inquestonumero - ARPAC · di Gennaro De Crescenzo 9 Convegno ATMOSNET Monitoraggio pollinico e...

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Oasi & Musei La cattedrale di Napoli di Salvatore Lanza 22 Museo Antropologico I poli scientifici Napoletani di Ilaria Buonfanti 23 Grand-Tour Antoine Ètienne Carro a Napoli di Lorenzo Terzi 30-31 Osservatorio Regionale dei rifiuti Pronta una banca dati online di Brunella Cimadomo 6-7 Ambiente & Tradizione La scuola medica Salernitana di Gennaro De Crescenzo 9 Convegno ATMOSNET Monitoraggio pollinico e cambiamenti climatici di Giulia Martelli 16 Pubblicazione Arpac Acqua, monitoraggio in Campania 2000-2006 di Jean René Bilongo 17 Borsa del turismo Archeologia e Mediterraneo di Anna Rita Cutolo 18 numero in questo

Transcript of inquestonumero - ARPAC · di Gennaro De Crescenzo 9 Convegno ATMOSNET Monitoraggio pollinico e...

Oasi & Musei

La cattedrale di Napolidi Salvatore Lanza � 22

Museo Antropologico

I poli scientifici Napoletanidi Ilaria Buonfanti � 23

Grand-TourAntoine Ètienne Carro a Napolidi Lorenzo Terzi � 30-31

Osservatorio Regionale dei rifiutiPronta una banca dati onlinedi Brunella Cimadomo � 6-7Ambiente & TradizioneLa scuola medica Salernitanadi Gennaro De Crescenzo � 9

Convegno ATMOSNETMonitoraggio pollinico e cambiamenti climaticidi Giulia Martelli � 16Pubblicazione ArpacAcqua, monitoraggio in Campania 2000-2006di Jean René Bilongo � 17Borsa del turismoArcheologia e Mediterraneodi Anna Rita Cutolo � 18

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Davvero non se ne puòpiù. Puntualmente co-me un morbo che sem-

bra essere stato sconfitto mache poi riappare subdolo epernicioso, perché mai di-strutto, i rifiuti tornano ad in-vadere Napoli e la sua provin-cia.Si succedono da anni ed annicommissari straordinari, sipreparano piani e contropia-ni, si studiano percorsi risolu-tivi, si annuncia periodica-mente che siamo alla fine del-l’emergenza ma, poi, tutto sidilegua nel nulla e l’immondi-zia ammorba l’aria ed invadestrade e vicoli della città e delsuo hinterland.E nessuno viene risparmiato:né le cosiddette zone bene néla periferia.Più volte da queste stesse pa-gine abbiamo lanciato appel-li ed invitato tutti, dalle istitu-zioni ai cittadini, a fare ognu-no la propria parte per risol-vere una crisi che appesta l’a-ria, danneggia la salute e chefa sprofondare sempre più neldegrado quella che fu tra lepiù belle Capitali d’Europa.Non sono mancati i tentativida parte di quelle che si suoledefinire “autorità competenti”di risolvere questo problemache ormai definire endemicosembra un eufemismo e biso-gna dire che anche buonaparte dei pur troppo denigratinapoletani si sono sforzati diavviare la raccolta differen-ziata …ma nulla. Poche setti-mane, qualche mese e di nuo-vo ci si trova invasi di rifiuti.Ma è mai possibile che tuttoquesto avvenga nel Terzo Mil-lennio e nella terza città d’Ita-lia?È tempo che ognuno assuma,per la propria parte, le sue re-sponsabilità e, bandendo gliinteressi di campanile e diogni sacca di resistenza,compia tutti i passi perché siesca da questa situazione cheè oggi penosa ma potrebbe

diventare, a breve, drammati-ca.Con l’edizione di questo nu-mero la rivista dell’AgenziaRegionale per la ProtezioneAmbientale della Campaniainaugura il suo Quarto annodi pubblicazione: un traguar-do significativo il cui raggiun-gimento è stato possibile gra-zie all’intuito ed alle sceltecompiute dalla Direzione Ge-nerale dell’Ente, che ha pun-tato anche sull’informazioneambientale quale strumentoindispensabile per la salva-guardia del nostro ecosiste-ma, ed al contributo di diri-genti, tecnici ed esperti del-l’Arpac che arricchiscono ilnostro periodico con servizi ditutto interesse.Ovviamente in questo lavoroè in prima linea la redazionedella rivista che con giornali-sti ed esperti cerca di offrirealle migliaia di lettori il megliopossibile.In questo numero abbiamodedicato ampio spazio allefonti energetiche alternativecercando di fare il punto dellostato attuale della loro realiz-zazione in Italia non trascu-rando il cosiddetto nucleare dicui tanto si è tornato a parlarein questi ultimi mesi. Il tutto in-quadrato nella crisi energeti-ca che interessa il nostro Pae-se.La rivista nelle sue prime pagi-ne presenta il Centro Regio-nale Siti Contaminati dell’Ar-pac inaugurato a Pozzuoli loscorso novembre alla presen-za del Governatore AntonioBassolino, dell’assessore al-l’Ambiente Luigi Nocera, delprefetto Alessandro Pansa edel direttore generale dell’A-genzia Luciano Capobianco.Il Centro, uno dei primi nati inItalia, è caratterizzato dall’e-levata qualità strutturale e tec-nologica dei laboratori checontribuirà al risanamentodei territori devastati dai rifiu-ti o da altri agenti inquinanti.Un importante strumento perla salvaguardia del nostroecosistema.

Pietro Funarodi

Viaggio in MalaysiaTra le torri e le tigridi Candida Lauro Geruso � 32CybercarMobilità eco-compatibiledi Massimiliano Giovine � 33

Smaltimento rifiuti tecnologiciNuovo decretodi Giuseppe Picciano � 37

Tecnologia AG-BAGNuove tecniche di smaltimentodi Luca Monsurrò

� 38Ambiente & CulturaCastel dell’Ovodi Linda Iacuzio

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ArpacProcesso organizzativoposizioni e valutazionidi Francesco Polizio

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Rifiuti:interventi radicali

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Volontà e concretezzaper avere cura

dell’ambiente

Lo scorso 8 novembre è stato inaugurato il Cen-tro Regionale Siti Contaminati dell’Arpac aPozzuoli (NA). Alla presentazione della

grande struttura, insieme al Direttore GeneraleArpac Luciano Capobianco, sono intervenuti ilPresidente della Regione Campania AntonioBassolino, il prefetto Alessandro Pansa e l’asses-sore regionale all’Ambiente Luigi Nocera. Que-sto Centro, che sarà il punto di riferimento di Istitu-zioni, enti e cittadini del Mezzogiorno d’Italia edel Mediterraneo, è dotato di attrezzature e mac-chinari ad alta tecnologia per lo studio e l’analisidi diossine, di microinquinanti, della qualità deisuoli e dei rifiuti il tutto portato avanti da persona-le altamente qualificato in materia: attualmenteoperano nella struttura 40 tecnici e diversi ammi-nistrativi. L’ingegnere Capobianco, positiva gui-da dell’Arpac, ha, durante l’inaugurazione, sot-tolineato con orgoglio l’importanza di questa ini-ziativa in ambito nazionale: “ Il nostro Centro,uno dei primi nati in Italia, è caratterizzato dall’e-levata qualità strutturale e tecnologica dei labo-ratori, tale da renderci dal un lato fieri che la strut-tura sia nata proprio qui in Campania e dall’altrocerti che contribuirà in modo incisivo al risana-mento di tutti i territori devastati dai rifiuti o da altriagenti inquinanti, obiettivo primario e comune diIstituzioni ed Enti locali”. Il Centro, infatti, ha an-che il compito di indicare le prescrizioni per glienti pubblici e privati sul rispetto dei contesti am-bientali e gli interventi necessari per lo sviluppo ela salvaguardia del territorio e dell'ecosistema. Ilgovernatore Antonio Bassolino, si è soffermatosull’importante e concreta possibilità di investirecorrettamente le risorse europee a disposizioneper attivare un proficuo monitoraggio e il control-lo del territorio: “L’approvazione di tutti i fondidella programmazione 2007-2013 e del Fondosociale europeo, permette di avere risorse checonsentono di puntare alla qualità nelle infra-strutture e nella ricerca scientifica in materia am-bientale”. “Il problema - ha aggiunto - è anchequello di evitare che nei luoghi bonificati si torniad inquinare. Per questo è nato il progetto delControllo Ambientale del territorio dedicato al si-to Domizio - flegreo con un impegno di spesa di50 milioni di euro per 5 anni con cui verrà assicu-rato il monitoraggio del territorio con tecnologiesatellitari e squadre di avvistamento e di interven-to rapido a terra". "Provvederemo - ha concluso ilPresidente della Regione - a restituire agli usi le-gittimi le aree a vocazione turistica ed avviareprocessi di riqualificazione e riconversione dellearee a vocazione produttiva o commerciale".

Anche l’assessore Nocera si è detto soddisfatto diquesto grande traguardo: “Sono contento diquello che l’Arpac sta realizzando nella nostraregione. Questo Centro infatti è il risultato del-l’impegno e del lavoro dei tanti uomini e donneche fanno parte di questa Agenzia Regionale eche danno il loro apporto per la cura e la difesadel territorio campano”. Il direttore responsabiledel CRSC è la dottoressa Marinella Vito che entu-siasta afferma: “L’inaugurazione di questo com-plesso è il frutto di un percorso lungo, che dà spa-zio e fiducia ai giovani, avvalendosi della loroforza e della loro professionalità. Il fiore all’oc-chiello della struttura è rappresentato dal labora-torio - diossine e microinquinanti - che entreràdefinitivamente in funzione entro 3 mesi”.Il CRSC di Pozzuoli è suddiviso in due aree: un’a-rea tecnica, che si occupa di presidiare le attivitàconnesse alle bonifiche dei siti contaminati, conparticolare riferimento ai Siti di Interesse Nazio-nale attraverso gli studi del rischio, la progetta-zione di messa in sicurezza e bonifica, il censi-mento di siti inquinati e potenzialmente inquinati,il sistema informativo territoriale e un’area anali-tica in cui vengono effettuate le analisi di labora-torio: sulle contaminazioni del suolo, dei rifiuti,delle acque, delle diossine e dei microinquinanticaratterizzate da rilevanza regionale e strategi-co –economica.L’Area Tecnica si occupa e cura:• i piani di caratterizzazione;• i progetti di messa in sicurezza e bonifica;• le sub - perimetrazioni dei siti di interesse nazio-nale;• il censimento dei siti potenzialmente inquinati;• le analisi di rischio specifica del sito;• il sistema Informativo Territoriale dei Siti di Inte-resse Nazionale;nonché fornisce un elevato livello di prestazioniin termini di specializzazione, di ricerca e di svi-luppo. La struttura è al servizio dell’utente istitu-zionale per la progettazione di piani di caratte-rizzazione e di interventi di messa in sicurezza ebonifica di aree pubbliche e di competenza pub-blica. È specializzata nella esecuzione di inter-venti di sub – perimetrazione dei Siti di InteresseNazionale.A supporto della Regione Campania, cura l’ag-giornamento del censimento dei siti potenzial-mente contaminati e dell’anagrafe dei siti inqui-nati. Garantisce a livello regionale la sintesi delleconoscenze sui Siti contaminati di Interesse Na-zionale attraverso un sistema informativo dedi-cato.L’area Analitica(Laboratorio Multizonale Suolo e Rifiuti)

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è impegnata relativamente alle seguenti temati-che:• rifiuti;• siti contaminati;• suoli agricoli;• diossine e microinquinanti;Quest’area è articolata in tre diversi laboratori:

LABORATORIO DIOSSINE E MICROINQUINANTI

Le attività del laboratorio riguardano la determi-nazione delle diossine e dei microinquinanti or-ganici in diverse matrici (suolo, sedimenti, acquesotterranee, rifiuti ed alimenti), nonché dei fito-farmaci, relativamente ai parametri di cui all’Al-legato 5, tabelle 1 e 2, del D. Lgs 152/2006 es.m.i. Il laboratorio dispone di una serie di appa-recchiature di avanguardia tra cui: un Gas-Cro-matografo con rivelatore a Spettrometria di Mas-sa ad Alta Risoluzione (HRGC/HRMS); quattrosistemi di purificazione automatici (Power-Prep).

LABORATORIO SITI CONTAMINATI E QUALITA’ DEI SUOLI

Il laboratorio siti contaminati e qualità dei suoli èin grado di eseguire tutte le determinazioni anali-tiche previste dal D. Lgs 152/2006 e s.m.i. e dalD.M. 6 novembre 2003, n. 367, sulle matrici og-getto di caratterizzazione e bonifica (suolo, sedi-menti e acque sotterranee), ed assicura elevati li-velli di prestazioni nell’ambito delle analisi ine-renti la caratterizzazione chimico-fisica dellaqualità dei suoli, ai sensi del D.M. 13/09/1999e s.m.i. Il laboratorio è attrezzato con apparec-chiature innovative e all’avanguardia tra cui:quattro Gas-Cromatografi con rilevatore a Spet-trometria di Massa; quattro Gas-Cromatograficon rilevatori FID ed ECD; due autocampionatoriper spazio di testa statico e uno per spazio di testadinamico; due Cromatografi Ionici; un HPLC e unICP-MS.

LABORATORIO RIFIUTI, COMPOST, FOS, CDR E AMIANTO

Il laboratorio svolge attività inerenti il controllo dinatura chimico-fisico e/o microbiologico relati-vo:• alla caratterizzazione dei rifiuti (compresiFOS, CdR e Materiali Contenenti Amianto), ai fi-ni della classificazione e dell’attribuzione dei Co-dici C.E.R. (D. Lgs 152/2006 e s.m.i.), del recu-pero, ai sensi del D.M. 05/02/1998 e s.m.i. (peri rifiuti non pericolosi) e del D.M. 161/2002 es.m.i. (per i rifiuti pericolosi), dello smaltimento,diretto e/o previo trattamento, in idonea discari-ca (D.M. 03/08/2005 e s.m.i.);• alla caratterizzazione dei compost da rifiuti(D.C.I. 27/07/1984);• al riutilizzo dei fanghi prodotti dai processi didepurazione delle acque reflue urbane in agri-coltura (D. Lgs n.99 del 27 gennaio 1992);• alla caratterizzazione dei compost di qualità efertilizzanti (D. Lgs n.217 del 29/04/2006).Il laboratorio è attrezzato con apparecchiatureinnovative e tecnologicamente avanzate tra cui:tre gas-cromatografi con rivelatore a spettrome-tria di massa; due gas-cromatografi con rilevato-ri FID ed ECD; un autocampionatore per spaziodi testa statico; un cromatografo Ionico; un HPLC;un ICP-OES.Tutti i laboratori sono in fase di implementazionedi nuove strumentazioni ad alta tecnologia.

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Nuovo sistema di monitoraggio integrato in Campania

Rifiuti, con l’OsservatorioRegionalepronta una banca dati on-line

Quante volte, di fronte alle mon-tagne di spazzatura per stra-da vi siete posti domande del

tipo: “quanti sono i sacchetti neri cheinvadono le città? Di che tipo sono i ri-fiuti che straripano dai cassonetti?Quanta parte potrebbe essere riutiliz-zata, recuperata o riciclata? Dove si èinceppato il meccanismo della gestio-ne del servizio di prelievo e trasporto adiscarica?” Finalmente queste doman-de non saranno più meri esperimentilinguistici da bar ma potranno ottenererisposte in tempo reale. E' pronta, in-fatti, la banca dati dell'Osservatorioregionale sulla produzione e smalti-mento dei rifiuti in Campania che facapo all'assessorato alle Politiche am-bientali. Un sistema che sarà disponi-bile on-line e consultabile da tutti a varilivelli, dalle amministrazioni e dai cit-tadini che vi troveranno informazionianche in ordine a tempi e modalità diraccolta e alle tariffe del servizio. Fattosta che il sistema rappresenta anche unmonitoraggio costante delle attività: “èprevisto – annuncia l'assessore regio-nale alle Politiche ambientali, LuigiNocera - un riscontro incrociato tra idati forniti dagli enti locali sulla raccol-ta differenziata e quelli ottenuti dai re-sponsabili degli impianti che sono l'ul-timo anello del ciclo integrato dei rifiu-ti, discariche, siti di stoccaggio e, ap-pena realizzati, anche dai termovalo-rizzatori”. Non solo. I dati saranno poisottoposti ad una ulteriore verifica:quella dell'Arpac. L'Agenzia di prote-zione ambientale, in accordo con laregione, effettuerà verifiche costantisul campo e invierà poi all'Osservato-rio i propri resoconti.Insomma, la Re-gione si dota e dota i cittadini di unabanca dati completa, unica e integra-ta, della raccolta differenziata cittàper città, nonché dell'andamento dellaproduzione, della raccolta, del recu-pero e dello smaltimento di ogni tipolo-gia di rifiuto nell'intero territorio re-gionale campano. Sarà disponibiledall'inizio dell'anno e sarà curato dal-l'Osservatorio regionale previsto dal-la legge sui rifiuti varata dal Consiglioregionale il 28 marzo 2007.

Rifiuti sotto osservazioneL'osservatorio regionale dei rifiuti fuprevisto, per la prima volta, nel 1993 estabiliva che dovesse “raccogliere, valu-tare e verificare i dati inerenti i rifiuti conparticolare riferimento a quelli indu-straili”. Un ruolo che è stato poi ampliatocon l'ultima legge in fatto di rifiuti che al-l'articolo 6 attribuisce alla struttura sva-riati compiti, che vanno oltre quelli rela-tivi ai rifiuti speciali e ne fa l'unico stru-mento di monitoraggio della gestionedei rifiuti urbani e speciali in Campania.In particolare, tra le funzioni ci sonoquelle di “verificare lo stato di attuazio-ne degli obiettivi di raccolta differenzia-ta, provvedere a monitorare l'andamen-to della produzione, raccolta, recuperoe smaltimento delle varie tipologie di ri-fiuti compresi i costi relativi, attraversola costituzione di un rapporto periodicoe costante con i soggetti coinvolti nellagestione dei rifiuti, che hanno l'obbligodi comunicare costantemente le infor-mazioni necessarie per l'aggiornamen-to della banca dati” e ancora “elaboraredati statistici e conoscitivi in materia diraccolta, gestione e trasformazione dirifiuto mediante la gestione di una ban-ca dati”. Non solo. L'Osservatorio haanche un altro ruolo di non poco conto se

si considerano i dati allarmanti rispettoalle infiltrazioni criminali nella gestionedel Ciclo dei rifiuti. La stessa legge preci-sa che tra le competenze dell'organismoc'è pure quella di “raccogliere i dati re-lativi a fenomeni e forme di penetrazio-ne della criminalità organizzata nellagestione dei rifiuti accertati dalle com-petenti autorità”. Verso l'ordinarioTra gli obiettivi per il nuovo anno c'è,dunque, il ritorno all'ordinario e l'Os-servatorio Regionale dei rifiuti viene an-noverato proprio tra le strategie di Pa-lazzo Santa Lucia per il traghettamentodella regione da una fase commissarialead una fase di gestione normale. Ed è per questo che la normativa che di-sciplina anche l'osservatorio regionale,ne fa uno strumento unico di acquisizio-ne ed elaborazione dei dati su scala re-gionale.Un modello centralizzatoLe singole amministrazioni locali e i ge-stori del servizio di rimozione, trasportoa discarica e trattamento dei rifiuti, seb-bene possano scegliere di assere sup-portati dall'esterno, dovranno poi tra-sferire le informazioni in proprio pos-sesso nella banca dati regionale e atte-nenersi alle modalità di trasmissione de-

Brunella Cimadomodi

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cise al livello regionale. Del resto il format che i Comuni dovran-no utilizzare e rispettare è lo stesso chefu studiato dal Commissariato rifiuti, fi-nora preposto al recepimento dei dati,anche se solo su carta.Una sana competizione“L'Osservatorio - ha detto ancora l'as-sessore Nocera - consentirà di avere intempo reale i dati di tutta la Campania inmaniera omogenea e sicura. Finalmentela Regione avrà minuto per minuto il pol-so della situazione e potrà comprendereanche le falle del Ciclo integrato dei ri-fiuti per poter intervenire strategica-mente laddove si determini un'esigenzareale. E' per questo che mi auguro chetutti gli enti coinvolti si attivino con tem-pestività per utilizzare al meglio il siste-ma e che diano i suggerimenti che riter-ranno opportuni per la sua ottimizza-zione. Dall'altra parte – ha concluso No-cera - l'accesso alla banca dati sarà ga-rantita attraverso internet e sono certoche innescherà processi virtuosi di com-petizione tra le amministrazioni locali”.Non a caso il meccanismo della premia-lità ha già garantito fondi ai 98 Comuniche hanno raggiunto o superato la so-glia del 35 per cento di raccolta differen-ziata. A

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L'emergenza spazzatura, que-st'anno, ha tolto il posto a quella

determinata dal maltempo che pureha tenuto bloccato un Eurostar perun'intera notte nel caser tano e hafatto registrare – 3 gradi persino nelcapoluogo partenopeo. Eppure esi-stono, in Campania, città vir tuoseanche in quanto a gestione dei rifiuti.Sono 98 i Comuni che hanno rag-giunto o superato il tetto del 35 percento di raccolta differenziata e chehanno ottenuto i finanziamenti pre-visti dal meccanismo della premiali-tà come previsto da una delibera ap-provata dalla giunta regionale esat-tamente un anno fa.I finanziamenti, determinati e asse-gnati in funzione della popolazioneresidente in ciascun comune, sonoattinti dall'apposito fondo di incenti-vazione di 10 milioni di euro costitui-

to il 17 ottobre 2006 proprio al finedi sostenere interventi nel settoredella raccolta differenziata dei rifiutida par te dei Comuni della Campa-nia.Le risorse, per complessivi 819milaeuro, sono state ripartite dall'Asses-sorato alle Politiche ambientali cheha provveduto a stilare un primoelenco di enti virtuosi sulla base deidati forniti dal Commissariatostraordinario per l'emergenza.I Comuni che hanno ottenuto le primerisorse del fondo predisposto dal-l'Assessorato sono quelli che, loscorso anno, hanno raggiunto il 35per cento di raccolta differenziata:per loro il finanziamento è scattatoautomaticamente.“Si tratta – ha detto l'assessore al-l'Ambiente, Luigi Nocera – del primoelenco di Comuni che ci è stato tra-smesso dal commissariato rifiuti il 5

dicembre scorso, ma riteniamo chegli enti vir tuosi che avranno dirittoalle risorse siano in numero superio-re: sono in corso verifiche e integra-zioni. Il meccanismo, poi, oltre a pre-miare le città che sono arrivate al tet-to di raccolta differenziata indivi-duato, attribuisce risorse anche a tut-ti i Comuni che nel primo semestre2007 abbiano incrementato dell'8per cento rispetto all'anno preceden-te il risultato della raccolta differen-ziata”.

Differenziata in CampaniaAumentano i Comunivirtuosi

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I napoletani sperano nel miracolo di De GennaroL’ex capodella Polizia nominato

commissario straordinario. SostituisceCimmino, in carica per pochi giorni.

Quattro mesi per provare a respi-rare aria diversa. Quattro mesiper dimenticare le strade invase

dai sacchetti della spazzatura. Quattromesi per programmare un futuro da re-gione normale. Quattro mesi. È questo iltempo massimo dato dal premier Roma-no Prodi alla Campania per uscire dall’e-mergenza. Il presidente del Consigliosceglie un uomo forte, conosciuto, per af-frontare quella che definisce “una emer-genza nazionale”: Gianni De Gennaro.Sarà affiancato dal generale di divisioneFranco Giannini. Ex capo della Polizia,la nomina di De Gennaro viene salutatadai partiti con soddisfazione. Piace sia alcentrodestra che al centrosinistra.Stessi tempi per la raccolta differenziata:niente più consorzi, i Comuni hanno 60giorni per elaborare un piano. Altri 60per realizzarlo. Dopodiché, in caso diinadempienza, scatterà il commissaria-mento.De Gennaro eredita la poltrona di com-missario ufficialmente da Umberto Cim-mino, in carica per pochi giorni, ma inrealtà a lui il compito di proseguire il la-voro avviato da Alessandro Pansa. E an-cora prima da Guido Bertolaso.Al neocommissario il compito improbodi chiudere il lunghissimo libro dell’e-mergenza. In continuità con quanto fattoe promesso da Pansa. Ma ora occorredavvero garantire un’accelerazione. Al-tri rinvii sarebbero difficilmente tollera-bili dal territorio stesso. Ormai non sicontano più i danni all’economia. Unmancato sviluppo che la Campania con-tinua a pagare da anni.Ma cosa accadrà in questi quattro mesi?Le migliaia di tonnellate di spazzaturaprodotte dalle famiglie campane doveverranno sversate? L’immondizia pro-dotta ogni giorno dovrà essere indiriz-zata negli stoccaggi comunali. I presi-denti delle Amministrazioni provincialisono i protagonisti di questa nuova fase.Il piano proposto da Pansa e allo studiodi De Gennaro prevede una soluzioneanche per le tonnellate di quelle che or-mai solo per convenzione vengono defi-nite “ecoballe”, perché di ecologico han-no davvero poco o nulla. Per queste mon-

tagne di rifiuti, si pensa di utilizzare an-che le aree del demanio militare, che do-vranno affiancare le discariche indivi-duate dal governo. Sembra una storia in-finita. Senza uscita. Almeno all’appa-renza.La prima mossa è l'individuazione dei si-ti: sono quelli previsti dal precedente de-creto sull'emergenza rifiuti. Si tratta diquattro strutture: Serre in provincia diSalerno, Savignano Irpino in provinciadi Avellino, Terzigno in provincia di Na-poli e Sant'Arcangelo Trimonte in pro-vincia di Benevento. A questi, se ne ag-giungeranno altri, individuati dalle auto-rità competenti per fronteggiare l'emer-genza. E proprio per ripulire le stradedalla spazzatura il premier è ricorso an-che all’intervento dell’esercito.Le aree demaniali militari sono Carinolae Pignataro in provincia di Caserta, Ca-salduni nel Beneventano, Chianche nel-l’Irpinia, Atena Lucana e Postiglione nelSalernitano, Poggioreale e Casamarcia-no in provincia di Napoli. I numeri delle balle da stoccare sono

enormi. Basti pensare che l’Amministra-zione provinciale di Caserta ricorda chenella sola Terra di Lavoro sono stoccatecirca 3 milioni e mezzo di “ecoballe” eche 47 dei 104 comuni della provinciaversano in condizioni ambientali talmen-te compromesse da essere inseriti nel Sitodi interesse nazionale per le bonifiche.Tre i termovalorizzatori: Acerra, SantaMaria La Fossa e Salerno.Difficile immaginare di uscire dalla ge-stione straordinaria in questa condizio-ne. La Campania è ancora in pienaemergenza. Non meno di ieri. E parlaredi ieri per l’emergenza rifiuti significaandare indietro di 14 anni. Un piano ingrado di far respirare per quattro mesipuò essere solo il primo passo."Le risposte non tarderanno, sono abi-tuato a mantenere la parola", dice DeGennaro. Un compito che il neo commis-sario dice di voler svolgere "con la con-vinzione che i problemi possano risolver-si con la logica del buon senso, dell'equi-librio, del dialogo e della comunicazionediretta e trasparente".

