Introduzione alla Responsabilità Sociale D’ Impresa

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Introduzione alla Responsabilità Sociale D’ Impresa Corso in Responsabilità Sociale d’Impresa – AA 2011-2012 Docente- Prof. Valentina Gentile

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Corso in Responsabilità Sociale d’Impresa – AA 2011-2012 Docente- Prof. Valentina Gentile. Introduzione alla Responsabilità Sociale D’ Impresa. Cos’è la business ethics ?. - PowerPoint PPT Presentation

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Introduzione alla Responsabilità Sociale D’ Impresa

Corso in Responsabilità Sociale d’Impresa – AA 2011-2012 Docente- Prof. Valentina Gentile

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Cos’è la business ethics?

Per «etica degli affari» (Business Ethics) si intende l’etica applicata alle attività economiche (Marcoux 2008).

Sotto tale categoria rientrano contributi provenienti da numerose discipline, tra cui il diritto (civile, del lavoro e internazionale dell’economia), la teoria dell’impresa, l’economia politica e la filosofia morale. 

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Etica applicata

L’etica applicata nasce quale applicazione di principi e regole morali alla disciplina medica (etica medica), successivamente estesa a vari ambiti della tecnologia e della scienza. Il suo scopo è di promuovere una riflessione etica strettamente agganciata alle questioni particolari, diversa da un approccio generale o fondamentale (come nel caso della teoria normativa e della metaetica).

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Etica degli affari L’etica degli affari è, dunque, la forma di etica

applicata che esamina il mondo del business. Essa consta di due componenti: l’una, eminentemente empirica, l’altra teorico-filosofica.

1. La prima applica tecniche, spesso mutuate da finanza, marketing ed altri ambiti della teoria d’impresa, per studiare questioni relative al comportamento di imprese e di soggetti del mondo della finanza;

2. la seconda intende offrire una prospettiva teorica generale avente ad oggetto il rapporto tra i principi liberali dell’economia e l’autonomia individuale.

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 Gli Ambiti dell’Etica degli Affari E’ possibile distinguere tre livelli di

applicazione dell’etica degli affari:

i. livello micro concerne le regole per lo scambio equo tra individui,

ii. livello meso concentra l’attenzione sull’impresa (corporation)

iii. livello macro comprende le regole culturali e istituzionali per il commercio di una società intera

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Responsabilità Sociale D’Impresa

L’espressione Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) descrive la relazione tra le imprese, intese come maggiori attori economici, e la società.

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Etica e impresa: minimalismo morale

Negli anni Sessanta, l’economista Milton Friedman sostenne che l’unica responsabilità sociale dell’impresa consiste nell’ "usare le sue risorse e dedicarsi ad attività volte ad aumentare i propri profitti a patto che essa rimanga all’interno delle regole del gioco, il che equivale a sostenere che competa apertamente e liberamente senza ricorrere all’inganno o alla frode (Friedman 1962)" . 

La tesi di Friedman, "minimalismo morale" (Freeman and Werhane 2005), ha dato origine ad una vasta letteratura relativa all’etica degli affari concernente l’estensione e il contenuto della responsabilità sociale dei soggetti economici

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Teoria degli stakeholder

La risposta teorico- concettuale al minimalismo morale è data negli anni 80 dalla “teoria degli stakeholders” (Freeman, Donaldson)

Il nuovo approccio propone una visione più ampia che vede l’impresa responsabile verso un ampio gruppo di portatori di interesse (stakeholder) che include fornitori, clienti, azionisti e comunità locale. Secondo Freeman, rientrano in questo gruppo tutti gli individui o gruppi che hanno "un interesse legittimo o una pretesa legittima sull’impresa.

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Evoluzione della nozione della RSI

Il concetto di RSI nasce negli Stati Uniti nella seconda metà del Novecento.

 Bowen, Social Responsibilities of the Businessman del 1953: primo lavoro in cui sia possibile rintracciare il fondamento etico della nozione contemporanea di RSI. Bowen, definito da alcuni come il "padre della RSI" , descrive gli attori economici come vincolati sul piano morale a promuovere quelle politiche economiche e pratiche di comportamento "desiderabili" per la società.

Anni successivi: studi che individuano nella figura dell’attore economico (businessman) il soggetto cui imputare la responsabilità sociale delle proprie azioni, mentre l’oggetto principale riguarda i rapporti tra mondo degli affari e la società.

