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    Introduzio

    neallinguaggiocinematografico

    diGinoBuscaglia,conlacollaborazionediR

    obertaDelPonte

    Dipartimento dell'educazione,

    della cultura e dello sport

    Divisione della scuola

    Centro didattico cantonale

    In concomitanza con la XX edizione di CASTELLINARIA, Festival internazio-

    nale del cinema giovane di Bellinzona, il Centro didattico cantonale lieto dipresentare a tutti gli interessati questa seconda edizione - aggiornata e riveduta -

    del quaderno Introduzione al linguaggio cinematografico , pubblicato laprima volta in occasione del primo Festival Film Ragazzi di Bellinzona , nel

    lontano 1988. Il quaderno si inscrive nella nutrita serie di proposte di educazionecinematografica e, per estensione, di educazione ai mass media che il nostro

    Centro porta avanti da numerosi anni. Siamo certi che questa pubblicazione po-tr tornar utile ai docenti che vorranno accompagnare i loro allievi alle proie-

    zioni del Festival e/o che tratteranno a scuola argomenti inerenti il mondo della settima arte .

    Bellinzona, estate 2008Stelio Righenzi, direttore CDC

    2008, Edizioni del Centro didattico cantonale di BellinzonaViale Stefano Franscini 32, Stabile Torretta, 6500 Bellinzona

    Tel: +41 (0)91 814 63 11www.scuoladecs.ti.ch

    [email protected]

    Impaginazione e grafica:Gustavo Filliger e Giorgina Gaffurini

    Sommario

    1. Equivoci e puntualizzazioni 2

    2. Strumenti di scrittura 3La fotografia cinematografica 3Gli effetti ottici 4Gli effetti speciali 5La registrazione sonora 5

    3. Modi di scrittura 5Il montaggio 6Il missaggio 9

    4. Leggere e giudicare 10

    L'inquadratura 10Movimenti di macchina 11Elementi di passaggio 12

    5. Bibliografia e siti Web 14

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    Il prodotto cinematografico (film) si presenta comunemente comeopera di immediata comprensione, la cui lettura cio piana, traspa-rente, con ridottissime difficolt interpretative: talmente accessibile atutti da ingenerare nel fruitore - lo spettatore - la convinzione che nonsia necessaria una lettura, l'operazione cio di decodifica di una serie dicodici, la cui conoscenza preventiva necessaria per poter giungere allacomprensione del messaggio, cos come avviene per altri prodotti di lin-guaggi - per cos dire - tradizionali come quello letterario. Ci deter-minato essenzialmente dal fatto che il cinema utilizza il codice di basedell'immagine in movimento, di cui sfugge la natura, appunto, di co-dice, in quanto il referente reale immediatamente riscontrabile, tantoche ci che si vede sullo schermo appare come una pura e fedele tra-sposizione di ci che l'occhio della cinepresa ha colto in sede reale. Si portati perci facilmente a parlare di riproduzione in luogo di rappre-sentazione, cadendo nell'equivoco di considerare il mezzo come stru-mento inerte, neutrale e innocente di registrazione. un po' quel cheaccade con la fotografia: da oltre un secolo considerata lo strumentoprincipe per documentare, cio riprodurre con fedelt ed in modo chefaccia fede una realt di cui si reputi necessaria la conoscenza. Il cinema esso stesso fotografia, per di pi in movimento, per cui... occorre perquesto, preventivamente, mettere a fuoco alcuni concetti fondamentali

    e sciogliere alcuni equivoci.

    1. Il prodotto filmico ha alla sua base - come fatto, per cos dire, ge-netico - la manipolazione, cio l'intervento selettore, modificatore, cor-rettore - infine - creativo di uno o pi autori; per cui in nessun caso ciche si vede sullo schermo pu essere considerato riproduzione di undato reale, bens sempre rappresentazione, cio proposta di un partico-lare modo - soggettivo - di vedere e interpretare quella realt e quel pro-blema reale. Per conseguenza: ogni prodotto filmico un prodotto ideo-logico, sia pure in senso lato.

    2. Un film - qualsiasi film - un prodotto di comunicazione, ma di una comunicazione unidirezionale e che esclude ogni possibilitdi dialogo (dove per dialogo si intende la possibilit per due interlocutori di intervenire contemporaneamente, in rapporto di reciprocit,su uno stesso argomento con identici strumenti e pari forza). Il film il tipico esempio di comunicazione senza risposta in quanto tra

    emittente (comunicatore) e destinatario (fruitore) si frappone un mezzo (prodotto-film) estremamente forte, il cui linguaggio e i cuistrumenti di costruzione sono in mano esclusivamente all'emittente, il quale altres l'unico depositario della possibilit di decidere itempi, i modi e persino i luoghi in cui dar corso alla propria comunicazione (e in molti casi si sceglie anche un preciso destinatario).

    3. Un film non mai un documentario, anche se si presenta con questa etichetta, perch non pu esserlo (se per documentario siintende un prodotto aderente perfettamente alla realt cui si riferisce e di cui riproduzione esatta e tale da fare fede): troppi elementifanno da filtro tra la realt da documentare e la sua documentazione, e sono elementi necessari e ineliminabili, tanto che se mancasseronon sussisterebbe neppure il film. La documentazione in un film esiste solo a livello di senso, mai a quella di messaggio. Un esempioper chiarire: in un documentario sulla nascita e lo sviluppo di un fiore, si assiste effettivamente alla nascita e allo sviluppo del fiore:nulla inventato e tutto avviene esattamente come nella realt, tranne che il fiore sullo schermo alto un metro e mezzo ed ha il dia-metro di una quercia, la luce artificiale, i colori sono corretti e filtrati, i tempi del processo naturale e completo sono ridotti a pochiminuti in luogo dei giorni effettivamente impiegati dal fiore reale per nascere e crescere, il fiore stesso stato isolato dal suo contestonaturale, che la cinepresa ha deliberatamente escluso per una necessit di scelta. In altre parole: il messaggio del film la rappresen-tazione (ottenuta con la necessaria manipolazione degli elementi reali) della nascita e dello sviluppo di un fiore, il che produce il senso

