Ingeborg Bachmann e Paul Celan
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BACHMANN CELAN IL TORMENTO E IL DOLORE DI DUE POETI
INNAMORATI
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2010/05/27/bachmann-celan-il-tormento-il-dolore-di.html
«Tu devi ornarla con il dolore per Ruth, per Miriam, e Noemi / dire alla straniera: / Vedi, io
ho dormito con costoro». Si chiude così la poesia In Egitto che nel 1948 Paul Celan scrive e
dedica alla sua nuova amica Ingeborg Bachmann. Una terribile dichiarazione d' amore e di
intenti, la cerimonia di consegna nelle mani della straniera del suo dolore, affinché ne abbia
cura. Eppure di questo, del suo passato- lo strazio irredimibile della shoah, lo sterminio del
suo popolo e della sua famiglia, - nonostante la poesia e nonostante l' amore Celan non
riuscirà mai a liberarsi davvero. Governerà tutti i suoi giorni fino a spingerlo, molti anni
dopo, a uccidersi buttandosi nella Senna. Allora l' amica Bachmann, in quel magnifico
pseudo-romanzo che è Malina, scriverà: «La mia vita finisce qui, perché lui è annegato nel
fiume durante la deportazione. Era la mia vita. Io l' ho amato più della mia vita». Siamo
ormai nel 1970, quando la loro relazione, nella quale nessuno dei due (come forse sempre
accade) ha trovato la salvezza, si chiude in tragedia. Tre anni dopo, prima ancora di aver
compiuto cinquant' anni, Ingeborg Bachmann muore a Roma, per le bruciature riportate nel
rogo dei suoi vestiti, procurato dalla sigaretta. Mentre sola e resa incosciente dall' alcool e i
sonniferi, smaltiva il suo dolore. Un dolore privato, che non trapela mai dalle sue lettere.
Come se, dopo Auschwitz, niente di davvero privato avesse legittimità. Di questa doppia
giurisprudenza (io/noi) si nutre il carteggio tra i due poeti, che Nottetempo pubblica col
titolo, un po' anodino, Troviamo le parole (pagg. 304, euro 25). Il primo incontro, al quale
segue la dedica di cui parlavamo all' inizio («Alla meticolosamente precisa, il
meticolosamente preciso») si svolge a Vienna. Paul Celan, già fuggito dalle persecuzioni
naziste, è in fuga da Bucarest e il regime comunista, Ingeborg è una giovane studentessa
universitaria, che ha già elaborato un distacco ideologico molto forte dal suo paese, l'
Austria, che ritiene incapace di verità rispetto agli anni dell' orrore hitleriano. Anche questa
diffidenza, che fa di lei una specie di apolide elettiva, conquista Paul Celan. Inizia così il
carteggio tra i due poeti, che, sia pure difesi da armature pesanti, finiscono in fretta per
innamorarsi l' uno dell' altra. La prima a cedere sembra lei, la cui curiosa giovinezza cerca
risposte, approdi. Sceglieranno Parigi, ça va sans dire. Qui, in un paio d' anni, si consuma
quella parte di amore fatta di sensi, tempo condiviso, smania. Bachmann quasi subito coglie
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l' esemplarità della loro coppia, perfetto archetipo della cultura post-bellica. Nelle loro
lettere, accanto alle vicende spicciole del presente, si sente sempre una volontà di leggere la
storia e soprattutto di misurarsi con la letteratura. Ma la letteratura, come sappiamo, vive
solo di eccezioni. E per questo, con veemenza, il poeta Celan si ribella anche a questo di
destini. «Come potrei», scrive, «statuire un esempio prendendo come misura me stesso?
Questo modo di considerare le cose mi è sempre stato estraneo, il mio occhio si chiude,
quando è costretto a essere soltanto un occhio, e non il mio occhio. Se fosse diversamente
non scriverei poesie». Siamo nel 1951 e l' idillio del periodo parigino è appena finito. L'
amore cambia forma, si frammenta, diventa saltuario. Pur senza estinguersi mai è costretto a
far posto ad altre cose e Paul diventa più fragile. Adesso scrive all' amica molto più di
quanto faccia lei, al contrario di quanto avveniva all' inizio, e si rivela in modo inedito.
