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gennaio-febbraio 2012 anno XLIII 1 animazione missionaria MISSIONARIE SECOLARI COMBONIANE Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamen- to Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Vicenza In caso di mancato recapito rinviare al mittente: “Ani- mazione Missionaria”, 36100 Vicenza CPO 5 ottobre 2018 anno XLIX Dal Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale di Papa Francesco: “La fede cristiana resta sempre giovane quando si apre alla missione che Cristo ci consegna”. N el mese di ottobre si celebra il Sinodo dei gio- vani. Papa Francesco coglie l’occasione per in- dirizzare proprio ai giovani il suo messaggio per la Giornata missionaria mondiale, e attraverso di loro si rivolge a “tutti i cristiani, che vivono nella Chiesa l’avventura della loro esistenza come figli di Dio”. “Ciò che mi spinge a parlare a tutti, dialogando con voi – dice papa Francesco – è la certezza che la fede cristiana resta sempre giovane quando si apre alla missione che Cristo ci consegna”. È interessante che il Papa susciti domande che pos- sono sembrare scontate invitandoci ad andare alle radici: che cos’è la vita dell’uomo e della donna? Da dove nasce la missione? Porci queste domande, in un tempo in cui si ha la sensazione di essere som- mersi da un mare di parole che faticano a trovare un senso, è importante. “La vita è una missione” – ribadisce Papa Francesco – “Ogni uomo e donna è una missione, e questa è la ragione per cui si trova a vivere sulla terra. Essere ‘attratti’ ed essere ‘inviati’ sono i due movimenti che il nostro cuore, soprattutto quando è giovane in età, sente come forze interiori dell’amore che promet- tono futuro e spingono in avanti la nostra esistenza. Il fatto di trovarci in questo mondo non per nostra decisione, ci fa intuire che c’è un’iniziativa che ci precede e ci fa esistere. Ognuno di noi è chiamato a riflettere su questa realtà: Io sono una missione in questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo (Evangelii gaudium, 273)”. Capire questo vuol dire scoprire il senso vero della vita, quello che “la Chiesa, annunciando ciò che ha gratuitamente ricevuto (cfr Mt 10,8; At 3,6)”: Gesù Cristo e il suo Vangelo, è chiamata a condividere con tutti gli uomini e donne, fino agli estremi confini della terra. Papa Francesco lo ricorda ai giovani nel suo mes- saggio: “La Chiesa può condividere con voi la via e la verità che conducono al senso del vivere su questa terra. Gesù Cristo, morto e risorto per noi, si offre alla nostra libertà e la provoca a cercare, scoprire e annunciare questo senso vero e pieno”. La missione non è fare proseliti, ma trasmissione della fede, vale a dire condivisione dell’esperienza di un incontro che ha cambiato la vita: questa è il “cuore della missione della Chiesa” – ribadisce Papa Francesco – e “avviene per il ‘contagio’ dell’amore, dove la gioia e l’entusiasmo esprimono il ritrovato senso e la pienezza della vita”. “All’amore non è pos- sibile porre limiti. E tale espansione genera l’incon- tro, la testimonianza, l’annuncio, la condivisione nella carità con tutti coloro che, lontani dalla fede, si dimostrano ad essa indifferenti, a volte avversi e contrari”. In questa indifferenza verso la fede il Papa vede “La periferia più desolata dell’umanità biso- gnosa di Cristo. Ogni povertà materiale e spirituale, ogni discriminazione di fratelli e sorelle, infatti, è sempre conseguenza del rifiuto di Dio e del suo amore”. A cura di Anna Maria Menin “Insieme ai giovani, portiamo il Vangelo a tutti” Costruire ponti inter- generazionali Crescere nella grazia della fede a noi trasmessa dai Sacramenti della Chiesa ci coinvolge in un flusso di generazioni di testimoni, dove la saggezza di chi ha esperienza diventa testimonianza e incoraggiamento per chi si apre al futuro. E la novità dei giovani diventa, a sua volta, sostegno e speranza per chi è vicino alla meta del suo cammino. Nella convivenza delle diverse età della vita, la missione della Chiesa costruisce ponti inter-generazionali, nei quali la fede in Dio e l’amore per il prossimo costituiscono fattori di unione profonda. Papa Francesco (dal Messaggio per la Giornata missionaria Mondiale 2018) 21 OTTOBRE 2018 GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE

