Intervenire sulla condotta: prevenzione, anticipazione e limiti · 2016-01-25 · (Buckley et al.,...

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Revista Síndrome de Down I volume 32, giugno 2015 Intervenire sulla condotta: prevenzione, anticipazione e limiti Emilio Ruiz Rodríguez E. RUIZ, è psicologo e educatore. Fundación Síndrome de Down de Cantabria e Fundación Iberoamericana Down21. e-mail: [email protected] Traduzione a cura di The Rosetta Foundation (http://www.therosettafoundation.org/) RIASSUNTO Uno dei fattori che rende più difficoltosa l'integrazione dei bambini con la sindrome di Down nei centri scolastici ordinari e che preoccupa in modo particolare i genitori e i professionisti dell'educazione è la presenza di comportamenti dirompenti o inadeguati. Questi interrompono la dinamica delle classi, ritardano l'apprendimento e producono tensione nei professori e nei compagni. Per questo è essenziale promuovere un comportamento adeguato all'età, perché possano avere successo nelle loro interazioni sociali in famiglia, nell'ambiente circostante e a scuola. Uno studio rigoroso sui possibili antecedenti che provocano il comportamento del bambino ci fornirà idee preziose per realizzare un intervento efficace. La sindrome di Down è una disabilità visibile: è caratterizzata da un'evidente visibilità del deficit fin dalla nascita. Tale visibilità immediata dà luogo, in diverse situazioni sociali, a un'eccessiva attenzione al comportamento di bambini e giovani con la sindrome di Down da parte di altre persone, con un atteggiamento di osservazione, diretta o dissimulata, che può essere fonte di fastidio per molti genitori. Esiste una sorta di "scrupolo sociale" basato sull'attenzione verso il comportamento delle persone con trisomia, che probabilmente rappresenta un miscuglio di interesse, curiosità e diffidenza. Quel che non si conosce incute sempre timore. Questa circostanza obbliga coloro che si impegnano per una piena inclusione sociale delle persone con sindrome di Down ad assere esigenti relativamente al loro comportamento e ad essere particolarmente rigorosi da questo punto di vista. Di fatto può accadere che la trisomia venga associata unicamente alla mancanza di modelli di condotta adeguati. Ogni bambino, giovane o adulto, che partecipa a un atto sociale in un ambiente normalizzato non rappresenta solo sé stesso, ma anche tutte le persone con sindrome di Down che stanno cercando di trovare il proprio posto nella società. Il trattamento di normalizzazione si produce nel momento in cui si esige da essi lo stesso comportamento di qualsiasi altra persona nelle stesse circostanze. Condividere diritti e doveri è il modo migliore per favorire l'integrazione. Bisogna tenere conto del fatto che di solito gli episodi che rendono socialmente visibili le persone con disabilità intellettive si riferiscono fondamentalmente agli aspetti relativi alla loro interazione interpersonale. Un bambino che non abbia determinate conoscenze scolastiche o un adulto che non conosca certi dati culturali non attireranno l'attenzione nell'ambito del loro ambiente abituale a meno che, oltre a queste carenze, non compaiano dei difetti palesi relativi alle loro abilità sociali. Per esempio, se un bambino che non sa leggere si trova in una sala gremita di pubblico, nessuno lo noterà; ma se il suo comportamento è vistosamente inappropriato, verrà notato da tutti. E il commento della maggior parte delle persone sarà: "Che bambino maleducato!". Ricordiamo che secondo il dizionario della Real Academia de la Lengua il termine "educazione" comprende le accezioni di "civiltà e cortesia". Le abilità di interazione sociale passano attraverso gli occhi, sono visive, fotografiche, istantanee, per cui si ha una percezione immediata della persona con la sindrome di Down e del dominio che essa ha di queste abilità. Di conseguenza, la conoscenza delle regole basiche di cortesia e un comportamento adeguato nella maggior parte degli ambienti ordinari aiuteranno sostanzialmente a diminuire la percezione delle loro carenze; o, in altre parole, a diminuire la loro disabilità, poiché cambierà il modo con cui questa verrà percepita. SINDROME DI DOWN E CONDOTTA Il comportamento della maggior parte delle persone con la sindrome di Down è simile a quello di coloro che hanno un livello di sviluppo analogo e, in generale, non presentano particolari difficoltà da questo punto di vista. Solitamente i bambini e gli adulti si contraddistinguono per la loro comprensione sociale, essendo capaci di captare i messaggi relativi ai sentimenti e di agire in modo corretto in diverse situazioni sociali

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Revista Síndrome de Down I volume 32, giugno 2015

Intervenire sulla condotta: prevenzione, anticipazione e limiti

Emilio Ruiz Rodríguez

E. RUIZ, è psicologo e educatore. Fundación Síndrome de Down de Cantabria e Fundación Iberoamericana

Down21.

e-mail: [email protected]

Traduzione a cura di The Rosetta Foundation (http://www.therosettafoundation.org/)

RIASSUNTO Uno dei fattori che rende più difficoltosa l'integrazione dei bambini con la sindrome di Down nei

centri scolastici ordinari e che preoccupa in modo particolare i genitori e i professionisti dell'educazione è la

presenza di comportamenti dirompenti o inadeguati. Questi interrompono la dinamica delle classi, ritardano

l'apprendimento e producono tensione nei professori e nei compagni. Per questo è essenziale promuovere

un comportamento adeguato all'età, perché possano avere successo nelle loro interazioni sociali in famiglia,

nell'ambiente circostante e a scuola. Uno studio rigoroso sui possibili antecedenti che provocano il

comportamento del bambino ci fornirà idee preziose per realizzare un intervento efficace.

La sindrome di Down è una disabilità visibile: è caratterizzata da un'evidente visibilità del deficit fin dalla nascita. Tale visibilità immediata dà luogo, in diverse situazioni sociali, a un'eccessiva attenzione al comportamento di bambini e giovani con la sindrome di Down da parte di altre persone, con un atteggiamento di osservazione, diretta o dissimulata, che può essere fonte di fastidio per molti genitori. Esiste una sorta di "scrupolo sociale" basato sull'attenzione verso il comportamento delle persone con trisomia, che probabilmente rappresenta un miscuglio di interesse, curiosità e diffidenza. Quel che non si conosce incute sempre timore. Questa circostanza obbliga coloro che si impegnano per una piena inclusione sociale delle persone con sindrome di Down ad assere esigenti relativamente al loro comportamento e ad essere particolarmente rigorosi da questo punto di vista. Di fatto può accadere che la trisomia venga associata unicamente alla mancanza di modelli di condotta adeguati. Ogni bambino, giovane o adulto, che partecipa a un atto sociale in un ambiente normalizzato non rappresenta solo sé stesso, ma anche tutte le persone con sindrome di Down che stanno cercando di trovare il proprio posto nella società. Il trattamento di normalizzazione si produce nel momento in cui si esige da essi lo stesso comportamento di qualsiasi altra persona nelle stesse circostanze. Condividere diritti e doveri è il modo migliore per favorire l'integrazione. Bisogna tenere conto del fatto che di solito gli episodi che rendono socialmente visibili le persone con disabilità intellettive si riferiscono fondamentalmente agli aspetti relativi alla loro interazione interpersonale. Un bambino che non abbia determinate conoscenze scolastiche o un adulto che non conosca certi dati culturali non attireranno l'attenzione nell'ambito del loro ambiente abituale a meno che, oltre a queste carenze, non compaiano dei difetti palesi relativi alle loro abilità sociali. Per esempio, se un bambino che non sa leggere si trova in una sala gremita di pubblico, nessuno lo noterà; ma se il suo comportamento è vistosamente inappropriato, verrà notato da tutti. E il commento della maggior parte delle persone sarà: "Che bambino maleducato!". Ricordiamo che secondo il dizionario della Real Academia de la Lengua il termine "educazione" comprende le accezioni di "civiltà e cortesia". Le abilità di interazione sociale passano attraverso gli occhi, sono visive, fotografiche, istantanee, per cui si ha una percezione immediata della persona con la sindrome di Down e del dominio che essa ha di queste abilità. Di conseguenza, la conoscenza delle regole basiche di cortesia e un comportamento adeguato nella maggior parte degli ambienti ordinari aiuteranno sostanzialmente a diminuire la percezione delle loro carenze; o, in altre parole, a diminuire la loro disabilità, poiché cambierà il modo con cui questa verrà percepita. SINDROME DI DOWN E CONDOTTA

