Introduzione alla Teologia e Teologia...

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Introduzione alla Teologia e Teologia Fondamentale (Alberto Strumia - www.albertostrumia.it - [email protected])

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Introduzione alla Teologia e Teologia Fondamentale

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• Libri di testo

– G. Tanzella-Nitti, Lezioni di teologia fondamentale, Aracne, Roma 2007

– A. Strumia, Scienza e teologia a confronto, Fede e Cultura, Verona 2014

– A. Blanco - A.Cirillo, Cultura e teologia, Ares, Milano 2001

• L’esame

– richiede due elaborati scritti e l’esame orale

Caratteristiche generali dei testi

• Il libro Cultura e teologia affronta il tema delrapporto tra la ragione e la fede, nelle sue varie articolazioni:

– nel primo capitolo si approfondisce la nozione di cultura e si prendonoin esame i vari modi in cui la fede influisce su di essa.

– Nei successivi capitoli si passa a trattare della scienza della fede, lateologia, per approfondirne

* il metodo

* il valore per la vita cristiana

* e i collegamenti con le scienze umane.

• Il libro Lezioni di Teologia fondamentale affronta il tema della Rivelazione

– nel suo mistero (cap. I)

– e nelle sue modalità di trasmissione (cap. III)

– oltre che nella sua credibilità (cap. IV)

Il volume diviso in cinque capitoli (cap. II - La fede; cap. V - Le religioni) ed ècorredato, in fondo, da un’antologia di testi del Magistero e di teologi.

Obiettivo dello studio

• Lo scopo di questa disciplina è quello di offrire la conoscenza

– del metodo teologico

– e dei fondamenti

* della fede cristiana

* e della teologia

– così che ci si possa anche rendere conto della credibilità (attendibilità)della confessione di fede: Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, il Signore.

• L’ oggetto e la natura della Teologia Fondamentale vengono esposti

nell’ Introduzione al manuale,

che si articola in due paragrafi in cui si spiega

– qual è il metodo

– e quale la storia

di questa disciplina.

L’articolarsi dello studio

L’ ordine logico consiglia:

• di iniziare lo studio con l’ Introduzione alla Teologia

• e di proseguire con Teologia fondamentale.

Il lavoro prevede sei fasi di studio

1) la prima affronta il tema dell’ Introduzione alla Teologia

2) 3) le due fasi seguenti studiano i primi grandi argomenti dellaTeologia fondamentale: la Rivelazione, la sua trasmissione e la Fede;

4) 5) 6) le altre tre studiano la parte della Credibilità in se stessa e in rapportoalle religioni.

Occorre redigere due elaborati scritti: il primo serve per verificare l’assimilazionedei capitoli riguardanti, la Rivelazione, la sua trasmissione e la Fede; l’ultimoelaborato, dopo aver studiato l’intero libro, serve a verificare specificamentel’assimilazione dei capitoli sulla Credibilità, sull’Introduzione alla Teologia e quellisui rapporti tra il Cristianesimo e le altre religioni.

Quadroriassuntivo

Introduzione alla Teologia

Definizione

Metodo

Rapporto Ragione/Fede

Scientificità della Teologia

Fonti

Teologia fondamentale

La Rivelazione

in se stessa

la sua trasmissione

La fede

La credibilità

in se stessa

in rapporto alle religioni

in rapporto alle scienze

I - PRIMA FASE DI STUDIO

Introduzione alla Teologia - Sommario

1. Oggetto e fonti della teologia cristiana

2. Carattere scientifico della teologia

3. Carattere ecclesiale della teologia

4. Rapporti tra fede e ragione

5. Metodo teologico

I - 1. Oggetto e fonti della teologia cristiana

Una definizione

PRIMO PASSO - Il termine “Teologia”

È buona norma quando si affronta lo studio di una disciplina, partire da unadefinizione dei termini che si utilizzano per evitare equivoci e fraintendimenti, perquanto possibile.

Domanda: che cos’è la teologia?

San Tommaso d’Aquino, per estrarre una definizione dalle parole(nomi), partiva molto spesso dall’etimologia(origine e significato di una parola).

L’etimologia del nome teologia significa letteralmente:

• discorso su Dio, se intendiamo il termine greco logos come parola (verbum[«In principio erat Verbum», Gv 1,1]), o insieme di parole dotato di sensocompiuto, cioè discorso; ma anche

• ragionamento su Dio, se intendiamo logos come discorso logico (ratio), equindi dimostrativo, come lo è un ragionamento corretto.

Già dall’etimologia della parola teologia possiamo trarre due informazionisignificative:

• La prima è che la teologia ha come oggetto

– proprio e primario Dio.

– Ma non solo, può occuparsi anche di tutto il resto: l’uomo, il mondo, illavoro, la scienza, la tecnica, l’amore, il senso della vita, le sceltepersonali, ecc., in quanto sono considerati in relazione a Dio.

E così abbiamo una risposta alla prima parte del n. 1 (CT, c. II, §1, pp. 78 sg).

• La seconda informazione è che la teologia è una forma di conoscenza sulsuo oggetto che è Dio (se non lo fosse sarebbe insignificante).

– Secondo la prima accezione dell’etimologia (teologia = discorso su Dio)è un discorso descrittivo sulla realtà di Dio, per quanto è possibile farneuna non del tutto inadeguata. Oggi si parla di una teologia narrativa.E c’è chi sostiene che non si possa fare di più, ma solamente questotipo di teologia.

• Secondo l’altra accezione dell’etimologia (teologia = ragionamento su Dio),la teologia è addirittura un discorso argomentativo, dimostrativo e quindiuna scienza vera e propria, se:

Per scienza intendiamo, secondo l’accezione aristotelica:una disciplina in grado di condurre delle dimostrazionidi tipo deduttivo sul suo oggetto.

E con questo abbiamo sfiorato anche il Punto 2 del Sommario (Caratterescientifico della teologia)

SECONDO PASSO - La specificazione “Cristiana” - Le fonti della Teologia

Il titolo del nosto Punto 1 “Oggetto e fonti della teologia cristiana”aggiunge al termine teologia, la specificazione

Cristiana.

Questo aggettivo (Cristiana) ci aiuta già ad incominciare a rispondere

−→ alla seconda parte dello stesso punto 1

−→ che riguarda le FONTI della teologia cristiana

Per brevità, in seguito, potremmo denotare la teologia cristiana semplicementescrivendo la parola con al iniziale maiuscola: Teologia.

Le fonti della Teologia

• La fonte centrale e primaria della Teologia è Cristo stesso.

• E, di conseguenza, anche tutto ciò che è in funzione di Cristo.

In particolare, dal punto di vista temporale (storico):

• ciò che lo precede parlando direttamente o indirettamente di Lui,

• ciò che lui stesso è e ha detto di sé (rivelato), e

• ciò che lo segue e trae sviluppo da Lui.

In tutto questo sono implicite diverse affermazioni:

1. Nella Teologia, come in ogni scienza, si assumono per veri deglienunciati di partenza (in matematica si chiamano assiomi, in fisica sono idati sperimentali, ecc.): questi dati, nel caso della Teologia, sono accettatiper fede (ce ne occuperemo trattando della Teologia fondamentale).

Il primo di questi dati è che Gesù Cristo è Dio e, quindi una scienza che sioccupa di Lui, di quello che lo precede, di quello che ha detto e fatto e diquello che lo segue e trae sviluppo da Lui è un discorso su Dio (Teo-logia).

2. Una seconda affermazione implicita in quanto abbiamo detto, è che ciò cheCristo ha detto di sé e di tutto il resto, che noi non potevamo conoscere, pernoi costituisce una rivelazione, cioè uno svelamento di verità (alétheia) che,almeno in parte, erano inaccessibili all’umana intelligenza.

Ecco entrare in gioco, un po’ alla volta i termini che caratterizzano

le fonti della Teologia:

(a) La Rivelazione che riguarda i contenuti del discorso su Dio (Teo-logia)che hanno preceduto Cristo e che Lui ha spiegato in funzione di sestesso (Antico Testamento) e quelli ulteriori che Gesù ha comunicatoper la prima volta ai suoi uditori, che li hanno poi fissati nei Vangeli esviluppato negli altri scritti del Nuovo Testamento;

(b) La Tradizione che riguarda la comprensione di quegli stessi contenuti apartire da ciò che si è sviluppato da Cristo e che ha come soggetto laChiesa con il suo Magistero, deputato ad interpretarli autenticamente.

Ecco identificate le tre fonti della Teologia:

Rivelazione in Cristo Tradizione Magistero

Va precisato, a questo punto che nella formula:

Rivelazione in Cristo

ha un peso essenziale anche la preposizione IN:

essa ci dice che la Rivelazione, giunta al suo culmine, consiste in Cristo stesso,

nella sua Persona e nella sua umanità:

con tutto quello che ha

⟨ vissutodettoe fatto

Si parla, in proposito di Cristo come evento, che comprende anchedei contenuti che, in quanto comunicati (rivelati), diventano fonte di una scienzasu di Lui in quanto

è Dio (Teo-logia)

⟨ che ha assunto una natura umana: Dio-uomo (cristologia)

ed è il Salvatore degli uomini (soteriologia)

I - 2. Carattere scientifico della Teologia

Finora abbiamo

• dato una definizione (nominale) della Teologia

• detto qual è il suo oggetto

• e abbiamo dichiarato quali sono le sue fonti.