Guido Pocobelli Ragostadi

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La Scuola Medica SalernitanaSalute, ambiente e clima mille anni fa

La leggenda racconta che, scoppia-to un temporale, quattro pellegrinisi erano rifugiati sotto un ponte del-

l’acquedotto di Salerno: si trattava diun greco, di un latino, di un arabo e diun ebreo che, impegnati nella medica-zione della ferita di uno di loro, deci-sero di creare un sodalizio e sarebbenata così la famosa Scuola Medica Sa-lernitana. Certo è, invece, che questascuola costituì un punto di riferimentoscientifico fondamentale nell’antichi-tà. Ed è altrettanto certo che essa nac-que effettivamente dall’incontro e dal-la fusione delle culture scientifichegreco-latine, arabe ed ebraiche. Lesue origini risalgono al IX-X secolo egià intorno al 900 Salerno, significati-vamente al centro del Mediterraneo,era famosa per il suo clima e per la sa-pienza dei suoi medici. Il metodo seguito era quello della pra-tica e dell’esperienza: un metodo em-pirico che diede prestigio internazio-nale e risultati notevoli soprattutto traDuecento e Trecento. Il Regimen Sani-tatis Salernitanum fu il trattato più fa-moso prodotto dalla scuola: in versi la-tini, è una raccolta di norme medico-igieniche-sanitarie da seguire quoti-dianamente per conservare lo stato dibenessere, essere più longevi e miglio-rare l’efficienza fisica. Era necessa-rio, secondo quegli antichi scienziati,curare il corpo almeno con lo stesso ri-gore con il quale si curava l’anima. La malattia, allora, andava affrontata

ma anche prevenuta e in questo le re-gole salernitane potevano definirsidavvero moderne: i concetti di preven-zione e di profilassi, infatti, erano deipunti di riferimento stabili. Fondamentali risultavano l’armoniapsico-fisica e la dietetica come regoladi vita: “A tutti raccomando il rispettarla dieta, il loro serbando consueto vi-vere. La dieta è poi, metà del medicar,e chi lei non apprezza, quando sano,mal regge, e infermo poi non ben si cu-ra”. Gli alimenti venivano suddivisi, inbase alla loro maggiore o minore di-geribilità in verdure, frutta e carni. Lastessa medicina psicosomatica ritrovadei sorprendenti precedenti in varipassi del Regimen: “Se vuoi stare beneed essere sano... non arrabbiarti. Trecose sono necessarie: mente allegra,riposo e una dieta moderata”. Continua era anche la la ricerca difarmaci basati sulle virtù curative del-le erbe. Molte di esse hanno dimostra-to nei secoli la loro efficacia. Tra que-ste l’”issopo”, utile ancora oggi nellebronchiti e nelle affezioni respiratorieo anche la “ruta” (“che giova agli oc-chi, e fa la vista acuta”). Per la curadelle malattie reumatiche si prescrive-vano le famose Pillulae Artheticae chenella loro composizione comprende-vano l’”hermodattilo”, una pianta chealcuni ricercatori avrebbero indivi-duato nel Colchico Autumnale e riccadi colchicina, sostanza alcaloidea adazione antinfiammatoria (particolar-mente indicata nella terapia della got-ta). Altri consigli conservano una loroattualità: fuggire le abitazioni maleo-

doranti; umidificare l’aria della stan-za quando si hanno particolari malat-tie o magari avvolgere sostanze tera-peutiche di sapore sgradevole in fo-glie di lattuga per renderne più grade-vole il sapore... Le regole della salute della suola me-dica salernitana, un regimen sanita-tis, ossia una manuale di dietetica, diigiene e di terapeutica, nella primaraccolta indirizzata al re d’Inghilterra(X-XI secolo) dai medici di quellascuola, si aprono con le seguenti pa-role: “Se dai mali vuoi guardarti, sevuoi sano ognor serbarti, le rie cureda te scaccia; di frenar l’ira procac-cia; sii nel ber, nel mangiar parco;quando al cibo hai chiuso il varco, la-scia il desco e il corpo avviva; del me-riggio il sonno schiva; mai non strin-gere a fatica l’intestin né la vescica.Tutto ciò se ben mantieni, dì vivrai lun-ghi e sereni. Se non hai medici ap-presso, farai medici a te stesso questitre: mente ognor lieta, dolce requie esobria dieta”. Si tratta, dunque, di una serie di nor-me che permettono di conservare lostato di benessere, di vivere più a lun-go e di migliorare l’efficienza fìsica: siindividuavano così una serie di ele-menti esterni all'organismo (luoghi,fattori climatici, alimentazione, attivi-tà fisica) che andavano controllati eregolati affinché non turbassero lostato di salute dell'individuo e lo mi-gliorassero quotidianamente. Princi-pi che non sempre, nonostante sianopassati circa mille anni, possiamo osappiamo rispettare.

Gennaro De Crescenzodi

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Thomas Midgley, chi era costui? Pro-babilmente saranno in pochi quellia cui questo nome dirà qualcosa.

Eppure questo volitivo ingegnere mec-canico americano “ha avuto un impattosull’atmosfera maggiore di ogni altrosingolo organismo sulla storia del pia-neta”. E cosa c’entra Midgley con il Re-golamento Reach?Midgley, quando lavorava per la Gene-ral Motor, studiò le proprietà di un com-posto, il piombo tetraetile, di nota tossi-cità (il piombo è una neurotossina chepuò causare danni irreparabili al cer-vello e al sistema nervoso), e scoprì chepoteva essere usato come “antidetonan-te“ nella benzina. L’additivo delle ben-zine fu chiamato semplicemente “etile”e la compagnia che lo produceva “EthylCorporation”, termini sicuramente ras-sicuranti e che rimandavano più ad unallegro tintinnare di calici che a tossicheesalazioni.Purtroppo fin dall’inizio della sua pro-duzione, decine di operai morirono einiziarono a diffondersi voci sempre piùallarmate sulla sua pericolosità. Mid-gley decise allora di tenere una pubbli-ca dimostrazione della non nocività del-l’additivo versandosi il prodotto sullemani ed annusandolo.Si dovrà però attendere il 1996 perchè ilClean Air Act bandisca l’uso dell’additi-vo. L’ingegnoso Migdley, che era anchePresidente dell’American Chemical So-ciety si occupò anche di problemi di re-frigerazione, e scoprì il diclorofluoro-metano, un clorofluorocarburo (CFC),meglio noto come Freon. Anche in questo caso diede pubblica di-mostrazione della non tossicità e non in-fiammabilità del suo brevetto, inalan-done una certa quantità per poi soffiar-lo su una candela accesa, che infatti sispense.Fu un successo, peccato però che gli alo-metani distruggano l’ ozono, permet-tendo ai pericolosissimi raggi UV-B diraggiungere tutto l’ecosistema. Il Proto-collo di Montreal li ha banditi nel 1987,anche se sono stati prodotti in quantitàtali che i loro effetti nocivi continueran-no fino al 2087.Probabilmente se REACH fosse stato ra-tificato, ad esempio, già dal 1920, forsetutti ne avrebbero avuto un beneficio. Il Regolamento REACH nasce allor-quando l’Unione Europea, pubblica nel2001 il Libro Bianco sulla “Strategia peruna politica futura in materia di sostan-ze chimiche”, dando il via ad un sostan-ziale tentativo di rinnovamento del con-testo normativo comunitario in materiadi sostanze chimiche. In attuazione deiprincipi e delle idee contenute nel LibroBianco, il 29 ottobre 2003, la Commis-

sione Europea ha presentato la propo-sta di Regolamento REACH (Registra-tion, Evaluation, Authorization of Che-micals). L’iter legislativo del Regolamen-to si è concluso, a distanza di quasi 6 an-ni dal Libro Bianco, con la pubblicazio-ne del testo sulla Gazzetta Ufficiale del-l’Unione Europea del 30 dicembre2006 e del 29 maggio 2007, e l’entratain vigore dal 1 giugno 2007.Esso prende il posto di 40 disposizioninormative, costituendo un testo unicoper tutte le sostanze di nuova sintesi, conl’obiettivo di migliorare la tutela dellasalute umana e dell’ambiente rispetto aipericoli legati alle sostanze chimiche edi rafforzare la competitività dell’indu-stria chimica europea.Di seguito sono riportati gli elementi es-senziali del regolamento.Registrazione, che richiede ai fabbri-canti e agli importatori di fornire infor-mazioni su tutte le sostanze chimicheprodotte o importate nell’Unione Euro-pea in quantitativi pari o superiori aduna tonnellata annua. Ai fini della regi-strazione, dovranno trasmettere un fa-scicolo contenente le informazioni sulle

sostanze, sui rischi che tali sostanzecomportano, nonché le misure appro-priate di gestione dei rischi. Si va dallasemplice dichiarazione del tonnellag-gio annuo prodotto, alle informazionifisico–chimiche, tossicologiche ed eco-tossicologiche sulla sostanza. Vannoinoltre forniti dossier sulla valutazionedei pericoli e delle misure che l’aziendaattua per tenere sotto controllo i rischi.Per quanto riguarda quantitativi pari osuperiori a 10 tonnellate annue, vienerichiesta una relazione che documentila valutazione della sicurezza sicurezzachimica (Chemical Safety Report –CSR).Valutazione delle Autorità che possonodecidere in merito alle richieste di testaggiuntivi e valutare se le informazionifornite dall’industrie rispondono alle ri-chieste (valutazione dei fascicoli). Rela-tivamente a certe sostanze, qualora visiano motivi di preoccupazione per lasalute umana e l’ambiente, durante ilprocesso di valutazione si richiedonoalle imprese di fornire ulteriori informa-zioni. Tale processo può concludersi conl’indicazione di ulteriori azioni, in base

D. Fedele - M. Gallo - E. Imparatodi

Sostenibilità: nuova

normativa dell’Unione Europea

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alle procedure di autorizzazione o direstrizione.Autorizzazione che viene richiesta perle sostanze estremamente problemati-che, sostanze con effetti cancerogeni,mutageni, tossici per la riproduzione eper le sostanze che risultano persistenti,bio-accumulabili e tossiche, molto per-sistenti e molto bio-accumulabili o chedestino simili preoccupazioni. Il sistemadi autorizzazione è progettato per assi-curare che tali sostanze siano progres-sivamente sostituite qualora comporti-no rischi inaccettabili per la salute uma-na e l’ambiente o qualora non vi sianomotivi atti a giustificarne il loro utilizzo. Restrizioni che costituiscono la rete di si-curezza del sistema. Qualsiasi sostan-za, in quanto tale o in quanto compo-nente di preparati o di articoli, può esse-re soggetta ad un’ampia restrizione inambito comunitario qualora il suo im-piego presenti rischi inaccettabili per lasalute umana e l’ambiente. Le restrizionisono stabilite per l’uso delle sostanze incerti prodotti, l’uso da parte dei consu-matori o anche per tutti gli usi; in tal ca-so, la sostanza viene totalmente vietata. Il Regolamento REACH non è costituitosolo da adempimenti ma promuove an-che l’innovazione incentivando l’intro-duzione di sostanze maggiormente si-cure grazie alla ricerca e allo sviluppo,permettendo costi più bassi di registra-zione delle nuove sostanze, e introdu-cendo l’obbligo di considerare sostan-ze sostitutive al momento di richiedere leAutorizzazioni.Sono circa 1500 le sostanze chimicheestremamente problematiche che po-trebbero diventare soggette ad autoriz-zazione. Tra queste:• CMRs: sostanze con effetti canceroge-ni, mutageni o tossici per la riproduzio-

ne), categorie 1 e 2;• PBTs: sostanze con proprietà persi-stenti, bio-accumulabili e tossiche; • vPvBs: sostanze molto persistenti emolto bio-accumulabili. Le sostanzepersistenti e bio-accumulabili (PBTs evPvBs) potranno essere autorizzate soloin assenza di sostituti adatti e se sia di-mostrato che i benefici socio-economiciderivanti da un loro impiego specificosiano maggiori rispetto ai rischi per lasalute umana e per l’ambiente; • sostanze, identificate da prove scienti-fiche, con probabili effetti seri sulla salu-te umana e sull’ambiente, equivalenti aquelli delle altre categorie summenzio-nate, ad esempio alcune sostanze dis-turbanti il sistema endocrino (ovvero so-stanze che disturbano il sistema ormo-nale corporeo). Quest’ultime sarannoindividuate caso per caso.Ad oggi, si stima l’esistenza di circa 900sostanze chimiche estremamentepreoccupanti e si prevede che il Regola-mento REACH, nei prossimi 11 anni, ge-nererà nuovi dati funzionali all’identifi-cazione di altre 600 sostanze dello stes-so tipo. Il Regolamento prevede l’istitu-zione dell’Agenzia Europea per le So-stanze Chimiche (European ChemicalsAgency - ECHA) e l’individuazione diun’Autorità Competente nei singoli pae-si dell’UE. In Italia l’Autorità Competente è il Mini-stero della Salute. L’ECHA gestirà, e fornirà il supporto pergli aspetti tecnici, scientifici e ammini-strativi del Regolamento, assicurando-ne l’adeguatezza operativa a livello co-munitario. L’Agenzia fornirà agli StatiMembri e alle istituzioni comunitarie ilsupporto in campo scientifico e tecnicocirca le questioni riguardanti le sostan-ze chimiche coperte dal Regolamento

REACH.Le attività connesse agli adempimentisopra richiamati (registrazione, valuta-zione, autorizzazione e restrizione) so-no di competenza dell’Autorità Compe-tente che si avvale del supporto tecnico-scientifico dell’Agenzia per la protezio-ne dell’ambiente e per i servizi tecnici(APAT) e dell’Istituto Superiore di Sanitàche, a tale scopo, ha istituito il CentroNazionale delle Sostanze Chimiche(CSC).Ogni Stato Membro ha altresì il compitodi istituire un “Help Desk” nazionale perfornire informazioni alle imprese. In Ita-lia è stato istituito dal Ministero delloSviluppo Economico.Si prevede che APAT, collaborando conil sistema della rete nazionale delle AR-PA-APPA ed avvalendosi del CSC pergli aspetti relativi alla ecotossicologia eal ricorso ai modelli predittivi dell’espo-sizione, assuma un ruolo determinantenella valutazione del rischio delle so-stanze per l’ambiente.Uno dei compiti dell’Autorità Compe-tente è quello di istituire un sistema dicontrolli al fine di favorire la completaattuazione del Regolamento da parte ditutti gli attori del mercato e all’uso dellesostanze chimiche, come tali o contenu-te nei preparati o negli articoli.L’attività di controllo non riguarda solola verifica dell’avvenuta registrazione,di una richiesta di autorizzazione o il ri-spetto delle restrizioni stabilite ai sensidel Titolo VIII del Regolamento, ma an-che dei seguenti aspetti:• prescrizioni per la registrazione;• presenza della relazione sulla sicu-rezza chimica, ove prevista;• verifica della presenza dell’allegatotecnico con la sintesi degli scenari diesposizione;• verifica della completezza dei dati ri-portati sull’etichetta;• verifica dell’applicazione delle misuredella gestione del rischio previste e dellaloro efficacia. Il Regolamento REACH rappresenta in-dubbiamente un’importante sfida tesaal raggiungimento di un’industria euro-pea “ecocompatibile”.Esso di fatto raccoglie e coniuga le istan-ze di sviluppo sostenibile, accetta e fasue alcune idee e proposte della “Chimi-ca Verde”. Al tempo stesso, però, devefare i conti con produzioni e commerciglobalizzati, in una continua sfida dimercati assetati di brevetti di nuove mo-lecole e nuove tecnologie, che possonoarrecare vantaggi irrinunciabili in ter-mini di innovazione, sviluppo ed anche,se opportunamente governati, di quali-tà della vita.

� Thomas Midgleyinventore del regolamento Reach

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La biglia impazzita di un flipper: così rim-balza attraverso tutto il globo, nelle co-munità scientifiche, presso i salotti politi-

ci, nei forum virtuali, in tutte le sfere della col-lettività, l’annuncio lanciato da San Diego,negli U.S.A., dal biologo Craig Venter“Creeremo una forma di vita artificiale”.E come nel frenetico e nervoso gioco, alcunibersagli si illuminano, altri si abbattono, al-tri ancora fanno muro ed altri, invece, se nestanno lì, facendosi rimbalzare addosso la“biglia”, sicuri che questo sia l’ennesimotentativo, che finirà inesorabilmente nellapolvere, di scalare il jackpot genetico.Venter non è nuovo nell’ambiente: a lui si de-ve la mappatura completa del genoma uma-no avvenuta nel 2000, anche se la comunitàscientifica non è proprio entusiasta del per-sonaggio e delle tecniche e “procedure” uti-lizzate per raggiungere l’obiettivo. La noti-zia, in ogni caso, è comunque degna di at-tenzione. La prima forma di vita parzial-mente artificiale, risultato di precedentiesperimenti del biologo-imprenditore ame-ricano, era stato un batterio che aveva rice-vuto un DNA con una componente artificialedi due geni.Ora, invece, il nuovo batterio ha un corredodi ben 381 geni sintetici: il cromosoma disintesi che l’èquipe di Venter è riuscita a rea-lizzare replica i componenti essenziali delDNA del batterio Mycoplasma Genitalium,ed è stato battezzato dai sui creatori Myco-plasma Laboratorium, che inserito in unacellula vivente ne assume il controllo diven-tando così in sostanza una nuova forma divita.

Si aprono scenari interessanti, dunque, nel-le sfide della ricerca genetica: batteri ripro-grammati geneticamente in modo da diven-tare spazzini capaci di decontaminare ter-reni invasi da rifiuti tossici, oppure trasfor-mati in fabbriche di farmaci; nuove tecnicheper ricavare cellule staminali senza passareper l’embrione, un cammino innovativo nel-la clonazione animale.I batteri artificiali eseguiranno gli ordini im-partiti dal DNA: si possono indurre a pro-durre determinate sostanze da utilizzarepoi come farmaci, analogamente a quantoaccade per l’insulina, ma le possibilità conquesta nuova tecnica sono potenzialmentesuperiori. Si potranno creare ormoni e pro-teine da utilizzare a scopo terapeutico, maquesto avanzamento comporta anche qual-che preoccupazione: nelle mani di unoscienziato pazzo, la tecnica potrebbe facil-mente sfociare nella creazione di vere e pro-prie bombe biologiche.Il rischio è che la scienza si metta al serviziodei privati, magari quelli con più “risorse”permettendo di gestire le informazioni ge-netiche a proprio piacimento.La preoccupazione più evidente della comu-nità scientifica non risiede nella possibilitàdi creare una nuova specie vivente in labo-ratorio, ma dall’impatto che essa potrebbeavere sull’ecosistema e sulla biodiversità,data la sua natura “artificiale”.È necessaria, come sempre in settori così de-licati, una riflessione etica anche se va consi-derato il fatto che al momento le ricerche inquestione non hanno creato implicazionietiche o morali concrete sulla vita degli uo-mini. Insomma, i timori sono legittimi ma as-solutamente non debbono ostacolare la na-scita di una nuova conoscenza.

Rosa Funarodi

Primo passoverso nuove formedi vita?

Il cromosoma è un fram-mento di DNA: l’uomo ne

ha 46, ma in un batterio nebasta anche uno solo pergarantire la vita.L’èquipe di Venter ha mani-polato un cromosoma giàesistente, estratto dal batte-rio più piccolo esistente.Il cromosoma è stato estrattodal batterio MycoplasmaGenitalium, che vive nellamucosa genitale.Il Mycoplasma Genitalium

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Il labile confine tra fantascienza,interessi e ricerca.

L’esperimento

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LE REAZIONI

ha originariamente 521 ge-ni. Nel manipolarlo, persemplificarlo, Venter ha ri-dotto questi geni a 381.Gli scienziati vogliono capi-re qual è il numero minimodi geni necessario per soste-nere un organismo vivente.Il cromosoma artificiale sa-rà inserito in un nuovo batte-rio, privo del suo DNA, otte-nendo il Mycoplasma Labo-ratorium.Si vedrà se il batterio “artifi-ciale” sarà influenzato dallecaratteristiche del suo DNAmodificato.

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I PRO...

Salute: Un ulteriore passo avanti verso far-maci intelligenti e terapie personalizzatecontro i tumori.

Ambiente: Si possono creare in laboratoriomicrorganismi in grado di pulire il maredal petrolio e “digerire” lo smog nell’a-ria.

Energia: La ricerca si potrebbe orientare ver-so organismi in grado di produrre eleva-ta energia attraverso i propri meccanismimetabolici.

Ricerca: Nuovi scenari nella produzione del-le staminali e nella clonazione animale.

…E I CONTRO…

Armi chimiche: Senza opportuni controlli, lepotenzialità di questa tecnica possonoindurre alla creazione di batteri aggres-sivi e resistenti.

Guerra Batteriologica:Virus e tossine sinteti-che diffusi a scopi bellici o terroristici po-trebbero sterminare milioni di persone intempi brevissimi.

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Le diossine, i furani e i bifenili policlorurati-diossino-simili (PCBDL) sono un gruppo disostanze chimiche tossiche e persistenti che

hanno effetti negativi sulla salute umana e sul-l'ambiente, tra cui dermotossicità, immunotossi-cità, disturbi della funzionalità riproduttiva, te-ratogenicità, alterazioni del sistema endocrinoed effetti cancerogeni. La via principale di espo-sizione dei soggetti umani alle diossine è l'ali-mentazione, che contribuisce per oltre il 90% al-l'esposizione complessiva. I prodotti della pescaed altri prodotti di origine animale rappresenta-no circa l'80% delle fonti di contaminazione.Purtroppo le molecole di questa classe di compo-sti sono estremamente resistenti (vengono di-strutte solo per combustione a oltre 800°C), per-sistenti (possono rimanere inalterate anche per25 e più anni) quindi, una volta immesse nel-l’ambiente, inquinano tutti i cicli vitali e si diffon-dono ovunque. Durante la combustione incon-trollata dei rifiuti, processo principale di produ-zione di inquinanti organici, le diossine vengo-no prodotte quando il processo di combustionedei materiali contenenti cloro avviene in difettodi ossigeno, a temperature inferiori a 800°C edin presenza di tracce di metalli che agiscono dacatalizzatori. Negli impianti di incenerimentosono infatti obbligatori già da parecchio tempodegli accorgimenti tecnici che garantiscano la

permanenza dei fumi di combustione ad unatemperatura non inferiore a 850°C per un tem-po tale da garantire la completa distruzione ditutti i prodotti di combustione incompleta, tra cuiappunto le diossine. Di particolare interesse ri-sultano inoltre i meccanismi di riformazione del-le diossine nelle sezioni “fredde” degli impiantidi incenerimento (caldaia, sistemi di depolvera-zione). Tali meccanismi possono essere mini-mizzati mediante una serie di accorgimenti tec-nici, e le diossine eventualmente prodotte ven-gono rimosse mediante sistemi di adsorbimentoo ossidazione catalitica, fino al rispetto dei piùrestrittivi limiti di legge. Dopo aver constatatouna presenza sempre più significativa di tali so-stanze nell'ambiente e a seguito di svariati inci-denti (a Yusho in Giappone, a Yu-Cheng su Tai-wan, a Seveso in Italia), la comunità internazio-

nale ha infatti espresso forti preoccupazioni ri-guardo le diossine, evidenziando la necessità diridurne e controllarne l'impiego. Non solo l'opi-nione pubblica, ma anche la comunità scientifi-ca e le autorità di regolamentazione hannoesternato timori fondati per gli effetti negativi chel'esposizione a lungo termine a quantità ancheinfinitesimali di diossine e PCB può produrre sul-la salute umana e sull'ambiente. Dal punto di vi-sta chimico, il termine "diossine" si riferisce aduna famiglia di composti organici del cloro for-mati da due anelli aromatici uniti tra loro da pon-ti ossigeno (due per le policlorodibenzodiossinePCDD, uno solo per i policlorodibenzofuraniPCDF), e caratterizzati dalla sostituzione di unoo più atomi di idrogeno con atomi di cloro (Figu-ra 1). Grazie a tutte le possibili disposizioni degliatomi di cloro sulla struttura di base, la famiglia

Agostino Mennadi

Dei 210 congeneri delle diossine esistenti, 17 ven-gono considerati rilevanti ai fini della gestione

del rischio tossicologico e ambientale. Rispetto a que-sti 17 congeneri la composizione di una miscela vienefornita in termini della sua potenziale tossicità ovve-ro viene espressa mediante un parametro indicatocon I-TEQ (International Toxicity Equivalent Quan-tity). Riportare le diossine mediante il I-TEQ è moltopiù significativo del dato ottenuto sommando tra loroi grammi di ogni componente della miscela poichéquesta grandezza oltre ad esprimere la composizio-ne indica anche la sua tossicità. Il metodo I-TEQ asse-gna ad ogni congenere PCDD/Fs un Fattore di Tossici-tà Equivalente o TEF. Assegnando alla 2,3,7,8-TCDD,

la diossina più tossica, un fattore di tossicità pari ad 1,alle altre diossine viene assegnato un fattore ugualeo inferiore ad esso (valori riportati in tabella 1). Il TEFè stato sviluppato dalla WHO ed è utilizzato sia dallacomunità scientifica che nei rapporti governativi ditutto il mondo.Mediante i fattori di tossicità è possibile esprimere latossicità equivalente di una miscela di diossine con laformula: TEQ (tossicità equivalente)= ∑ni=1 Ci x TE-FiUsando tali fattori, si calcola dunque la tossicità del-l’emissione sommando la concentrazione di ognicongenere, ciascuna moltiplicata per il corrisponden-te TEF.

C’è un considerevole dibattito circa le soglie per gli ef-fetti delle diossine sulla salute umana. In particolare,è da sottolineare la divergenza apparente nell’opi-nione fra Europa, in cui le soglie per gli effetti cance-rogeni e non-cancerogeni delle diossine sono gene-ralmente accettate, e gli U.S.A., in cui non è presuppo-sta nessuna soglia. Il comitato scientifico dell’ali-mentazione umana (SCF – Scientific Committee onFood) dell'Unione europea ha adottato in data 30maggio 2001 un parere sulla valutazione dei rischidelle diossine e dei PCB diossino-simili nei prodottialimentari. Il comitato ha stabilito un valore cumula-tivo per la dose tollerabile settimanale di diossine ePCBdiossino-simili pari a 14 picogrammi (10-12g) diequivalente tossico (WHO-TEQ) per chilogrammo dipeso corporeo. Questo valore corrisponde alla dosetollerabile mensile di circa 70 pg/kg peso corpo-reo/mese stabilita in via provvisoria dal comitatocongiunto di esperti FAO/OMS sugli additivi alimen-tari (JECFA) durante la 57a riunione svoltasi a Romadal 5 al 14 giugno 2001; esso coincide anche con il va-lore minimo della gamma di TDI pari a 1-4 pg WHO-

Valutazioni tossicologichee ambientali

Diossine, composizionechimica e origini

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�� Figura 1. Formula di struttura delle DIOSSINE

� Figura 2. 2,3,7,8tetraclorodibenzo-diossina

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delle PCDD comprende 75 composti, fra cui ilpiù noto e il più tossico è rappresentato dalla2,3,7,8-tetraclorodibenzodiossina (o 2,3,7,8-TCDD) (Figura 2). È forse la sostanza più tossicache si conosca, e si misura in picogrammi, cioè inmillimiliardesimi (biliardesimi) di grammo. La famiglia chimica dei PCDF è invece formatada 135 composti, i cui effetti sono identici a quel-li della diossina (Figura 3). Esiste un altro gruppodi sostanze che presentano caratteristiche chi-mico-fisiche e tossicologiche paragonabili allediossine e ai furani: Policlorobifenili (PCB) (Figu-ra 4). Precisamente i 12 dei 209 congeneri, i co-siddetti coplanari, che vengono definiti PCBdio-xin-like (cioè simili alle diossine) e indicati con lasigla PCBdl, ed hanno come elementi più impor-tanti nel determinare lo stesso meccanismo diazione della 2,3,7,8-TCDD, le dimensioni mole-colari e la conformazione planare dei congeneridei PCB; proprio questa somiglianza strutturalefa sì che i PCB coplanari agiscano, a livello cellu-lare, in maniera simile alla 2,3,7,8-TCDD, inte-razione che non è possibile per i congeneri nonplanari, detti non diossina-simili. Gli effetti deiPCBdl sulla salute umana e sugli organismi sonoanaloghi a quelli delle diossine. Queste ultime,inoltre, sono sottoprodotti indesiderati di una se-rie di processi chimici e di combustione. Nel cor-so del XX secolo sono state identificate diversefonti di emissione, tutte accomunate dalla pre-

senza di cloro (sia essa volontaria o accidentale)durante i processi di lavorazione. Tra i diversiprocedimenti ricordiamo la sintesi e lo smalti-mento dei pesticidi, lo sbiancamento della polpadi legno, i processi metallurgici e, a partire dallafine del secolo scorso, l’incenerimento, in parti-colare quello dei rifiuti urbani. Di seguito si elen-ca il rilascio in % di diossine e furani sul suolo do-vuti ad attività antropica e naturale (Fonte UE,2001):• Produzione pesticidi 34 %• Incendi accidentali 21 %• Incenerimento di rifiuti solidi urbani 19 %• Interramento di rifiuti solidi 10 %• Uso di pesticidi 4,2 %• Fusione secondaria del piombo 3,2 %• Combustione di legno domestico 1,7 %• Fusione secondaria del rame (recupero) 1 %• Produzione acciaio (forno elettrico) 0,9 %• Fusione secondaria dell’alluminio (recupero)0,8 %In passato, la principale sorgente di PCDD/F eraindividuata nella produzione e nell’uso di pro-dotti chimici cloroorganici quali quelli utilizzatinell’industria della carta. Si deve tener presente che l’industria chimicacontribuisce alla produzione di diossine ancheattraverso la produzione di precursori: prodotti,reflui e rifiuti contenenti composti clorurati. Tra iprodotti precursori particolare rilevanza assu-

mono le materie plastiche, termoplastiche, e ter-moindurenti; le plastiche termoindurenti, in par-ticolare, per la loro caratteristica di essere lavo-rate ad alte temperature, in fase di produzione, esuccessivamente solidificate tramite raffredda-mento, tendono ad inglobare le diossine e a libe-rarle nell’ambito di una successiva combustionedel materiale, accanto a quelle prodotte ex no-vo.Riguardo ai processi di combustione bisognaevidenziare che le emissioni sono da imputarealla presenza di precursori o di diossine nei pro-dotti/sostanze immesse nel processo che favori-sce la loro decomposizione e trasformazione at-traverso specifiche reazioni chimiche. In tali pro-cessi le reazioni chimiche avvengono a tempe-rature al di sopra dei 250°C e le diossine forma-tesi hanno una grande propensione ad essere ri-lasciate allo stato gassoso. Le principali sorgentitermiche sono suddivise in puntuali, più facil-mente misurabili e controllabili, e diffuse, difficil-mente misurabili e controllabili.• Sorgenti di PCDD/F da combustione - Sorgen-ti puntuali:• Incenerimento rifiuti: rifiuti solidi urbani, ospe-dalieri, combustione di residui plastici generatida pratiche agricole, combustione di gomme opneumatici, rifiuti incontrollati, fanghi da acquereflue• Industria dell’acciaio: acciaierie, impianti disintesi, produzione lastre d’acciaio• Impianti di riciclaggio: metalli non ferrosi (fu-sione; Al, Cu, Pb, Zn, Sn)• Produzione di energia: impianti alimentati concombustibili fossili, legno, biogas da discarica• Sorgenti di PCDD/F da combustione - Sorgen-ti diffuse:• Traffico: automobili e mezzi pesanti• Riscaldamento domestico: carbone, olio, gas,legno• Casuali: combustione PCB, incendi negli edifi-ci, incendi boschivi, incendi di materiali vari al-l’aperto, eruzioni vulcaniche.