Il comportamento della maggior parte delle persone con la sindrome di Down è simile a quello di coloro che hanno un livello di sviluppo analogo e, in generale, non presentano particolari difficoltà da questo punto di vista. Solitamente i bambini e gli adulti si contraddistinguono per la loro comprensione sociale, essendo capaci di captare i messaggi relativi ai sentimenti e di agire in modo corretto in diverse situazioni sociali

(Buckley et al., 2005). Presentano, in generale, una comprensione e un comportamento sociale migliori rispetto ai bambini con un livello simile di ritardo cognitivo e comunicativo, inoltre apprendono facilmente per imitazione, per cui la loro condotta in situazioni interpersonali può essere adeguata all'età nonostante i ritardi in altri campi, come quello linguistico o quello intellettivo. È comunque certo che l'incidenza di disturbi da comportamento dirompente è chiaramente maggiore rispetto a quella che viene osservata nella popolazione generale (Capone, 2007). L'integrazione educativa e sociale parte da un requisito previo ineludibile, ovvero la presenza di competenze sociali basiche e il dominio delle abilità appropriate in ogni situazione. Uno dei fattori che rende più difficoltosa l'integrazione dei bambini con la sindrome di Down nei centri scolastici ordinari e che preoccupa in modo particolare i genitori e i professionisti dell'educazione è la presenza di comportamenti dirompenti o inadeguati. Questi interrompono la dinamica delle classi, ritardano l'apprendimento e producono tensione nei professori e nei compagni (Ruiz, 2008, 2009). Per questo è essenziale promuovere un comportamento adeguato all'età, perché possano avere successo nelle loro interazioni sociali in famiglia, nell'ambiente circostante e a scuola. Le cause dei comportamenti dirompenti risiedono sia nel bambino stesso che nelle circostanze dell'ambiente nel quale si sviluppa, nonostante nella maggior parte dei casi esista una correlazione permanente tra fattori interni e esterni. Alcuni antecedenti interni che spiegano le condotte anomale nel caso dei bambini con sindrome di Down possono essere (Lorenz, 2005, Goñi et al., 2007; Saumell et al., 2011): • Stato di salute: malessere fisico, catarro, infezione, dolore non manifestato, apnea nel sonno, ipotiroidismo, effetti dei farmaci. Determinati comportamenti vistosi possono essere dovuti al fatto che le indicazioni fornite nel programma di salute per le persone con sindrome di Down non vengono seguite correttamente (Down España, 2010, 2011); queste possono essere relative, per esempio, alla funzione tiroidea o al sonno. • Difficoltà sensoriali: problemi visivi o uditivi. Si sono verificati dei casi di bambini nei quali le frequenti condotte inappropriate si sono ridotte al minimo o sono scomparse una volta che hanno iniziato a portare gli occhiali o a mettere una protesi uditiva. • Stanchezza, fame, mancanza di sonno. I genitori sanno bene che il bambino non è lo stesso la mattina, al momento del risveglio, e nella fase finale della giornata. E non lo sono neanche loro. • Capacità di comunicazione limitata: le loro difficoltà nel liguaggio espressivo verbale possono provocare la comparsa di condotte inadeguate, a causa della mancanza di strumenti comunicativi efficaci. • Carenza di abilità sociali basiche. In altre occasioni l'origine delle complicazioni è la mancanza di abilità sociali, in questi casi si comportano in un modo inopportuno fondalmentalmente perché non conoscono le regole elementari di convivenza. • Cause psicologiche: egocentrismo, fase di negativismo, reazione alla nascita di un fratello, accettazione della sindrome di Down, scarsa conoscenza di sé stesso e delle proprie possibilità, bassa autostima, ecc. • Problematiche aggiuntive alla sindrome stessa. In alcuni casi può verificarsi, nell'ambito di una diagnosi duale complessa, che alla sindrome di Down si associno altre patologie quali il Disturbo dello Spettro Autistico o il Disturbo da Deficit di Attenzione con Iperattività, i quali necessitano di un intervento specifico che dovrà contemplare gli effetti combinati di entrambe le affezioni (Capone, 1999; Novell et al., 2004; Flórez, 2005; Capone et al., 2007; Garvía, 2007; Feeley e Jones, 2007; McGuire e Chicoine, 2006, 2010). Tra gli antecedenti esterni possiamo trovare: • Molte difficoltà potenziali in questo campo sono dovute alla mancanza di abitudini chiare e di direttive ferme nella famiglia durante l'infanzia. • Si deve sempre verificare se il comportamento rappresenta una forma di comunicazione che indica l'esistenza di qualcosa che preoccupa o che angoscia il bambino. La condotta, in questo caso, non è altro che una manifestazione di sofferenza emozionale soggiacente, di un malessere, una conseguenza più che una causa, un sintomo, il fumo che segnala un fuoco interiore del bambino e che sarà necessario estinguere (Timoneda, 2006). Il comportamento, in ultima istanza, è un messaggio che dev'essere decifrato (Bolea e Gallardo, 2012).

• Le richieste della situazione: esigenza eccessiva a casa o a scuola, richieste che fanno arrabbiare il bambino, carenza di norme, assenza di adattamenti e aiuti che gli permettano di seguire i contenuti scolastici, incapacità di capire le richieste dell'ambiente circostante, stile educativo rigido e inflessibile o, al contrario, permissivo e iperprotettivo, ecc. • Cambiamenti nella sua vita: cambio di scuola, di fase, di compagni o domicilio, nascita di un fratello, uscita di casa dei fratelli, perdita o assenza di un familiare o di una persona cara, stato di salute dei genitori, ecc. • I compagni di scuola o i fratelli possono anch'essi provocare o incitare il bambino con la sindrome di Down a comportarsi in un modo determinato, fungendo da motore o detonante di comportamenti inadeguati, per cui costituiscono un altro elemento che dev'essere valutato e controllato. • Inoltre, il comportamento dei compagni del bambino a scuola, i fratelli a casa, altri familiari o vicini, o i genitori stessi, rappresentano fattori esterni che in molti casi possono spiegare la condotta inadeguata, essenzialmente a causa del loro ruolo di modelli. Il mio scopo non è quello di produrre una relazione completa ed esaustiva sulle possibili cause di un comportamento dirompente, bensì quello di mostrare che gli elementi che potenzialmente possono esserne all'origine o influenzarlo sono numerosi. L'intervento in questi ambiti è la prima strategia utile di prevenzione per evitare la comparsa della condotta inadeguata e per correggerla nel caso si presenti. Uno studio rigoroso sui possibili antecedenti che provocano il comportamento del bambino ci fornirà idee preziose per realizzare un intervento efficace. Se tali antecedenti non vengono considerati, possiamo commettere l'errore di affrontare la condotta in sé, trattandola in maniera isolata, operando a vuoto, senza eliminarne la radice. Per questo, tutti questi fattori potenziali devono essere analizzati quando ci si ritrova di fronte alla presenza di una condotta inadeguata, sporadica o continuativa, del bambino con la sindrome di Down, poiché in molti casi la variazione delle circostanze scatenanti porterà automaticamente alla scomparsa del comportamento inopportuno. Riassumendo, la pianificazione formativa integrale dei bambini e dei giovani con la sindrome di Down deve includere contenuti più ampi rispetto a quelli esclusivamente scolastici, che comprendano capacità di autonomia personale e abilità sociali, poiché per fare amicizia, trovare un lavoro, raggiungere l'indipendenza e integrarsi nella comunità adulta, la competenza e la fiducia sociale sono più importanti delle capacità accademiche. Oltre all'applicazione di programmi di allenamento delle abilità sociali, che permettono di consolidare forme comportamentali socialmente accettabili, è fondamentale intervenire sulla condotta per prevenire e interrompere i comportamenti inappropriati. L'azione combinata su questi due fronti permetterà al bambino o al giovane con la sindrome di Down di avere a disposizione gli strumenti necessari per affrontare con successo la sfida relativa alla sua inclusione in tutti i tipi di ambienti sociali naturali.

