Introduzione Al Buddhismo- I Tre Scopi_ 16-17-2013doc

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Introduzione al Buddhismo: i tre scopi 16-17 febbraio 2013 Corso tenuto dal Ven. Lama Tenzin Khenrab Rinpoche Traduttore Norbu Lamsang Oggi e domani farò un'introduzione all'insegnamento sul sentiero interiore buddhista, la spiegazione che vi darò sarà in relazione al sentiero graduale verso l'illuminazione dei tre differenti livelli dello scopo e sarà fatta dal punto di vista pratico, cioè di come si dovrebbe praticare, non sarà di tipo scolastico - studio delle definizioni, delle classificazioni, ecc. Prima cosa da chiarire è come si definisce se una persona è un praticante del sentiero interiore buddhista. Generalmente se la persona prende rifugio nei tre Oggetti del Rifugio è praticante del sentiero interiore buddista, dal punto di vista della motivazione il praticante dovrà, però, avere uno dei tre differenti livelli dello scopo: scopo piccolo, intermedio, superiore. Tre differenti livelli di scopo e di motivazione. Quale è la motivazione del praticante dello scopo piccolo? Di base pensa di realizzare un beneficio per sé, per la vita presente o per le proprie vite future. Ci sono questi due tipi di motivazione: se pratica per beneficiare la propria vita presente, è una motivazione mondana ordinaria; deve, invece, praticare per beneficiare le vite future, superando la preoccupazione per la vita presente. Beneficiare la propria vita futura è lo scopo corretto del praticante dello scopo piccolo. Bisogna, quindi, volersi liberare dagli stati inferiori di esistenza per rinascere nuovamente negli stati superiori. Questa è la motivazioni dello scopo piccolo. Bisogna chiarire bene questa motivazione del praticante dello scopo piccolo di voler beneficiare le vite future, rinunciando. Qualcuno potrebbe, infatti, intendere questa motivazione in modo erroneo: "allora non bisogna preoccuparsi della vita presente, la vita presente non è importante, tanto vale morire presto, magari suicidandosi... così si realizza subito la vita futura". Questa è un'interpretazione errata. Quando si dice preoccuparsi principalmente delle vite futura significa che il beneficio viene realizzato tramite le attività e le pratiche della vita presente, che diventa una base molto importante e favorevole per praticare. Quindi, i benefici per le vite future dipendono dalle pratiche positive effettuate durante la vita presente. Pensando di voler beneficiare le vite future automaticamente diamo valore alla vita 1

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Introduzione al Buddhismo: i tre scopi16-17 febbraio 2013Corso tenuto dal Ven. Lama Tenzin Khenrab RinpocheTraduttore Norbu Lamsang

Oggi e domani farò un'introduzione all'insegnamento sul sentiero interiore buddhista, la spiegazione che vi darò sarà in relazione al sentiero graduale verso l'illuminazione dei tre differenti livelli dello scopo e sarà fatta dal punto di vista pratico, cioè di come si dovrebbe praticare, non sarà di tipo scolastico - studio delle definizioni, delle classificazioni, ecc. Prima cosa da chiarire è come si definisce se una persona è un praticante del sentiero interiore buddhista. Generalmente se la persona prende rifugio nei tre Oggetti del Rifugio è praticante del sentiero interiore buddista, dal punto di vista della motivazione il praticante dovrà, però, avere uno dei tre differenti livelli dello scopo: scopo piccolo, intermedio, superiore. Tre differenti livelli di scopo e di motivazione. Quale è la motivazione del praticante dello scopo piccolo? Di base pensa di realizzare un beneficio per sé, per la vita presente o per le proprie vite future. Ci sono questi due tipi di motivazione: se pratica per beneficiare la propria vita presente, è una motivazione mondana ordinaria; deve, invece, praticare per beneficiare le vite future, superando la preoccupazione per la vita presente. Beneficiare la propria vita futura è lo scopo corretto del praticante dello scopo piccolo. Bisogna, quindi, volersi liberare dagli stati inferiori di esistenza per rinascere nuovamente negli stati superiori. Questa è la motivazioni dello scopo piccolo. Bisogna chiarire bene questa motivazione del praticante dello scopo piccolo di voler beneficiare le vite future, rinunciando. Qualcuno potrebbe, infatti, intendere questa motivazione in modo erroneo: "allora non bisogna preoccuparsi della vita presente, la vita presente non è importante, tanto vale morire presto, magari suicidandosi... così si realizza subito la vita futura". Questa è un'interpretazione errata. Quando si dice preoccuparsi principalmente delle vite futura significa che il beneficio viene realizzato tramite le attività e le pratiche della vita presente, che diventa una base molto importante e favorevole per praticare. Quindi, i benefici per le vite future dipendono dalle pratiche positive effettuate durante la vita presente. Pensando di voler beneficiare le vite future automaticamente diamo valore alla vita presente, comprendiamo l'importanza di praticare durante la vita presente. Questa è l'interpretazione corretta.Al contrario, continuare a preoccuparsi solo di voler beneficiare la vita presente non è favorevole perché prima o poi questa finisce, se ci comportiamo così viviamo una vita non significativa. Certamente dovremo vivere anche la vita presente felicemente, gioiosamente, positivamente. Ma con lo scopo di aiutare le vite future che arriveranno: così la vita presente avrà uno scopo, un significato. Questa è la motivazione del praticante dello scopo piccolo da praticare.Successivamente potremo praticare la motivazione del praticante dello scopo intermedio. Anche la sua motivazione è di tipo beneficiare sé stesso: lo scopo principale che vuole realizzare è la liberazione. Luogo da cui si vuole liberare è l'esistenza ordinaria samsara. Il praticante inizia a comprendere che la propria esistenza è della natura della sofferenza e vuole liberarsi. Ciò che vuole realizzare è lo stato della liberazione, Nirvana. Questa è la motivazione del praticante dello scopo intermedio.Successivamente passiamo a praticare la motivazione del praticante dello scopo superiore. Questi ha come oggetto di interessamento il liberare tutti gli esseri senzienti da tutte le sofferenze. E per questo vuole diventare completamente illuminato. Lo scopo da realizzare ha due aspetti: liberare tutti gli esseri senzienti dalle sofferenze e per realizzalo si deve diventare completamente illuminati, perché diventando completamente illuminati si potranno liberare tutti dalle loro sofferenze. Questa è la motivazione dello scopo superiore.

L’insegnamento proprio del buddhismo tibetano viene praticato preferibilmente con il terzo tipo di motivazione, quella dello scopo superiore. Nella vita reale se si sta effettivamente praticando questo

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tipo di insegnamento con la motivazione dello scopo superiore lo si saprà guardando dentro di sé, analizzando e capendo qual è la propria effettiva motivazione. Lo stesso vale per i praticanti del Tantra, che spesso praticano per la propria lunga vita, per la propria guarigione: questo tipo di motivazione non è dello scopo superiore. È completamente ordinaria, egoistica. Potranno continuare a praticare così per il resto della vita, ma sarà difficile ottenere un cambiamento positivo reale.È molto importante comprendere sin dall'inizio un punto: il motivo per cui praticare l'insegnamento del sentiero Buddhadharma. Si studia per potere cambiare positivamente la propria mente. Per cui gli insegnamenti spirituali non vanno trattati come cibi che si consumano quando si ha fame e quando uno è sazio smette. Dharma non è cibo. È un metodo che serve essenzialmente per cambiare lo stato della propria mente, per fare ciò ci vuole tempo e per tutto il tempo è necessario praticare, fin quando non si migliora realmente. Come anche nel Tantra, quando noi riceviamo delle iniziazioni e dei commentari, si pone la condizione di prendere degli impegni e dei voti. Bene, c'è un motivo: sono dei metodi che devono essere praticati continuamente, fin quando la mente sarà veramente cambiata.

Parlando del terzo livello della motivazione, la motivazione dell'interessamento altruistico, questa viene generata attraverso un metodo in cui inizialmente si praticano le motivazioni del grande amore e della grande compassione. A questo proposito, qualche volta i praticanti mostrano verso il Maestro devozione, umiltà, rispetto, attenzione. Sempre, però, solo quando il Maestro è presente. Come se attenzione, amore, consapevolezza dovessero essere praticati solo alla presenza del Maestro, mentre quando questi non c'è, verso gli altri esseri ci si comporta in modo arrogante, prepotente, invidioso e tante volte si sottovaluta, ignora o, nei casi più gravi, addirittura si danneggiano gli altri esseri senzienti. Le motivazioni dell'amore e della compassione non vanno praticate solo quando c'è il Maestro, ma in tutte le occasioni e in tutti i luoghi e nei confronti di tutti gli esseri senzienti. Non dobbiamo pensare che questo si riferisca a quelli che vivono molto lontano da noi. Tutti include anche gli esseri senzienti che vivono attorno a noi, vicini, qui, in questa sala, ad esempio. Possiamo praticare tra noi, reciprocamente, l'amorevole gentilezza e la compassione, proprio partendo dalle persone che ci sono vicine. Una, due, e poi lentamente possiamo estendere al numero più grande possibile. E sempre rispetto al tema del praticare l'amorevole gentilezza e la compassione, anche dal punto di vista del comportamento è necessario assumere sempre un atteggiamento di rispetto: non solo nei confronti del Maestro o in sua presenza. Va praticato soprattutto con gli esseri senzienti con cui uno convive quotidianamente, partendo dalle persone più vicine. Come dice l'insegnamento, ognuno è, in ultima analisi, il proprio maestro, per cui ognuno deve controllare e analizzare sé stesso. Noi praticanti del Centro, quando arrivano delle persone nuove dovremmo stare molto attenti ai nostri comportamenti. Qualche volta non viene data una spiegazione chiara, qualche volta viene data con atteggiamento arrogante. Mancano l'umiltà e il rispetto verso le persone nuove. Fra compagni di Dharma e quando arriva qualcuno di nuovo al Centro bisogna mantenere un atteggiamento umile, rispettoso e non essere ‘gasati’ e prepotenti, sottovalutare gli altri. Quando cresce il grano, se la cima della spiga è piena di chicchi tende a inclinarsi. Allo stesso modo, chi ha qualità e conoscenza ha un atteggiamento naturalmente umile e rispettoso verso gli altri. Se la cima della spiga è vuota, senza chicchi, rimane dritta come chi sa poco e rimane dritto perché ha la testa vuota. Quando abbiamo imparato qualcosa e sappiamo parlare e la gente comincia a mostrare rispetto, lì dovremo fare attenzione, fare la guardia a noi stessi altrimenti chi sa e riceve il rispetto degli altri, se non sta attento potrebbe aumentare il suo orgoglio ed ego. Per esempio, nel mio caso, benché io sia un praticante principiante cerco sempre di evitare di avere un atteggiamento arrogante, di orgoglio nei confronti delle persone che vengono a chiedermi consigli, che si prostrano di fronte a me. Quando nella vita aumentano le persone che ti lodano e ti rispettano è possibile incrementare l'ego e l'orgoglio. Prendiamo l'esempio del Dalai Lama, che ha migliaia di persone che gli offrono lodi, venerazione e prostrazioni: Sua Santità non assume mai atteggiamenti d'orgoglio. Quindi, dovremo fare sempre molta attenzione ai nostri comportamenti nei confronti degli altri.