TEQ/kg di peso corporeo/giorno, definito dall’Orga-nizzazione mondiale della sanità (OMS) in una ri-unione del 1998. Dati più recenti e rappresentativisull’assunzione giornaliera indicano che i valori me-di di diossine e PCBdiossino-simili assunti con la dietaalimentare nell'Unione europea sono compresi tra1,2 e 3 pg/kg di peso corporeo/giorno, il che signifi-ca che una notevole parte della popolazione europeasi troverebbe ancora al di sopra del limite della dosetollerabile giornaliera e settimanale. Il TDI rappre-senta una dose media giornaliera, sotto cui i danni so-no considerati improbabili. Il calcolo del TDI coinvol-ge l’uso dei fattori di sicurezza. I fattori di sicurezzariflettono l’incertezza nell’estrapolazione dei datifra le diverse specie animali ed anche la severità per-cepita dell’effetto. L’Organizzazione Mondiale dellaSanità (OMS), negli ultimi dieci anni, ha ritoccato duevolte il valore di Dose Giornaliera Tollerabile (TDI)per le diossine, precisamente nel 1990 portandolo a10 pg/kg-bw (picogrammi per chilogrammo di pesocorporeo) e nel 1998 abbassandolo a 1 pg/kg-bw.L’abbassamento di tale soglia e’ stato fortemente

sollecitato dall’ Ente Americano Per l’Ambiente (EPA)che ha definito la Dose Giornaliera Accettabile (ADI)pari a 0,006 pg/kg-bw. È utile precisare che la dosetollerabile giornaliera proposta dall’OMS non corri-sponde ad una dose sicura (rischio zero), ma è il giu-sto compromesso tra un rischio aggiuntivo – estrema-mente basso – e la concentrazione “naturale” nel ci-bo, nell’acqua e nell’aria di questi composti, che siformano anche a seguito di eventi naturali quali, adesempio, gli incendi nei boschi. La causa di questo ac-ceso dibattito è dovuta al fatto che le diossine non so-no mai ritrovate come singolo componente ma sem-pre come miscela di congeneri. Questo è un problemaperché gli studi di tossicità sugli animali di laborato-rio sono sempre effettuati per singola sostanza, in talcaso per singolo congenere. Inoltre, l’effetto tossicodelle diossine è legato al complesso di reazioni bio-chimiche causato dalla diossina quando questa si le-ga alla cellula attivando il recettore intracellularearil-idrocarburo detto anche recettore Ah, il comples-so PCDD-Ah è in grado di attraversare il nucleo e le-garsi a specifiche sequenze del DNA chiamate ele-

menti rispondenti alle diossine (DRE). Il legame traDRE e DNA provoca alterazione dell’espressione ge-nica. Tale alterazione causa gli effetti tossici indicatiprecedentemente. Considerando che a tale recettoresi legano anche altre sostanze, contenute anche neglialimenti, in grado di attivare o inibire il recettore Ah.L’effetto finale è l’aumento o la diminuzione dellatossicità delle diossine anche in relazione all’alimen-tazione. In base all'Inventario europeo sulle emissio-ni relative alle diossine, realizzato su incarico dellaCommissione, nell'ultimo decennio sono stati com-piuti notevoli progressi che hanno consentito di mi-gliorare in generale la concentrazione delle emissio-ni nell'atmosfera, grazie in particolare all'abbatti-mento delle emissioni complessive attuato nellamaggior parte degli Stati membri industrializzati.Nel 1989 l'UE ha adottato per la prima volta un attonormativo con l'intento di ridurre le emissioni di dios-sina prodotta dall'incenerimento dei rifiuti munici-pali, stabilendo cosiddette condizioni operative chehanno consentito di ridurre in misura significativa leemissioni di tali sostanze.

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� Figura 3 Formula di struttura dei FURANI

� Figura 4 - Formula di struttura dei POLICLOROBIFENILI

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Il monitoraggiopollinicocome bioindicatore

dei cambiamenti climatici

Risultatidel

PROGETTOATMOSNET

L’ARPAC ha avviato nel 2005 un per-corso di partenariato con altre realtàistituzionali, annoverandosi tra gli

Enti maggiormente impegnati nella co-operazione transnazionale in campo am-bientale.L’occasione di cimentarsi con questa nuo-va opportunità è venuta dal Programmad’Iniziativa Comunitaria (PIC) INTERREGIII B ARCHIMED del Fondo Europeo di Svi-luppo Regionale (FERS) per la cooperazio-ne tra regioni dell’Unione Europea per ilperiodo 2000-2006, volto a promuovereuna migliore integrazione territoriale nel-l’Unione grazie alla formazione di grandigruppi di regioni europee:le regioni italia-ne ad Obiettivo 1 (Sicilia, Calabria, Basili-cata, Puglia e Campania), l’intero territo-rio di Grecia, Cipro e Malta e le aree dipaesi terzi limitrofi del Mediterraneo sudo-rientale.Ha visto così la luce ATMOSnet (cfr. arpa-campania ambiente anno III n.1 dic/genn2007), una proposta progettuale formula-ta dall’ARPAC (in qualità di capofila) inpartenariato con APAT, con il DipartimentoAmbiente e Territorio della Regione sicilia-na, con l’Istituto di Agricoltura dell’ Univer-sità di Malta e con l’Istituto di Agricolturadell’Università Aristotele di Salonicco. Si ètrattato del primo network di monitoraggioaerobiologico del Mediterraneo creatoper elaborare dei modelli previsionali per icambiamenti meteo-climatici utilizzando ilpolline come bioindicatore. Una novità inquesto campo, un sistema a rete che maiprima era stato creato nell’area mediterra-nea. Il 29 e 30 novembre scorso, in un con-

vegno conclusivo tenutosi a Sorrento sonostati presentati i risultati di un anno di speri-mentazione.Il progetto ha permesso di acquisire dati ri-levanti, su una scala sperimentale di limita-ta estensione, per migliorare la metodicaprevisionale sui fenomeni di siccità e de-sertificazione provocati dai cambiamenticlimatici nell’area del Mediterraneo Cen-tro-Orientale, utilizzando in maniera in-novativa una metodica standardizzata dimonitoraggio dei pollini in atmosfera.Il lavoro svolto ha complessivamente dimo-strato che tale metodica può essere consi-derata una risorsa significativa per la im-plementazione di modelli previsionali mi-rati allo studio degli effetti prodotti daicambiamenti climatici in ambiti di dimen-sione regionale.L’esperienza ha consentito anche di con-statare l’impossibilità di elaborare un uni-co modello previsionale che potesse forni-re dati utilizzabili dei vari settori di interes-se presenti nel progetto ATMOSnet:1.Modelli previsionali in grado di predire icambiamenti climatici;2. Modelli previsionali in grado di prediregli impatti nel settore agricolo prodotti daicambiamenti climatici;3. Modelli previsionali in grado di prediregli impatti sulla salute umana nei soggettiaffetti da allergopatie respiratorie.Il contributo del monitoraggio dei polliniper l’implementazione di modelli previsio-nali sui cambiamenti climatici può verosi-milmente trovare un campo di applicazio-ne, a condizione che esso venga applicatosu una scala territoriale di estensione re-

gionale e che sia applicato ad un set limita-to di specie polliniche ritenute particolar-mente vulnerabili ai fenomeni di siccità edesertificazione.Di notevole interesse, inoltre, è apparso ilcontributo del monitoraggio del polline inriferimento alle produzioni agricole e all’e-conomia legata ai raccolti.In tale direzione si aprono scenari di svi-luppo legati alle misure di selezione di tipo-logie di pollini particolarmente sensibili al-la variabilità del clima nell’area del Medi-terraneo - che sono utili bioindicatori deifenomeni di tendenziale siccità e desertifi-cazione indotti dai cambiamenti climatici –ma anche al monitoraggio dei pollini comeindicatori di risultato delle misure di adat-tamento messe in atto.Il lavoro svolto dal gruppo ATMOSnet hasottolineato la fattibilità di queste iniziati-ve, evidenziando che il successo è subordi-nato alla messa a punto di una metodicastandardizzata tra i vari centri di monito-raggio pollinico distribuiti sul territorio ealla creazione di un centro euromediterra-neo, accessibile via web, in grado di forni-re a tutti i soggetti allergopatici, informa-zioni tempestive sulla variazione delle con-centrazioni polliniche indotte dai cambia-menti climatici e mettere in atto efficaci mi-sure di prevenzione. L’esperimento, infine,consente di delineare ulteriori sviluppi fu-turi in merito ad investimenti a sostegno diprogettualità focalizzate su nuove aggre-gazioni tematiche, come l’implementazio-ne di modelli a scala regionale e lo sviluppodi un’agricoltura ecosostenibile.

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Acqua: il monitoraggioin Campania 2000-2006

L’acqua è sicuramente la risorsa natu-rale che coinvolge le popolazioni e leciviltà in tutti gli aspetti connessi alla

propria vita: dall’agricoltura all’industria,dalla cultura alla religione.Tra gli obiettivi dell’Assessorato alle Politi-che Ambientali della Regione Campania,programmati attraverso i fondi europei2007 – 2013, vi è quello dell’implementa-zione della qualità del ciclo integrato delleacque: migliorare i sistemi di gestione edepurazione, incrementare il riuso delleacque reflue opportunamente trattate,captazione, razionalizzazione e poten-ziamento delle reti di distribuzione sonosolo alcuni degli interventi proposti.Tuttavia, volendo seguire un approccio pu-ramente logico e scientifico, è impossibileprogrammare attività, definire strumentilegislativi e delineare piani finanziari sen-za un’adeguata base conoscitiva, garan-tita da un costante monitoraggio dei feno-meni e delle criticità connesse alla risorsaacqua nel contesto territoriale regionale.Compito, quest’ultimo, assolto dall’AR-PAC e che ha preso corpo, è proprio il casodi dirlo, nel volume “Acqua: il monitorag-gio in Campania 2000 – 2006” presenta-to al pubblico il 12 dicembre scorso in unworkshop tenutosi all’Holiday Inn di Na-poli.Nel libro sono raccolti tutti i dati rilevati ne-gli ultimi sei anni dalle reti di monitoraggioARPAC, opportunamente sostenute con lerisorse del POR Campania 2000 – 2006,relativi a tutti gli aspetti che vedono l’ac-qua come l’elemento principe: balneazio-ne, acque marino costiere, acque superfi-ciali e sotterranee corredate con serie sto-riche e trend dei fenomeni caratteristici.Le reti di monitoraggio idrico sono state at-tivate dall’ARPAC fin dal primo anno dellasua istituzione e rappresentano il primo si-stema strutturato di conoscenza della qua-lità delle risorse idriche in Campania.I sette anni di gestione di tali reti di monito-raggio, attraverso il coordinamento dellaDirezione Tecnica e la gestione dei Dipar-timenti Provinciali competenti, hanno con-sentito con attività tecniche di analisi ecampionamento di realizzare la caratte-rizzazione e le conseguenti valutazionidei diversi corpi idrici.

In questo volume vengono raccolti tutti i ri-sultati di tali attività.Le reti di monitoraggio, inoltre, sono stateimplementate nel corso degli anni grazieai progetti dell’Agenzia cofinanziati conla Misura 1.1 del POR.L’acquisizione di un battello oceanografi-co, l’ampliamento della rete delle acqueinterne superficiali e sotterranee, l’evolu-zione tecnica del sistema di raccolta edelaborazione dei dati grazie all’acquisi-zione di apparecchiature scientifiche da

campo e da laboratorio, il posizionamen-to di 45 stazioni per il telemonotoraggio:questi ed altri interventi realizzati sonodettagliatamente descritti all’interno dellapubblicazione.Proseguire nell’attività qualificata di mo-nitoraggio da parte di ARPAC e promuo-vere da parte della Regione l’attivazionedel circolo virtuoso per la conoscenza delciclo dell’acqua è un’importante opportu-nità per lo sviluppo sostenibile della Cam-pania.

Jean Renè Bilongodi

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Isiti archeologici del Mediterraneo comemeta preferita del turismo culturale che,da ogni parte del mondo, accorre ad

ammirare le ricchezze storiche e le bel-lezze naturali dei Paesi bagnati dal no-stro mare. Il Partenone di Atene, il tempiodi Cerere a Paestum e i teatri di Sabrathain Libia sono infatti accomunati dalla ci-viltà di un mare che li ha originati: il Medi-terraneo. Un mare che da sempre è sim-bolo di cultura, commercio e sviluppo eche ora è anche il denominatore comunedi un progetto che mira a promuovere, at-traverso le moderne tecnologie, nuoviscambi interculturali, facendo conoscereal mondo le immense ricchezze archeolo-giche e il patrimonio paesaggistico deiPaesi che lo circondano.Per quattro giorni Paestum si è trasforma-ta nella capitale del turismo archeologicointernazionale, grazie alla decima edi-zione della Borsa Mediterranea del Turi-smo Archeologico, la manifestazionesvoltasi presso il Centro congressi dell’ho-tel Ariston, dal 15 al 18 novembre scorso.La Borsa, che quest’anno ha compiutodieci anni, si propone di promuovere de-stinazioni e siti dei Paesi del Mediterra-neo, di creare integrazione fra le diverseculture, di favorire la commercializzazio-ne di prodotti turistici specifici e di incre-mentare le opportunità economiche. Un evento divenuto particolarmente im-portante per la Campania e per la provin-cia di Salerno, riconosciuto dalla comuni-tà scientifica internazionale come unicoappuntamento al mondo che favorisce ildibattito e lo sviluppo del segmento ar-cheologico dei beni culturali. Anche que-st’ultimo appuntamento, che ha avuto laLibia come Paese ospite ufficiale, ha mi-rato a favorire l’incontro tra domanda eofferta turistica, puntando alla commer-cializzazione del ventaglio di opzionidisponibili nell’ambito delle attrattive dicui sono tanto ricchi il Mezzogiorno eparticolarmente la provincia di Salerno el’intera regione. Oltre 200 sono stati gliespositori, di cui decine provenienti datutto il mondo (per la prima volta a Pae-stum erano presenti la Libia, l’Albania el’Uzbekistan), che con i loro stand hannooccupato un’area di oltre 15 mila metriquadrati, visitata, nel corso di tutta la ma-nifestazione, da quasi 9 mila visitatori.Un esempio di come la cultura e la cono-scenza reciproca, il dialogo tra le istitu-zioni e i popoli possono realmente contri-buire a superare ogni conflittualità. Lapresenza a Paestum durante la manife-stazione di importanti Paesi del Nord-Africa e del Medio-Oriente ha così lan-ciato inequivocabili segnali di distensio-ne tra i popoli. Nei saloni dell’Ariston di Paestum infatti inumerosi espositori hanno potuto comu-

nicare l’immagine e le ricchezze del pro-prio territorio ad un vasto pubblico diesperti del settore, addetti ai lavori, gior-nalisti, giovani in cerca di nuove prospet-tive professionali, visitatori e appassio-nati. Tra gli eventi di quest’anno va ricor-data l’ArcheoVirtual, l’esposizione foca-lizzata sulle più recenti sperimentazionidella realtà virtuale. Merita menzione an-che il progetto “ArkeoMusica”, patroci-nato dall’Unione Europea, oltre che dallaRegione e dalla Provincia di Salerno, chenasce dall’esigenza di promuovere e va-lorizzare i siti archeologici e le meravigliearchitettoniche dell’area mediterraneaattraverso la musica. Da annotare ancheil Premio Paestum Archeologia, dedicatoa quanti contribuiscono con il loro impe-gno alla divulgazione scientifica archeo-logica, alla promozione del patrimonioculturale e alla cooperazione mediterra-nea attraverso il dialogo interculturale.

La presenza di 80 tour operator prove-nienti da Austria, Belgio, Canada, Fran-cia, Germania, Giappone, Gran Breta-gna, Norvegia, Olanda, Russia, Spa-gna, Stati Uniti, Svezia e Svizzera, ha in-centivato inoltre l’idea di trasformare laBorsa Mediterranea di Paestum in BorsaMondiale, capace di allargare ed ampli-ficare al meglio il dialogo culturale tra iPaesi. Dibattiti, incontri e progetti presen-tati alla Borsa hanno contribuito a perfe-zionare le strategie di crescita del turismoin Italia (il Paese che vanta più siti Unescoal mondo) e nell’intero bacino del Medi-terraneo che mira a innalzare il livelloqualitativo dell’accoglienza, così che, ol-tre alle antiche bellezze architettoniche ealle meraviglie naturali del territorio i turi-sti possano trovare sistemazione ade-guata e godere al meglio di tutto ciò che dibuono c’è in loco, come le prelibatezzeculinarie e l’artigianato tipico.SV

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OAnna Rita Cutolodi

Turismoarcheologico

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Con un MMS ilsatellitecontrolla l’acqua per l’irrigazione

Progetto Pilota a Salerno

Risparmio idrico e riduzione del-l’impatto ambientale, grazie ad unsatellite che controlla l’acqua de-

stinata all’irrigazione. La nuova tecno-logia è ormai una realtà per i sedici co-muni della provincia di Salerno chefanno parte del Consorzio di Bonifica inDestra del fiume Sele. Il Consorzio infatti può vantare un pri-mato davvero importante: è il primo inItalia a dotarsi di un sistema di telerile-vamento satellitare per la gestione dellerisorse idriche in agricoltura che per-mette un notevole risparmio di acqua,dosando le quantità necessarie ad ogniazienda agricola. In questo modo è sta-to possibile rilevare che nel comprenso-rio vengono risparmiati annualmenteoltre 50 milioni di metri cubi del prezio-so liquido. Infatti ora bastano 70 milionidi metri cubi di acqua, rispetto ai 120milioni di metri cubi necessari con i vec-chi sistemi di irrigazione. Il progetto, messo a punto dal diparti-mento di Ingegneria Agraria dell’Uni-versità Federico II di Napoli, si chiamaDEMETER (Demonstration of Earth Ob-servation Technologies in Routine Irri-gation Advisory Services) ed è dedicatoallo sviluppo delle tecniche per l’impie-go di informazioni ottenute dal telerile-vamento satellitare per la gestione dellerisorse idriche in agricoltura. L’obietti-vo è quello di fornire ai Consorzi ed alleaziende un servizio di assistenza all’ir-rigazione in tempo reale. Le tecnologie spaziali sono quindimesse al servizio dell’agricoltura perevitare sprechi di acqua, nell’ambitodell’oramai cronica emergenza idricadeterminata negli ultimi anni dallasempre maggiore siccità. Basta unmms agli agricoltori e il problema irri-gazione è risolto, a ridotto impatto am-bientale e a ridotto consumo di acqua. I primi in Italia ad avere sperimentato,dal 2004, e quindi ad aver adesso defi-nitivamente adottato questo sistemasono proprio gli agricoltori dei terreniricadenti nel comprensorio del Con-sorzio di Bonifica ed Irrigazione in De-stra del Fiume Sele. Assieme a loro lohanno fatto gli agricoltori di altre tre

aree del Mediterraneo: quelli dell’areairrigua di Barrax, in provincia di Alba-cete in Spagna e quelli del comprenso-rio irriguo Caia, nel Portogallo meridio-nale.In pratica, un complesso sistema infor-mativo geografico, in cui convergono leimmagini satellitari ad alta risoluzioneopportunamente interpretate e dati me-tereologici raccolti a terra, provvede acalcolare i fabbisogni irrigui settimana-li e a distribuire l’informazione diretta-mente agli agricoltori, sia in forma ta-bellare che grafica, attraverso proto-colli di telefonia mobile di ultima gene-razione.Così i dati, insieme alle immagini satel-litari, vengono resi disponibili sul webed inviati tramite un mms agli agricolto-ri, i quali, utilizzando una appositasmart card, provvederanno a prelevaredalla manichetta esattamente la quanti-tà d’acqua sufficiente per l’irrigazionedel terreno, senza sprecarne più nem-meno una goccia. Il conduttore dell’a-zienda agricola riceve così un “consi-glio irriguo” personalizzato in temporeale, sulla base dei dati che tengonoconto del tipo di coltura, della specifici-tà della vegetazione e del terreno oltreche dei dati metereologici. Il vantaggionon è solo ambientale, ma ovviamenteanche economico, visto che a fine annola bolletta per la fornitura del servizio

idrico risulterà molto meno gravosa.Inoltre, cosa certo da non sottovalutare,le nuove tecnologie mirano ad uno svi-luppo sostenibile. Questo significa ri-duzione notevole dell’impatto ambien-tale: l’agricoltore infatti può ridurre inmaniera significativa la quantità di fito-farmaci e di antiparassitari utilizzati.L’uso combinato delle tessere e dei baci-ni di raccolta, unitamente ad una nuovarete che ha eliminato le numerose perdi-te dalle condotte, ha permesso di supe-rare i problemi connessi alle riduzionidi portata, così si è stimato che nel com-prensorio vengono risparmiati ogni an-no oltre 50 milioni di metri cubi di ac-qua. Un dato particolarmente incorag-giante, che dal salernitano potrebbepresto estendersi a molti altri compren-sori con eguale successo. In Campaniaci sono 11 Consorzi di Bonifica che for-niscono irrigazione a circa 100 mila et-tari di terreni coltivati, per la cui irriga-zione servono circa 800 milioni di metricubi di acqua all’anno. L’estensione ge-neralizzata del sistema di telerileva-mento satellitare e delle tecnologie con-nesse potrebbe quindi consentire un ri-sparmio di acqua quantificabile in oltre200 milioni di metri cubi, per non parla-re, ovviamente, dell’enorme risparmioeconomico in bolletta che gli utenti po-tranno subito constatare.

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Nella seduta del 23 novembre 2007,la Giunta Regionale della Campa-nia ha approvato il Disegno di Leg-

ge avente per oggetto: “Disciplina della Ri-cerca ed Utilizzazione delle Acque Mine-rali e Termali, delle Risorse Geotermiche edelle Acque di Sorgente” unitamente aduna Relazione Generale e una RelazioneTecnica. Le motivazioni e le necessità di ta-le atto le ritroviamo nella relazione tecnicaallegata al D.D.L. che si cita:“La presente Legge si pone l’obiettivo di di-sciplinare, in modo organico e completo,la materia delle acque aventi particolaricaratteristiche come quelle minerali e ter-mali nonché le piccole utilizzazioni geo-termiche e le acque di sorgenti. La regola-mentazione del settore si rende indispen-sabile sia perché l’entità delle risorse re-gionali è notevole sia perché una normati-va organica serve a razionalizzare losfruttamento delle stesse ottimizzandoloed eliminando in radice eventuali fenome-ni abusivi che potrebbero avere gravi ri-percussioni sull’intero sistema...”Parliamo delle Acque Minerali e di Sor-gente. Un primo approfondimento riguar-da le subconcessioni e il ripristino ambien-tale delle aree alla cessazione dello sfrutta-mento.Si cita sempre la relazione:“...il capo II disciplina anche l’aspetto del-la sub concessione nonché le ipotesi dellafine dell’attività con le relative previsioni

avendo cura che la subconcessione non di-venti uno strumento per introdurre nel set-tore soggetti che non avrebbero mai potu-to ottenere la concessione mancando di re-quisiti essenziali.Naturalmente, allo sfruttamento delle ri-sorse non poteva non conseguire la normache prevede il ripristino ambientale allacessazione dello sfruttamento...”Nel D.D.L. finalmente si fissano dei palettiper evitare che una sorta di prestanome,con i regolari requisiti, ottenga la conces-sione mentre il subconcessionario è il realefruitore dei benefici che sono economici, dipotere, di controllo e gestione del territo-rio. Si riducono, quindi, infiltrazioni crimi-nali, perché dove ci sono tanti soldi c'èquasi sempre la delinquenza… e nelle ac-que i soldi ci sono eccome: circa 3 miliardidi euro di fatturato solo per le cosiddette“acque in bottiglia”. Un'altra iniziativa lodevole è l'obbligo delripristino ambientale da parte del titolareanche se non è stato ancora redatta la rela-tiva regolamentazione. La domanda,quindi, sorge spontanea: come si procedeal ripristino ambientale se, all'atto del rila-scio della concessione, non si produce undettagliato stato dei luoghi anche in termi-ni di indicazione delle essenze arboree .Veniamo alla nota dolente: quanto si pagaattualmente per le concessioni e quanto sipagherà .Si cita una puntata del 2001 di “Report” ,trasmissione di Rai Tre condotto da MilenaGabanelli, che s'intitolava “L'acqua mine-rale in Italia” servizio di Stefania Rimini:

“La Ferrarelle in Campania continua a pa-gare 981 mila lire all'anno, la San Bene-detto in Abruzzo paga 1 milione e 75milalire, l'acqua Lete a Caserta sborsa annual-mente 111 mila lire...”Siccome il D.D.L. non è entrato in vigore,immaginiamo che le note case di acque inbottiglia continuino a pagare, ancora og-gi, le succitate cifre che si ritengono assolu-tamente insufficienti. Quanto si pagherà con l'entrata in vigoredel D.D.L.Si cita prima la relazione:“...il capo VI disciplina il sistema contribu-tivo del concessionario istituendo dirittiproporzionali e contributi a suo carico checompensano ampiamente l’abolizionedelle tasse sulle concessioni regionali inmateria. Con questo disegno di legge si èritenuto di dover, prioritariamente, intro-durre forme autonome di tassazione a ca-rico dei concessionari, in ragione dell’ef-fettivo prelievo e sfruttamento delle acqueminerali, termali, di sorgente e di risorsegeotermiche...”Determiniamo, prima di tutto, le quantità.Dal sito internet ufficiale di una delle più“famose acque in bottiglia” si evince che la“produzione” dell'anno scorso è stata dicirca 840 milioni di litri (che a circa euro0,30 al litro portano ad un fatturato pre-sunto di circa 250 milioni di euro all'an-no...). Data la notevole produzione ipotiz-ziamo che la “nota casa” opzioni il massi-mo della superficie disponibile per la ricer-ca e un terzo della stessa per la concessio-ne. In sintesi, i dati ipotetici alla base del

Angelo Morlandodi

Acque mineraliCome vengono gestite e quanto costano le concessioni

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calcolo sarebbero i seguenti:• aree oggetto di permesso di ricerca: 300ha;• aree oggetto di concessione: 100 ha;• produzione annua: 840.000 mc/anno.Calcoliamo gli oneri ipotetici a carico della“nota casa” con il nuovo D.D.L.:• permesso di ricerca: 300 ha x euro/ha4,00 = euro/anno 1.200,00 ;• aree oggetto di concessione: 100 ha xeuro /ha 34.10 = ?/anno 3.410,00 ;• produzione annua: 840.000 mc/annox euro/mc 0,30 = euro/anno252.000,00.Ad una semplice valutazione, per quantoipotetica, si ritiene che gli oneri per il per-messo di ricerca e quello di concessionesiano ASSOLUTAMENTE INSUFFICIENTI,in quanto non coprono neanche le spesedella Regione Campania per attivare eportare a termine l’iter amministrativo.Come diremo anche in seguito, ci sembratroppo basso anche il costo a metro cubo diacqua prelevata dal sottosuolo (pagando30 centesimi al metro cubo le società “re-cuperano” alla vendita circa 300 euro ametro cubo, cioè MILLE VOLTE TANTO…).Un discorso più realistico da proporre po-trebbe essere il seguente: la politica e l’e-conomia hanno deciso che l’acqua è unbene da commercializzare. Si deve peròconsiderare che l’acqua è un bene prezio-so, unico e sempre più raro e inquinato.Quanto vale allora l’attuale “giacimento” .Una condizione fondamentale dovrebbeessere che le società che sfruttano i “giaci-menti” dovrebbero dare delle garanzie al-meno pari al valore del “giacimento” in ca-

si di danni provocati.Di seguito altre proposte che “giriamo” al-le istituzioni regionali. 1) Imporre che la disciplina di qualità delleacque minerali e di sorgente (attualmenteè il D.M. N °542 /1992 e s.m. e i.) sia equi-parata a quella delle acque potabili (at-tualmente è il D.Lgs. 31/2001 e s.m. e i.).La cosa assurda è che oggi, in Italia, la co-siddetta acqua del rubinetto è soggetta acontrolli più numerosi e rigidi rispetto alleacque in bottiglia. Per le acque di rubinettoci sono molti più parametri da controllare ein alcuni casi i limiti sono più rigorosi. Ciònon è più accettabile perché le acque di fal-da e di sorgente non sono più incontami-nate come si riteneva in passato.2)Nell'art. 2 del D.D.L. si fissa l'estensionemassima della superficie per la ricerca in300 ha = 3.000.000 metri quadrati che siritiene troppo eccessiva. Se ne proponeuna riduzione sostanziale.3) Nell'art. 4 si fissa l'estensione massimadella superficie per la concessione in 300ha = 3.000.000 metri quadrati che si ritie-ne troppo eccessiva. Se ne propone una ri-duzione sostanziale. Si ritiene eccessivoun periodo di concessione fino ai 20 annisenza fornire garanzie economiche ade-guate, come già detto in precedenza.4) Nell'art. 17, comma 1, si ritiene troppogenerica la “revoca della concessione persopravvenuti gravi motivi di pubblico inte-resse e fatti straordinari e imprevedibili,che non consentono la prosecuzione del-l’attività di coltivazione.” Si propone dispecificare meglio le modalità della revo-ca che deve essere immediata e incondi-

zionata qualora insorgono gravi crisi idri-che, sia regionali, sia locali.5) L'ipotesi dell'art. 19 è assolutamenteinammissibile in quanto si parla di ipotesidi esaurimento del giacimento . Ma stiamoparlando di petrolio o di acqua . La falda ola sorgente non deve MAI esaurirsi a causadi un prelievo per usi commerciali.6) Si propone la cancellazione del comma10 dell’art. 33 rendendo obbligatoriasempre la Valutazione di Incidenza o laValutazione di Impatto Ambientale, per-ché è l'unico modo per verificare e control-lare lo stato idrogeologico del territorio.Nel caso delle grandi concessioni si trattadi milioni di litri di acqua prelevati in un an-no dal sottosuolo che hanno sicuramenteun impatto sul bilancio idrologico e sull'e-voluzione idrogeologica. Senza monito-raggio, infine, come è possibile sapere sela falda si sta ricaricando .7) Nell'art. 36, come detto in precedenza,si fanno pagare diritti di ricerca e di con-cessioni assolutamente insufficienti. Sipropone di aumentare i diritti almeno di50 volte, quindi: • diritti di ricerca: euro 200,00 per ogni et-taro;• diritti di concessione: euro 1.700,00 perogni ettaro.8) Nell'art. 36 si fa pagare l'acqua al con-cessionario circa 0,30 ? ogni metro cubo.Perché il costo dell'acqua alla fonte nondeve essere uguale a quello dell'acqua delrubinetto, pari a circa 1 euro ogni metrocubo. Se si tiene conto che un litro di acquain bottiglia ci costa circa 0,30 euro, cioècirca euro 300,00 ogni metro cubo sem-bra eccessivo l'utile del concessionario an-che tenendo conto del costo dell'imbotti-gliamento e dei trasporti.9)Nell'art. 36 si prevede una riduzione del50% del contributo annuo di concessionein due casi: a1) commercializzazione suterritorio extranazionale; a2) utilizzo delvetro per imbottigliamento. Il caso a1) è as-solutamente incomprensibile se non perfavorire le multinazionali e le lobby delleacque in bottiglia che stanno eseguendo lavera privatizzazione delle acque. Il casoa2) non solo non dovrebbe essere incenti-vato, ma si propone di obbligare i produt-tori a utilizzare sempre il vetro in bottiglia.Gli oneri delle concessione non sono asso-lutamente sufficienti a coprire i costi per losmaltimento delle milioni di bottiglie di pla-stica prodotte e che ricadono sui cittadini. Ilvetro è infinitamente riciclabile. La quotadi riduzione proposta a favore dei conces-sionari dovrebbe invece essere utilizzataper incentivare il riciclo del vetro.10) Contro quanto previsto nell'art. 46 sipropone che gli Enti Locali debbano avereun numero di rappresentanti superiori aquelli delle Associazioni di Categoria,perché gli interessi della collettività devo-no prevalere su quelli del privato nel casodella gestione di un bene indispensabilecome quello dell'acqua. A

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Sorge nel cuore della città greco romana tra il“decumano superiore” (Via Anticaglie) equello “maggiore” (Via Tribunali).