[Tabella riassuntiva] POSSIBILI CAUSE SCATENANTI DEI COMPORTAMENTI DIROMPENTI

CAUSA INTERVENTO

CAUSE INTERNE

Stato di salute (malessere fisico, catarro, infezione, dolore, apnea, ipotiroidismo,…) Difficoltà sensoriali (vista, udito) Stanchezza, fame, mancanza di sonno Capacità comunicativa limitata Carenza di abilità sociali basiche Cause psicologiche: egocentrismo, negativismo, adolescenza, accettazione della SD Problematiche aggiuntive. Diagnosi duale

Trattamento della malattia Seguire le indicazioni del programma di salute Riesaminare e correggere Riposare, mangiare, dormire Fornire strumenti di comunicazione Allenamento delle abilità sociali Intervento psicologico Trattamento combinato di entrambe le patologie

CAUSE ESTERNE

Cause esterne Mancanza di abitudini e regole chiare Malessere emozionale soggiacente Richieste della situazione Cambiamenti nella sua vita (cambiamenti a scuola o a casa) Compagni o fratelli come detonanti Esempio di altre persone

Stabilire regole, limiti e abitudini Trattare l'origine Studiare il caso e modificare la causa Appoggiare e rinforzare Fornire strategie comportamentali Intervenire sull'ambiente Offrire modelli positivi

PROCEDURE D’INTERVENTO

L’intervento deve focalizzarsi prima di tutto sullo stabilimento di comportamenti corretti e, se necessario, sulla correzione di quelli non corretti. Da qui l’introduzione del presente articolo che parte dalla prevenzione per poi suggerire progressivamente proposte concrete di intervento basate sull’anticipazione e sui limiti, e termina con gli interventi mirati alla correzione di comportamenti inappropriati dopo la loro manifestazione. Tenendo conto che la maggior parte di questi comportamenti si presentano in età infantile, è a questa tappa che si indirizzano le misure preventive e di intervento che vengono proposte. Ciononostante, molti dei suggerimenti potranno essere applicati nella tappa adolescenziale o quella adulta, sebbene con un principio funzionale, prima verranno affrontate le situazioni, prima verranno corrette. Da questo punto si presenteranno alcuni passi possibili per affrontare questi comportamenti: • Incoraggiamento a comportamenti desiderabili • Conseguenze naturali • Correzione di comportamenti inadatti senza ricorrere a punizioni • Cambio di comportamento • Analisi funzionale del comportamento Incoraggiamento a comportamenti desiderabili: anticipo e limiti

“L’incendio più grande si spegne l’acqua…., se si giunge in tempo”.

L’intervento su comportamenti inappropriati inizia nel momento in cui si utilizzano strategie che impediscono il verificarsi di dati comportamenti (Armas, 2007; Saumell y col., 2011). Bisogna sempre tenere presente che è più difficile correggere un comportamento sbagliato già consolidato che instaurare una nuova condotta, di conseguenza è più utile far sviluppare al bambino comportamenti desiderabili con carattere preventivo. In effetti, quando si riconosce un comportamento non corretto già radicato nella quotidianità del bambino, bisogna attuare due diversi tipi di intervento:da un lato, sopprimere il comportamento sbagliato, e dall’altro, instaurare una nuova condotta, di conseguenza il lavoro da compiere raddoppia. Stabilire cosa è incompatibile e il comportamento inadeguato è la prima strategia valida per annullare i suoi effetti, dato che così si crea una barriera iniziale alla loro manifestazione. Ciò che risulta più efficace è applicare in maniera sistematica e continua programmi di intrattenimento che coinvolgono attività sociali per evitare che si presentino episodi di comportamento distruttivo (Verdugo, 1989; Caballo, 1993; Monjas, 1999; Izuzquiza y Ruiz, 2007; Ruiz, 2007, 2009; Cabezas, 2009). Un bambino con sindrome di Down che attacca un proprio compagno di classe può semplicemente ignorare il modo giusto di rivolgersi al compagno per attirare la sua attenzione o chiedergli di giocare insieme. In questo caso, se ci limitassimo a correggere il comportamento con forza o a punirlo o a dargli una conseguenza spiacevole, non staremmo affrontando il problema alla radice, il quale si risolverà solo quando verranno esercitate le giuste capacità di comunicazione e interazione. I principi di base per intervenire con bambini con sindrome di Down sono l’anticipazione e i limiti. È fondamentale fissare dei limiti e delle regole sin dalla tenera età (Díaz-Caneja y Fló- rez, 2006). Un bambino

che nasce con la sindrome di Down ignora i principi che lo regolano e le regole che governano la sua convivenza con altre persone. Sono gli adulti a dover indicare il sentiero che deve percorrere. Le regole sono il cammino e i limiti sono i lati di un ponte della vita che il bambino deve attraversare per sentirsi sicuro e fiducioso. E tutto ciò, naturalmente sarà frequentemente prevaricato per conoscere fin dove arrivano le sue possibilità e fin dove arriva l’autorevolezza dei genitori. Mettere alla prova gli adulti è un modo per verificare se i lati del ponte sono solidi. Infatti, i comportamenti fastidiosi generano un effetto nell’ambiente utilizzato dal bambino per farsi riconoscere e per attirare l’attenzione. Molti bambini, con i loro comportamenti distruttivi, non fanno altro che gridare che gli vengano imposti dei limiti. Gli serve affinché possano sentire la terra ben ferma sotto i propri piedi. Questo aspetto può risultare preoccupante in bambini che vivono determinate sofferenze interiori, ma non le manifestano con comportamenti non corretti, mantenendo tutto dentro di loro in una forma più riservata o introversa. Questi bambini, non richiamando l’attenzione di coloro che li circondano, possono passare inosservati e il loro dolore potrebbe non essere affrontato. È il caso di molti piccoli con la sindrome di Down che rimangono isolati, appartati e solitari in determinati contesti scolastici che finiscono per risultare “invisibili” a compagni e insegnanti che tra l’altro valorizzano il loro “buon comportamento”, visto che non disturbano. In relazione alle norme, stabilire delle routine quotidiane,stabili e prevedibili sin dai primi anni, ad esempio, riguardo al sonno e al pasto,è uno strumento molto utile (Estívil y De Béjar, 2002; Domènech, 2004) che, nel caso di bambini con sindrome di Down, aiutano ad evitare che si instaurino dinamiche che in un secondo momento sarebbero più difficili da correggere. I genitori a casa e gli insegnanti nelle scuole devono creare un ambiente stabile, coerente, esplicito e prevedibile (Polaino-Lorente y Ávila, 2004). L’ambiente stabile implica che le norme stabilite debbano essere ferme e che il loro rispetto da parte del bambino debba produrre sempre le stesse conseguenze. Devono essere coerenti in modo che il percorso non cambi di giorno in giorno o in funzione dello stato d’animo dell’adulto. Le regole devono essere esplicite, chiare ed evidenti per essere chiare ad entrambe le parti. Un ambiente prevedibile suppone che le norme siano definite prima di essere “incompiute” e non dopo, perché il bambino deve conoscerle in anticipo. Nel momento in cui deve essere applicata una regola, è essenziale la costanza, cioè che le conseguenze vengano applicate sempre e, se possibile nell’immediato (Ruiz, 2009, 2013). Il segreto del risultato, noto a tutti gli educatori, ma non facile da mettere in pratica, è la parola “sempre”. Il segreto è la costanza. Per incoraggiare i comportamenti desiderabili, cominceremo col definire delle regole chiare e dei limiti fissi a partire dai primi anni. Un principio di funzionamento valido è quello che si basa sulle 3 “R”: Regole,

