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informa FEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE n 21 giugno 2013 Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - N. 37 - ANNO XI - MAGGIO 2013 PRESENTAZIONE LAVORI PERVENUTI CONFERENZA DEI SERVIZI ITALIANI MILANO Venerdì 7 Giugno 2013 Centro Congressi Hotel MICHELANGELO COSTRUIRE POLITICHE SULLE DIPENDENZE realtà pratiche evoluzione dei Servizi delle Dipendenze CONVEGNO TEMATICO NAZIONALE

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informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n 21giugno 2013

Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - N. 37 - ANNO XI - MAGGIO 2013

PRESENTAZIONE LAVORI PERVENUTI

CONFERENZADEI SERVIZI

ITALIANI

MILANOVenerdì 7 Giugno 2013

Centro CongressiHotel MICHELANGELO

COSTRUIRE POLITICHE SULLE DIPENDENZE

realtà

pratiche

evoluzione dei Servizidelle Dipendenze

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informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n 21

giugno2013

Supplemento a MissionPERIODICOTRIMESTRALE DELLAFEDERAZIONEITALIANA DEGLIOPERATORI DEIDIPARTIMENTI E DEISERVIZI DELLEDIPENDENZE

Supplementoal N. 37 - maggio 2013anno XIProprietà: FeDerSerDSede legaleVia Giotto 3,20144 Milano

Comitato di DirezioneDirettivo nazionaleFeDerSerD

Direttore scientificoAlfio Lucchini

Comitato di RedazioneMaurizio Fea, VincenzoMarino, Laura Tidone,Giovanni Strepparola,Cinzia Assi

Sede operativa eRedazione MissionVia G. Mazzini, 5420060 Gessate (Mi)tel. [email protected]

Direttore responsabile:Stefano Angeli

Copyright byFrancoAngeli s.r.l.Milano

Poste Italiane SpaSped. in Abb. Post.D.L. 353/2003(conv. in L.27/02/2004 n. 46)art. 1 comma 1 - DCBMilano AutorizzazioneTribunaledi Milano n. 131del 6 marzo 2002

Edizione fuori commercio

News a cura di FeDerSerD - tel 031748814 - e-mail: [email protected] - Via Matteotti, 3 - 22066 Mariano Comense CO

indicePoster e comunicazioni brevi

1 CASA MIRIAM, EVOLUZIONE DI UN SERVIZIO PER MAMME TOSSICODIPENDENTI E BAMBINI:dalla sperimentazione alla strutturazione dell'accoglienza

2 TAGLI LINEARI? NO, OTTIMIZZAZIONEL'attuazione di una rete aziendale per la continuità della cure Ospedale - Territorio

3 PERCORSI INNOVATIVI AL SER.T: "I GRUPPI BENESSERE"

4 TECHNO RAVE, HOUSE MUSIC, NEOTRANCE MUSIC & STATI ALTERATIInterventi integrati per la riduzione del rischio nei grandi eventi musicali

5 COMPLUSIÒN: UNA SPERIMENTAZIONE NELL'AMBITO DEI SERVIZI PER LE NUOVE DIPENDENZE

6 AGOPUNTURA SECONDO LA MEDICINA TRADIZIONALE CINESE:STRUMENTO DI CURA NEI SERVIZI PER LE DIPENDENZEDescrizione di due casi clinici

7 COSTRUZIONE, MANUTENZIONE ED IMPLEMENTAZIONE DI UNA EFFICACE RETE TERRITORIALE:L'ESPERIENZA DI O.N.D.A.1

8 IL SETTING DI GRUPPO COME RISORSA TERAPEUTICA PER GLI ADOLESCENTI ABUSATORI DI SOSTANZEL'esperienza clinica della s.s. Penale Minorile del Ser.T 3 della ASL di Milano

9 DOLORE CRONICO BENIGNO E DIPENDENZA DA ANALGESICI OPPIOIDI. Descrizione di un caso clinico

10 LA GOVERNANCE DEL SISTEMA TERRITORIALEUna sperimentazione in una ASL lombarda in tema di "Cronicità" nel settore delle Dipendenze Patologiche

