale si andato organizzando il processo (presente in misura diversa anche negli altri Stati europei) attraverso il quale il decreto-legge, da strumento derogativo ed eccezionale di produzione normativa, diventato una ordinaria fonte di produzione del diritto. Lo si nota partendo dallo Statuto Albertino ai numerosi stati d'assedio dichiarati nella seconda met del 1800, e nel caso del terremoto del 1908 di Messina e Reggio Calabria. Se prima avveniva sotto forma di decreto reale senza bisogno di ratifica parlamentare (cosa che comunque prontamente avveniva), sotto il fascismo venne resa necessaria la conversione in legge da parte del parlamento, che per progressivamente perse ogni autonomia ed influenza. Da allora, la legislazione governamentale attraverso decreti-legge, divenuta la regola in Italia e costituisce oggi una forma normale di legislazione, con evidente assorbimento da parte del governo di parte del potere legislativo, tale che la Repubblica, in senso tecnico, non pi parlamentare ma governamentale.

In Inghilterra, il concetto pi vago di martial law, non la esclude dalla comune situazione degli altri paesi nei quali dall'inizio della prima guerra mondiale avevano assunto un ruolo fondamentale i dispositivi governamentali di eccezione. Vasti erano i poteri approvati praticamente senza discussioni nelle camere, e gravi le limitazioni dei diritti fondamentali dei cittadini, adottando tutto ci che sarebbe stato necessario per il mantenimento dell'ordine, anche con l'introduzione di tribunali speciali.

La dialettica Presidente-Congresso degli Stati Uniti emerge invece gi dai primi articoli della Costituzione, secondo la quale la dichiarazione dello stato di guerra, la sospensione dell'Habeas corpus e l'arruolamento dell'esercito e delle flotte spetta al Congresso, mentre il presidente sar il comandante in capo. Nella prassi non si verificato per questo. Vale a partire dal presidente Lincoln nella guerra civile del 1861, che a tutti gli effetti divenne un dittatore assoluto, giustificando il suo operato con la pressione delle richieste popolari e con lo stato di pubblica necessit, poich era in gioco l'esistenza stessa dell'unione e dell'ordine giuridico. Wilson invece, nonostante assunse molti pi poteri di quelli arrogatisi da Lincoln, prefer, piuttosto che ignorare il Congresso, quella prassi decisamente pi vicina alla situazione di quegli stessi anni in Europa: al posto della dichiarazione di uno stato di eccezione, favor l'emanazione di leggi eccezionali. Roosevelt fece lo stesso nel 1933 per affrontare la grande depressione (presentando la sua azione come quella di un comandante durante una campagna militare), ed illimitati divennero i suoi poteri nel 1941 dopo Pearl Harbor, quando il presidente rinnov la pretesa di poteri sovrani di fronte all'emergenza.

Ed in queste rivendicazioni di pieni poteri che occorre considerare le decisioni del presidente Bush dopo l'11 settembre 2001.

Con lo USA Patriot Act dell'ottobre del 2001 ed il Military order del mese successivo, non solo veniva autorizzata la presa in "custodia" dello straniero (alien) che fosse sospettato di attivit che mettevano in pericolo la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, ma veniva anche permessa la "indefinite detention" ed il processo da parte di una "military commission" (da non confondere con i tribunali militari previsti dal diritto di guerra), dei non-cittadini sospetti di attivit terroristiche. Detainees dunque, non prigionieri di guerra secondo lo statuto della Convenzione di Ginevra, ne criminali per le leggi americane. Viene loro cancellata ogni identit giuridico-politica, tramutati in "esseri" giuridicamente inclassificabili e quindi oggetto di una pura signoria di fatto.

Agamben sottolinea come il solo paragone possibile sia con la situazione degli ebrei nei lager nazisti, nei quali, oltre alla cittadinanza, avevano perso ogni identit giuridica.

E prendendo come caso paradigmatico la situazione sulla Baia di Guantanamo, Agamben evidenzia il dramma della "creazione volontaria di uno stato di emergenza permanente (anche se eventualmente non dichiarato in senso tecnico), che divenuta una delle pratiche essenziali degli stati contemporanei, anche di quelli cosiddetti democratici. Di fronte all'inarrestabile progressione di quella che stata definita una , lo stato di eccezione tende sempre pi a presentarsi come il paradigma di governo dominante della politica contemporanea (...), una soglia di indeterminazione fra democrazia e assolutismo".