    del film, che la documentazione della nascita e dello sviluppo del fiore.4. Il concetto di autore in campo cinematografico estremamente labile e incerto, a differenza di altri campi espressivi (in pittura,scultura, letteratura non sussistono dubbi) e ci dipende dalla particolarit dei modi di produzione del cinema, che se da un lato sonostati fissati dall'industria, che fin dalle origini si impadronita del mezzo, dall'altro il mezzo stesso con le sue peculiari caratteristichead imporre un lavoro con-creativo di un quipe di persone, il ruolo di ciascuna delle quali in momenti diversi assume i caratteri dellapriorit. Se comunemente si parla del Regista come dell'autore di un film, solo perch, in epoca abbastanza recente (dagli anni '40circa, prima si trattava per lo pi di eccezioni) questa figura si introdotta in modo determinante in tutte o quasi le fasi di realizzazionedel prodotto filmico (a questo proposito il film Effetto notte di Franois Truffaut un buon esempio documentario); ma anche aigiorni nostri questa una realt tutt'altro che generalizzata. Un fatto resta fisso e - questo s - generalizzato: la divisione rigida - salvosporadiche eccezioni - del lavoro che sta alla base della realizzazione di un film. E questo perch i modi di produzione cinematograficasono quelli tipici dellindustria, per sua natura basata sul profitto, sul rendimento, sul controllo dei ritmi di lavorazione, sulle leggieconomiche. Per cui, al limite, si potrebbe affermare che il vero Autore del film l'industria che l'ha prodotto.

    5. Il film il prodotto di un linguaggio specifico con suoi codici, suoi particolari modi di scrittura; un linguaggio nuovo e del tutto

    autonomo rispetto ad altri pi antichi e conosciuti - oltre che accettati come tali - e che il risultato di una sorta di composto chimicodi pi linguaggi tradizionali (non una pura sommatoria, un miscuglio di pi linguaggi, si badi bene).

    Equivociepuntua

    lizzazioni

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    Nel linguaggio cinematografico convergono - e si annullano per pro-durre altro - i linguaggi letterario, teatrale, pittorico, musicale, pi al-cuni derivati come il poetico, il gestuale-mimico ed altri. Un linguaggiodotato di un potenziale espressivo enorme e in grado di agire ai pi di-versi livelli di percezione, non escluso quello subliminale, in grado dicoinvolgere - e travolgere - il fruitore, sia in sede emotiva sia in quellarazionale, con effetti totalizzanti cui estremamente arduo sfuggire. Inpi: un linguaggio che per decenni ha mascherato se stesso o stato ma-scherato, occultato appunto come linguaggio, dietro il paravento dellospettacolo e, pi recentemente, dietro quello non meno insidioso del-l'opera d'arte. Il risultato di tutto questo il dato di fatto di un diffusis-simo analfabetismo cinematografico, che comporta una maggioritariasudditanza dal mezzo da parte dei fruitori, complice anche una certasclerotica critica che si ostina ad applicare al prodotto cinematograficoparametri di analisi e di giudizio inadeguati, perch desunti da altri lin-guaggi (la letteratura e il teatro principalmente). Se a queste considera-zioni si unisce la constatazione che il prodotto cinematografico - equindi il linguaggio - quello maggiormente consumato, essendol'unico autenticamente di massa, i dati del problema risultano fin troppochiari.

    qui che si innesta prepotentemente il discorso sulla scuola, chiamatain causa dalla necessit di procedere ad una alfabetizzazione di massaal linguaggio cinematografico. Ma occorre chiarire ancora per elimi-nare gli ultimi equivoci. Non bisogna certo far cinema a scuola o pro-porre il cinema nella scuola per stimolare il senso critico degli alunnicome tanto spesso si detto e si continua a dire, cadendo in due trappoleletali: da un lato il sottovalutare ancora una volta la potenzialit del ci-nema e il negargli ancora lidentit di linguaggio specifico, dall'altro ilpostulare l'esistenza di un ipotetico senso critico indifferenziato, onni-comprensivo e perci astratto e scientificamente inattendibile. Occorreinvece far cinema e proporre cinema non per parlare d'altro, ma per parlare di cinema: per individuarne i codici e le regole e poi esten-dere il campo di indagine a tutto il vasto territorio della comunicazione di massa con i suoi strumenti e le sue leggi (il cosiddetto uni-verso dei mass-media). E ci significa prendere in considerazione, tanto per partire, due elementi: il problema cinema (modi di pro-duzione e industria culturale) e il linguaggio cinematografico (codici, morfologia, sintassi). Allora potr anche capitare di accorgersi

    che il resto della pratica scolastica ha trovato un ottimo perno intorno al quale girare armoniosamente e con effetti risolutori.

    Strumentidiscrittura In modo piuttosto semplicistico e un tantino banale si usa dire che la penna stilografica con cui si scrive il cinema la cinepresa. un'affermazione sostanzialmente vera nella sua metaforica sinteticit, ma che necessita di alcuni chiarimenti in estensione, in quanto

    per cinepresa si intende un sistema complesso di elementi ad alto contenuto tecnologico, che non necessariamente sono compresi -tutti - nell'apparecchio cinepresa, ma che hanno, per la maggior parte, la cinepresa come perno centrale in grado di operare la mani-polazione dei dati reali, confezionando la rappresentazione cinematografica, che produce poi il cosiddetto effetto realt cio un mes-saggio con l'apparenza della riproduzione del reale: una fittizia realt che in molti casi appare pi reale della realt stessa.Vediamo schematicamente questi elementi.

    La fotografia cinematografica molto diversa dalla fotografia pura e semplice, in quanto deve presupporre il movimento, con i conseguenti e specifici problemi cheesso crea, una componente fondamentale di ogni film. Attraverso la luce e il colore (e anche il bianco e nero colore) lo spazio ci-nematografico acquista senso, si drammatizza, diventa parte integrante e costitutiva della narrazione stessa, perch la luce e il colorenon sono quasi mai utilizzati per ottenere un semplice effetto naturalistico, ma con lintento di aggiungere un particolare significatoespressivo o simbolico alle immagini cinematografiche e di conseguenza alla vicenda rappresentata.Dire fotografia significa parlare di un sistema di elementi:

    a. I supporti. Il pi antico la pellicola, in bianco e nero e a colori, con diversi gradi di impressionabilit (sensibilit alla luce); poisi aggiunto il nastro magnetico delle videocamere; ed oggi sta furoreggiando il digitale, che offre ulteriori possibilit espressive (oltread abbattere sensibilmente i costi di produzione).

    b. Gli obiettivi, che sono fondamentalmente tre (un tempo le cineprese montavano una torretta rotante su cui erano applicati questitre obiettivi): l'obiettivo normale con una focale standard (che per fu perfezionato dal grande Orson Welles con il Panfocus, che con-

    sente la messa a fuoco di tutti gli elementi di uninquadratura, sia in primo piano sia sullo sfondo anche lontano); il grandangolo, ingrado di ampliare il campo visivo fin quasi a 180 gradi (c' tutta una serie di grandangoli e qui ovviamente ci si riferisce ad un tipomedio); il teleobiettivo, le cui capacit sono universalmente note. Da parecchi anni ormai diventato molto comune lo zoom, che non un obiettivo vero e proprio, bens un sistema di lenti mobili che consentono di passare attraverso le tre gamme degli obiettivi tradi-zionali e che hanno permesso di scoprire ulteriori effetti cinematograficamente molto efficaci.

