Interventi sui vasi sanguigni periferici (APT e stent)

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Interventi sui vasi sanguigni periferici (APT e stent) Informazioni per i pazienti Con impegno contro le cardiopatie e l’ictus cerebrale Fondazione Svizzera di Cardiologia

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Interventi sui vasi sanguigni periferici (APT e stent)

Informazioni per i pazienti

Con impegno contro le cardiopatie e l’ictus cerebrale

Fondazione Svizzera di Cardiologia

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Introduzione Da oltre quarant’anni, per i pazienti che soffrono di disturbi cir-colatori alle gambe, oltre al trattamento chirurgico esistono delle efficaci possibilità di terapia mediante cateteri. Grazie a questa tecnica si possono riaprire dall’interno, senza operazione, dei vasi sanguigni ristretti oppure occlusi.

Il metodo più frequentemente usato, la dilatazione del vaso sanguigno mediante un catetere a palloncino, si chiama angio-plastica percutanea transluminale o APT (abbreviazione tedesca e inglese: PTA). La riapertura transluminale di vasi sanguigni occlusi è stata originariamente descritta dall’americano Charles T. Dotter. Negli anni 70 Andreas Grüntzig, coll’invenzione del catetere a palloncino per le arterie periferiche e le coronarie, ha ulterior-mente sviluppato questo metodo e all’Ospedale universitario di Zurigo ha eseguito in prima mondiale la dilatazione col pallon-cino, dapprima di un’arteria della gamba e poi di una coronaria. Negli anni 80 a Losanna sono stati applicati i primi cosiddetti stent, che possono migliorare i risultati della dilatazione col pal-loncino rinforzando («armando») la parete arteriosa con una sot-tile reticella metallica.

Questo opuscolo si propone di spiegarle come si eseguono questi interventi. Grazie alle descrizioni e alle illustrazioni può anche aiutarla a discutere meglio col medico curante eventuali questioni.

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Le arterie perifericheTutte le cellule del nostro organismo dipendono dall’apporto di ossigeno. Tramite i globuli rossi, il sangue che scorre nelle arterie trasporta l’ossigeno fino alle cellule più lontane degli organi interni e delle estremità. Le arterie che portano alle braccia e alle gambe si chiamano arterie periferiche (figura  1, pagina  4). La forza di propulsione per il trasporto del sangue è data dal cuore, che funziona da pompa centrale. In certi punti del corpo l’azione del cuore si può percepire come pulsazione, per esempio all’in-guine, nel cavo popliteo (parte posteriore del ginocchio), all’in-terno del malleolo, sul dorso del piede e all’articolazione del polso.

L’arteriopatia obliterante perifericaSe un’arteria è molto ristretta o completamente occlusa a causa della calcificazione vasale (arteriosclerosi) il sangue, e con esso l’ossigeno, arriva soltanto in quantità insufficiente a destinazione o addirittura non vi arriva più del tutto. Se i restringimenti (ste-nosi) o le occlusioni si verificano nelle arterie delle gambe, che approvvigionano anche i relativi muscoli, si ha una malattia chia-mata arteriopatia obliterante periferica (AOP).

Nel primo stadio dell’arteriopatia obliterante generalmente il paziente non avverte ancora nessun sintomo della malattia. Nel secondo stadio del disturbo circolatorio, camminando si manife-stano dei dolori alla gamba colpita. Dato che l’apporto di sangue non copre più a sufficienza il maggior fabbisogno d’ossigeno richiesto dalla muscolatura quando lavora, dopo aver percorso un certo tratto il paziente deve ripetutamente fermarsi per permet-tere alla gamba di riposarsi. Questo quadro clinico si chiama anche comunemente «malattia delle vetrine» o con la denomina-zione scientifica «claudicazione intermittente».