Ma abbiamo anche detto che

la Teologia

non è solo narrativa, ovvero

descrittiva dei contenuti

della Rivelazionedella Tradizionedelle dichiarazioni del Magistero

ma è anche e soprattutto una scienza dimostrativa.

Come ogni scienza anche la Teologia non si esaurisce nei suoi assiomi.

• La geometria euclidea, ad esempio, non si esaurisce nell’enunciazione

degli assiomi di Euclide,

• né la fisica si ferma ai dati ricavati dagli esperimenti,

ma, a partire dagli assiomi e dai dati

elaborano delle dimostrazioni

deducono delle conseguenze logiche

formulano delle teorie

Così anche la Teologia non può esaurirsi nei suoi assiomi (le sue fonti), ma peressere una scienza, deve servirsi della ragione, con le sue regole logiche e leconoscenze che ha acquisito tramite l’ esperienza e la riflessione anche prima diconoscere la Rivelazione, ovvero di incontrare Gesù Cristo.

Questo bagaglio di conoscenze umane, derivanti dalla sola ragione, è ciò checumulativamente viene chiamato, con una parola ormai in gran parte usurata,ma ancora comunque significativa, filosofia.

Un po’ come:

la fisica

⟨ si serve della matematica per elaborare le sue teorie

ed inquadrare in questo modo i dati sperimentali

analogamente (dove “analogamente” non significa “esattamente allo stessomodo”, ma “in modo simile, pur con le dovute differenze”):

la Teologia

⟨ si serve della filosofia per elaborare le sue teorie

inquadrando i dati delle sue fonti (Rivelazione, Tradizione, Magistero)

I - 3. Carattere ecclesiale della Teologia

Ed è già affiorato, così, anche il terzo punto che ci dice:

La Teologia ha carattere ecclesiale.

Non si può fare Teologia (con l’iniziale maiuscola)

se non appartenendo alla Chiesa ed assimilandone

• insieme alla Rivelazione (Scrittura, presenza sacramentale di Cristo),

• anche la Tradizione (il modo di intendere la Rivelazione che nella fede dellaChiesa si è consolidato unanimemente nel tempo [dottrina, liturgia:lex orandi-lex credendi])

• e il Magistero come autentico interprete della dottrina della fede e delleregole della liturgia.

Questi elementi sono come le regole epistemologiche per la scienza che ha peroggetto Dio, in quanto si è rivelato in Gesù Cristo.

Il rifiuto di uno di questi elementi porta a snaturare la Teologia.

I - 4. Rapporto tra fede e ragione - I - 5. Metodo teologico

Ecco che siamo entrati, insieme:

• nel quarto punto: quello del rapporto tra fede e ragione:

«La fede e la ragione sono come le due ali con le quali lo spirito umanos’innalza verso la contemplazione della verità». (Fides et ratio, n. 1)

• e nel quinto punto: quello del metodo teologico:

«Bisogna tener conto del fatto che vi sono due generi di scienze.

– Le prime procedono da principi conosciuti mediante la luce naturaledell’intelletto, come l’aritmetica, la geometria, ecc.

– Le seconde procedono partendo da principi che sono conosciuti grazie allaluce di una scienza superiore: come l’ottica che segue i principi dellageometria e la musicologia che segue quelli dell’aritmetica.

In questo secondo modo la teologia è scienza: perchè procede da principiconosciuti attraverso la luce di una scienza superiore, che è la scienza di Dio edei beati. Così come la musicologia crede ai principi che le comunica ilmatematico, così la teologia crede ai principi rivelati da Dio».

(Summa Theologiae, parte I, quest. 1, art. 2)

Osservazioni sul metodo teologico oggi

Ai nostri giorni si rileva una debolezza della ragione e, di conseguenza nellafilosofia come disciplina dimostrativa (scientifica). Occorre sottolineare come:

«L’attuale rapporto tra fede e ragione richieda un attento sforzo di discernimento,perché sia la ragione che la fede si sono impoverite e sono divenute deboli l’unadi fronte all’altra.

La ragione, privata dell’apporto della Rivelazione, ha percorso sentieri lateraliche rischiano di farle perdere di vista la sua meta finale.

La fede, privata della ragione, ha sottolineato il sentimento e l’esperienza,correndo il rischio di non essere più una proposta universale.

È illusorio pensare che la fede, dinanzi a una ragione debole, abbia maggiorincisività; essa, al contrario, cade nel grave pericolo di essere ridotta a mito osuperstizione.

Alla stessa stregua, una ragione che non abbia dinanzi una fede adulta non èprovocata a puntare lo sguardo sulla novità e radicalità dell’essere».

(Fides et ratio, n. 48)

Pare che si possano individuare tre strade che la teologia si può trovare apercorrere oggi:

• quella narrativa, che, pur essendo forse quella oggi più percorribile, non puòoffrire un grado di sistematicità tale da essere una scienza dimostrativa;

• quella di una teologia che potremmo chiamare autonoma, in quanto cercadi costruire da se stessa (in actu exercito), la filosofia che le serve perelaborarsi sistematicamente;

• e, infine, quella della teologia tradizionale, che fa riferimento alle basifilosofiche della filosofia agostiniana / tomista, acquisendole come un puntodi partenza che non tocca, di per sé, al teologo fondare.

Naturalmente:

• così come in fisica, per rimanere all’esempio di prima,

– occorre una teoria matematica adatta per inquadrare certi dati degliesperimenti,

– che non generi contraddizioni con i dati stessi(altrimenti si costruisce una teoria che non riguarda il mondo fisicoreale, ma un mondo che non esiste),

• analogamente in teologia occorre servirsi di filosofie

– che non neghino i dati delle fonti (Rivelazione, Tradizione, Magistero),

– ma siano almeno compatibili e, possibilmente, in armonia con essi.

E uno dei primi registri con i quali verificare questa compatibilità è il fatto che perelaborare una teologia si utilizzi

una filosofia che non neghi quegli elementi

della Rivelazione

che sono alla portata anchedella sola ragione

(revelatum per accidens)

«Un pensiero filosofico che rifiutasse ogni apertura metafisica, pertanto, sarebberadicalmente inadeguato a svolgere una funzione mediatrice nellacomprensione della Rivelazione».

(Fides et ratio, n. 83)

«Alcune conoscenze si collocano oltre le possibilità conoscitiva di qualunqueessere umano, come il fatto che Dio è uno e trino [. . . ] Queste non sonodimostrabili per via scientifica.

Altre, invece, sono sì oltre la portata conoscitiva di alcuni uomini, ma nondell’uomo come tale. Ora quelle che sono raggiungibili per dimostrazione solodai più capaci e preparati, ma rimarrebbero inaccessibili a quelli che non losono, possono essere rese alla loro portata mediante la divina rivelazione».

(De Ver, q. 12, a. 2 co)

Altrimenti non si ottiene una teologia cristiana, ma, nel migliore dei casi undiscorso su un “dio” che è, almeno in certa misura arbitrario e frutto della propriasoggettiva immaginazione, ma non è il Dio vero ed unico.

Nel nostro Sommario della Prima fase di studio abbiamo finora esaminato iseguenti punti:

1. Oggetto e fonti della teologia cristiana

2. Carattere scientifico della teologia

3. Carattere ecclesiale della teologia

4. Rapporti tra fede e ragione

5. Metodo teologico

che hanno a che fare, propriamente, con l’ Introduzione alla Teologia.

Dobbiamo, ora, varcare il confine che ci introduce nell’area della

Teologia Fondamentale

dove avremo, inzialmente, da affrontare, i rimanenti punti del

Sommario

6. Livelli della rivelazione divina: cosmica e storica

7. Rapporto tra rivelazione incoativa e pienezza della rivelazione

8. Rapporto tra Rivelazione e Parola

9. Rapporto tra Rivelazione e storia

10. Diversità di espressioni della Parola divina: nel creato, nell’Alleanza,sapienziale, profetica, in Cristo

11. Rapporto tra Rivelazione e verità

12. Rapporto tra Rivelazione e salvezza

13. Pienezza singolare e assoluta della autocomunicazione di Dio

agli uomini in Cristo

TEOLOGIA FONDAMENTALE

INTRODUZIONE

Anche qui occorre fare una premessa partendo dalla definizione dei termini.

Una definizione

PRIMO PASSO - Il termine “Teologia”

Abbiamo già esaminato una definizione nominale del termine Teologia per cuipossiamo passare direttamente al

SECONDO PASSO - La specificazione “Fondamentale”

Domanda: che cosa specifica questo aggettivo “fondamentale”,

aggiunto alla parola Teologia

TEOLOGIA FONDAMENTALE

Lavoriamo anche in questo caso sul significato delle parole. L’aggettivo“fondamentale” ci richiama subito alla mente il sostantivo “fondamento/i”.

Raffigurandoci la Teologia, come spesso si fa con il sapere, come un edificiocostituito da varie parti e su più piani.

Ecco che siamo indotti, almeno dal significato delle parole, a collocare laTeologia fondamentale al livello delle fondamenta dell’intero edificio teologico.