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gennaio-febbraio 2012 anno XLIII1animazione missionaria

MISSIONARIE SECOLARI COMBONIANE

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamen-to Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Vicenza In caso di mancato recapito rinviare al mittente: “Ani-mazione Missionaria”, 36100 Vicenza CPO

5ottobre 2018 anno XLIX

Dal Messaggio per la Giornata Missionaria Mondiale di Papa Francesco: “La fede cristiana resta sempre giovane quando si apre alla missione che Cristo ci consegna”.

Nel mese di ottobre si celebra il Sinodo dei gio-vani. Papa Francesco coglie l’occasione per in-

dirizzare proprio ai giovani il suo messaggio per la Giornata missionaria mondiale, e attraverso di loro si rivolge a “tutti i cristiani, che vivono nella Chiesa l’avventura della loro esistenza come figli di Dio”. “Ciò che mi spinge a parlare a tutti, dialogando con voi – dice papa Francesco – è la certezza che la fede cristiana resta sempre giovane quando si apre alla missione che Cristo ci consegna”. È interessante che il Papa susciti domande che pos-sono sembrare scontate invitandoci ad andare alle radici: che cos’è la vita dell’uomo e della donna? Da dove nasce la missione? Porci queste domande, in un tempo in cui si ha la sensazione di essere som-mersi da un mare di parole che faticano a trovare un senso, è importante. “La vita è una missione” – ribadisce Papa Francesco – “Ogni uomo e donna è una missione, e questa è la ragione per cui si trova a vivere sulla terra. Essere ‘attratti’ ed essere ‘inviati’ sono i due movimenti che il nostro cuore, soprattutto quando è giovane in età, sente come forze interiori dell’amore che promet-tono futuro e spingono in avanti la nostra esistenza. Il fatto di trovarci in questo mondo non per nostra decisione, ci fa intuire che c’è un’iniziativa che ci

precede e ci fa esistere. Ognuno di noi è chiamato a riflettere su questa realtà: Io sono una missione in questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo (Evangelii gaudium, 273)”. Capire questo vuol dire scoprire il senso vero della vita, quello che “la Chiesa, annunciando ciò che ha gratuitamente ricevuto (cfr Mt 10,8; At 3,6)”: Gesù Cristo e il suo Vangelo, è chiamata a condividere con tutti gli uomini e donne, fino agli estremi confini della terra. Papa Francesco lo ricorda ai giovani nel suo mes-saggio: “La Chiesa può condividere con voi la via e la verità che conducono al senso del vivere su questa terra. Gesù Cristo, morto e risorto per noi, si offre alla nostra libertà e la provoca a cercare, scoprire e annunciare questo senso vero e pieno”. La missione non è fare proseliti, ma trasmissione della fede, vale a dire condivisione dell’esperienza di un incontro che ha cambiato la vita: questa è il “cuore della missione della Chiesa” – ribadisce Papa Francesco – e “avviene per il ‘contagio’ dell’amore, dove la gioia e l’entusiasmo esprimono il ritrovato senso e la pienezza della vita”. “All’amore non è pos-sibile porre limiti. E tale espansione genera l’incon-tro, la testimonianza, l’annuncio, la condivisione nella carità con tutti coloro che, lontani dalla fede, si dimostrano ad essa indifferenti, a volte avversi e contrari”. In questa indifferenza verso la fede il Papa vede “La periferia più desolata dell’umanità biso-gnosa di Cristo. Ogni povertà materiale e spirituale, ogni discriminazione di fratelli e sorelle, infatti, è sempre conseguenza del rifiuto di Dio e del suo amore”. A cura di Anna Maria Menin

“Insieme ai giovani, portiamo il Vangelo a tutti”

Costruire ponti inter- generazionali Crescere nella grazia della fede a noi trasmessa dai Sacramenti della Chiesa ci coinvolge in un flusso di generazioni di testimoni, dove la saggezza di chi ha esperienza diventa testimonianza e incoraggiamento per chi si apre al futuro. E la novità dei giovani diventa, a sua volta, sostegno e speranza per chi è vicino alla meta del suo cammino. Nella convivenza delle diverse età della vita, la missione della Chiesa costruisce ponti inter-generazionali, nei quali la fede in Dio e l’amore per il prossimo costituiscono fattori di unione profonda.