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    c. L'illuminazione. Elemento primario quanto a importanza, poich interviene nell'inquadratura in modo determinante, facendosicos elemento linguistico. Occorre infatti tener presente che l'illuminazione in cinematografia non quasi mai naturalistica - ciotesa esclusivamente a mettere in evidenza, in senso letterario, l'oggetto ripreso - bens calcolata in base alla espressivit che siintende conferire nel contesto della narrazione all'oggetto ripreso. Fondamentalmente l'illuminazione di quattro tipi (con tutte levariazioni opportune): di fondo, di prospetto, a piombo e di taglio (laterale).

    d. I filtri. Materiali trasparenti o traslucidi che si pongono davanti all'obiettivo per operare le pi diverse correzioni-modificazioni(manipolazioni). Ce n' una variet pressoch infinita e adatta alle pi strane esigenze. Qui ci limitiamo ad elencarne alcuni tipi: filtri

    colorati, che consentono di far emergere una dominanza cromatica, attenuando o annullando del tutto le altre; cross screen, in gradodi trasformare ogni fonte luminosa (dal lampione al fiammifero) in una croce di luce; flou, che ammorbidisce i contorni degli oggetti,d enfasi ai colori, costruisce impalpabili aloni luminosi appena percettibili ... e via elencando. A mo' di nota, pensiamo che con l'usoaccorto dei filtri possibile fare di un cielo plumbeo da pre-temporale una volta di un bell'azzurro solcata qua e l da bianche nuvo-lette.Tramite la fotografia si confeziona (si scrive) l'elemento basilare del linguaggio cinematografico, quello che in un certo senso puessere chiamato parola cinematografica, cio linquadratura (ne parliamo pi avanti).

    Gli effetti otticiSono un corollariodella fotografia cine-matografica. Proce-diamo ancora sche-

    maticamente:

    a. Le sovraimpres-sioni. Un nastro dipellicola pu essereimpressionato pivolte, utilizzandosoggetti diversi cheentrano perci in rap-porto tra loro, cre-ando effetti a volta avolta di sogno, di in-cubo, allucinatori, opi semplicemente

    facendo apparirereali ambienti deltutto immaginari ( ilcaso dei film di fanta-scienza, come Guerrestellari, nei quali siassiste a battagliespaziali sorprenden-temente realistiche),in quest'ultimo casola sovraimpressionenon appare come tale.

    b. I movimenti di

    macchina. La cine-presa si pu muovere,sia per seguireun'azione, sia per so-stituirsi all'attore (siha cos la ripresa insoggettiva), sia perrendersi complicedello spettatore cheviene messo in gradodi vedere e conosceremolti pi elementi degli stessi protagonisti. A rigore, per, i movimenti di macchina devono essere considerati non tanto degli effettiquanto veri elementi linguistici, di cui parleremo pi avanti.

    c. La velocit di ripresa. Tenendo presente che la normale velocit di scorrimento della pellicola in proiezione di 24 fotogrammial secondo e che cos lo spettatore percepisce come naturale il movimento dei personaggi in azione, si pu facilmente intuire la po-tenzialit espressiva della variazioni di velocit durante la ripresa: il movimento pu essere rallentato e viceversa accelerato, con ef-fetti romantici, drammatici, esilaranti (pensiamo al rallentatore crudele di un Sam Peckinpah o all'acceleratore comico di un Rido-lini).

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    Strumentidiscrittura

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    StrumentidiscritturaGli effetti specialiComunemente denominati con la sigla inglese FX, sono chiamati trucchi e con un'accezione spregiativa del termine. Occorre invece

    pensare a questi trucchi come a specifici elementi espressivi, in grado, potentemente, di contribuire alla costruzione di quell'effettorealt cui si accennato. D'altra parte la nascita degli Effetti Speciali contemporanea a quella del cinema: un gemellaggio moltoprossimo allidentit. In epoca recente, poi, gli FX hanno dato vita ad una vera e propria industria, giungendo a risultati di altissimaperfezione tecnico-espressiva (pensiamo a film di grosso successo come Il dottor Zivago, Lo squalo, Guerre stellari e Incontriravvicinati, per non parlare di un grande capolavoro come 2001 Odissea nello spazio: tutte opere fondate sull'effetto speciale; oggi

    poi con lavvento della computer-grafica tridimensionale, non c pi limite alla fantasia con esiti strabilianti: basti pensare alla trilogiadi Matrix o alla saga de Il Signore degli Anelli). Per cui, fabbricare la nebbia, creare un terremoto, far levitare un uomo, far atterrareun disco volante in piazza del Duomo, animare degli oggetti, sono s dei trucchi, ma sono anche e soprattutto dei modi per contribuirea scrivere un film: sono una buona carica di inchiostro di ottima qualit nella penna stilografica del cinema.

    La registrazione sonoraL'elemento sonoro nel linguaggio cine-matografico divenuto ormai da moltotempo un codice preciso e ineliminabile.Per cui tra gli strumenti di scrittura fil-mica entrano con pieno diritto le appa-recchiature per la registrazione delsuono, apparecchiature ora divenute

    perfezionatissime e sofisticate con mi-crofoni unidirezionali, sensibilissimi,con filtri selettori, bande magnetiche api piste e cos via. E fermiamoci qui - pi che sufficiente l'accenno - per nonaprire un discorso che ci porterebbetroppo lontano.