E' nella pratica eccezionale che va allora ricercato il vero potere? E quando l'eccezione diventa la norma? Il campo, lo spazio in cui si crea la normalizzazione dello stato di eccezione, diventa il paradigma biopolitico del moderno; quella zona di anomia, di indistinzione ed incertezza dove si crea uno spazio vuoto giuridico in cui la vita e la morte si confondono.

Il vero potere si applica in spazi precisi, e poich lo stato di eccezione si manifesta sempre in uno spazio di eccezione, questo che bisogna andare ad indagare: situazioni ai margini, ai confini dell'ordinamento, giuridicamente e geograficamente (vedi Guantanamo, uno spazio fuori geograficamente dagli Stati Uniti, che per da loro gestito, determina lo spazio del loro potere ed considerato fondamentale alla lotta al terrorismo per la vita dello Stato). Agamben fautore dell'elaborazione di una "teoria spaziale di potere", in grado di descrivere la vera costituzione del potere sovrano.

Per questo fondamentale il coinvolgimento dei geografi come Claudio Minca e Derek Gregory, per scrutare e comprendere quel complesso rapporto che si instaura tra geografia e potere. Poich ogni stato di eccezione si traduce in uno spazio di eccezione.

Essi fanno una rilettura in chiave geografica della soglia cos come stata utilizzata da Agamben nella sua teorizzazione spaziale, analizzando le basi implicitamente geografiche del suo edificio teorico, ed in Schmitt, nella sua teoria dell'eccezione. Nella soglia si nasconde il potere. Il ritorno a questa quindi, alla relazione tra geografia e potere, poich "per certi versi, tutta l'architettura gnoseologica geografica del '900 si fonda su un trucco che consente non solo di nascondere il potere di chi pensa e decide geograficamente il destino e lo spazio degli altri, ma soprattutto consente di far sparire la soglia stessa. Questo lo spazio in cui bisognerebbe immergere le mani per comprendere la natura del soggetto moderno della geografia"...e del potere.

E' necessaria una teoria geografica della soglia per scardinare la struttura sovrana dell'eccezione, quella stessa che, le societ contemporanee vedono tramutare gli strumenti di controllo dell'eccezionalit in pratiche quotidiane, una sorta di stato di emergenza a bassa intensit, con il dominio del principio di prevenzione permanente.

La spazializzazione necessaria, tanto per la norma quanto per l'eccezione. Come sostiene De Matteis, "La geografia offre gli strumenti tecnici in grado di svelare la struttura del potere sovrano dell'eccezione".

Schmitt partecip come ufficiale al conflitto. Poi nel 1915 sub un grave incidente che lo port per tre anni ad essere assegnato al Quartier generale bavarese di Monaco. Presso quell'ufficio si occupava dei problemi della stampa, della politica e della polizia. Era il "referent" per lo stato d'assedio. Lo racconta nell'intervista rilasciata il 9 novembre del 1982 presso la sua casa natia a Plettenberg al professor Fulco Lanchester, riportata nel testo Un giurista davanti a se stesso. Saggi e interviste. A cura di Giorgio Agamben.

Era la "rivoluzione mancata". Obiettivo dell'estrema sinistra era quello di riproporre la rivoluzione di tipo bolscevico, ma a differenza dell'ottobre 1917 russo, in Germania la minoranza rivoluzionaria non era riuscita ad infiltrarsi nella struttura amministrativa statale e neanche ad ottenere il controllo nei vari soviet operai e militari formatisi spontaneamente nel paese. Gli stessi Liebkecht e Luxemburg, contrariamente a Lenin, impadronitisi del potere con un abile colpo di mano di minoranza spacciato poi per insurrezione popolare, confidavano ottimisticamente in una spontanea rivolta operaia che sarebbe scoccata con una serie ininterrotta di scioperi e manifestazioni. Ma le divisioni interne, la spietata repressione ed il freddo inverno berlinese spensero gli ardori rivoluzionari e gli organizzatori vennero arrestati e trucidati. Altri timidi tentativi insurrezionali come quelli di Monaco e Brema furono stroncati nei mesi successivi.

