INTERVISTA Sventurata la terra che ha bisogno di eroi · il fascismo. I personaggi letterari, da...

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CULTURA 17 Corriere degli Italiani Mercoledi 15 marzo 2017 di Luca Bernasconi Buona parte dei Paesi europei ha un personaggio letterario assurto al rango di eroe nazionale: Robin Hood in Inghilterra, d’Artagnan in Francia, in Svizzera Guglielmo Tell. Queste figure, legate a un passato mitico e mitizzato, sono diventate simbolo dell’identità nazionale. In Italia, per contro, i personaggi let- terari si sono sottratti a ogni ten- tativo di uso iconico e mitizzazione collettiva. Eppure, tutta la lettera- tura italiana fra Otto e Novecento è attraversata da una riflessione sull’eroe e l’eroismo in una pro- spettiva nazionale. Le candidature non sono certo mancate: da Jacopo Ortis al partigiano Johnny, passando per Pinocchio, Mattia Pascal e Zeno Cosini, fino al commissario Mon- talbano. Perché nessuno di loro sia approdato allo statuto di eroe della patria, è il quesito centrale su cui si fonda il saggio dello stu- dioso Stefano Jossa «Un paese senza eroi. L’Italia da Jacopo Ortis a Mon- talbano». La sua indagine funge da spunto alle lezioni della Cattedra De Sanctis, affidate questo semestre proprio al professor Jossa. Il suo fe- condo volume è un saggio storico e critico in cui si ripercorre una tra- dizione culturale italiana basata sul canone dei romanzi che hanno do- minato l’educazione scolastica, ma è anche uno scritto militante con una sua forte proposta che ricade nel dibattito pubblico e nel discorso politico dei nostri tempi. «Un paese senza eroi. L’Italia da Ja- copo Ortis a Montalbano» si prefigge di smontare le mitologie eroiche che nell’attuale discorso politico ita- liano sono legate ai miti leaderistici. Qual è la sua proposta per liberarsi dall’egemonia incarnata dal discorso eroico? Il mio libro punta proprio a indivi- duare una dialettica fra eroismo e antieroismo nella storia culturale occidentale, in particolare nel di- scorso pubblico italiano, soprattutto attraverso la letteratura. Rispetto al «senza» elaborato soprattutto negli anni Sessanta-Settanta – si pensi al famoso libro di Alberto Arbasino «Un paese senza» che indicava tutte le mancanze dell’Italia – quello del mio titolo ha una va- lenza positiva: un «senza», final- mente, come occasione di riscatto e rilancio della italianità. ‘L’Italia è la terra degli eroi’ è una specie di ritornello che si ripercuote nella storia culturale italiana fino al «Sal- ve, o popolo di eroi» dell’inno na- zionale fascista. Ancora oggi vi è un dispiegamento di eroismo ita- liano – come testimonia, ad esem- pio, il Palazzo della civiltà italiana dell’EUR a Roma – cui abbiamo la possibilità di contrapporre degli anticorpi che si trovano nella di- mensione, in fondo aristocratica, della letteratura. Il mio invito è ri- volto a una italianità un po’ meno demagogicamente democratica e populisticamente condivisa, ma più consapevole e capace di svi- luppare una reazione rispetto a di- scorsi troppo facilmente dati per acquisiti. Come possiamo rapportarci in ma- niera critica alle mitologie eroiche che spesso ci vengono imposte dal- l’alto e della cui diffusione si incari- cano i media? La proposta è quella della cultura umoristica. L’eroismo tende a edi- ficare mitologie che diventano op- pressive. Il mito eroico funziona perché ci propone qualcosa che non è troppo distante da noi e quindi possiamo essere simpatetici, ma al tempo stesso è superiore a noi. In questa vicinanza e superio- rità, esso ci impedisce l’elaborazione di una nostra via alla formazione personale. Imitando Federer, po- tremo essere simili a lui ma mai come lui: se invece fossimo noi stessi, un giorno potremmo persino sconfiggerlo in una partita. Lo stesso vale per qualsiasi altro mito eroico, sia nell’arte che nella politica. Il modello tende a schiacciare an- ziché