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Così ora avete capito i tre livelli di motivazione dello scopo piccolo, intermedio e superiore.

Prendiamo, ad esempio, la pratica del primo livello della motivazione: voler rinascere nuovamente nelle vite future in uno stato superiore di esistenza evitando di cadere nei reami inferiori . Una rinascita favorevole positiva negli stati superiori non la si ottiene solamente desiderando o chiedendo: questi sono effetti che dipendono dalle cause e le cause vengono accumulate durante la vita. E, quindi, nella vita presente si ha questa responsabilità nei confronti delle proprie vite future. Qui subentra automaticamente il discorso della relazione causa-effetto karma. Ciò che va meditato, dunque, è la relazione causa-effetto e ciò che va praticato sono le cose positive per creare le cause per ottenere quel risultato positivo. Però questa pratica non è esclusiva dei praticanti dello scopo piccolo, è comune anche a chi pratica lo scopo superiore, perché noi sappiamo che chi pratica lo scopo superiore ha come obiettivo diventare illuminato per beneficiare tutti gli esseri senzienti e anche quel praticante deve meditare il karma, la relazione causa-effetto. Successivamente noi abbiamo il praticante dello scopo intermedio. Sappiamo che il suo scopo non è solo evitare di rinascere nei reami inferiori, ma liberarsi dal samsara e raggiungere lo stato di Nirvana. Per questo avrà cose da meditare e da praticare e anche queste non sono esclusive del praticamente dello scopo intermedio, ma sono comuni a quello dello scopo superiore: ugualmente il praticante dello scopo superiore dovrà meditare e praticare cose che vanno meditate e praticate dal praticante dello scopo intermedio.Rispetto alla motivazione dello scopo intermedio vi avevo detto all'inizio che se si pensa di realizzare il Nirvana per beneficiare sé stessi, questa è pura motivazione dello scopo intermedio. Però il praticante dello scopo superiore dovrà ugualmente praticare per liberare gli esseri senzienti dal samsara e condurli nel Nirvana e, quindi, apparentemente, la sua motivazione assomiglia a quella dello scopo intermedio. Ma non è una motivazione puramente di scopo intermedio.Il primo livello della motivazione, dicevamo, è quello relativo allo scopo piccolo. In relazione a esso abbiamo una meditazione importante: il concetto del karma, ovvero, della relazione causa- effetto. Meditare sul karma indica che c’è responsabilità individuale, non indica che ciò che succede nella propria vita dipende dagli altri, bensì che la responsabilità è individuale, personale. Abbiamo due punti: il primo è che la relazione causa-effetto ha una spiegazione perfettamente logica; il secondo è che diciamo "non c'è inizio". Questa è una risposta intelligente ma anche furba, perché se diciamo che non c'è un inizio assoluto, questo ci evita altri problemi. Se, per esempio, sosteniamo che il mondo ha avuto una certa data di inizio, allora sorge la domanda: "e quello, a sua volta, da dove ha avuto inizio?". Invece se sosteniamo che la nostra esistenza è un'esistenza ciclica, un'esistenza ciclica non ha inizio. Risolto il problema! Non è così? Ecco che il discorso sul karma è finito! Sostenere la mancanza di un inizio assoluto di per sé ha una spiegazione logica. Sostenendo questo principio riusciamo a dare spiegazione a mille cose che succedono durante l'esistenza. Altrimenti se noi sosteniamo che la relazione causa-effetto ciclica torna indietro a ritroso e, a un certo momento, poniamo un punto di inizio assoluto o di questa o del samsara, resta sempre la domanda: "ma prima non ci sono samsara o relazione causa-effetto?". Quindi non si risolve il problema! Come possiamo indicare un punto d'inizio assoluto da dove il karma e il samsara cominciano? Parlando del karma abbiamo la sua causa e il suo effetto. Tornando indietro a ritroso, l'effetto precedente dipende dalla causa precedente e così via all'indietro, e non si può trovare punto d'inizio assoluto. Così capiamo che la nostra esistenza ciclica, questa relazione di concatenazione va avanti da tanto tempo: non è una cosa successa recentemente, una o due vite fa. Ci fa pensare che è una cosa ciclica che si ripeteva già da tanto tempo. E ci aiuta a capire perché, ad esempio in questa vita presente, abbiamo un certo tipo di relazione con le persone: con alcuni buona, con altri cattiva. Tutto questo si spiega col karma. Il fatto che alcune persone ci danneggino nella vita presente si spiega col fatto che erano state da noi danneggiate precedentemente e, quindi, c'è un effetto di ritorno. Anche perché se non sosteniamo questa concatenazione del karma e non sosteniamo la mancanza di un inizio assoluto del samsara, e dovessimo, per ipotesi, dire che la nostra vita presente

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è iniziata da quando siamo nati, non saremmo in grado di spiegare con la relazione causa-effetto i comportamenti positivi o negativi degli altri nei nostri confronti. Qualcuno potrebbe dire: "io non ho fatto niente di male verso quella persona. È allora perché continua a danneggiarmi?". Non c'è spiegazione. Mentre, invece, se noi sosteniamo la concatenazione della relazione causa-effetto e l'esistenza ciclica senza inizio, ecco che allora possiamo spiegare che molto probabilmente anche se magari non ho danneggiato quella persona nella vita precedente questo sarà sicuramente accaduto in una delle tante vite passate. E ora l'effetto torna su di me. C'è una spiegazione. E siccome esiste questo principio del karma, ecco perché nella vita noi possiamo sperimentare tanti tipi di esperienze, tantissime sofferenze: per questo principio della relazione causa-effetto, la cui responsabilità è individuale, personale. Non dipende da qualcuno esterno a noi. Non sono gli altri a riempirci di sofferenze. La ragione per cui noi le sperimentiamo è perché noi stessi siamo perfettamente pronti a farlo! Ci presentiamo dalla nostra parte pronti, con tutte le condizioni favorevoli e potenzialità per sperimentare le sofferenze. Infatti chi non ha dalla parte propria il seme potenziale, la predisposizione, non soffre e non è possibile che altri lo facciano soffrire, perché da parte propria non ha né semi né condizioni. Gli altri sono cause secondarie, mentre il seme, la causa principale della sofferenza siamo noi. Quando i semi e le condizioni sono presenti l'effetto maturerà. Come un seme che, lasciato su una pietra, non potrà far sviluppare la pianta, allo stesso modo se una persona da parte propria non si presenta coi semi potenziali della sofferenza, non è possibile che la viva. Ecco perché la ragione principale per cui uno soffre è che, per la relazione causa-effetto, ha costruito e accumulato le cause. Per cui, restando su questo principio del karma, l'effetto è che nella nostra vita maturano le sofferenze e la causa principale è in ognuno di noi, accumulata individualmente. Quindi, avendo dalla parte propria le cause principali e predisposizioni, quando si incontreranno delle cause favorevoli, naturalmente maturerà l'effetto-risultato della sofferenza. Esempio: se qualcuno ci bastona sulla testa noi normalmente proviamo dolore. Questo dolore che proviamo è un dolore determinato dal bastone? Il bastone è solo una condizione per far matura il dolore. La causa principale di quel dolore che, essendo una sensazione, è individuale, non viene da fuori, matura dentro di noi. Quella sensazione, benché provocata temporaneamente dal bastone, la si prova perché c'era dentro di noi il seme potenziale per sperimentarla. Se non ci fosse il seme potenziale, non proveremmo quel dolore.

