Inno Di Mameli - il Risorgimento Italiano

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INDICE INDICE Breve storia dell’ Inno di M ameli. Il contesto Parafrasi dell’Inno Rubrica Biografia Goffredo Mameli. Biografia Michele Novaro L’ Inno secondo Roberto Beni gni .

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INDICEINDICE

Breve storia dell’ Inno di Mameli.Il contesto Parafrasi dell’InnoRubrica Biografia Goffredo Mameli.Biografia Michele NovaroL’ Inno secondo Roberto Benigni.La storia del TricoloreL’emblema della Repubblica

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I versi del nostro Inno Nazionale vennero scritti dal mazziniano Goffredo Mameli, poeta e patriota genovese, durante gli esaltanti anni risorgimentali successivi alle insurrezioni dei moti del ‘48. Dopo aver scartato l'idea di adattarlo a musiche già esistenti, il 10 novembre 1847 Goffredo Mameli inviò il testo dell'inno a Torino per farlo musicare dal maestro genovese Michele Novaro, che in quel momento si trovava nella casa del patriota Lorenzo Valerio. Novaro ne fu subito conquistato e, il 24 novembre 1847, decise di musicarlo. Il fervore patriottico che lo contraddistingue lo rese l'inno più amato del Risorgimento italiano, tanto che il primo biografo di Cavour e Vittorio Emanuele II, Giuseppe Massari, lo definì il vero e proprio Inno Nazionale; Giuseppe Verdi doveva evidentemente essere della stessa opinione quando lo inserì, a rappresentanza dell'Italia, nell'Inno delle Nazioni da lui composto in occasione dell'Esposizione Universale di Londra del 1864.Il 12 ottobre 1946 l'Inno di Mameli, soppiantando la Marcia Reale, divenne l'Inno Nazionale della Repubblica Italiana.

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Fratelli d'Italia,L'Italia s'è desta,

Dell'elmo di ScipioS'è cinta la testa.Dov'è la vittoria?Le porga la Chioma,

Chè schiava di Roma

Iddio la creò.Stringiamoci a

coorte.Siam pronti alla

morte,Siam pronti alla

morte,L'Italia chiamò.Noi fummo da

secoliCalpesti, derisi,Perchè non siam

popolo,Perchè siam divisi.Raccolgaci un'unica

Bandiera, una speme;

Di fonderci insiemeGià l'ora suonò.

Gli italiani sono ora fratelli

l'Italia si è risvegliata

é pronta alla guerrae indossa l'elmo di

Scipione l'AfricanoLa vittoria è di RomaPerché Dio ha voluto

così.Uniamoci in

battagliaSiamo pronti a

morireper l'Italia

Noi siamo da secolisottomessi e presi in

giroperché non siamo un

popolo unitoperché siamo divisi

in tanti Stati.Ci dobbiamo raccogliere

sotto un'unica bandiera e un'unica

speranzaÈ arrivato il

momento di unirci.

Publio Cornelio Scipione

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Stringiamoci a coorte.

Siam pronti alla morte,Siam pronti alla morte,

L'Italia chiamò.Uniamoci, amiamoci,L'unione e

l'amoreRivelano ai

popolile vie del Signore.

Giuriamo far libero

Il suolo natio:Uniti, per Dio!Chi vincer ci

può?Stringiamoci a

coorte.Siam pronti alla morte,Siam pronti alla morte,

L'Italia chiamò.

Uniamoci in battaglia

Siamo pronti a morire

per l'Italia.Uniamoci, amiamocil'unione e l'amore

rivelano ai Popoli

le vie del Signore.

Giuriamo di liberare

la patria dove siamo nati.

Se siamo uniti da Dio,

Chi ci può sconfiggere Uniamoci in

battagliaSiamo pronti a

morireper l'Italia.

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Dall'Alpe a Sicilia,Dovunque è Legnano;

Ogni uom di Ferruccio

Ha il core, ha la mano:

I bimbi d'ItaliaSi chiaman Balilla,

Il suon d'ogni squilla

I Vespri suonò.Stringiamoci a

coorte.Siam pronti alla

morte,Siam pronti alla

morte,L'Italia chiamò.Son giunchi che

pieganoLe spade vendute;

Già l'aquila d'Austria

Le penne ha perdute;

Il sangue d'ItaliaIl sangue Polacco,

Bevè col Cosacco,Ma il sen le

bruciò.Stringiamoci a

corteSiam pronti alla

morteL’Italia chiamò

Dalle Alpi alla Sicilia

Dovunque si vuole lottare come nella

battaglia di Legnano.

Ogni uomo è coraggioso come lo

fu il Ferrucci.oI bimbi d'Italia li chiamano Balilla Il suono di ogni

campana ha suonato la rivolta come nei Vespri

Siciliani.Uniamoci in

battagliaSiamo pronti a

morireper l'Italia.

Le spade dei mercenariL'aquila

dell'AustriaHa già perso le

pennema morirà.

Il sangue italiano, Il sangue polacco,

I Cosacchi sparsero.

Uniamoci in battaglia

Siamo pronti a morire

per l'Italia.