Papa Francesco (dal Messaggio per la

Giornata missionaria Mondiale 2018)

21 OTTOBRE 2018 GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE

ché queste sono le domande drammatiche che li abitano, oggi il riferimento a Dio sembra di nes-sun interesse. I giovani sono convinti che si possa vivere una vita felice senza di lui. Dio è una parola rifiutata ed espulsa perché è risuonata troppo, perché le sue immagini sono state percepite come false e nemiche dell’uomo, mentre la Chiesa è estranea perché — come più volte mi hanno detto i giovani — «vive in un altro mondo». Resta però significa-tivo che quei giovani che hanno ricevuto una qual-che conoscenza di Gesù Cristo e della sua radicale umanità non sono indifferenti alla sua figura esemplare e al suo messaggio, anche se non giun-gono a una confessione di fede in lui. Proprio per queste considerazioni, diventa urgen-te e decisivo un cambiamento nel vivere la fede cristiana: un cambiamento che riguarda innanzi-tutto la generazione adulta dei padri e delle ma-dri, la generazione dei quarantenni-cinquantenni che deve essere raggiunta dal Vangelo, da quel Vangelo che non è stato loro indirizzato nel tempo della formazione cristiana. Occorre riaccendere

un cristianesimo di testimonianza, in cui compor-tamento e stile siano veramente coerenti con il Vangelo professato. I giovani oggi sono sempre più lontani dalla fede cristiana, ma abitano non una terra atea bensì una terra di mezzo in cui regna l’indifferenza per Dio e per la Chiesa. Questo è però un terreno aperto alla ricerca, alla vita interiore, alla spiritualità, un terreno assetato di grammatica umana. Attraverso le loro domande, sovente mute, i gio-vani chiedono che sia indicato loro il senso, la chiamata/vocazione alla vita. Sì, la vocazione che vorrebbero ascoltare e discernere è la vocazione alla vita, al vivere che è la chiamata unica e irripe-tibile per ogni persona da parte di Dio, anche nella fede cristiana. Come tutti gli umani, anche i giovani sono chiamati a vivere in pienezza, a fare della propria vita, per quanto è possibile, un’opera d’ar-te consapevole: chiamati dunque alla felicità, per-ché la vita buona e bella sa anche dare la felicità. Enzo Bianchi Dall’articolo pubblicato sull’Osservatore Romano

Ciò che dal documento emerge come urgente per i giovani di oggi è la ricerca del senso

dell’esistenza. Ricerca che si è fatta faticosa e dif-ficile e che avviene ormai lontano dai percorsi in-dicati dalle religioni e soprattutto lontano da un itinerario di fede, perché proprio la fede non è stata loro trasmessa dalla generazione precedente, quella dei loro genitori. È avvenuta una rottura della trasmissione gene-razionale della fede ed è emersa una figura di cat-tolico astenico e poco convinto che, come tale, non poteva comunicare ai figli né le esigenze evangeliche della sequela né una concreta appar-tenenza alla comunità cristiana. Va anche detto che questa generazione adulta di fine millennio è stata incapace di comunicare una grammatica umana ai figli, che oggi si trovano po-co abilitati al vivere quotidiano, ad assumere una responsabilità, a trovare senso. È soprattutto que-sta “ricerca di senso” a essere oggi in affanno, co-me testimoniano le indagini sociologiche e come sperimentano quanti sono in ascolto dei giovani. «Chi sono veramente io? Chi voglio essere? Come diventare me stesso? Che cosa posso sperare? Che senso dare alla mia vita? Mi ritrovo davanti a un muro: come abbatterlo? O devo forse scalarlo?». Queste le domande dei giovani, a volte vissute in modo tragico, nella sensazione che non vi siano risposte se non il nulla. Occorre ascoltare i giovani, ascoltarli nelle loro speranze e nelle loro ansie con molta pazienza, cercando soltanto di essere vicini a loro, compa-gni di strada, niente di più, senza avere la pretesa di suggerire o di proporre alcunché. Proprio per-