11 DALL'ACCUDIMENTO AL PROTAGONISMO:VERSO UN NUOVO MODELLO DI COMUNITÀ IN GRADO DI CONIUGARE COSTI E QUALITÀ

12 LA "PESATURA" DEI PAZIENTI IN CARICO: UNO STRUMENTO PER LA GOVERNANCE DEL SISTEMA

13 TAVOLO TERRITORIALE PER LA GOVERNANCE DEGLI STATI DI ADDICTIONS NELL'AREA DISTRETTUALEDI SARONNO

14 RETE TERRITORIALE E DOPPIA DIAGNOSI: UNA COSTRUZIONE CONDIVISA DDD-DSM

15 PROGETTO "LIBERO DI CREARTI"Costruzione di una rete territoriale per l'aggancio precoce e la presa in carico dell'adolescente apartire da un protocollo d'intesa tra Prefettura-ufficio territoriale del governo di Pavia e l'AziendaSanitaria Locale di Pavia

16 "FREE POINT","CORPO E PERCEZIONE", "PER SENTIERI": AZIONI DI UN SER.D IN MOVIMENTO

17 LA GESTIONE IN PRONTO SOCCORSO DELL'ADOLESCENTE CON ABUSO DI SOSTANZEAnalisi del fenomeno presso l'Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli di Milano

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n 21 - GIUGNO 2013

CASA MIRIAM, EVOLUZIONE DI UN SERVIZIO PER MAMME TOSSICODIPENDENTI E BAMBINI:dalla sperimentazione alla strutturazione dell’accoglienza

Marta Cupellini - PsicologaGermana Baldin - Coordinatrice Servizio specialistico residenziale per coppie, soggetticon figli e nuclei familiari con problemi ditossicodipendenza, Vigevano (PV) - www.coopbetania.it

PremessaCirca uno su 10 di tutti i tossicodipendenti che entra-no in terapia per il loro uso di sostanze vive con alme-no un figlio. E negli ultimi cinque anni, il numero dicoloro che entrano in terapia che riferiscono di viverecon bambini è in crescita (dati OEDT). Il problema dellagenitorialità e della tossicodipendenza è quindi tutt’al-tro che marginale.I Servizi di accoglienza sembrano essere -per il momen-to- uno degli interventi più efficaci per questa catego-ria particolare di utenza. Le comunità residenziali,rivolte specificatamente alle mamme tossicodipendentiraccolgono in sé tre aspetti fondamentali della cura edelle riabilitazione: il trattamento specifico delledipendenze, il supporto psico-sociale e il sostegno allecompetenze genitoriali, fermo restando che l’esseremadre di per sé implica una differenziazione nella curae nella riabilitazione.

ScopoVogliamo qui descrivere il nostro servizio, il percorso danoi compito, quali le sue specificità e presentare bre-vemente il nostro modello organizzativo e la metodolo-gia di Casa Miriam insieme a qualche dato relativo alleaccoglienze e agli esiti del trattamento.

Storia del servizioCasa Miriam è nata nel 2003; la decisione di realizzareuna comunità per mamme con bambini ha origine dal-l’analisi dei bisogni effettuata attraverso l’implementa-zione di un progetto, ex lege 45/99, nato nel 2000 erinnovato nel corso degli anni come Centro di Ascoltopresso il Ser.D di Vigevano; ciò ha permesso di monito-rare le richieste di accoglienze degli utenti in carico alServizio per le Dipendenze. Alle attività di ascolto eorientamento presso il Ser.D di Vigevano il Progetto haunito interventi di accoglienza e di re-inserimento,mediante l’organizzazione/implementazione di un poloterritoriale di accoglienza per genitori tossicodipen-denti di sesso femminile e minori (Casa Miriam), e persoggetti segnati dalle diverse forme di dipendenza ingrave stato di emarginazione e con espulsioni e/oautoespulsioni dall’ambiente familiare.

La fase di sperimentazione ha permesso di raccogliereesperienze e di strutturarle in una logica progettuale.Al termine di tale nel 2007, Casa Miriam è stata accre-ditata ed è tutt’oggi a contratto con l’Asl di Pavia. Attualmente la struttura può accogliere 8 adulti con 8minori per un periodo di 18 mesi modulabili e/o rinno-vabili. Si trova a Vigevano, in provincia di Pavia, ed ècompresa all’ interno di una più ampia struttura deno-minata Casa della Diakonia; la struttura si trova alsecondo piano dell’edificio; è inserita nel contestourbano della cittadina.