garantire lo sviluppo della personalità. È vero che nella fase infantile l’eroe può funzionare come strumento positivo, ma poi il mo- dello tende a impedire la crescita personale. La funzione delle mi- tologie eroiche richiede insomma una folla acclamante anziché lo sviluppo della soggettività. L’unico modo di reagire è quello di elaborare uno sguardo meno compiacente, meno passivo, uno sguardo appunto umoristico: la possibilità di vedere ciò che Pirandello chiamava «il sentimento del contrario». La ri- flessione deve prevalere sull’emo- zione affinché nei confronti del- l’eroe si inneschi, dopo l’applauso, anche la capacità di mettere in di- scussione quello che rappresenta e di sviluppare la nostra dialettica con lui. Ciò non significa il rigetto ma piut- tosto la possibilità di un dialogo, un confronto alla pari anziché da subordinati. Come diceva forse il più grande fondatore dei miti eroici nella cultura occidentale dell’Ot- tocento Thomas Carlyle, la dimen- sione eroica è proprio quella di su- scitare ubbidienza e la sua funzione è quella dell’ordine. Ergendosi al di sopra degli altri, l’eroe produce una società pacificata nel nome appunto dell’adesione al totem: tutti lo seguono, ma nessuno riesce a essere veramente se stesso. Robin Hood è l’eroe nazionale in- glese, d’Artagnan quello francese, Guglielmo Tell quello svizzero. Per quali ragioni l’Italia non può contare sulla figura di un eroe nazionale? Nella tradizione letteraria italiana i modelli eroici non hanno potuto prevalere, non soltanto per una specificità intrinseca al genere ‘ro- manzo’ che ha sempre valorizzato figure antieroiche, ma anche perché nella cultura italiana è esitita una zona di resistenza alle mitologie eroiche pur molto presenti nel Ri- sorgimento e soprattutto durante il fascismo. I personaggi letterari, da Jacopo Ortis fino al contempo- raneo Montalbano, hanno prodotto una zona di incertezza, confusione, persino di inabilità, all’insegna del- l’antieroismo inteso non come mito romantico del disadattato o di colui che non si riconosce nei valori so- ciali e perciò sviluppa una poten- zialità di escluso e ribelle, ma nella chiave di un’ironia nei confronti della mitologia eroica: nessuno rie- sce a diventare veramente eroe per- ché a un certo punto devía non potendo restare dentro quei binari. Accade ciò in quanto l’eroe è in re- altà colui che è prigioniero del suo stesso eroismo. Possiamo esempli- ficare il discorso con un aneddoto tratto dal secondo film della serie di «Superman». Ogni volta che qualcuno chiede al supereroe per- ché faccia ciò che fa, egli risponde «In nome della verità, della giustizia e dell’America». La stessa risposta la dà alla ragazza che ama, mo- strando di non riuscire a diventare persona e di rimanere ingabbiato nel suo involucro. Jacopo Ortis, pur proposto da Foscolo non tanto come eroe ma potenzialmente eroi- co in opposizione ai miti eroici del tempo, non potrà diventare un eroe perché sente qualcosa di diverso che lo riporta a una dimensione umana – nel suo caso più tragica giacché la sua vicenda si conclude con un suicidio. Jacopo Ortis ri- nuncia a una missione eroica fon- data sulla simbolizzazione di se stesso e affida alle sue lettere una lezione per i posteri: la capacità di lasciare una memoria oltre sé e co- struire continuità per chi legge. La sua è una fiducia nella dimensione letteraria, nel culto delle memorie dei grandi del passato. Quali sono le contromisure che la collettività può adottare per non guardare più alle figure eroiche con gli occhi dell’adorazione e della sot- tomissione? Leggere… L’idea di elaborare un senso critico attraverso gli strumenti di una tradizione culturale che ha edificato una pedagogia del senso critico sulla letteratura, in parti- colare le letterature classiche ma anche quelle moderne, è il grande obiettivo delle facoltà umanistiche nel nostro tempo. Bisogna comin- ciare a