Fu Carlo I d'Angiò a volere la costruzione dellaCattedrale.Questa proseguì durante il regno di Carlo II e ven-ne ultimata nel primo ventennio del Trecento da Ro-

berto d'Angiò.La costruzione, incorporò le due antiche chiese diSanta Restituta e di Santa Stefania; due testimo-nianze paleocristiane poiché Santa Restituta, furealizzata nel VIII secolo sulla precedente chiesa di

San Salvatore, opera del IV secolo, mentre la chie-sa di Santa Stefania risaliva al V secolo. Della chie-sa di Santa Stefania non esiste più niente, mentre diquella di Santa Restituta troveremo un’omonimaCappella all'interno del Duomo. Inoltre, ospita il Battistero di San Giovanni in Fon-te,il più antico d'occidente.L'attuale facciata fu rifatta alla fine dell’800 da En-rico Alvino ma conserva il portale Quattrocentescodel Baboccio, e alcune sculture di Tino da Camai-no, grande scultore medioevale.Accanto al Duomo, il Palazzo Arcivescovile sededell'Arcidiocesi di Napoli, attualmente guidatadal cardinale Crescenzio Sepe.La struttura presenta diverse sovrapposizioni di sti-li: in particolare, nel Seicento, a quelle gotiche ori-ginarie vennero aggiunte forme barocche.La Cattedrale fu rifatta nel 1680 e rimaneggiata inseguito negli anni successivi. La facciata, ricostrui-ta nel 1407 per riparare i danni del terremoto del1349, risulta alterata da forme pseudogotiche perlavori eseguiti tra il 1877 e il 1905. L'interno, a cro-ce latina coperto da un soffitto in legno intagliato edorato del 1621, è a tre navate divise da pilastriche inglobano 110 antiche colonne di granito.Nella navata di destra c'è la cappella di San Gen-naro, realizzata nei primi del seicento come ex vo-to dopo una pestilenza, con pianta a croce greca. La cupola fu affrescata da Giovanni Lanfranco nel1643 e le pareti, con marmi intorno ai sette altari,furono affrescati dal Domenichino tra il 1631 e il1641. All'interno è custodito il cosiddetto "imbu-sto", busto reliquiario, capolavoro di scultura goti-ca, con il cranio e la teca contenenti il sangue di SanGennaro, che miracolosamente si scioglie ogni an-no a maggio e a settembre. Tra le principali opere d'arte della splendida RealeCappella del Tesoro di San Gennaro dipinti diMassimo Stanzione, Jusepe de Ribera (detto LoSpagnoletto), il ricchissimo altar maggiore diFrancesco Solimena, la cancellata bronzea di Co-simo Fanzago e una profusione di statue, candela-bri, reliquiari (tra cui quello di San Gennaro, diorafi francesi del XIV secolo).Nel transetto ci sono le cappelle Minutolo (di anticaarchitettura Gotica) e Tocco (con un pavimentorealizzato nel Duecento), tele di Francesco Solime-na, Luca Giordano e un dipinto dell'Assunta, ope-ra del Perugino e di allievi della sua bottega. Sotto ilpresbiterio si trova la cappella Carafa, eleganteesempio di architettura napoletana del Rinasci-mento.

Salvatore Lanzadi

La Cattedrale di Napoli:quindici secoli di splendore architettonico Il Duomo, struttura gotica tra le più importanti del mondo

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Nata alla fine del XIX secolo comeun ramo delle scienze naturali,l’antropologia, che letteralmen-

te significa “discorso sull’uomo”, si oc-cupa dell’essere umano dal punto di vi-sta comportamentale, culturale ed evo-lutivo, considerandolo anche nel rap-porto con l’ambiente naturale.Fino a poco più di un secolo fa nessunopensava che l’uomo potesse avere avu-to una lenta e graduale evoluzione edinvece in seguito ad innumerevoli sco-perte di fossili umani è emerso proprioquesto.La culla dell’umanità è l’Africa, in parti-colare la parte orientale e meridionale,ed è proprio lì che circa 6-7 milioni dianni fa sono comparsi i primi ominidiappartenenti al genere Australopithe-cus.La comparsa del genere Homo invece,che comprende l’uomo moderno, è sti-mata intorno ai 2,5 milioni di anni fa. Lespecie classificate sono oltre una deci-na, tutte estinte ad eccezione dell’uomomoderno. Il patrimonio del Museo di Antropologiadella Federico II consente una buona il-lustrazione dell’evoluzione e della va-riabilità umana e comprende importan-ti collezioni archeologiche preistorichedell’Italia meridionale, dell’Europa,delle Americhe e dell’Africa occidenta-le e settentrionale.Un reperto di notevole importanza è ilcranio di un uomo adulto ritrovato aGrotta Romanelli (Le) databile 12.000anni fa. Fa parte di un gruppo cospicuo

di materiali (collezione Stasi) presentipresso il museo di Antropologia com-prendente altre ossa umane, fra le qualidue scheletri infantili, manufatti litici ereperti faunistici.Di particolare originalità è invece unamummia sudamericana provvisoria-mente attribuita al 700 d.C. circa, e chesi ritiene provenire dall’area di Tiwana-ku, famoso centro cerimoniale delle An-de boliviane. Si tratta in realtà di un corpo spontanea-mente seccato, inguainato in un involu-cro di fibre vegetali intrecciate. La mum-mia esposta fa parte di un piccolo grup-po appartenente al Museo dalla finedell’800, come risulta da alcune notizie

indirette.Cinque vetrine a muro invece custodi-scono un’importante collezione checonsta di centoventi calchi in gesso di-pinto raffiguranti novanta uomini etrenta donne appartenenti a diverse po-polazioni africane, fra cui Ai-hum, Ban-tu, nonché “pigmei” dell’Ituri, gruppisomali e dello Yemen.Questi calchi furono tratti dal volto di in-dividui adulti allo scopo di documenta-re i “tipi razziali” dell’Africa e dello Ye-men. La serie fu realizzata da L. Cipria-ni, durante i suoi viaggi compiuti tra il1927 e il 1930. L’accurata coloritura di queste “ma-schere modellate sul vivente” riproducel’esatta tonalità della pelle ed è moltosuggestivo osservarle perché è possibi-le cogliere delle espressioni particolarinei volti e credo non sia raro, a me è ac-caduto, scoprirsi interessati a conosce-re qualcosa in più di queste persone sco-nosciute così lontane dalle nostre vite edalle nostre abitudini…Vale la pena soffermarsi poi, sullasplendida collezione di manufatti troia-ni provenienti da “Troia II”. “Troia II”corrisponde ad una delle nove città so-vrapposte della collina di Hissarlik, cit-tadina anatolico-egea.Hissarlik è situata nell’angolo nord-oc-cidentale dell’Anatolia, all’ingressodello stretto dei Dardanelli, dove dasempre la tradizione classica ha situatol’antica città di Troia.Gli scienziati distinsero nella stratifica-zione di Hissarlik ben nove “città” so-vrapposte, tra cui la Troia di cui parlaOmero potrebbe essere Troia “settima”,caratterizzata da importazioni mice-nee e databile al 1200 a. C. circa; anco-ra oggi, però, la questione rimane aper-ta.Troia-II, la città a cui appartengono glioggetti presenti in questo museo, era unvillaggio fortificato, molto ricco e fio-rente, sviluppatosi all’inizio del III mil-lennio. Abbondanti furono i ritrova-menti di oggetti preziosi in argento,avorio e ambra, tanto che molti pensa-rono di trovarsi di fronte al leggendario“tesoro di Priamo” narrato nell’Iliade.La fine di Troia II sembra datarsi verso il2200 a. C. a causa di un grande incen-dio, così violento da vetrificare i mattonidi fango crudo delle mura.Le collezioni esposte in questo museo of-frono un’esauriente panoramica sullasituazione delle popolazioni vissute inepoca preistorica, testimoniando il loroprocesso evolutivo e la loro diversifica-zione. Assieme ai reperti antropologici,il museo presenta elementi che aiutanoad inquadrare la realtà paleobiologicain cui l’uomo preistorico era inseritoconsentendo al visitatore di avere unavisuale abbastanza chiara del percorsoevoluzionistico dell’uomo.

Ilaria Buonfantidi

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Viaggio nei poliscientifici NapoletaniNelle sale del Museo di Antropologia rivive il lungo e complesso cammino dell’uomo

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Rischio EnergiaLa crisi è un rischio reale, dalle indicazioni del WECdi Roma la necessità di ripensare lo sfruttamento energetico, anche per le “alternative”.

Scenari preoccupanti per il fabbi-sogno energetico globale sonostati elaborati da esponenti e stu-

diosi e comunicati, poi, durante i lavoridel World Energy Council tenutosi aRoma tra l’11 e il 15 novembre scorsi.Si prospetta una vera e propria crisi delsettore energetico con una domandamondiale che potrebbe raggiungere,in termini di valore medio dei consumi, i35 Tw (terawatt – miliardi di watt) per laprossima metà del secolo, a fronte dei14 attuali.Un fatto che pone l’accento sulla neces-sità di ripensare le odierne politicheenergetiche, anche in merito alle fontialternative, troppo spesso vincolate apesanti e macchinose evoluzioni am-ministrative o emarginate al ruolo disemplici iniziative di ricerca.Quali tecnologie le possono promuo-vere definitivamente, recuperandopraticità ed efficienza e rendendonel’utilizzo economicamente competiti-

vo?Cerchiamo di capire analizzando l’e-voluzione delle fonti energetiche alter-native più facilmente adattabili alla no-stra realtà nazionale.

SOLAREIn principio fu il sole, o meglio, il solare:precursore del cammino verso l’ener-gia “pulita”. Diverse le tecnologie che sisono evolute e succedute nel tempo, mi-gliorandone l’efficienza…ma siamoancora lontani: per le centrali a carbo-ne o a gas si calcola un costo medio diproduzione per chilowattora di 5-7?cent; di contro per le centrali solari ci siattesta sui 15-20 ?cent, a cui bisognaperò aggiungere i costi di realizzazio-ne dell’impianto.Già, l’impianto: come funziona?In realtà ne esistono diverse tipologie,con rendimenti piuttosto differenti enuove ricerche sono allo studio per mi-gliorarne le prestazioni.GEOTERMICOIn Italia esistono quattro grandi aree dicalore sotterraneo: i campi geotermici

di Lardello (Toscana), i Campi Flegrei(Campania), il Tirreno meridionale(tutto l’arco delle Eolie) e il canale di Si-cilia e di Lampedusa. Insieme potreb-bero fornire migliaia di giga watt ter-mici.Il problema risiede nello sviluppo inuna tecnologia affidabile ed efficientecapace di sfruttare a pieno questa ri-sorsa potenziale: dati alla mano, l’Ita-lia ha tutte le carte in regola per lanciar-si in questa scommessa tecnologica.Quale potrebbe essere la risposta?Una geotermia nuova, definita di terzagenerazione dagli esperti date le falli-mentari esperienze delle prime due chehanno impegnato la ricerca da oltre unsecolo, esclusivamente finalizzata al-l’estrazione del calore profondo trami-te grandi scambiatori di calore. Pozziramificati, simili a quelli usati dall’in-dustria estrattiva, contenenti circuitichiusi coassiali in grado di assorbire ilcalore e portarlo in superficie fino alleturbine. Un ambizioso progetto ma,date le prospettive, non vale forse la pe-na di investire?

M.T. Afeltra - A. Cuomodi

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IDROGENOÈ sicuramente il settore dove si sta in-vestendo di più, soprattutto nel campodei trasporti, e i suoi vantaggi sonoormai noti principalmente in riferi-mento all’abbattimento delle emissio-ni gassose: il risultato della combu-stione è semplice vapore acqueo. Tut-tavia anche gli svantaggi sono sottogli occhi di tutti, primo il problemadell’approvvigionamento del gas.I processi di produzione, infatti, ri-chiedono tecnologie che finirebberocomunque per produrre CO2 (il ser-pente si morde la coda) o sono troppodispendiosi in termini energetici (ilserpente si morde la coda – II atto).Nell’Università della Pennsylvania al-cuni studiosi hanno modificato unacella a combustibile a batteri. Queste“biopile” sfruttano l’azione di mi-croorganismi che digeriscono gli zuc-cheri della cellulosa per produrre eta-nolo.Quando una piccola corrente elettri-ca attraversa la pila, però, essa pro-duce idrogeno. Il processo che ne ri-sulta, però, attraverso un semplice bi-lancio energetico si mostra ancorasfavorevole: la novità sta nell’inseri-mento della cella di piccole quantitàdi acido acetico. I batteri, assorbendol’acido acetico producono elettroni eprotoni, creando così una flebile dif-ferenza di potenziale (circa 0,3 volt)che sommata ad una fornita dall’e-sterno (0,2 volt) porta alla produzio-ne superficiale di bolle di idrogeno.Il risultato è importante perché il pro-cesso produce il 288% di energia inidrogeno in più rispetto a quella elet-trica utilizzata per il suo funziona-mento. In sostanza, l’energia elettricache può essere ricavata utilizzandol’idrogeno prodotto è quasi tre voltequella usata per far funzionare la rea-zione.La sostanza di partenza della reazio-ne può essere cellulosa, ma anchequalsiasi altra sostanza organica bio-degradabile; il gas prodotto, inoltre,è idrogeno puro al 99,5%.

EOLICOÈ una delle prime fonti “alternative”utilizzate dall’uomo, che la sfruttavaper azionare dispositivi meccanici.Attualmente per la produzione dienergia elettrica, si possono costruireimpianti centralizzati (in zone alte eventilate con continuità) ma anchepiccoli impianti per la produzione inloco per le comunità: tra i suoi vantag-gi, quindi, la versatilità. L'efficienza massima di un impiantoeolico può raggiungere valori com-presi tra il 40 ed il 50% in termini direndimento energetico, valori di tuttorispetto.

Gli impianti eolici consentono grosseeconomie di scala, che abbattono ilcosto del chilowattora elettrico conl'utilizzo di pale lunghe ed efficientidalla produzione di diversi megawattciascuna.Tali impianti hanno però un rilevanteimpatto ambientale, per quanto ri-guarda il paesaggio. Una maggiorepotenza elettrica in termini di mega-watt significa grossi risparmi sui costidi produzione, ma anche pale più lun-ghe e visibili da grandi distanze. Perquesto motivo, nonostante la maggio-re economicità ed efficienza degli im-pianti di grossa scala, per lo più si de-cide per una soluzione di compromes-so tra il ritorno economico, che spingeverso impianti più grandi, e l’impattopaesaggistico.

BIOMASSELe fonti di energia da biomassa sonocostituite dalle sostanze di origineanimale e vegetale, non fossili, chepossono essere usate come combusti-bili per la produzione di energia.Le categorie più diffuse sono:Biocarburanti: si ottengono dalla fer-mentazione di vegetali ricchi di zuc-chero dai quali si può ricavare etano-lo o alcool etilico, utilizzabile comecarburante alternativo per i motori a

scoppio. Dalle masse oleaginose, in-vece, si può ricavare il cosiddetto“biodiesel”.Biocombustibili per la produzione dienergia elettrica: si ottengono da col-tivazioni di vegetali a crescita veloce evengono destinati all’alimentazionedi piccole centrali elettriche. La speri-mentazione più diffusa è quella che ri-guarda il Miscanto (In Italia ad operadell’ENEA in Sicilia), un’erba grami-nacea di notevole redditività poten-ziale: se fosse piantata sul 10% dell’a-rea coltivabile europea, potrebbe dasola garantire il 9% del fabbisognoenergetico continentale. Biogas: i ri-fiuti vegetali e liquami di origine ani-male possono essere sottoposti a di-gestione o fermentazione anaerobica(cioè in assenza di ossigeno). La bio-massa viene chiusa in un digestore nelquale si sviluppano microorganismiche con la fermentazione dei rifiutiformano il cosiddetto biogas. Questopuò essere usato come carburante,combustibile per il riscaldamento eper la produzione di energia elettrica.Biomassa secca e legna ecologica: ot-tenuta dallo sfruttamento razionaledelle foreste (abbattimento di piantemorte, foglie, rametti); i suoi vantaggisono la lavorazione ecologica e lapossibilità di una produzione locale.

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La seconda edizione del dossier del-l’Associazione Ambientalista Le-gambiente “Comuni Rinnovabili

2007” premia Varese Ligure (Sp), Selvadi Val Gardena (Bz), Maratea (Pz), Ciri-gliano (Mt), Lecce, Napoli, Lagundo(Bz) come i comuni che si sono distinti,sui 1.262 comuni italiani che hanno in-vestito nelle fonti rinnovabili, per l’ado-zione di buone pratiche verso una pro-gressiva autonomia energetica. L’analisi svolta da Legambiente è stataattuata inviando un questionario agli ol-tre 8.000 comuni italiani con i dati delGSE, di indagini e di studi inerenti ap-punto all’uso, al tipo e alla distribuzionedelle nuove fonti rinnovabili sul proprioterritorio. L’obiettivo del dossier è quellodi comprendere e informare del proces-so di diffusione che stanno avendo sulterritorio nazionale le “nuove rinnova-bili”: il solare fotovoltaico e termico,l’eolico, i piccoli impianti idroelettrici,la geotermia e le biomasse. Sono nel no-stro Paese tante, infatti, le potenzialità ele opportunità per far crescere dall’at-tuale 16% al 25% il 2011 la produzionedi energia elettrica da queste fonti comeprevisto dalla Direttiva Europea e dallostesso programma di Governo.

Il territorio ha oggi una leva fondamen-tale per promuovere e realizzare politi-che energetiche sostenibili, che pro-gressivamente portino a liberare città eregioni dalla dipendenza delle fonti fos-sili. In Italia i protagonisti con i risultatimigliori e le esperienze più innovativeriguardanti le “fonti rinnovabili” sonoda sempre i “piccoli comuni”, quelli conmeno di 5.000 abitanti, che controllanoe promuovono l’evoluzione di interventie di investimenti in questa direzione eche hanno ben compreso l’importanzadi queste scelte “alternative” sia dalpunto di vista energetico e ambientale,sia a livello economico e occupazionaleper il proprio territorio. Legambiente hagià avviato per il terzo anno consecutivola raccolta dati per il rapporto “Comunirinnovabili 2008”. L'indagine mira atracciare un quadro dello sviluppo, del-la diffusione e degli incentivi per le fontirinnovabili nei centri urbani attraversoun esame di parametri e politiche appli-cate dalle amministrazioni. I risultativerranno presentati in un convegno chesi terrà a Roma a Febbraio 2008 in oc-casione dell'anniversario dell'entrata invigore del Protocollo di Kyoto.

F. L.

Roma 20° Congresso

World EnergyCouncil

Lo scenario energetico futuro sarà: “leo-ne”, “elefante”, “giraffa” o “leopar-do”? Così, a dimostrazione dell’intercon-

nessione tra alcune scienze, sono state mu-tuate dall’ etologia queste metafore utilizza-te nel Rapporto del WEC (Associazione Inter-nazionale degli operatori energetici fondataa Londra ottantatrè anni fa e di cui fanno par-te 94 Paesi) sugli scenari energetici del 2050,presentato a Roma nel corso del XX Congressodel World Energy Council,. Dallo studio èemerso che il mondo sta andando verso unraddoppio del suo fabbisogno energetico e,se attualmente l’umanità consuma in media14 terawatt al secondo, nel 2050 avrà biso-gno di almeno 28 terawatt–secondo. Dovetrovare tutta questa energia? E soprattutto:come evitare l’uso spropositato di combusti-bili fossili per poter ridurre le emissioni diCO2? Lo studio del WEC ruota attorno al pro-blema della governance internazionale, fon-damentale in una prospettiva che potrebberasentare l’emergenza e delinea quattro sce-nari denominati secondo le caratteristiche dialcuni grandi animali della savana tenendoconto di tre concetti base nella somministra-zione energetica: accessibilità, disponibilitàe accettabilità. Così, i Governi potranno sce-gliere di comportarsi come un leone (capacedi attente programmazioni e abile nel giocodi squadra) favorendo gli accordi interni maanche la cooperazione internazionale, comeuna giraffa (indipendente e che sa guardarelontano) favorendo gli impegni esterni ri-spetto a quelli interni, come un elefante (so-cievole ma attento solo alla propria famiglia)attraverso grandi sforzi di razionalizzazioneinterna ma scarsa adattabilità e cooperazio-ne internazionale, o, infine, come un leopar-do (silenzioso e solitario) attraverso ridottiimpegni governativi e bassa cooperazione edintegrazione. In conclusione, per colmare ildeficit di energia previsto per metà secolo,anche in Italia si è tornati a parlare di nuclea-re!

G . M .

Fonti rinnovabiliI piccoli comuni protagonisti

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Due dicembre 1942: Enrico Fermi innesca la prima reazione nu-cleare a catena controllata della storia, utilizzando uranio na-turale all’interno di un blocco di grafite pura. Nasce così la pila

atomica, contenente già tutte le indicazioni sia per la produzione del-l’energia nucleare che per l’esplosione nucleare, basate entrambe sulprocesso di fissione.Per tenere sotto controllo tale reazione, facendo in modo che non ri-sultasse esplosiva, venivano utilizzate barre di cadmio, grafite o ac-ciaio al boro capaci di catturare i neutroni liberati, impedendo che lareazione stessa si e autosostenesse diventando, appunto, incontrol-labile.In Italia si dedicarono a studi per lo sfruttamento dell’energia nuclea-re enti come il CISE ed il CNRN (poi CNEN dal 1960), denotando ca-pacità e passione difficilmente eguagliabili in altri Paesi. Nel 1959 fucostruito il primo reattore di ricerca ad Ispra (Varese). Gli investimen-ti ed il favore dell'opinione pubblica nei confronti dell’iniziativa furo-no notevoli tanto che nel 1966 si raggiunse una produzione di 3,9 mi-liardi di kWh: l' Italia era il terzo produttore al mondo di energia elet-trica di origine nucleare.La prima “macchia”, se così si può definirla, sul nucleare in Italia ri-guarda il “caso Ippolito”, che divise l'opinione pubblica (e politica)italiana negli anni Sessanta. L’ingegnere Felice Ippolito fu tra i primi aintraprendere le ricerche di uranio in Italia sul finire degli anni ‘40.Egli fu poi segretario del primo Comitato nazionale ricerche nucleari(CNRN), creato nel 1952, e segretario generale quando il Comitatofu trasformato in Comitato nazionale energia nucleare (CNEN) nel1960. Il Comitato fu l’ente governativo italiano incaricato di promuo-vere un programma di ricerca e sviluppo in campo nucleare inteso co-me progetto di diversificazione energetica e di politica industriale.Nel 1963 Ippolito fu processato e condannato per illeciti penali con-cernenti lo svolgimento delle sue funzioni di responsabile di un entepubblico.Si trattò di un processo che suscitò grande scalpore – e che a tratti, damolti, fu definito come un vero e proprio complotto organizzato dallelobby petrolifere, sempre più minacciate dalle politiche di diversifica-zione energetica – che modificò l’evoluzione della ricerca scientificasul nucleare. In seguito al “caso Ippolito”, infatti, si verificò un bruscorallentamento dei grandi programmi di ricerca nucleare. L' incidente nella centrale nucleare di Three Miles Island (Pennsylva-

nia - Stati Uniti) nel 1979 diede inizio a una crescente sfiducia neiconfronti dell’utilizzo di questa fonte energetica in ambito civile. Mafu nel 1986 con l' esplosione di un reattore della centrale nucleare diChernobyl (attuale Bielorussia - allora Unione Sovietica), che nacqueun vero e proprio atteggiamento critico nei confronti dell’energia nu-cleare e sui rischi che possono essere determinati da un errore umanoo da una violazione delle misure di sicurezza.In Italia, il disastro di Chernobyl bloccò l’attuazione di una parte delPiano Energetico Nazionale che prevedeva l’apertura di cantieri pernuove centrali nucleari. Il Parlamento discusse della politica energeti-ca e con due risoluzioni impegnò il Governo a convocare una Confe-renza Nazionale sull'Energia, con il compito di fornire contributi in-formativi e di approfondimento per una verifica delle scelte di politicaenergetica, con particolare riguardo allo sviluppo della componentenucleare.L’8 novembre 1987 si svolsero tre referendum sul nucleare: la mag-gioranza degli italiani che andò alle urne votò per il “SI”, abrogandouna serie di norme e orientando le successive scelte dell' Italia in am-bito energetico verso una direzione di sfavore nei confronti del nu-cleare.Fu “di fatto” sancito l'abbandono da parte dell' Italia del ricorso al nu-cleare come forma di approvvigionamento energetico ed infatti di lì apoco le quattro centrali nucleari in Italia furono chiuse. Tuttavia, nonostante siano ormai passati venti anni, i rifiuti radioattiviancora oggi sono custoditi non in condizione di massima sicurezza inpiù località (generalmente nei pressi delle vecchie centrali nucleari),ragion per cui il rischio nucleare in Italia è ancora molto attuale. Inoltre resta ancora da effettuare il totale smantellamento, la rimozio-ne e la decontaminazione di strutture e componenti degli impianti nu-cleari in Italia.Sia delle centrali nucleari ex-Enel: Trino Vercellese (Vercelli), Caorso(Piacenza), Latina, Garigliano (Caserta) che degli impianti del ciclodel combustibile ex-Enea: EUREX di Saluggia (Vercelli), FN-Fabbri-cazioni Nucleari di Bosco Marengo (Alessandria), OPEC in Casac-cia (Roma), Plutonio in Casaccia (Roma), ITREC in Trisaia - Rotondella(Matera).Alla luce delle recente crisi energetica che sta investendo diversi Pae-si, resta da considerare il fatto che l’Italia, per le ragioni qui riportate eper il funzionamento di impianti nucleari nei paesi vicini (uno per tuttila Francia), resta comunque esposta ai rischi derivanti dalla produ-zione di energia dal nucleare pur non traendone benefici: sarebbeopportuno, quindi, rivedere le politiche in materia?

Paolo D’Auriadi

Riscoprire il nucleareLa nascita, le problematiche, le ragioni dell’abbandono e quelle della sua riscoperta

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Intervista all’ingegnere Pasquale Esposi-to, Responsabile Enel GenerazioneCampania.

Enel da sempre è impegnata nella ricerca esviluppo per l’energia rinnovabile.

Quali sono i progetti per applicare e/osperimentare queste nuove tecnolo-gie?