Enzo Bianchi della Comunità di Bose, rilegge il documento scaturito dal primo incontro presinodale (marzo 2018) di più di 300 giovani rappresentativi di diverse realtà, provenienti da tutto il mondo e dalla partecipazione di 15.000 di loro collegati online. In questo testo destinato ai Padri sinodali in vista del Sinodo sui giovani (3-28 ottobre), si possono scorgere alcune convergenze, soprattutto sulle sfide e sulle opportunità dei giovani nel mondo di oggi. Riportiamo alcuni stralci del suo articolo.

È necessario che le comunità mostrino ai giovani la differenza cristiana

Intenzioni di preghiera

Per i giovani, perché sappiano rispondere con generosità alla propria vocazione, considerando seriamente anche la possibilità di consacrarsi al Signore nel sacerdozio o nella vita consacrata.

Intenzioni di preghiera

giovanianimazione missionaria

Perché gli adulti diventando testimoni autentici di fede, sappiano ascoltare i giovani dando loro fiducia nella piena gratuità, e siano capaci di fare strada insieme a loro verso una pienezza di vita.

animazione missionaria testimonianze

La missione Una finestra sul mondoCosa vuol dire essere missionario? Che senso ha una vita vissuta nella solitudine con Dio, lontano dal mondo dove sei nato e che ami, per essere a servizio di persone apparentemente molto diverse da te?

Non so se sono in grado di rispondere a queste domande, ma quello che posso dire è che non potrei fare una vita diversa; non potrei che

essere un missionario. Nel suo Vangelo Giovanni insiste molto sui segni che Gesù compie: segni che impressionano, che rispondono ai bisogni e ai desideri più profondi della gente. Per questo le folle seguono Gesù, sentono che lui è loro vicino e che non li abbandonerà nei momenti più difficili. Anch’io ho visto dei segni, ho incontrato persone che vivevano la loro espe-rienza di fede con serietà e impegno, spesso con abnegazione. Così è nato il mio desiderio di seguire il Signore per mettermi al suo servizio e portare la Parola di speranza alla gente che avrei incontrato. Dopo tanti anni di vita missionaria ancora mi entusiasmano i passi del Van-gelo che descrivono Gesù in cammino lungo le strade della Palestina: mi confermano che la vita missionaria non ha frontiere, ogni luogo può diven-tare la tua casa, ogni persona un amico, un fratello. Sono esperienze stra-ordinarie che ho vissuto tante volte. Vivo in Thailandia da quasi vent’anni, ho incontrato tante persone nel mio lavoro di missionario, gente di ogni ceto sociale e di ogni nazionalità, e sempre ho vissuto questi incontri come una grande opportunità. Le persone che hanno attraversato la mia vita sono state come finestre spalancate su mondi nuovi fatti di grandi tradizioni e culture, ma anche mondi bisognosi di redenzione perché pervasi da egoismo e odio. Credo che il missionario sia un po’ come i discepoli di Gesù nel Vangelo di Giovanni, quando descrive come il Signore dà da mangiare a cinquemila persone. Essi sono, innanzitutto, testimoni di umanità, stanno in mezzo alla gente, condividono la loro stessa vita, percepiscono che il Maestro è la risposta alle loro attese e sono orgogliosi di essere al suo servizio. Poi, però, quando il Maestro chiede loro di rispondere, in sua vece, alle aspettative delle persone alle quali sono inviati, scoprono di essere poveri, di non avere mezzi sufficienti per una così grande missione. I discepoli non possono