Come ho detto all'inizio, la nostra meditazione è dal punto di vista pratico, dal punto di vista degli aspetti essenziali, e non dal punto di vista scolastico delle definizioni e delle classificazioni. Ad esempio, sul karma ci sono quattro punti principali che parlano di certezza del karma, del suo incrementarsi, del fatto che se non accumuli le cause non incontri l'effetto e, infine, che se non elimini quella causa prima o poi il suo effetto maturerà. Come va praticato tutto questo? Quante volte nella nostra vita ricevendo degli insulti reagiamo con rabbia? Ma a volte lo stesso insulto viene rivolto a qualcun altro che non reagisce con la stessa rabbia, rimane indifferente e sorride. Perché? Come mai c'è questa reazione diversa? Dipende dal diverso modo di pensare dell'individuo. Nel nostro caso abbiamo pensato in un certo modo, ci siamo lasciati danneggiare dall'insulto e abbiamo reagito irritati. L'altra persona ha pensato diversamente: ha neutralizzato quell'insulto, che non ha avuto alcun effetto su di lei. Noi abbiamo subito l'effetto dell'insulto a causa del nostro modo di pensare, l'altro non si è lasciato condizionare. Le sofferenze, dunque, non sono causate sempre e solo da qualcosa che arriva dall'esterno. Le cose esterne possono causare solo condizionamenti temporanei, ma anche in questo caso abbiamo la possibilità di fare in modo che diventino effettivamente condizione per far maturare sofferenza oppure le interpretiamo diversamente e non ci faranno soffrire. Non è così che succede nella vita? Gli esempi che ho citato sono abbastanza ordinari e non riguardano problemi seri. Noi abbiamo tante altre cose estremamente più gravi e serie. Il karma, infatti, è di peso e gravità differente e quindi proporzionalmente avremo effetti e risultati di livelli diversi. Nella nostra vita tante volte maturano problemi e sofferenze ma quelli non sono gravi. Quelli gravi riguardano, ad esempio, il determinare il tipo di vita – umana o stati inferiori. Questo è il karma grave, proiettante, che proietta il tipo di vita. Il karma che determina la

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rinascita nei reami inferiori è cosa molto seria. Per cui, si parla di differenti livelli di peso e gravità del karma che determineranno risultati di diverso peso e gravità. Durante la nostra vita, quando maturano delle sofferenze, si pone tutta la propria attenzione su di esse: le si considera qualcosa di estremamente grave e si ha una reazione di immensa tristezza, come se fosse successo qualcosa di incredibilmente grave. Se si continua fissando tutta la propria attenzione su quelle sofferenze e ci si convince che sono gravi e disastrose, questo farà aumentare la disperazione! Bisogna, invece, confrontare sé stessi sofferenti con altri che soffrono, con chi vive sofferenze ancora peggiori. Il confronto con gli altri e il vedere che altri vivono sofferenze ben più gravi ci fa capire che la nostra è piccola. Non solo. Adesso viviamo quel certo tipo di sofferenza, ma magari in passato abbiamo sofferto ben di più; oppure, adesso viviamo questa certa sofferenza, ma magari in futuro ne potremo vivere una più grave. E anche le persone che ci circondano e che sembra che vivano una vita felice, magari nei prossimi giorni avranno una sofferenza ancora più grave della nostra. Chi può dirlo? Tutto è possibile. Dovremmo fare questo tipo di ragionamenti e riflessioni e non vivere con eccessiva emotività la sofferenza del momento. Per cui rispetto allo sviluppo delle qualità positive ci si deve sempre confrontare con chi ne ha di più e accorgersi che non si è ancora raggiunto il massimo livello. Quando si tratta di sofferenze e di esperienze negative bisogna confrontarsi con chi vive peggio e dirsi: "le mie non sono poi così gravi". E così consolarci.Noi sperimentiamo dolore a livello fisico e a livello mentale. Fra questi due aspetti, la sofferenza della mente è più difficile da sopportare. Il dolore fisico potrà anche condizionare la mente e renderla infelice, ma potrà essere alleggerito, accettato, addirittura vissuto positivamente grazie all'addestramento mentale che può guidare il modo di pensare e la capacità di neutralizzarlo. Ma quando maturerà dolore nella mente a causa dell'errato modo di pensare, questo sì che sarà un dolore pesante, difficile da sopportare. Perché se si è mentalmente felici, anche se non si sta bene fisicamente non è grave, ma se, al contrario, si sta bene sia fisicamente che a livello sociale, se mentalmente si sta male questo è un dolore pesante, difficile da sopportare, tanto che non si riesce a godere della felicità esteriore. Ecco perché il dolore mentale è più grave di quello fisico.

Il karma è qualcosa che si accumula attraverso le tre porte di corpo, parola e mente, tramite le loro azioni. Ma il karma dipende principalmente dalla motivazione: il tipo di motivazione determina il tipo di karma. Ad esempio, anche se a livello fisico e verbale una certa azione può sembrare gentile, se la motivazione con cui l'azione viene compiuta è negativa, anche quell'azione apparentemente gentile è negativa. Le azioni possono essere motivate, oppure possono non avere una precisa volontà o motivazione. Ad esempio, a volte il corpo compie azioni senza una motivazione: sono anche queste azioni che lasciano un piccolo karma, che però non è né positivo o negativo. È neutro perché non ha una precisa motivazione. Quando il corpo si muove, per il solo fatto di muoversi lascia una traccia, lascia l'energia del movimento; il muoversi del corpo, se compiuto con una precisa e ben cosciente motivazione virtuosa, lascia una traccia di energia positiva, che farà maturare un effetto positivo. Questo è il modo di accumulare il karma in generale. Oltre che col movimento del corpo, il karma lo si può accumulare con il movimento della parola e con il pensare, che è il movimento della mente. Ancora, ad esempio, abbiamo iniziato a impegnarci in una attività virtuosa, ma eravamo un po' distratti e non l'abbiamo fatto con una motivazione virtuosa. Ormai abbiamo iniziato a impegnarci nell'attività e stiamo andando avanti da un po' di tempo, a un certo punto analizziamo a ritroso e ci accorgiamo che la nostra motivazione nella parte iniziale non era del tutto virtuosa. In un caso del genere, cosa fareste? Interrompereste? Abbandonereste? Oppure andreste avanti? Vi ricordate la storia del Venerabile Ghesce Ben Kunghyel? Ormai aveva già preparato l'altare con le offerte e stava aspettando gli ospiti ma analizzando la sua motivazione si accorse che era sbagliata. Allora buttò terra sulle offerte. Secondo voi ha sbagliato? Dite di sì? Ma lui è considerato un grande praticante del lignaggio Kadampa: come possiamo dire che ha sbagliato? Se a un certo punto ci accorgiamo che stiamo sì portando avanti un'attività virtuosa, ma la motivazione all'inizio non era perfettamente valida, non c'è bisogno di abbandonare l'attività positiva che abbiamo intrapreso.

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piuttosto, ricordandoci di avere sbagliato la motivazione, proviamo dispiacere e generiamo una nuova motivazione valida e procediamo. Bisogna, dunque, solo cambiare la motivazione, non necessariamente abbandonare l'attività virtuosa. Chi non porterà avanti l'attività virtuosa, dicendo che non ha la corretta motivazione, lo farà solo perché è pigro. E tante volte noi pensiamo come se la mente non potesse mai cambiare. Questo non è vero. La mente può cambiare: non è un'altra persona, quindi può cambiare! Nel caso del Venerabile, quando ha buttato terra sulle offerte, lui non ha rovinato le offerte. Ma ha riempito con la terra la bocca dell'ego, per cui questa sua azione è diventata un intervento diretto contro il suo ego, la sua preoccupazione egoistica. È diventato un antidoto estremamente diretto per far abbassare l'ego. Sbagliare non è grave per le persone intelligenti e colte, invece è grave per persone non colte e non intelligenti, come noi, anche se sbagliano poco. Non è così? Non datemi sempre ragione perché io a volte dico cose diverse... Se mi date sempre ragione possiamo sbagliare. Invece, dovete analizzare cosa stiamo dicendo.

Bene. Oggi mi fermo qui. Domani introdurrò le meditazioni principali in relazione alla motivazione del praticante dello scopo intermedio che medita principalmente le quattro Nobili Verità e poi la meditazione del praticante dello scopo superiore che pratica principalmente l'amorevole gentilezza e la compassione Bodhicitta. Vorrei solo sollecitarvi e incoraggiarvi ad andare a leggere la parte del libro dove parla del karma, del modo di accumularlo, della maturazione dei risultati, ecc. Se dopo avere ascoltato il mio discorso andate a leggere e ad approfondire, a capire meglio le classificazioni, i tipi, ecc., sicuramente avrete una comprensione più chiara e convincente.

Adesso spazio alle domande

D. Il karma neutro, visto che comunque lascia un'energia, in assoluto non produrrà nulla? Di nessun tipo? E sempre parlando del karma, neutro e non predetto indicano la stessa cosa?R. In Tibetano ci sono due termini distinti. Uno lo si traduce come neutro e l'altro come non predetto. Fondamentalmente sono la stessa cosa. Sicuramente anche il karma neutro produrrà il suo effetto, che sarà neutro. Nella nostra vita abbiamo tanti risultati che sono di natura neutra. Non tutte le esperienze che facciamo sono necessariamente positive o negative: ce ne sono tante che sono neutre.D. Non si senteR. La creazione del karma, che sia del corpo o della parola, parte dalla motivazione. Stessa cosa per la mente. Non si dice cosa sia più o meno importante: l'importanza è più o meno uguale. Se andiamo ad analizzare cosa avviene realmente nella nostra vita, possiamo dire che tutto parte dal pensare, dal volere, dall'intenzione. E poi segue il resto. E allora da questo punto di vista sicuramente il pensiero è più importante perché tutto inizia dal pensare. Corpo, parola e mente, tutti e tre agiscono con le proprie motivazioni. Se poi analizziamo dal punto di vista della frequenza, sicuramente è la mente quella più presente, perché c'è sempre. Ecco allora che da questo punto di vista l'azione della mente è più importante. Corpo e parola sono le due porte che, una volta sorta la motivazione, ci consentono di compiere azioni indirizzate verso gli altri. È la stessa cosa per gli altri, che con corpo e parola compiono azioni che finiscono su di noi, magari danneggiandoci. Ma dietro corpo e parola c'è la loro mente, il loro pensiero. Quindi, è certamente importante che ognuno di noi chiuda la porta di corpo e parola, perché altrimenti c'è il rischio, se non si ha una mente controllata, che si vada a danneggiare, come fanno altri nei nostri confronti! Dobbiamo pensare a controllare, in realtà, dalla partenza, dalla mente. Infatti, una volta che abbiamo protetto la mente, abbiamo risolto il problema: non dovremo più preoccuparci delle altre due porte, perché all'inizio c'è la mente, il pensiero, la motivazione.Q. Non si senteUna cosa è la motivazione, altra cosa è la consapevolezza. Con la parola motivazione indichiamo quell'aspetto mentale di tipo ‘volere’, che diventa la prima spinta a fare. Con il termine