MetodologiaCasa Miriam consiste in una comunità relativamentepiccola nata con un forte carattere di sperimentazioneche caratterizza anche l’attuale operatività.Ciò che garantisce tale plasticità (oltre alla storia dellafase progettuale della struttura) ha strettamente a chefare con le dimensioni del servizio (che ricordiamo sonodell’ordine di 8 adulti). In virtù della possibilità di lavorare con un piccologruppo di mamme è attuabile una raccolta precisa deibisogni - gli interventi sono modulabili, il percorso aCasa Miriam non è una sequenza rigida di tappe ma puòessere modulato con la collaborazione dei servizi (lastruttura ha accolto donne che necessitavano di unsostegno durante la fase di reinserimento sociale elavorativo e ne ha accompagnato altre al ricongiungi-mento di coppia).Casa Miriam offre alle ospiti attività generali, di grup-po e individuali per sostenere e condurre l’ospite lungoil suo percorso riabilitativo: colloqui settimanali indivi-duali con l’Educatrice e con la Psicologa-Psicotera-peuta, colloqui quindicinali con l’Educatrice alla geni-torialità, Gruppo sugli aspetti comunicativi e affettivi egruppo sugli aspetti genitoriali. Oltre alle attività ‘standard’ di un percorso di recuperovengono pensati, strutturati e offerti servizi ed attivitàlegate ai bisogni (precedentemente raccolti ed analiz-zati):• delle singole mamme (sostegno individuale psicoedu-

cativo con un team di esperti, per un paio di casi diè strutturata la collaborazione tra Dietista-Psico-logo),

• della coppia mamma-bimbo (accompagnamento epartecipazione della coppia ad eventi ludico-ricreati-vi del territorio, eventi in biblioteca, laboratori dilettura ad alta voce, corso di massaggio infantile,laboratori mamme-bimbi all’interno della comunità),

• dell’intero gruppo di ospiti (incontri di gruppo con laDietista, gruppo di confronto sulla genitorialità, usci-te ricreative).

La modulazione di tale offerta trattamentale segue uniter di raccolta ed analisi dei bisogni, di analisi ediscussione in equipe, di predisposizione del materialee organizzazione delle attività e, infine, di valutazionedel percorso.La collocazione della struttura nell’ambito cittadinopermette di vivere la comunità in modo ‘permeabile’, inun’ottica di apertura nei confronti del territorio; si èsperimentato come questo aspetto in fase di autonomiapossa favorire il buon andamento del percorso piutto-sto che ostacolarlo: le ospiti sentono meno la ‘reclu-

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sione’ e l’allontanamento dalla società e, allo stessotempo, hanno la possibilità di mettersi alla prova e spe-rimentarsi.I bambini vivono il territorio al fianco delle madri: oltrealla socializzazione in comunità, accedono alle possibi-lità di socializzazione della maggior parte dei loro coe-tanei -parchetti, spazi gioco, biblioteche. Casa Miriam prevede che siano direttamente le mamme,affiancate da personale specialistico a occuparsi deiloro bambini ed a strutturare le loro giornate mediandotra i loro impegni comunitari e le necessità dei piccoli;in questo però non vengono lasciate sole ma vengonosollecitate e sostenute dall’equipe il cui lavoro punta afare esperire alla madre una realtà quanto più similealla vita quotidiana di una madre.Le mamme vengono condotte e accompagnate nellariflessione rispetto ai bisogni irrinunciabili dei lorobambini, oltre a essere coinvolte in un’organizzazionequotidiana e straordinaria di momenti, tempi e spazinecessari allo sviluppo armonico dei loro bambini.All’interno dell’equipe operativa di Casa Miriam, la figu-ra preposta a facilitare la relazione mamma-bimbo èl’Educatrice alla Genitorialità che sostiene, monitora edaffianca le mamme nella relazione e nella cura deiminori.

RisultatiI dati relativi alla ritenzione in trattamento sono inco-raggianti rispetto all’efficacia della metodologia dilavoro: solo il 2% dei casi accolti dal 2007 ad oggi èstato un allontanamento (a causa dell’infrazione delleregole e della mancata astensione dall’uso) o un abban-dono del percorso. Più della metà dei percorsi si è con-clusa positivamente con le dimissioni a termine percor-so; in alcuni casi e in accordo coi servizi invianti si èritenuto opportuno prolungare l’accoglienza oltre i 18mesi per raggiungere gli obiettivi prefissati.In altre situazioni l’accoglienza è stata inferiore ai 18mesi standard per precisi accordi con i servizi invianti:è il caso degli ingressi il cui obiettivo è quello diaccompagnare la donna ad un graduale reinserimentosul territorio.