nutrire tutta la gente che ha fame, non possono consolare tutte le persone che hanno perso la speranza, non riescono a dare pace a tutti quelli la cui vita è a pezzi. Così, stando vicini alla gente, questi uomini imparano l’umiltà, e i dolori delle persone li dispongono al servizio nella consapevolezza che il Signore farà grandi cose, con i loro poveri mezzi. Qualche tempo fa ho ricevuto una telefonata dal Canada: era Amir, un rifu-giato pakistano che voleva condividere con me la sua gioia per aver trovato, dopo tanti anni, un paese che lo ospitava. Un paese sicuro per lui e per la sua famiglia, che avrebbe garantito la scuola, e quindi un futuro anche ai suoi figli. Amir voleva ringraziarmi per tutto quello che avevo fatto per lui in Thailandia. Riattaccato il telefono mi sono chiesto cosa avevo fatto di così straordinario per lui. Certo, per anni ero andato a trovarlo al Centro Internazionale di Detenzione dove era rinchiuso e, attraverso la grata di una piccola finestra, chiacchieravamo di tante cose. Ero andato a trovare la sua famiglia portando un piccolo dono alla moglie in occasione della nascita del suo ultimo figlio; poi ero tornato da Amir con una foto del bambino che lui avrebbe visto solo qualche anno dopo. Piccole cose, mi sono detto, ma poi ho capito che per Amir quei piccoli gesti erano segni attraverso i quali aveva potuto percepire il grande amore di Dio, un amore che rispondeva ai suoi più profondi desideri e gli dava molto più di ciò che lui stesso aveva desiderato. Essere missionari oggi può apparire non più tanto di moda: sono altri i criteri che guidano le nostre vite. Ma per me la vita missionaria è un viaggio entusiasmante nel quale, seguendo Cristo, incontro l’umanità intera e ser-vendola trovo la mia pace e la mia gioia. Qualche giorno fa, nella piccola casa di montagna dove vivo, ho ricevuto un messaggio da una delle mie nipotine: mi diceva di aver capito che il mio po-sto è in Thailandia, ed era forse un po’ dispiaciuta di non potermi vedere più spesso. Quelle poche parole di una bambina mi hanno rivelato ancora una volta quanto ami la vita che faccio e la missione alla quale sono stato chiamato. Anch’io, mi sono detto, vivo la fatica della separazione dalle per-sone che amo, dai luoghi che mi sono famigliari, tuttavia sento che non po-trei avere una vita diversa da questa: essere missionario. Padre Domenico Rodighiero (OMI)

Il Congresso si è celebrato dal 23 al 26 agosto nel Seminario Maggiore della diocesi di Medellin, in Colombia, nello stesso luogo dove, nel lontano agosto 1968, l’episcopato latinoamericano ha delineato il nuovo volto

della Chiesa latinoamericana. Una Chiesa non più dai tratti coloniali ed europei, ma dal volto autenticamente incarnato nella realtà dei popoli latinoamericani: povero, missionario, pasquale. Una Chiesa slegata da ogni potere temporale e audacemente impegnata nella liberazione di ogni uomo e di tutti gli uomini.

Fare memoria di Medellin, si è detto nel convegno, non è solo ricordare il passato, ma è riportare al cuore quelle scelte di allora che possono entusiasmare i passi di oggi. Per noi, missionari e missionarie di lungo cor-so, Medellin è un nome che suscita entusiasmo, co-raggio, impegno e tanta voglia di cambiamento. Nell’incontro di quei giorni a Medellin, lo spirito della memoria ha fatto emergere pietre preziose da custo-

dire e gemme splendenti da spendere nei cammini di una chiesa a servizio del Regno. Ne ricordo alcune: • Il volto della Chiesa di Gesù è autenticamente “po-vero e missionario”. A Medellin nel 1968 è sorto un

