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    PAUL CELAN

    AtemwendeSvolta del respiro

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    I

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    Qui, nelle sue poesie, si trattava, se di qualcosa pu

    trattarsi in un componimento poetico, non di un esercizio,di bravura o di intelligenza, neppure di un esercizio didolore e di amore, ma della necessit di comunicare, unapresa datto del carattere di unesistenza []Gradualmente, cominciavano ad affiorare, in me, certisuoi versi; come isole di significato, non riconducibile adunesperienza comunicata, quanto ad unallusione, ad un

    momento o a un luogo di dolore e anche di gioia che, inquello strano modo, si trasmetteva al lettore, pur nellasua astrusit formale, per rimanervi infisso nellamemoria.(Michele Ranchetti)

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    Sta Fa pure, se a un pasto

    di nevetu vuoi invitarmi:ogni volta che spalla aspallacol gelo percorsi lestate,il suo fogliame pi frescovociava.

    Attraversare lestate

    tenendo con s il gelo.Questo consente diascoltare le voci dellefoglie.Dunque, ben accetto unpasto di neve. Che cos laneve nella poesia di Celan?

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    Roso da sogninon compiuti, per tracce

    insonni percorso, il paesedel panefa montareil monte della vita.

    Tu dalla sua briciola impastii nostri nomi unaltra volta,

    io li vado tastando ad ogniditoun occhio che il tuosomiglia -,e cerco un varcoperch a forza di veglieio possa giungere a te, inbocca

    lasta chiara: la candeladella mia fame.

    Certezza che queste poesiedicano cose molto

    importanti, geroglifici dadecifrare, sostitutivo, unicopossibile di preghiere nonpi pronunciabili.Ci sono sogni non compiutiche rodono, scavanodentro lanima. E se si

    compissero smetterebberodi angosciare? Ci sonotracce che vanno seguite,sacrificando alla ricerca ilsonno. Esse conducono alpaese del pane che sorgesul monte della vita. Bastauna briciola di quel pane, di

    quel nutrimento per impastare di nuovo comeDio fece con il fango perAdamo i nostri nomi. Chi il tu di questa poesia? forse quel Dio cosrisolutamente negato, il Dio

    che sorge dal Nulla? I nostrinomi vengono impastatiunaltra volta, di nuovo. Econtinua la queste di unvarco che consenta digiungere, vincendo ancorauna volta il sonno, queltu evocato, invocato,

    portando nella bocca un

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    asta, una lancia non piassassina ma luminosa,

    una candela che testimoniala fame di pane, la fame divita

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    Nei solchi di quella monetaceleste tra stipite e porta

    tu pressi il Verbo, da cuimi srotolaiallorch con pugni tremantismantellai tegola dopotegola,sillaba dopo sillaba,il tetto sopra di noi, per

    amoredel rame luccicantenella ciotola della questualass.

    Moneta celeste, moneta dirame luccicante? Cos?

    Sicuramente qualcosa dinon terrestre, di celeste, lass. Tu (chi sei?) pressi ilVerbo, la Parola, il Logos.Pressi vuol dire comprimi.Secondo alcuni misticiebraici Dio si compresse

    per permettere al mondo diesistere. questo cuiallude Celan? Dallacompressione di Dionacque luomo, parola. Laparola per luomo anchetetto, copertura cheprotegge ma impedisce

    anche di vedere il divino, ilcielo, lorigine. Bisognasmantellare con violenzaquesto tettoprotezione/oppressione,bisogna smantellare illinguaggio, sillaba dopo

    sillaba, per riconquistarelAperto, il rameluccicante

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    Nei fiumi a nord del futuroio lancio la rete che tu

    esitante aggravicon ombre scritteda pietre.

    Lanciare la rete per cosa?Per catturare i pesci I

    pesci sono simbolo dirinascita, di unaltra vita.Io, dunque, mi slancio nelfuturo, pi in l per diquello prossimo, a nord delfuturo. un futuro eoniconon cronologico. Ma tu

    esiti, tu non sei con me inquesto slancio, noncondividi la necessit diuno sguardo che osiloltranza, lutopia, laprofezia. Io, dunque, sonosolo. La condizione delpoeta/profeta la

    solitudine. Tu parli, e le tueparole sono oscure,minacciose, prive di luce,ombre prive di vita,pesanti, contro la graziache sarebbe necessaria aslanciarci nel futuro remoto

    per catturare il pesceguizzante della rinascita,della vita nuova.Ivan Illich amava moltoquesta poesia. Campeggiacome epigrafe di una seriedi interviste uscite postume(I fiumi a nord del futuro.