Routine e Responsabilità. È necessario fissare delle regole precise, poche norme che saranno spiegate al bambino con chiarezza, così come le conseguenze nel non rispettarle. Si applicherà sempre e senza eccezioni la conseguenza stabilita se non si rispetta la regola,per esempio con la revoca di concessioni o privilegi che avrà luogo il prima possibile. È difficile che producano effetti sul comportamento misure del tipo “per l’arrabbiatura di oggi, sabato niente cinema”, o il famoso “vedrai quando torna papà stasera”. In effetti, può succedere che venga “castigato” proprio quando si sta comportando bene per qualcosa che è successo in un momento precedente, il che lo lascerà naturalmente confuso perché non potrà collegare la punizione con ciò che ha appena fatto.Naturalmente, ogni famiglia ed educatore stabilirà le regole che considera opportune, differenti dalle altre, ma l’importante è che queste regole esistano (Ruiz, 2009). Le regole applicate con costanza si consolidano come routine che il bambino integrerà nel suo quotidiano con regolarità. La successione di azioni ripetute rende la vita più prevedibile e di conseguenza più sicura per il bambino. I bambini con sindrome di Down manifestano con frequenza una certa perseveranza nella loro condotta, comportamenti rituali che alcuni genitori classificano come “manie” che li fanno sembrare testardi e ostinati. È possibile che l’eccesso di ordine a casa o la tendenza quasi ossessiva nel seguire delle routine quotidiane costituiscano un modo per raggiungere un maggior controllo sulla propria vita, questo lo tranquillizza e lo aiuta a sentirsi meglio.Costituirà una sorta di paradiso di tranquillità che rende prevedibile un mondo che, normalmente, li fa esagerare e li confonde (McGuire y Chicoine, 2006). Infine le routine ripetute si convertono in responsabilità intese come compiti quotidiani non impegnativi per il bambino, il quale li compie con naturalezza liberando altre persone dall’obbligo di occuparsene. Un compito portato a termine tra un ordine e un monito a ricordarsene non è una responsabilità. Una responsabilità non si definisce tale se non viene assunta come propria, e nel caso dei bambini con sindrome

di Down questo si ottiene con relativa facilità attraverso la ripetizione frequente delle routine. In conclusione. si tratta di far interiorizzare al bambino la regola convertendola in un’abitudine. Allo stesso modo si può utilizzare il modello del semaforo come strategia pratica, facile da comprendere e ricordare. Il semaforo verde indica i comportamenti che sono ammessi sempre, sia a casa che a scuola. Sorridere,guardare in faccia, giocare con i compagni, fare i compiti, raccogliere i giocattoli o aiutare in alcuni lavori di casa devono essere verdi in ogni occasione. Il semaforo rosso indica le azioni proibite e che non saranno ammesse in nessun caso. Non si grida, non si spingono gli altri bambini, non si permettono capricci, non si toccano le prese elettriche, in nessun caso. In queste situazioni, bisogna dire NO! con fermezza e con un’espressione molto seria, sempre che sia necessario. Infine, saranno di color arancione le regole che a volte si applicano e altre no, a seconda della situazione. Giocare in camera dei genitori, premere l’avvio del lettore DVD, usare il computer del padre o il tablet della madre, toccare determinati alimenti con le mani, sono comportamenti che a volte potranno essere ammessi a seconda delle circostanze e delle persone presenti. Date le difficoltà che i bambini con sindrome di Down hanno nel rapportarsi a situazioni ambigue e nel reagire agli imprevisti, i comportamenti definiti arancioni dovranno essere meno possibili, altrimenti è molto probabile che i bambini siano disorientati e non sappiano come affrontare le situazioni. È evidente che tutte le persone che circondano un bambino debbano rispettare e far rispettare allo stesso modo le regole. Le regole che vengono stabilite devono essere rispettate e seguite da tutti i membri della famiglia e da tutti i compagni di classe. Non si può permettere al fratello maggiore, a un compagno o a un genitore si non rispettare una regola che esigiamo che il bambino rispetti; questo esempio lo confonderebbe. D’altro canto stabilire delle regole di base, rispettate da tutti, faciliterà la convivenza familiare e scolastica. Ancora una volta, applicare le misure valide per un bambino con sindrome di Down può essere un beneficio per tutti coloro che lo circondano. Allo stesso modo, la mancanza di accordo tra il padre e la madre o con altri familiari rende difficile il consolidamento dei comportamenti. È il caso frequente dei nonni che consentono ai bambini dei comportamenti che i genitori stanno tentando di sradicare e che compiono un lavoro che si sviluppa in tutta la settimana ma che va in fumo in pochi minuti durante una breve visita nel fine settimana. L’anticipazione è l’altro principio di base per intervenire con bambini con disfunzioni intellettive. Avvisarli in tempo può risultare utile, ma è molto più efficace organizzare la sua quotidianità in modo che siano loro stessi a riconoscere in anticipo a cosa serve ciò che fanno e, di conseguenza, poter pianificare. Devono stabilire delle routine quotidiane, delle abitudini stabili e imprescindibili per l’organizzazione giornaliera. Il disorientamento temporale di cui soffrono molti bambini con sindrome di Down, anche se conoscono l’orologio e le ore, fa sì che gli sia difficile interiorizzare quanto tempo è passato o il tempo che resta quando compiono una data attività. È molto utile l’elaborazione di un orario quotidiano su carta, con testo, fotografie, disegni, diagrammi e schemi, da collocare in un posto ben visibile, per esempio nella stanza o in cucina o sul suo banco in classe (Targ Bril, 2005). Su di esso saranno riportate le attività che il bambino compirà ogni giorno all’ora corrispondente. Tra le sue attività si possono includere le abitudini di autonomia di base. 8:00. Svegliarsi. 8:05. Vestirsi. 8:30. Fare colazione. 9:00. Andare a scuola. 9:30. Matematica. 10:30. Ricreazione… In questo modo il bambino sa in ogni momento cosa ci si aspetta da lui e nel caso dei bambini con sindrome di Down è provato che ciò gli procuri tranquillità e sicurezza. Conseguenze naturali