Altre situazioni specifiche relative ad un percorsoabbreviato riguardano l’emissione di un decreto che nonprevede più la permanenza in una struttura come CasaMiriam e sancisce il trasferimento in altre realtà ritenu-te più idonee alla situazione dell’ospite.

In due situazioni, dovute a uno spontaneo abbandonodel percorso, l’altra ad allontanamento a causa di infra-zione delle regole comunitarie), il percorso a CasaMiriam non può essere considerato di effettiva conclu-sione.

I dati relativi al tempo di permanenza in struttura(associati alla ritenzione e all’adesione al percorso)indicano che sono nel 17% dei casi la permanenza èstata inferiore ai 6 mesi, indice di difficoltà nell’ade-renza al trattamento proposto odi una non adatta alcaso proposta riabilitativa.

ConclusioniI risultati sembrano essere incoraggianti ma resta anco-ra parecchio lavoro da fare e la maggior parte di questoriguarda la valutazione, il monitoraggio, la messa in re-te dei Servizi, oltre alla grossa riflessione -che anima ildibattito europeo- sulle evidenze di efficacia.

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n 21 - GIUGNO 2013

TAGLI LINEARI? NO, OTTIMIZZAZIONEL’attuazione di una rete aziendaleper la continuità della cureOspedale - Territorio

Fabio Curcio*, Anna Maria Agliata**, Clara Baldassarre***, Matteo Laringe****,Francesco Auriemma*

*Fabio Curcio - U.O.Ser.T 25 ASL Napoli 1 Centro**Direttore Sanitario D.S.B. 25 ASL Napoli 1 Centro***Direttore Centro Clinico Dipendenze Patologiche ASLNapoli 1 Centro**** Medico di Medicina Generale ASL Napoli 1 Centro

Il ricovero ospedaliero rappresenta generalmente unevento traumatico nella vita; inoltre è spesso seguitoda periodi di convalescenza, durante i quali l’assistitocontinua a necessitare di assistenza, seppure presso ilproprio domicilio. Tale periodo è molto delicato dalpunto di vista sanitario, tanto che un’elevata percen-tuale di assistiti ricorre nuovamente al ricovero ospe-daliero nei mesi immediatamente successivi alla primadimissione, o presenta problemi di salute imponenti,tali da perdere la vita, in casi estremi.Negli anni scorsi gli assistiti che potevano godere diuna rete di supporto familiare potevano giovarsi deicare giver per espletare le proprie funzioni in convale-scenza; con l’evoluzione del concetto di famiglia, sem-pre più elevata sarà la richiesta di supporto al SistemaSanitario da parte degli assistiti con maggiori difficoltàfunzionali con mezzi e operatori, pure con i limitiimposti dai tagli ai bilanci. Pertanto nell’ottica dellaprogrammazione sanitaria e di ottimizzazione dellaspesa, occorre procedere ad una valutazione puntualedello stato di funzionalità del soggetto in dimissione,al fine di pianificarne la convalescenza. Sul pianomanageriale occorre programmare la spesa valutando ilfabbisogno complessivo successivo al ricovero dellapopolazione ospedalizzata. Ciò riveste una particolare importanza per gli assistitiappartenenti alle fasce deboli di popolazione, tra cuigli anziani e i tossicodipendenti, i quali peraltro pre-sentano un elevato tasso di ospedalizzazione.In Italia non sono molto diffusi strumenti di screeningvalidati per identificare i bisogni dei degenti alla dimis-sione, nei paesi anglosassoni viene utilizzata in parti-colare per gli anziani, la Blaylock Risk AssessmentScreening Score (BRASS), una scala di screening delrischio che può essere usata fin dall’inizio del ricovero,per identificare i pazienti che necessitano di un pianodi dimissione protetta. Per i tossicodipendenti ai pro-blemi funzionali del soggetto si aggiungo spesso pro-blemi sociali di rilievo. Inoltre, si ritiene che il proget-to possa fornire importanti dati epidemiologici relativi

all’uso di cocaina nei pazienti ricoverati in emergenza. I punti critici rilevati in altre esperienze possono esse-re legati agli Operatori Sanitari:• mancanza di motivazione per il personale ospedalie-

ro nel rilevare i dati (i test di funzionalità non ven-gono somministrati a tutti),

• mancanza di motivazione per il personale ospedalie-ro nell’indicare le persone preposte alla gestione dellacontinuità assistenziale, laddove le procedure sianostate attivate,

• scarsa stima del personale ospedaliero nei confronti del personale sanitario operante sul territorio;

e punti critici nella gestione complessiva della salutedell’assistito:• mancanza del concetto di rete (i medici di base a

volte ignorano l’ospedalizzazione di un proprio assi-stito),

• sporadicità del dialogo volto al coinvolgimento del Distretto, del MMG/PLS, del PO, del Ser.T e dellaSalute Mentale (il flusso informativo, pure disponibi-le in formato digitale presso le strutture non vienescambiato, con dispendio economico a volte inutile eun livello assistenziale meno efficiente),

• mancanza/scarsità di mezzi.