Se, da un lato:

• la Rivelazione in Cristo, la Tradizione e il Magistero sono lefonti della Teologia in quanto ci offrono il materiale da costruzione che dasoli non riusciremmo a procurarci (contenuto della Rivelazione);

• la filosofia (intesa anche in senso lato, come sapere umano che coinvolgeanche un rapporto con le scienze) ci offre la strumentazione dimostrativa,insieme a quel materiale da costruzione di cui disporremmo anche senza laRivelazione, con la sola ragione,

• la Teologia fondamentale, proprio perché si colloca a fondamento, ci deveaiutare a mettere a fuoco, come suo

Oggetto

∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣∣

=⇒ il rapporto tra

⟨ ragione

e fede (punto 4)

=⇒ e quindi tra

⟨ filosofia/scienza/religione

e le fonti proprie della teologia(Rivelazione, Tradizione, Magistero)

Il metodo della Teologia fondamentale

Possiamo affrontare questo lavoro seguendodue modalità di approccio (metodi) alternative, ma anche complementari:

i) l’una parte dall’alto (top-down)

cioè dal punto di vista della fede offrendo una lettura sapienziale:

da Dio⇓

verso l’uomo

ii) l’altra parte dal basso (bottom-up), dal punto di vista della ragione offrendouna lettura filosofica, esistenziale, religiosa: dall’uomo verso Dio:

verso Dio⇑

dall’uomo

(TF, pp. 13-14)

«Tanto nell’ordine dell’esposizione come nella metodologia, si riconoscono infondo due possibili strade da percorrere.

— L’una adotta una prospettiva teologale, che partendo dalla Rivelazione, dallaricchezza del mistero di Dio, si dirige quindi verso l’uomo; la discussione dellaRivelazione è realizzata basandosi sulla logica interna della Parola di Dio, lecategorie per comprenderla vengono prese dalla Rivelazione stessa e non daaltre fonti, e si cerca poi di studiare la sua relazione organica con la Chiesa ed ilsuo Magistero.

— L’altra strada adotta una prospettiva antropocentrica, che prende le mossedalla situazione antropologica della creatura umana come creatura aperta allaRivelazione»

In questo secondo percorso:

«Si comincia più facilmente parlando della fede e, sempre dalla prospettivadell’uomo, vengono poi discusse la possibilità stessa di una rivelazionesoprannaturale, la sua conoscibilità e intelligibilità, la possibilità di un discorso suDio servendosi di parole umane, sottolineandone poi la loro rilevanzaesistenziale; successivamente, si discute il contenuto oggettivo della Rivelazionericorrendo essenzialmente al metodo dogmatico.

Questa diversità di percorsi si rflette anche nella diversa scelta del punto dipartenza per tutta la trattazione. Riferendoci ai quattro elementi centralinell’oggetto della Teologia fondamentale – Rivelazione, credibilità, fede etrasmissione della Chiesa – è interessante notare che vi sarebbero dei motiviragionevoli per cominciare la trattazione da uno qualsiasi di essi:

a) Una trattazione che cominciasse dalla Rivelazione si presenterebbe findall’inizio segnata da un metodo spiccatamente teologico-dogmatico; essaporrebbe l’accento sulla iniziativa divina, sulla gratuità del suo messaggio,sulla sua eccedenza rispetto ad ogni aspettativa o domanda umana.

b) Partendo invece dalla credibilità, si percorrerebbe un cammino ascendente,di carattere più marcatamente fenomenologico e antropologico, la cuifinalità sarebbe riconoscere la Rivelazione come Parola adeguata,ragionevole, attraente, conforme alle aspirazioni della natura umana.

c) Attribuire una certa priorità alla fede, equivarrebbe a partire da unaprospettiva antropologica, con la differenza che, in questo caso, la fedeverrebbe ora vista come condizione previa per riconoscere ed accogliere laRivelazione; ma questo itinerario dovrebbe preoccuparsi di offrire unraccordo fra l’apertura dell’uomo alla Rivelazione e fede teologalepropriamente detta.

d) Un avvio della trattazione della Teologia fondamentale dalla realtà dellaChiesa, infine, sottolineerebbe che la Rivelazione ci viene consegnatasempre nel flusso di una tradizione, all’interno di un contesto ecclesiale chene media necessariamente non soltanto la trasmissione, ma anche lacomprensione» (TF, pp. 13-14)

La storia della Teologia fondamentale (cfr. TF, p. 15)

Schematicamente possiamo dire che la Teologia fondamentale ha conosciutotre momenti nella sua storia, che hanno caratterizzato il suo metodo, in funzionedella necessità di confrontarsi con i problemi ecclesiali e le sensibilità culturaliche le si presentavano nel contesto storico.

1° - In un primo momento (II-III secolo) essa si è articolata come apologetica:difesa della ragionevolezza della fede.

2° - Successivamente si è concentrata sull’esame filosofico dei preambula fideie dei motivi di credibilità (epoca medievale).

3° - Poi si è sviluppata come percorso antropologico-esistenziale del soggettoche giunge all’incontro con Cristo (epoca moderna-contemporanea).

Oggi si sta strutturando come vera e propria disciplina filosofico-teologica chestudia i rapporti ragione/fede, scienza/fede, religione/fede, religioni/cristianesimo(Teologia delle religioni/e).

Annotazione - Sul rapporto tra Teologia fondamentale e religione/i

• «Se la Teologia fondamentale può essere interessata ad una riflessionegenerale sulla religione a motivo del collegamento di quest’ultima con ipreamboli della fede [ricerca razionale],

• alla Teologia della Rivelazione interessa solo richiamare quegli aspetti dellareligiosità umana che si collegano con una certa apertura dell’uomo ad unrapporto personale con l’Assoluto, e che coinvolgono pertanto anche unacerta apertura ad una rivelazione della divinità [Rivelazione]» (TF, p. 27).

C’è sempre un certo un raccordo tra religione e rivelazione

in quanto, di fatto, non sono esistite delle religioni che non presumessero,attraverso i loro fondatori, o interpreti, di avere alla loro base unaqualche forma di rivelazione che poteva essere orale, o scritta (libri ritenutisacri), alla quale il seguace prestava una qualche forma di fede:

«Una religione, o un culto divino, è una manifestazione di una qualche forma difede».

(Tommaso d’Aquino, IV Sent., d. 13, q. 2, a. 1, ad 4um)

«La religione

• reca necessariamente con sé una dimensione relazionale,

– fra il soggetto e il divino

– fra il soggetto e i membri della comunità

• e implica una opzione esistenziale del credente.

Un ultimo elemento riguarda il rapporto fra religioni naturali e religioni rivelate.Nella trattazione classica:

1. con le prime si indicavano quelle fenomenologie religiose nelle quali ladivinità farebbe conoscere la sua presenza e la sua volontà essenzialmentemediante i fenomeni della natura

2. mentre con le seconde ci si riferiva a quelle tradizioni religiose nelle qualisiamo in presenza di mediazioni storiche, di libri sacri o testimonianzedocumentali.

Nel primo caso il rapporto con la divinità assume una dimensionetendenzialmente più soggettiva ed implicita, mentre nel secondo caso è piùoggettiva ed esplicita, fino ad assumere una rilevanza storica».

«La storia e la fenomenologia della religione hanno segnalato, nella secondametà del Novecento, che tale distinzione non può mai assumere contorni cosìnetti.

– In primo luogo va osservato che la nozione di rivelazione, come abbiamoprima visto, è associata ad ogni esperienza religiosa autentica in quantotale, e che anche la percezione del divino attraverso la natura è, essastessa, una forma di rivelazione. Di fatto, non esistono religioni ove ilrapporto con la divinità si affidi a canoni puramente naturali: vi è quasisempre una riflssione su questi dati naturali, un’interpretazione affidata amediatori, che si elabora e si trasforma in una tradizione di tipo storico.

– Inoltre, anche le religioni rivelate, come quella ebraico-cristiana,riconoscono una manifestazione di Dio attraverso la natura come parteirrinunciabile del loro contenuto. Infine, mediatori e profeti sono presenti sianelle religioni chiamate un tempo naturali, sia in quelle tradizionalmenteindicate come rivelate sul mero piano fenomenologico, anche la differenzafra rivelazioni di tipo storico-pubblico ed illuminazioni di tipo privato a volte èmeno definita di quanto si pensi». (TF, p. 33)

Storia del rapporto tra ragione e fede

A proposito del rapporto tra ragione e fede vale la pena esaminare

il capitolo IV dell’enciclica “Fides et ratio” di Giovanni Paolo II

L’enciclica ripercorre, in quel capitolo, le tappe fondamentali della storiadell’incontro di fede e ragione

I - Nella prima parte (positiva): le tappe

• della costituzione dello spazio teorico che ha resopensabile il cristianesimo,

• fino all’elaborazione di una disciplina teologica;

II - Nella seconda parte (negativa): le tappe del processo inverso che ha visto

• la loro progressiva separazione,

• fino alla disgregazione della stessa razionalità filosofica.

Questa lettura di un percorso storico ha la funzione:

• di documentare un metodo di lavoro (nella prima parte), e

• di indicare i punti nodali problematici che oggi vanno sbloccati

(nella seconda parte)

– sia per l’utilità della fede,

– che per il recupero della razionalità come tale.