“L’Enel ha sempre privilegiato lo sviluppodelle energie rinnovabili rivolgendosi, conparticolare attenzione, al fotovoltaico edall’eolico.Dopo aver inaugurato nel 1984 il primocampo eolico italiano - Alta Nurra in pro-vincia di Sassari - nel 2005 la potenzacomplessiva installata era di circa 300MW e la produzione è stata di quasi 400milioni di kWh. Solo un punto di partenzada cui l’Enel intende perseguire continuan-do a garantire sempre più attenzione aduno sviluppo sostenibile! L’impegno dell’a-zienda punta all’innovazione ed, in parti-colare, guarda alle nuove frontiere dell’eo-lico:nei programmi di sviluppo figura infat-ti la realizzazione, dal 2011, della primacentrale eolica off-shore d’Italia con unapotenza tra i 50 e 100 MW.Per il fotovoltaico, Enel è presente da tempoin questo settore: ha realizzato nel 1994 aSerre Persano – Salerno- uno dei più gran-di impianti fotovoltaici al mondo, ne ha inprogramma un altro di potenza doppia nelLazio (Montalto di Castro) ma intende do-tare di impianti fotovoltaici da 20 kW an-che le cabine primarie della propria rete didistribuzione, per l’alimentazione dei ser-vizi ausiliari”.

Come si può quindi produrre energia acosti contenuti, nel rispetto dell’am-biente e contribuire a ridurre i rischi delmantenimento climatico?

“Risolvere il problema del fabbisognoenergetico in una società sviluppata signi-fica intendere le fonti rinnovabili comeenergie complementari, certamente da svi-luppare ed incrementare, ma che comun-que non potranno mai sostituire le fonti dienergia primarie quali fonti fossili, carbo-ne, olio (anche se in esaurimento ) ed il nu-cleare che abbiamo un poco abbandona-to. Solo così si può parlare di sviluppo so-stenibile ed vedere quindi come intervenireper salvaguardare l’ambiente!Per quanto riguarda il “risparmio econo-mico”, la diffusione della tecnologia foto-voltaica ha avuto in Italia un’accelerazionesignificativa nell’ultimo anno grazie allanormativa adottata nel 2005 che ha rivolu-zionato il meccanismo di incentivazione.

Uno dei progetti più importanti perEnel è quello di realizzare, per il 2020,delle centrali senza emissioni di anidri-de carbonica?

Ridurre i gas serra, ed in particolare leemissioni di anidride carbonica, che necostituiscono la componente più rilevante,

è sicuramente uno degli obiettivi primaridell’azienda.” Zero emissioni” è il pro-gramma a cui Enel ha aderito volontaria-mente per combattere la lotta contro leemissioni climalteranti, esprimendo anchecosì il suo impegno per un mondo miglio-re!”

Zero emissioni prevede la cattura ed ilsequesto dell’anidride carbonica. Main che modo?

“È possibile catturare l’anidride carboni-ca prodotta nelle centrali, convogliarla dinuovo negli strati più profondi della terra elà confinarla per sempre! È in corso, a curadell’Istituto Nazionale di Geologia e Vul-canologia ( INGV ) uno studio di fattibilitàche prevede la caratterizzazione geolo-gia, idrogeologica, geochimica e geo-meccanica di un sito idoneo. È anche pre-vista la realizzazione di un simulatore di-namico dell’intero processo di separazio-ne e di pompaggio dell’anidride carboni-ca al sito geologico”.

Qual è la situazione in Campania ri-guardo l’applicazione delle energierinnovabili?

“Per risolvere il problema dell’energia, ingenerale, non si può parlare a livello re-gionale. Bisogna ‘pensare globalmenteed agire localmente’. Partendo da unaclassificazione globale, il mondo, senzaconsiderare le due potenze nascenti delsettore energetico quali India e Cina, il re-sto del mondo è più avanti di noi, dal puntodi vista di sviluppo energetico. L’Italia hapreferito continuare ad utilizzare le fontifossili rispetto agli altri paesi che comin-

ciavano ad avvalersi del nucleare, che co-munque dal punto di vista ambientale èconsiderato rinnovabile non essendoci al-cuna emissione. La Campania che ha vo-luto seguire l’Europa e quindi l’Italia auto-rizzando una serie di installazioni di cen-trali elettrica a gas rispetto a quelle rinno-vabili, ad esclusione della zona di Avellinoper l’eolico e di Caserta per l’idroelettrico.La nostra regione quindi si è affidata aquello che è il flusso normale di energia, ri-correndo al gas piuttosto che implementa-re questa con fonti rinnovabili”.

Nonostante i tanti fattori positivi estrategici che caratterizzano la Cam-pania come la ventosità elevata, il solesplendente e la buona conformazionemontuosa del territorio, ci siamo fattisuperare anche da paesi come la Ger-mania che non godono di questiaspetti ambientali?

“A malincuore dico, come napoletano,che a noi manca la “cultura ambientale”associata all’impegno tecnologico, indu-striale ed economico!Non bisogna solo incentivare in terminieconomici, ma intervenire ad “invogliare”gli investitori assicurando loro un percorsoautorizzativo più rapido possibile, menoburocratico ed in grado di attutire le oppo-sizioni locali. Infine bisogna cercare diben formare ed informare le comunità lo-cali sui benefici che la tecnologia delle fon-ti rinnovabili può apportare all’ambiente,sconfiggendo definitivamente l’atteggia-mento ricorrente del tipo: NON NEL MIOGIARDINO”.

Chiara ZanichellidiRE

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Enel per l’ambiente: protagonista nel mercatodelle fonti rinnovabili.

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Scommessa”energia pulita”: intervista al professore Franscesco Reale

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La parola all’esperto: FrancescoReale, professore ordinario di Ge-stione delle risorse energetiche

presso la Facoltà di Ingegneria deglistudi di Napoli Federico II, DIPARTI-MENTO DI ENERGETICA, TERMOFLUI-DODINAMICA APPLICATA E CONDI-ZIONAMENTO AMBIENTALE, ci “illu-mina”sull’energia pulita!

Professore cosa sono le fonti rinno-vabili?

“Sono fonti energetiche legate a feno-meni naturali. Prima di tutte la radia-zione del sole verso la terra e le sueconseguenze.Sono “rinnovabili” perché durano finoa quanto dura l’universo!

Ma le fonti rinnovabili è corretto de-finirle, come molti fanno, “alterna-tive”?

Con l’espressione fonti di energia rin-novabili si intendono tutte le fonti dienergia non fossili: solare, eolica,idraulica, geotermica, del moto ondo-so, maremotrice (maree e correnti) e lebiomasse che non possono essere de-finite alternative ma “complementari”alle forme convenzionali”.

Pensa si possano definire attuali co-me energie?

“Assolutamente si! Ormai da tempo siè rafforzato l’interesse per le energierinnovabili. In passato si doveva sem-plicemente rispondere alla domanda:conviene economicamente produrreenergie rinnovabili rispetto alle fonticonvenzionali? La risposta molto spes-so era negativa dato il costo eccessivoiniziale ed i tempi lunghi da attendereper ammortizzare i soldi investiti. Adoggi il discorso è differente: all’attualeemergenza energetica che caratteriz-za il nostro paese, e non solo, (bastipensare al prezzo del petrolio che salevertiginosamente) si aggiunge l’emer-genza ambientale. Aumenta quindi laconvenienza per le fonti rinnovabili seci mettiamo in conto anche il risparmiodell’impatto ambientale, che ad oggirappresenta un costo che prima nonveniva considerato, come, per esem-pio, la spesa richiesta per l’eliminazio-ne dell’anidride carbonica, che produ-ce il noto effetto serra. Ora il governo siè impegnato per ridurre drasticamentele emissioni di anidride carbonica

quindi vi è una convenienza nel pro-muovere ed applicare le energie puli-te”.

Ma bisogna pagarle?“Certamente! Sulla nostra bolletta èinclusa la spesa relativa al rimborsodella produzione rinnovabile che staavendo un buon successo. Per quantoriguarda sole e vento certamente nonsiamo in Italia ai livelli della Germa-nia, volendosi confrontare con chi ha ilprimato in Europa, ma viaggiamo sui2000 MW di potenza eolica istallata.La Campania è un esempio date le tan-te torri eoliche installate lungo l’Ap-pennino benenventano ed avelline-se”.

L’atteggiamento è cambiato rispet-to a prima? C’è più consapevolez-za?

“Sicuramente, ma a questa coscienzasi deve necessariamente associarel’indiscutibile conoscenza che deter-mina l’applicazione. In Italia ancoranon c’è produzione di celle fotovoltai-che, che attualmente vengono com-prate all’estero. La ricerca procede maancora lentamente rispetto all’Europache avanza. Noi attualmente stiamolavorando molto sulla “ gassificazione“ , la trasformazione in gas, senzacombustione, di rifiuti di lavorazioneo/e di rifiuti solidi per produzione diidrogeno da utilizzare come vettoreenergetico nelle celle a combustione.

Questa è una prima filiera, a cui segueun'altra ricerca riguardo il migliora-mento delle prestazioni delle celle fo-tovoltaiche”.

Qual è il ruolo del processo di gassi-ficazione nell’ambito dell’energiarinnovabile?

“Trascurando la tipologia di combusti-bile finale prodotto, la gassificazionestessa e i successivi processi correlatinon emettono né sequestrano gas ser-ra quali il diossido di carbonio, non in-fluenzando in tal modo il bilancio delcarbonio. Ovviamente i processi dicombustione del syngas (gas di sintesi)o dei combustibili prodotti portano al-la formazione di anidride carbonica.Ad ogni modo, la gassificazione dellabiomassa può avere un ruolo significa-tivo nell'ambito dell'energia rinnova-bile, in quanto la produzione di bio-massa rimuove l'emissione di anidridecarbonica in atmosfera. Anche altretecnologie che producono biogas ebiodiesel hanno un bilancio neutro delcarbonio, ma la gassificazione può uti-lizzare una più ampia varietà di mate-rie prime e produrre anche una più am-pia varietà di combustibili, risultandoun metodo estremamente efficienteper estrarre energia dalla biomassa.La gassificazione della biomassa èquindi una delle tecnologie più versati-li ed economiche nell'ambito delleenergie rinnovabili”.

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Il diario di viaggio di Antoine-Étienne Carro - “bibliotecario del-la città di Meaux”, nell’Î le-de-

France - non presenta una particola-re originalità sul piano antropologi-co o letterario, eccezion fatta perqualche felice descrizione del pae-saggio dei dintorni di Napoli. I motivi che rendono interessantequesto resoconto, pubblicato a Pari-gi nel 1864 con il titolo di Les voya-ges lointains d’un bourgeoisdés?uvré, vanno ricercati, piuttosto,nell’accuratezza con cui lo scrittoreritrae le scoperte archeologichepompeiane e nella testimonianza “inpresa diretta” che egli ci fornisce ri-guardo un periodo particolarmenteoscuro e turbolento della storia meri-dionale: quello comprendente glianni immediatamente successivi al-l’unità d’Italia e il brigantaggio.Giornalista, uomo politico, poligra-fo eclettico, considerato “uno deigrandi artigiani della storia e del-l’archeologia di Meaux”, Carro -nato a Châteaubriant, nel diparti-mento della Loira Inferiore, il 31 lu-glio 1797 - intraprende già anzianoil suo viaggio da “borghese sciope-rato”, come egli stesso si definisce,che lo porta “da Parigi a Venezia; daVenezia a Napoli; da Napoli a Pari-gi”.Arrivato a Napoli, ormai ex capitaledel soppresso Regno delle Due Sici-lie, lo scrittore si lega d’amicizia conun compagno di viaggio, tale Gran-ges, di Bordeaux, approdato anchelui nella città partenopea per incari-co del padre, concessionario - in Se-negal - di terreni destinati alla colti-vazione del cotone: il genitore avevaaffidato a Granges il singolare com-pito “di studiare nella campagna diNapoli questa coltura, che vi è giàassai florida”.Carro si sofferma assai poco nel ri-

Lorenzo Terzidi

Ora, fu già un’affascinante passeggiata questa prima corsapiuttosto lunga che facemmo dalla stazione all’Hôtel duGlobe, vicino al Largo del Castello. Durante il tragitto noi do-vemmo costantemente seguire il lungomare che conduce almolo, tutto ingombro di una popolazione agitata e chiassosa,tutto scintillante delle luci di migliaia di botteghe all’aperto. Asinistra il mare con la profondità insondabile del suo oriz-zonte; a destra una serie ininterrotta di alte case, a sei e settepiani, in cui le miriadi di finestre risplendevano del riverberodella luce celeste. Tutto ciò era, in successione, imponente,gaio, solenne, frastornante.

La ferrovia passa radente il bordo del golfo, mentre dall’altrolato costeggia un seguito di villaggi, o piuttosto di cittadine,che si chiamano Portici, Resina, Torre del Greco, Torre Annun-ziata, successione appena interrotta, nel corso di tre leghe, dagraziose ville o da case di pescatori e di operai con gallerie

esterne ad arcate, e soprattutto da case quadrate con il tetto aterrazza.E, sopra tutto questo, il Vesuvio sempre temibile, se non sem-pre minaccioso.

Le botteghe dei commercianti [pompeiani] di alimentari e divini erano numerose; ecco la disposizione di una di quelle chesi sono meglio conservate. A destra dell’entrata, un fornello,dove sono ancora situati tre vasi in terra nei quali si facevanocuocere le vivande. A sinistra una sorta di bancone in pietra incui si vedono incastrate tre grandi anfore nelle quali il mer-cante attingeva il vino che consegnava ai suoi avventori. Dallostesso lato si trova una mensola in marmo bianco, sui gradinidella quale erano esposti senza dubbio dei condimenti, o altriminuti oggetti di consumo. In fondo, una di queste piccole saleper bere delle quali ho parlato, ornata di affreschi raffigurantiscene rustiche. La porta, tuttavia, era situata a una delle estre-

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“Da les voyageslointains d’un BourgeoisDésceuvré diAntoine-ÉtienneCarro”

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trarre la capitale del Sud, poiché, asuo avviso, essa era uno dei luoghidell’I talia sui quali si era scritto dipiù e meglio. Pertanto, nei Voyages, egli rivendi-ca il diritto di non farla oggetto didescrizione o di dissertazione, non-ché di limitarsi a fornire al proprioracconto le dimensioni “di una con-versazione da passeggiatore”. In poche, peraltro felicissime, righel’autore, dunque, liquida la suaesperienza napoletana, talmentebreve da non dargli nemmeno il tem-po di acquisire “una conoscenza su-perficiale e preliminare dell’insiemedella città”. Carro e Granges si dirigono, invece,alla volta di Pompei, sfruttando laferrovia di Castellammare, che ave-va - in direzione Nocera - una fer-mata presso la cittadina vesuviana.Dopo un breve excursus storico,Carro analizza lungamente gli am-bienti, esterni e interni, dell’anticocentro distrutto dall’eruzione del 79d. C., con la passione e la competen-za dell’archeologo professionista. I l viaggiatore francese ci conducefra le vie e le case di Pompei, imma-ginando che essa sia stata “una cittàagiata, a giudicare dalla bellezza edal numero dei templi, degli edificipubblici e delle case che non poteva-no appartenere se non a gente ric-ca”.Carro rileva per prima cosa la tramadel tracciato stradale, tipicamentecostituito da arterie che si interseca-no ad angolo retto. Le strade, ricor-da lo scrittore, sono tutte bordate dimarciapiedi abbastanza elevati; ditanto in tanto si trovano nel mezzodella via dei blocchi di pietra, unonelle vie strette - che sono le più nu-merose - due nelle vie larghe: “questiblocchi permettevano ai pedoni dipassare da un lato all’altro senzascendere nella via, la quale - del re-sto - era pavimentata con lastre agiunture irregolari”.

Il viaggiatore si inoltra poi nell’abi-tato, attraversando il Foro e descri-vendo con assoluta puntualità l’ar-chitettura delle case e dei negozi,senza mancare di mettere in risalto illegame fra la struttura delle abita-zioni private e le caratteristiche cli-matiche dei luoghi in cui esse sonosorte: “Due delle principali condi-zioni del confort interno presso gliantichi, nei paesi meridionali, eranol’aria libera e l’ombra: sicché lapianta delle loro case non era - comepresso di noi - un insieme compattodi appartamenti. Ciò che si potrebbe definire il loro‘salone’ era una corte chiamata pe-ristilio, pavimentata di mosaici o dilarghe lastre di marmo, attorniatada un portico a colonne di marmo odi mattoni rivestiti in stucco; in mez-zo vi era una vasca contenente deifiori, fra i quali si innalzava un gettod’acqua”.Ma una seconda, forte emozione, at-tende Carro nel momento in cui eglidecide di visitare il Vesuvio. Mentreascende il vulcano, il giornalistafrancese attraversa terreni caratte-rizzati da “una tinta nerastra semprepiù oscura”, finché viene a trovarsi,inaspettatamente, al cospetto di unastraordinaria valle desolata, creatadai torrenti di lava dell’eruzione del1859. Per descriverla, Carro è co-stretto a ricorrere a un’ardita simili-tudine.Il paesaggio che queste suggestivepagine dei Voyages restituiscono al-la nostra immaginazione è simile aquello che si avrebbe se, per assur-do, una cascata di molte centinaia diettari di superficie, discendendo confuria da una montagna, si pietrifi-casse tutto a un tratto durante la suacorsa, mostrando - fisse come in unfotogramma - tutte le sue onde che sirotolano, si torcono, si urtano, si at-traversano, passano le une al di sot-to delle altre, “restando là come stu-pefatte e sospese”.

mità, di modo che dalla strada non si poteva vedere quelloche succedeva, né riconoscere i potatores (bevitori).

Quanto alle botteghe o ateliers di industriali, esse sono stateun po’ snaturate a causa del trasporto a Napoli di tutto ciòche non vi sarebbe potuto essere conservato e custodito, al-meno non senza notevoli inconvenienti; è ciò che è stato fattosoprattutto della maggior parte degli affreschi con i quali gliantichi, per poco che avessero qualche agiatezza, ornavano leloro dimore. Ma ho potuto vedere assolutamente intatta labottega di un panettiere con il suo forno, in perfetto stato diconservazione. Invece di avere una volta ribassata, come i no-stri forni perfezionati, la sua volta era semisferica, così comeè ancora quella dei forni nella maggior parte delle campagnenei nostri paesi, con i quali esso ha, del resto, una completasomiglianza. Quello di Pompei fu trovato pieno di pani chesono stati trasportati al museo di Napoli, dove li ho visti con-servati sotto delle campane di vetro. Essi hanno la forma dei

pasticci di carne per pranzare che si trovano presso i nostripasticcieri.Avendo già viaggiato tre volte sulla ferrovia del golfo, per va-riare prendemmo a Portici una vettura per tornare a Napoli,uno di quei piccoli calesse a un solo cavallo che qui abbon-dano e che vanno sempre veloci. Questa parte del tragittoaveva anch’essa il suo bel valore. Una strada magnifica. Eradomenica, era una di quelle sere tiepide che hanno tanto fa-scino in quei paesi: dappertutto, sulla strada, dei costumi varie pittoreschi, dappertutto gli abitanti delle ville sui balconi,gruppi di fanciulle in mezzo a gruppi di fiori, e questo spetta-colo si succedeva per più di due leghe, e la rapidità dellacorsa non lasciava, per così dire, che il vago ricordo come diun’apparizione fantastica.Così come ci eravamo ripromessi, partimmo l’indomanisenza fretta: alle nove eravamo a Castellammare, pren-demmo un piccolo calesse e ci lanciammo su quella strada so-spesa che sembra avvolgere con un festone il fianco della

montagna, tanto le gole e gli anfratti la fanno serpeggiaresenza posa.Vi è soprattutto, a una lega pressappoco da Castellammare,un burrone, uno squarcio violento, largo e profondo, di unbanco di rocce, che offre un sito particolarmente seducente.Arrivando, una valle fronzuta, dirupata, oscura che si incuneanella montagna; sulla valle un ponte di parecchie arcate, daipiloni snelli che vanno, su due piani, a cercare ben lontano, aldi sotto della strada, il fondo del burrone; di sopra il ponte, ilgolfo e Napoli in fondo, intravisti dentro la cornice di ciuffid’aranci, di limoni a piena terra, frammischiati d’olivi e di al-lori rosa; poi, appollaiati su questa massa di vegetazione,qua e là dei tetti rossi e delle case bianche, e al di sopra ditutti la cupola elegante e slanciata di una cappella.Questo ponte è il Ponte di Vico Equense.

Da Antoine-Étienne Carro, Les voyages lointains d’un bour-geois dés?uvré, Paris, Durand, 1864.

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Molti di noi hanno ancora vivenella memoria le emozioni checi attraversano quando pensia-

mo alla Malesia, che, dai romanzi diquel grande e immaginifico scrittore chefu Emilio Salgari, ci conducevano adole-scenti attraverso i mari d’Oriente La Malesia, il cui nome ufficiale nel 1957è mutato in Malaysia o Federazione del-la Grande Malesia, è una confederazio-ne di 13 stati, il cui motto è BersekutuBertambah Mutu (L’unità è forza). Pro-prio in questo anno ha celebrato il cin-quantenario dell’indipendenza. Anniversario che, oltre ad essere unevento in sé, ha contribuito ad una effi-cace operazione di promozione per farconoscere al mondo l’immagine turisti-ca ed economica di tutto rispetto che vaconsolidando tra i paesi ad “economiaemergente” nel sud-est asiatico.Kuala Lumpur, la capitale, con il suoi 1,5mln di abitanti, ospita l’avveniristico ae-roporto di Sepang e le bellissime e impo-nenti Petronas Tower, le torri gemelle piùalte del mondo. Edifici apoteosi della ric-chezza, il cui nome: Torri del Petrolio è inse eloquente: la Malaysia con il suo pe-trolio è completamente autosufficientedal punto di vista energetico e tutto ilmondo deve saperlo! I primi quattro piani di ciascuna torre co-stituiscono un centro commerciale trapiù grandi e prestigiosi del mondo e, legriffe italiane più famose sono presentinel tripudio di luci di un improbabile Na-tale festeggiato in un paese in cui solo il7% è cristiano. E’ una metropoli tipica diquesta parte del mondo, e dopo un po’annoia. E, come in Cina, con cantieriaperti dappertutto, dopo quindici giorniritorni e non ne riconosci i luoghi… Maciò che colpisce davvero è che appena tisposti di 20/30 km, sei già nella giun-gla, pardon, nelle piantagioni di palmeda olio! Ciò è ancora più evidente nel Sarawak enel Sabah (il Borneo),il cui territorio èpoco urbanizzato e vi sono poche stra-de. I trasporti avvengono risalendo i fiu-mi in battelli o in piccole imbarcazioni,quasi delle piroghe che trasportano siauomini che merci, oppure, in piccoli ae-rei che nel periodo dei monsoni, volanopoco più in alto delle cime degli alberi.Dall’alto si vedono bene gli ettari ed etta-ri di giungla equatoriale ormai in partedisboscata in modo intensivo e metodi-co per far posto a questo “verde d’artifi-cio” che sono le piantagioni di palme daolio. L’addomesticamento della naturache, in questa stagione di piogge è satu-ra di profumi e rigogliosa di forza e bel-lezza, è un tripudio di emozioni che peròcrea non pochi turbamenti. A Marudi, Sarawak orientale, “città”

commerciale sul fiume-arteria BatangBaram (poche migliaia di persone, unastrada principale e un aeroporto per ve-livoli da sedici posti). Località “impor-tante” per raggiungere il Gunun MuluNational Park, il parco naturale piùgrande del Borneo, le cui viscere ospita-no le Show Caves, le grotte più grandidel mondo, i Pinnacles, formazioni cal-caree a picchi alti più di 45 m,una vera“foresta” di pietra e, tanto, tanto di più,ho incontrato un gruppo di consulenti delDipartimento Risorse Ambientali del Sa-rawak, riuniti in convegno proprio perdiscutere di economia e ambiente. Hoparlato a lungo con loro e discusso, divalutazione di impatto ambientale econservazione della biodiversità. Ma,l’economia locale ritiene che tagliare glialberi di sandalo, teak, ebano, canfora,cannella e gomma, per sostituirli con lepalme da olio, crei una sorta di riequili-brio per quanto concerne le emissioni digas serra e la Malaysia di questo è orgo-gliosa . Punti di vista ! Le preoccupazioni di noi ambientalistioccidentali per l’alterazione dell’habitatcosì importante per la conservazionedello straordinario ecosistema che com-prende flora e fauna la cui unicità è in-contestabile, tutto sommato, forse è una“esagerazione”. Ma, gli ambientalisti,gli etno-antropologi, e le minoranze non

piacciono nemmeno alle multinazionalidel legname. Minoranze che vivono nelle longhouse,case palafitte costruite lungo i fiumi, do-ve la comunità vive e lavora insieme o,quelle ancor più lontane, “libere” e se-minascoste nelle foreste degli antichi ta-gliatori di teste.E poi la sera, ho visto uomini riunirsi aitavoli di quella sorta di ristoranti- emporie svuotare lattine di birra fino a parlarecon voce impastata… e ne resto colpitaperché in questo che è un paese multi-razziale, ma a maggioranza musulma-na, l’uso dell’alcol, è malvisto. E’ possi-bile che io abbia assistito solo ad alcunirari momenti di “relax”, ma anche per lecomunità aborigene australiane o quelledei nativi americani esclusione e dis-adattamento hanno aperto le porte al-l’alcolismo. Sarà forse troppo velocequesto sviluppo? Così è consigliata prudenza nel percor-rere le strade spianate dalle multinazio-nali per il trasporto del legname. Uominiarmati ”difendono” quei percorsi dagliattivisti delle tribù che si oppongono aidisboscamenti e, fonti ufficiali diconoche il 100 % del territorio ètotalmente/parzialmente “protetto”…

Fine prima parteNel prossimo numero l’ambiente

e la storia del Sarawak

Candida Lauro Gerusodi

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Malaysia: 1957-2007

Tra le torri e le tigri50 anni di indipendenza

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Dall’Inghilterra un sistema rivoluzionario di mobilitàurbana eco-compatibile

Daventry è una tranquilla cittadina in-glese a nord di Londra. Non lontanada Oxford.

Qui, per primi in Europa, si sta mettendo apunto un rivoluzionario progetto di mobilitàurbana. “Cybercar”, (o anche “PODS”, co-me vengono comunemente definiti questi av-veniristici taxi senza guidatore) ovvero autocon motore elettrico comandate e gestite to-talmente da un sofisticato computer. Un siste-ma geniale di trasporto pubblico interamen-te computerizzato ed ecocompatibile. Convetture, udite udite, senza conducente. Si,avete letto bene. Si sale a bordo e via. Guida-ti dalla tecnologia. I primi prototipi stanno giàregolarmente circolando per perfezionarnele caratteristiche. Chris Millar, capo del con-siglio comunale di Daventry, è ovviamenteentusiasta. “Queste cybercar” – dichiara –possono modificare il concetto stesso di spo-stamento in città. Il metodo più efficace permotivare le persone a lasciare a casa la pro-pria auto (o magari a disfarsene) per trovareun’alternativa che vada incontro alle proprieesigenze. Un buon servizio di autobus conquesto sistema – continua Millar – può ridurrein poco tempo l’utilizzo dei veicoli privati incittà di oltre il 30 %. Ma senza smog e senzarumori”.Beh, c’è da dire, specie ai più scettici dinanziad idee così innovative, che a Goteborg (inSvezia) l’applicazione di un sistema di tra-sporto analogo ha portato ad una riduzionedel traffico del 50 %. Vabbè, si dirà, gli Sve-desi, altra cultura, altra “forma mentis”. E’ ve-ro. Ma non è detto che un progetto del generenon possa avere seguito anche in un paesecosì culturalmente “ingessato” come il no-stro.Anche l’Italia ha il suo peso nel progetto. I pri-mi prototipi di questi “PODS” infatti, testatidal 26 settembre al 5 ottobre nella cittadinainglese, sono frutto di un consorzio di impre-se e di centri di ricerca europei, tra cui l’Uni-versità “La Sapienza” di Roma. Per gli amanti del cinema queste cybercar ri-corderanno sicuramente i veicoli presenti nelnoto (ed originalissimo – ndr) film “Il dormi-glione” di Woody Allen.Ma come funzioneranno? Grosso modo così:

le vetture circoleranno su corsie apposite,controllate da un computer centrale, viag-giando a 40 km orari, in fila, a circa 4 secon-di di distanza l’una dall’altra. Secondo uncriterio prettamente “on demand”: i passeg-geri dovranno semplicemente mettersi co-modi e selezionare una destinazione traquelle disponibili e precaricate nella memo-ria del veicolo. Al resto provvedono i compu-ter. Gli ostacoli sulla strada vengono evitati conl’ausilio di sensori laser. Ovviamente le city-car funzionano a batterie e si ricaricano confonti rinnovabili. Il loro utilizzo più naturalesarà quello del “car-sharing”, ossia di condi-visione del mezzo da parte di più persone. Unconcetto fondamentale nelle moderne teoriedi riduzione del traffico che si può ben appli-care anche, ma certo non solo, a chi si spostadi giorno in città per lavoro. Il progetto-pilota di Daventry (che partirà giànel 2009 con i primi 300-500 “pods”) per-metterà di perfezionare ed estendere gra-dualmente il servizio a tutta la città. A quelpunto la cittadina sarà il primo comune almondo ad avere un sistema di trasporto pub-blico del genere. L’intera rete di corsie costeràl’equivalente di circa 120 milioni di euro;mentre per i costi di gestione dei veicoli si cer-cherà di farli coprire dai profitti. Magari condelle carte ricaricabili/prepagate da inseri-re a bordo come biglietti.Si potranno utilizzare i finanziamenti previstida “CityMobil”, il progetto dell’Unione Euro-pea per l’innovazione nel trasporto pubbli-co, che coinvolgerà 10 paesi europei e lecompetenze di 28 partner tecnologici. Con la

collaborazione di “ATS”, azienda britannicaspecializzata nella costruzione di automezziad alta tecnologia.Bruxelles ha stanziato una somma iniziale di40 milioni di euro per la realizzazione di "ro-botaxi" in tre diverse località: Londra, Castel-lon e anche Roma. La prima rete europea dirobotaxi vedrà la luce presso l'aeroporto lon-dinese di Heathrow, dove saranno realizzati4,2 chilometri di circuito speciale, esclusiva-mente per la circolazione dei mezzi "intelli-genti".Anche a Roma e nel centro storico di Genova,prossimamente, inizieranno a circolare leprime “navette-cybercar”.Serviranno, all’inizio, ad agevolare lo spo-stamento di turisti tra vari siti culturali-musea-li oppure per trasportare i cittadini verso iparcheggi di interscambio.Un sistema che se ben “capito” ed utilizzato,potrebbe poi essere sviluppato anche nellenostre maggiori metropoli. Se pensiamo cheoggi in città come Roma, Milano o Napoli ab-biamo oltre 70 automobili ogni 100 abitanti,beh allora possiamo facilmente immaginarei vantaggi che ne deriverebbero. Inquinamento, costi e stress ridotti quasi a ze-ro. Con un miglioramento del nostro ecosiste-ma, a medio-lungo termine, eccezionale.Qualità della vita si chiama. Già.Non è facile. Gli ostacoli tecnici ed istituzio-nali ci sono. E come.Ma a monte, nel nostro paese, il primo nemi-co da combattere resta sempre la nostra abi-tudine culturale. Una “pigra chiusura menta-le” che blocca sul nascere, il più delle volte,anche la migliore delle opportunità.