ObiettiviIstituire una rete assistenziale per la continuità dellecure ospedale - territorio• Migliorare e/o supportare la motivazione degli opera-

tori ospedalieri nel fornire indicazioni agli assistiti,implementando l’uso della rete per la continuità assi-stenziale,

• migliorare la stima nei confronti degli operatori ter-ritoriali,

• enfatizzare il concetto di rete,• migliorare lo scambio di informazioni tra i soggetti

coinvolti,• migliorare la conoscenza del fabbisogno di cure della

popolazione,• migliorare la conoscenza della prevalenza d’uso della

cocaina in pazienti ospedalizzati d’urgenza.

MetodoTempi di realizzazione: giugno 2013 - dicembre 2014.Il progetto prevede la formazione del personale ospe-daliero e territoriale (inclusi i MMG/PLS) in relazionealle opportunità di salute e di risparmio della spesaofferte da una rete telemtica funzionante: • Creazione di una rete informatica in grado di assicu-

rare lo scambio di informazioni, opportunamente pro-tette da password e da sistemi per la protezione deidati “viaggianti”

• Creazione di una postazione informatica dotata ditelecamera in ciascuna divisione ospedaliera coinvol-ta, negli studi dei MMG/PLS, nel Distretto, nel Con-sultorio e nel Ser.T

• Attribuzione di due unità di personale opportuna-mente formate alla fornitura di informazioni online,raggiungibili dalle postazioni informatiche

• Installazione di pc fissi, o anche mobili, dotati di telecamera e software di gestione

• Riunioni di monitoraggio almeno trimestrali per le necessarie modifiche all’operatività prevista

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• Presso il punto di informazioni gli assistiti potrannoottenere risposte competenti interagendo attraversolo schermo, oltre a inserire le risposte per la compi-lazione del questionario di funzionalità

• Somministrazione di test per la valutazione indice diBRASS preliminare e necessario alla dimissione ospe-daliera (la dimissione non può essere effettuata senzala copia del test)

• Raccolta anonima (o, nel caso di espresso consensofirmato, individualizzata) dell’urina dai reparti diMedicina d’urgenza al fine di effettuare le ricerche deicataboliti delle principali sostanze d’abuso, in parti-colare di cocaina.

MaterialeMateriale per la formazione degli operatori.Personal computer (e/o tablet) fissi da collocare neipunti di passaggio.Coinvolgimento degli assistenti sociali e di eventualivolontari per l’orientamento nella somministrazione deltest per la valutazione indice BRASS.Reattivi per l’esecuzione dei test tossicologici urinari.

Risultati attesi 1) La conoscenza epidemiologica (e fabbisogno econo-

mico) delle caratteristiche della domanda del dellapopolazione. Grazie alla somministrazione e all’inviodel test BRASS si potrà monitorizzare il reale fabbi-sogno di salute della popolazione ospedalizzata insenso più ampio

2) migliore operatività per il supporto psicofisico delsoggetto

3) time e cost saving nel trasferire le informazioni dalMMG all’Ospedale e viceversa, preparando anche l’o-peratore ospedaliero in relazione allo stato di salutecomplessivo del soggetto ospedalizzato

4) viceversa, migliore efficienza del MMG nel trattamen-to necessario dei soggetti appena dimessi dal-l’Ospedale. (i dati riportano l’enorme importanza intermini di salute e economici nell’attivare la conti-nuità assistenziale)

5) risparmio della spesa (a partire dai marcatori di infe-zione epatica, pregresse patologie croniche,...).