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consapevolezza indichiamo sempre un aspetto mentale, che però non è di tipo volere e quindi non spinge a fare. Indica, piuttosto, l'accorgersi, il riconoscimento di come sono le cose. Ad esempio: dentro di noi sorge un pensiero cattivo di danneggiare qualcuno e allora a livello mentale elaboriamo un piano di come farlo. Per tutto il tempo in cui pianifichiamo, accumuliamo karma a livello mentale. Poi dalla forza di questa motivazione siamo pronti a danneggiare l'altro verbalmente o fisicamente: il corpo e la parola sono pronti ad assecondare la pianificazione della mente. Questo è un esempio di motivazione. Io vi domando: la motivazione negativa è karma negativo mentale. Se voi dite di sì, la domanda successiva è la seguente: un karma negativo non deve avere prima una motivazione negativa? Sì? È allora cosa avete risposto sì, prima? Vi invito ad analizzare e ragionare così.

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Ieri ho parlato principalmente dell’argomento che riguarda la motivazione dello scopo piccolo e comune e, in relazione alla motivazione dello scopo piccolo e comune, vi ho spiegato la meditazione sulla relazione di causa-effetto karma; oggi continuerò con l'argomento successivo. Rispetto alla relazione di causa-effetto karma di cui ho parlato ieri, come potremmo rendere utile questa nostra conoscenza? La comprensione della relazione di causa-effetto karma va utilizzata nel preciso momento in cui maturano difficoltà e sofferenza nella vita; in quel preciso momento dovremo rendere utile la nostra conoscenza della relazione di causa-effetto karma, in quel preciso momento in cui stiamo incontrando delle difficoltà, delle sofferenze, non dovremo dare la colpa agli altri e accusarli dicendo: “è colpa sua! è colpa loro! è a causa sua…”, non dovremo giudicare sempre, se continueremo a dare la colpa agli altri questo modo di comportarci assolutamente non alleggerirà il problema e la sofferenza. Piuttosto, nel preciso momento in cui sperimentiamo problemi e sofferenze, anziché dare la colpa agli altri e trovare la causa negli altri, dovremo guardarci dentro, guardare come ci stiamo comportando a livello fisico, come ci stiamo comportando a livello mentale, guardarci dentro e analizzare. Come ci stiamo comportando? Cosa stiamo pensando? Analizzare noi stessi e cosa non funziona. In questo modo ci accorgiamo che molte cose non sono del tutto corrette da parte nostra, ammettiamo i nostri errori individuali e personali e arriviamo ad accettare le difficoltà della sofferenza presente (quella maturata). In questo modo, accentandola, quella stessa sofferenza, difficoltà diventa una cosa leggera e non pesante. Come abbiamo studiato nei giorni scorsi nell’insegnamento del Bodhisattvacharyavatara, relativamente alla pratica della pazienza, il consiglio che ci veniva dato era proprio quello di iniziare subito a praticare la pazienza, di accettare le difficoltà, per cui sin dall’inizio, da quando il problema e la sofferenza sono piccole, dovremmo iniziare a familiarizzarle per accettarle e accettandole, diventeranno sempre più leggere e sempre meno problematiche mentre non accettandole anche se piccole, diventeranno cose estremamente difficili da sopportare. Ecco, quindi, l’importanza di familiarizzare la mente nell’accettare le difficoltà e le sofferenze analizzando il proprio stato.

Accettare sofferenze e difficoltà non è un qualcosa di imposto, alla base c’è un ragionamento, una ragione valida, una logica valida di base, di fondo, non è semplicemente un’imposizione, una costrizione. Il ragionamento, la logica di base stanno nell’esistenza del principio, della relazione di causa-effetto karma. Potrà sembrare che siano gli altri a causare la nostra sofferenza, questo è quello che noi potremmo pensare ma in realtà gli altri sono solo una condizione temporanea, gli altri non sono la vera causa. La vera causa è dentro noi stessi, dove esiste il seme potenziale della sofferenza e dove esiste l'impronta del karma negativo. Esiste una predisposizione negativa, da parte propria, che ognuno di noi ha perfettamente preparato per essere pronto a sperimentare le difficoltà e le sofferenze in qualsiasi momento; basta solo che qualcuno temporaneamente condizioni favorevolmente questi semi negativi, questa impronta negativa che è già presente dentro di noi e che è stata creata individualmente, personalmente. Chi ci ha detto di crearla? Chi ci ha detto

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di essere così pronti per poter incontrare la sofferenza? Ognuno ha accumulato quella negatività e, avendola accumulata, dentro sono rimasti i semi potenziali, la predisposizione, l'impronta negativa. Essendo così pronti per poter avere in qualsiasi momento delle sofferenze e dei problemi, quando incontriamo delle condizioni favorevoli, che possono essere gli altri, matura l'effetto negativo. Questa è la ragione di base, la logica di base, che ognuno di noi deve ammettere, ognuno deve accettare che l'errore è principalmente dovuto a se stesso, non ad altri.Pertanto, quando qualcosa non va bene nella nostra vita, quando maturano dolore e sofferenza, bisognerebbe immediatamente pensare: ‘questo è ciò che io ho creato’. Se ci si abitua a pensare così quel problema diventa sempre meno drammatico, più leggero.

Prima di procedere con l’insegnamento, quali erano le classificazioni iniziali del sentiero graduale del Lam Rim?Le classificazioni sono quattro, potete dire quali sono?Uno studente risponde: le qualità eccellenti dell’autore, con il proposito di dire che l’insegnamento è puro; le qualità eccellenti del Lam Rim per far generare il rispetto per l’insegnamento; il corretto modo di ascoltare e insegnare il Lam Rim; e il corretto modo di guidare i discepoli.Norbu: il secondo punto, la grandezza dell'insegnamento, in quanti punti si suddivide?Uno studente risponde: quattro più tre.Norbu: quali sono questi quattro?Uno studente risponde: i tre sono che l’insegnamento è nobile, è facile, ed è completo.Norbu: e invece le quattro caratteristiche della grandezza dell’insegnamento quali sono?Uno studente risponde: le quattro, non me le ricordo nell’ordine esatto… elimina i grandi errori … Norbu: Poi, il secondo?Uno studente risponde: permette di comprendere l’effettivo significato degli insegnamenti del Buddha, è un’istruzioni per la praticaNorbu: Poi, il quarto?Uno studente risponde: non c’è contraddizione tra gli insegnamentiNorbu: l’ordine è questo: primo, tramite l’insegnamento del Lam Rim riusciamo a comprendere che tutti i tipi di insegnamenti in realtà non sono contraddittori. Secondo, tramite l’insegnamento del Lam Rim riusciamo a fare in modo che tutti gli insegnamenti siano come delle istruzioni dirette a se stessi. Terzo, tramite l’insegnamento del Lam Rim riusciamo a comprendere velocemente il vero pensiero degli esseri Vittoriosi. Quarto, tramite la meditazione del sentiero del Lam Rim tutti gli errori cessano naturalmente.

Ora procediamo e facciamo un passo avanti rispetto a ieri. Ieri abbiamo meditato sulla motivazione dello scopo piccolo e comune e, in relazione a questo, abbiamo meditato sulla sofferenza e sull’importanza della relazione di causa-effetto karma. È importante allenare la mente nel praticare la pazienza di accettare le sofferenze perché fondamentalmente sono creazioni individuali. Tramite questa pazienza di accettare le sofferenze possiamo sicuramente alleggerire la sofferenza; soffriamo meno perché la accettiamo e quindi c'è questo grande beneficio. Però questa pazienza di accettare le sofferenze e i problemi non li fa sparire definitivamente ed è per questa ragione che dovremo fare un secondo passo e oggi facciamo il secondo passo parlando della motivazione del praticante dello scopo intermedio.Il praticante dello scopo intermedio principalmente mediterà sulle quattro Nobili Verità. Visto che precedentemente con la pratica della pazienza non riesce a purificare definitivamente le sofferenze e siccome non basta solamente alleggerirle, è importante eliminarle definitivamente. Per questa ragione bisogna praticare l’antidoto diretto contro le sofferenze e le cause delle sofferenze, per poterle eliminare definitivamente e non solo alleggerirle. Per poter fare questo per prima cosa è importante capire molto bene le sofferenze: quanti tipi sono, di che natura sono, che cosa sono veramente. Poi dovremo comprendere bene le cause e le origini delle sofferenze: quante sono, quali sono. Una volta capite le origini delle sofferenze dovremo capire quali sono gli antidoti diretti

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contro queste cause e origini delle sofferenze e verificare, soprattutto, se gli antidoti potranno funzionare effettivamente portando alla vera eliminazione delle cause, delle origini della sofferenza perché, potremo anche individuare degli antidoti, ma se quegli antidoti non portano a una effettiva eliminazione non c’è utilità. Solo dopo aver verificato l'effettiva possibilità di poter realizzare l’eliminazione tramite quell’antidoto, possiamo veramente praticare con piena convinzione quell’antidoto per poter eliminare le cause e le origini delle sofferenze. Facciamo un secondo passo, un passo in più rispetto al precedente, si parla di uno scopo, ovvero di liberarsi dall’esistenza ciclica e di raggiungere uno stato di liberazione, lo stato Nirvana. Questo è lo scopo intermedio e, ancora una volta, questa non è teoria fantasiosa, inventata da qualcuno, ma anche questa ha una ragione di base, una logica di base, una spiegazione di base che è sempre il principio della relazione di causa-effetto karma perché sia il samsara che il Nirvana funzionano sempre sulla base del principio della relazione di causa-effetto, karma. Se andate a vedere tutti i tipi di insegnamenti, indipendentemente da dove inizia l'argomento, a un certo punto conducono gradualmente verso la realizzazione di Bodhicitta, oppure, potranno iniziare a parlare subito di Bodhicitta per poi arrivare a parlare del karma. Quindi qualsiasi argomento di cui parliamo alla fine porta a Bodhicitta oppure possiamo iniziare da Bodhicitta e alla fine parlare di quel principio di base che è la relazione di causa-effetto, karma.