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Figura 1: arterie della gamba con stenosi vascolare e circolazione collaterale

Restringimento (stenosi) dell’arteria dovuto a depositi (arteriosclerosi)

Circolazione collaterale

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Se il disturbo circolatorio progredisce ulteriormente, anche il fab-bisogno basale di ossigeno non può più essere coperto e la gamba duole già a riposo (terzo stadio della malattia). Tipici sono allora i dolori al piede durante il riposo notturno che obbligano il paziente ad alzarsi, perché stando in piedi l’irrorazione sangui-gna della gamba è migliore. A questo momento, senza una tera-pia efficace c’è pericolo di necrosi del tessuto mal irrorato e di insorgenza di una gangrena secca o umida (quarto stadio). Nei casi gravi solo l’amputazione dell’arto colpito può alleviare i forti dolori e impedire un’infezione del tessuto necrotizzato con peri-colo di setticemia (infezione del sangue). Questa grave complica-zione si deve evitare in ogni caso. Perciò in primo luogo entrano in considerazione un esame precoce da parte di un angiologo (specialista dei vasi sanguigni) e, se possibile, il ripristino della circolazione sanguigna mediante un’operazione o un intervento con catetere.

Come si arriva all’arteriopatia obliterante periferica?L’origine più frequente dell’arteriopatia obliterante è l’arterio-sclerosi, la cui causa a tutt’oggi non è ancora stata completamente indagata con la ricerca. Oltre alla predisposizione ereditaria e all’età, un ruolo importante nell’insorgenza dell’arteriosclerosi è svolto dai cosiddetti fattori di rischio. Essi comprendono tra l’altro il fumo protratto per degli anni – da cui l’espressione «gamba del fumatore» –, il diabete mellito, l’ipertensione arteriosa e l’iper-colesterolemia (tassi sanguigni troppo elevati del colesterolo).

L’arteriosclerosi è un processo strisciante che si protrae per anni provocando delle proliferazioni delle cellule della parete vasale e la formazione di depositi di grassi e di calcio nella parete stessa. A causa di questi depositi si formano dapprima delle ste-nosi dei vasi sanguigni (vedi figura 1). Successivamente un coa-

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gulo di sangue (trombo) può provocare l’occlusione totale dell’ar-teria ristretta. In queste occlusioni vasali dovute a un processo lento si formano delle cosiddette circolazioni collaterali (figura 1, pagina 4). Esse impediscono la completa interruzione dell’irrora-zione sanguigna della zona colpita, ma nella maggior parte dei casi non sono in grado di assicurare un apporto normale di sangue.

Che cosa sono gli interventi con catetere sulle arterie periferiche?In questo contesto intendiamo degli interventi con un catetere che si possono effettuare attraverso la pelle (percutanei) nell’in-terno del vaso sanguigno (transluminali). Una possibilità di inter-vento di questo tipo è l’angioplastica percutanea transluminale (APT), con la quale si può dilatare un vaso sanguigno ristretto, o riaprirlo se occluso, senza operazione. La si esegue mediante un sottile tubo di plastica di 1–2 mm di diametro, munito all’estre-mità di un palloncino gonfiabile (catetere a palloncino). Con questo palloncino si possono dilatare dall’interno, in modo indo-lore, tratti ristretti od occlusi delle arterie. Perciò questo procedi-mento è chiamato anche «dilatazione col palloncino». Lo si effet-tua in anestesia locale, senza narcosi. Dato che la posizione esatta del catetere a palloncino dev’essere controllata con un apparec-chio radiologico, l’APT si fa nella sala di radiologia.

Se il risultato della dilatazione col palloncino è insufficiente si può procedere all’applicazione di uno stent. Uno stent è un soste-gno o un’armatura che mantiene aperta l’arteria dilatata (figura 2) se non lo si può ottenere con la sola dilatazione col palloncino. Gli stent si possono inserire in quasi tutte le arterie. Si introdu-cono attraverso la stessa apertura praticata nella pelle utilizzata per far passare il catetere a palloncino, senza che il paziente se ne accorga.