ConclusioniIl progetto si propone di migliorare complessivamentela rete assistenziale che coinvolge gli operatori dipen-denti territoriali, esponenti della Medicina ospedalierae Medici di Medicna Generale. Relativamente agli assi-stiti il database disponibile presso i Medici di Medicinagenerale, o presso i Ser.T è in grado di orientare intempo reale la decisione del Medico Ospedaliero versoselezionati esami diagnostici anche in caso di emer-genza, eliminando le ricerche di screening inutili, di cuiè già noto lo stato di salute; il risparmio della spesa èevidente, evitando il raddoppio degli esami diagnostici.Per il Sistema Sanitario è evidente che è necessario sta-bilire il fabbisogno di cure successive al ricovero, in ter-mini di previsioni di spesa per le cure da offrire nellefasi post acute.I Medici di Medicina Generale si gioveranno della cono-scenza nella gestione della cronicità dell’assistito. Imedici dei Ser.T saranno in grado di supportare le deci-

sioni diagnostiche e terapeutiche relative ai farmaciagonisti degli oppiacei e/o cocaina. Il monitoraggiodella presenza di cocaina in soggetti ospedalizzati for-nirà interessanti dati epidemiologici in grado di miglio-rare la conoscenza della realtà del consumo dellasostanza.

Bibliografia

1. Blaylock A, Cason CL. “Discharge planning predictingpatients’ needs.” J Gerontol Nurs. 1992 Jul;18(7):5-102. Saiani L., Zanolin ME., Dalponte A., Palese A., Viviani D.(2008) “Valutazione della sensibilità e della specificità di unostrumento di screening dei pazienti a rischio di dimissione dif-ficile.” Assistenza Infermieristica e Ricerca3. Palestini L. (2010) “Manuale di istruzioni per il set minimodi scale” Progetto di modernizzazione “Gestione delle malattiecroniche ad alto impatto assistenziale sul territorio secondo ilchronic care model al fine di ridurre la disabilità, il ricorsoinappropriato all’ospedalizzazione e di migliorare la qualità divita del paziente e del caregiver”

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n 21 - GIUGNO 2013

PERCORSI INNOVATIVI AL SER.T: “I GRUPPI BENESSERE”

Guido Faillace*, Caterina Di Giovanni**, Eliana Mirrione****Responsabile Ser.T. Alcamo A.S.P. 9 Trapani**Dirigente Pedagogista Ser.T. Alcamo A.S.P. 9 Trapani***Educatore Professionale Tirocinante

PremessaIl Benessere è un bene prezioso per l’umanità, che vaperseguito garantendo la tutela della salute, sia indivi-duale che collettiva, della popolazione, per consentirealla stessa la migliore qualità di vita possibile. L’OMS cidà una definizione di Salute: “Non solo assenza dimalattia ma stato di completo benessere fisico, psico-logico e sociale”. E ci suggerisce che per arrivare a que-sto stato di benessere, non basta quindi curare maanche prevenire, informare, sensibilizzare, promuoverecomportamenti sani e orientati al benessere. “ConBenessere non si vuole più descrivere, dunque, una con-dizione di ‘assenza di malattia’, ma qualcosa di moltopiù importante ed ampio: la capacità di vivere in pienole proprie potenzialità, liberare le energie immobilizza-te, aprire nuovi canali di creatività, percepire la vita inpieno. Ma ‘benessere’ è anche qualcosa di più dell’uti-lizzare bene ciò che già esiste (...): è anche la possibi-lità di sviluppare maggiormente le proprie qualità vita-li, di ampliarle, di raggiungere livelli di vita ancora piùsoddisfacenti” (Rispoli 2011, p.71). Il Benessere vacostruito e preservato sin dall’inizio della vita, protettonella crescita, mantenuto nell’età adulta e assicuratosino alla terza età. Secondo il Neofunzionalismo,(Rispoli, 1993, 2004, 2010, 2011), una crescita sanadel bambino e dell’adolescente è legata ad alcune espe-rienze primarie, costituite da emozioni, movimenti, sen-sazioni fisiche, fantasie, relazioni, che sono alla basedell’esistenza umana. Rispoli (2010) le definisceEsperienze Basilari del Sé (EBS), dei mattoni su cui sicostruisce la vita; sono esempi di EBS l’Essere Protetto,Contenuto, Nutrito, Visto, Ascoltato, il Benessere,l’Amore, il Contatto, l’Autonomia. Se le EBS vengonoattraversate più volte in modo sufficientemente pieno,aperto, positivo, in differenti sfumature e situazioni,diventano vere e proprie capacità consolidate e stabili.Esse andranno a costituire il serbatoio a cui poi è pos-sibile attingere ogni qualvolta ve ne sia bisogno: perpoter vivere pienamente una determinata situazione,per poter realizzare ciò che si desidera, per interagirecon efficacia e successo con gli altri e con la realtà. Dicontro, carenze nel modo in cui tali esperienze vengo-no vissute creano alterazioni nei Funzionamenti difondo (Rispoli, 2010), funzionamenti che sono alla basedell’esistenza della persona, che producono pensieri,emozioni, gesti, atteggiamenti, parole, comportamenti,ovvero i vari modi di essere dei Sistemi integrati nellevarie situazioni. Rispoli sostiene che “per conservare