restituire alla cittadinanza una formazione che non sia quella dell’ubbidienza ma piuttosto quella dell’esercizio del pensiero critico, e la creazione di un discorso pub- blico che sta nel confronto tra la diversità delle opinioni nella plu- ralità degli approcci anziché nel- l’adesione a un punto di vista unico che avrebbe dominato la seconda metà del XX secolo e che probabil- mente ancora oggi rischia di essere il filo conduttore di un modo con il quale si fa politica. Nel suo saggio i riferimenti espliciti alla politica e all’attualità politica non mancano… … e sono finalizzati allo smontaggio dei meccanismi con il quale il di- scorso pubblico viene costruito più che a una presa di posizione pro o contro il singolo nella costruzione di mitologie individualistiche. Il berlusconismo, ad esempio, è stato campione di questa tendenza eroi- ca, perché si è fondato tutto sul mito della persona, che stacca la figura umana dalla sua dimensione reale fino a farne l’oggetto da ido- latrare o demonizzare non importa. Una politica fondata invece sul senso critico e quindi sulle idee e sui progetti delle persone che li rappresentano, è molto più capace di coinvolgere i cittadini, ma so- prattutto di creare quel senso di partecipazione che probabilmente è ciò che manca alla democrazia nell’età dei media. La critica è allora rivolta soprattutto al modo con cui si fa politica attraverso i media: ciò riguarda sia la costruzione di mitologie berlusconiane e antiber- lusconiane, sia l’eredità che pro- babilmente Berlusconi ha lasciato nel discorso pubblico italiano, non- ché il modo con cui parti politiche tendono a proporsi sempre con il culto del leader, la superiorità della figura di riferimento rispetto a quelli che sono i reali obiettivi po- litici. Negli ultimi quarant’anni il discorso politico è stato fortemente spossessato di una dimensione pro- gettuale legata ai problemi reali e fondata sul confronto tra le diver- sità, a seguito del bisogno di creare consenso attraverso i media: per questa ragione esso si iscrive nella tradizione delle mitologie eroiche. L’esito ultimo delle mitologie eroi- che otto-novecentesche, che hanno portato anche a conseguenze di- sastrose come nei casi del nazismo e del fascismo, è proprio l’uso del culto della personalità all’interno della dimensione mediatica, sia ci- nematografica, sia televisiva, sia radiofonica. Ecco che la letteratura, tesa a smontare le mitologie e a elaborare gli strumenti dell’alter- nativa, diventa l’antidoto alla co- struzione del discorso pubblico nel suo insieme. Eppure, la letteratura è stata spesso caratterizzata da mitologie eroiche nel culto della personalità degli au- tori, come nel caso emblematico di D’Annunzio. Una prerogativa ancora attuale se pensiamo al «savianismo» menzionato nel suo saggio. Sono molto critico non nei con- fronti di Saviano come persona e INTERVISTA Conversando insieme al professor Stefano Jossa, autore del saggio Un paese senza eroi Sventurata la terra che ha bisogno di eroi come scrittore, ma del mito che si è costruito intorno alla sua persona e al suo ruolo di in- tellettuale pubblico, e di cui è in buona parte responsabile il quotidiano la Repubblica. Roberto Saviano ha ormai assunto una fun- zione salvifica – vero problema delle figure eroiche – circa la lotta alla criminalità orga- nizzata nel mondo: se a farsi carico del bene collettivo è l’eroe, il cittadino viene invitato alla deresponsabilizzazione. Questo meccanismo era già stato descritto da Umberto Eco una cinquantina di anni fa: mi pare giusto ricordarne la lezione a un anno dalla sua scomparsa e in un momento in cui di Eco si celebra a sua volta il santino piuttosto che il pensiero. Ora, il bene col- lettivo di cui si prende cura esclusivamente l’eroe non fa parte delle lotte politiche in quanto non è reale, materiale, ma è un bene puramente astratto. Superman combatte per la giustizia, Spiderman