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Grazie ai grandi progressi tecnici, oggi sono a disposizione del medico diversi metodi per ristabilire la pervietà di vasi sanguigni occlusi. Con degli speciali cosiddetti cateteri per aterectomia si cerca di asportare le calcificazioni dalla parete vasale mediante raschiamento per migliorare il risultato dell’intervento. Da qual-che tempo sono disponibili degli stent e dei cateteri a palloncino rivestiti di medicamenti destinati a mantenere pervia più a lungo l’arteria dopo l’APT.

Quando è indicata un’APT, quando un’operazione?Le si propone un intervento con catetere se lei ha dei disturbi dovuti a un’arteria ristretta od occlusa. Oggi è possibile dilatare arterie dall’aorta addominale fino all’altezza del piede. Grazie a molte possibilità tecniche, con l’APT si possono trattare anche dei tratti occlusi molto lunghi (oltre 20 cm), come pure dei vasi san-guigni molto calcificati.

Se un’APT non è possibile, si può eseguire un’operazione di bypass: l’occlusione viene superata mediante un tratto di vena del paziente stesso o un tubo di plastica (figura 3, pagina 9) sutu-rato a monte e a valle del tratto occluso. L’operazione di bypass

Figura 2: stentIn certi casi dopo la dilatazione col palloncino si inserisce nel vaso sanguigno una reticella metallica tubolare (stent).

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richiede l’anestesia generale (narcosi) o spinale. Per arterie molto calcificate – soprattutto a livello inguinale – è possibile asportare le calcificazioni mediante raschiamento della parete vasale (trom-boendarteriectomia).

Per poter decidere quale trattamento è più indicato nel sin-golo caso, prima si effettuano sul vaso sanguigno degli esami con ultrasuoni (ecografia) e/o radiologici (angiografia, TAC o NMR). Oltre che per le stenosi o occlusioni delle arterie delle gambe, gli interventi con catetere si eseguono soprattutto sulle coronarie, ma anche in presenza di malattie delle arterie renali o delle brac-cia, come pure delle carotidi.

APT delle arterie renaliIn caso di stenosi delle arterie renali l’irrorazione sanguigna dei reni è insufficiente. Questa carenza non si manifesta con dolori, bensì con i seguenti effetti:• Per ricevere più sangue, il rene colpito può secernere un

ormone (renina) che aumenta la pressione arteriosa in tutto il corpo.

• Il tessuto renale, a causa dell’insufficiente apporto di sangue, può ridurre o cessare la sua funzione e persino necrotizzarsi.

• Inoltre un’arteria renale ristretta può occludersi completa-mente, con conseguente perdita completa di quel rene.

Generalmente queste complicazioni a livello delle arterie renali si possono evitare con un’APT e l’impianto di uno stent. Di norma le arterie renali, come quelle iliache e l’aorta, si raggiungono attra-verso una punzione dell’arteria femorale all’altezza dell’inguine. In casi rari l’accesso avviene attraverso un’arteria del braccio.

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Figura 3: operazione di bypassIn caso di occlusioni molto calcificate e di una certa lunghezza l’operazione di bypass costituisce una buona alternativa all’APT. In questo intervento il tratto occluso viene superato con una vena del paziente stesso o un tubo di plastica.

Arteria iliaca

Arteria tibiale

Arteria femorale

Bypass venoso

Bypass di plastica

Occlusione di una certa lunghezza

Occlusione di una certa lunghezza

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Interventi con catetere sulle carotidiLe stenosi arteriosclerotiche delle carotidi (arterie del collo) pos-sono causare disturbi dell’irrorazione sanguigna cerebrale, che spesso si manifestano sotto forma di paralisi o disturbi visivi tran-sitori. Se questi sintomi persistono si tratta di un ictus cerebrale (emergenza). In certi casi queste stenosi si possono curare inse-rendo degli stent. Sostanzialmente questo intervento si svolge come gli altri già menzionati. Il medico la informerà in merito ai vantaggi e agli svantaggi e le consiglierà la forma di terapia migliore nel suo caso (operazione o applicazione di uno stent).