PRIMA PARTE - Il cammino comune di fede e ragione

Tappa 1 - La liberazione della religione dal mito e la sua fondazione filosofica

Tappa 2 - La costruzione dello spazio teorico per pensare il cristianesimo

Tappa 3 - Il confronto tra la filosofia greca e la visione contenuta

nella Rivelazione

Tappa 4 - L’elaborazione della Teologia come scienza

Tappa 1 - La liberazione della religione dal mito e la sua fondazione filosofica

Anzitutto l’enciclica evidenzia come nel corso della storia del pensiero, primaancora della rivelazione cristiana, sia stato necessario compiere un passopreliminare, fondamentale per costruire la stessa razionalità dimostrativa: sitratta del passaggio dal mito alla filosofia.

«Uno degli sforzi maggiori che i filosofi del pensiero classico operarono, infatti, fuquello di purificare la concezione che gli uomini avevano di Dio da formemitologiche.

Come sappiamo, anche la religione greca, non diversamente da gran parte dellereligioni cosmiche, era politeista, giungendo fino a divinizzare cose e fenomenidella natura. Fu compito dei padri della filosofia far emergere il legame tra laragione e la religione. Allargando lo sguardo verso i principi universali, essi nonsi accontentarono più dei miti antichi, ma vollero giungere a darefondamento razionale alla loro credenza nella divinità».

«Si intraprese, così, una strada che, uscendo dalle tradizioni antiche particolari,si immetteva in uno sviluppo che corrispondeva alle esigenze della ragioneuniversale.

Il fine verso cui tale sviluppo tendeva era la consapevolezza critica di ciò incui si credeva.

La prima a trarre vantaggio da simile cammino fu la concezione della divinità. Lesuperstizioni vennero riconosciute come tali e la religione fu, almeno in parte,purificata mediante l’analisi razionale.

Fu su questa base che i Padri della Chiesa avviarono un dialogo fecondo con ifilosofi antichi, aprendo la strada all’annuncio e alla comprensione del Dio diGesù Cristo». [Fides et ratio, n. 36]

Tappa 2 - La costruzione dello spazio teorico per pensare il cristianesimo

Giunti alle origini del cristianesimo la fede ha cercato di fondare la sua credibilitàteoretica anzitutto utilizzando gli strumenti della logica dimostrativa e dellafilosofia.

1. Il primo lavoro da compiere, per garantire credibilità alla fede, riguardava lanecessità di dimostrare la non contraddittorietà logica del contenuto dellaRivelazione,

(a) la sua non irrazionalità e, anzi,

(b) la sua piena razionalità.

E questo è stato uno dei compiti fondamentali degli Apologisti a partire dalII secolo. Il contenuto della rivelazione può oltrepassare le capacità dellaragione di raggiungerlo da sola, ma non può essere accusato di esserecontro le regole della logica e quindi ridicolizzato e screditato.

2. Un secondo compito, più durevole nel tempo e impegnativo, ha richiesto illungo lavoro di rielaborazione delle stesse categorie filosofiche perampliarne la capacità di contenere, fino a poter accogliere, senza eccessivelimitazioni, la ricchezza concettuale della Rivelazione che andava oltre ciòche il filosofo da solo poteva elaborare.

«Nella storia di questo sviluppo è possibile, comunque, verificare• l’assunzione critica del pensiero filosofico da parte dei pensatori cristiani. Tra iprimi esempi che si possono incontrare, quello di Origene è certamentesignificativo. Contro gli attacchi che venivano mossi dal filosofo Celso, Origeneassume la filosofia platonica per argomentare e rispondergli.

Riferendosi a non pochi elementi del pensiero platonico, egli inizia a• elaborare una prima forma di teologia cristiana. Il nome stesso, infatti, insiemecon l’idea di teologia come discorso razionale su Dio, fino a quel momento eraancora legato alla sua origine greca. Nella filosofia aristotelica, ad esempio, ilnome designava la parte più nobile e il vero apogeo del discorso filosofico. Allaluce della Rivelazione cristiana, invece, ciò che in precedenza indicava unagenerica dottrina sulle divinità venne ad assumere un significato del tutto nuovo,in quanto definiva la riflessione che il credente compiva per esprimere la veradottrina su Dio.

Questo nuovo pensiero cristiano che si andava sviluppando• si avvaleva della filosofia, ma nello stesso tempo• tendeva a distinguersi nettamente da essa. La storia mostra come lo stessopensiero platonico assunto in teologia abbia subito profonde trasformazioni, inparticolare per quanto riguarda concetti quali l’immortalità dell’anima, ladivinizzazione dell’uomo e l’origine del male». [Fides et ratio, n. 39]

Tutto questo lavoro ha significato

• la creazione dello spazio teorico

– per rendere pensabile il cristianesimo nel quadro storico-culturale deltempo

– e quindi vivibile, a pieno titolo, nella società di allora.

• Basti pensare alla straordinaria opera di messa a punto di un

linguaggio adatto ad esprimere i contenuti⟨

teologicie filosofici

⟩della Rivelazione

formulati prima nella lingua greca, poi ripensati e tradotti in quella latina.

«Persona est rationalis naturarae individuasubstantia» (“De duabus naturis et una personaChristi”, PL 64, 1343 D)

L’esempio più formidabile di ampliamento di significato è offerto, quasisicuramente, da una parola come “persona” (Boezio) che dal significato paganooriginario di maschera teatrale è giunto ad indicare la persona umana, comeancora oggi la intendiamo, e le persone divine della Trinità.

Tappa 3 - I Padri della Chiesa: confronto tra la filosofia grecae la visione contenuta nella rivelazione

Un passo ulteriore fu quello:

1. di non limitarsi solamente a mostrare la non contraddittorietà dei contenutidella Rivelazione (primo passo),

2. né di accontentarsi di creare uno spazio teorico per la pensabilità di queicontenuti (secondo passo), ma

3. di mostrare addirittura la superiorità della concezione cristiana della realtà(mondo, uomo, Dio) rispetto alle filosofie, riconoscendo nel contempo quelliche erano gli elementi comuni.

Il cristianesimo viene concepito:

• oltre che come avvenimento storico dell’Incarnazione e della Redenzione

• anche come portatore della vera filosofia.

«Proprio qui si inserisce la novità operata dai Padri.

• Essi accolsero in pieno la ragione aperta all’assoluto• e in essa innestarono la ricchezza proveniente dalla Rivelazione.

L’incontro non fu solo a livello di culture, delle quali l’una succube forse delfascino dell’altra [. . . ] Oltrepassando il fine stesso verso cui inconsapevolmentetendeva in forza della sua natura, la ragione poté raggiungere il sommo bene ela somma verità nella persona del Verbo incarnato.Dinanzi alle filosofie, i Padri non ebbero tuttavia timore di riconoscere

• tanto gli elementi comuni• quanto le diversità che esse presentavano rispetto alla Rivelazione.

La coscienza delle convergenze non offuscava in loro il riconoscimento delledifferenze». [Fides et ratio, n. 41]

Con sant’Agostino, nel IV secolo cristiano, questa operadi elaborazione e sistematizzazione teologica, fondata sullarielaborazione della tradizione platonica, raggiunge un vertice chesarà un punto di riferimento per tutti i teologi successivi.

Tappa 4 - La scolastica: la teologia come scienza

Con la Scolastica,

e in particolare con sant’Alberto Magno

e specialmente san Tommaso d’Aquino

viene addirittura compiuta la fondazione e la messa a punto di una

teologia

⟨ come scienza dimostrativa e totalmente sistematica

basata sulla rielaborazione della filosofia aristotelica

ma non senza includere alcuni elementi importanti della tradizione platonica(soprattutto quelli provenienti dallo Pseudo-Dionigi),come la dottrina della partecipazione.

«Più radicalmente, Tommaso riconosce che la natura, oggetto proprio dellafilosofia, può contribuire alla comprensione della rivelazione divina.

La fede, dunque, non teme la ragione, ma la ricerca e in essa confida.

• Come la grazia suppone la natura e la porta a compimento,• così la fede suppone e perfeziona la ragione.

Quest’ultima, illuminata dalla fede, viene liberata dalle fragilità e dai limitiderivanti dalla disobbedienza del peccato e trova la forza necessaria per elevarsialla conoscenza del mistero di Dio Uno e Trino.

Pur sottolineando con forza

• il carattere soprannaturale della fede, il Dottore Angelico• non ha dimenticato il valore della sua ragionevolezza;

ha saputo, anzi, scendere in profondità e precisare il senso di taleragionevolezza.

La fede, infatti, è in qualche modo esercizio del pensiero;

la ragione dell’uomo non si annulla né si avvilisce dandol’ assenso ai contenuti di fede; questi sono in ogni caso raggiunti con sceltalibera e consapevole». [Fides et ratio, n. 43]

La chiave di volta, dal punto di vista logico-metafisico, di tutto il suo impiantosistematico sta nella dottrina dell’ analogia-partecipazione che permette allaragione di compiere due grandi passi:

• anzitutto di riconoscere modi e gradi di perfezione differenziati

– nella realtà (ente),

– nella sua conoscibilità (vero),

– nel suo essere desiderabile e amabile (bene),

– nell’organicità del suo essere un tutto (uno);

• e insieme di elevarsi dall’esperienza dei gradi materiali e sensibilidell’essere alla conoscenza, pur limitata, ma vera, dei livelli superiori nonimmediatamente e adeguatamente conoscibili, ma neppure del tuttoinaccessibili.