per il bene della sua città. Eppure, non esiste un bene che implica ad esempio il miglioramento delle condizioni dei neri, delle donne, o che riguarda la vita concreta della società americana, perché il bene è talmente astratto che tutti possono identificarvisi. Chi mai può essere contro la giustizia, la liberta di parola o la pace? Espressi in tal modo, questi beni sono astratti e non sono nemmeno dei valori ma degli ideali intorno ai quali è facile creare con- senso. La funzione paradigmatica di un eroe - scrive nel suo saggio - è quella di saper fornire uno strumento di riflessione sulle contraddizioni della contemporaneità. Quali sono le figure esemplari nella letteratura del nostro tem- po? I grandi eroi della collettività vengono anzi- tutto dal cinema e dai fumetti. Il recente film «Batman v Superman» ha riscosso un enorme successo di pubblico. La mitologia eroica si è trasferita anche al culto delle stelle del cinema e dei grandi cantanti, che hanno rivendicato su di sé la dimensione eroica e che fanno parte di quello star system in cui sono purtroppo entrati da tempo anche i politici. La tentazione a costruire mitologie eroiche viene ovviamente dal di- scorso mediatico e anzitutto dal modo con il quale le personalità diventate personaggi sono proposti all’opinione pubblica. Nella letteratura italiana un caso esemplare è quello di Montalbano. È difficile non pen- sare al commissario, passato dai romanzi alla serie televisiva, come eroe nazionale, non in quanto specificamente eroico, cioè superiore, ma in quanto paradigmatico. Montalbano si è certo proposto come modello dell’italiano medio, ma un po’ più intelligente, simile a tutti ma leggermente superiore. Il discorso di Camilleri è più sottile rispetto alla costruzione di questo uomo medio che può piacere a tutti e che quindi si impone alla massa indirizzandola anche sul piano dei comportamenti e dei valori, in quanto Montalbano è dotato di un’ironia verso se stesso che lo porta a mettersi continuamente in gioco. Nel momento in cui egli può vera- mente essere eroe, non ci riesce perché non è capace di catturare il mafioso come si do- vrebbe fare secondo una tipologia eroica, o talvolta la soluzione di un caso avviene in maniera piuttosto fortunosa. Montalbano riesce a sfuggire, umoristicamente, piran- dellianamente, dalla mitologia eroica proprio perché si mette di continuo in discussione e, come afferma egli stesso, piuttosto che un eroe di film di gangster, si sente sempre un protagonista di un film di Gianni e Pinotto. Se l’Italia è priva di un proprio Guglielmo Tell, quali sono gli elementi che determinano un senso di forte appartenenza a una nazione? La letteratura è ciò che ha formato, almeno fino a ieri e forse ancora oggi, gli italiani nella loro mentalità collettiva, perché è ciò con cui si sono confrontati sui banchi di scuola. La prima materia che si trova sulla pagella è sempre ‘italiano’, ovvero la lingua studiata attraverso la sua tradizione letteraria – la lingua italiana è per storia e definizione una lingua letteraria. La letteratura ha inciso moltissimo nella costruzione di un immaginario di base che è anche un sentire comune. Sentirsi italiani perché si è letto Dante o Pinocchio è sempre stato molto forte anche nell’italiano emigrato: questa identità italiana realizzata sulla base di una identificazione con un’esperienza che è di contatto, non necessariamente di cono- scenza reale o di lettura approfondita, è forse qualcosa su cui possiamo ancora pen- sare di costruire un’ipotesi di italianità di- versa. Nella foto: un particolare della copertina del saggio di Stefano Jossa «Un paese senza eroi. L’Italia da Jacopo Ortis a Montalbano» edito da Laterza nel 2013. Se a farsi carico del bene collettivo è l’eroe, il cittadino viene invitato alla de- responsabilizzazione Individuare una dialettica fra eroismo e antieroismo nella storia culturale occidentale