Ampi sono i poteri dei Reichstag: svolge la funzione legislativa, possiede l'arma della sfiducia contro il Governo, e quella anomala della proposta di deposizione contro il Presidente. Importante il rilievo attribuito alle Commissioni parlamentari: si prevede una Commissione permanente Affari Esteri ed una Commissione "a garanzia del diritto della rappresentanza popolare di fronte al governo", nel periodo intercorrente fra le sessioni e dopo lo scioglimento dell'assemblea (art. 36). E' infine da notare la tutela riconosciuta alle minoranze: "su richiesta di un quinto dei membri" il Reichstag costituisce Commissioni d'inchiesta (art. 34).

"La storia dell'art. 48 della Costituzione di Weimar cos strettamente intrecciata alla storia della Germania fra le due guerre, che non possibile comprendere l'ascesa al potere di Hitler senza un'analisi preliminare degli usi e abusi di questo articolo negli anni fra il 1919 e il 1933. Il suo precedente immediato era nell'art. 68 della Costituzione bismarkiana, che, nel caso in cui la , attribuiva all'imperatore una parte di esso in stato di guerra e rimandava per determinarne le modalit alla legge prussiana sullo stato d'assedio del 4 giugno 1851". G. Agamben, Stato di eccezione, Torino, Bollati Borighieri, 2003.

C. Schmitt, La dittatura, Settimo sigillo, 2006, pp. 212-213,

Poich la Repubblica non poteva pi permettersi di tener fede ai pagamenti delle riparazioni di guerra stabilite a Versailles, nel 1923 il governo divenne insolvente, ma come risposta le truppe francesi e belghe occuparono la Ruhr, regione a quel tempo pi importante dal punto di vista economico industriale, prendendo il controllo delle industrie minerarie e manifatturiere. Vennero dunque indetti nuovi scioperi, incoraggiando la resistenza passiva e la situazione dur per otto mesi causando gravi sofferenze, danni all'economia ed una pericolosa iperinflazione. In quello stesso anno Adolf Hitler aveva messo in piedi a Monaco di Baviera il "Putsch della Birreria", che si concluse con la repressione e l'arresto di Hitler stesso.

Il primo ed il secondo passo compiuti dal Partito Nazionalsocialista (con la controfirma del presidente Hindenburg), furono il Decreto del Presidente del Reich per la protezione del Popolo e dello Stato (il cd. Decreto dell'incendio del Reichstag) ed il Decreto dei Pieni Poteri. Con il primo, in forza dell'art. 48 comma II della Costituzione, per porre rimedio agli atti di violenza perpetrati ai danni dello Stato dai comunisti, venivano sospesi i diritti previsti dalla Costituzione stessa fino a data da destinarsi. Con il secondo, a deroga della Costituzione, venivano accentrati i poteri intorno alla figura del cancelliere e del governo del Reich.

La dittatura, p. XII

La dittatura, p. IX

"La fine della costituzione di Weimar fu rappresentata da una legge di modificazione costituzionale (del 24 marzo 1933) che attribu al Cancelliere dell'Impero Hitler poteri mostruosi, consentendogli la totale eliminazione della Costituzione e degli altri partiti politici. Questo processo fu valutato come del tutto legale sia all'interno dello Stato, da parte del popolo tedesco, che in campo internazionale, da parte dei governi stranieri". C. Schmitt, Le categorie del politico, Bologna, Il Mulino, 1998, p. 23.

"Il buon argomento la demistificazione della legalit, e quindi la plausibilit, in determinate circostanze, della sua violazione". La dittatura, p. XI.

C.Schmitt, Un giurista davanti a se stesso, a cura di Giorgio Agamben, Milano, Neri Pozza, 2005.

"Sovrano chi decide sullo stato di eccezione", C. Schmitt, Teologia Politica. Quattro capitoli sulla dottrina della sovranit (1922) in Le categorie del politico, Bologna, Il Mulino, 1972, p. 33.

G. Agamben, Stato di eccezione, Torino, Bollati Borighieri, 2005, fa parte della trilogia Homo Sacer della quale questo i secondo volume. Il primo Homo sacer I, Il potere sovrano e la nuda vita, Torino, Piccola Biblioteca Einaudi, 2005, il terzo Homo sacer III, Quel che resta di Aushwitz. Larchivio e il testimone, Torino, Bollati Borighieri 1998, e il quarto Homo sacer IV, Luso dei corpi, Neri Pozza, 2014.