vitalità e benessere anche da adulti, bambine e bambi-ni debbano trovare protezione, calore, serenità, esoprattutto soddisfazione dei loro bisogni fondamenta-li; diversamente si formeranno pericolose alterazioni delnucleo profondo del Sé: perdita di contatto con le capa-cità vitali, disagi, malesseri. Il nucleo del Sé, reso fra-gile ed insicuro, si aggrappa ad immagini esteriori diforza e di certezza, tenta di compensare le carenzeprofonde inseguendo false sicurezze: il potere suglialtri, il volere dominare, il facile successo, la violenza,il denaro a tutti i costi. Oppure cede alle angosce e fini-sce per sentirsi debole, sopraffatto, schiacciato; e si faschiacciare” (L. Rispoli, 2004, p. 332). Il Benesserecome Esperienza di Base è costituita da una specificaconfigurazioni di Funzioni. Se guardiamo da vicino cosaaccade quando si sta attraversando l’EBS Benesserenotiamo che “non ci può essere Benessere se il corponon sperimenta la sua unitarietà, se non c’è completez-za, se non si mantiene l’Armonia e l’equilibrio tra levarie Funzioni del Sé. Non ci può essere Benessere solonei pensieri: anzi con il pensiero si può pensare di tuttoe si può arrivare a immaginare le evenienze più negati-ve, le possibilità peggiori ed allarmanti. Solo la pienez-za delle sensazioni psicocorporee (niente è mai solo fisi-co o solo psichico) può costituire da base al Benesseree allontanare vecchie e nuove fantasie angoscianti. NelBenessere pieno e reale il nostro organismo raggiungeuno stato di funzionamento particolare (...) a cui con-tribuiscono tutti i principali sistemi vitali. Il respiro ècalmo e profondo, spontaneamente diaframmatico. Ilsistema neurovegetativo è decisamente tendente allavagotonia (il sistema della calma e dell’allentamento):le mani sono asciutte, il colorito della pelle è vitale, ilbattito cardiaco lento e tranquillo, le mucose e gli occhiumidi. Il tono muscolare è rilasciato e morbido, la per-sona è pienamente abbandonata; le palpebre sono chiu-se senza sforzo e la bocca è socchiusa e non serrata. Ilcorpo non ha necessità di fare eccessivi movimenti, senon lenti e calmi quando proprio ve ne sia bisogno. Lesensazioni interne sono intense ed estremamente gra-devoli: pesantezza, piccoli flussi che scendono verso ilbasso, calore al centro del corpo e freschezza nelle partialte (...) i pensieri sono fluttuanti e piacevoli. Nel corpocircolano tutti i neurotrasmettitori e mediatori biochi-mici del Benessere” (Rispoli, 2004, p.132). Ma se l’indi-viduo è stato costretto ad essere sempre teso, semprein attività, sempre in allarme, allora non si riesce più araggiungere in modo pieno lo stato di Benessere. “Lepersone percepiscono chiaramente la mancanza di qual-cosa e tentano di colmarla come possono: con la ricer-ca ossessiva del sesso, con il gioco d’azzardo, con ilfumo, con la compulsività per il lavoro; oppure cercanodi allentare la morsa dell’angoscia e ritrovare il paradi-so perduto del Benessere con il bere, con le droghe leg-gere, con le droghe pesanti. Il Benessere è un passag-gio obbligato non solo nelle terapie, ma anche e soprat-tutto nei progetti che vogliono affrontare in modo serioe profondo il tema della prevenzione” (Rispoli, 2004,p.133).