Quando un educatore, genitore o insegnante, premia o castiga un figlio o allievo, gli nega l’opportunità di prendere decisioni e di essere responsabile della sua vita, mentre le conseguenze naturali e logiche fanno in modo che il bambino si assuma le responsabilità del suo comportamento ed evitano che disubbidisca. Permettono di apprendere l’ordine naturale e sociale seguendo una logica simile a quella che regge il funzionamento del mondo, naturale e sociale. Nel mondo naturale se piove posso utilizzare un ombrello oppure no; se lo usassi mi proteggerebbe dalla pioggia, ma se decidessi di non farlo, mi bagnerei. Nel mondo sociale, i bambini che si svegliano tardi arriveranno tardi a scuola e dovranno recuperare le lezioni perdute oltre a subire un rimprovero da parte degli insegnanti o una possibile punizione. In entrambe le situazioni il bambino può decidere cosa fare, ma dovrà accettare le conseguenze delle sue azioni. Però non

deve essere punito per ciò che fa poiché nella scelta riceve la conseguenza relativa alla sua decisione (Ruiz, 2008, 2009). Le conseguenze naturali, a differenza delle punizioni, si basano sull’ordine sociale e sulla logica e non precisano la presenza di un’autorità personale che imponga la regola. Rendono chiaro al bambino che ciò che ci si aspetta da lui, definendo un comportamento adeguato. Uno dei maggiori inconvenienti delle punizioni è che segnalano ciò che non si deve fare, ma non danno alcun esempio riguardo il comportamento corretto. Il bambino può pensare “sì, so che questo non si fa, ma cosa devo fare?”. La punizione si focalizza sul passato (l’azione ha già avuto luogo) ed è associata ad una minaccia. Le conseguenze naturali, al contrario, si riferiscono al presente e al futuro e rafforzano la buona volontà e la presa di decisione. La punizione, infine, si basa su un’imposizione esterna ed esige obbedienza. Lo stabilire conseguenze naturali permette che il bambino scelga e diventi artefice del suo comportamento oltre che responsabile delle sue azioni. Riassumendo, le differenze essenziali con la punizione sono le seguenti:

PUNIZIONE CONSEGUENZE NATURALI

Esprime il potere dell’autorità personale Si ricollega a un comportamento inadeguato Fa vedere al bambino ciò che è sbagliato Si focalizza sul passato È associato ad una minaccia Esige obbedienza

Esprimono l’ordine sociale Rendono chiaro il comportamento adeguato Non implicano alcun giudizio valutativo Si focalizzano sul comportamento presente e futuro Si basano sulla buona volontà Permettono di scegliere

Per instaurare comportamenti adatti, si può utilizzare un sistema di conseguenze naturali organizzando la quotidianità del bambino in modo che ad ogni comportamento seguano le relative conseguenze. Evidentemente si ottengono migliori risultati se il comportamento più adatto, quello che interessa al bambino, viene presentato alla fine. Se si definiscono con chiarezza le norme e i risultati dei comportamenti, che il bambino deve conoscere prima, i genitori smettono di essere coloro che puniscono e diventano i supervisori di una normativa in cui si applicano le conseguenze naturali delle azioni dei propri figli. Affinché siano efficaci, è fondamentale far capire al bambino la sequenza logica. Ad esempio: • Lavarsi le mani – mangiare: se non ti lavi le mani, non mangi • Andare al bagno – dormire: se non fai la pipì prima di andare a letto, non puoi andare a dormire • Vestirsi – andare a scuola: se non ti vesti da solo, non puoi andare a scuola • 1°piatto – 2° piatto – dolce: se non mangi il primo, niente dolce • Apparecchiare – mangiare: se non apparecchi, nessuno mangerà • Sistemare i giocattoli – giocare: se non metti a posto questo gioco, non potrai giocare con l’altro • Fare i compiti – guardare la TV: se non finisci i compiti, non potrai guardare la TV o giocare col computer. Se osserviamo il nostro comportamento quotidiano, avremo prova che il sistema delle conseguenze naturali è quello che domina molte delle nostre azioni e di fatto lo applichiamo inconsapevolmente con frequenza (andiamo al lavoro per essere pagati; se mi tratti bene, ti sorrido). Naturalmente, non si può stabilire un sistema di conseguenze naturali per tutte le situazioni, poiché molte di esse hanno senso di per sé, senza relazione alcuna con ciò che accade successivamente. Ciononostante, si deve provare a incorporarle alla routine quotidiana sempre se si può e sono un supporto ideale per lo stabilimento si una normativa di base a casa.

REGOLE PER L’APPLICAZIONE DELLE CONSEGUENZE NATURALI

1. Rendere chiare al bambino la regola e la conseguenza naturale che si applica 2. Presentare alternative e far scegliere al bambino 3.Essere fermi e tranquilli.La fermezza si riferisce alla costanza nel comportamento. La tranquillità al modo in cui si presentano le alternative. 4. Parlare di meno e agire di più. 5. Evitare i litigi e le discussioni: indicano mancanza di rispetto nei confronti dell’altra persona 6. Non cedere: questo indica mancanza di rispetto verso sé stessi 7. Se il bambino non attua il comportamento adeguato, applicare la conseguenza naturale sempre e senza fornire spiegazioni 8. Lasciarlo provare dopo un po’. Se torna a compiere l’errore, allungare il tempo prima che possa provare di nuovo. 9. Essere pazienti: le conseguenze naturali e logiche tardano ad attuarsi. 10. Nel caso dei bambini con sindrome di Down, se si applicano con costanza, finiscono per incorporarsi nella sua routine quotidiana.

Correggere i comportamenti inadeguati senza ricorrere al castigo

Nei paragrafi precedenti, riguardanti l’aspirazione a comportamenti auspicabili sulla base di un sistema di

conseguenze naturali stabilite, presentava proposte di attuazione tendenti a prevenire la comparsa di quei

comportamenti chiamati distruttivi, che talvolta sono stati classificati come problematici. Definire un

“problema comportamentale” non è una cosa facile, in quanto molto dipende dagli obiettivi che ciascuno

dei partecipanti alla relazione intende raggiungere. Le interazioni umane sono sempre di natura circolare;

ciò che è considerato un problema per un adulto, può essere visto come una soluzione per un bambino.

Secondo la teoria della comunicazione umana (Watzlawick e col., 1997), una serie di comunicazioni può

essere vista come una sequenza ininterrotta di interscambi da parte di un osservatore esterno. Tuttavia, i

partecipanti all’interazione introducono un “punteggio della sequenza dei fatti”, in base al proprio punto di

vista. Un comportamento che un genitore considera problematico, per un bambino potrebbe

rappresentare invece una strategia vincente per ottenere ciò che desidera.

Definiamo un comportamento inadeguato quello che interferisce nello sviluppo o nel processo di

apprendimento del bambino o che rompe la dinamica naturale in casa o a scuola, che potrebbe

danneggiare il bambino, o quel comportamento che si discosta da ciò che viene considerato tipico nei

bambini di una certa età (Cidad, 1990; Patterson, 2004; Cañas, 2006). In ambito educativo, i comportamenti

distruttivi rappresentano uno dei fattori che rendono più difficile il processo di adattamento dei bambini

con sindrome di Down all’interno del contesto scolastico e tendono ad essere quelli che destano maggiori

preoccupazioni a genitori e insegnanti (Armas, 2007). Ciò costituisce uno dei motivi principali per cui i

professori richiedono la presenza dei genitori all’interno dei centri educativi (questi ultimi infatti sono

chiamati in causa soprattutto quando bisogna correggere il comportamento dei propri figli e meno spesso

quando invece bisogna riconoscergli meriti).