Massimiliano Giovinedi

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La situazione dei trasporti in pro-vincia di Caserta non brilla. È forsel’unica provincia campana con

una dinamica demografica in crescitama è la più penalizzata per ciò che ri-guarda le infrastrutture. Se non ci so-no condizioni per ampliare la mobili-tà urbana non ci può essere sviluppoperché viene penalizzato il vivere so-ciale. Una buona notizia arriva dal fi-nanziamento che la Provincia di Ca-serta ha deliberato per gli studi di fat-tibilità al recupero dell'ex linea ferro-via Sparanise-Gaeta, l’antica Ferro-via del mare. Una tratta che attraver-serebbe i comuni di Sparanise, Fran-colise, Teano, Carinola, Sessa Aurun-ca, Cellole. Nello studio di fattibilità èprevisto anche un collegamento ferro-viario diretto tra Capua e Grazzani-se, facendo di Capua il baricentro nelsistema dei trasporti provinciali. Na-scerà, quindi, una tratta metropolita-na regionale che va fino a Caserta e aMaddaloni, mentre, a Capua si colle-

gherà la Sparanise – Gaeta dando re-spiro a quei comuni dell’alto caserta-no da sempre penalizzati dai traspor-ti pubblici. Inoltre, la vicinanza di Ca-pua a Santa Maria Capua Vetere ren-derà facile il collegamento tra le duetratte della metropolitana regionalementre, da Napoli e da tutto il suo hin-terland nord (compreso l’agro aver-sano) si potrà raggiungere facilmenteGrazzanise attraverso il terminale diVilla Literno già individuato dall’as-sessore regionale ai trasporti EnnioCascetta come elemento strategicodel sistema. A proporre questo pro-getto è stato l’assessore provincialealla mobilità e alle grandi infrastruttu-re, Antonio Reccia. Nei mesi scorsi,infatti, la Giunta provinciale ha ap-provato gli schemi di protocollo d'in-tesa per la redazione degli studi di fat-tibilità che sono stati trasmessi alla Re-gione Campania come elementi di va-lutazione per le integrazioni alla Me-tropolitana regionale già richieste dalConsiglio provinciale nelle osserva-zioni approvate al Piano territorialeregionale (Ptr).

Il recupero della Gaeta - Sparanise,accolto con grande gioia da quei frui-tori dell’entroterra dell’alto casertanoche nei primi anni cinquanta la utiliz-zavano per raggiungere centri comeFormia e Gaeta, prevede il riutilizzodel tracciato e delle infrastrutturepreesistenti. Per ciò che riguarda, in-vece, il collegamento ferroviario con l’aeroporto di Grazzanise-Capua saràfondamentale il succitato potenzia-mento del ruolo di Capua come nododi collegamento tra la MetropolitanaCapua-Caserta-Maddaloni, in via direalizzazione e l'aeroporto stesso,con l'innesto nel collegamento ferro-viario già previsto dalla RegioneCampania tra l'aeroporto e Villa Li-terno. Questi protocolli d'intesa ver-ranno sottoposti agli Enti territorialiinteressati (per il recupero dell' exSparanise-Gaeta i Comuni di Spara-nise, Francolise, Teano, Carinola,Sessa Aurunca, Cellole, mentre per laCapua-aeroporto di Grazzanise i Co-muni interessati sono quelli di Capua,Santa Maria La Fossa e Grazzanise),oltre che alla Rete ferroviaria italianae all' Ente Autonomo Volturno prepo-sto alla realizzazione delle infrastrut-ture per la mobilità ferroviaria."Le opere – ha dichiarato l'assessoreReccia - già inserite come proposta dipianificazione provinciale nel Pianodi Bacino di traffico provinciale e nelleLinee guida per la mobilità e il tra-sporto, rappresentano entrambe ele-menti di grande novità per uno svilup-po armonico e sostenibile di Terra diLavoro e sono state individuate sia pereliminare oggettive difficoltà sul fron-te dei trasporti nell'area aurunca edomizia sia per prevedere il collega-mento diretto tra la Metropolitanadella Conurbazione casertana conl'aeroporto di Grazzanise, collega-mento ora ipotizzato, per Caserta egran parte della provincia, attraversoil percorso ferroviario per Aversa eVilla Literno. Come Provincia – haconcluso Reccia - continuiamo a lavo-rare rispettando il programma d'a-zione per rendere più competitivo ilnostro territorio. Le nuove scelte arri-vano dopo un altro accordo fonda-mentale per il settore della mobilità,ovvero il protocollo d'intesa per larealizzazione dei nodi scambiatoriper il trasporto intermodale a soste-gno dell'innovazione strutturale nelcampo del trasporto pubblico locale.L'intesa è stata sottoscritta anche daiComuni di Capua e Falciano del Mas-sico, a dimostrazione di un'ampiaconvergenza del territorio per la riso-luzione degli attuali problemi del tra-sporto pubblico su strada".

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Recupero dell’ ex tratta ferroviariaSparanise - Gaeta

Tommasina Casaledi

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Nell’ambito di un approccio orga-nico sullo studio dello scenariourbano di Napoli è riconosciuto

un ruolo fondamentale al sottosuolo, cheper le sue caratteristiche ha sempre avu-to una decisiva influenza sulla nascita elo sviluppo della città.E proprio sul tema del sottosuolo cittadi-no, con l'intento di stimolare studiosi didiversa estrazione ad una riflessione sulmodo in cui il sottosuolo è spazio urba-no, è stato promosso dall’ Istituto Studisulle Società del Mediterraneo del CNR,il convegno multidisciplinare dal titolo “ Isottosuoli napoletani”, con il coordina-mento scientifico della dottoressa Rober-ta Varriale.Il convegno ha evidenziato la relazionefra potenzialità del sottosuolo e bisognicollettivi che è stata determinante nellosviluppo della città. Considerando lapresenza di risorse fondamentali per lanascita dell'insediamento primario qua-li falde acquifere e tufo che hanno resopossibile lo sviluppo di una florida me-tropoli affacciata sul Mediterraneo. Pas-sando poi al ruolo giocato dal sottosuolo

nel superamento degli ostacoli superfi-ciali per lo sviluppo urbano nei settori deitrasporti e delle comunicazioni, fino al-l'utilizzo di trafori per decongestionarela viabilità superficiale. Poichè a Napolisi è sempre costruito sopra ciò che erastato edificato dai predecessori, il sotto-suolo napoletano rivela anche la storiaurbanistica e architettonica attraverso lesue stratificazioni. A Napoli il sottosuolo parla della storiadella sua spiritualità: grotte per la divi-nazione e catacombe per la pratica diculti proibiti testimoniano l'imprescindi-bile funzionalità delle cavità sotterraneecon la storia della religione. Anche ilrapporto con l'aldilà, con il mondo deimorti trova nel sottosuolo una sua spetta-colare sublimazione: il cimitero delleFontanelle è il frutto dei regolamenti disanità urbana volti a cancellare gli effettidelle epidemie dalla città superficialema finisce con l'essere oggi uno degliesempi più suggestivi e tangibili del rap-porto fra vivi e morti. L’ulteriore confer-ma che il sottosuolo di Napoli è parte del-la sua storia, è testimoniato dai resti dellecavità utilizzate come rifugio antiaereo icui graffiti sono anche la rappresenta-zione iconografica della guerra vista da

chi la subisce. Il mondo delle infrastruttu-re ha, infine, nel sottosuolo il suo princi-pale strumento. Forniture di servizi idri-ci, sanitari, di comunicazione, di fornitu-ra energetica hanno avuto nel sottosuoloun prezioso alleato.Particolarmente interessante è l’impor-tanza storica del periodo a cavallo tra lafine del XIX e l’inizio del XX secolo, per-ché sono stati affrontati e risolti i proble-mi di sanità urbana preventiva. In quelperiodo, per la prima volta, la città è sta-ta vista nel suo complesso costituita dauna parte emersa e visibile a tutti, e dauna sotterranea, meno appariscente macon un ruolo importantissimo nell’equili-brio sanitario della città. Ciò grazie allenuove conoscenze della medicina e bat-teriologia per cui fu scoperto che lo svi-luppo di molti contagi era da imputareall’uso di acque infettate provenienti daipozzi urbani. Quello stesso inquina-mento era, d’altronde, il risultato dell’u-tilizzo del sottosuolo come nascondiglioper i residui della città. La costruzionedella città sanitaria, quindi, passava an-che, e soprattutto, attraverso il risana-mento della città di sotto: solo la separa-zione dei sistemi di rifornimento idrico edi smaltimento fognario avrebbe per-messo il raggiungimento dei risultatisperati.Interessante è capire la precisa fase sto-rica: si stava «costruendo l’ Italia unifica-ta» la gestione nazionale del problemadella sanità napoletana venne vista co-me l’opportunità di dimostrare il coinvol-gimento nazionale rispetto alle istanzedi sanità urbana locale, anche attraver-so le infrastrutture sanitarie.Era un momento di particolare prestigioed autorevolezza politica di importantiesponenti del meridionalismo, fautoridella necessità del sostegno statale alprocesso di sviluppo del Sud Italia. La co-struzione della Napoli sanitaria, quindi,era una grande occasione sia per dareun esempio dei principi di solidarietà na-zionale, che per fornire una risposta tan-gibile ai tanti meridionalisti (GiustinoFortunato, Napoleone Colajanni, Fran-cesco Saverio Nitti) che lavoravano af-finché il Mezzogiorno si allineasse alleregioni più avanzate della penisola. Motivi di natura scientifica e politica,quindi, hanno portato alla maturazionedell’idea che anche il ciclo dei rifiuti ur-bani dovesse essere il frutto di program-mazione e gestione pubblica, poichévolta a tutelare quel diritto alla salute ri-tenuto oramai una priorità per tutte leamministrazioni.Praticamente questo periodo rappresen-ta il passaggio dell’igiene preventiva dabisogno individuale a bisogno collettivo.Principio valido oggi più che mai in unacittà del XXI secolo che ancora ha grossiproblemi con il ciclo ed…… il riciclo deirifiuti!

Elvira Tortoriellodi

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Il sottosuolo napoletano

tra passato, presente e futuro

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Dal punto di vista ambientale il Veneto rap-presenta una delle regioni più complessedella penisola: pianure, lagune, aree sal-

mastre, mare e rilievi montuosi si intreccianocreando scenari variegati. La montagna in parti-colare riveste un ruolo molto importante per lapresenza della catena montuosa delle Dolomiti edelle Prealpi, difficili da gestire sia dal punto di vi-sta strettamente morfologico e del dissesto che daquello dello sviluppo antropico collegato all’atti-vità turistica. Così anche il mare. L’Alto Adriaticoè un mare antico e poco profondo incastonato inun grande “golfo” dove risplende una delle cittàpiù illustri del passato e famosa in tutto il mondo.Oggi questo mare può essere rappresentato co-me una vera e propria macroregione economicae geografica a causa delle migliaia di imbarca-zioni che lo attraversano. Non ultimo, a compli-care il quadro ambientale veneto, l’inquinamen-to derivante dalla presenza del polo industriale diMestre - Marghera. E’ in questo scenario caratte-rizzato da diverse criticità ambientali che operal’Agenzia Regionale veneta per la Protezionedell’Ambiente, istituita con legge regionale 18ottobre 1996 n. 32. approvata in seguito ad unprocesso lento (furono presentati addirittura seidiversi progetti di Legge Regionale) ma sostan-zialmente collaborativo ispirato al Documentoredatto nel corso della Conferenza dei Presidentidelle Regioni e delle Province svoltasi a Venezianel giugno 1994. Tale documento sottolineaval’interconnessione tra i due settori della preven-zione ambientale e sanitaria paventando così lacreazione di un sistema integrato sanità/am-biente. L’ordinamento istitutivo di Arpav, frutto diun intenso confronto con le altre realtà ambienta-li del territorio presenta carattere di innovativitàrispetto a quelli delle altre Arpa poiché, mentre inqueste ultime le funzioni sono suddivise medianteuna mera ripetizione della classificazione effet-tuata dalla Legge n. 61/94, solo la legge dellaRegione Veneto, pur non provvedendo ad unaclassificazione per attività omogenee, ha tentato

di chiarire quali sono le aree di intervento cui rife-rire le attività di prevenzione e controllo. I compitidell’ Arpav non si limitano a quelli tradizional-mente svolti dai PmP; essa, infatti, presentandocarattere multireferenziale opera fornendo sup-porto tecnico a enti ed amministrazioni locali,svolge attività di informazione all’interno e all’e-sterno del settore pubblico, svolge studi e ricerchefornendo consulenze su richiesta.L’Agenzia persegue due obiettivi strettamenteconnessi:• la protezione, attraverso i controlli ambientaliche tutelano la salute della popolazione e la sicu-rezza del territorio;• la prevenzione, attraverso la ricerca, la forma-zione, l’informazione e l’educazione ambienta-le.E’ dotata di autonomia amministrativa, organiz-zativa, tecnica e contabile ed opera sulla base dipiani triennali e di un programma annuale.Arpav si articola in una Direzione Centrale (com-posta dal Direttore Generale e dalle tre aree fun-zionali: amministrativa, tecnico-scientifica, ri-cerca e informazione), due Dipartimenti Regio-nali (Dipartimento Regionale per la Sicurezzadel Territorio e Dipartimento Regionale Labora-tori) e sette Dipartimenti Provinciali (Rovigo, Bel-luno, Padova, Treviso, Venezia,Verona,Vicen-za). Questi ultimi a loro volta si articolano nelleseguenti strutture:• Unità Operativa Supporto alla Direzione• SERVIZIO SISTEMI AMBIENTALI • SERVIZIO TERRITORIALE

- Unità Operativa Ingegneria- Unità Operativa Agenti Fisici- Unità Operativa Vigilanza ambientale

• Strutture a valenza regionale su specifiche te-matiche/problematiche ambientali (ad esem-pio: Servizi Osservatorio Aria, Suolo e Rifiuti,Agenti Fisici…)La Direzione Amministrativa gestisce le risorseumane ad essa sott’ordinate e quelle economichead essa assegnate, cura l’attività amministrativadella Direzione Generale e coordina le relazionied i rapporti di funzionamento di natura ammini-strativa con le strutture gestionali periferiche. La

Direzione Tecnica, a sua volta, funge da raccor-do con la Direzione Generale e la Direzione del-l’Area Amministrativa per l’attuazione coordi-nata delle direttive aziendali, con particolare ri-guardo all’attività tecnico-scientifica delle strut-ture dei Dipartimenti Provinciali e Regionali. Adentrambe afferiscono tutta una serie di Settori eServizi. In particolare, dal gennaio 2007, è statoistituito il Dipartimento Regionale per la Sicurez-za del territorio con sede a Belluno, per dare pra-tica attuazione alla funzione attribuita all'Agen-zia dalla Regione del Veneto in tema di idrologiae Protezione Civile. Il Dipartimento coordina ilCentro Meteorologico di Teolo, il Centro Valan-ghe di Arabba e l'Unità Operativa Rete Idrogra-fica Regionale garantendo la prevenzione e ilcontrollo di alluvioni, fenomeni meteorologiciinaspettati e dissesti idrogeologici. Altra novità diquest’anno è stata l'istituzione del DipartimentoRegionale Laboratori per garantire l'uniforma-zione delle modalità operative dei laboratoripresenti nei dipartimenti provinciali ed una mag-giore tempestività nella consegna delle analisicommissionate dall'esterno. Infine, per promuo-vere le attività di formazione e aggiornamento diquanti operano nella prevenzione e protezioneambientale, è stata istituita la Scuola di Alta Spe-cializzazione in materia ambientale.

COMPETENZE E SETTORI D’INTERESSE DI ARPAV:

• Svolge attività tecnico-scientifiche connesse al-la protezione ambientale con riferimento all’ ac-qua, all’aria all’inquinamento acustico ed elet-tromagnetico, al suolo, ai rifiuti solidi e liquidi, al-la radioattività.• E’ di supporto tecnico-scientifico alla Regione eagli Enti locali nella prevenzione dei rischi di inci-denti rilevanti, nelle istruttorie per l’approvazio-ne di progetti ed il rilascio di autorizzazioni, nellavalutazione dell’impatto ambientale.• Coordina i programmi di ricerca raccordan-doli con quelli nazionali e comunitari.• Gestisce il Sistema informativo regionale per ilmonitoraggio ambientale.• Elabora previsioni ed informazioni meteocli-matiche e radarmeteorologiche.• Attiva la formazione e l’aggiornamento pro-fessionale per gli operatori del settore e cura l’in-formazione e l’educazione ambientale per il cit-tadino.

Giulia Martellidi

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Contatti ARPAV: Via Matteotti, 27 - 35137 PadovaDirettore Generale: Andrea Drago - Tel 049/823941 Fax 049/660966e-mail: [email protected] - www.arpa.veneto.it

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Se si tratti di una vera rivoluzione coperni-cana saranno i fatti a stabilirlo. L’unicacertezza è che dal primo gennaio scorso

è cambiato il sistema di smaltimento dei rifiutitecnologici. Il decreto del Ministero dell’Am-biente, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.257 del 5 novembre 2007, definisce la gestio-ne dei rifiuti di apparecchiature elettriche edelettroniche (Raee). Il provvedimento, voluto eispirato dall’Unione Europea, introduce so-stanziali novità: istituisce il registro Raee, alquale devono iscriversi i produttori di questotipo di apparecchiature, e trasferisce la re-sponsabilità del trattamento dei rifiuti tecnolo-gici dai Comuni alle aziende produttrice stes-se, le quali, organizzate in consorzi, devonogarantire il servizio. E’ una profonda innova-zione per il settore perché tende a tutelare i di-ritti e la salute dei consumatori e a proteggerel’ambiente. In ogni città verranno allestite leeco-piazzole nelle quali depositare i vecchiapparecchi. Se invece i cittadini deciderannodi acquistare un nuovo elettrodomestico po-tranno consegnare il vecchio al negoziante.Quest’ultimo è obbligato a ritirarlo secondo ilprincipio di “scambio” uno-a-uno. La normacontempla sia i grandi elettrodomestici (frigo-

riferi, lavatrici, televisori) sia i piccoli (compu-ter, telefonini, hi-fi). L’elenco completo è ripor-tato nel decreto n. 151 del 25 luglio 2005, cherecepisce le direttive Ue emanate nel 2003 inmateria di rifiuti tecnologici. Questo decretopermette ai produttori di applicare un contri-buto sulla vendita che andrà a coprire i costiper la raccolta, il trattamento e lo smaltimentodei rifiuti. In particolare, l’articolo 13 del de-creto prevede che essi diano adeguate infor-mazioni ai consumatori sull’obbligo di non li-berarsi dei rifiuti tecnologici come normalespazzatura ma mediante la raccolta separatae sugli effetti potenziali sull’ambiente e sullasalute umana dovuti alla presenza di sostanzepericolose in caso di uso improprio. Inoltre, iprodotti devono riportare in modo chiaro sul-l’imballaggio, o nelle istruzioni per l’usoquando le dimensioni siano ridotte, le indica-zioni sul produttore e il simbolo “Raee” per laraccolta differenziata. Altra finalità della nor-mativa è di imporre anche una sensibile limita-zione di alcune sostanze pericolose quali mer-curio, piombo, cadmio, cromo esavalente ealcuni ritardanti di fiamma nelle apparecchia-ture elettriche ed elettroniche. Secondo i dati forniti dall’Agenzia per la pro-tezione dell’ambiente e per i servizi tecnici(Apat) sono 67.000 le tonnellate di rifiuti tec-nologici recuperati in Italia, quantificabili in

poco più di un chilogrammo per abitante. Conl’entrata in vigore della normativa l’obiettivo èdi arrivare a 240 mila tonnellate, vale a diread almeno 4 chili per abitante entro la fine del2008. Entro la stessa data sono specificati gliobiettivi da raggiungere in base a percentualidi recupero e di reimpiego fissate dal decreto:dal 70 all’80 per cento in base alla categoriadi rifiuto, dal 50 all’80 per cento per il reimpie-go e il riciclaggio. Le nuove norme sono, infatti, indispensabiliper gestire una nuova tipologia di rifiuti consi-derevole sia in termini quantitativi che in quelliqualitativi. Si tratta spesso di “spazzatura”particolarmente pericolosa, il primo esempioè il gas contenuto nei frigoriferi, ma anche ilcadmio, il mercurio, e in alcuni casi anche disostanze di alto valore come l’oro presente indiverse apparecchiature. Secondo alcuni stu-di, da ogni tonnellata di hardware è possibilerecuperare ben 16 grammi di oro puro: se sicalcola che nelle miniere i grammi per tonnel-lata variano da due a quattro, si intuisce l’im-portanza di questa possibilità. Fino all’annoscorso i Raee rientravano nel ciclo dei rifiuti ur-bani e di conseguenza venivano buttati insie-me agli altri rifiuti ed avviati alle discariche oagli inceneritori. Erano i Comuni i soggetti re-sponsabili della gestione, senza alcun obbli-go però di raccolta differenziata.Come detto, il provvedimento istituisce, pressoil Ministero dell’Ambiente, il registro naziona-le dei soggetti obbligati al finanziamento deisistemi di gestione dei Raee. Crea inoltre altritre organismi: il «Comitato di vigilanza e con-trollo», che ha il compito di predisporre ed ag-giornare il registro, raccogliere i dati dei pro-dotti immessi sul mercato e alla garanzie fi-nanziarie che i produttori sono tenuti a comu-nicare al registro, calcolare le effettive quote dimercato dei produttori distribuendo quindi gliobblighi per i singoli produttori, programma-re e disporre ispezioni nei confronti dei pro-duttori, elaborare i dati relativi agli obiettivi direcupero; il «Centro di coordinamento» chefunge da riferimento per i soggetti apparte-nenti al settore della produzione e quindi re-sponsabili della gestione e del recupero dei ri-fiuti; il «Comitato di indirizzo», organo di con-sultazione di tutti i soggetti chiamati in causadalla normativa.«Abbiamo rivoluzionato il sistema dei rifiuti

tecnologici per salvaguardare le esigenzedei consumatori e per avere forti garanziedi tutela ambientale – fa sapere il ministrodell’Ambiente, Alfonso Pecoraio Scanio –l’obiettivo è quello di raggiungere, sin daquest’anno i quantitativi fissati dalle norma-tive comunitarie. Il sistema multiconsortile èuna grande innovazione per il settore dei ri-fiuti. Si tratta – spiega il ministro - di un nuo-vo approccio, fortemente voluto dall’Unio-ne Europea, che dovrebbe garantire la na-scita di diversi soggetti in grado di concorre-re tra loro. Questo diventerà un valore ag-giunto solo se i consorzi avranno la capaci-tà di farsi concorrenza in termini di qualitàdel servizio attraverso elevati livelli di rac-colta, di recupero e di riciclo dei materiali».

Giuseppe Piccianodi

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Solitamente, ci si preoccupa dei ri-fiuti solo durante le emergenze,quando si vedono i cumuli crescere

giorno dopo giorno; chiaramente tuttivorrebbero solo vederli sparire a qua-lunque costo, ed in questo almeno cihanno accontentati, visto l’aumento deicosti di questo “servizio”.Si abusa continuamente del termine “ci-clo dei rifiuti” come fosse una parolanuova, coniata per il giovane mondo delweb, dimenticando che “ciclo” è sinoni-mo di “cerchio” come per Pitagora due-mila anni fa.Siamo ormai in emergenza da più didieci anni, ma non abbiamo ancora svi-luppato un sistema alternativo alle dis-cariche, che sebbene inquinanti, sonostate ulteriormente demonizzate, omet-tendo di dire alla gente che i danni sonostati provocati più dal loro cattivo usoche non dal metodo in se.In realtà anche un uso indiscriminato deiTermovalorizzatori, non sarebbe co-munque una buona soluzione, perché aldi la degli aspetti ambientali diretta-mente connessi alle loro emissioni, è evi-dente che la facilità con cui possono in-goiare i rifiuti indifferenziati, fa gola achi cerca di mettere le mani sull’interopiatto.Nei nostri territori, dove si fa fatica a va-rare e perseguire anche il più semplicedei progetti, il ricorso sconsiderato aitermovalorizzatori potrebbe decretareil fallimento dei piani per la raccolta dif-ferenziata, fomentando il ritorno allacomoda e vecchia pratica del “getta tut-to e dimentica”Tutto sommato, se pur tra mille difficoltà,sempre più comuni e con percentualicrescenti, raccolgono separatamentemateriali riciclabili quali vetro, carta,metalli e plastica a cui, una serie diaziende di recupero e trasformazione,daranno poi nuova vita.Fin qui è tutto piuttosto semplice, perchési tratta di materiali inerti il cui impatto è

causato quasi unicamente dal loro volu-me; l’organico, invece, in quanto putre-scibile, è responsabile dei cattivi odori,della produzione dei percolati, dellaproliferazione di insetti, animali e florebatteriche patogene.Purtroppo, l’umido, rappresenta unabuona percentuale dei nostri rifiuti e nonpuò essere convogliato nei termovalo-rizzatori, perchè ne comprometterebbeil funzionamento, abbassando il rendi-mento energetico ed aumentando la pe-ricolosità delle emissioni.Al momento quindi, l’unica alternativaper trattare questa frazione è il compo-stagio che, rispetto ad un termovaloriz-zatore, è estremamente più semplice edeconomico in quanto, non “distrugge”irifiuti, ma li trasforma in compost, peruso agricolo.Con il compost si possono migliorare lecaratteristiche fisiche ed organiche deiterreni eccessivamente sfruttati dall’a-gricoltura ed impoveriti dalla siccità, alcontempo, questo metodo eviterebbel’accumulo di rifiuti umidi nelle nostrestrade, nelle discariche o peggio ancorail suo invio ai termovalorizzatori.Eppure di compostaggio ancora nessu-no ne parla, forse perchè essendo unprocesso naturale ha bisogno di un pocopiù di tempo, cosa di cui sembriamo es-sere sempre a corto; o forse, e ciò sareb-be peggio, perchè è un sistema moltoeconomico per eliminare del tutto l’umi-do.In questo panorama di ignoranza e lotteper la spartizione del nuovo oro, le tec-nologie innovative, utilizzate nel restodel mondo, vengono lasciate al palo,mentre le piattaforme, che separano ilCDR (combustibile da rifiuto), dalla FOS(frazione organica stabilizzata), si fer-mano perchè nessuno dei due prodottitrova collocamento negli stadi successividel ciclo, ormai disintegrato, dei rifiuti.In principio, gli impianti di compostagioed i termovalorizzatori sono stati pro-gettati per lavorare in tandem, in quantoognuno dei due sistemi tratta un tipo dirifiuto totalmente inadatto per l’altro;

purtroppo si utilizzano parametri pura-mente arbitrari per la definizione di pro-getti che stentano poi a decollare, nelfrattempo i rifiuti costosamente recupe-rati e separati, finiscono disordinata-mente in (eco)balle che non sono ne car-ne ne pesce.Eppure al di là delle Alpi, un sistema dicompostagio estremamente semplice sidiffonde ormai da più di un quinquen-nio; si tratta di una tecnologia america-na chiamata Ag-Bag, basata sull’impie-