Aspirazione di trombi e trombolisiSe un’arteria è completamente occlusa è possibile che, soprat-tutto in caso di occlusioni recenti (acute), nel vaso sanguigno si trovino ancora dei trombi (embolie o trombosi) che si possono aspirare con dei cateteri speciali. Talvolta questo trattamento è completato dalla somministrazione di medicamenti che possono disciogliere i coaguli già formatisi (trombolisi). I farmaci vengono iniettati direttamente nell’arteria e talvolta anche somministrati per una durata di parecchie ore con un’infusione endoarteriosa.

Prospettive di successo e rischi dell’intervento con catetereGli interventi con catetere sono già stati effettuati con successo su moltissimi pazienti. Anche dopo diversi anni, dal 50 all’80% delle arterie trattate restano pervie. In linea di principio si tratta di interventi che comportano pochi rischi e raramente causano com-plicazioni. Solo in circa il 5% dei casi non si riesce ad aprire l’oc-clusione, oppure nei primi giorni dopo una dilatazione riuscita si verifica una nuova occlusione. Se al primo tentativo l’APT non ha successo la si può ripetere dopo qualche tempo, oppure si può prendere in considerazione un trattamento chirurgico. Nel punto

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nella regione inguinale dove è stata effettuata la punzione si verifica spesso un piccolo ematoma, che scompare completa-mente entro pochi giorni o poche settimane. Molto raramente –in meno dell’1% dei pazienti – immediatamente dopo l’APT è necessaria un’operazione sul vaso sanguigno.

Come la si prepara all’APTA seconda dell’età e dello stato di salute del paziente l’intervento si può effettuare ambulatorialmente o con degenza in ospedale. Prima di eseguirlo è necessario un prelievo di sangue per control-lare la funzionalità dei reni e la coagulazione del sangue. A seconda della situazione si fanno anche delle analisi dell’urina, un elettrocardiogramma e una radiografia del cuore e dei pol-moni. In base agli esami preliminari il medico discuterà con lei lo svolgimento dell’intervento.

Al braccio le si applicherà un’infusione endovenosa. Inoltre, se lo desidera, poco prima dell’intervento le sarà somministrato un medicamento rilassante. Nella sala di radiologia sarà adagiato sul tavolo per gli esami radiologici, la zona inguinale verrà rasata e disinfettata. Sopra di lei si trovano il tubo mobile che emette i raggi X e il video, sul quale potrà seguire lo svolgersi dell’inter-vento.

Svolgimento dell’APTDopo la rasatura e la disinfezione dell’inguine, o in rari casi del braccio, la si coprirà con delle lenzuola sterili. Per tutta la durata dell’intervento resterà cosciente e in qualsiasi momento potrà porre delle domande e dare informazioni su come si sente. Si farà un’anestesia locale nel punto della punzione affinché l’introdu-zione del catetere sia indolore.

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Dapprima, con un ago, si fa una punzione dell’arteria attraverso la pelle (percutanea). Poi il medico, attraverso l’ago, introduce nel vaso sanguigno un sottile filo metallico e lo spinge nel lume dell’arteria fino al punto voluto (transluminale). Quindi tramite questo filo si introduce una cosiddetta chiusa, attraverso la quale è possibile collocare un catetere a palloncino nel punto della ste-nosi. Per controllare la posizione e rendere visibile l’arteria vi si inietta un mezzo di contrasto, cosa che può causare una sensa-zione di calore. Nel punto della stenosi, rispettivamente dell’oc-clusione si dilata il palloncino con liquido di contrasto fino al dia-metro interno normale del vaso sanguigno. Questo procedimento è rappresentato schematicamente nella figura 4.

Generalmente la dilatazione del palloncino non provoca nessun dolore, ma talvolta la si percepisce come una sensazione di pressione. Dopo alcuni secondi o minuti si svuota il palloncino e si controlla la pervietà dell’arteria con mezzo di contrasto e immagini radiologiche. L’intervento dura circa un’ora, ma a seconda della situazione può richiedere più o meno tempo.