Mostra i sentimenti che sembravano appassiti dietro la politica, incalza, chiede. Ma al centro
delle loro lettere rimane ben salda la poesia. Il confronto, i primi successi di lei, i
riconoscimenti e la diffidenza di lui per il successo. Intanto nuovi amori si attorcigliano
inevitabilmente intorno al fusto inestirpabile della loro relazione. Max Frisch, lo scrittore
col quale lei va a vivere a Zurigo e la dolce Gisele, che daràa Paul un figlio, Eric. Le lettere
di Gisele a Ingeborg, pubblicate in calce al libro, rivelano una personalità forte, per niente
somigliante alla donna di ombra e silenzio che avevamo immaginato. Mentre Max Frisch, a
giudicare da quello che scrive a Paul, sembra interessato soprattutto ad accreditarsi come
intellettuale, di fronte al collega stimato. Ma lo fa in un modo che a Celan non piacerà,
mostrando troppa indulgenza per la celebre recensione di Gunter Blockera Grata di parole,
sulla quale era stato chiamato a esprimersi. Mentre il "meticolosamente preciso" Celan, è
diventato col tempo sempre meno capace di accettare l' approssimazione, forse anche la
volgarità e in alcuni casi la malafede, di chi non ha attraversato il male come è toccato a lui.
Ogni giudizio è per lui un' offesa alle tombe dei suoi morti, ogni leggerezza lo allontana
dalla riconciliazione. Persino all' amica amatissima non riesce a perdonare la superficialità
con la quale lei vorrebbe consolarlo di quello che a lui sembra l' intollerabile anti-semitismo
di Blocker. È il prezzo della fama, dice lei, e lui risponde addio. Decine di volte, nei più di
vent' anni della loro storia, si erano congedati per sempre l' uno dall' altra. Per poi ritrovarsi
con la stessa intensità. Ma stavolta è diverso. Restano i saluti, le gentilezze, gli scambi di
poesie. Entrambi ormai impegnati a perdere la guerra contro i loro demoni, non riescono più
a trovare lo slancio per abbracciarsi di nuovo.
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© RIPRODUZIONE RISERVATA ELENA STANCANELLI 27 maggio 2010 42-43 sez. CULTURA
Troviamo le parole. Lettere 1948-1973 Bachmann Ingeborg; Celan Paul Curatore Maione F.
Editore Nottetempo (collana Ritratti)
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Correspondence, By Ingeborg Bachmann and Paul Celan, trans. Wieland Hoban REVIEWED BY REBECCA K MORRISON FRIDAY 14 JANUARY 2011 http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/books/reviews/correspondence-by-ingeborg-bachmann-and-paul-celan-trans-wieland-hoban-2183833.html Theirs was an unlikely friendship. Or, as they would later wryly comment,
an "exemplary" one. He came from that once vibrant centre of Jewish-
German culture, Czernowitz, Bukovina, and had survived a Romanian
labour camp; both his parents had been killed in a Nazi death camp in
Ukraine. She had grown up in the southernmost province of Austria,
Carinthia, in relative cultural isolation, and in conflict with her father's
National Socialist beliefs and actions.
He, the young Paul Celan, referred to as "the only lyric pendant to Kafka",
had written a number of highly regarded, if as yet unpublished, poems,
and was in Vienna en route for Paris. She, Ingeborg Bachmann, six years
his junior, was a burgeoning poet, seeking her voice and place in the
curious place that was the post-war – and post-Auschwitz – Viennese
literary scene, while completing her doctoral thesis on Martin Heidegger.
Their encounter in spring 1948 was the upbeat to a magnificent, and
troubled, meeting of minds that would last a lifetime.
This much-anticipated volume, handsomely published in a fine translation
by Calcutta-based Seagull Books, also includes the handful of uneasy
letters between Celan and Max Frisch, Bachmann's companion from 1958-
1962, and the gracious, searingly moving exchange between Bachmann
and Gisèle Lestrange, Celan's wife from 1952. From the opening poem
dedicated to Bachmann on her 22nd birthday, "In Egypt", one is in the
intimate sphere of two highly intelligent individuals, fascinating and
bewildering to the other, who came to epitomise the rigorous contemplation
of what was possible in German-language poetry and prose after the
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Shoah. In almost 200 letters, telegrams, postcards, unsent drafts, poems
as love-letters, they tussle with the possibilities and limitations of
communication through the written word. Silence and personal darkness
have their place. The compromises exacted by life on art, the power and
powerlessness of language, fear of the written word, and belief in dialogue
through poetry are subjects broached.