E sembrano proprio questi i nodi verso i quali anche le scienze più avanzatepaiono oggi, pur se ancora timidamente, aspirare nella loro ricerca difondamenti.

SECONDA PARTE - La progressiva separazione

e contrapposizione di fede e ragione

Tappa 1 - Univocità e nominalismo: il ruolo esclusivo della matematica

Tappa 2 - La ricaduta della perdita dell’analogia sulla teologia

Tappa 3 - La contrapposizione di fede e ragione

Tappa 4 - La secolarizzazione della teologia e la rimozione

dei fondamenti filosofico-metafisici

Capitolo IV

Tappa 1 - Univocità e nominalismo: il ruolo esclusivo della matematica

Giunti al termine della costruzione dell’edificio delle grandi sintesi cristiane, laragione sembra mettersi a guardare dall’alto la sua abile e perfetta opera edessere tentata di compiacersi più di se stessa e della sua scienza, del suopotere di dominare la verità più che di contemplarla.Così, a partire proprio dal XIII secolo, dagli stessi contemporanei di sanTommaso:

• si comincerà a comprendere sempre meno la lezione dell’analogia dell’entee del vero

• e, in nome di un maggior grado di certezza della conoscenza, ci siconcentrerà sempre di più sull’ univocità, più facile da comprendere, piùagevole da controllare.

Questo modo di procedere apparirà addirittura, ad alcuni, come un servizio allaverità, anziché una limitazione, un miglioramento della scienza anziché un suoimpoverimento qualitativo.

Ma si tratterà di un potenziamento unilaterale di qualche aspetto dellarazionalità, soprattutto di quella matematica, a scapito degli altri.

Tappa 2 - La ricaduta della perdita dell’analogia sulla teologia

La ricaduta sulla teologia, della perdita dell’analogia, si farà sentire primanell’univocità del pensiero protestante, poi nell’esasperazione quasi sofistica dicerta tarda scolastica e infine nella riduzione della stessa teologia a puranarrazione.

«Con il sorgere delle prime università, la teologia veniva a confrontarsi piùdirettamente con altre forme della ricerca e del sapere scientifico. Sant’AlbertoMagno e san Tommaso, pur mantenendo un legame organico tra la teologia e lafilosofia, furono i primi a riconoscere la necessaria autonomia di cui la filosofia ele scienze avevano bisogno, per applicarsi efficacemente ai rispettivi campi diricerca.

A partire dal tardo Medio Evo, tuttavia, la legittima distinzione tra i due saperi sitrasformò progressivamente in una nefasta separazione». [Fides et ratio, n. 45]

Tappa 3 - La contrapposizione di fede e ragione, di teologia e filsoofia

Gradualmente quegli aspetti della razionalità, che prima era concepitaanalogicamente, verranno a contrapporsi anziché integrarsi:

• ciò che prima era riconosciuto come, in certa misura, reale (l’universale)

• sarà considerato un puro nome (nominalismo).

Il sapere passerà, un po’ alla volta,

• da una struttura organica e analogica

• ad una struttura dialettica: contrapposizione in luogo della integrazione deidiversi gradi di perfezione.

«A seguito di un eccessivo spirito razionalista, presente in alcuni pensatori, siradicalizzarono le posizioni, giungendo di fatto a una filosofia separata eassolutamente autonoma nei confronti dei contenuti della fede. Tra le altreconseguenze di tale separazione vi fu anche quella di una diffidenza sempre piùforte nei confronti della stessa ragione. Alcuni iniziarono a professare unasfiducia generale, scettica e agnostica, o per riservare più spazio alla fede o perscreditarne ogni possibile riferimento razionale». [Fides et ratio, n. 45]

L’enciclica continua, poi, la sua lettura della storia del pensiero occidentaleriferendosi, allo sviluppo del pensiero filosofico e scientifico moderno econtemporaneo fino ai nostri giorni.

«Le radicalizzazioni più influenti sono note e ben visibili, soprattutto nella storiadell’Occidente.

• Non è esagerato affermare che buona parte del pensiero filosofico modernosi è sviluppato allontanandosi progressivamente dalla Rivelazione cristiana,fino a raggiungere contrapposizioni esplicite.

• Nel secolo scorso, questo movimento ha toccato il suo apogeo. Alcunirappresentanti dell’ idealismo hanno cercato in diversi modi ditrasformare la fede e i suoi contenuti, perfino il mistero della morte erisurrezione di Gesù Cristo, in strutture dialettiche razionalmente concepibili.

A questo pensiero si sono opposte diverse forme di umanesimo ateo, elaboratefilosoficamente, che hanno prospettato la fede come dannosa e alienante per losviluppo della piena razionalità».

[Fides et ratio, n. 46]

Tappa 4 - La secolarizzazione della teologia

e la rimozione dei fondamenti filosofico-metafisici

A questo punto, ormai, il processo ha invertito la sua direzione: si cerca

• da un lato di estrapolare alcune categorie teologiche cristiane svincolandoledalla Rivelazione (considerata come un supporto mitologico surrettizio) etrapiantandole in sistemi filosofici non cristiani;

• dall’altro di rimuovere anche i fondamenti puramente filosofici che sonoserviti all’elaborazione di una teologia come scienza.

Questa operazione, tuttavia

• ha trascinato con sé anche elementi indispensabili alla ragione filosoficacome tale

• che si è gradualmente trovata senza un fondamento su cui basarsi perpoter procedere.

«Come conseguenza della crisi del razionalismo ha preso corpo, infine, ilnichilismo. Quale filosofia del nulla, esso riesce ad esercitare un suo fascino suinostri contemporanei. I suoi seguaci teorizzano la ricerca come fine a se stessa,senza speranza né possibilità alcuna di raggiungere la meta della verità.Nell’interpretazione nichilista, l’esistenza è solo un’opportunità per sensazioni edesperienze in cui l’effimero ha il primato. Il nichilismo è all’origine di quelladiffusa mentalità secondo cui non si deve assumere più nessun impegnodefinitivo, perché tutto è fugace e provvisorio».

[Fides et ratio, n. 46]E ancora:

«Non è da dimenticare, d’altra parte, che nella cultura moderna è venuto acambiare il ruolo stesso della filosofia. Da saggezza e sapere universale, essa siè ridotta progressivamente a una delle tante province del sapere umano; peralcuni aspetti, anzi, è stata limitata a un ruolo del tutto marginale. Altre forme dirazionalità si sono nel frattempo affermate con sempre maggior rilievo, ponendoin evidenza la marginalità del sapere filosofico. Invece che verso lacontemplazione della verità e la ricerca del fine ultimo e del senso della vita,queste forme di razionalità sono orientate – o almeno orientabili – come “ragionestrumentale” al servizio di fini utilitaristici, di fruizione o di potere».

[Fides et ratio, n. 47]

Ai nostri giorni sembra essere ormai completa la parabola discendente e si apre,come si è rilevato in precedenza, il problema di una

rimessa punto delle basi della razionalità

resa urgente

• sia dal punto di vista esterno alla razionaltià

(problema delle conseguenze socio-culturali sulla vivibilità della società)

• che da quello interno alla razionaltià

(problema dei fondamenti della conoscenza/scienza e della realtà).

La Rivelazione (TF - Capitolo I)

Dopo questa introduzione alla Teologia fondamentale ci occupiamo della primadelle sue fonti (Rivelazione, Tradizione e Magistero), e cioè della Rivelazione.I punti da affrontare sono riassunti nel già richiamato

Sommario

6. Livelli della rivelazione divina: cosmica e storica

7. Rapporto tra rivelazione incoativa e pienezza della rivelazione

8. Rapporto tra Rivelazione e Parola

9. Rapporto tra Rivelazione e storia

10. Diversità di espressioni della Parola divina: nel creato, nell’Alleanza,sapienziale, profetica, in Cristo

11. Rapporto tra Rivelazione e verità

12. Rapporto tra Rivelazione e salvezza

13. Pienezza singolare e assoluta della autocomunicazione di Dio

agli uomini in Cristo

I - 6. Livelli della rivelazione divina: cosmica e storica

Se per Rivelazione,

• in senso proprio, la Teologia intende ciò che è stato rivelato esplicitamenteda Dio mediante la sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) in Cristo(in vista di Lui, da parte di Lui e per suo mandato da parte degli Apostolied Evangelisti),

• in senso analogico si può riconoscere anche una forma di rivelazione di Dioattraverso il Creato, accessibile con l’esperienza sensibile e con la solaumana ragione (e talvolta non senza l’aiuto della Grazia). Si parla in talcaso di una rivelazione cosmica, che viene distinta dalla rivelazione storica.

Rivelazione cosmica

Il termine cosmica indica che essa si manifesta nel cosmo per il fatto che esso

• esiste

• ed è accessibile a tutti gli uomini in tutti i tempi.

Mentre il termine storica intende caratterizzare la Rivelazione come evento,l’evento di Cristo, Verbo incarnato, morto e risorto, che ha una collocazionepuntuale nella storia.