    Tutti questi strumenti, questi elementi dinatura tecnologica, costituiscono quelloche sinteticamente - e un po' approssi-mativamente - potremmo chiamare il si-stema cinepresa: la penna stilograficadel cinema, una penna che necessita na-

    turalmente di qualcuno che la impugniper poter dar corpo alla composizione,che scriva il testo cinematografico. Co-stui l'autore, singolare o collettivo chesia, che usa particolari modi di scrittura

    Ogni prodotto filmico (il film) un or-ganismo logico - con una sua logica -frutto di un'accurata progettazione fina-

    lizzata a precisi esiti espressivi, signifi-cativi. Un organismo che trova la sua si-gnificazione ultima nella sua particolarestruttura. E la struttura di un film ilprincipio di identit di quello specificofilm.Parlando di struttura e di principio di identit di un film sarebbe necessario aprire il discorso sui Generi cinematografici, cio queigrandi raggruppamenti di prodotti che trovano, per una serie di codici generali specifici e ricorrenti in ciascun prodotto, una particolarecollocazione (western, poliziesco, fantascienza ecc.): sarebbe come dire che un film individuato per nome dalla sua particolare strut-tura e per cognome dalla presenza all'interno di questa struttura di particolari codici che lo collocano nell'ambito di un preciso genere(una sorta di famiglia). Ma sarebbe un discorso troppo ampio, che qui tralasciamo.La struttura di un film costruita organizzando gli elementi linguistici del cinema, le cosiddette unit significanti.Vediamole schematicamente:

    a. L'inquadratura (unit significante semplice), detta generalmente Piano, l'elemento basilare del linguaggio. (N.B.: non ha nientea che vedere col fotogramma, il quale un puro fatto materiale, un frammento di pellicola la cui durata sullo schermo di 1/24 di se-condo - e perci risulta impercettibile a livello cosciente da parte dello spettatore - mentre per fare un'inquadratura occorrono comeminimo una ventina di fotogrammi). un quadro unico, di durata variabile (da meno di un secondo ad alcuni minuti), realizzato conun'unica ripresa continua..

    Modidiscritt

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    b. La scena (unit significante complessa): l'unione di una serie di inquadrature; si basa sulle tre regole classiche di unit di tempo,di luogo e di azione (con buona approssimazione).

    c. La sequenza (unit significante complessa): l'unione di una serie di scene; delle tre regole classiche rispetta solo lunit di azioneintegralmente, mentre pu trasgredire in gran parte a quella di luogo e quasi del tutto a quella di tempo.

    d. Il blocco narrativo (unit significante complessa): l'unione di una serie di sequenze; rispetta solo lunit d'azione, e anche questain senso lato.

    e. Il pianosequenza (unit significante semplice di valore complesso): un elemento, per cos dire, anomalo definito dalla sua stessadenominazione: un piano (inquadratura) di durata estremamente dilatata e perci tale da assumere potenzialit significanti che trava-licano addirittura la scena per andare a coincidere con la sequenza e persino oltre (si pensi al film Larca russa di Aleksandr Sokurovcostituito tutto di un unico pianosequenza).Ultimo elemento che concorre alla costruzione del prodotto filmico e che perci entra nel novero dei materiali da organizzare (com-porre), anche se non di natura visiva, la colonna sonora.Tutti questi elementi, realizzati con gli strumenti di scrittura di cui abbiamo parlato, formano il materiale filmico.Esiste, cio, gi una scrittura, ma non ancora una composizione: in altre parole c' il quaderno degli appunti e delle note entro il quale gi contenuto il romanzo, il blocco di marmo ma non ancora la statua. Da quel materiale si deve estrarre l'opera. I modi per farquesto sono due: il montaggio e il missaggio

    Il montaggio un'operazione complessa e delicatissima che mette in relazione tra loro le varie unit significanti; crea il ritmo di ciascuna unit si-

    gnificante complessa e il ritmo complessivo del film; costruisce il messaggio, il significato del film (che anche il significante finale,quello cio che ha come significato il Senso, che alcuni definiscono anche come Valore).I modi di montare un film, con le soluzioni da scegliere e adottare, sono praticamente infiniti: ogni montaggio fa in pratica storia a s,perch l'elemento catalizzatore da cui scaturisce lo stile e la fisionomia specifica di un prodotto e di un autore. Esistono comunque

    alcuni tipi generali di montaggio, chesi sono venuti definendo nel corsodellintensa, anche se ancor relativa-mente breve, storia del cinema. Cia-scuno di questi tipi generali pu, na-turalmente, originare derivazioni,pu essere variato; pi tipi possonoconcorrere per un esito ancora di-verso e originale; e niente esclude cheil futuro - immediato o remoto - porti

    alla scoperta di altri tipi di montaggio:il linguaggio cinematografico estre-mamente vivo, costantemente in di-venire e teso a superare se stessoquanto ad acquisizioni. il regno delprovvisorio e del difficilmente codifi-cabile, per cui l'elencazione schema-tica che segue ha il valore di pura in-dicazione di massima e nonrappresenta certo l'esposizione di cer-tezze dogmatiche, di fatti definitiva-mente acquisiti: fortunatamente i pu-risti in campo cinematografico hanno

    vita breve e infelice, mentre c' ampiospazio per chi ricerca e sperimenta(che poi a restringere questi spazi cipensi l'industria per interessi suoi, un altro discorso).I tipi generali di montaggio:

    a. Lineare e consecutivo: quello pitradizionale e piano, che segue scru-polosamente lo sviluppo cronologicodell'azione. Di solito serve una vi-cenda unitaria con il suo personaggio-chiave..

    Modidiscrittura

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    b. Alternato: visualizza la contemporaneit di due azioni, complementari tra loro, con efficaci esiti drammatici e di tensione, mon-tando momenti di un'azione A alternativamente con momenti dell'azione B (es: mentre la bella fanciulla sta per essere torturata alcampo indiano, l'eroico tenentino guida l'arrivo dei nostri).

    c. Parallelo: una variazione-derivazione del precedente; sono montate alternativamente scene e sequenze con personaggi che nonsi conoscono e agiscono in ambienti diversi (spesso lontani), vivendo esperienze che non hanno un rapporto di immediata ed evidentecomplementariet. Normalmente questo tipo di montaggio termina ad imbuto ritornando al tipo lineare o alternato dopo il fataleincontro dei due protagonisti, incontro che determina un'interferenza tra i rispettivi modi di essere e di comportarsi dei due (pensiamo

    aIl Dottor Zivago dove, nella prima parte assistiamo alla vita di Zivago e di Lara prima del loro fatale incontro).