Che cosa succede dopo l’APT?Dopo l’APT si estraggono dall’arteria il catetere e la chiusa. Per evitare un’emorragia dal punto della punzione il medico o un’al-tra persona competente le comprimerà energicamente con la mano la zona inguinale per 10 – 20 minuti. Poi le verrà applicata una fasciatura compressiva, che di norma sarà tolta dopo circa 6 ore. In questo lasso di tempo non dovrà alzarsi. Come alternativa, in determinati casi il punto della punzione nell’arteria può essere chiuso direttamente con un procedimento speciale (clip o sutura). A intervalli regolari le si controlleranno il polso, la pressione arte-riosa e l’irrorazione sanguigna della gamba. Se sente dolori alla gamba o all’inguine lo comunichi subito al personale curante.

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Figura 4: angioplastica percutanea transluminale (APT)

Sezione longitudinale di un’arteria ristretta da depositi.

Con la dilatazione della stenosi il sangue può di nuovo scorrere liberamente.

Dopo aver svuotato il palloncino si ritira il catetere a palloncino.

A livello della stenosi, si riempie di liquido il palloncino, dilatando così la zona ristretta.

Il catetere col palloncino si spinge in avanti sul filo.

Attraverso la stenosi si spinge in avanti un sottile filo.

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Dopo l’intervento generalmente l’irrorazione sanguigna delle gambe viene controllata anche con un’ecografia.

A cosa deve prestare attenzione dopo l’APT?Dopo l’intervento potrà riprendere quasi completamente la sua attività normale. Nella prima settimana dovrà soltanto evitare grandi sforzi fisici come sollevare pesi notevoli. Probabilmente il medico le prescriverà un medicamento che inibisce l’aggrega-zione delle piastrine (antiaggregante). Più di frequente si tratta dell’Aspirina® o di farmaci analoghi. Talvolta è necessaria anche una terapia anticoagulante. Su questo argomento può richiedere alla Fondazione Svizzera di Cardiologia l’opuscolo «Terapie anti-trombotiche» (tagliando d’ordinazione al centro dell’opuscolo).

È molto importante combattere per quanto possibile i fattori di rischio presenti. Deve assolutamente rinunciare a fumare. Inol-tre è importante trattare l’ipercolesterolemia (tassi sanguigni troppo elevati del colesterolo) con uno stile di vita salutare per il cuore e medicamenti adatti, come pure ridurre un eventuale sovrappeso.

L’attività fisica regolare (camminare!) è estremamente impor-tante perché può migliorare la circolazione arteriosa. Il tratta-mento dell’arteriopatia obliterante ha probabilità di successo a lunga scadenza solo se lei riesce ad eliminare i fattori di rischio, altrimenti essi avranno un influsso sfavorevole sul risultato della terapia favorendo il progredire della malattia.

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Le seguenti ditte sono partner della piattaforma «Sapere – Comprendere –

Vivere meglio» della Fondazione Svizzera di Cardiologia. Un impegno

congiunto per informare i pazienti in modo completo e comprensibile e per

promuovere la loro competenza.

Sapere · Comprendere · ViVere meglioSapere · Comprendere · ViVere meglio

Ringraziamo la Società Svizzera d’Angiologia per la collaborazione specialistica e redazio-nale.

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Questo opuscolo le è dato dalla Fondazione Svizzera di Cardiologia. Vogliamo infor- mare in modo approfondito e oggettivo i pazienti e i loro congiunti sugli esami, i tratta-menti, la riabilitazione e la prevenzione delle malattie cardiovascolari e dell’ictus cere-brale. Inoltre sosteniamo dei progetti di ricerca molto promettenti in questi ambiti. Per entrambi i compiti ogni anno occorrono cospicue somme di denaro. Con un’offerta ci aiuta a proseguire la nostra attività a beneficio delle persone colpite e della popolazione. La ringraziamo di cuore del suo contributo.

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