Da un punto di vista tecnico, un castigo è la conseguenza che riduce la frequenza, l’intensità o la durata di

un certo comportamento. Esso viene applicato in maniera molto semplice ed è per questo che costituisce il

metodo più utilizzato per estinguere un certo comportamento; tuttavia se è vero che risulta efficace nel

breve periodo, non lo è altrettanto a lungo termine. Esistono due tipologie principali di castighi:

l’applicazione di stimoli avversivi o molesti, come per esempio una repressione o la fine di uno stimolo

positivo. La repressione degli stimoli positivi, può presentarsi sottoforma di tempo trascorso lontano dal

rafforzatore (time out), collocando l’individuo in una situazione nella quale non può accedere a rafforzatori

(isolandolo, per esempio). Il secondo tipo è il costo alla risposta, che consiste nella perdita del rafforzatore,

come nel caso in cui ad un bambino viene vietato di vedere la TV in risposta ad un comportamento

inadeguto. L’efficacia di questa tecnica si basa sulla sua corretta applicazione. Quando si manda un

bambino “in castigo”nella sua stanza, con l’intenzione di attuare un “time out” o un “momento di

riflessione”, ma lí trova tutti i suoi giocattoli e svaghi, sembra logico che non vengano raggiunti i risultati

aspettati. In questi casi, i fatti dimostrano che il bambino è stato in realtà premiato e pertanto il suo

comportamento non verrà di certo limitato.

Nel linguaggio colloquiale, gli stimoli avversivi che vengono utiizzati come castighi tendono ad essere

reazioni degli adulti, sottoforma di grida o sculacciate che avvengono in risposta al comportamento

inappropriato. C’è da dire che la maggior parte delle volte si tratta di riposte non controllate da parte

dell’adulto pittosto che di interventi educativi pianificati e riflettuti. Questi tipo di castigi, trattandosi di una

delle strategie piu frequentemente utilizzate per correggere o eliminare i comportamenti distruttivi, hanno

molti effetti secondari non desiderati che fanno del castigo una delle risposte più dannose nel lungo corso.

Quest’ultimo infatti produce alterazioni emozionali negative (come rabbia, aggressività, delusione, ira,

desiderio di vendetta), viene evitata la persona che punisce, e imitato il suo atteggiamento, oltre al fatto

che non offre nessuna idea di come migliorare il comportamento. In altre parole, il castigo fa capire che si

ha sbagliato ma non dà informazioni sul comportamento corretto da avere e pertanto non si può

pretendere che il bambino sappia come deve comportarsi. I castighi dovrebbero essere riservati solo per

evitare comportamenti pericolosi (“No!” nel caso in cui mette le dita nella presa della corrente) o quando

tutte le altre strategie non hanno funzionato.

Cosí come accede con i premi o i feedback positivi, gli stimoli avversivi devono essere scelti a seconda

dell’effetto sortito su ciascun bambino, e questo significa che non è possibile sapere in anticipo la sua

validità fino a quando non si prova la sua efficacia nella pratica. Viene raccomandato servirsi di quelli che

offrono al contempo idee per migliorare il comportamento, come nel caso del sedersi sulla “sedia o nella

stanza della riflessione” perché il bambino rifletta su ciò che ha fatto di male e cerchi alternative adeguate.

Ricorrere a feedback positivi è la tecnica più ampiamente utilizzata con i bambini con sindrome di Down,

siccome i rafforzatori sociali quali elogi, sorrisi e parole di conforto sono i più efficaci. Bisogna tenere in

considerazione che l’obiettivo principale per qualsiasi bambino è ottenere l’attenzione dell’adulto, in

particolare degli aduli più importanti della sua vita, come i genitori e i maestri. I comportamenti

inappropriati sono mantenuti dalla ricompensa che ottiene il bambino, il che fa pensare che l’intervento

deve implicare un cambiamento nell’azione di coloro che lo circondano. In linea generale, se l’adulto

modifica la propria reazione, il bambino a sua volta cambierà il suo comportamento. Bisogna aspettarsi il

meglio dal bambino, credendo in lui e trasmettendogli la convinzione che sarà capace di migliorare e

correggere i suoi errori. Bsogna fare in modo che pensi alla situazione dal suo punto di vista e trattarlo con

rispetto. Mai utilizzare espressioni come “non ti voglio bene più” o la minaccia emotiva, preferendo invece

una risposta fredda o espressioni di rabbia, attraverso gesti o silenzi che il bambino sarà in grado di captare.

Bisogna ignorare qualsiasi comportamento inaccettabile atto ad attrarre attenzione, sforzandosi di

distogliere lo sguardo o verso questi comportamenti, che in molti casi altro non sono che richieste di

attenzione o affetto.

E’ importante essere particolarmente prudente quando si tratta di classificare o etichettare il bambino con espressioni che richiamano il fatto di aver avuto un comportamento inappropriato. Risaputo è l’effetto deleterio che si ottiene se il bambino viene chiamato cattivo, cocciuto, brutto, distratto o qualsisasi altro aggettivo, influendo nella formazione della sua indentità e portandolo a rappresentare e assumere quel ruolo che gli abbiamo assegnato (Saumell e col., 2011; Bolea e Gallardo, 2012).

Bisogna saper riconoscere i buoni comportamenti ed elogiarli, tenendoli in considerazione. Generalmente, i genitori sono maggiormente attenti ai comportamenti inappropriati, che si desidera eliminare piuttosto che a quelli corretti che invece si danno per scontato. E’ stato provato che la maggior parte delle interazioni che si svolgono tra genitori e figli riguardano il dar ordini e correggere un certo comportamento. Tuttavia, questa tendenza fa in modo che il potere generato dall’attenzione dell’adulto in qualità di rafforzatore, si concentri solamente verso ciò che non è importante. In linea generale, bisogna far in modo che il bambino faccia il suo dovere di buon grado, cosa che si ottiene prestandogli attenzione quando agisce correttamente. Inoltre, gli incentivi e i riconoscimenti devono essere dati subito dopo che il comportamento ideale è stato messo in pratica e non aspettare la fine della giornata per fargli sapere che “oggi hai fatto proprio il bravo”. Cosí come è stato già detto diverse volte, il maggior rafforzatore consiste nell’attenzione dell’adulto, la dimostrazione di affetto e il rafforzamento verbale, sottoforma di elogi per esempio (Leitenberg, 1983). Bisogna riconoscere i progressi fatti dal bambino, i suoi miglioramenti e i suo i sforzi in tutti quelli che sono gli aspetti relativi al comportamento dove sono stati riscontrati dei miglioramenti. Le parole e i gesti devono trasmettere espressioni di fiducia e di sicurezza, “ho apprezzato il modo in cui hai saputi gestire la situazione”; “so che puoi farcela”; “stai facendo progressi”; “ti sei impegnato tanto”, sono formule efficaci che fanno riconoscere i propri progressi sia in pubblico che in privato. Il riconoscimento nella sfera privata incentiva il bambino nella sua intenzione di migliorare e rafforzare il legame affettivo. Il riconoscimento nella sfera privata lo aiuta nell’autostima e lo coinvolge nel suo miglioramento nei confronti di altre persone. Seguendo un principio generale, gli elogi devono essere fatti in pubblico e le ramanzine in privato. Altro strumento importante consiste nel rafforzamento dei comportamenti incompatibili con quelli inappropriati. Come nel caso dell’esercizio delle abilità sociali o nell’utilizzo creativo del tempo libero, la lettura per esempio, che limita il presentarsi di comportamenti stereotipati e autostimolanti nel bambino con disabilità intellettive. In altre occasioni, i piccoli che stanno apprendendo un certo livello di linguaggio espressivo verbale, riducono la frequenza del comportamento distruttivo nell’interagire con altri bambini, che utilizzavano questo come modo di relazionarsi siccome non erano a conoscenza di un altro più adeguato. E’ molto importante la coerenza nel modo di agire, evitando di far vincere la risposta che lo stato d’animo dell’adulto fornisce in un dato momento. Se ci si arrabbia un giorno per qualcosa che si è fatto e un altro giorno si sorvola sulla stessa cosa, a seconda dell’umore, il bambino verrà disorientato. Bisogna evitare di inviare messaggi contraddittori, che confondono ed essere coerenti con i propri piani educativi; se vogliamo che il bambino sia indipendente, non possiamo dirigerlo sempre o ordinargli di fare qualcosa o farlo al suo posto. Se vogliamo che sia responabile, dobbiamo avere fiducia nelle sue possibilità, affidandogli compiti e non aiutarlo in ciò che è capace di fare da solo. Se l’educatore è consapevole delle proprie contraddizioni probabilmente sarà in grado di correggerle. Se il bambino si comporta in maniera inadeguata, è importante comunicare chiaramente il proprio