    d. Delle attrazioni, detto anche ideologico: porta la firma prestigiosa di uno dei pi grandi maestri del cinema mondiale, Sergei Mi-kailovic Eisenstein, cui se ne deve linvenzione e la teorizzazione conseguente. essenzialmente basato sul principio dellanalogiae della contrapposizione a senso: un'immagine pu suggerire un'altra immagine di natura diversa, ma alla prima collegata da analogiedi forma e di significato e di cui pu rappresentare una spiegazione a senso in chiave ironico-sarcastica o drammatica. Oppure i modidi chiusura di una scena possono richiamare direttamente la scena successiva con l'anticipazione, sempre a senso, delle conseguenzedi una preannunciata interferenza tra due azioni che ancora non interferiscono (ad esempio, nel film Sciopero di Eisenstein, la scenain cui, su sollecitazioni degli industriali, il capo della polizia decide di schiacciare con la forza lo sciopero, si chiude con la mano indettaglio del poliziotto che si protende ad afferrare lo spolverino per asciugare l'inchiostro dell'ordine appena firmato, mentre la scenasuccessiva si apre con la riunione dei sindacalisti: grazie ad una lunga dissolvenza incrociata si vede la mano del poliziotto che pareafferrare e stritolare il gruppo degli operai; in effetti pi tardi si assister al massacro degli scioperanti da parte dellesercito, e la se-quenza del massacro montata in alternato tra scene di uccisioni umane e scene di un mattatoio in piena attivit).

    Modidiscrittura

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    All'interno dei vari tipi di montaggio intervengono - possono intervenire - alcuni procedimenti particolari, come l'ellissi e il flashback.Nel primo caso, di un'azione vengono descritti i momenti iniziale e finale e si omette quello centrale, che viene cos lasciato all'intui-zione (spesso al dubbio) dello spettatore (es: un uomo seduto, spalle alla finestra, ad una scrivania in uno studio, di sera; in giardinoun individuo mascherato spia attraverso i vetri; il mattino dopo la governante apre la porta dello studio e lancia un urlo: l'uomo allascrivania giace riverso con un coltello infilato nella schiena. Lo spettatore non ha visto l'assassinio, ma pu agevolmente capire come avvenuto).Nel secondo caso - quello del fla-shback - all'interno del tessuto narra-tivo si operano degli inserti relativiad avvenimenti accaduti in epocapassata rispetto a quella che rappre-senta il tempo presente narrativo delfilm. Un uso molto accentuato delflashback pu dar luogo ad un altrotipo di montaggio, che potrebbe es-sere definito ad intarsio.Il montaggio ha come scopo la co-struzione del ritmo del film, ele-mento fondamentale ai fini dellaconfezione delle atmosfere e, in ul-tima analisi, del messaggio. Per que-

    sto il calcolo dei tempi, delle duratedi inquadrature di scene e sequenze di primaria importanza.Scene con un certo ritmo, poste in re-lazione ad altre con ritmi diversi,creano rapporti da cui dipende la si-gnificazione. Tali calcoli sono pre-ventivamente stabiliti e studiati, ma in sede di montaggio che vengonodefiniti e fissati. Durante le riprese,le inquadrature sono girate tenendopresente il piano di montaggio. Perquesto si fa largo uso delle tecnichedel master e del taglio sul movi-mento, che consentono di dare flui-dit allo sviluppo dell'azione e direnderla pi realistica. Per chiarire:la ripresa in master consiste nel gi-rare una scena una prima volta incontinuo e in tempo reale (una sortadi pianosequenza) e poi riprendereporzioni della stessa azione da di-verse angolazioni e in piani ravvici-nati: in sede di montaggio un movi-mento iniziato in inquadratura di tipoA prosegue in B e termina in C, op-pure torna in A. Per far questo si

    opera una serie di tagli in movimento(meglio dire sul movimento) inmodo che la stessa azione, pur ri-presa da diverse angolazioni e a di-verse distanze, risulti continua e per-ci fluida.Quando il montaggio terminato, ilfilm ha gi una sua precisa fisiono-mia, che gli data dalla sua propriastruttura e dal suo proprio ritmo, manon ancora completamentescritto: dell'opera finita c' solo lacosiddetta colonna visiva, che devefondersi con la colonna sonora.

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    Modidiscrittura

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    Modidiscrittura

    Il missaggio

    Quella che comunemente detta colonna sonora, di fatto composta da tre (almeno) colonne diverse: colonna dei rumori, colonnadel parlato, colonna musicale.A parte i casi di film che utilizzano la ripresa sonora diretta realizzando contemporaneamente le riprese visive con quelle sonore chevengono poi missate (cio unite al visivo) cos come sono, come in certi reportage, le colonne comunemente vengono registrate cia-scuna per conto suo e solo in un secondo momento miscelate tra loro. Questa operazione di miscela il Missaggio (in gergo: Mix),un vero e proprio montaggio sonoro e poi sonoro-ottico.Per il parlato e per i rumori, gi in sede di riprese si realizza una colonna-guida: una registrazione diretta - e naturalmente sporca, contanto di papere degli attori e rumori sbagliati e superflui - che consentir in seguito di far quadrare i tempi del recitato pulito dei dop-piatori e l'intervento opportuno ed efficace dei rumori previsti (e solo quelli).Per questo nella maggioranza dei film il sonoro pu essere naturalistico senza essere per nulla naturale, mentre in altri si trova unsonoro del tutto antinaturalistico in forma piena e che concorre da protagonista alla costruzione della significazione dell'opera filmica.Tra questi due estremi, ovviamente, esiste una notevole gamma di variazioni e di sfumature. Facciamo qualche esempio. Nella colonnadel parlato, spesso oltre ai dialoghi dei personaggi, che naturalmente parlano tra loro, si inserisce anche una voce fuori campo (voceoff), del tutto innaturale, appartenente ad un narratore estraneo alla vicenda e che funge da arcano testimone, o ad uno dei personaggi,che ricorda i fatti e d il via alla storia e spesso anche la contrappunta. Nella colonna musicale, oltre alla musica esterna alla vicenda(la vera e propria colonna sonora) che la commenta e la sottolinea spesso enfatizzandola, talvolta si inserisce una composizione mu-sicale interna, che pu essere il brano di un disco o una canzone trasmessa per radio o lesibizione di unorchestra, ascoltata dai per-sonaggi del film. Comunque, tantoper continuare ad essere schema-tici, cerchiamo di definire i tre tipigenerali di sonoro.

    a. Diretto naturalistico: quello, ac-cennato pi sopra, tipico di moltireportage televisivi, ma anche pro-prio di tutto un filone cinematogra-fico, che va dal cinema-verit finoal cinema militante in auge qual-che decennio fa.

    b. Sincrono naturalistico selet-tivo: il pi comunemente usato equindi il sonoro che appare comemeno artefatto, mentre in effettitutto in esso artificiale e artifi-cioso, in quanto tutto, dal parlato airumori, rigorosamente selezio-nato, posto ad un determinato li-vello auditivo, al fine di produrreprecisi effetti, che per non appa-iono come tali.

    c. Asincrono: in questo caso il so-noro volutamente sfasato rispettoalla colonna ottica (e i tipi di sfasa-tura sono pressoch infiniti) con laquale si pone in rapporto dialet-tico. Anche questo tipo di sonoro stato ampiamente teorizzato (e ap-plicato nelle sue ultime opere) daEisenstein, ed in epoca recentetrova un nuovo rilancio.Col missaggio l'opera cinemato-grafica scritta; ora occorre leg-gerla.