    Testamento raccolto da

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    David Cayley, Verbarium-Quodlibet). Scrive il

    curatore nellintroduzione:Il futuro, essendo un idolo,divora quellunicomomento in cui il cielosincontra con noi: ilpresente. Laspettativacerca di forzare il domani;

    la speranza dilata ilpresente e prepara unfuturo, a nord del futuro. ci che, nel Meridiano, chiamato U-topia? Quindiquesto testo partecipa diquella ricerca topologicale cui cartine esistono solo

    in sogno, in un sogno.

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    Davanti al tuo tardo volto,soli-

    tario procedendo tra nottiche anche me mutarono,venne a porsi qualcosa,che gi una volta fu tra noi,in-violato da pensieri.

    Sento vicina la poesia diCelan, anche senza

    capirla, perch hasempre bisogno di un tucui rivolgersi, nasce, cio,da unattitudine dialogicaoriginaria.Io sono davanti al tuo volto,ma sono solitario e procedo

    per pi notti che mi hannotrasformato. Hannotrasformato il mio volto?Anche il mio? Perch, forse,hanno gi mutato, inprecedenze, il tuo volto, eper questo esso divenutotardo, invecchiato. Chi

    sei tu? Il lemure che riportai miei genitori scomparsi,perdutisi nella notte oscuradei lager? Anchio devoattraversare le notti. Ma inquesto necessarioprocedere, tra solitudine e

    presenza, c statoqualcosa che gi in passatoci fu tra noi. Ma noi nonriusciamo a pensare questapresenza. Che cosera?Questo ponte che rendepossibile una comunionenon di pensiero ma di

    cardiaca ci che stiamo

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    cercando ancora nel nostroviaggio? Per poter di nuovo

    dimorare nel tuo volto,nuovamente giovane.Arte esige qui, in unadirezione ben determinata,una determinata distanza,un determinato cammino(La verit della poesia, p.

    10).Il poema solitario,solitario e in cammino (Laverit della poesia, p. 15).

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    Attraverso le rapide dellatristezza,

    sfiorandoil nudo specchio dellepiaghe inferte:l si fanno fluitare i quarantatronchi di vitascorticati.

    Unica tu, nuoticontrocorrente, tuli conti, li tocchitutti.

    La tristezza come unfiume che va verso le sue

    rapide e le sue cascate.Acqua. Noi siamo in questerapide o le guardiamodallalto? E chi sfiora lospecchio delle piaghe? Lepiaghe non possiamovederle direttamente ma

    solo in uno specchio. ilfiume stesso questospecchio che permette divedere le piaghe inferte? Esul corpo di chi? Ci sonoquaranta tronchi,quaranta corpi scorticatinel fiume della mia

    tristezza. Io penso aquaranta corpi di uominiscorticati. E questopensiero mi intristisce alpunto che debbocontemplare le loro feritenello specchio dacqua e

    non direttamente. Ma tu,amica, anima mia,mistagoga, guida, tu, chenon ti lasci trascinare dallacorrente della disperazionee della tristezza li conti e litocchi, esercitipietosamente la

    misericordia che si deve ai

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    defunti. Non solo nondistogli lo sguardo ma

    addirittura, oltre a guardarlinelle loro ferite, li carezzi,te ne prendi cura anche seessi sono oramai tronchiprivi di vita, scorticati.

    I numeri, in combutta

    con la fatalit e contro-finalit delle visioni.

    Su essi rovesciatoil cranio, alle cuitempie insonni un martellocome fuoco fatuo tuttoquestoin cosmico ritmocanta.

    Ci sono numeri, dati certi,

    oggettivi che confermanoprevisioni, fatalisticamente.Non c spazio per lalibert, per linatteso di cuiparlava Eraclito loscuro:Chi non aspetta linattesonon lo trover: per luirimarr introvabile einaccessibile (DK, B, 18).Noi viviamo nel tempodella previsione, resapossibile dal calcolomatematico, dallamatematizzazione delmondo. Non c grazia, non

    c novit, solo lo stanco

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    rituale della previsione. Masu tutto ci si rovescia il

    cranio del poeta, che ancora in grado diascoltare il cantodelluniverso, come gliantichi pitagorici. Ci cheagli altri appare morto,spento, la natura ridotta a

    macchina, la vita aprevisione, diventa per ilpoeta ritmico canto delcosmo e attesa dellevento.