La rivelazione cosmica suscita nell’uomo:

• il senso religioso, come giudizio e sentimento personale e sociale(culturale) che lo porta a ritenere che:

– esista un Creatore,

– un destino oltre la morte (culto dei morti),

– in taluni casi un giudizio dopo la morte,

– una provvidenza divina che induce a pregarlo (oranti),

– e talvolta la consapevolezza della disparità tra l’aspirazione dell’uomoalla felicità e la sua condizione umana inadeguata (limiti, sofferenza,morte, incoerenza) suscitando:

i) la percezione di uno stato di decadimento dovuto ad una colpaprimordiale (che la Bibbia spiegherà con il peccato originale),

ii) la speranza e l’apertura all’ attesa di una salvezza che restituiscal’uomo a se stesso ristabilendo il giusto rapporto con Dio.(«iustitia originalis», [Tommaso d’Aquino])

• il culto e la religione. Il senso religioso tende ad organizzare un culto(rendere a Dio un atto di gratitudine per quanto ci ha dato, anche sesproporzionato rispetto alla Sua dignità, ma corrispondente a tutto quantosiamo in grado di fare con le nostre sole forze) divenendo una religionecodificata e istituzionalizzata.

• L’ apertura alla possibilità e il desiderio di una rivelazione esplicita (storica)da parte di Dio, percepito nella rivelazione cosmica. Questo lo si puòriconoscere nel fatto che le religioni tendono ad individuare dei testi sacriche ritengono in qualche modo rivelati, o almeno scritti per comando divino.Questo non dimostra la necessità della rivelazione storica, madocumenta l’attesa e la pensabilità di questa possibilità.

Macrocosmo Orante Microcosmo

• «Alla testimonianza che il mondo e le sue creature danno dell’esistenza di unCreatore il Magistero dei due Concili Vaticani non aveva riservato, in sensostretto, il termine rivelazione, avendo preferito impiegare termini comemanifestazione, attestazione, nonché, appunto, testimonianza.

• A partire dall’enciclica Fides et ratio (1998), e poi nel magistero ordinario diGiovanni Paolo II, il termine rivelazione compare in modo più frequente.

• Dal punto di vista teologico-fondamentale non mancano motivi per considerareil mondo creato come parte dell’economia globale della Rivelazione.

Vediamone alcuni:

— la creazione viene presentata dalla Scrittura come effetto della Parola diDio; così nel racconto della Genesi (cfr. Gen 1,3.6.9, ecc.) ed in vari luoghidei libri sapienziali: “Per mezzo della sua parola sono stati fatti i cieli, dalsoffio della sua bocca ogni loro schiera [...]. Egli parla e tutto è fatto,comanda e tutto esiste” (Sal 32,6.9);

— la Scrittura menziona esplicitamente la possibilità di conoscerel’esistenza di Dio partendo dalla considerazione delle cose create: cfr Sap13,1-9; Rm 1,18-20; At 14,15-17; At 17,26-27;

— la creazione è capace di rivelare qualcosa [attributi divini] del suo autore,perché la Scrittura invita gli uomini a dare gloria e lode a Dio attraverso lacontemplazione delle sue opere;

così il Sal 19: “I cieli narrano la gloria di Dio, e l’opera delle sue maniannunzia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la nottealla notte ne trasmette notizia” (Sal 19,1-2);

analogamente in Sal 104, Gb cc. 38 e 39, Sir cc. 42 e 43, ls 40,25-26;

— infine il NT presenterà Gesù Cristo, Parola di Dio fatta carne e pienezzadelle Rivelazione, come Logos mediatore del piano creativo di Dio e sensodella creazione stessa: cfr. Gv 1,1-3; Col 1,1-18; 1Cor 8,6; Eb 1,2-3»

(TF, p. 67)

I - 7. Rapporto tra Rivelazione incoativa e pienezza della Rivelazione

La pienezza della Rivelazione si compie in Gesù Cristo:

• tutta la storia del popolo di Israele è orientata a Cristo

• e in essa si modifica il modo di intendere

– sia la religione

– che la rivelazione

correggendolo e purificandolo.

«Occorre ribadire anzitutto il carattere definitivo e completo della rivelazione diGesù Cristo. Deve essere, infatti, fermamente creduta l’affermazione che nelmistero di Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, il quale è “la via, la verità e la vita”(Gv 14,6), si dà la rivelazione della pienezza della verità divina: “Nessunoconosce il Figlio se non il Padre e nessuno conosce il Padre se non il Figlio ecolui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27); “Dio nessuno l’ha mai visto:proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18);“È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità e voi avete inlui parte alla sua pienezza” (Col 2,9,10)». (Dominus Iesus, n. 5)

I - 8. Rapporto tra Rivelazione e Parola

«La parola di Dio viene rivolta ai patriarchi, ad Abramo, a Mosé, ai profeti.

L’espressione dabar Jahvè compare 242 volte nell’AT. Il suo significato è piùricco di quello del termine parola nelle lingue moderne: esso comprende

• sia l’aspetto noetico [conoscenza]

• che quello dinamico [azione]

La parola di Dio non comunica solo un contenuto, né soltanto informa: essa èsempre anche una parola efficace che opera ciò che dice.

Istruttivo in proposito il noto passo di Isaia 55,10-11:

“Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senzaavere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia ilseme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla miabocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero esenza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”

che ammette anche una lettura alla luce del Verbo incarnato» (TF, p. 37)

Tutto questo sembra preparare remotamente quello che nellaprospettiva cristiana sarà il sacramento: segno efficace dellagrazia che opera ciò che significa (cfr. CCC, n. 1131).

Il Concilio Vaticano II metterà in grande rilievo questo aspetto, per cui laRivelazione

• non si limita solo a dei contenuti (dottrina proposta al credente, che purerimane fondamentale e irrinunciabile)

• ma precisa che questi contenuti sono parte integrantedella stessa figura umana e personalità divina di Cristo.

«Il cambio di prospettiva più significativo è che la Rivelazione non viene piùdiscussa

• solo nel suo aspetto oggettivo di contenuto

• ma soprattutto nel suo aspetto personalista di auto-comunicazione del Diovivo all’uomo, per invitarlo a partecipare alla comunione trinitaria.

Così facendo, la nozione di Rivelazione riacquista un forte caratterecristocentrico, capace di assicurare ed esplicitarne

• l’aspetto personalista

• il suo carattere storico

• e il suo contenuto eminentemente salvifico.

La risposta della fede a questa comunicazione divina non si muove solo sulpiano della conoscenza, ma su quello di tutta la persona, poiché sia laRivelazione divina che la risposta umana sono un rapporto da persona apersona». (TF, p. 57)

«Circa la natura e oggetto della Rivelazione, il testo più significativo per densitàe contenuto è quello del n. 2 [della Dei Verbum]:

“Piacque a Dio, nella sua bontà e sapienza, rivelare se stesso e far conoscere ilmistero della sua volontà mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbofatto carne, nello Spirito santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipidella natura divina.

Con questa rivelazione infatti Dio invisibile per il suo immenso amore parla agliuomini come ad amici e si intrattiene con essi, per invitarli ed ammetterli allacomunione con sé (ut eos ad societatem secum invitet in eamque suscipiat).

Questa economia della rivelazione avviene con eventi e parole intimamenteconnessi (gestis verbisque intrinseca inter se connexis), in modo che le operecompiute da Dio nella storia della salvezza manifestano e rafforzano la dottrina ela realtà significate dalle parole (doctrinam et res verbis significatas), e le paroledichiarano le opere e chiariscono il mistero in esse contenuto.

La profonda verità poi, sia di Dio, sia della salvezza degli uomini, per mezzo diquesta rivelazione risplende a noi nel Cristo, il quale è insieme il mediatore e lapienezza di tutta intera la rivelazione” (n. 2)». (TF, p. 57).

I - 9. Rapporto tra Rivelazione e storia

Con la storia del popolo di Israele si compiono in successione i grandi passaggiche preparano e trasformano la religione naturale fino a preparla a divenire lafede in Gesù Cristo unico Salvatore.A questi passaggi corrispondono delle:

I - 10. Diversità di espressioni della Parola divina: nel creato, nell’Alleanza,

sapienziale, profetica, in Cristo

Possiamo riassumerli schematicamente così.

1. Dalla rivelazione cosmica all’Alleanza

«Con te [Noè] io stabilisco la mia Alleanza». (Gn 6,18)

«Quando l’esperienza religiosa del popolo di Israele viene posta per iscritto,la rivelazione di un Dio come Creatore e la suaconoscibilità attraverso le opere della creazione non è fra i primi contenutiad essere tematizzati o sviluppati». (TF, p. 68)

«Essa costituisce piuttosto una consapevolezza di fondo, qualcosa su cui siriflette in genere a partire dall’Alleanza, dal significato che questa ha perl’uomo, il cui peso nella formazione storica del popolo eletto è più grande diquello avuto dalla rivelazione di un Dio che fosse anche Creatore.

Israele presuppone la comprensione del mondo in quanto creato e accedead una fede nella creazione quasi come conseguenza della sua fede nelDio liberatore, ricomprendendo così la creazione in relazione alla stessaAlleanza.