G. Agamben, Stato di eccezione, Torino, Bollati Borighieri, 2003, p. 9

Stato di eccezione, p. 10

Stato di eccezione, p. 21

Se negli anni del direttorio napoleonico, con l'art. 14 della Charte del 1814, veniva attribuito al sovrano il potere di fare i regolamenti e le ordinanze necessarie per l'esecuzione delle leggi e la sicurezza dello Stato, con la caduta della monarchia nel 1848 nasceva l'esigenza di abbandonare la precedente vaghezza, che lasciava un inevitabile maggiore arbitrio a chi deteneva questo potere, per fissare le occasioni, le forme e gli effetti dello stato d'assedio. Inoltre solo lo stesso potere che le aveva prodotte avrebbe potuto sospendere quelle leggi: il parlamento (solo suppletivamente al capo dello Stato, anche se Napoleone III pi volte vi fece ricorso). Successivamente, la legge fu modificata perch lo stato d'assedio potesse essere dichiarato solo con una legge (o, nel caso in cui la camera dei deputati non fosse riunita, dal capo dello Stato, con obbligo di convocare le camere entro due giorni) nel caso di pericolo imminente per guerra esterna o insurrezione armata. Ma la prima guerra mondiale coincise nella maggior parte dei paesi belligeranti con uno stato di eccezione permanente. In Francia fu dichiarato e convertito in legge dall'agosto del 1914 all'ottobre del 1919. Sono gli anni in cui la legislazione eccezionale per via di decreto governativo (oggi perfettamente familiare), diventa una pratica corrente delle democrazie europee. L'allargamento dei poteri dell'esecutivo in ambito legislativo prosegu anche dopo la fine delle ostilit, passando dall'emergenza militare a quella economica. Mentre la vita politco-costituzionale delle societ occidentali iniziava ad assumere una nuova forma, riprese naturalmente lo stato d'assedio durante il secondo conflitto mondiale ed il parlamento tornava ad essere l'ombra di se stesso. Nell'attuale costituzione lo stato di eccezione disciplinato dall'art.16, voluto da De Gaulle, e prevede che il presidente della Repubblica prenda le misure necessarie quando le istituzioni della Repubblica, l'indipendenza nazionale, l'integralit del suo territorio, o l'esecuzione dei suoi impegni internazionali, sono minacciati in modo grave e immediato, ed il funzionamento regolare dei pubblici poteri costituzionali interrotto. L'ultima volta che venne proclamato fu in occasione della crisi algerina (anche se i pubblici poteri non erano stati interrotti). Da allora, conformemente alla tendenza in atto in tutte le democrazie occidentali, la dichiarazione dello stato di eccezione viene progressivamente sostituita da una generalizzazione senza precedenti del paradigma della sicurezza come tecnica normale di governo.

Nell'aprile del 1961 decret l'arruolamento dell'esercito di 75000 uomini, convoc il Congresso dopo soli tre mesi, autorizz il capo di stato maggiore dell'esercito a sospendere il write di habeas corpus ogni volta che lo ritenesse necessario lungo le vie di comunicazione fra Whaschington e Philadelphia, autorizz la censura e la detenzione di tutti i soggetti sospetti.

Stato di eccezione, p. 11

Derek Gregory, nato 1 Marzo 1951, un accademico geografo inglese attualmente professore di geografia presso l'Universit della British Columbia di Vancouver. Si laureato presso l'Universit di Cambridge (dove in seguito ricopr diversi incarichi) ed dottore in filosofia nel 1981. Ha un dottorato honoris causa presso l'Universit di Heidelberg e l'Universit di Roskilde. Nel 2006 gli stata consegnata la medaglia per la fondazione della Royal Geographical Society. Gregory meglio conosciuto per il suo libro The Present Colonial: Afghanistan, Palestina e Iraq, pubblicato nel 2004, in cui descrive le azioni di Israele, Stati Uniti d'America e Regno Unito in Medio Oriente dopo l'11/9. Le sue opere precedenti si sono concentrate sulla geografia politica, culturale e storica. Ha anche contribuito alla scrittura teorica sulle geografie immaginarie di David Harvey, un libro pubblicato nel 1994, che esplora le relazioni tra teoria sociale e luogo, lo spazio e il paesaggio. La sua attuale ricerca si sta focalizzando sulla guerra moderna e storie culturali/politiche e le aree geografiche di bombardamenti.

C. Minca, Agamben's geographies of modernity, Political Geography, vol. 26, Gennaio 2007