Battaglia di Legnano

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Scipio: Scipione (soprannominato l’Africano) è il generale romano che nel 202 a. C. sconfisse a Zama (Algeria) il cartaginese Annibale. I versi dunque significano: l’Italia è tornata a combattere come ai tempi di Scipione.

Le porga la chioma: nell'antica Roma alle schiave venivano tagliati i capelli per

distinguerle dalle donne libere. Così la Vittoria dovrà porgere all’Italia la sua chioma, perché

sia tagliata, dal momento che è stata creata da Dio schiava di Roma.

coorte: le legioni dell’esercito romano erano suddivise in coorti, formate da circa 600 uomini

Ferruccio: Francesco Ferrucci, nel 1530 difese Firenze dall'imperatore Carlo V. Il Ferrucci venne vigliaccamente finito, quando era già morente, con una pugnalata da Fabrizio Maramaldo, un capitano di ventura al servizio di Carlo V. “ Vile, tu uccidi un uomo morto” furono le celebri parole che l’eroe rivolse al suo assassino. Da allora “Maramaldo” è diventato sinonimo di “vile”, “traditore”.

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Legnano: la città italiana in cui nel 1176 i comuni lombardi sconfissero l'Imperatore tedesco Federico Barbarossa, che qui diventa simbolo dell’oppressione straniera.

I Vespri: nel 1282 i siciliani si ribellano ai francesi. La rivolta parte all’ora del vespro, ossia la sera, e si è poi chiamata rivolta dei Vespri siciliani. Il senso degli ultimi due versi è quindi il seguente: tutte le campane italiane suonano i vespri, ossia stanno dando il segnale che la ribellione contro lo straniero è iniziata

Il sangue polacco: L'Austria, alleata con la Russia (il cosacco), ha bevuto il sangue Polacco, ha diviso e smembrato la Polonia.

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Goffredo Mameli nasce a Genova il 5 settembre 1827. I genitori erano Giorgio Giovanni della famiglia aristocratica sarda dei "Mameli" o "Mameli dei Mannelli" e Adelaide Zoagli, della famiglia aristocratica genovese degli Zoagli. Studente e poeta precocissimo, di sentimenti liberali e repubblicani, aderisce al mazzinianesimo nel 1847, l'anno in cui partecipa attivamente alle grandi manifestazioni genovesi per le riforme e compone Il Canto degli Italiani. D'ora in poi, la vita del poeta-soldato sarà dedicata interamente alla causa italiana: nel marzo del 1848, a capo di 300 volontari, raggiunge Milano insorta, per poi combattere gli Austriaci sul Mincio col grado di capitano dei bersaglieri. Dopo l'armistizio Salasco, torna a Genova, collabora con Garibaldi e, in novembre, raggiunge Roma dove, il 9 febbraio 1849, viene proclamata la Repubblica. È sempre in prima linea nella difesa della città assediata dai Francesi: il 3 giugno è ferito alla gamba sinistra, che dovrà essere amputata per la sopraggiunta cancrena. Muore d'infezione il 6 luglio, a soli ventidue anni. Le sue spoglie riposano nel Mausoleo Ossario del Gianicolo. Ossario del Gianicolo

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Michele Novaro, nacque il 23 ottobre 1818 a Genova, dove studiò composizione e canto. Ebbe una vita lunga e tranquilla che passò componendo un pò di musica ma prevalentemente inni, o cercando canzoni patriottiche e tramandandole in raccolta.Nel 1847 è a Torino, con un contratto di secondo tenore e maestro dei cori dei Teatri Regio e Carignano. Convinto liberale,offrì alla causa dell'indipendenza il suo talento compositivo, musicando decine di canti patriottici ed organizzando spettacoli per la raccolta di fondo destinati alle imprese garibaldine.Di indole modesta, non trasse alcun vantaggio dal suo inno più famoso, anche dopo l'Unità.Tornato a Genova, fra il 1864 ed il 1865 fondò una Scuola Corale Popolare, alla quale avrebbe dedicato tutto il suo impegno. Morì povero, il 21 ottobre 1885, e lo scorcio della sua vita fu segnato da difficoltà finanziarie e da problemi di salute. Per iniziativa dei suoi ex allievi, gli venne eretto un monumento funebre nel Cimitero Monumentale di Staglieno (Genova), dove oggi riposa vicino alla tomba di Mazzini.

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«Sono qui solo per parlare dell'inno di Mameli e dell‘Unità d'Italia», queste sono le parole con cui Roberto Benigni, un italiano che ci onora in tutto il mondo, aprì l’allora 61° festival di Sanremo.