Per la mentalità degli ebrei, la dipendenza totale del mondo da Dio non habisogno di essere creduta, perché appartiene già al loro modo di pensare:

– Dio è il Creatore (cfr 2 Mac 1,24-25; Gdt 9,12). Tuttavia i rapporti fracreazione ed Alleanza restano assai stretti.

– La fede in Dio creatore sostiene i momenti in cui l’Alleanza viene messaalla prova da vicende storiche avverse e se il ruolo dell’Alleanza fudeterminante per la formazione religiosa di Israele, quello della fede in unDio creatore lo fu certamente per la formazione religiosa del genere umanocome tale, di cui la stessa sacra Scrittura è testimone, almenonell’immagine di Dio trasmessa da alcuni libri sapienziali (Giobbe, Proverbi,Sapienza)». (TF, p. 68)

«Una corretta posizione della fede nella (o della rivelazione della) creazioneva valutata ricordando che l’affermazione che il Dio di Israele ha fatto ilcielo, la terra, il mare e tutte le cose che vi si trovano attraversa di fatto tuttala Scrittura.

Essa è come un ritornello costante nelle sue pagine (cfr Es 20,11, Ne 9,6),in particolare nel libro dei Salmi (cfr Sal 23,1-2; 88,12; 113,15; 146,6; ecc.).

Nel NT Gesù stesso utilizzerà questa medesima espressione per rivolgersial Padre: Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra? (Mt 11,25,ecc.)» (TF, p. 68).

«Nella storia delle religioni il caso di un’Alleanza fra un popolo monoteista ela sua divinità suprema non ha precedenti al di fuori della religione diIsraele». (TF, p. 72).

«In senso generale, il termine Alleanza indica un patto bilaterale fra duepersone, stabile nel tempo, stipulato con un carattere di solennità davanti aDio e al popolo; nella sua prassi vi troviamo spesso un pasto comune, unbanchetto, associato ad un atto di culto, ovvero ad un sacrificio, che divieneun modo per sanzionare il carattere sacro dell’Alleanza stessa». (TF, p. 73)

2. Noè - Alleanza/Benedizione

«Facendo astrazione dal primitivo rapporto con Dio dei nostri progenitori –in qualche modo anch’esso riconducibile alla categoria dell’Alleanza è conla figura di Noè che la Rivelazione introduce in modo più esplicito talecategoria.

Nel contesto del nuovo ordine cosmico immediatamente successivo aldiluvio universale, l’ Alleanza di Dio con Noè assume il carattere di unagrande benedizione che sancirà la fedeltà del cosmo all’ordine stabilito daDio. Noè non è tuttavia chiamato a compiere specifiche promesse in talepatto. L’idea che l’umanità non debba ora più percorrere i cammini dellacorruzione e della malvagità, causa del castigo divino, resta però implicita intutto il contesto (cfr. Gen 9)» (TF, p. 75).

3. Abramo - Alleanza/Elezione

«E tuttavia con la vocazione di Abramo quando l’Alleanza si radica, e le suepromesse e le sue esigenze si fanno progressivamente più esplicite.L’Alleanza viene collegata alla sua elezione come capostipite di un grandepopolo». (TF, p. 75)

«Farò di te un grande popolo e ti benedirò,renderò grande il tuo nome». (Gn 12,2)

4. Mosè - Alleanza/Promessa

«Il contesto biblico più profondo e più solenne della rivelazione di Dio comeDio dell’Alleanza è quello dell’Esodo.

Con la sua rivelazione a Mosè e la liberazione di Israele dalla schiavitùdell’Egitto, le promesse divine progrediscono verso il loro compimento e sicollocano in continuità con i giuramenti fatti ad Abramo, Isacco, Giacobbe(cfr Es 2,24; Lv 26,42).

Il contenuto dell’ Alleanza-promessa

– si arricchisce con l’impegno di introdurre Israele in una terra promessa

– e soprattutto, l’Alleanza viene associata alla consegna della Legge: gliisraeliti si impegneranno a vivere il Decalogo solennemente consegnatoda Iahvè, e Iahvè si impegnerà a spianar loro il cammino verso Canaan(cfr Es cc. 19-24).

– L’Alleanza stipulata fra Dio e il suo popolo è ratificata dal banchettosacrificale della cena pasquale che precede l’uscita dall’Egitto (cfr.Es 12,1-14) e, nel contesto della grande teofania che accompagna laconsegna della legge, da un pasto consumato sul monte Sinai (cfr.Es 24,10-11)». (TF, p. 76)

«Così riepiloga il Deuteronomio il valore della legge nell’Alleanza sinaitica.

“Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore vostro Dio haordinato di insegnarvi, perché le mettiate in pratica nel paese in cui stateper entrare per prenderne possesso; perché tu tema il Signore tuo Dioosservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuofiglio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti do e così sia lunga latua vita. Ascolta, o Israele, e bada di metterli in pratica, perché tu sia felicee cresciate molto di numero nel paese dove scorre latte e miele, come ilSignore, Dio dei tuoi padri, ti ha detto” (Dt 6,1-3).

La legge può considerarsi come figlia primogenita dell’Alleanza e restasostanzialmente legata a due dati basilari: l’amore su cui si fonda e lasantità verso cui indirizza». (TF, pp. 76-77)

5. Lo sviluppo storico - Davide e la sua discendenza

«Una volta consolidata la presenza di Israele nella terra promessa, Daviddiviene protagonista di un rinnovo dell’Alleanza di Iahvè con il popolo eletto(cfr 2 Sam 7). Anche in questo caso risaltano i caratteri della gratuità, siaper il modo con cui avviene l’elezione di David (cfr 1 Sam 16,10-12), sia perla sproporzione fra ciò che David offrirà e ciò che Dio gli prometterà (cfr.2 Sam 7,1-16)».

«A partire dal regno di David, le promesse-benedizioni divine si colleganoesplicitamente ad una dinastia, appunto quella di David. È la promessa diun discendente/discendenza grazie al/ alla quale il regno di Israele non avràmai fine e sarà stabile per sempre. La rivelazione di Dio e la sua nuovabenedizione vengono poste in continuità con la liberazione dall’Egitto e lacostituzione di Israele come popolo di Dio (cfr 2 Sam 7,22-25)» (TF, p. 78).

6. I profeti - La promessa di una Alleanza nuova, interiore

«Con il ministero profetico di Geremia e di Ezechiele nel periodo dell’esiliobabilonese, torna alla ribalta il tema dell’Alleanza, ma questa volta con lapromessa di una Alleanza nuova, interiore, legata all’adempimento dellalegge nel proprio animo ed al rinnovamento dei cuori (cfr Ger 31,31-33;Ez 36,26-27).

Anche in questi contesti non mancano i caratteri della gratuità divina: èIahvè che scriverà questa legge nei cuori, è Iahvè che rimuoverà un cuoredi pietra per donare un cuore di carne ed infondere nei suoi eletti il suostesso Spirito». (TF, p. 78).

7. La tradizione sapienziale - Preghiera, condotta morale e grandi temi

«Attraverso la parola sapienziale, la Rivelazione divina pare giungereall’uomo ed esprimersi secondo tre grandi ambiti.

– la rivelazione nella preghiera e per mezzo della preghiera,

– la rivelazione della condotta morale che occorre seguire per vivere inpienezza la propria umanità, ovvero il progetto creatore di Dio neiconfronti dell’uomo

– la rivelazione delle risposte ai grandi temi della vita umana:

– la vita– la morte– il male, ecc.»

«La tradizione sapienziale va considerata come una modalità coerente edunitaria di trasmissione della Parola divina.

– Essa non si identifica con la legge e, almeno per una certa parte deilibri in questione, vanta una antichità paragonabile a quella di altretradizioni storiche di Israele.

– Essa manifesta che la Parola di Dio può comprendersi anche prestandoascolto alle cose. Tale ascolto necessita raccoglimento e riflessione,anzi la parola stessa che viene ascoltata procede da tale riflessione».(TF p. 79)

La letteratura sapienziale realizza una sorta di incontro tra

• rivelazione cosmica

• e rivelazione storica

e così sembra preparare il futuro incontro tra

• la Tradizione semitica

• e quella filosofica del mondo greco

in vista della sintesi cristiana.

«Alcuni testi importanti, che gettano ulteriore luce su questo argomento,sono contenuti nel Libro della Sapienza.

In essi l’Autore sacro parla di Dio che si fa conoscere anche attraverso lanatura. Per gli antichi lo studio delle scienze naturali coincideva in granparte con il sapere filosofico. Dopo aver affermato che con la suaintelligenza l’uomo è in grado di “comprendere la struttura del mondo e laforza degli elementi [...] il ciclo degli anni e la posizione degli astri, la naturadegli animali e l’istinto delle fiere” (Sap 7, 17.19-20), in una parola, che ècapace di filosofare, il testo sacro compie un passo in avanti di granderilievo.

Ricuperando il pensiero della filosofia greca, a cui sembra riferirsi in questocontesto, l’Autore afferma che, proprio ragionando sulla natura, si puòrisalire al Creatore: “Dalla grandezza e bellezza delle creature, per analogiasi conosce l’autore” (Sap 13, 5).