1960, Keith Davis collega la RSI a quelle azioni e decisioni poste in essere dall’uomo d’affari e che non sono strettamente connesse al suo diretto interesse economico. Frederick afferma invece che la responsabilità sociale impone all’uomo d’affari di tener conto nelle proprie operazioni in campo economico delle esigenze della società

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1967, l’impresa compare per la prima volta associata alla società nella definizione di responsabilità sociale, nel libro di Clarence C. Walton, Corporate Social Responsibilities. Secondo Walton, la nozione di responsabilità sociale riconosce l’intimo legame esistente tra l’impresa e la società e impone agli attori economici di considerare questo legame nelle operazioni economiche. 

Anni Settanta : RS diviene più specifica ed è approfondito il ruolo dell’impresa come attore economico responsabile nei confronti della società; sono, dunque, questi gli anni in cui avviene il passaggio dalla responsabilità sociale alla RSI.

1976, H. Gordon Fitch definisce la RSI come capacità dell’impresa di risolvere problemi sociali, ponendo dunque l’accento sulla distinzione tra problemi sociali e questioni economiche

1979, quando Carroll offre una definizione di RSI che supera la mera idea di profitto e di obbedienza alle leggi statali. Secondo Carroll la RSI esprime tutte le aspettative economiche, legali, etiche e discrezionali della società nei confronti dell’impresa.

anni Ottanta: l’impresa e le questioni connesse alla responsabilità sociale assumono una posizione centrale nell’etica degli affari.

Anni Novanta: i maggiori studi empirici volti a testare le performance della responsabilità dell’impresa. La prima e più rilevante risposta a carattere normativo è la teoria degli stakeholder, formulata per la prima volta da Freeman nei primi anni Ottanta.

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Stakeholder Theory

L’espressione stakeholder è oggi di uso comune nelle pratiche associate alla RSI ed è divenuto uno standard nel monitoraggio della performance sociale dell’impresa. introduzione di un nuovo soggetto in ambito economico: i portatori di interessi legittimi (stakeholder). La teoria degli stakeholder sostiene che l’obiettivo di ciascuna impresa è, o dovrebbe essere, rivolto alla soddisfazione delle aspettative di tutti gli individui o gruppi portatori di interessi legittimi nei confronti dell’impresa (Freeman e Werhane 2005). 

"Il vero obiettivo dell’impresa [e dunque dei suoi dirigenti] è di servire come veicolo per coordinare gli interessi degli stakeholder. E’ attraverso l’impresa [ed i suoi dirigenti] che ciascun gruppo di stakeholdermigliora la propria posizione attraverso uno scambio volontario.[…] ognuno di questi gruppi di stakeholderha il diritto di non essere trattato come un mezzo per qualche fine, e pertanto deve partecipare della direzione futura dell’impresa in cui ha interesse."

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Stakeholders Gli stakeholder possono essere definiti non solo come quei gruppi o

individui che traggono vantaggio o svantaggio dalle attività dell’impresa, ma anche come portatori di determinati diritti (Freeman e Werhane 2005).

per poter determinare come un’ impresa dovrebbe comportarsi in situazioni specifiche, occorre identificare ciascuna delle parti con cui l’impresa interagisce e tutti gli interessi in gioco. Generalmente, il gruppo degli stakeholder include lavoratori, dirigenti, proprietari (shareholder), consumatori, clienti e la comunità locale. 

Il ruolo svolto dagli stakeholder è duplice: le pretese di cui essi sono portatori costituiscono i limiti alla legittimità

aziendale, nel senso che indicano lo scopo e la priorità dell’impresa stessa; il focus sugli stakeholder implica un rapporto di responsabilità e fiducia

reciproca tra i vari stakeholder. A tal proposito, alcuni autori notano che le relazioni tra stakeholder introducono ulteriori obblighi relativi all’organizzazione aziendale stessa

Un’impresa ha obblighi nei confronti dei suoi lavoratori in quanto esseri umani. I lavoratori, invece, hanno degli obblighi derivanti dal ruolo che rivestono all’interno dell’impresa oltre che generali obblighi morali che vincolano le relazioni tra individui e tra lavoratori e l’impresa . La teoria degli stakeholder costruisce un fitto reticolato di relazioni fiduciarie all’interno e fuori dell’impresa che vincola l’impresa verso i suoi stakeholder e viceversa. 