    Passaggi nel conglomeratodombredella tua mano.

    Dal solco delle quattro ditascavando convulsoestraggola tua benedizionepietrificata.

    La tua mano chiusa,piena di oscurit, non vuoleaprirsi alla luce, un pugnocarico di violenza. Cercodei passaggi in questoluogo chiusoermeticamente che divenuta la tua mano,mano che dovrebbe servirea carezzare e benedire, ed invece rattrappita. Scavoin questa mano-caverna,ed estraggo unabenedizione, per quantopietrificata. Il mio compito

    di poeta insegnare a

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    benedire, anche nel tempoin cui il volto di Medusa

    della storia ha pietrificatoogni cosa con il suo caricodi violenza e trasformatoogni mano in arma.

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    Bianco grigiore di uno

    scavato e arduosentire.

    Erba sparto, qui, versolinternoportata dal vento, soffiageometrie di sabbia oltre il

    fumodi voci melodianti allafontana.

    Un orecchio, mozzato,ascolta.

    Un occhio, tagliato a strisce,

    di tutto questoben si rende conto.

    Nella poesia precedente

    (Dal solco delle quattrodita) si evocava unoscavare che trae fuori unabenedizione dalle dita. Quic un sentire arduo,difficile, frutto di un lavorodi scavo. Ma il cui prodotto

    un bianco grigiore. Erbaviene portata dal vento,proveniente da spiaggesabbiose. Ci sono mulinellidi sabbia e voci checantano alla fontana. Sonole sirene? Ma solo unorecchio mozzato pu

    ascoltarle, solo un occhiotagliato pu vedere tuttoquesto I nostri sensi sonoottusi rispetto alla bellezza.Essi andrebbero rigeneratiper superare un sentirearduo che arriva a

    percepire solo biancogrigiore. La nostra lepoca dei sensi ottusi,cui preclusa benedizionee bellezza.

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    Navigano i relitti del cielocon alberi cantati verso

    terra.

    Tu nel legno di questocantocoi denti ti attanagli.

    E sei il pavese

    a prova di canto.

    Ci sono relitti del cielo chenavigano verso terra. Lo

    fanno utilizzando alberi checantano. E tu sei allinternodi queste imbarcazioni difortuna, aggrappata. E seilo scudo difensivo che saresistere al canto e al suopotere.

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    Tempie, tenaglie cui

    larcatadei tuoi zigomi insinuaocchi.Suo chiarore dargento, ldove si serr:tu e il resto del tuo sonno voi presto

    avrete compleanno.

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    Col chicco di grandine, nellapannocchia mangiata dal

    carbonchio,nel luogo natio,obbedendo ai tardi,severi astri novembrini:

    e nel filo del cuore intrecciatii conversari dei vermi -:

    una corda da cui scocchi,Sagittario,freccia e sentenza.

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    Starsene l, allombra

    della gran cicatricenellaria.

    Uno stare per nessuno, eper nulla.Sconosciuto,solo

    per te.

    Con quanto l trova spazio,anche senzalingua.

    Il cielo cicatrizzato. C

    stata, dunque, una ferita,una lacerazione. Io orasono alla sua ombra maper nessuno. Sconosciutosolo per te? Chi? Io. Che,comunque, dopo la feritadel cielo, cerco ci che

    ancora pu trovare spazio,pu manifestarsi, anchesenza lingua. Perch anchela lingua ha taciuto dopoil cielo. Siamo nel tempodel silenzio, dellombra, neltempo del nulla. Eppure iodevo restare fedele al mio

    compito, paradossale, sedevo essere poeta senzaavere pi la lingua peresserlo.

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    Il tuo irruente sognare laveglia.

    Con la tacca di parolenel suo corno incisa,dodici volte,a vite.Lultimo colpoportato dal sogno.Nel verticale angusto

    borro del giorno: iltraghettoarrancante allins,con la sua stanga:tragitta ci che fu lettofino a straziarsi.

    Tu dormi, ma sogni laveglia ardentemente. Nel

    sogno ci sono parole incisesu un corno. Nel sogno untraghetto con difficolttrasporta parole chefurono, un tempo, lette finoallo strazio, una poveraarca che trasporta le parole

    della vita, le parole di Dioun tempo piene di senso,straziate dalla sofferenzadella storia, senzaredenzione.

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    Coi perseguitati in tarda

    lega, esplicita,raggiante.

    Indorato scandaglio, ilmattino,ti si attacca al calcagnoche anchesso attesta,

    e ricerca,e scrive.