disappunto per alcuni secondi, ricordandogli subito che lui è buono e capace; che non siamo arrabbiati con lui o lei, ma semplicemente che non ci è piaciuto il loro comportamento; che non è cattivo, ma che ha agito in maniera sbagliata in una data situazione. Potrebbe funzionare anche il richiamare alla memoria altre

situazioni precendenti nelle quali invece si è comportato bene. Inoltre, la correzione si deve sempre fare in privato e senza arrabbiarsi, chiarendo dove e come si è sbagliato e spiegandogli come agire in futuro, oltre a mettere in pratica le conseguenze di un comportamento scorretto. Se si dovessero presentare reazioni non previste, si consiglia di distrarre il bambino, farlo svagare, fargli capire che noi sappiamo che è in grado di controllare la situazione. E’ fondamentale mantenere la calma, e se non è possibile, è meglio allontanarsi e ritornare quando si è raggiunta una maggiore serenità. Allontanarlo a allontanarsi dalla situazione è la migliore strategia se la relazione è andata fuori controllo (Ferrerós, 2005). Bisogna spiegargli che aspettiamo che si tranquillizzi perché rifletta su ciò che è accaduto. In ogni caso, qualsiasi tentativo di intervento in momenti del genere è generalmente vano, siccome il blocco o sequestro emotivo prodotto non permettono un approccio razionale costruttivo (Goleman, 1996). Bisognerà aspettare finché gli effetti dell’ira non siano terminati per poter chiedere al bambino cosa sia accaduto dal suo punto di vista e analizzare insieme la situazione per suggerire strategie di comportamento appropriato da adottare in situazioni simili. In ogni caso, la miglior risposta davanti a capricci e infuriate è sempre la prevenzione.

Non potevo concludere questa sezione senza ricordare che la presenza abituale di determinati comportamenti distruttivi sta portando in molti casi a diagnosi precipitose e quindi all’utilizzo di farmaci come tecniche di intervento. Dare una pillola ad un bambino che ha difficoltà nella gestione del suo comportamento potrebbe rappresentare una soluzione troppo rapida e comoda a cui ricorrere in un dato momento, ma non si assicura la sua efficacia nel fututo, specialmente in riferimento al suo benessere. Prima di arrivare alla medicina, bisognerebbe aver tentato tutte le altre soluzioni suggerite, in maniera sistematica e rigorosa, e solamente nel caso in cui non siano stati raggiunti gli effetti auspicati, e sempre in un constesto di una diagnosi specialistica, si potrebbe pensare di ricorrere all’alternativa farmacologica. Modificare la condotta

La terapia comportamentale-cognitiva si basa sulle teorie dell’apprendimento, in particolare il condizionamento classico, il condizionamento operante e l’apprendimento sociale, ampliate recentemente dalle apportazioni delle tecniche cognitive (Palomero e Fernández, 1994). L’obiettivo è quello di instaurare, mantenere, cambiare o sopprimere certi comportamenti, tenendo presente che questi ultimi sono modellati da situazioni circostanti inadeguate. Per prima cosa, sia il comportamento normale che quello “anormale” si acquisiscono secondo le leggi dell’apprendimento e pertanto, attraverso queste ultime è possibile modificarlo. Se l’apprendimento non è avvenuto correttamente, bisognerà riapprendere bene ciò che si è appreso male. Se si analizzano i comportamenti, i determinanti attuali sono più importanti di quelli andecendenti, pertanto bisogna concentrarsi sul “qui e ora”. L’analisi prevedrebbe la valutazione dettagliata dei comportamenti difficili che si desidera modificare, la determinazine delle variabili che li generano, l’applicazione della tecnica concreta e l’analisi dei risultati. In questo senso, è importante ricordare che bisogna correggere un comportamento sbagliato nel momento stesso in cui si produce, pertanto sembra fuori luogo richiamare la famiglia nell’impegno a correggere un certo atteggiamento che si ripete nel contesto scolastico, cosa che invece accade di frequente. La famiglia può appoggiare o rafforzare le decisoni del maestro, facendo leva a casa su come si sia deciso di intervenire a riguardo e portando a termine le misure proposte. Tuttavia, resta compito del docente, all’interno della classe o del centro educativo, determinare il piano di attuazione e prendere le misure opportune. Per raccogliere dati, si possono utilizzare interviste, autoregistrazioni, scale di valori o questionari, anche se l’osservazione della condotta è sempre la strategia più utilizzata ed efficace. I procedimenti atti alla modifica del comportamento si sono rivelati come strategie molto utili nell’interazione con persone con disabilità intellettive (Feeley e Jones, 2007). Apportano una certa attenzione al trattamento con svariati vantaggi, dal momento che sono facilmente applicabili, veloci, a basso costo e adattabili a diversi contesti. Alcune tecniche valide in rapporto ad alunni con sindrome di Down consistono nel rafforzamento, economia simbolica o a gettoni, il modellamento di apprendimento per osservazione, il modellamento di apprendimento per approssimazione successiva e la catena o apprendimento a catena di stimoli e risposte per migliorare la condotta. Per diminuire o eliminare i casi di comportamento inappropriato, si può ricorrere alla soppressione o cessazione dei rafforzatori che lo alimentano, il tempo trascorso lontano dal rafforzatore o l’isolamento o la presentazione di stimoli avversivi (Caballo, 1993; Pear, 1993; Palomero e Fernández, 1994; Cañas, 2006). Sebbene questi possano essere applicati sia per implementare comportamenti, incrementare altri già presenti che per sopprimerli, sono impiegati con maggiore frequenza quando si devono eliminare comportamenti inadeguati, che sono quelli più complessi tanto in casa come a scuola. Il processo di intervento comincerà con l’identificazione del comportamento obiettivo che si desidera sminuire o sopprimere, nella maniera più chiara e precisa possibile, attraverso la descrizione operativa (Izuzquiza e Ruiz, 2007; Saumell e col., 2011). E’ frequente che genitori e professori si lamentino del comportamento dei bambini descrivendolo in modo vago e poco preciso , dire che ”si comporta male”, “è vago” o “non è attento”, non conferisce informazioni precise a ciò che sta succendendo e a come affrontare il problema. “Si butta a terra e grida”, “non raccoglie i suoi giochi” o “tira i capelli alla sorella”, sono descrizioni oggettive del comportamento inadeguato. Allo stesso tempo, bisogna definire il comportamento alternativo, ovvero ciò che ci si aspetta che un bambino faccia al posto di quello sbagliato. Si deve sempre cercare di stabilire mete in positivo, in modo tale che si sappia il comportamento corretto che ci si aspetta. “Esprime a parole il