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    Premesso che un linguaggio un sistema di significazioni ben pi complesso di una lingua (che elemento concorrente alla formazionedi un linguaggio senza esserlo di per s sola) e che se si parla di grammatica e di sintassi ci si riferisce automaticamente alla linguasoltanto, si deve affermare che il cinema un linguaggio gi ben consolidato e sufficientemente definito, ma entro il quale piuttostodifficile (c' chi dice impossibile) individuare una lingua cinematografica con una precisa grammatica e una sintassi definita, in quantogli elementi morfologici di questa ipotetica lingua sono ancora molto labili, contraddittori e tendono a sfuggire ad una rigorosa e rigidaclassificazione. Ci che finora pu apparire come lingua; e perci coi connotati della grammaticalit e della sintatticit; tale solo perestrapolazione statistica, per sufficiente costanza di ricorrenze. In questo campo il dibattito critico-filologico ancora apertissimo evivace come pure la ricerca con i conseguenti tentativi di classificazione e di definizione.Quel che di linguistico (in senso stretto) emerso come definito all'interno del linguaggio cinematografico accettato - e qui vieneesposto sinteticamente - solo in sede provvisoria, in attesa di ulteriori sviluppi.Il film sempre il prodotto del linguaggio cinematografico, mai solo della lingua cinematografica, in ci pi simile ad un discorso- tanto per fare dei paragonichiarificatori - che ad un li-bro (entrambi sono prodottidel linguaggio letterario,ma il discorso essenzial-mente linguaggio, mentre illibro fatto esclusivamentedi lingua).Per cui per leggere un film indispensabile individuare

    e penetrare i codici stretta-mente linguistici e quellipi propriamente di lin-guaggio, cos come per de-codificare (comprendereappieno) un discorso oc-corre conoscere la lingua ele sue regole, ma anche i co-dici del tono, della infles-sione, della pausa, dellal-tezza della voce. E poi soprattutto - cogliere le relazioni intercorrenti tra questi codici.Cerchiamo ora di esporre schematicamente i principali codici del linguaggio cinematografico, cominciando da quelli che potrebberoessere intesi come morfemi e sintagmi della nostra ipotetica lingua cinematografica. Per maggior chiarezza (ma con una buona dosedi approssimazione e un pizzico di arbitrariet) terremo come costante pietra di paragone la lingua letteraria.

    LinquadraturaCodici costitutivi la lingua cinematografica possono essere considerate le unit significanti - semplici e complesse - di cui si gi par-lato, tra le quali basilare l'inquadratura (piano), che un po' la parola cinematografica. L'inquadratura definita quanto al Tipo dalledue categorie di Campo (inquadratura da lontano) e di Piano (inquadratura da vicino); definita quanto al Modo dalla Angolazione(dall'alto, dal basso, di fianco ecc.).Le specifiche definizioni dei vari tipi sono date dalla distanza cui si colloca l'oggetto ripreso dal punto di ripresa:

    a. Campo lunghissimo (in sigla CLL): comprende una vastissima porzione di territorio, entro la quale inserito l'oggetto di ripresa,che appare lontanissimo e di cui quindi sono indistinti i connotati.

    b. Campo lungo (CL): la porzione di territorio compresa in quadro ancora molto vasta, l'oggetto ripreso appare lontano ma se ne in-dividuano meglio i connotati, anche se sfuggono ancora i particolari.

    c. Campo medio (CM): la porzione di territorio si ulteriormente ridotta, e l'oggetto ripreso chiaramente riconoscibile anche se ap-pare ancora piuttosto lontano.

    d. Totale (T): l'inquadratura con il maggior numero di denominazioni: pu essere detta, a volta a volta, Campo Totale, Piano Totale,Piano Intero, Campo Corto. un'inquadratura ibrida, tanto da essere considerata una sorta di trait d'union tra i Campi (inquadraturein cui l'elemento dominante l'ambiente) e i Piani (inquadrature in cui predominante l'oggetto di ripresa, il personaggio). Si ha untotale quando l'oggetto di ripresa occupa per intero il quadro dello schermo.

    e. Piano americano (PA): l'oggetto di ripresa (d'ora innanzi lo chiameremo costantemente personaggio anche se questa una deno-minazione riduttiva) offre allo sguardo i due terzi del proprio corpo (un personaggio in piedi visibile dalla testa al ginocchio).

    f. Mezza figura (MF): il personaggio viene inquadrato dalla cintola in su; si chiama anche Piano Medio.

    g. Primo piano (PP): il classico mezzo busto, l'inquadratura tagliata all'altezza delle spalle del personaggio.

    h. Primissimo piano (PPP): solo il volto del personaggio occupa per intero l'inquadratura.i. Dettaglio (Dt): si inquadra esclusivamente una porzione del volto o del corpo del personaggio (occhi, bocca, una mano, ecc.) o unoggetto relativamente piccolo, anche se visto per intero (il che presupporrebbe un Totale), cio un oggetto che potrebbe essere impu-gnato o comunque maneggiato (tanto che se cos fosse, il personaggio apparirebbe in dettaglio).