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CULTURA 17Corriere degli ItalianiMercoledi 15 marzo 2017

di Luca Bernasconi

Buona parte dei Paesi europei haun personaggio letterario assurtoal rango di eroe nazionale: RobinHood in Inghilterra, d’Artagnan inFrancia, in Svizzera Guglielmo Tell.Queste figure, legate a un passatomitico e mitizzato, sono diventatesimbolo dell’identità nazionale. InItalia, per contro, i personaggi let-terari si sono sottratti a ogni ten-tativo di uso iconico e mitizzazionecollettiva. Eppure, tutta la lettera-tura italiana fra Otto e Novecentoè attraversata da una riflessionesull’eroe e l’eroismo in una pro-spettiva nazionale. Le candidaturenon sono certo mancate: da JacopoOrtis al partigiano Johnny, passandoper Pinocchio, Mattia Pascal e ZenoCosini, fino al commissario Mon-talbano. Perché nessuno di lorosia approdato allo statuto di eroedella patria, è il quesito centralesu cui si fonda il saggio dello stu-dioso Stefano Jossa «Un paese senzaeroi. L’Italia da Jacopo Ortis a Mon-talbano». La sua indagine funge daspunto alle lezioni della CattedraDe Sanctis, affidate questo semestreproprio al professor Jossa. Il suo fe-condo volume è un saggio storico ecritico in cui si ripercorre una tra-dizione culturale italiana basata sulcanone dei romanzi che hanno do-minato l’educazione scolastica, maè anche uno scritto militante conuna sua forte proposta che ricadenel dibattito pubblico e nel discorsopolitico dei nostri tempi.

«Un paese senza eroi. L’Italia da Ja-

copo Ortis a Montalbano» si prefigge

di smontare le mitologie eroiche

che nell’attuale discorso politico ita-

liano sono legate ai miti leaderistici.

Qual è la sua proposta per liberarsi

dall’egemonia incarnata dal discorso

eroico?

Il mio libro punta proprio a indivi-duare una dialettica fra eroismo eantieroismo nella storia culturaleoccidentale, in particolare nel di-scorso pubblico italiano, soprattuttoattraverso la letteratura. Rispettoal «senza» elaborato soprattuttonegli anni Sessanta-Settanta – sipensi al famoso libro di AlbertoArbasino «Un paese senza» cheindicava tutte le mancanze dell’Italia– quello del mio titolo ha una va-lenza positiva: un «senza», final-mente, come occasione di riscattoe rilancio della italianità. ‘L’Italia èla terra degli eroi’ è una specie diritornello che si ripercuote nellastoria culturale italiana fino al «Sal-ve, o popolo di eroi» dell’inno na-zionale fascista. Ancora oggi vi èun dispiegamento di eroismo ita-liano – come testimonia, ad esem-pio, il Palazzo della civiltà italianadell’EUR a Roma – cui abbiamo lapossibilità di contrapporre deglianticorpi che si trovano nella di-mensione, in fondo aristocratica,della letteratura. Il mio invito è ri-volto a una italianità un po’ menodemagogicamente democratica epopulisticamente condivisa, mapiù consapevole e capace di svi-luppare una reazione rispetto a di-scorsi troppo facilmente dati peracquisiti.

Come possiamo rapportarci in ma-

niera critica alle mitologie eroiche

che spesso ci vengono imposte dal-

l’alto e della cui diffusione si incari-

cano i media?