Time and circumstances conspired to create absence rather than
proximity. After those spring months of 1948 ("my bedroom is a field of
poppies"), it was not until 1950 that they lived together – disastrously – in
Paris for two months, Bachmann referring to their co-habitation as
"Strindberg-esque". The next meeting was at the spring 1952 gathering of
the influential post-war literary circle, Gruppe 47. Both were invited to read
their work: it was a triumph for her and a catastrophe for him. The
reception of "Todesfuge", "Death Fugue", a work Celan regarded as "the
only epitaph my mother has", was dismissive; evidence, he surmised, of the
unjustly tricky path for the rare bird he had become, a German-Jewish
poet.
While personal relations were distanced (him) or despairingly hopeful (her),
they continued to converse on professional matters. Bachmann was tireless
in her dedication to the careful positioning of his writing and reputation.
While working in radio to scrape a living, she fought hard for writing hours,
achieving a further breakthrough in 1953 with her collection Borrowed
Time.
Both were invited to a symposium in Wuppertal in 1957, and the love affair
resumed – with gusto. Now Celan flooded Bachmann with letters, poems,
telegrams, addressing her as an equal, recognising her poetic voice at last:
"I felt I was drowning in something completely transparent and bright."
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This period – so verdant, yet impossible to sustain – yielded to a negotiation
for "friendship" through the 1960s.
Bachmann was living with Frisch, but remained stalwart in her support of
Celan, not least through the Goll affair: those manipulated accusations of
plagiarism that toppled him into the mental instability and breakdown that
would culminate in his suicide in 1970. To read this correspondence with
the relevant poetry to hand confirms the rich content of these letters.
Taken together, there seems no doubt that, in each other, Bachmann and
Celan did have that precious, nigh-impossible fellow being: a companion
"you... for me... sensually and intellectually... the two cannot separate".
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Bachmann e Celan, legami sopra le righe
http://www.ilcaffevitruviano.it/cultura/letteratura/item/1342-bachmann-e-celan-legami-sopra-le-
righe
Le ritrovate corrispondenze tra due poeti
“Troviamo le parole. Lettere 1948-1973”, questo il titolo della raccolta
epistolare di due poeti alti, che Nottetempo ha pubblicato. Sono venute alla
luce le lettere d'amore, e non, scambiate tra due grandi poeti della
letteratura del Novecento: Paul Celan (1920-1970) e Ingeborg Bachmann
(1926-1973).
“Non soltanto questa sera facci trovare le parole” era un telegramma che
nel 1959 Bachmann spediva a Celan.
Le loro vite così diverse (lei di origini tedesche, lui ebreo), si incontrano
presto, quando lei aveva solo 20 anni, lui 26. Da allora i loro destini, pur
fatti di distanze, fugaci incontri, assenze e ritrovi, non si separano più.
Si scambiano per 19 anni lettere e poesie, Paul dedica a Ingeborg per il suo
compleanno la più bella forse delle sue poesie: “In Egitto” contenuta nella
raccolta “Papavero e memoria”.
Lei, donna romantica, lo ama appassionatamente, lui ricambia ma il suo
amore è pù cerebrale. Entrambi vivono un avvallato malessere, ma quello
di Celan è più antico, i suoi genitori muoiono nella Shoah e lui è costretto a
fuggire, rifugiandosi a Parigi. Entrambi sempre sul filo del crollo psichico,
sempre in cerca delle parole, quelle parole con cui si accarezzavano, si
cullavano: “Tu adesso leggi io penso alla tua voce” scrive in una lettera Paul
a Ingeborg.
E ancora entrambi scelgono di annullarsi nella morte, lui si getta nella
Senna il 20 Aprile 1970, lei muore dopo tre anni in circostanze ancora
oscure, anche se fondato appare il sospetto di tentato suicidio (rimane il
mistero di una sigaretta lasciata accesa prima di andare a dormire). Il
suicidio, questo è stato il destino ineruttabile di molti poeti, forse parte
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integrante della loro poesia, in quanto i poeti muoiono ogni giorno in vita,
già spossato è il corpo, prima che arrivi alla sua fine.
Questi alcuni versi che Paul Celan spedì in una lettera a Ingeborg
Bachmann.
Un giorno e un altro ancora
Sciroccoso tu. Il silenzio
procedeva con noi come una seconda,
distinta vita.
Io vinsi, perdetti, credevamo
ad oscuri prodigi, ci reggeva, inscritto
grande nel cielo, il ramo, e crebbe
fino alla luna, un mattino
si alzò nell'ieri, cogliemmo
quel lume, io piansi
nella tua mano.
5 Luglio 2012