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    Tutte le inquadrature, nessuna esclusa, possono essere oggettive o soggettive. oggettiva linquadratura che descrive i fatti, le azioni che si svolgono sullo schermo, come una sorta di finestra virtuale e mobile attraverso la quale lo spettatore guarda ci che avviene oggettivamente. Questo almeno in apparenza, perch in realt lo sguardodello spettatore viene sempre accuratamente guidato dallautore dellopera filmica che ha sapientemente costruito tipo e modo del-linquadratura. soggettiva linquadratura che coincide perfettamente con il punto di vista di uno dei personaggi della vicenda narrata: come se lospettatore fosse dentro la testa del personaggio e vedesse ci che lui vede in quel preciso momento (un esempio storico: il film Ladonna nel lago 1946 - di Robert Montgomery stato girato tutto in soggettiva, e il personaggio appare agli spettatori solo quandopassa davanti ad uno specchio).Se le inquadrature sono le parole cinematografiche, pi parole poste in ordine logico danno la frase, cio la scena cinematografica.Analogamente pi frasi in rapporto tra loro danno il periodo, cio la sequenza cinematografica. E ancora: pi periodi formano il ca-pitolo, cio il blocco narrativo cinematografico. Nella lingua letteraria non esistono elementi specifici che determinano i rapporti dicoordinazione e di subordinazione tra i vari morfemi e i vari sintagmi (a parte, e comunque non sempre, i segni di interpunzione),mentre esistono nel linguaggio letterario (tono,inflessione, pausa ecc.). Essendo il cinema essen-zialmente linguaggio e molto poco lingua, i rap-porti logici che legano morfemi e sintagmi cine-matografici sono determinati da precisi codici dilinguaggio, che solo in qualche particolarissimocaso possono essere paragonati ai segni di inter-punzione sopra accennati. Questi codici di rac-

    cordo sono i Movimenti di Macchina e gli Ele-menti di Passaggio: i primi realizzati (scritti) insede di ripresa e i secondi sempre in ripresa masoprattutto in montaggio.

    Movimenti di macchinaa. Panoramica: pu essere da sinistra a destra (eviceversa), dall'alto in basso (e viceversa); la siottiene facendo ruotare la cinepresa sul proprioasse, descrivendo cos un arco. Quando la pano-ramica viene operata allinterno di un'inquadra-tura piuttosto ravvicinata (ad es: un CM o un T),si pu avere una sensibile modificazione delModo dell'inquadratura stessa (pu cambiarel'angolazione) pur restando inalterato il suo Tipo(dato che la distanza di ripresa resta inalterata).

    b. Carrello: viene comunemente chiamato ancheCarrellata. Lo si ottiene facendo scorrere la cine-presa a velocit predeterminata lungo dei binari,o tramite un carrellino con ruote pneumatiche, sudi un percorso lineare. Il carrello pu essere oriz-zontale anche frontale o posteriore a seguire- (e spesso viene usato per accompagnare un mo-vimento) o avanti e indietro, cio in avvicina-mento o in allontanamento dall'oggetto di ripresa.Nel primo caso l'inquadratura non subisce altera-zioni, mentre negli ultimi due viene modificataquanto al Tipo (si pu passare da un CL ad un PPo viceversa) ma non quanto al Modo (l'angola-zione resta sempre quella).

    c. Dolly: un'amplissima panoramica, spesso mista ad un movimento di gru, che amplia improvvisamente un'inquadratura (Bernardo Ber-tolucci dice che un respiro cinematografico), consentendo di passare, apparentemente senza interruzioni di ripresa, da un ambiente ad unaltro, o addirittura da un tempo ad un altro.

    d. Plong: un movimento di gru dall'alto e piuttosto veloce (di solito in diagonale, ma pu essere anche in perpendicolare) verso l'og-getto di ripresa, una sorta di tuffo, da cui il nome.

    e. Vole: una panoramica velocissima, tanto che la sua parte centrale risulta indistinta e sfocata, che si opera a carico di due distintioggetti di ripresa, che vengono cos messi drammaticamente - spesso violentemente - in relazione.

    f. Camera a mano: una ripresa ottenuta con la macchina da presa sostenuta dalloperatore anzich dal cavalletto; crea unimpressione

    di grande immediatezza con effetti di notevole realismo.g. Steady cam: a differenza della camera a mano, grazie ad una imbragatura con ammortizzatori idraulici e sospensioni cardanicheindossata dalloperatore, insensibile allandatura umana e sposa quindi versatilit e fluidit di movimento.h. Sky cam: un vero e proprio volo ottenuto facendo scorrere la cinepresa lungo cavi tesi al di sopra dellambiente ove si svolgelazione.

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    Elementi di passaggioa. Stacco: il passaggio immediato dall'ultima inquadratura di una scena alla prima della scena successiva. I passaggi, ovviamenteimmediati, da un'inquadratura all'altra all'interno di una stessa scena non sono detti stacchi bens tagli. Consente la rapidit e spessoviene usato anche per creare concitazione, sottolineare forti contrasti.b. Dissolvenza semplice: detta anche Fondu (pron. alla francese) - si ha quando una scena si chiude dissolvendosi nel buio (Fonduin chiusura) o quando si apre nascendo dal buio (Fondu in apertura). Viene normalmente usata per chiudere o aprire una scena o unasequenza e consente passaggi morbidi e ricchi di un'atmosfera di dubbio e di incertezza o, al contrario, marca il precipitare di una si-

    tuazione. Questo per non esclude un uso diverso e di valore antitetico rispetto a quello appena esposto; ad esempio: per creare dila-tazioni temporali o costruire eleganti ellissi allinterno di una stessa scena.c. Dissolvenza incrociata (Dx): si ha quando da una scena si passa morbidamente ad un'altra, dissolvendo l'ultima parte di una inqua-dratura sopra la prima parte dell'inqua-dratura successiva, cos da creare unamomentanea sovraimpressione. que-sto uno degli elementi di passaggio dallepi ricche potenzialit espressive e per-ci dalle possibilit d'uso praticamenteillimitate.

    d. Dissolvenza cromatica (Dc): in uncerto senso il contrario formale delFondu; la si ottiene infatti tramite un in-

    tervento sul diaframma in senso inversoa quello usato per il fondu: l si chiudevaprogressivamente il diaframma fino anon far passare pi la luce (da cui il pro-gressivo buio), qui si apre fino ad otte-nere una totale sovraesposizione, chesgretola e fa esplodere i colori fino albianco quasi totale. Anche in questocaso si ha la Dc in chiusura (dal normaleal bianco) e in apertura (dal bianco alnormale).

    e. Tendina: unimmagine viene spintavia (di solito lateralmente, ma anche in

    altre direzioni) dalla successiva che su-bentra.