La proposta è quella della culturaumoristica. L’eroismo tende a edi-ficare mitologie che diventano op-pressive. Il mito eroico funzionaperché ci propone qualcosa chenon è troppo distante da noi equindi possiamo essere simpatetici,ma al tempo stesso è superiore anoi. In questa vicinanza e superio-rità, esso ci impedisce l’elaborazionedi una nostra via alla formazionepersonale. Imitando Federer, po-tremo essere simili a lui ma maicome lui: se invece fossimo noistessi, un giorno potremmo persinosconfiggerlo in una partita. Lostesso vale per qualsiasi altro mitoeroico, sia nell’arte che nella politica.Il modello tende a schiacciare an-ziché garantire lo sviluppo dellapersonalità. È vero che nella faseinfantile l’eroe può funzionare comestrumento positivo, ma poi il mo-dello tende a impedire la crescitapersonale. La funzione delle mi-tologie eroiche richiede insommauna folla acclamante anziché losviluppo della soggettività. L’unicomodo di reagire è quello di elaborareuno sguardo meno compiacente,meno passivo, uno sguardo appuntoumoristico: la possibilità di vedereciò che Pirandello chiamava «ilsentimento del contrario». La ri-flessione deve prevalere sull’emo-zione affinché nei confronti del-l’eroe si inneschi, dopo l’applauso,anche la capacità di mettere in di-scussione quello che rappresentae di sviluppare la nostra dialetticacon lui. Ciò non significa il rigetto ma piut-tosto la possibilità di un dialogo,un confronto alla pari anziché dasubordinati. Come diceva forse ilpiù grande fondatore dei miti eroicinella cultura occidentale dell’Ot-tocento Thomas Carlyle, la dimen-sione eroica è proprio quella di su-scitare ubbidienza e la sua funzioneè quella dell’ordine. Ergendosi aldi sopra degli altri, l’eroe produceuna società pacificata nel nomeappunto dell’adesione al totem:tutti lo seguono, ma nessuno riescea essere veramente se stesso.

Robin Hood è l’eroe nazionale in-

glese, d’Artagnan quello francese,

Guglielmo Tell quello svizzero. Per

quali ragioni l’Italia non può contare

sulla figura di un eroe nazionale?

Nella tradizione letteraria italianai modelli eroici non hanno potutoprevalere, non soltanto per unaspecificità intrinseca al genere ‘ro-manzo’ che ha sempre valorizzatofigure antieroiche, ma anche perchénella cultura italiana è esitita unazona di resistenza alle mitologieeroiche pur molto presenti nel Ri-sorgimento e soprattutto duranteil fascismo. I personaggi letterari,da Jacopo Ortis fino al contempo-raneo Montalbano, hanno prodottouna zona di incertezza, confusione,persino di inabilità, all’insegna del-l’antieroismo inteso non come mitoromantico del disadattato o di coluiche non si riconosce nei valori so-ciali e perciò sviluppa una poten-zialità di escluso e ribelle, ma nellachiave di un’ironia nei confrontidella mitologia eroica: nessuno rie-sce a diventare veramente eroe per-ché a un certo punto devía nonpotendo restare dentro quei binari.Accade ciò in quanto l’eroe è in re-altà colui che è prigioniero del suostesso eroismo. Possiamo esempli-ficare il discorso con un aneddototratto dal secondo film della seriedi «Superman». Ogni volta chequalcuno chiede al supereroe per-ché faccia ciò che fa, egli risponde«In nome della verità, della giustiziae dell’America». La stessa risposta

la dà alla ragazza che ama, mo-strando di non riuscire a diventarepersona e di rimanere ingabbiatonel suo involucro. Jacopo Ortis,pur proposto da Foscolo non tantocome eroe ma potenzialmente eroi-co in opposizione ai miti eroici deltempo, non potrà diventare un eroeperché sente qualcosa di diversoche lo riporta a una dimensioneumana – nel suo caso più tragicagiacché la sua vicenda si concludecon un suicidio. Jacopo Ortis ri-nuncia a una missione eroica fon-data sulla simbolizzazione di sestesso e affida alle sue lettere unalezione per i posteri: la capacità dilasciare una memoria oltre sé e co-struire continuità per chi legge. Lasua è una fiducia nella dimensioneletteraria, nel culto delle memoriedei grandi del passato.

Quali sono le contromisure che la

collettività può adottare per non

guardare più alle figure eroiche con

gli occhi dell’adorazione e della sot-

tomissione?