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Due problemi:

Secondo alcuni, la teoria degli stakeholder rischia di non risolvere un problema morale di fondo legato all’attività dell’impresa. In altre parole, sarebbe possibile pensare ad un’ impresa, che pur rispettando i vincoli posti tra tutti gli stakeholder, pratichi attività economiche non accettabili da un punto di vista morale. In verità, la teoria degli stakeholder sin dalle sue prime formulazioni (Edward 1984) presuppone il riferimento alla teoria morale Kantiana. In tale prospettiva, poiché le relazioni tra stakeholder sono relazioni tra individui o gruppi di individui, si presuppone che ogni decisione presa per il proprio interesse sia vincolata all’eguale rispetto per le persone e per i diritti di ciascuno. Ed in uno schema sano di accordo tra gli stakeholder, gli individui dovrebbero mantenere una certa autonomia nel valutare dal punto di vista etico le attività dell’impresa

La seconda critica alla teoria si sofferma sul rapporto fiduciario tra stakeholder . Secondo Goodpaster, ad esempio, l’approccio multi-fiduciario degli stakeholder non tiene conto delle differenze relazionali esistenti tra i vari soggetti. In particolare, il rapporto tra dirigenti (manager) e azionisti/proprietari (shareholder) dell’impresa sarebbe diverso e più forte di quello tra dirigenti e altri stakeholder, e dunque in caso di conflitto la prima relazione avrebbe priorità sulle altre (Goodpaster 1991). In realtà, oltre al fondamento Kantiano, la teoria degli stakeholder introduce uno schema normativo volto ad eliminare la possibilità di conflitti in tal senso.

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Visione del contratto Rawlsiano Nel 1994, Freeman e Evan offrono una formulazione

della teoria basata sulla teoria Rawlsiana del contratto sociale (Freeman e Evan 1994a ; Rawls 1971). Nella nuova formulazione il principio di eguaglianza dei contraenti è garantito dal ricorso al "velo d’ignoranza" Rawlsiano, secondo cui i contraenti/stakeholder non conoscono "quali interessi particolari realmente hanno nell’impresa" (citato in D’Orazio 2003, p.22). Questo sistema consente ai due filosofi di ritenere che tutti i contraenti sarebbero motivati a scegliere quei principi che regoleranno le attività dell’impresa che garantiscano il massimo livello di profitto compatibile con le maggiori garanzie sociali per gli altri stakeholder. 

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La teoria degli stakeholder rappresenta la risposta più incisiva al minimalismo morale della responsabilità d’impresa tipico dell’approccio economico liberale. Come si è detto, questa teoria ha il pregio di introdurre la questione dell’impatto sociale delle attività economiche dell’impresa senza sottovalutare l’importanza delle questioni economiche di crescita dei profitti e sviluppo dell’impresa. La teoria, infatti, si basa sull’assunzione che l’impresa crea valore per gli stakeholder non meno di quanto ciascun gruppo di stakeholder faccia nei confronti dell’impresa, ed è questo meccanismo di reciproco scambio che permette all’impresa, intesa come organizzazione, di crescere in maniera sana. 

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Teoria dei contratti sociali integrativi Evidente è il richiamo alla teoria filosofico-politica del

contrattualismo, tuttavia la formula contrattualistica è riproposta per spiegare e giustificare lo "status" delle imprese all’interno della società piuttosto che le regole di costituzione delle imprese stesse.

 1982_ Donaldson aveva considerato la relazione tra mercato e

società nei termini del contratto sociale di tipo Lockeano (Donaldson 1982): esiste un implicito contratto sociale tra società e impresa. In particolare, dal momento in cui un’impresa è autorizzata dalla società ad operare in una determinata comunità, assume degli obblighi verso di essa. Questi costituiscono il fondamento del contratto tra impresa e società (Freeman e Werhane 2005, p. 559).

Se per un verso la società si impegna a consentire il libero agire economico dell’impresa, per altro, l’impresa deve impegnarsi a rispettare le aspettative della società, che, secondo Donaldson, riguardano il miglioramento del benessere generale attraverso "la soddisfazione dei consumatori ed il rispetto degli interessi dei lavoratori“. 

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Nel 1994, Donaldson e Dunfee hanno ripreso la teoria del contratto sociale applicata al rapporto tra società e impresa offrendone una versione più matura, la teoria dei contratti sociali integrativi.