Vi siete ricordati i quattro punti di partenza del Lam Rim e in particolare del secondo punto, che ha quattro caratteristiche. Una caratteristica dell'insegnamento del Lam Rim dice proprio che tramite gli studi e la meditazione dell'insegnamento del Lam Rim del sentiero graduale riusciremo a comprendere che tutti i differenti insegnamenti di Sakyamuni Buddha sono delle istruzioni dirette per ognuno di noi. Questo significa che possiamo inizialmente studiare l'insegnamento del Lam Rim e poi familiarizzare con la meditazione. Grazie a questo riusciamo a comprendere che i tanti argomenti di cui il Buddha ha parlato in realtà sono tutti metodi diretti per ogni singolo individuo, che partendo dal livello di principiante raggiunge lo stato della completa illuminazione. Tutte le istruzioni di Buddha sono istruzioni non contraddittorie fra di loro e sono necessarie per ogni singolo individuo per poter raggiungere lo stato della completa illuminazione, non sono alcune per alcune persone e altre per altre persone, non sono così frantumate, esiste una relazione fra tutti i differenti discorsi di Buddha.

Procediamo, relativamente alla motivazione dello scopo intermedio la pratica principale è quella di meditare sulle quattro Nobili Verità. Generalmente le quattro Nobili Nerità vengono elencate con i seguenti titoli:

1. Nobile Verità della sofferenza2. Nobile Verità dell'origine 3. Nobile Verità della cessazione4. Nobile Verità del sentiero

L’importante è meditare sul primo punto che è la Nobile Verità della sofferenza, è importante capire le sofferenze. Le sofferenze sono tante, hanno tante classificazioni e tante enumerazioni ma nel nostro caso, per oggi, non è così importante elencare i numeri delle sofferenze mentre è importante identificare le sofferenze, riconoscerle. In particolare, parlando della sofferenza dello scopo piccolo, abbiamo meditato sulle sofferenze degli stati di esistenza inferiore, mentre qui bisogna meditare anche sulla sofferenza dell'esistenza in generale, del samsara in generale, non solo sui tre stati di esistenza inferiore. Che cos’è la sofferenza del samsara in generale? Le sofferenze del samsara in generale sono tutte quelle sofferenze che stiamo sperimentando su questo nostro corpo durante tutta la nostra vita. Tutte le sofferenze che stiamo sperimentando, durante questa nostra vita e con questo nostro corpo, sono le sofferenze del samsara. Più precisamente il concetto sofferenza del samsara non indica solamente quei bruciori e quei dolori momentanei e temporanee che viviamo su questo nostro corpo, la Nobile Verità della sofferenza indica il corpo stesso, il corpo stesso è nella natura della sofferenza. Infatti,

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la sofferenza viene classificata in tre tipi, di cui l'ultimo si chiama sofferenza pervasiva composta e viene rappresentata proprio dal nostro corpo, composto da carne, ossa e sangue. Un corpo composto da carne, ossa e sangue rappresenta questo terzo tipo di sofferenza pervasiva composta. Questo significa che l’intero corpo è soggetto a sperimentare la sofferenza perché basta che in qualsiasi momento incontri una condizione non favorevole e questo corpo prontamente sperimenterà la sofferenza; il corpo stesso è già nella natura della sofferenza e quindi il corpo stesso rappresenta la nobile Verità della sofferenza.La sofferenza potrà essere elencata con tante classificazioni, con tanti numeri ed esempi, analogie come quando Maitreya Buddha parlò della Nobile Verità della sofferenza mettendola in analogia con le malattie etc ma non andiamo ad allargarci su quegli argomenti. Come dicevo, l’importante è capire la vera Nobile Verità della sofferenza rappresentata dal nostro stesso corpo. Il nostro stesso corpo è la vera Nobile Verità della sofferenza pervasiva. Questa comprensione diventa di grande aiuto e, nel preciso momento in cui soffriamo, richiamarla alla memoria sarà una grande consolazione, perché, se ci si ricorda che il corpo è già di natura della sofferenza, nel momento della sofferenza si ricorderà che è normale soffrire, proprio perché il corpo stesso è della natura della sofferenza. Se al contrario diciamo: “io ero sano fino a pochi istanti fa e non devo soffrire, io sono bello e non devo soffrire”, ecco, se ci si comporta mentalmente in questo modo, si farà solo peggiorare lo stato mentale e soffriremo ancora di più. Se, invece, nel momento di sperimentare le difficoltà e le sofferenze ci si ricordasse che è normale soffrire perché abbiamo un corpo di natura della sofferenza, ciò sarà di grande sollievo, una grande consolazione, perché quello che è successo non è niente di strano e, quindi, diventa un grande aiuto per la nostra mente.

Il punto successivo è la Nobile Verità della causa o dell'origine della sofferenza. Noi adesso abbiamo questo corpo di natura della sofferenza, soggetto a sperimentare le sofferenze e i problemi e quindi dovremmo domandarci, per poter scoprire le sue origini, come si è sviluppata la sofferenza, analizzando, andando a vedere il processo a ritroso: “perché io ho questo corpo soggetto a sperimentare? Perché io sono nato con questo corpo?” Perché era stato accumulato il karma. Il karma per poter far maturare questo corpo. Perché è stato accumulato precedentemente il karma che ha fatto maturare questo corpo? Perché c'erano state le afflizioni mentali. Ecco che alla fine arriviamo alle afflizioni mentali. Fondamentalmente abbiamo individuato due tipi di origine: karma e afflizioni mentali. Avendo accumulato il karma a causa delle afflizioni mentali abbiamo maturato questo nostro corpo. Volendo far cessare (le sofferenze, ndr) dovremo ancora una volta ricordarci che, visto che le cause che hanno dato origine a questa esistenza di natura della sofferenza sono due - le afflizione mentali e il karma - è logico che dovremo far cessare le origini e cioè le afflizioni mentali e il karma.Quando dico afflizioni mentali dovremmo ricordare che queste sono semplicemente un aspetto mentale individuale personale, non stiamo indicando una qualche sostanza diversa da noi come delle macchie che prendiamo dall'esterno o una qualche sostanza solida che è dentro di noi, oppure un pensiero negativo come se fossimo posseduti da un demonio entrato in noi o pensieri cattivi di altri. Quando dico afflizioni mentali indico semplicemente certi aspetti mentali nostri, certi modi di pensare propri, che fanno parte della nostra mente. È semplicemente un modo di pensare, se fosse stata una sostanza solida potevamo anche prelevarla, ma siccome è un modo di pensare, fa parte della nostra mente, fin dalla nascita e, per la forza dell'abitudine, ognuno continua a coltivare quel modo di pensare con naturalezza, con facilità. Questo perché, per la forza dell'abitudine, non ci si vuole impegnare nel cambiare, perché si è terribilmente pigri. Queste sono le due ragioni: la forza della familiarità nel ripetere e la pigrizia nel non voler cambiare.

Non è facile spiegare il sentiero graduale dei praticanti dei tre differenti livelli dello scopo in due giorni. In due giorni non potremo finire. L’insegnamento diventa come una capra anziana che mangia l’erba. Sapete come una capra anziana mangia l’erba? Non mangia andando avanti passo dopo passo, ma mordendo un po' là e un po' qua. Ecco perché il mio insegnamento sul sentiero del