Viene quindi riconosciuto un primo stadio della Rivelazione divina, costituitodal meraviglioso libro della natura, leggendo il quale, con gli strumentipropri della ragione umana, si può giungere alla conoscenza del Creatore»(Fides et ratio, n. 19).

«Quando la Chiesa entra in contatto con grandi culture precedentementenon ancora raggiunte, non può lasciarsi alle spalle ciò che ha acquisitodall’inculturazione nel pensiero greco-latino.

Rifiutare una simile eredità

sarebbe andare contro il disegno provvidenziale di Dio,

che conduce la sua Chiesa lungo le strade del tempo e della storia» (Fideset ratio, n. 72).

8. Cristo compimento della Rivelazione

«La migliore introduzione alla centralità del Verbo incarnato nell’economiadi tutta la parola divina è rappresentata dal solenne Prologo del vangelo disan Giovanni, letto alla luce delle sue risonanze veterotestamentarie:Giovanni 1,1-18» (TF, p. 89)

«La centralità cristologica della Rivelazione è così esposta dalla DeiVerbum:

“Dopo avere Iddio, a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei Profeti,‘alla fine, nei nostri giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio’ (Eb 1,1-2)”.

“Mando infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno che illumina tutti gli uomini,affinché dimorasse tra gli uomini e ad essi spiegasse i segreti di Dio (utintima Dei enarraret).

Gesù Cristo, dunque, Verbo fatto carne, mandato come uomo tra gli uomini,parla le parole di Dio (Gv 3,34) e porta a compimento l’opera della salvezzaaffidatagli dal Padre.

Perciò Egli, vedendo il quale si vede il Padre, con il fatto stesso della suapresenza e con la manifestazione di Sé, con le parole e con le opere, con isegni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la suaresurrezione di tra i morti, e infine con l’invio dello Spirito Santo, compie ecompleta la Rivelazione (Revelationem complendo perficit) e la corroboracon a testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalletenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna.

L’economia cristiana, dunque, in quanto è Alleanza nuova e definitiva nonpasserà mai e non è da aspettarsi nessun’altra rivelazione pubblica primadella manifestazione gloriosa del Signore nostro Gesù Cristo” (n. 4)

«La Rivelazione divina ha nell’evento del Cristo la sua pienezza

• tanto nel modo di realizzarsi

• come nella portata del contenuto.

Cristo è la parola definitiva e più perfetta che Dio dirige all’umanità.

• Non soltanto perché, in quanto parola incarnata, è la parola piùcondiscendente pronunciata da Dio in favore dell’uomo

• ma anche perché interpreta, decodifica e rivela il vero senso di ognialtra parola pronunciata da Dio.

In Cristo, la parola divina trova

• non solo la sua pienezza noetica (cioè la più alta rivelazione del suocontenuto concettuale)

• ma anche la sua pienezza ermeneutica (cioè la rivelazione del suo verosignificato e del suo senso).

Si tratta di una centralità che abbraccia tutto l’orizzonte storico-salvifico,perché interessa tutte le grandi categorie della rivelazione biblica:

• dall’ elezione

• alla promessa

• dall’ Alleanza

• alla legge

• dalla creazione

• alla redenzione.

Questa singolarissima posizione del Cristo nell’economia della Rivelazionefa sì che in lui si realizzi la logica di un universale concretum: unaconoscenza ed una salvezza normative, di carattere universale, si compiononella concretezza e nella cornice visibile di un evento storico determinato.

L’ineffabilità, l’inconoscibilità e l’universalità di Dio si concretanomisteriosamente nella storia e nel tempo nel mistero del Cristo. Ciò che peril pensiero filosofico resterebbe un paradosso, cioè la coincidenza diuniversale e di concreto diviene la legge fondamentale dell’economia dellaRivelazione» (TF, pp. 90)

Sintesi

– «La creazione sussiste in Cristo ed è stata fatta in vista di Cristo: lamanifestazione di Dio attraverso il cosmo è una certa preparazionedell’incarnazione della parola divina, e quindi preparazione di Cristo;

– l’umanità di Cristo è pienezza della creazione, è la realtà creata più perfettae più rivelatrice della grandezza di Dio;

– in Cristo si rende già possibile la logica di una nuova creazione, che egliinaugura e conduce misteriosamente al suo compimento escatologicomediante la sua resurrezione gloriosa.

– la creazione, nel suo sviluppo storico, ha raggiunto nel misterodell’Incarnazione la sua pienezza dei tempi, il suo punto focale: a partire daCristo è possibile leggere il senso cui la storia tende, interpretare il suopassato e comprendere la logica del suo futuro».

(TF, p. 91).

I - 11. Rpporto tra Rivelazione e verità

«Inoltre, i Padri sinodali hanno messo in evidenza come al tema dell’ ispirazionesia connesso anche il tema della verità delle Scritture.

Per questo, un approfondimento della dinamica dell’ ispirazione porteràindubbiamente anche ad una maggior comprensione della verità contenuta neilibri sacri.Come afferma la dottrina conciliare sul tema, i libri ispirati insegnano la verità:

“Poiché dunque tutto ciò che gli autori ispirati o agiografi asseriscono è daritenersi asserito dallo Spirito Santo, si deve dichiarare, per conseguenza, che ilibri della Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità,che Dio per la nostra salvezza volle fosse consegnata nelle sacre Lettere. Infatti,‘tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere eformare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato perogni opera buona’ (2Tm 3,16-17gr.)” (Dei Verbum, n. 11)».

(Benedetto XVI, Verbum Domini, n. 19)

I - 12. Rapporto tra Rivelazione e salvezza

«Con la divina Rivelazione Dio volle manifestare e comunicare se stesso e idecreti eterni della sua volontà riguardo alla salvezza degli uomini, “per renderlicioè partecipi di quei beni divini, che trascendono la comprensione della menteumana” (Dei Filius, cap. 2).

Il santo Concilio

• professa che “Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciutocon certezza con il lume naturale dell’umana ragione a partire dalle cosecreate” (cfr. Rm 1,20);

• ma insegna anche che è merito della Rivelazione divina se “tutto ciò chenelle cose divine non è di per sé inaccessibile alla umana ragione, può,anche nel presente stato del genere umano, essere conosciuto da tuttifacilmente, con ferma certezza e senza mescolanza d’errore” (ibidem)».

(Dei Verbum, n. 6)

I - 13. Pienezza singolare e assoluta della autocomunicazione

di Dio agli uomini in Cristo

«È anche ricorrente la tesi che nega l’ unicità e l’universalità salvifica del misterodi Gesù Cristo. Questa posizione non ha alcun fondamento biblico.Infatti, deve essere fermamente creduta

• come dato perenne della fede della Chiesa, la verità di Gesù Cristo, Figlio diDio,

• Signore e unico salvatore, che nel suo evento di incarnazione, morte erisurrezione ha portato a compimento la storia della salvezza, che ha in luila sua pienezza e il suo centro.

Le testimonianze neotestamentarie lo attestano con chiarezza:

– “Il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo” (1 Gv 4,14);

– “Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo” (Gv 1,29)».

(Dominus Iesus, n. 13)

– Nel suo discorso davanti al sinedrio, Pietro, per giustificare la guarigionedell’uomo storpio fin dalla nascita, avvenuta nel nome di Gesù (cf. At 3,1-8),proclama: “In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agliuomini sotto il cielo nel quale dobbiamo essere salvati” (At 4,12).

– Lo stesso apostolo aggiunge inoltre che Gesù Cristo “è il Signore di tutti”;

– “è il giudice dei vivi e dei morti costituito da Dio”;

– per cui “chiunque crede in lui ottiene la remissione dei peccati per mezzodel suo nome” (At 10,36.42.43).

– Paolo, rivolgendosi alla comunità di Corinto, scrive: “In realtà anche se cisono cosiddetti dèi sia nel cielo sia sulla terra, e difatti ci sono molti dèi esignori, per noi c’è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene, e noisiamo per lui; e c’è un solo Signore, Gesù Cristo, in virtù del quale esistonotutte le cose e noi esistiamo grazie a lui” (1 Cor 8,5-6).

– Anche l’apostolo Giovanni afferma: “Dio infatti ha tanto amato il mondo dadare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, maabbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare ilmondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3,16-17)».

(Dominus Iesus, n. 13)

– «Nel Nuovo Testamento, la volontà salvifica universale di Dio vienestrettamente collegata all’unica mediazione di Cristo: “[Dio] vuole che tuttigli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità. Uno solo,infatti, è Dio e uno solo il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù,che ha dato se stesso in riscatto per tutti” (1 Tm 2,4-6)».

«Questo patrimonio di fede è stato riproposto dal recente Magistero dellaChiesa:

“Ecco, la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto (cf. 2 Cor 5,15), dàall’uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza perché egli possa rispondere allasuprema sua vocazione; né è dato in terra un altro nome agli uomini in cuipossano salvarsi (cf. At 4,12). Crede ugualmente di trovare nel suo Signore eMaestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana” (Gaudium et spes,n. 10).

Deve essere, quindi, fermamente creduto come verità di fede cattolica che lavolontà salvifica universale di Dio Uno e Trino è offerta e compiuta una volta persempre nel mistero dell’incarnazione, morte e risurrezione del Figlio di Dio».

(Dominus Iesus, nn. 13-14)