La soluzioneè accettareil futuroLe tecnologie di smaltimentod’oltre Oceano

Luca Monsurròdi

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go di POD, contenitori tubolari in polie-tilene (una plastica flessibile resistente etotalmente riciclabile), che vengonoestrusi automaticamente da una parti-colare macchina operatrice detta Ag-Bagger.All’interno di ogni POD si attiva un pro-cesso di digestione perfettamente aero-bico, privo di percolati e cattivi odori, inquanto ognuno di essi può isolare im-mediatamente i rifiuti dall’ambienteesterno, trasformandoli in compost in

appena 5- 8 settimane.Questi componenti monouso non han-no bisogno di grandi strutture fisse per-ché il processo può essere condotto al-l’aperto (in Europa addirittura su sem-plice terra battuta); e su una superficieinferiore ad un ettaro (10.000 mq.)possono trattare fino a 40.000 tonnel-late all’anno, con una spesa complessi-va che non supera i 12 -13 Euro per ton-nellata tutto compreso.Se consideriamo che alcuni comuni

spendono anche 170 euro per ogni ton-nellata di umido inviato agli impianti dicompostagio fuori regione, oltre allaenorme convenienza economica, è evi-dente che il maggior beneficio è quellodi non dover più trasportare i rifiuti sulunghe distanze.La semplicità di questo sistema potreb-be consentire la realizzazione di unconsiderevole numero di strutture pic-cole ed economiche diffuse sul territorioin maniera più capillare e consona alleattuali necessità di smaltimento.In Svezia, paese sulla cui fede ambien-talista nessuno può dubitare, negli ulti-mi cinque anni sono stati realizzati do-dici impianti con questo sistema; diquesti uno viene utilizzato anche per iltrattamento tramite Bioremediation deisuoli inquinati.In America, dove questo sistema è usatoda oltre 20 anni; si impiegano ormaiPOD enormi, (fino ad 800 metri cubi) incui rifiuti urbani, agricoli e perfino mo-bili vecchi, pedane e scarti dell’indu-stria edilizia, una volta triturati e misce-lati, vengono trasformati, eliminando ilrischio rappresentato dal loro abban-dono nelle discariche.Nel bel paese, invece, si preferisce la-sciare l’immondizia dove capita, perfi-no nelle cave all’ingresso della costieraSorrentina in modo che i turisti dall’altodei bus turistici la possano ammiraretra una foto al Vesuvio ed una boccatadell’olezzo che ha sostituito il profumodei limoni.Così lo sviluppo dei piani per la raccoltadifferenziata, che è alla base dell’inte-ro piano di smaltimento, è limitato pro-prio dalla carenza di impianti per iltrattamento dell’umido, mentre, para-dossalmente, l’attuale produzione dicompost per usi agricoli copre appenail 4-5% del fabbisogno nazionale.Certo non tutti i rifiuti umidi possono es-sere intercettati e trattati correttamente;la FOS ad esempio è troppo ricca di in-quinanti per produrre un compost uti-lizzabile in agricoltura, ed in genereimpianti obsoleti, mal gestiti o basati sutecnologie troppo complicate, finisco-no col produrre qualcosa di cui gli agri-coltori giustamente diffidano.Tuttavia anche questo prodotto cheprende il nome di biostabilizzato po-trebbe essere proficuamente utilizzatonei trattamenti di bonifica delle discari-che abbandonate, in quanto l’impiegodel sistema Ag-Bag unitamente a tecni-che di Bioremediation, potrebbe acce-lerare l’opera di risanamento delle dis-cariche e dei siti inquinati.Questa sembrerebbe un'altra storia,non riusciamo a rimediare ai guai at-tuali, né a quelli precedenti; e siamolenti ad accettare le buone innovazionidi un futuro che per altri popoli è già

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La storia del castello più antico di Napoli è in-dissolubilmente legata a quella delle originidella città e degli eventi che si succedettero finoall’epoca delle prime costruzioni del Castello,senza trascurare gli aspetti morfologici, geo-logici e idrogeologici che caratterizzano il ter-ritorio circostante. Castel dell’Ovo sorge infat-ti sull’isolotto dell’antica Megaride, uno deiprimi approdi dei greci, che in esso trovaronoun luogo ideale da sfruttare, almeno fino agliinizi del V sec. a.C., come base commerciale emilitare. Qui ebbe origine il primo insedia-mento di Partenope.L’isolotto di Megaride, collegato alla terrafer-ma con un pontile e proteso verso il Golfo, mi-sura circa duecentocinquanta metri di lun-ghezza e quaranta di larghezza. Esso è inoltrelocalizzato proprio di fronte al Monte Echia,attuale collina di Pizzofalcone e “rappresental’estrema propaggine di una dorsale, formatada materiale di origine vulcanica, costituitadalle colline di Pizzofalcone e di Posillipo” (G.Maria Monti, Lineamenti geologici ed idro-geologici del territorio all’intorno del Casteldell’Ovo, in Castel dell’Ovo, dalle origini al XXsecolo, a cura di L. Maglio, Istituto Italiano deiCastelli - Onlus, Quaderno n. 1, Napoli,2007, p. 4). In base alle formazioni tufaceepresenti nell’isolotto di Megaride, ma anchesulla collina di Pizzofalcone, di epoca prece-dente a quelle tipiche della città di Napoli, eprodotte invece dalle eruzioni del vulcano de-nominato “Chiaia”, Gennaro Maria Montipropone l’ipotesi di un distacco di quello chepoi è diventato l’isolotto di Megaride dal Mon-te Echia durante una di queste eruzioni, poi-ché resti del cratere Chiaia sono stati rinvenutisia nella collina di Pizzofalcone sia nell’isolot-to.In quest’area, tra l’isolotto di Megaride e ilMonte Echia, si insediò, in epoca romana, unatra le ville più sontuose, fatta costruire congrandi spese dal patrizio Lucio Licinio Lucullo enota come castrum lucullianum. Di quest’ulti-ma, una serie di sale di pranzo ricche di qua-dri, sculture e collezioni artistiche, dove si svol-gevano i famosi pranzi luculliani, nonché lagrandiosa biblioteca ricordata e apprezzatada Plutarco, luogo aperto a letterati e studiosi,sembra che fossero ubicate proprio negli am-bienti dove oggi sorge il Castel dell’Ovo.Verso la fine del V secolo d. C., caduto ormail’Impero Romano, giunsero sull’isolotto di Me-

Castel dell’Ovo, testimonedella storia millenaria di Napoli

Linda Iacuziodi

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Il Consorzio San Leucio Seta

garide i monaci Basiliani, e qui, sui resti dellavilla di Lucullo, tra il 492 e il 496 fu fondato unmonastero, ben presto fiorente centro di cultu-ra dove nacque una schola scriptoria, dove ve-nivano copiati preziosi codici e dove, secondoalcune fonti, “i monaci avrebbero custoditoanche parte dei papiri della famosa biblioteca

di Lucullo”. I monaci vivevano in celle e cunico-li ricavati nel tufo, i cui ambienti - che ancoraoggi si conservano - sono divisi in due gruppi:il romitorio di Santa Patrizia e un secondo ro-mitorio nei pressi della chiesa di S. Salvatore,una delle due chiese che diede il nome all’isolanel VII secolo, quando i monaci Basiliani ab-bracciarono la regola di S. Benedetto.Nel 902, al tempo delle incursioni saracenenel Golfo, l’isolotto e quindi il cenobio venneevacuato, ma pare che già prima di questa da-ta vi fossero delle fortificazioni, di cui non sihanno però testimonianze, mentre per gli ulti-mi anni del Ducato bizantino è attestata la pre-senza almeno di una fortificazione sull’isola,denominata, nel trattato di pace del 1128 tra ilduca Sergio VII e la Repubblica di Gaeta, “arxsancti Salvatoris”, Arce di San Salvatore. Le prime vicende costruttive del Castel dell’O-vo, su un sito stratificato e denso di storia, risal-gono proprio al 1128, mentre a partire dall’e-tà normanno-sveva l’isola di Megaride e il pri-mitivo nucleo del Castello assunsero un’esclu-siva funzione militare. Fu proprio in questo pe-riodo che, con Guglielmo il Malo, cominciaro-no opere di fortificazione, affidate probabil-mente all’architetto Buono, tra cui la costruzio-ne di una delle torri che caratterizzarono il Ca-stello, la torre “Normandia”, a pianta quadri-latera, posta a difesa dell’estremità dell’isolada eventuali attacchi; essa diede il nome al ca-stello, che in quel periodo era appunto dettoCastello di Normandia. Durante la domina-zione sveva (1198-1266), il castello subì ulte-riori rifacimenti e ampliamenti; a questo perio-do risalirebbe la costruzione di altre tre torri, latorre “Colleville”, la torre “Maestra” e la torre“di Mezzo”. Oggi possono essere identificatepochissime testimonianze relative alla primatorre “Normandia” e all’ultima, la torre “diMezzo”, mentre la torre “Colleville” fu modifi-cata e inglobata nelle fortificazioni bastionatedel Viceregno spagnolo. Durante il periodo svevo, dunque, Federico IIconcentrò nel castello il tesoro regio; alcuniambienti servirono da abitazione per la mo-glie e successivamente per il figlio Manfredi.Con gli angioini il Castello subì significativetrasformazioni strutturali. In primo luogo, fuproprio in questo periodo che appare per laprima volta la denominazione di Castel del-l’Ovo che si sostituisce a quella immediata-mente precedente di Castrum Salvatoris admare; allo stesso modo, fu in quest’epoca, pre-cisamente nel 1352, che apparve per la primavolta un’immagine del Castello nel Codice de-gli Statuti dell’Ordine del Nodo o di Santo Spi-rito, conservato nella Biblioteca nazionale diParigi; il Codice mostra l’aspetto di cittadellafortificata che aveva il Castello, tipica del pe-riodo normanno-svevo, e ancora in parte con-servata nel periodo angioino. Tuttavia a que-sta fase sono da far risalire alcune modifiche,come ad esempio le finestre bifore, che testi-moniano la graduale trasformazione del Ca-

stello da luogo militare a luogo residenziale,pur conservando esso in epoca angioina lasua principale funzione difensiva. Al tempo diGiovanna I, importanti lavori di restauro affi-dati all’architetto Giovanni di Giulio, soprat-tutto dopo i danni subiti dal Castello dopo unaviolenta tempesta nel 1370, determinarono lascomparsa pressoché totale delle strutture nor-manno-sveve, di cui oggi restano pochissimetestimonianze, come il loggiato angioino el’ambiente denominato Carcere della reginaGiovanna.Ma fu durante la fase aragonese che il Castellodell’Ovo subì notevoli trasformazioni conl’abbassamento e l’ispessimento di alcune tor-ri e la scomparsa di altre, oltre all’adeguamen-to di parecchi ambienti, soprattutto nella partecentrale della struttura, per rispondere meglioa nuove esigenze difensive e allo stesso temporesidenziali (fu infatti spesso abitato da Alfon-so il Magnanimo e da suo figlio Ferrante). IlCastello, quindi, perse l’aspetto di cittadellaprotesa sul mare, caratterizzata da alte torri, eacquisì, invece, una forma più compatta e piùmassiccia e quindi quasi del tutto inespugna-bile dal mare.Durante il periodo vicereale e nei secoli suc-cessivi il Castello subì un decadimento, dive-nendo soprattutto presidio militare costiero,mentre numerosi danni alle strutture richieserospesso interventi di restauro. Ben presto il Ca-stello perse anche le sue funzioni difensive, an-che per la presenza di Castel Nuovo e di CastelS. Elmo, essendo sempre più esposto agli at-tacchi esterni e divenendo più spesso residen-za dei militari o luogo di detenzione, soprattut-to nel Settecento e nel primo Ottocento. Nel1824 Castel dell’Ovo fu anche sede di una sta-zione telegrafica “assumendo un ruolo piùcommerciale che strategico e di riflesso al por-to di Napoli”. Le trasformazioni urbanistichedella fine dell’Ottocento e del primo Novecen-to determinarono due colmate con una ridu-zione del pontile, l’abbattimento delle case deipescatori per far posto al quartiere di S. Lucia ela colmata ad est del Castello dove nel 1886 fucostruito il “Borgo Marinari”. Il Castel dell’O-vo appartenne all’amministrazione militare fi-no agli anni ’60 del ’900, quando passò inve-ce all’amministrazione civile, che cominciò leprime operazioni di restauro soprattutto a ca-rico del basamento tufaceo e “delle cortineesterne erose dagli agenti atmosferici”. A par-tire dal dicembre 1999 il Castello viene con-cesso in uso al Comune di Napoli dallo StatoItaliano per svolgervi attività culturali e turisti-che finalizzate alla sua valorizzazione. Oggiil Castello dell’Ovo, che racchiude dentro disé, nelle sue strutture, seppur modificate, nelletestimonianze architettoniche e artistiche, lastratificazione dei secoli, della storia napole-tana, la memoria dei personaggi che qui si av-vicendarono, le leggende e i miti che lo avvol-gono ancora, è più che mai uno dei simboli piùbelli e suggestivi della città di Napoli.

Didattico. Un aggettivo che dovrebbe as-sommarne altri, come “chiaro”, “affasci-nante”, “utile”. E in questo caso ci riesce.Perché, attraverso un approccio multidi-sciplinare e la competenza delle sue gui-de, il Museo Storico dell’Osservatorio Ve-suviano ricostruisce gli albori della geofi-sica e della vulcanologia e, ripercorren-do dalle origini la “biografia” del vulcanopiù celebre e monitorato del mondo, aiu-ta a non abbandonarsi a irrazionali al-larmismi, e a non dar credito a quegliscoop che ciclicamente annunciano la ca-tastrofe più o meno imminente, precisan-done addirittura la data. Illazioni destitui-te di fondamento scientifico ma dall’im-patto immediato, vuoi per atavica e legit-tima paura, vuoi per credulità popolare. Allora, una passeggiata domenicale inquest’oasi di pace abbarbicata a 608metri di altezza sullo “sterminator” leo-pardiano può servire a far chiarezza.Perché in questa istituzione, che fu la pri-ma nel suo genere in Europa, convivono ilpassato, il presente e il futuro di quellache, per chi ci abita sotto, era ed è, sempli-cemente, “‘a muntagna”.Partiamo dal passato, ovvero dall’edifi-cio fatto costruire nel 1841 da Ferdinan-do II di Borbone sul Colle del Salvatore.Una graziosa struttura neoclassica pro-gettata da Gaetano Fazzini, rimarchevo-le anche dal punto di vista architettonico-artistico: si vedano, nel Salone Palmieri,gli eleganti stucchi e i dipinti di soggettomitologico incassati nel soffitto, opera diGennaro Maldarelli; oppure la luminosaSala Ottagona, sormontata da una cupo-la, dove sono esposti e classificati diversimateriali piroclastici, insieme ai meda-glioni ricavati imprimendo sagome nellalava bollente, souvenir apprezzatissimodai turisti.Direttore del neonato Osservatorio fuMacedonio Melloni, appositamente ri-chiamato dall’esilio in terra di Francia, ilquale, però, sospettato di coltivare anco-ra simpatie liberali, venne allontanatopochi anni dopo. Gli successe Luigi Pal-mieri, che nel 1856 realizzò il primo si-smografo in grado di registrare con la

corrente elettrica i cosiddetti terremotistrumentali. Un’invenzione davvero pio-neristica, prodotta in soli sette esemplari edi cui il Museo conserva, oltre all’origina-le, anche la versione “portatile”, con laquale lo studioso arrancava a dorso dimulo sulle pendici del vulcano per esegui-re rilevazioni sul campo. Ad inerpicarsisui dirupi infuocati non erano soltanto gliscienziati, ma anche curiosi e turisti, ri-tratti nelle belle tavole settecentesche diPietro Fabris per il volume di Sir WilliamHamilton “Campi Phlegraei”, dove si ve-dono gentiluomini in tricorno e marsinagodersi in loco lo spettacolo pirotecnicodi magma e lapilli. Il Museo, infatti, custo-disce una parte significativa della biblio-teca dell’Osservatorio: un ricco patrimo-nio diviso tra la sede storica e il centrooperativo di via Diocleziano, a Napoli,con alcune rarità, come 10 cinquecentinee circa sessanta seicentine, queste ultimerelative principalmente all’eruzione del1631. Anno che riporta ad una delle piùnote e devastanti esplosioni, seconda perfama e gravità solo all’“eruzione” per an-tonomasia, quella che nel 79 d. C. distrus-se Ercolano e Pompei, narrata attraversocalchi e filmati. Tra i supporti audiovisivi,quello dedicato al risveglio del marzo1944 si intreccia, per tanti, ai ricordi deinonni, testimoni diretti di un evento vissu-to quasi come una calamità di ordinariaamministrazione, a riprova della mag-

gior confidenza verso una spaventosa,ma preziosa, risorsa oggi avvilita e de-gradata, a dispetto della denominazionedi Parco Nazionale. Un atteggiamento su cui meditare per unfuturo in cui c’è da stare comunque in al-lerta, stando alla simulazione compute-rizzata di quel che potrebbe accadere incaso di ripresa dell’attività: in 10- 15 mi-nuti la lava raggiungerebbe l’area circo-stante il cratere, affollata da 700mila per-sone.E il presente? La quotidianità dell’Osser-vatorio è fatto di visite al Museo (da lunedìa venerdì ore 9/14 per scuole e gruppi suprenotazione; sabato e domenica ore10/14 accesso al pubblico; prenotazioniallo numero 081/6108483) e soprattut-to dell’alacre e puntuale lavoro delle sta-zioni scientifiche, con le quali si può inte-ragire grazie al sito www.ov.ingv.it, checonsente di tenere sotto controllo in temporeale i movimenti del Vesuvio. Un traccia-to aggiornato ogni 40 secondi, elettro-cardiogramma di questo maestoso, terri-bile e bellissimo “sorvegliato speciale”.Che qualche palpitazione la fa venire so-prattutto ai suoi “inquilini”.

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Il Museo dell’OsservatorioVesuviano

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Da qualche anno attraverso uno stu-dio particolareggiato effettuatodalla Scuola Superiore di Fisiote-

rapia di Sydney, è stata messa fortementein discussione la pratica sportiva delloStretching, cioè quella serie di allunga-menti muscolari considerati utili nel pre-gara e nel post-gara, o comunque primae dopo gli allenamenti svolti da sportiviamatoriali e professionali. La polemicanon si è affatto placata, visto che il dissi-dio va avanti senza arrivare ad una verae propria conclusione: in realtà la ricer-ca, lo studio e il consuntivo degli espertiaustraliani bocciano completamente lapratica dello stretching che è entrato a farparte del patrimonio dello sport e dei pro-grammi di allenamento grazie alla pub-blicazione divulgata in oltre tre milioni dicopie e firmata da Bob Anderson, ritenu-to l’inventore di questa pratica motoria,pervenuta in Europa intorno agli anni’80.

Ma analizziamo nel dettaglio e con unapprofondimento specifico le due tesi chemeritano entrambe un’attenta riflessio-ne. Lo stretching consente all’atleta dipreparare al meglio le proprie condizio-ni fisiche, ma non di migliorare le presta-zioni. Viene svolto prima e dopo lo jog-ging praticato da milioni di sportivi checorrono dappertutto, nelle palestre mae-stri e istruttori di sport iniziano e chiudo-no i corsi da loro diretti con lo stretching,lo praticano gli sprinters, i saltatori, i cal-ciatori prima di iniziare le partite di foot-ball durante le operazioni di riscalda-mento, ed ancora i pugili prima di batter-si, i giocatori di rugby e i praticanti diqualsiasi specialità sportiva: insomma,distendere i muscoli è ormai entrato a farparte di una vera e propria educazionemotoria ed è anche considerato un tocca-sana per evitare le probabilità di incorre-re in qualche infortunio muscolare, tipocontratture, stiramenti o strappi, le gra-dualità di un possibile incidente. Va puredetto che fare stretching è una pratica uti-le a tutte le età e che ogni esercizio va svol-to mantenendo la posizione tra i sette e idieci secondi con una serie di ripetizionida due a cinque e con una pausa tra gli al-lungamenti dai 15 ai 30 secondi. Espertidi sport e medici sportivi ritengono tral’altro fondamentale anche una correttarespirazione: occorre inspirare durantel’allungo. Tra l’altro l’allungamento con-tribuisce all’eliminazione dell’acido latti-co e consente allo sportivo di sciogliere learticolazioni, al fine di raggiungere unperfetto equilibrio muscolare.La ricerca australiana capovolge presso-ché interamente la filosofia dello Stret-

ching che viene considerato inutile o ad-dirittura dannoso nel pre-gara, praticar-lo determina un maggiore rischio di in-fortuni. Da sottolineare che i ricercatoriaustraliani sono arrivati a questa conclu-sione dopo aver analizzato una serie dilavori pubblicati in un arco di tempo di 34anni, dal 1966 al 2000, svolgendo un’at-tività di controllo capillare sugli infortunimuscolari dovuti agli effetti dello stret-ching. Ecco nello specifico le ragioni del-la tesi: l’allungamento muscolare porte-rebbe a delle tensioni considerate ecces-sive, superiori ai limiti di ogni atleta, ten-sioni muscolari che favoriscono i micro-traumi all’interno del muscolo stesso, al-l’insaputa dell’interessato che attraversol’allenamento si è abituato al dolore e siespone pericolosamente al rischio di in-fortunarsi.

Per quanto riguarda il defaticamento,cioè il post-gara, la posizione degliesperti della Scuola di Fisioterapia diSydney non è affatto diversa: dopo laprestazione o comunque dopo lo joggingo il lavoro svolto in palestra, o al termine

di qualsiasi attività sportiva, l’allunga-mento muscolare comprime i capillariostacolando l’afflusso del sangue. Ciòdetermina un drenaggio minore princi-palmente in quei muscoli che hanno unamaggiore necessità di recupero. La tesirelativa al post-gara, è tra l’altro condivi-sa e sostenuta anche da esperti e medicisportivi che considerano salutare lo stret-ching prima di iniziare una gara o la con-sueta attività sportiva, dopo il riscalda-mento: al termine di un allenamento o diuna prestazione in una gara, i muscoli so-no infatti stressati e non vanno sottopostia successive pericolose tensioni. A questopunto cosa tocca fare? L’interrogativosull’utilità o meno dello Stretching per isedentari e gli sportivi, è stato sciolto da-gli esperti con una serie di consigli: è unapratica che offre la sua utilità per affron-tare la gara o l’allenamento e va svoltacon equilibrio, magari accompagnatada esercizi necessari per una corretta po-stura, esercizi che in molti casi eliminanoquel fastidioso mal di schiena di cui algiorno d’oggi soffrono un po’ tutti.

Gianfranco Lucariellodi

Lo StretchingLo Stretching

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2008

44

Negli ultimi tempi si è ravvivato il dibattitosul processo di valutazione della diri-genza nella pubblica amministrazione

e si è discusso del rendimento complessivo dellestrutture operanti in ambito pubblico e dei di-pendenti pubblici che operano all’interno dellepredette strutture. E’ stato anche presentato undisegno di legge che istituisce un’autorità ga-rante ed indipendente, per la valutazione delpersonale e delle strutture pubbliche.Gli interventi coerenti del Prof. Pietro Ichino sul-la riforma del pubblico impiego e sugli incentiviper il migliore funzionamento dell’apparatopubblico, hanno dettato la trama per sollecita-re la discussione e l’assunzione di provvedi-menti normativi e regolamentari. L’esperienzasul campo, in ARPAC, consiglia riflessioni espunti per definire il processo di valutazionenelle sue varie sfaccettature e nelle sue moltepli-ci variazioni. Tutti i contratti della dirigenza edel comparto dedicano alcune parti al procedi-mento di valutazione del personale dirigente enon dirigente. Si discute spesso sul processo divalutazione perché quasi sempre il riferimentoè ai risultati raggiunti rispetto agli obiettivi asse-gnati.Normalmente nell’attribuzione degli incarichidi dirigente ovvero di assegnazione delle posi-zioni organizzative ovvero degli incarichi dicoordinamento che pure hanno un costo consi-stente nelle pubbliche amministrazioni, si indi-cano obiettivi generali in maniera generica e sianalizzano i risultati sulla base di valutazionialtrettanto generali e generiche.Ciò vale sia per la Regione Campania nella sot-toscrizione dei contratti per i Direttori Generalidelle aziende di riferimento regionale e sia perla Direzione Strategica delle predette aziendeper quanto riguarda le posizioni dirigenziali efunzionali.Sempre in tale assetto formalizzato, non sem-pre sono chiari i compiti e le attribuzioni del ser-vizio controllo interno, che dovrebbe caratte-rizzarsi:a) per la valutazione dell’adeguatezza delle

scelte compiute nell’attuazione dei piani edei programmi dell’azienda;

b) per la congruenza tra risultati conseguiti (edefiniti in maniera certa) ed obiettivi pre-definiti, determinati ed individuati in ma-

niera precisa;c) per la individuazione, in tempi certi ed utili,

dei fattori ostativi alla realizzazione dellepolitiche individuate e delle eventuali re-sponsabilità;

d) per la proposizione di correttivi all’azione digoverno in corso d’opera.

Il Servizio Controllo Interno, incardinato nellaDirezione Strategica, dovrebbe essere in gra-do di fornire analisi organizzative, finalizzatead evidenziare costi e rendimenti delle artico-lazioni aziendali, con indicazioni per il miglio-ramento della funzionalità dell’amministrazio-ne.Rispetto alle questioni sollevate dal Prof. PietroIchino e dai cultori del Diritto del Lavoro insiste,nella pubblica amministrazione, la vecchiaabitudine degli organi di governo di continua-re a gestire direttamente, decidendo se autoriz-zare, se delegare competenze, se ordinare di-rettamente, se contrattare, stipulare, pagare,transigere. In sostanza il rapporto funzionalepolitica-dirigenza è quasi sempre caratteriz-zato dalla volontà dell’organo di governo di in-cidere sulle scelte gestionali. La conseguenza ditale comportamento è la rendicontazione al-l’organo di governo, che si trasforma in organodi gestione, del provvedimento attuato.Sia il Servizio di Controllo Interno sia il proces-so di valutazione, presuppongono la indivi-duazione dei Centri di Responsabilità e deiCentri di Costo. I Centri di Responsabilità, nel-l’organizzazione ARPAC, possono ricondursialle macrostrutture (Direzione Generale – Dire-zione Amministrativa – Direzione Tecnica – Di-rezione Dipartimenti Provinciali) e le predettearee possono anche, ma non necessariamentee non esclusivamente, configurarsi come Centridi Costo. Una volta individuati i Centri di Re-sponsabilità e le strutture dei Centri di Costo, èpossibile individuare le tipologie di spesa (per-sonale – patrimonio – beni e servizi – economa-to) e procedere per dettagli all’interno del sin-golo capitolo di spesa.Il processo funziona in presenza di linee di indi-rizzo della Direzione Generale, con assegna-zione delle risorse (budget), con invito a rela-zionare, quadrimestralmente, sull’attività svol-ta, sulle risorse impiegate, con report di con-fronto con il quadrimestre dell’anno preceden-te e del quadrimestre precedente. Su tale pro-cesso si innesta il Servizio di Controllo Internoche dovrebbe intervenire, tempestivamente,

Francesco Poliziodi

Il processo organizzativoin ARPAC

CRITERI PER LA GRADUAZ

Le posizioni organizzative

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NI La graduazione delle posizioni organizzative e del relativo trattament

cipali (non esaustivi) elementi, ad ognuno dei quali assegnare un punte

CRITERIO SPE

Valenza strategica della posizione rispetto contributo delagli obiettivi agenziali contributo del

Complessità complessità e organizzativa grado di disom

complessità devariabilità delgrado di respotipologia procinnovazione, astruttura con p

Autonomia variabilità dele responsabilità livello di intera

risorse gestite

Competenze competenza pe professionalità esperienza pr

peculiarità degrado di speciflessibilità e ca

In relazione al punteggio totale attribuito, le posizioni organizzative so

POSIZIONE PUNTEGGIOda

TIPO A 81TIPO B 50

Ripartizione e indennità connessa all’incarico di posizione organizzativ

POSIZIONE PUNTEGGIOda

TIPO A 81TIPO B 50

(°) Convezione(**) esito sessione negoziale triennale

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per evidenziare eventuali scostamenti e perprocedere attraverso correttivi. Con atto deli-berativo si è proceduto alla “Regolamentazio-ne e definizione delle posizioni organizzati-ve”.Per i dipendenti titolari delle posizioni organiz-zative è prevista una specifica valutazione an-nuale ed altra valutazione alla fine dell’incari-co. La gestione del sistema di valutazione è intesta al Servizio Controlli Interni ed al CollegioTecnico.La valutazione delle prestazioni avviene:a) annualmente, in prima istanza mediante

proposta, da parte del dirigente sovraor-dinato ovvero del responsabile di strutturae successive validazioni della gerarchiadirigenziale sovraordinata e del Direttoredi struttura (Generale, Amministrativa,Tecnica, Dipartimentale, Centro Regiona-le), dove insiste la stessa posizione orga-nizzativa, attraverso apposita scheda di"Valutazione annuale di incarico di posi-zione organizzativa". La scheda è tra-smessa dal Direttore di struttura al ServizioControlli Interni che effettua la valutazionedi seconda istanza;

b) alla fine dell'incarico, in prima istanza me-diante proposta, da parte del dirigente so-vraordinato ovvero del responsabile distruttura e successive validazioni della ge-rarchia dirigenziale sovraordinata e delDirettore di struttura (Generale, Ammini-strativa, Tecnica, Dipartimentale, CentroRegionale), dove insiste la stessa posizioneorganizzativa, attraverso apposita sche-da di "Valutazione di fine incarico di posi-zione organizzativa". La scheda è tra-smessa dal Direttore della struttura al Col-legio Tecnico che, previa acquisizione del-la necessaria documentazione, effettua lavalutazione di seconda istanza.

Al termine dei processi di valutazione, annualee di fine incarico, di prima e seconda istanza: a) il Servizio Controlli Interni trasmette detta-

gliata e motivata relazione al Direttore Ge-nerale, e copia di tutta la documentazionedi processo al Direttore Amministrativo,per gli adempimenti di competenza;

b) il Collegio Tecnico trasmette dettagliata emotivata relazione al Direttore Generale, ecopia di tutta la documentazione di pro-cesso al Direttore Amministrativo, per gliadempimenti di competenza.