nuovo modo di essere Chiesa, ove i poveri e gli ultimi sono considerati i nuovi soggetti sociali ed ecclesiali, le vere forze del cambiamento, per un mondo più giusto e una Chiesa più fraterna. Questo è il nucleo del progetto di rinnovamento ecclesiale chiesto da Papa Francesco: Chiesa dei poveri e Chiesa in uscita verso le periferie del mondo. • Il volto della Chiesa, discepola di Gesù, si configura come comunità di base: piccola comunità locale ove si sperimenta e si vive la fraternità, insieme si ascolta la Parola e si celebra il Banchetto Eucaristico, si vive un’esperienza che fa crescere uomini e donne, giovani e anziani solidali, costruttori di pace, liberi e respon-sabili verso un mondo più giusto. Lì la Chiesa non è massa, è prossimità, lì si impara a stare gli uni con gli altri, rispettando le diversità e valorizzando i doni di ciascuno. • Il volto della Chiesa che incarna il progetto di Gesù è una Chiesa coraggiosa e aperta al mondo, chiamata a coltivare la dimensione comunitaria e sociale della fede cristiana. Medellin ha avuto il coraggio di uscire, dialogare con la realtà, scendere nei luoghi e negli spazi delle ingiustizie, ascoltare il grido degli impoveriti. Quanto è necessario ritrovare questo spirito per le nostre parrocchie e le nostre comunità educative? Formare insieme piccole comunità di fede e di vita, spogliarsi di ricchezze e beni inutili, aprire le braccia per accogliere chi fa fatica e chi attraversa i mari in cerca di vita dignitosa, guardare con simpatia questo nostro mondo, collaborando con esso per una società più equa e sostenibile. Sono passi preziosi che l’esperienza della chiesa latinoamericana ci ha indicato e ci indica ancor oggi. Don Felice Tenero (cmdverona.it)

Paolo VI e Oscar Romero, santi insieme

Paolo VI ebbe sempre nel cuore la cristianità dell’America Latina e il suo documento pasto-

rale, l’Evangelii nuntiandi, resta senza dubbio, come affermato più volte da Francesco, il documento pa-storale del post Concilio che oggi è ancora attuale. A seguito del Vaticano II si era andata formando in America Latina una nuova coscienza di Chiesa che, dalla Conferenza di Medellin del 1968, – nella quale con la centralità dei poveri si rimetteva in piena luce la dottrina sociale della Chiesa – passando attraverso l’Evangelii nuntiandi e la Populorum progressio di Paolo VI, ha portato alla quinta Conferenza generale dell’episcopato latinoamericano e dei Caraibi tenutasi ad Aparecida in Brasile nel 2007. E da lì, come è noto, è confluita nell’esortazione programmatica di papa Francesco Evangelii gaudium. Lungo questo percorso si è trovato anche Romero. È stato il pioniere di un disegno che trovò conferma proprio nella Conferenza di Aparecida: «Un’altra Chiesa è necessaria. Un’altra Chiesa è possibile». Un nesso e un legame nel segno dei tempi, tempi nei quali l’indelebile testimonianza cristiana congiunta del “Papa del dialogo” che ha portato a compimento il Concilio e del vescovo martire, primo grande testi-mone della Chiesa del Concilio, sancisce una traiet-toria ecclesiale dalla quale non si può tornare indietro ed è più che mai di stringente attualità. (da Avvenire)

Le Missionarie secolari comboniane sono un Istituto secolare di diritto pontificio e vivono la spiritualità di San Daniele Comboni. Il loro fine specifico è la cooperazione missionaria nell’animazione della Chiesa locale e nel servizio in missione.

Sede centrale: 55012 Carraia (Lu), Via di Carraia 192, tel. 0583.980158 e-mail: [email protected] www.secolaricomboniane.it Sono presenti in Europa, America Latina, Africa.

Pubblicazione dell’Istituto Secolare Missionarie Comboniane. “Animazione Missionaria” c.p. 151 36016 Thiene (VI), ccp 10681369 Direttore responsabile: Danilo Restiglian

Autorizzazione Tribunale di Vicenza n. 268 del 14/5/1971 Poste Italiane s.p.a. - Sped. in Abb. Postale D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB Vicenza Stampa: La Grafica e Stampa via dell’Economia 78 - 36100 Vicenza Grafica: Orione. Cultura, lavoro e comunicazione Via Soldini 4 - 25124 Brescia

animazione missionaria dal mondo

AMERICA

CITTÀ DEL VATICANO

Colombia / Congresso latinoamericano nel 50° della Conferenza di Medellin dei vescovi latinoamericani (CELAM)