La nuova teoria ha lo scopo di integrare la prima formulazione del 1982 e superarne i limiti. Questo obiettivo è raggiunto attraverso la scomposizione dell’accordo tra società e impresa in due fasi contrattuali distinte:

la prima fase generale, il macrocontratto sociale, garantisce lo standard morale per ogni contrattazione sociale;

la seconda, i successivi micro contratti sociali, garantisce l’autonomia dei membri delle singole comunità economiche di specificare le proprie regole di condotta interne.

Secondo i due filosofi, infatti, è possibile ritenere che una comunità di individui razionali accetterebbe un ipotetico contratto sociale (macrosocial contract) generale, che lasci alle singole comunità economiche locali un significativo spazio di libera scelta morale ("moral free space") entro cui sia possibile generare delle norme proprie di condotta economica attraverso contratti sociali più ristretti (microsocial contracts).

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Corporate sustainability L’idea di sostenibilità d’impresa (SI) è emersa nella letteratura sull’

etica degli affari a partire dalla metà degli anni Novanta, come conseguenza della convinzione comune che l’indagine sullo sviluppo sostenibile dovesse coinvolgere anche le imprese.

Sin dai primi studi è emersa l’esigenza di definire i termini e le modalità dell’inclusione del concetto di sostenibilità nell’analisi d’impresa.

Nel 1995, un primo gruppo di autori ha affrontato questo problema tentando di introdurre la prospettiva ecologica nelle dinamiche aziendali. Starik e Rands hanno suggerito un approccio "multi-livello e multi-sistema" in grado di includere elementi ecologici, culturali, politico-economici, organizzativi e individuali, e hanno descritto le caratteristiche di organizzazioni ecologicamente sostenibili in relazione a ciascun livello . Shrivastava ha ricondotto i quattro aspetti dello sviluppo sostenibile (controllo sulla popolazione, sicurezza alimentare, gestione delle risorse naturali e creazione di economie sostenibili) a quattro meccanismi tipici dell’impresa (qualità di gestione ambientale, strategie competitive sostenibili, trasferimento di tecnologie e controllo dell’impatto sulla popolazione). In questo schema, gli aspetti ecologici hanno una certa priorità per l’impresa rispetto agli altri fattori, tra cui sicurezza alimentare e controllo sulla popolazione . 

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Studi successivi hanno contribuito a chiarire e sviluppare ulteriormente la nozione di SI.E’ possibile riconoscere un crescente consenso circa una nozione di SI fondata su un’idea di gestione d’impresa che sia in grado di includere tre dimensioni, quella economica, quella sociale ed ambientale (Steurer et al. 2005). L’idea di fondo è che i tre pilastri (economico, sociale ed ecologico) siano legati l’un l’altro in modo da influenzarsi reciprocamente. 

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Rapporto RSI e SImentre la RSI si concentra sull’impresa, la sostenibilità introduce una nozione di

stakeholder più ampia, che tiene conto non solo della società ma anche delle comunità che potrebbero essere direttamente o indirettamente coinvolte nelle attività dell’impresa e dei suoi stakeholder e delle generazioni future.

Nel 2003, Marrewijk individua almeno tre possibili letture della relazione esistente tra RSI ed SI.

SI come un’evoluzione della RSI in quanto introduce una nozione una responsabilità allargata alla società nel suo complesso. Marrewijk fa riferimento ad un gruppo di studiosi che si sono concentrati sulla riformulazione della nozione di RSI nei termini diCorporate Societal Accountability (CSA), dove i due termini societal e accountability hanno lo scopo di introdurre una responsabilità verso la società nel suo complesso. 

introduce una relazione di tipo gerarchico tra RSI e SI. Marrewijk si riferisce alla proposta di alcuni ricercatori della Helsinki University of Technology, che considerano la SI come punto di arrivo di un percorso che passa necessariamente per la RSI come stadio intermedio in cui le imprese imparano a bilanciare le tre dimensioni economica, sociale ed ecologica.

è possibile considerare la SI e la RSI essenzialmente come sinonimi. In quest’ottica, se è vero che nel corso degli anni Novanta esisteva in letteratura una differenza di orientamenti tra studi che si concentravano sulla dimensione ecologica e quelli che si concentravano sulla dimensione sociale, oggi questi due ambiti sono intimamente correlati . 

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