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Lam Rim sui tre differenti livelli dello scopo diventa come una capra anziana che mangia erba mordendo un po' là e un po' qua. Ora, il mio ruolo è quello di parlare dell'insegnamento, vi butto lì tante cose ed è compito vostro metterle in ordine. Ognuno potrà pensare di essere quello che crede di essere, ma fondamentalmente siamo tutti sufficientemente pigri nel praticare. Da una parte abbiamo imparato gli insegnamenti del sentiero interiore dove abbiamo compreso e crediamo nel principio della relazione di causa effetto, karma però fondamentalmente il nostro credere nel karma è come credere nel Dio creatore onnipotente. Perché vi dico questo? Perché, benché intellettualmente e razionalmente abbiamo compreso e capito il principio della relazione di causa effetto karma, poi nella vita reale quando qualcosa non va bene, quando qualcosa va male, quando abbiamo dei problemi prontamente pensiamo e crediamo che la colpa sia degli altri, che sia causa degli altri.Questa è la ragione per cui dico che benché abbiamo capito il karma poi, nel momento in cui sarebbe necessario applicare e ricordare il karma, non ce lo ricordiamo, ci dimentichiamo e pensiamo tutto il contrario; pensiamo che la sofferenza è causata e prodotta da qualcun altro. È come se si credesse a un creatore all'esterno di sé stessi. Fra i praticanti del sentiero spirituale, dove è di base questa fede nel creatore onnipotente, abbiamo anche l’insegnamento spirituale cattolico cristiano in cui, in generale, i praticanti pregano e fanno richieste. Non è sufficiente fare richieste, un praticante serio cattolico cristiano dovrebbe comunque metterci un po' di impegno, non può pensare che sia sufficiente solo chiedere l’intervento di qualcuno dall'esterno, deve ricordare e avere quella consapevolezza che ci deve essere un po' di impegno anche da parte sua nel cambiare e, se dovrebbero praticare così i veri cattolici cristiani, noi del sentiero Buddhadharma, che crediamo nella relazione di causa effetto, a maggior ragione, dovremmo mantenere la consapevolezza che ci deve essere assolutamente impegno da parte nostra.Se non ci impegniamo seriamente e andiamo avanti seguendo la nostra abitudine alla pigrizia, probabilmente sprecheremo il resto della nostra esistenza e alla fine non realizzeremo niente. Se non ci impegniamo seriamente per reagire alla nostra pigrizia, se ci abbandoniamo alla pigrizia, prima di tutto non saremo interessati a imparare così come non saremo poi interessati a eliminare la pigrizia praticando ciò che abbiamo imparato. Bisogna sconfiggere la pigrizia per poter praticare, se non reagiamo seriamente contro la nostra pigrizia, probabilmente non inizieremo nemmeno a imparare e, ancora peggio, non praticheremo, per cui alla fine non realizzeremo niente.Vi ho sempre sollecitato e incoraggiato dicendovi e ricordandovi che non si può pretendere, che non si può pensare di potere fare una vita sempre felice, gioiosa e perfetta e che nemmeno si può pensare di potere realizzare dei benefici e di avere dei cambiamenti positivi in poco tempo. Con un'ora, due ore, un giorno, due giorni di pratiche, non è possibile. Non si può pensare di potere praticare gli esercizi di addestramento, le pratiche comodamente, felicemente, gioiosamente, senza nessuna difficoltà, questo non lo troverete in nessuna parte del mondo. Potete andare a cercare dappertutto ma non troverete un luogo dove poter praticare sempre felicemente, gioiosamente, comodamente, senza nessuna difficoltà. Per questo motivo è importante avere una visione lungimirante ed essere estremamente coraggiosi, senza avere delle aspettative immediate, dicendosi: “non importa tutto il tempo che occorre”. Quindi, visione lungimirante ed essere estremamente coraggiosi. Questo nostro essere così frettolosi e avere grandi aspettative, voler realizzare tutto e subito, è dovuto al tipo di società in cui stiamo crescendo, in cui stiamo vivendo. Nella collettività stessa si è sviluppato questo tipo di comportamento, questo tipo di visione, dove è necessario realizzare tutto velocemente, tutto subito. Certamente non sarà facile liberarci dalla pigrizia subito, per cui probabilmente continueremo a essere pigri, bisogna quindi reagire ricordando i benefici e i vantaggi dei risultati che vogliamo realizzare. Bisognerebbe pensare spesso ai benefici e ai vantaggi di certi risultati positivi che vogliamo realizzare, perché più noi vediamo i benefici e i vantaggi dei risultati che vogliamo realizzare più sorge il volersi impegnare e di conseguenza sorge l’interessamento. Quando sorge l’interessamento sorge l’impegno, quando sorge l’impegno si potranno ottenere i risultati. Quindi, sviluppato l’interessamento, bisogna impegnarsi in modo da ridurre la pigrizia.

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Procediamo, vi parlo delle nostre afflizioni mentali. Le afflizioni mentali sono quegli aspetti mentali che quando si manifestano portano la nostra mente in uno stato di agitazione. Stiamo ancora parlando dello scopo intermedio dove lo scopo è raggiungere il Nirvana, qui abbiamo due livelli di cui primo livello sono le afflizione mentali manifeste e il secondo è dato dai semi delle afflizioni mentali. Quando avremo completato l’eliminazione di questi due livelli (afflizioni mentali manifeste e loro semi) avremo raggiunto lo stato di Nirvana, della liberazione. Successivamente, quando completeremo l’eliminazione anche delle impronte delle afflizioni mentali avremo raggiunto lo stato della completa illuminazione.Il primo livello, abbiamo detto, è quello delle afflizioni mentali manifeste, che possono essere temporaneamente, momentaneamente, pacificate dai rispettivi antidoti sempre momentanei e temporanei. Ad esempio, potremo avere l’afflizione mentale manifesta dell’odio che potrà essere temporaneamente pacificata praticando il suo antidoto temporaneo che è la pazienza, la calma mentale. La calma mentale della pazienza è l’antidoto temporaneo e momentaneo che potrà pacificare momentaneamente l’odio manifesto. Questo antidoto della pazienza però non riesce a eliminare l'odio al livello del seme, il seme dell'odio non potrà essere eliminato dalla pazienza. Pertanto, per poter eliminare i semi bisogna praticare l’antidoto diretto e non l’antidoto temporaneo. L’antidoto diretto si trova fra le quattro Nobili Verità ed è la quarta Nobile Verità del sentiero. Quindi meditiamo sulla Nobile Verità del sentiero.

Restando sull’argomento delle afflizioni mentali esistono delle classificazioni, ma per noi è importante conoscere le nostre tre afflizioni mentali principali di cui la prima è sicuramente l’ignoranza, la non conoscenza, che è la causa principale per cui spesso sbagliamo. Non conoscendo si sbaglia e per questo motivo è sicuramente un'afflizione mentale molto grave. Successivamente abbiamo l’odio, la rabbia mentale verso gli altri e per terza abbiamo l’attaccamento che, principalmente, si manifesta verso i cinque oggetti dei desideri. Del resto noi viviamo nel reame del desiderio che si chiama così perché qui siamo costantemente in contatto con i cinque oggetti dei desideri tramite i quali siamo costantemente alla ricerca del piacere. Tramite i cinque oggetti dei desideri e quindi l'attaccamento a loro, noi proviamo delle sensazioni che possono essere piacevoli, spiacevoli o indifferenti. Il nostro attaccamento è verso i piaceri causati dai cinque oggetti dei desideri.Secondo me, nella nostra esistenza nel reame del desiderio proviamo forte desiderio, attaccamento e attrazione verso quegli oggetti dei desideri che hanno tutte e cinque le qualità della forma, della bellezza, del suono piacevole, dell'odore piacevole, del tatto morbido e piacevole. Se un singolo oggetto ha tutte e cinque le qualità dei sensi il nostro attaccamento sarà ancora più forte. Se un singolo oggetto ha solo alcune delle qualità fra le cinque, per esempio, ha una bella forma ma è puzzolente, il nostra attaccamento non sarà così forte. Non è così?Certamente nessuno di noi ha la possibilità né il potere di fermare definitivamente l'attaccamento altrui, però in una certa misura possiamo influenzare o scoraggiare qualcuno a provare attaccamento. Ad esempio, se noi stessi ci presentiamo avendo tutte e cinque le qualità, questo indirettamente influenza l’altro individuo a provare attaccamento. Se ci presentiamo in modo parziale ci sarà meno attaccamento, quindi in una certa misura c'è una partecipazione da parte nostra. Benché non abbiamo il completo potere di prevenire l'attaccamento altrui c'è una partecipazione da parte nostra nell’incrementare, nell’influenzare l’attaccamento, scoraggiarlo o a provarne meno. Non è così? Se noi riempiamo il nostro corpo con una montagna di trucco e aggiungiamo anche il profumo al sandalo e ci presentiamo davanti a qualcuno, questi dirà: “ah, che buon profumo” e inizierà a provare desiderio. Vi ricordate cosa abbiamo imparato nel Bodhisattvacharyavatara? Quando una persona ci si presenta con un corpo profumato al sandalo, per abitudine ordinaria, si prova desiderio per il suo corpo, come se quel profumo originasse dal suo corpo mentre invece appartiene al sandalo, a una pianta. Originariamente appartiene a una pianta, un albero, l’albero di sandalo sì che

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si presenta con questo suo profumo naturale, che emana l'albero stesso mentre la persona ha preso e spalmato sul suo corpo quel profumo e poi chi la incontrerà dirà: “ah che buon profumo” come se quel profumo fosse un’emanazione propria del corpo e proverà desiderio. La domanda è: perché non provi desiderio anche per l'albero? Se si prova desiderio per il corpo profumato di sandalo perché non si prova desiderio anche per l'albero di sandalo?Ecco ho detto precedentemente che tutto questo mio discorso è come una capra anziana che mangia l’erba, un po' là, un po' qua e infatti mi sono dimenticato dove ero arrivato.