Leggere… L’idea di elaborare unsenso critico attraverso gli strumentidi una tradizione culturale che haedificato una pedagogia del sensocritico sulla letteratura, in parti-colare le letterature classiche maanche quelle moderne, è il grandeobiettivo delle facoltà umanistichenel nostro tempo. Bisogna comin-ciare a restituire alla cittadinanzauna formazione che non sia quelladell’ubbidienza ma piuttosto quelladell’esercizio del pensiero critico,e la creazione di un discorso pub-blico che sta nel confronto tra ladiversità delle opinioni nella plu-ralità degli approcci anziché nel-l’adesione a un punto di vista unicoche avrebbe dominato la secondametà del XX secolo e che probabil-mente ancora oggi rischia di essereil filo conduttore di un modo conil quale si fa politica.

Nel suo saggio i riferimenti espliciti

alla politica e all’attualità politica

non mancano…

… e sono finalizzati allo smontaggiodei meccanismi con il quale il di-scorso pubblico viene costruito piùche a una presa di posizione pro ocontro il singolo nella costruzionedi mitologie individualistiche. Ilberlusconismo, ad esempio, è statocampione di questa tendenza eroi-ca, perché si è fondato tutto sulmito della persona, che stacca lafigura umana dalla sua dimensione

reale fino a farne l’oggetto da ido-latrare o demonizzare non importa.Una politica fondata invece sulsenso critico e quindi sulle idee esui progetti delle persone che lirappresentano, è molto più capacedi coinvolgere i cittadini, ma so-prattutto di creare quel senso dipartecipazione che probabilmenteè ciò che manca alla democrazianell’età dei media. La critica è allorarivolta soprattutto al modo con cuisi fa politica attraverso i media:ciò riguarda sia la costruzione dimitologie berlusconiane e antiber-lusconiane, sia l’eredità che pro-babilmente Berlusconi ha lasciatonel discorso pubblico italiano, non-ché il modo con cui parti politichetendono a proporsi sempre con ilculto del leader, la superiorità dellafigura di riferimento rispetto aquelli che sono i reali obiettivi po-litici. Negli ultimi quarant’anni ildiscorso politico è stato fortementespossessato di una dimensione pro-gettuale legata ai problemi reali efondata sul confronto tra le diver-sità, a seguito del bisogno di creareconsenso attraverso i media: perquesta ragione esso si iscrive nellatradizione delle mitologie eroiche.L’esito ultimo delle mitologie eroi-che otto-novecentesche, che hannoportato anche a conseguenze di-sastrose come nei casi del nazismoe del fascismo, è proprio l’uso delculto della personalità all’internodella dimensione mediatica, sia ci-nematografica, sia televisiva, siaradiofonica. Ecco che la letteratura,tesa a smontare le mitologie e aelaborare gli strumenti dell’alter-nativa, diventa l’antidoto alla co-struzione del discorso pubblico nelsuo insieme.

Eppure, la letteratura è stata spesso

caratterizzata da mitologie eroiche

nel culto della personalità degli au-

tori, come nel caso emblematico di

D’Annunzio. Una prerogativa ancora

attuale se pensiamo al «savianismo»

menzionato nel suo saggio.

Sono molto critico non nei con-fronti di Saviano come persona e

INTERVISTA Conversando insieme al professor Stefano Jossa, autore del saggio Un paese senza eroi

Sventurata la terrache ha bisogno di eroi

come scrittore, ma del mito che si è costruitointorno alla sua persona e al suo ruolo di in-tellettuale pubblico, e di cui è in buonaparte responsabile il quotidiano la Repubblica.Roberto Saviano ha ormai assunto una fun-zione salvifica – vero problema delle figureeroiche – circa la lotta alla criminalità orga-nizzata nel mondo: se a farsi carico del benecollettivo è l’eroe, il cittadino viene invitatoalla deresponsabilizzazione. Questo meccanismo era già stato descrittoda Umberto Eco una cinquantina di anni fa:mi pare giusto ricordarne la lezione a unanno dalla sua scomparsa e in un momentoin cui di Eco si celebra a sua volta il santinopiuttosto che il pensiero. Ora, il bene col-lettivo di cui si prende cura esclusivamentel’eroe non fa parte delle lotte politiche inquanto non è reale, materiale, ma è un benepuramente astratto. Superman combatte perla giustizia, Spiderman per il bene della suacittà. Eppure, non esiste un bene che implicaad esempio il miglioramento delle condizionidei neri, delle donne, o che riguarda la vitaconcreta della società americana, perché ilbene è talmente astratto che tutti possonoidentificarvisi. Chi mai può essere contro lagiustizia, la liberta di parola o la pace?Espressi in tal modo, questi beni sono astrattie non sono nemmeno dei valori ma degliideali intorno ai quali è facile creare con-senso.