Sul testo di Mameli, Benigni ha compiuto la stessa operazione che ha reso celebre la sua lettura della “Divina Commedia”: un’analisi trascinante parola per parola, per ricordare quanti ragazzi, nel Risorgimento, sono morti per la patria perché noi potessimo vivere in una terra libera da oppressioni.“Hanno imparato a morire per la patria perché noi potessimo vivere per la patria”Come un professore, innamorato del suo lavoro, analizza l’inno restituendo un significato a delle parole imparate a memoria come una filastrocca. Elogia la bandiera scelta da Mazzini, che si ispirò ai versi in cui Dante descriveva i colori di Beatrice nei versi 28-33 del Purgatorio:”…sovra candido vel cinta d'ulivadonna m'apparve, sotto verde mantovestita di color di fiamma viva. » (la veste bianca, il verde dell’ulivo e il rosso delle fiamme) ed esulta dicendo: “Trovatemi un altro popolo che ha i colori del poeta più grande del mondo”.

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Leggendo l’inno nazionale, Benigni, orgoglioso di essere Italiano, spiega il testo agli spettatori:“ O fratelli d’Italia, l’Italia si è svegliata e si è messa sulla testa l’elmo di Scipione l’Africano.Dov’è la vittoria? L’Italia deve porgere il capo alla vittoria perché Dio la obbliga ad essere sempre vittoriosa come l’antica Roma, che paragona a una dea. Noi Italiani siamo da secoli umiliati e dominati da altri popoli, perché non siamo un popolo, ma siamo divisi tra di noi; dobbiamo raccoglierci sotto un’unica bandiera, in una sola speranza; è arrivata l’ora di essere tutti uniti. Fa inoltre riferimenti alle grandi donne del Risorgimento, tra cui Anita Garibaldi, le donne morte per combattere, che nonostante ciò hanno ottenuto il loro diritti solo nel 1945.

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Dal nord al sud, tutti sono pronti a combattere contro l’invasore; ognuno ha il coraggio e il valore per essere a capo della rivolta, anche i bambini; il suono di ogni campana ci chiama ad insorgere, come la campana dei Vespri siciliani.Benigni spiega il significato di “Balilla,” il nomignolo del fanciullo che, col suo gesto di ribellione, accese la prima scintilla dell'insurrezione che scacciò gli Austriaci da Genova. L'atto fu seguito da una fitta sassaiola che costrinse i soldati a fuggire. Questo gesto di audacia fu il segnale della sommossa generale, che in cinque giorni riuscì a cacciare gli austriaci da Genova e dalla Liguria.Alla fine le spade dei soldati mercenari che ci opprimono saranno piegate come canne e l’Austria sarà sconfitta. L’Austria bevve il sangue italiano e il sangue polacco con i mercenari ma questo sangue le bruciò. Uniamoci per la battaglia. Siamo pronti a morire per l’Italia. Sì ”.

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Al termine Benigni si è fatto più serio e ha ammonito: “Un Paese che non proclama con forza i propri valori è pronto per l’oppressione”, poi con grande emozione ha intonato l’Inno di Mameli, come lo avrebbe interpretato un ragazzo di vent’anni che andava a morire per liberare la sua la patria.

Ci voleva Roberto Benigni per ricordarci che tutti, dal Nord al Sud, apparteniamo ad una sola terra, ed è ora di finirla di parlare di divisioni. Non roviniamo il lavoro di Garibaldi, di Cavour, di Vittorio Emanuele II e di Mazzini. Restiamo uniti nel bene e nel male. E come Benigni ha ripetuto più volte: “VIVA L’ITALIA”.Conclude con una frase: “Se la felicità si scorda di voi, voi non vi scordate della felicità”

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La lettura dell'emblemaL'emblema della Repubblica Italiana è caratterizzato da tre elementi: la stella, la ruota dentata, i rami di ulivo e di quercia.Il ramo di ulivo simboleggia la volontà di pace della nazione, sia nel senso della concordia interna che della fratellanza internazionale.Il ramo di quercia che chiude a destra l'emblema, incarna la forza e la dignità del popolo italiano. Entrambi, poi, sono espressione delle specie più tipiche del nostro patrimonio arboreo.La ruota dentata d'acciaio, simbolo dell'attività lavorativa, traduce il primo articolo della Carta Costituzionale: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro".La stella è uno degli oggetti più antichi del nostro patrimonio iconografico ed è sempre stata associata alla personificazione dell'Italia, sul cui capo essa splende raggiante. Così fu rappresentata nell'iconografia del Risorgimento e così comparve, fino al 1890, nel grande stemma del Regno unitario ; la stella caratterizzò, poi, la prima onorificenza repubblicana della ricostruzione, la Stella della Solidarietà Italiana e ancora oggi indica l'appartenenza alle Forze Armate del nostro Paese.

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Il tricolore (ispirato al modello francese del 1790) venne utilizzato per la prima volta il 7 gennaio 1797, a Reggio Emilia, come bandiera della repubblica Cispadana. Adottato, nel 1861, dal Regno d’Italia, fu mantenuto per simboleggiare l’unità del Paese, seppur in mancanza di una legge specifica. Solo nel 1925, una legge definì i modelli della bandiera nazionale. Nel Risorgimento, il verde rimandava alle bellezze ambientali italiane, il bianco alle nevi alpine e il rosso al sangue dei cittadini caduti per l’indipendenza del Paese.

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Prodotto da:Acerra IreneD’Amico AlexDemichelis LindaScalise Matteo