Restando sull'argomento delle nostre afflizioni mentali, fra queste sicuramente la prima è quella più grave. L’ignoranza è quell’aspetto mentale confuso di non conoscere le cose e la realtà, questa è l’afflizione mentale più grave che abbiamo, è la base per cui in seguito sorgono tutte le altre afflizioni mentali: concezioni errate, supposizioni errate, convinzioni errate etc etc etc. enormi concezioni vengono sviluppate in seguito, tutte erronee e tutte dovute al non conoscere l'oggetto e la realtà. Se non conosci la realtà, non conosci l’oggetto e la mente inizia a supporre erroneamente. Sorge la mente ignorante che inizia a proiettare delle concezioni sbagliate dovute alla nostra ignoranza e alle nostre concezioni errate. Troppe concezioni errate e supposizioni errate fanno sì che, se qualcuno ride, noi ci arrabbiamo perché crediamo che ci stia prendendo in giro, che ci stia offendendo e che ci stia danneggiando. Sono tutte delle supposizioni, delle concezioni, se poi quel qualcuno mostra una ‘brutta faccia’ è ancora peggio perché già quando rideva pensavamo male ora che vediamo anche la sua faccia cattiva pensiamo che ci stia distruggendo. Tutto è dovuto all’ignoranza. L’ignoranza fa sorgere tutte le concezioni errate, fa sorgere l’odio, l’attaccamento e così la mente, che è così tumultuosa, è spinta da tutti questi aspetti mentali: da una parte l’ignoranza di base, da un’altra parte l’odio, da un’altra parte ancora l’attaccamento. La mente inizia così ad agire, il corpo inizia ad agire, la parola inizia ad agire… e tutto questo agire lascia una traccia di tutte le nostre azioni, il karma. Abbiamo coltivato le afflizione mentali, abbiamo accumulato karma e così incontreremo i risultati. I risultati di queste due cause sono la seconda Nobile Verità, dell'origine della sofferenza.Vi ho appena indicato le due origini, le due cause, di cui una sono le afflizioni mentali e l’altra è il karma. Analizziamo le afflizione mentali, seguite questa riflessione: se le nostre afflizioni mentali come ignoranza, odio, attaccamento etc, fossero delle concezioni valide allora non si potrebbero eliminare e se non si potessero eliminare allora non si potrebbe realizzare la cessazione, la terza Nobile Verità. La terza Nobile Verità della cessazione non si potrebbe realizzare perché le afflizione mentali non possono essere eliminate. Si può realizzare la cessazione, eliminando le afflizione mentali, solo se le afflizione mentali sono di tipo concezioni sbagliate, errate, non valide. Per questo motivo bisogna analizzare la natura delle afflizioni mentali, se sono delle concezioni valide o no. Analizzando la natura delle nostre afflizioni mentali possiamo imparare e capire che la loro natura è sbagliata, errata, perché quando sorgono la loro visione - rispetto i loro oggetti - è completamente sbagliata. Talvolta le nostre afflizioni mentali hanno una visione degli oggetti come esistenti, ma in realtà non ci sono, ma noi siamo convinti che ci siano. Tutte le nostre afflizioni mentali hanno delle visioni della realtà completamente distorte, completamente sbagliate riguardo ai loro oggetti. I loro oggetti non esistono nel modo in cui sono stati percepiti, per cui le afflizioni mentali sono delle concezioni sbagliate, errate ed essendo delle concezione errate e sbagliate possono essere eliminate. Per eliminarle basta individuare il loro antidoto, applicando gli antidoti noi riusciremo a eliminarle e, riuscendo a eliminarle, realizzeremo la cessazione.

Iniziando a parlare degli antidoti per poter purificare le afflizioni mentali si apre un grosso capitolo sulla pratica della visione di vacuità. Questo è un grosso argomento, un grande capitolo non semplice per cui potrà essere un argomento futuro. Lasciamo in sospeso questo capitolo sulla vacuità.Vorrei aggiungere qualche parola rispetto alla meditazione sulla motivazione dell’amorevole gentilezza, della grande compassione, in relazione al praticante dello scopo superiore come

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argomento principale della meditazione. Nell'insegnamento ci vengono indicati due aspetti della pratica di cui uno si chiama pratica dell'aspetto del metodo e l’altro pratica dell'aspetto della saggezza. Quando prima vi ho detto che le afflizioni mentali e i semi delle afflizioni mentali possono essere eliminati praticando il loro antidoti vi ho anche detto ‘antidoto diretto’, che è praticare la visione di vacuità. La pratica della meditazione sulla visione di vacuità, infatti, fa parte della pratica dell'aspetto della saggezza mentre nella pratica dell'aspetto del metodo noi troviamo la pratica della motivazione dell'amorevole gentilezza e compassione. A questo punto ciò che ci resta da purificare è l'impronta delle afflizioni mentali perché precedentemente con la pratica dello scopo intermedio abbiamo purificato le afflizione mentali manifeste e i semi. Ora dobbiamo purificare l'impronta delle afflizioni mentali tramite la pratica del sentiero graduale dello scopo superiore e per far questo dobbiamo praticare anche il metodo della saggezza. Abbiamo già meditato sulla vacuità, l’abbiamo già realizzato e quindi continuiamo a esercitarci aggiungendo la motivazione di Bodhicitta. Per poter aggiungere la motivazione di Bodhicitta dovremo aver generato precedentemente la compassione e l’amorevole gentilezza, che sono le cause per poterla far maturare. Se avremo praticato la motivazione di Bodhicitta avendo praticando precedentemente l’amorevole gentilezza e la compassione, la nostra visione di vacuità sarà sostenuta da questa forza della motivazione di Bodhicitta e sarà così potente - proprio perché sostenuta dalla motivazione di Bodhicitta – che, alla fine, riusciremo a purificare anche l'impronta delle afflizioni mentali. Completando la purificazione delle impronte finalmente l'individuo diventerà completamente illuminato. Ecco perché diventare Buddha, raggiungere lo stato di Buddha non è distante dal punto di vista chilometrico, dipende da quanto velocemente ognuno riesce a purificare la propria mente. Non importa la distanza, dipende dall'impegno nella pratica. Anche se lo stato di Buddha venisse considerato un qualcosa di molto distante, se iniziamo a praticare giorno per giorno diventa sempre più vicino. Pertanto, se si vuole che lo stato di Buddha resti distante basta continuare a non praticare e rimarrà distante, se si vuole che lo stato di Buddha si avvicini allora basterà iniziare a praticare. Questo non dipende da nessun altro fuorché dall'impegno individuale. È nelle vostre mani, nelle mani di ognuno di voi.

La pratica principale relativa al praticante dello scopo superiore sarà quella di praticare la motivazione della grande compassione. La motivazione della grande compassione è sicuramente di tipo altruistico e l’interessamento altruistico è sicuramente l'antidoto o l’opposto all’interessamento egoistico. Bisognerebbe ridurre l’interessamento egoistico e familiarizzare con quello altruistico. Se si continua a coltivare solamente l'aspetto mentale di interessarsi a se stessi questo è ovviamente un interessamento egoistico, se oltre a interessarsi a se stessi magari ci si aggiungono una o due persone, di cui con una si ha una relazione sentimentale o di parentela siamo ancora nell’interessamento di tipo egoistico. Non è interessamento altruistico: anche se apparentemente stiamo pensando a un altro, sono pur sempre oggetti di gradimento individuale e quindi resta un interessamento egoistico.Ognuno potrà avere delle persone di cui si interessa maggiormente, è possibile, per esempio, incontrare persone particolarmente sofferenti e provare per loro interesse e volerle beneficiare, ma l'individuo è comunque uno, numericamente uno, senza nessun interessamento esteso a tutti gli esseri senzienti. Dovremo perciò piano, piano iniziare a familiarizzare con la motivazione di interessamento altruistico, prendere in considerazione tutti gli esteri senzienti. C’è una tecnica che io personalmente pratico e che potrebbe essere interessante anche per voi: potete continuare a interessarvi a quegli individui che ritenete sia utile, però, mentalmente, potete pensare così: ‘come questi esseri che beneficio, di cui mi interesso, possano essere beneficiati anche tutti gli esseri senzienti’. Potete iniziare a pensare così: ‘possa io essere capace di beneficiare tutti gli esseri senzienti così come beneficio quelli di cui mi interesso’, oppure: ‘che questo mio beneficiare questo individuo possa essere in qualche modo di contributo, di aiuto, di beneficio per tutti gli esseri senzienti’. Potete praticare l’interessamento altruistico in questo modo, così che da una parte avete

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preso in considerazione tutti gli esseri senzienti e contemporaneamente riuscite a beneficiare le persone che vi interessano. Io stesso all'inizio degli insegnamenti mentalmente esprimo la motivazione dicendo: “che questa mia attività di dare gli insegnamenti e l’ascolto che ne verrà, realmente possa essere di beneficio per tutti gli esseri senzienti”. Così l’attività sarà effettivamente di beneficio per noi che siamo qui ma, allo stesso tempo, avendo io dedicato mentalmente l’attività al bene di tutti, sarà anche per il bene di tutti, non solamente per noi. Anche perché, di cosa dovremmo avere paura dicendo: “che possa essere di beneficio per tutti gli esseri senzienti”? Cosa dovremmo temere? Perché non pensare per il bene di tutti? Che paura dovremo avere? Pensate che ne rimarreste esclusi? Perché pensando per il bene di tutti non pensereste a voi stessi? Avete paura di venire esclusi? Non siete esclusi perché dicendo: “tutti gli esseri senzienti” siete compresi, perché siete un essere senziente. Perciò tutta la virtù che state praticando e dedicando a tutti, è dedicata anche a voi stessi. Dicendo: “per il bene di tutti” ci siete dentro anche voi, non ne siete esclusi, non dovete avere paura di rimanerne esclusi, riceverete naturalmente anche voi il beneficio di quella virtù che state accumulando dedicandola per il bene di tutti. O non fate la dedica perché credete che se tutti stessero bene mancherebbero poi gli oggetti della compassione? Oppure pensate che dedicando la positività per il beneficio di tutti gli esseri senzienti, per l’illuminazione di tutti, se poi tutti diventano esseri illuminati voi restate da soli come essere ordinario? Restando l’unico essere ordinario temete di non poter più praticare la compassione, l’amore e Bodhicitta? Durante le mie spiegazioni devo spiegare come funziona tutto, i pro e i contro di ogni cosa, per questo vi ho detto che se fate la dedica per il bene di tutti naturalmente è anche per voi stessi, beneficiate anche voi stessi. Ma quando praticate dovete farlo con la massima onestà, con la massima sincerità, senza furbizia perché altrimenti non si può praticare. Non si può praticare dicendo: “tanto anche io posso ricevere i benefici”, perché allora non c’è la motivazione puramente altruistica c'è solo furbizia e così non vale. Pensando: “tanto io so che alla fine posso ricevere i benefici”, con questo tipo di motivazione, non si sta praticando con una motivazione puramente altruistica. Perciò quando una persona pratica deve essere veramente onesta e sincera affinché la motivazione sia puramente altruistica e disinteressata. Si deve essere completamente disinteressati rispetto se stessi e completamente convinti nel fare del bene agli altri, dopo di che, come vi ho detto, automaticamente ne riceveremo anche il beneficio, ma non fate furbizie.