La funzione paradigmatica di un eroe - scrive

nel suo saggio - è quella di saper fornire uno

strumento di riflessione sulle contraddizioni

della contemporaneità. Quali sono le figure

esemplari nella letteratura del nostro tem-

po?

I grandi eroi della collettività vengono anzi-tutto dal cinema e dai fumetti. Il recentefilm «Batman v Superman» ha riscosso unenorme successo di pubblico. La mitologiaeroica si è trasferita anche al culto dellestelle del cinema e dei grandi cantanti, chehanno rivendicato su di sé la dimensioneeroica e che fanno parte di quello star systemin cui sono purtroppo entrati da tempoanche i politici. La tentazione a costruiremitologie eroiche viene ovviamente dal di-scorso mediatico e anzitutto dal modo conil quale le personalità diventate personaggisono proposti all’opinione pubblica. Nella letteratura italiana un caso esemplareè quello di Montalbano. È difficile non pen-sare al commissario, passato dai romanzialla serie televisiva, come eroe nazionale,non in quanto specificamente eroico, cioèsuperiore, ma in quanto paradigmatico.Montalbano si è certo proposto come modellodell’italiano medio, ma un po’ più intelligente,simile a tutti ma leggermente superiore. Ildiscorso di Camilleri è più sottile rispettoalla costruzione di questo uomo medio chepuò piacere a tutti e che quindi si imponealla massa indirizzandola anche sul pianodei comportamenti e dei valori, in quantoMontalbano è dotato di un’ironia verso sestesso che lo porta a mettersi continuamentein gioco. Nel momento in cui egli può vera-mente essere eroe, non ci riesce perché nonè capace di catturare il mafioso come si do-vrebbe fare secondo una tipologia eroica, otalvolta la soluzione di un caso avviene inmaniera piuttosto fortunosa. Montalbanoriesce a sfuggire, umoristicamente, piran-dellianamente, dalla mitologia eroica proprioperché si mette di continuo in discussionee, come afferma egli stesso, piuttosto che uneroe di film di gangster, si sente sempre unprotagonista di un film di Gianni e Pinotto.

Se l’Italia è priva di un proprio Guglielmo Tell,

quali sono gli elementi che determinano un

senso di forte appartenenza a una nazione?

La letteratura è ciò che ha formato, almenofino a ieri e forse ancora oggi, gli italianinella loro mentalità collettiva, perché è ciòcon cui si sono confrontati sui banchi discuola. La prima materia che si trova sullapagella è sempre ‘italiano’, ovvero la linguastudiata attraverso la sua tradizione letteraria– la lingua italiana è per storia e definizioneuna lingua letteraria. La letteratura hainciso moltissimo nella costruzione di unimmaginario di base che è anche un sentirecomune. Sentirsi italiani perché si è lettoDante o Pinocchio è sempre stato moltoforte anche nell’italiano emigrato: questaidentità italiana realizzata sulla base di unaidentificazione con un’esperienza che è dicontatto, non necessariamente di cono-scenza reale o di lettura approfondita, èforse qualcosa su cui possiamo ancora pen-sare di costruire un’ipotesi di italianità di-versa.

Nella foto: un particolare della copertinadel saggio di Stefano Jossa «Un paese senzaeroi. L’Italia da Jacopo Ortis a Montalbano»edito da Laterza nel 2013.

Se a farsi carico del

bene collettivo è

l’eroe, il cittadino

viene invitato alla de-

responsabilizzazione

Individuare una

dialettica fra eroismo

e antieroismo nella

storia culturale

occidentale