suo malumore”, “raccoglie i giocattoli dopo aver giocato” o “gioca con sua sorella”, dovrebbero essere le alternative positive ai comportamenti negativi precedentemente enunciati. Successivamente bisogna creare un registro di comportamento-problema dove vengano raccolte le situazioni e i casi in cui compare, le persone coinvolte e la frequenza, l’intensità e la durata, cosí come la gravità. Il registro serve ad oggettivare il comportamento e consentirà di verificare successivamente i risultati del programma di intervento. Molti comportamenti che sembrano particolarmente preoccupanti, in realtà si presentano con molta poca frequenza o durano appena pochi secondi, mentre altri che si presentano abitualmente sono poco gravi o intrascendenti. L’intervento si stabilisce, a seconda delle persone che partecipano e i rafforzatori o tecniche di modifica di comportamento che verranno adottate. Bisogna cercare di approcciare a certi comportamenti caso per caso, cominciando con quelli che hanno maggiori possibilità di essere corretti. Verrà introdotto il programma di intervento che verrà modificato qualora i risultati non siano quelli desiderati, seguendo il piano in maniera costante per verificare la sua efficacia, sulla base di registri sistematici e obiettivi. Se per esempio si decide di elaborare o applicare un programma di economia simbolica o a gettoni, dopo aver determinato il comportamento finale e quegli atteggiamenti che verranno premiati o castigati, si creerà una tabella specificando il valore di interscambio di gettoni. Questo avverrà in relazione al potere rafforzatore da parte del soggetto, dal momento che i rafforzatori più desiderati richiederanno un numero maggiore di gettoni. All’inizio, ci si scambieranno i gettoni per i rafforzatori in maniera più frequente, per poi rallentare lo scambio gradualmente fino alla sua eliminazione completa, perché ci si disabitui allo scambio gettoni-rafforzatori. Poco a poco, i rafforzatori materiali verranno sostituiti con quelli affettivi e sociali e per il valore intrinseco della propria attività. Per ultimo, occorre assicurare la generalizzazione degli scambi conseguiti, perché possano essere estesi ad altre situazioni o casi. Analisi funzionale del comportamento

L’analisi funzionale del comportamento ha l’obiettivo di verificare i fattori responsabili della produzione o della reiterazione di quei comportamenti classificati come alterati o distruttivi e la loro relazione con gli imprevisti (Cidad, 1990; Cañas, 2006). Per ottenere un intervento efficace basato sull’analisi funzionale della condotta, è opportuno cominciare a definire con chiarezza e in maniera osservabile e quantificabile il comportamento che si intende modificare. Bisogna studiare gli antecedenti e le conseguenze di un dato comportamento, seguendo la sequenza logica “antedenti-comportamento-conseguenze” (Carr e col., 2001; Edmonton e Turnbull, 2004; Goñi e col., 2007). Pertanto, si prepareranno le seguenti domande: che era successo prima? (Quando si è verificato il comportamento sbagliato? Dove? Chi era presente? Che stavano facendo le altre persone prima che questo succedesse?) Che è accaduto dopo? (In che modo ha reagito ciascuno davanti all’atteggiamento del bambino?). Tra gli antecedenti, come già accennato nel paragrafo precedente, rientrano alcuni interni, propri del bambino e altri esterni relazionati alla situazione. Le conseguenze sono i risultati scaturiti dalla condotta del bambino in una data circostanza. La possibiltà di una certa risposta sarà data in relazione alle sue conseguenze immediate. Abitualmente si matiene una certa condotta quando si ottiene in risposta un rafforzatore, pertanto è opportuno chiedersi quale beneficio sta ottenendo il bambino. Non ci stancheremo mai di ripetere che il rafforzatore più importante è l’attenzione degli adulti; un bambino può arrivare a comportarsi in modo inappropriato soltanto per ottenere questo tipo di attenzioni, anche dovendo pagare il prezzo di un castigo o una repressione. Pertanto, l’intervento deve essere diretto a cambiare le conseguenze, introducendo altre differenze volte a modificare il comportamento. Dopo aver valutato il problema condotta, definendolo in modo operativo, e registrando e analizzando tutti i dati, antecedenti e conseguenti, si formula l’ipotesi funzionale, un giudizio nel quale vengono specificate le variabili del problema in relazione al comportamento. L’ipotesi di intervento è una previsione in termini operativi della possibilità e direzione del cambiamento che potremmo ottenere riguardo la condotta problema se apportiamo cambiamenti alle variabili che stiamo mantenendo (Cidad, 1990). Di seguito alcuni esempi:

• Se stabiliamo per ipotesi che i capricci di un bambino sono dovuti all’attenzione posteriore degli adulti, cambieremo le conseguenze. In pratica, quando il bambino si butta a terra, facendo una scenata, cambieremo la reazione abituale avuta fino a quel momento; nessuno si arrabbia, nessuno grida, tutti escono dalla stanza, senza dargli attenzione. Nel momento in cui i capricci sono terminati ci si parla, offrendogli alternative corrette di comportamento per ottenere ciò che desidera.

• Supponiamo che un bambino non raccoglie i suoi giocattoli perché ha notato che la madre pur sgridandolo, finisce per raccogliere lei stessa i giochi. Proviamo a modificare la risposta. La madre, invece di fargli la predica, ci si siede affianco e fa in modo che il bambino raccolga i suoi giochi, mostrandogli la sua contentezza con gesti d’affetto una volta terminato .

• Quando il bambino tira i capelli a sua sorella, non gli si dà una sculacciata, ma gli si parla e lo si manda sulla sedia della riflessione per alcuni minuti , spingendolo poi a giocare insieme alla sorella.

La scelta dei rinforzi più adatti a seconda della finalità risulta fondamentale. I diversi oggetti e azioni acquisiscono la propria condizione di rafforzatore solamente nel momento in cui abbiamo verificato la loro efficacia modificatoria, il che significa che non si può determinare a priori quale premio produrrà l’effetto desiderato. Bisogna tenere presente che una ricompensa valida per un bambino, non sempre produce lo stesso effetto su un altro bambino, il che obbliga a variare strategia qualora non si ottengano risultati osservabili. (Bender e Valletutti, 1981). Dall’altro lato, con il passare del tempo molti premi perdono il proprio potere rafforzatore agli occhi di un bambino, pertanto bisognerà cambiarli in funzione degli effetti prodotti. Per selezionare i possibili rafforzatori o premi, possiamo utilizzare l’osservazione oggettiva (individuando le attività che fa di solito o ciò che gli piace), offrire rafforzatori alternativi o chiedere direttamente ai suoi familiari o al bambino stesso i suoi gusti e interessi. I risultati di un intervento basato sull’analisi funzionale della condotta possono essere valutati solamente attraverso un’azione sistematica e costante. Quando si raggiunono i risultati desiderati e si stabilisce la condotta appropriata, bisogna automaticamente sospendere il programma di intervento in modo tale che le conseguenze naturali del tramite attravero cui si realizza il comportamento, l’appoggio naturale di coloro che circondano il bambino e i suoi rafforzatori vengano mantenuti in futuro.

BUENAS PRÁCTICAS

76 I revIsta síndrome de down I volumen 32, junIo 2015

IntervencIón sobre la conducta: prevencIón, antIcIpacIón y límItes

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