Qui si apre un secondo capitolo, quello sulla pratica della motivazione di Bodhicitta che è un'enorme capitolo e non so se procedere oppure fermarmi, infatti se vado avanti potrei non incoraggiavi a praticare Bodhicitta perché se già siete stanchi e poi vi demoralizzate anche, l’effetto sarà contrario. Per non scoraggiarvi, vorrei solamente darvi la definizione, una descrizione in breve di che cosa è la motivazione di Bodhicitta, la mente della completa illuminazione.La motivazione di Bodhicitta è quella ferma decisione, convinzione di dire: “vorrei diventare presto completamente illuminato per beneficiare gli esseri senzienti”.Ma come potrà una persona avere una così forte convinzione di voler diventare illuminato e beneficiare gli esseri senzienti? Perché prima ancora di far sorgere questa convinzione sarà necessario aver praticato la compassione. Che cosa è la compassione? La compassione nasce dal provare l’aspirazione, il desiderio di dire: “voglio che gli altri siano liberi dalle sofferenze e possano avere le felicità”. Ma come accade che, in un certo momento, sorga questa aspirazione? Accade perché precedentemente si è capito che cosa sono gli altri e cosa che cosa sono le sofferenze. Pertanto da una corretta comprensione della sofferenza e da una corretta comprensione di chi sono gli altri, sorge la compassione. Grazie al sorgere della compassione, sorgerà la motivazione di Bodhicitta dove si dirà, con ferma decisione: “io voglio diventare presto illuminato per beneficiare tutti gli esseri senzienti”.Quando nomino la motivazione di Bodhicitta subito molti ricordano la motivazione di Bodhicitta come interessamento altruistico. Il solo interessamento altruistico non è Bodhicitta. Bodhicitta è quella motivazione in cui sono presenti i due aspetti delle aspirazioni. L’aspetto dell’aspirazione

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come causa e l’aspetto dell’aspirazione come compagno, messe insieme queste due aspirazioni diventano Bodhicitta.L’aspirazione come causa significa che, affinché possa maturare Bodhicitta, è necessario aver precedentemente praticato veramente tanto la motivazione della grande compassione. La motivazione della compassione è l'aspirazione di causa. L’aspirazione come compagno è quella di dire: “io voglio diventare illuminato”. Insieme, queste due aspirazioni, diventano Bodhicitta, per cui nominando Bodhicitta non possiamo pensare di indicare il semplice interessamento altruistico, dobbiamo anche aggiungerci l’aspirazione a voler diventare illuminato.Affinché possa sorgere la motivazione di Bodhicitta è necessario si sia prima praticata la motivazione della grande compassione. La motivazione della grande compassione si interessa a voler beneficiare tutti gli esseri senzienti senza parzialità e discriminazione, quindi è un interessamento e per poterlo volere bisogna avere un motivo.La motivazione è comprendere che gli altri sono gentili, sono importanti e preziosi per noi. Così sorgerà la volontà di volerli aiutare, ma prima bisognerà capire perché sono gentili, cari e preziosi per noi. Questo si potrà spiegare introducendo la relazione riguardante la vita ciclica, la vita passata, quella presente e quella futura ma allora l'argomento diventerebbe enorme. Prendiamo, ad esempio, soltanto la vita presente, per poter vivere la nostra vita attuale abbiamo bisogno della collaborazione, della compartecipazione, del contributo di altri. Potremmo anche dire che ci sono persone cattive, che c’è chi ci ha bastonato, ciò è possibile, ma che motivo avremmo di non voler beneficiare quella persona? Semplicemente perché ci ha bastonato? Qui dobbiamo ragionare attentamente, se lo vogliamo escludere dobbiamo vedere se abbiamo una ragione valida. Prima di tutto quella persona non è uscita dall'utero di sua madre con il bastone nella cintura e nemmeno dicendo: “voglio bastonare quella tale persona”. Non pensava che avrebbe bastonato qualcuno, è nata come siamo nati noi. La prima cosa che abbiamo fatto è stato di cercare il latte dalla madre e anche quella persona ha fatto così, poi siamo cresciuti come è cresciuta lei e abbiamo sbagliato tante volte come lei. Siamo in una società, cresciuti in una certa famiglia, in una certa situazione, con certi amici, abbiamo ricevuto influenze di un certo tipo, noi come lei. Non è che noi siamo perfetti e lei è un essere pezzente, non è che noi siamo sempre perfetti e chi sbaglia è solo lei. Non è così. A un certo punto incontriamo questa persona e se prendiamo quella bastonata è perché non siamo tanto perfetti, sicuramente anche noi, dalla nostra parte, abbiamo fatto qualche errore perché nessuno ci viene a bastonare se siamo perfetti. Allora anche se ricevessimo una bastonata non avremmo un motivo valido per escludere questa persona dagli esseri che vogliamo beneficiare. Ormai noi siamo dipendenti dalla natura stessa, dal mondo stesso, non solo dagli esseri. È importante anche la natura, gli alberi sono importanti, i fiumi sono importanti, l’aria è importante, tutto diventa importante per la nostra sopravvivenza. La nostra sopravvivenza dipende dal benessere collettivo perché se il collettivo sta male anche noi stiamo male ed ecco che, allora, dovremo pensare al bene di tutti perché dentro ci siamo anche noi. Dobbiamo perciò ricordarci la gentilezza non solo verso gli esseri cari e preziosi ma anche verso la natura.Restando ancora sull’argomento della pratica della compassione è proprio quando nella nostra vita incontriamo delle persone che ci danneggiano che dovremmo fare lo sforzo maggiore di ricordare gli insegnamenti che abbiamo imparato. Ad esempio, se qualcuno ci danneggia colpendoci in testa con un bastone, noi proviamo dolore e sofferenza, ma dal punto di vista dell’insegnamento della pratica della compassione dobbiamo fare un certo ragionamento: la persona compie un’azione negativa e crea karma negativo. Creando karma negativo la persona stessa poi sperimenterà la sofferenza del samsara nella vita futura e nella vita presente. Questo è estremamente grave per quell'essere senziente che sta accumulando negatività, per cui il nostro dispiacere maggiore non dovrà essere perché stiamo provando dolore in testa, ma perché ci dispiace che quella persona stia accumulando negatività per avere sofferenze nella vita futura. Se in questo mondo vediamo persone che causano enormi distruzioni, questo non dovrà essere motivo di odio da parte nostra, queste persone non capiscono che continuano ad accumulare negatività e continueranno a sperimentare le

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negatività. Per noi la maggior preoccupazione deve essere proprio questa, che gli esseri più distruggono, più causano enormi danni e più incontreranno sofferenza, maggiore sofferenza. Ecco perché la nostra preoccupazione dovrà essere questa, non l’odio o il male che ci ha fatto, ma il male che sta facendo e che sarà dannoso per lui stesso.

Rispetto a tutto ciò c'è un Sutra nel quale il Buddha racconta come i ruoli delle persone cambiano da una vita a un'altra o di generazione in generazione. Nel Sutra c'è una strofa che dice più o meno così: “mangia la carne del padre, picchia la madre, la moglie morde le ossa del marito, tiene fra le braccia il proprio nemico, che roba da ridere nel samsara”. I ruoli si invertono nel samsara, da una vita all'altra cambiano, sono in continuo cambiamento. Del resto il cambiamento avviene anche durante la vita presente per cui, almeno durante la vita presente, dovremmo capire che non solo gli esseri senzienti umani, ma anche gli animali di differenti aspetti sono per noi cari, preziosi e gentili. Solo che, dopo la morte, rinascendo, ci si dimentica di quella relazione di parentela del passato. In realtà la relazione c'è sempre, solo che non si ricorda più la relazione avuta precedentemente. Ogni giorno noi incontriamo tante persone che spesso ignoriamo, di cui siamo completamente disinteressati, perché abbiamo l’impressione che non ci sia nessuna relazione tra di noi. Questo non è vero, è solo che l’abbiamo dimenticata perché nella vita passata siamo morti e poi siamo nati nuovamente e da una vita all'altra abbiamo dimenticato le relazione che abbiamo avuto con loro. In realtà tra tutti quanti esiste una relazione, solo che non la ricordiamo. Quindi è importante ricordare che c'è una relazione e che tutti sono importanti, preziosi, cari e gentili per noi perciò, quando vediamo che sono sofferenti, dobbiamo provare dispiacere e provare l’aspirazione e il desiderio di dire: “voglio che siano liberi dalle loro sofferenze”. Dobbiamo ripetere, familiarizzare perché la compassione non è una motivazione che si manifesta improvvisamente, è una motivazione che dovremo abituarci ad avere ripetendola tante volte, giorno per giorno finché, a un certo punto, ci sarà qualche segno che la nostra motivazione di amorevole gentilezza e compassione si è abbastanza stabilizzata. Fino a quel momento dovremo continuare a familiarizzare.

Per oggi non abbiamo spazio a vostra disposizione per le domande, se ne avete prendetene nota e me le farete in un’altra occasione, oppure ognuno rifletta e provi a trovare una risposta da solo. Tra ieri e oggi ho provato a spiegare cosa possiamo praticare in relazione ai tre differenti livelli dello scopo, se devo parlare riassumendo è così, se devo parlare per esteso ci vorrà molto più tempo e probabilmente non ho quelle realizzazioni che mi permettano di poterlo fare.

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