    f. Iris: detto anche iride, linquadraturasi chiude (o si apre) tramite una sorta didiaframma circolare (come quelli dellevecchie macchine fotografiche); moltousato nei primi anni della Storia del Ci-nema, un parente stretto un antico cu-gino del Fondu.A completare il quadro dei codici di lin-guaggio facciamo un accenno sommarioai codici di ambientazione, di recita-zione, di struttura narrativa (e perci

    detti codici di genere). Tutti codici suiquali occorrerebbe aprire un discorsomolto ampio, che qui per tralasciamo, affidandolo al volontario approfondimento di ciascuno. indispensabile invece chiarire alcuni concetti basilari per poter procedere alla corretta lettura di un film, che ancora navigano nelmare dell'equivoco. Ci riferiamo ai concetti di Messaggio, Senso, Interpretazione, Giudizio.Spesso - troppo - si sente affermare che l'interpretazione di un film inevitabilmente soggettiva: ognuno lo vede a suo modo e tuttihanno ragione. E ancora: si fa abuso della parola Messaggio (il messaggio del film, il messaggio del regista ecc.), confondendo il mes-saggio col suo significato. Del senso non si parla o lo si confonde col significato o col messaggio. Il giudizio su un film, infine, vienenormalmente dato come primo atto, dal quale poi viene fatta discendere tutta una dotta argomentazione, cadendo cos nella trappoladel pi vieto moralismo censorio o dogmatico e comunque sempre autoritario. Si saltano, in altre parole, le necessit di Leggere e diAnalizzare, due passaggi strettamente interconnessi, prescindendo dai quali praticamente impossibile giungere ad un qualunque giu-dizio appena motivato e minimamente serio. Ci premesso, diciamo subito che un film - ogni film - essendo un prodotto di comuni-cazione sempre portatore di un'ideologia (nell'accezione pi larga), che quella dell'Autore, regista, quipe o produzione che sia: ilfilm la comunicazione fatta dagli autori ai fruitori (spettatori). Questa comunicazione contenuta nel Messaggio del film, il quale

    altro non che la vicenda narrata e il suo specifico modo di narrarsi. Poich il messaggio costruito tramite un linguaggio, necessariodecodificarlo per riuscire a comprenderlo, il che equivale a dire che occorre leggerlo, individuando morfemi e sintagmi, codici di lin-guaggio e soprattutto le loro relazioni interne e di struttura. Leggere cinema essenzialmente leggere i rapporti e le relazioni tra icodici; per fare un esempio in chiave di metafora diciamo che il significato si trova sopra la linea nera proprio l dove non c im-magine - che separa un significante dallaltro.

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    Da tutto questo appare chiaro che la lettura di un film sempre un fatto oggettivo, in quanto ogni film portatore di un significatopreciso, deciso a priori da chi ha confezionato la comunicazione filmica (il prodotto-film), e leggerlo significa semplicemente indivi-duarlo e comprenderlo.A questo livello non data interpreta-zione, bens solo comprensione. Lin-terpretazione sopravviene in un se-condo momento ed di natura mista,unione cio di elementi oggettivi e sog-gettivi: viene data dalla relazione che sistabilisce tra loggettivit del messag-gio e la soggettivit (culturale, ideolo-gica, esistenziale) del lettore-fruitore.Per chiarire meglio: se la lettura era ilmomento dell'analisi scientifica, l'in-terpretazione il momento dell'analisicritica, quella cio che porta gradata-mente alla individuazione del Senso delfilm, il suo ultimo stadio di significa-zione: il significato del significato, chesembra un gioco di parole, ma che di-viene cristallino se si tiene presente che

    il messaggio, come l'abbiamo definitosopra, il significato del film e che inquesta fase viene inteso come un signi-ficante ultimo, portatore cio di un suoproprio specifico e pi ampio signifi-cato.Per giungere al Senso necessario scoprire il referente del messaggio, un referente inevitabilmente di natura larga, che sar un'ideo-logia, una visione del mondo, una filosofia (piccola o grande non importa) o semplicemente un'esigenza di mercato, comunque il dato- o i dati - che giustifichi l'origine e l'esistenza stessa del prodotto e che ne consenta la contestualizzazione entro un ambito culturale,ideologico, politico e storico sufficientemente preciso.Solo arrivati a questo stadio sar possibile esprimere il giudizio, il quale comunque non potr che essere relativo e articolato almenosu due direttrici: da un lato verr applicato alla propriet del prodotto (i suoi esiti comunicativi, i suoi valori formali-espressivi), dal-l'altro alla sua condividibilit; che come dire che un film deve esssere considerato bellissimo - o bruttissimo - a prescindere dai nostriparticolari gusti e dalle nostre particolari propensioni filosofiche, etiche o ideologiche. Allora pu persino sbocciare un prezioso pa-radosso, che sintomo di una sana onest intellettuale: il film viene giudicato oggettivamente bello anche se al giudicante soggetti-vamente non piace (e viceversa).

    A questo punto il la-voro sar finito,sar il momento deldibattito, che potressere acceso e vi-vacissimo, ma sicu-ramente basato suun'autentica com-prensione dell'og-getto del conten-dere.

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    BibliografiaN. Burch Il lucernario dellinfinito. Nascita del linguaggio cinematografico, Pratiche, 1994

    E. Siety Linquadratura, Lindau, 2004

    F. Vanoye, A. Goliot-Lt Introduzione allanalisi del film, Lindau, 1998

    M. Joly Introduzione allanalisi dellimmagine, Lindau, 1999

    P. Uccello Cinema tecnica e linguaggio, Edizioni Paoline, 1987

    K. Reisz, G. Millar La tecnica del montaggio cinematografico, Lindau, 2000F. Di Giammatteo Introduzione al cinema, Bruno Mondadori, 2002

    A. Bergala Iniziazione alla semiologia del racconto per immagini, Edizioni della Battaglia La luna nel pozzo, 2000

    R.C. Provenzano Il linguaggio del cinema, Lupetti, 1999

    D. Tomasi Lezioni di regia, UTET, 2005

    F. Truffaut Il cinema secondo Hitchcock, Il Saggiatore, 2006

    Siti Internet

    Sullanalisi ed il linguaggio cinematografico:

    www.copernico-pv.it/Files/Cinema/Linguaggio/linguaggio.htm

    www.1aart.com/larovere/estetica.htm

    Sul cinema di consultazione, film, registi, recensioni:

    www.mymovies.it

    www.imdb.com

    www.cinematografo.it

    www.coomingsoon.it

    www.cinemaindipendente.it

    www.scaruffi.com/director

    Bibliografiaesit

    iInternet