L'esito positivo delle valutazioni di prima e se-conda istanza: a. annuale, per i primi due anni, è condizionato

per:• la corresponsione della retribuzione di risul-

tato, nella misura prevista dal successivoart. 7;

• il prosieguo – per i primi due anni – dell’inca-rico triennale in essere;

b. di fine incarico – terzo anno – è condizioneper:

• la corresponsione della retribuzione di risul-tato, nella misura prevista dal successivoart. 7;

• l’eventuale assegnazione di un successivo in-carico.

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IER LA GRADUAZIONE DELLE POSIZIONI ORGANIZZATIVEtive e del relativo trattamento economico viene effettuata con il metodo della comparazione dei fattori, secondo i seguenti prin-dei quali assegnare un punteggio:

SPECIFICA

ispetto contributo della posizione organizzativa nel conseguimento degli obiettivi della struttura di afferenzacontributo della posizione organizzativa nel conseguimento degli obiettiviagenziali

Totale (max20)

complessità e strategicità degli obiettivi grado di disomogenità e non ripetitivitàcomplessità delle relazioni internevariabilità del sistema normativo di riferimentogrado di responsabilità verso l’esternotipologia processi o sottoprocessi da gestire: standardizzati e consolidati, critici, variabili, soggetti a rapida innovazione, anche in cui è istituita la posizione ornanizzativa.struttura con posto di dirigente vacante

Totale (max40)

variabilità delle condizioni di contesto (routinarie ed impreviste)livello di interazione orizzontale/verticale, con interlocutori interni ed esternirisorse gestite (umane, finanziarie, tecnologiche e strumentali)

Totale (max15)

competenza professionale richiesta: tecnico-specialistica, multidisciplinare, relazionaleesperienza professionalepeculiarità della competenza professionale richiestagrado di specializzazione richiestoflessibilità e capacità di adattamento

Totale (max25)

le posizioni organizzative sono così graduate:

PUNTEGGIO GRADUAZIONEda A

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rico di posizione organizzativa.

PUNTEGGIO GRADUAZIONE VALORE ECONOMICOda A

Totale (°) Euro**81 100 100 ............50 80 100/2 ............

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Una delle immagini più suggestive delnostro Paese, ed in particolare dellanostra regione, è quella legata alla fa-

volosa "dieta mediterranea", intesa comeun'alimentazione non solo caratterizzata daspecifici alimenti (pomodoro, olio d'oliva, pa-sta), ma anche da prodotti che soddisfino untarget qualitativo raggiungibile quasi esclusi-vamente grazie all'esposizione al nostro sole,all'acqua ed ai minerali dei nostri terreni, allacura certosina dei nostri agricoltori, fino alraggiungimento di un sapore e di proprietàorganolettiche unici nel loro genere. Questoprimato rischia di essere violentato dalle im-portazioni sicuramente meno costose, ma alcontempo proporzionalmente meno validequalitativamente.Il problema è duplice: da una parte, i consu-matori italiani acquistano senza consapevo-lezza prodotti che, provenendo da Paesi nonindicati sull’etichetta, sono allusivamente at-tribuiti al nostro; dall'altra, lo stesso tipo di al-lusività troneggia sui prodotti venduti all'este-ro, con ingenti danni alla nostra esportazio-ne. Innumerevoli sono, infatti, le "imitazioni"dei nostri prodotti che impazzano nel mondointero (esemplari i casi dell' "olio Pompeyan"prodotto nel Maryland, oppure dei pomodoriprodotti al caldo sole della California e com-mercializzati dal Sig. Robert Di Napoli,ambi-guamente, associa il proprio cognome a "o'paese ddo sole").Ad esemplificazione, invece, del primo pro-blema sollevato è l'importazione dei pomo-dori "made in China", che arrivano sulle tavo-le italiane nella nostra piena inconsapevolez-za. La Cina non è nuova all'importazione diprodotti di dubbia qualità (valgano da esem-pio i dentifrici tossici, i giocattoli contenentipiombo, etc.), derivanti dalla minore cura chei produttori orientali dedicano alle normeigienico-sanitarie.Lo stesso vicepresidente della Commissioneper gli Affari Rurali cinese ha rivelato che tre-centoventidue milioni di cinesi bevono acquainquinata proveniente dalle campagne, lastessa che i vegetali ivi coltivati assorbono eportano direttamente al cospetto delle fami-glie italiane.

Da specificare, ad onor del vero, che non c'èancora nessuna dimostrazione che i prodottidel Sol Levante siano tossici in alcun modo.Come fanno questi pomodori ad arrivare incompleto incognito sulle nostre tavole?la pro-cedura è semplice: l'etichetta, che nel caso diprodotti "primi" riporta il luogo di provenien-za degli stessi, nel caso di prodotti "al detta-glio" riporta solo il luogo di confezionamento.Si lavora, quindi, il prodotto "in loco", cercan-do di eludere l'obbligo di dichiarare sull'eti-chetta la provenienza dello stesso.Sembrerà assurdo, ma una legge a riguardoesiste, ha 3 anni suonati, e salvaguardereb-be, qualora attuata con solerzia, sia la nostralibertà di scelta che la nostra economia: la leg-ge 204 del 3 agosto 2004 che sancisce, all'ar-ticolo 1-bis (comma 1), che "al fine di consen-tire al consumatore finale di compiere scelteconsapevoli sulle caratteristiche dei prodottialimentari posti in vendita, l'etichettatura deiprodotti medesimi deve riportare obbligato-riamente, l'indicazione del luogo di origine oprovenienza", dove (comma 2) "per luogo diorigine o provenienza di un prodotto alimen-tare non trasformato si intende il Paese di ori-gine ed eventualmente la zona di produzionee, per un prodotto alimentare trasformato, lazona di coltivazione o di allevamento dellamateria prima agricola utilizzata prevalente-mente nella preparazione e nella produzio-ne". Appare evidente lo sforzo del legislatore,

grazie anche all'impegno di Slow Food e Col-diretti, nel tutelare la nostra produzione e lanostra alimentazione; oltre alla garanzia diqualità, infatti, questa legge garantisce che"al fine di assicurare la corretta e trasparenteinformazione del consumatore, la denomina-zione di vendita dello Stato membro di produ-zione non puo' essere usata quando il prodot-to che essa designa, dal punto di vista dellasua composizione o della sua fabbricazione,si discosta in maniera sostanziale dai prodottidi cui ai commi 1, 2 e 3".Ad opporsi a questa legge una direttiva dellaCE che vede, in alcuni punti della 204/2004,un potenziale attentato alla libertà dei merca-ti; l'etichetta della provenienza condizione-rebbe la scelta di prodotti ritenuti, pregiudi-zievolmemte, di minore qualità; è in discus-sione, quindi, l'abrogazione di una sostan-ziale parte della legge 204 in Parlamento, giàdal mese di marzo del 2007.Tenendo conto delle considerazioni sopraesposte, non appare giustificato l'atteggia-mento della CE, posto a garanzia del liberomercato, ma cieco di fronte alla libertà dei cit-tadini europei di scegliere in piena coscienzacosa consumare; al contempo, un pessimocolpo viene inflitto non solo alla nostra già len-ta economia, ma a noi cittadini italiani, chedovremmo strenuamente tutelare uno deisommi beni del nostro, in fin dei conti, meravi-glioso Paese.

Tiziana Muscariellodi

Garanzia di produzione italiana:

diritto del consumatoreo impedimento al libero mercato?

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ORDINEDEI MEDICI

Le nuove sfide della Sanità italianaNapoli:“farmaci attivi e bilanci passivi”L’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di

Napoli, in collaborazione con FNOMCeO ( Federa-zione Nazionale Medici Chirurghi e Odontoiatri) ha

promosso, il 27 ottobre scorso a Napoli, un convegno sul te-ma: “Farmaci attivi e bilanci passivi: la sfida dell’ appro-priatezza. Una riflessione sui nuovi percorsi terapeutici ita-liani”. Al centro del convegno l’equazione tra limitatezzadelle risorse e contenimento dei costi che induce a richiedereai medici di spendere con rigore per la prescrizione di far-maci. Fondamentale per raggiungere un corretto equilibriotra esigenza etica e necessità del risparmio, la cosiddetta“appropriatezza prescrittiva”, cui vincolare l’azione delmedico che deve però essere libero da condizionamenti im-propri.Tra i capitoli in discussione nell’incontro di Napoli la nuovaFinanziaria, la spesa farmaceutica, la farmacodipendenzadella Campania e del Sud ed i farmaci attivi che rappresen-tano un nuovo percorso terapeutico. Ma cosa s’intende perfarmaco attivo o generico? Il farmaco generico è un medici-nale il cui principio attivo (ossia la sostanza che svolge l’a-zione farmacologica) è già ampiamente utilizzato in tera-pia e non è più coperto da brevetto. È un farmaco esattamente equivalente dal punto di vistaqualitativo e quantitativo al suo “gemello” già in commercioma costa di meno (si risparmia almeno il 20 per cento) e haun nome diverso. Secondo la definizione data dalla legge fi-nanziaria del 1996, i farmaci generici sono “medicinali, abase di uno o più principi attivi, prodotti industrialmente,non protetti da brevetto o da certificato di protezione com-plementare, identificati dalla denominazione comune inter-nazionale (DCI) del principio attivo o dalla denominazionescientifica del medicinale, seguita dal nome del titolare del-la autorizzazione all’immissione in commercio (AIC)”. Se-condo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, i farmacigenerici sono farmaci "bioequivalenti” che, rispetto allaspecialità di riferimento, hanno una biodisponibilità simile(la stessa velocità di assorbimento e percentuale assorbita).Per determinare la bioequivalenza esistono dei criteri stan-dardizzati a livello europeo (EMEA, European Agency forthe valutation of medicinal products). Le ditte che li produco-no devono dimostrare che il loro generico è equivalente perefficacia e sicurezza al farmaco già registrato.

Intervista al sen. ScaleraPresidente dell’Ordine deiMedici e Chirurghi di NapoliUn Convegno con presidenti, segretari nazionali,assessori: solo un ap-puntamento di prestigio o qualcosa di più? Presidente Scalera, qualemessaggio si tenta di lanciare?“E’ una riflessione aperta sui nuovi percorsi terapeutici italiani. Il mercatodei farmaci generici cresce: 14% a livello mondiale, 7% in Italia. In alcuneregioni del nostro Paese l’incremento è stato del 25%. E’ un fenomeno nuo-vo, indiscutibilmente importante. Ma sussistono dubbi sulla bioequivalen-za. Parliamo, in effetti, di efficacia terapeutica, potenza dell’azione, effetticollaterali ”.Quando si parla di “appropriatezza” si percepisce insieme un tono posi-tivo e uno negativo: da un lato coerenza farmacologia ed esigenza di ri-sparmio, dall’altro la percezione di uno strumento di controllo nei con-fronti del medico: dove sta il punto di equilibrio tra queste due visioni? “Il punto di equilibrio non ha solo aspetti di natura meramente economicama anche riflessi professionali ed aspetti di natura deontologica di assolutorilievo. C’è oggi confusione nel rapporto tra medici e farmacisti. La FIMMGha più volte, giustamente, sottolineato come la prescrizione del “generico”fatta dal medico di famiglia non debba essere modificata dal farmacista”.A Napoli il confronto tra Medici ed Industria farmaceutica: è una nuovatappa in un dialogo non sempre facile e naturale? Su quali basi comuni sipuò costruire?“Ci sono esigenze nuove probabilmente inedite nella Sanità italiana. La fi-nanziaria del 2008 fissa un tetto del 14,4% per la spesa farmaceutica. Nonbisogna superare questo confine. E questi numeri condizionano necessa-riamente anche il rapporto tra mondo medico e industria farmaceutica. Inmezzo, ci sono le Regioni, soprattutto quelle del Mezzogiorno, chiamate acalmierare una spesa incontrollata”.Medici, prescrizioni , prodotti farmaceutici: quale il ruolo del politico difronte a questa “triangolazione di tematiche”, che in fin dei conti ha i suoiriflessi ultimi proprio sul cittadino?

“La politica deve dare risposte legislative, non limitarsi a semplici tagli,spesso indiscriminati. Bisogna regolare il settore dei farmaci generici, con-

trollare le strutture di produzione, le bioequivalenze. Riflessi diversi di ununico problema.”

* Fonte: sito FNOMCeO

RECENSIONILIBRI

L’autore Piero Colaprico intreccia, inquesto giallo di ecomafia, storie fitti-zie con crude realtà come ‘Ndran-

gheta, Cia, Ministero degli Interni, Nazio-ni Unite, Italia, Somalia, Kenia, accanto alricordo di Ilaria Alpi, che “è una di quellepersone, uno di quegli eroi del nostro tem-po che il Tempo non deve riuscire a cancel-lare”.La storia parte dalla Somalia, si parla diinquinamento da rifiuti radioattivi, per ar-rivare alla città di M. dove l'ispettore Bagnideve affrontare un caso di omicidio checoinvolge il fratello di un pezzo grosso del-l'imprenditoria italiana. Si parte dal ritrovamento di uno scono-sciuto, con la camicia sporca di sanguenon suo e un fucile nel bagagliaio: vieneportato in Questura, riconosciuto comeGiangiacomo Giarletti, della Klauspryde,si rifiuta di collaborare e fa citazioni inven-tate di Abramo. Il sangue è di una ragazzasomala. Chi l'ha uccisa? Il diavolo, sostie-ne il signor Giarletti. Eppure qualcosa nontorna, e mentre ci si addentra nella compli-cata storia, si scoprono risvolti inquietanti.Ma poi usando le buone maniere qualco-

sa Bagni ottiene, e così l’uomo inizia a par-lare di pecore morte, di immigrati assassi-nati, di pastori stranamente deceduti e tut-to questo avviene a pochi chilometri dallacittà di M., proprio vicino alla cascina do-ve abita l’uomo insanguinato.L’ispettore Bagni se la vedrà con forze piùgrandi di lui, con personaggi crudeli emolto potenti. Lo scenario si allarga sem-pre più, si confonde e si perde in terre vici-ne e lontane, avviluppando come unamorsa lo stomaco di chi sta ad ascoltare.Chi è l’uomo-cannone? Chi è il Diavolo?Bagni ha poco tempo per muoversi, maprima deve riuscire a capire, senza farsiconfondere dalle troppe persone coinvoltee soprattutto dall’enormità di quello chesta per scoprire. Si arriverà alla scopertadi un traffico di rifiuti nucleari, in mano aterroristi internazionali. Col coinvolgi-mento dei servizi, della Cia e della DeltaForce. Nel libro, l’autore cita l'articolo 260

del Testo unico ambientale, che punisce iltraffico illecito di rifiuti. Si fa riferimento, anche, ai fatti reali chehanno ispirato il libro: gli affondamentisenza lanciare un may day di carrette delmare piene di rifiuti tossici, in fondo al Me-diterraneo. Si parla del ruolo avuto dallasocietà O.D.M. Oceanic Disposal Mana-gement, finanziata dai soldi della C.E.E. edi altri paesi, per diverse centinaia di mi-liardi di lire, per uno studio sullo smalti-mento in fondo al mare di missili carichi dirifiuti radioattivi. L'uomo cannone, di Piero Colaprico , Edi-

zioni Ambiente, anno 2007, pag. 172,ISBN: 8889014598,

ISBN13: 9788889014592

Alla ricerca della frutta perduta. La storiabiodiversa del cavalier Garnier Valletti.Il protagonista di questo libro, è un perso-naggio poco conosciuto, vissuto negli annidel Risorgimento italiano. La sua storia sipuò inquadrare in una favola e il suo lavo-ro è piuttosto stravagante. Le sue operehanno un valore e un significato molto im-portante: ci aiutano a capire cosa abbia-mo smarrito, cancellando la biodiversità.Ma noi ci chiediamo, che cosa c’entra unuomo del Risorgimento con un concettocosì attuale oggigiorno e così importanteper lo sviluppo sostenibile? FrancescoGarnier Valletti, c’entra, perché ha passa-to la sua vita creando bellissime imitazionidi tutti i frutti e ortaggi che incontrava e ri-scuotendo un grande successo in tutte lepiù importanti corti d’Europa. Le sue crea-zioni, modellate con un misterioso proce-dimento di sua invenzione e conservate edesposte al Museo della Frutta di Torino ( viaGiuria 15, Torino), costituiscono un patri-monio di varietà, profumi, sapori e coloriche possiamo così conoscere e far rivivere.Raccontando la straordinaria vita del Ca-valier Garnier Valletti con i suoi inconfon-dibili disegni, Luca Novelli ci spiega cos’èla biodiversità, la varietà, l’agricolturabiologica, le leggi dell’ereditarietà diMendel, la selezione naturale e artificialee molto altro ancora. La storia può sem-brare una favola e il lavoro del CavalierValletti alquanto bizzarro, ma oggi le sueopere hanno un valore e un significatomolto importante: ci aiutano a capire cosaabbiamo perso, cancellando la biodiver-sità.Il volume presente in allegato efficaci sche-de storico-informative e un divertente di-zionarietto.

Alla ricerca della frutta perduta. La storiabiodiversa del cavalier Garnier

Valletti,di Luca Novelli con illustrazioni diLuca Novelli, Editoriale Scienza, anno

2007, pag.64, ISBN 9788873073796

Andrea Tafurodi

� L’uomo cannonedi Piero Colaprico

� Alla ricerca della frutta perdutadi di Luca Novelli

L’UOMOCANNONE

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VIAGGIO nelle LEGGIper l’ambiente

Èstato pubblicato in Gazzetta Uf-ficiale il decreto legislativo201/2007 inerente l’attuazione

della direttiva 2005/32/CE relativaall’istituzione di un quadro per l’ela-borazione di specifiche per la proget-tazione ecocompatibile dei prodottiche consumano energia.Il nuovo provvedimento, in vigore dal24 novembre 2007, fissa un quadroper l’immissione sul mercato, la messain servizio e la libera circolazione deiprodotti che consumano energia og-getto delle misure di esecuzione delladirettiva 2005/32/CE.Il decreto fornisce la definizioni delcaso in materia di “prodotto che con-suma energia”, “componenti e sottou-nità”, “ciclo di vita”, “profilo ecologi-co” e altra terminologia specifica delcaso in oggetto.Per quanto riguarda la messa in servi-zio e la libera circolazione dei prodot-ti in oggetto questa è consentita solo setali prodotti ottemperano alle misurepreviste, ovvero sono conformi aiprovvedimenti che danno attuazionealle medesime misure.In ogni caso, i prodotti in oggetto, de-vono essere provvisti di marcatura CE,conformemente all’art. 9 di questonuovo provvedimento.L’autorità indicata in quanto compe-tente in materia è il Ministero dello Svi-luppo Economico il quale inoltre assi-cura il coordinamento con le regioni econ le altre amministrazioni interessa-te per le attività di rispettiva competen-za.Tra le funzioni dell’autorità competen-te c’è:• La vigilanza sul rispetto delle pre-

scrizioni del presente provvedi-mento

• L’organizzazione di controlli e veri-fiche, su scala adeguata, dellaconformità dei prodotti in oggettoalla pertinente misura di esecuzio-ne applicabile oppure al provvedi-mento che dà attuazione alla me-desima misura

• La garanzia di un’efficace sorve-glianza del mercato, anche attra-verso l’uso di appropriate analisidel mercato e la cooperazione e loscambio di informazioni con le au-torità competenti degli altri Statimembri dell’unione Europea.

L’autorità competente predisporràl’effettuazione di controlli sui prodottioggetto del provvedimento, anche av-valendosi dell’ENEA, dell’APAT o dialtri organismi pubblici aventi compe-tenza in materia, al fine di verificarnela conformità alle misure di esecuzio-ne oppure ai provvedimenti che ad es-se danno attuazione.L’autorità competente dispone, a curae a spese del fabbricante o del suomandatario, o, in mancanza di que-st’ultimo, dell’importatore, il ritirotemporaneo dal mercato, o dal sevi-zio, dei prodotti che consumano ener-gia immessi sul mercato, o messi inservizio, privi della marcatura CE edella dichiarazione di conformità.Prima di immettere sul mercato o dimettere in servizio un prodotto, il fab-bricante o il suo mandatario o l’impor-tatore, a seconda dei casi, accerta laconformità di tale prodotto a tutte lepertinenti prescrizioni della misura diesecuzione applicabile.È obbligo dei fabbricanti garantireche i consumatori dei prodotti in og-getto ottengano:• L’informazione necessaria sul ruolo

che possono svolgere in materia diuso sostenibile del prodotto,

• Il profilo ecologico del prodotto e ivantaggi dell’ecoprogettazione,qualora ciò sia richiesto dalla rela-tiva misura di esecuzione.

DECRETO LEGISLATIVO 6 Novembre 2007, n. 201

Attuazione della direttiva2005/32/CE relativa all’istituzionedi un quadro per l’elaborazione dispecifiche per la progettazione eco-compatibile dei prodotti che consu-mano energia.

Progettazione EcocompatibileRegole per l’immissione sul mercatodi prodotti che consumano energia

Èstato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.261 del 9 novembre scorso il decreto legis-

lativo 202 recante attuazione della direttiva2005/35/CE relativa all’inquinamento dellenavi e conseguenti sanzioni.Il nuovo provvedimento è volto a migliorare lasicurezza marittima e la protezione dell’am-biente marino dall’inquinamento provocatodalle navi mediante il divieto di scarico dellesostanze inquinanti in determinate aree.Queste aree sono:

• Acque interne, compresi i porti, nella misu-ra in cui è applicabile il regime previsto dallaConvenzione Marpol 73/78• Acque territoriali• Stretti utilizzati per la navigazione inter-nazionale e soggetti al regime di passaggio ditransito, come specificato nella Convenzionedelle Nazioni Unite del 1982 sul diritto del ma-re• Nella zona economica esclusiva o in una zo-na equivalente istituita ai sensi del diritto in-ternazionale e nazionale•In alto mare

Tutte le disposizioni previste dal presenteprovvedimento non si applicano alle navi mi-litari da guerra o ausiliarie e alle navi posse-dute o gestite dallo Stato, solo se impiegateper servizi governativi e non commerciali.Lo scarico di sostanze inquinanti in una dellearee previste dal decreto è consentito solo sevengono rispettate le condizioni dettate dallaConvenzione di Marpol 73/78.Nel caso di inquinamento doloso sono previ-ste pene che vanno dai 10.000 agli 80.000 eu-ro e l’arresto da sei mesi a due anni; mentreper l’inquinamento colposo le pene varianodai 10.000 ai 30.000 e dai sei mesi ai due annidi reclusione, salvo che il fatto non costituiscareato più grave.Il danno si considera di maggiore gravitàquando l’eliminazione delle sue conseguen-ze risulta di particolare complessità sotto ilprofilo tecnico, oppure particolarmente one-rosa o conseguibile solo con provvedimentieccezionali.

D E C R E TO L E G I S LA T I VO6 n ov e m b re 2 0 07 , n . 2 0 2

Attuazione della direttiva 2005/35/CE rela-tiva all’inquinamento

Inquinamentodelle naviMiglioramento sicurezzamarittima e protezione dell’ambiente marino

Brunella Mercadantedi

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Egr. Direttore,desidero esprimere il più vivo apprezza-

mento per la qualità informativa della rivista da Lei diretta,che reputo molto chiara ed accessibile a qualsiasi lettore.

Con i migliori saluti.Lorenzo Napoli - E.T.A. Progetti

Egr. Direttore,sono un architetto ed ho avuto modo di

leggere la rivista “arpacampania ambiente ” che ho trovatomolto interessante e completa. Se possibile gradirei ricever-ne versione cartacea.

Cordiali saluti.Arch. Maria Luisa D’Ischia

Preg.mo Direttore,desidererei ricevere il Vostro interessante

periodico e se fosse possibile ricevere anche tutti i numeriarretrati. Sono titolare dei corsi di Geologia Ambientale e diBeni Geoambientali per il corso di laurea in Fisica eScienze naturali dell’Università degli studi di Napoli“Federico II”, peraltro mi interesso anche professionalmentealle tematiche oggetto degli articoli della Rivista.

In attesa di un cortese riscontro, invio distinti saluti.Prof. Geol. Micla PENNETTA

Preg.mo Direttore, Le chiedo copia del periodico “arpacam-

pania ambiente” per approfondire le tematiche ambientali.Sono un giornalista di Realtà Sannita, quindicinale noto inprovincia di Benevento ed insegno alla scuola Primaria.Complimenti per la rivista ricca di spunti, utile per rifletteresu tematiche particolarmente dibattute inerenti il territorio egli aspetti geologici e storici della Campania.

Cordiali saluti, Dr. Nicola Mastrocinque

Egregio Direttore, ho avuto modo di apprezzare la rivista

da Lei diretta. Vorrei complimentarmi per la professionalitàe la cura dei diversi articoli sempre molto puntuali ed inte-ressanti che ne fanno un utile mezzo per l’approfondimentoe l’aggiornamento professionale. Sono una giovane dotto-ressa in scienze ambientali e quindi interessata alle temati-

che inerenti l’ambiente e posso affermare che ho trovato“arpacampania ambiente” un utile strumento di riferimento.Chiedo di poter essere inserita nella lista dei destinatari delperiodico. Cordiali saluti,

Dr.ssa Lucia Daniele

Spett. le Segreteria di Redazione,sono un responsabile della Società

Ancitel per l’energia e l’ambiente di Roma. Chiedo, se possi-bile, di ricevere la versione cartacea della rivista arpacampa-nia ambiente. Ringrazio per l’attenzione e saluto cordial-mente.

Raffaele Caputo - Ancitel (Roma)

Salve, sono uno studente universitario,laureando in Cultura e Amministrazione

dei beni culturali e ambientali alla Federico II di Napoli; visi-tando il vostro sito internet ho letto articoli della rivista arpa-campania ambiente e mi sono sembrati davvero interes-santi anche riguardo il mio campo di studio, fornendomiinformazioni che prima ignoravo. Chiedo se sia possibilericevere copia cartacea della stessa.

Cordiali saluti.Giovanni Belardo

Gentile Segreteria di Redazione,sono una studentessa della Seconda

Università degli Studi di Napoli. Volevo complimentarmi perl’ottimo lavoro svolto, arpacampania ambiente è una rivistache reputo eccellente in primis per i contenuti ma anche perla veste grafica che la rende piacevole da sfogliare.È possibile ricevere una copia del periodico?In attesa di un cortese riscontro, invio cordiali saluti.

Lucia Russo

Spettabile Redazione,ho recentemente avuto modo di leggere

ed apprezzare gli interessanti articoli presenti sulla rivistaarpacampania ambiente. Tali articoli risultano estremamenteutili ed esplicativi delle numerose ed attuali problematicheambientali che sono oggetto delle nostre attività associati-ve. Se possibile, gradiremmo ricevere il vostro periodico.

Cordiali saluti.Antonio De Rosa (Presidente Associazione I.S.E.A)

Egr. redazione,sono una guida naturalistica e operatrice

di un CEA (Centro di Educazione Ambientale) dellaCampania ed ho avuto modo di leggere la vostra rivista sulsito internet dell’Arpac. La trovo particolarmente interessan-te ed apprezzo il fatto che sia anche possibile scaricarla gra-tuitamente. Sarebbe però utile averne copia cartacea maga-ri da tenere a disposizione del pubblico presso la nostrasede. Chiedo pertanto se essa sia solo online o anche rego-larmente distribuita in edicola e se sia possibile abbonarsi.

Grazie e buon lavoro.Tersilla Vitiello (Guida Naturalistica CEA)

Libero ascolto Libero ascolto Libero ascolto Libero ascolto Libero ascolto

Libero ascolto

WORKSHOP: "SINDROME DELLOSPOPOLAMENTO DEGLI ALVEARI INITALIA" – ROMA, 29 GENNAIO 2007

Il 29 gennaio a Roma,presso la sededell’APAT di via Curtatone, si svolgeràil workshop "Sindrome dello spopola-mento degli alveari in Italia: approc-cio multidisciplinare alla individua-zione delle cause e delle strategie dicontenimento".

VEGETALIA - 15°SALONE NAZIO-NALE DEL CONTOTERZISMO – CRE-MONA, 22-24 FEBBRAIO 2008

Vegetalia, in programma dal 22 al 24febbraio 2008 presso la Fiera di Cre-mona, si propone come una manife-stazione innovativa per l'agricolturamoderna, una fiera di contenuti dedi-cata ai professionisti, un evento perpresentare le soluzioni più vantaggio-se per i nuovi problemi dell'agricoltu-ra.L’edizione 2008 sarà strutturata in di-verse sezioni espositivo-tematiche:Vegetalia Agroenergia, VegetaliaAqvae e Vegetalia Nuove SoluzioniColturali. Inoltre la manifestazioneospiterà per il quinto anno consecuti-vo il Salone Nazionale del Contoterzi-smo.

Convegni &Appuntamenti

Pensieri, suggerimenti, domande, segnalazioni , e quant’altro vogliate comunicarci, potete farlo scrivendo al nostro indirizzo di posta elettronica [email protected] via fax al numero 081. 23.26.480

a cura di Carla Gavini

�DIRETTOREEDITORIALE�

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�DIRETTORERESPONSABILE�

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� REDAZIONE �Paolo D’Auria, Salvatore Lanza, Fabiana Liguori, Giulia Martelli

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ANNO IV - NUMERO 1 DICEMBRE-GENNAIO 2008 [email protected]

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