    Sei raggiante insieme ai

    perseguitati.Finalmente il sole delmattino, che ti segue.Anche la sua lucetestimonia, ricerca e scriveparole.La luce sta squarciando le

    tenebre. Ma solo quandoriusciamo a stare con iperseguitati.

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    Filamenti di sole,sopra lo squallore

    grigionero.Un pensiero ad altezzadalbero sappropria il tonoche della luce: ancoravi sono melodie da cantareal di l degli uomini.

    Il mondo la storia sonosquallore grigionero,

    cinerino. Ma ci sonofilamenti di sole, luce. Cun pensiero che riesce atrascendere la storia, adappropriarsi del tono dellaluce. Dunque, malgrado,tutto, vi sono ancora canti

    per i poeti, ma essi devonoessere al di l degli uomini.

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    Nel carro-serpente, lungo

    i bianchi cipressi,al di l del fiumeti trassero.

    Ma in te, pernascita,gorgogliava laltra fonte,

    sul nero gettodella rimembranzarampicandoritrovastiil giorno.

    Ti hanno portato, con un

    carro mortuario, lungo unastrada di morte.Ma in te cera laltra fonte,quella della vita. E, proprioquando ti consegnavanoalla morte e al ricordo, turitrovasti il giorno, la luce,

    la vita.Senza dubbio in ognicaso, il tema delladeportazione evocatochiaramente in una delleultime poesie del ciclo,dove si allude alla neracarrozza del serpente in

    cui al di l del fiume/titrassero (Wikipedia).

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    Strie di carreggiamento,

    spaccato di falde, puntidincuneamento: il tuoterritorio.

    Ad entrambi i polidel clinometro, benleggibile:

    la tua parola proscritta.Vera come il nord.Chiara come il sud.

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    Vulcanica parola, ammasso

    Che il mare coprerombante.

    Sopra andava fluttuandola ciurmagliadelle anti-creature:inalberava

    un vessillo un plagio efacsimilefanno rotta pomposiverso la storia.

    Finch tu non eruttila tua parola-luna, dal chederiva il prodigio del riflusso

    e cuori-forme il cratereattesta nudo i primordi,le nasciteregali.

    La parola vulcanica quella

    originaria, la parola con cuiAdamo battezz le cose,una parola pura,assoluta, che non servivatanto a comunicare quantoa nominare, e dunque faresistere il mondo. Questa

    parola stata coperta nelcorso del tempo dal maremelmoso della storia.Questo mare ora percorso da esseri umanideformati, non picreature, che innalzanouna bandiera plagiata:

    essi millantano valori edideali con i quali divenire isignori della storia, entrarenella memoria del mondo.Ma questo tentativo didominio della storia sarimpedito dalla parola

    rimasta integra, come laluna che si specchia nelleacque conservando la suaintegrit. Essa prodigiosa,far abbassare il livellodelle acque morte e dacrateri a forma di cuoregenerer una nuova

    umanit realmente regale.

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    Gli impostori sarannoscacciati via e luomo

    creaturale sar ripristinatosul suo trono.

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    (Ti conosco, sei colei che sta

    ricurva,io, il trafitto, ti sono soggetto.Dove divampa un verbo che siadentrambitestimonianza? Tu interamente,interamente vera. Io pura

    follia.)

    Parole tra parentesi,

    come dette tra s e slungo un percorso. Tustai ricurva. Seistanca, afflitta. Iosono sotto di te. Cuna parola che possatestimoniare il destino

    (diverso) di noi due?Di te, che sei vera, delmio io, pura follia,invenzione, fantasma?

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    Corrosa e scancellata

    dal vento radiante della tualinguala chiacchiera versicoloredei fatti vissuti lalinguacciutamiapoesia, la nullesia.

    Dalturbineapertoil passo attraverso le umaneformedi neve neve di penitenti,fino alle accoglientistanze

    dei ghiacciai, ai deschi.

    In fondoal crepaccio dei tempipresso il favo di ghiaccioattende, cristallo di respiro,la tua irrefutabile

    testimonianza.

    Chiacchiera versicolore,

    poesia dellEgo, poesia delnulla, non poesia.Giustamente corrosa dalvento duna linguaveritiera.Attraverso il freddo e ilghiaccio, l dove solo ci

    che bene pusopravvivere, ci che vita oltre la vita,giungiamo, finalmente, aldesco dove c il mieletanto desiderato.L attesa come uncristallo di respiro la tua

    testimonianza, chenessuno potr contraddire.