Benessere al Ser.T Il Servizio per le Tossicodipendenze di Alcamo (ASP n°9TP) da anni programma progetti psicocorporei di pre-

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venzione finalizzati alla riapertura di quei Funziona-menti di fondo che favoriscono il Benessere. Questi per-corsi, pur differenziandosi per tecniche e modalità con-duttive in rapporto alla fascia d’età e alle problematichedei partecipanti, sono accomunati da una impostazionemetodologica che prevede l’attraversamento diEsperienze Basilari del Sé (EBS) utili alla riapertura diFunzioni e Funzionamenti, che per storia di vita si sonoalterati o non pienamente sviluppati, rendendo difficol-toso l’accesso al Benessere. All’interno dei nostri itine-rari esperienziali i partecipanti risentono e riscoprono lapotenzialità del benessere. Nei nostri laboratori Ben-essere vengono attraversate varie EBS fra cui Lasciare,Stare, Allentare il Controllo, Fiducia, Sensazioni,Contatto, Essere Tenuti, Protetti, Calma, Aggressioneaffettuosa, Forza Calma, Tenerezza, Benessere, Vitalità.La metodologia adottata è di tipo attivo e prevedemomenti teorici ed esperienziali, secondo l’ottica dellaPsicologia Funzionale, al fine di favorire l’apprendimen-to stesso e la riflessione sulle modalità personali di fun-zionamento. Viene favorita la messa in gioco del propriocorpo e sperimentato direttamente gli aspetti psicocor-porei, sensomotori e affettivo-emozionali della persona,scoprendo nuove modalità comunicative e relazionali. Siriaprono canali sensoriali e percettivi, si inducono statidi allentamento e di vagotonia per tornare in contattocon sé stessi, con la possibilità di riappropriarsi di unostato di benessere generale. Come strumenti metodolo-gici adoperiamo lezioni frontali, presentazioni video,attività psicocorporee individuali, di coppia, di gruppo,giochi di ruolo, lavori di gruppo. Le tecniche Funzionali(Rispoli 2011) utilizzano un coinvolgimento psicocor-poreo specifico per favorire l’attraversamento di EBS.Fra le tecniche impiegate vi sono le mobilizzazioni diespressioni o emozioni, le attività sulla respirazione, suidistretti corporei, le immaginazioni guidate, le sequen-ze, i massaggi, le figurazioni di gruppo, i rituali. Moltedi queste attività sono accompagnate da un sottofondomusicale che favorisce l’attraversamento dell’EBS propo-sta. Ogni percorso prevede un totale di 8-10 incontricon frequenza settimanale, per complessive 24-30 ore,rivolti a 16-20 partecipanti. La conduzione è direttiva.Ciascuno dei progetti ha un sistema di valutazionedurante tutta la sua durata, che ne garantisce il moni-toraggio e la verifica degli esiti raggiunti. Numerosisono gli itinerari formativi già realizzati e rivolti a bam-bini, adolescenti, genitori, docenti, adulti e utenti delSer.T.

BENESSERE GENITORIMolti progetti di prevenzione, attivati dal Ser.T sonostati rivolti ai genitori (soprattutto mamme), che sonostati coinvolti in numerose iniziative, fra cui i progettiesperienziali “Genitorialità e Benessere”.Il progetto Genitorialità e Benessere si è proposto dirispondere ai bisogni-formativi dei genitori, realizzandoun percorso che, partendo dalla conoscenza dell’indivi-duo visto nella sua interezza, miri all’attuazione dimetodi educativi che favoriscano l’evoluzione armonicadel bambino e gli permettano l’attraversamento e lacostruzione delle Esperienze Basilari del SE’. La propostaformativa si è connota come un percorso teorico-espe-

rienziale, in grado di fornire livelli di formazione/infor-mazione su ciò che produce benessere e su quali sonoquei segnali precoci, predittivi di malessere, che se coltiin tempo possono essere facilmente arginati. L’obiettivofondamentale è stato quello di fornire un sostegno allagenitorialità, per creare condizioni favorevoli a soddi-sfare i bisogni fondamentali dei figli. Il laboratorioproposto ha inteso offrire ai genitori l’opportunità discoprire/valorizzare risorse personali e relazionali utili apromuovere la cultura del benessere. Il laboratorio si èconfigurato come uno spazio nel quale i genitori attra-versano alcune EBS come per esempio lo Stare, ilLasciare, l’Essere Visti e Valorizzati, l’Essere Sostenuti eContenuti, il Contatto, la Tenerezza. Ciò ha permessoloro di acquisire quelle capacità che producono benes-sere, e di sentire e capire cosa provano i loro figli quan-do attraversano pienamente e in maniera armonica taliesperienze.

Obiettivi generali e specificiFavorire l’acquisizione di conoscenze ed esperienze utilialla comprensione e al potenziamento del benessere psi-cocorporeo e fornire ai genitori l’opportunità di attraver-sare positivamente le EBS relative alla genitorialità.• Aumentare le conoscenze dei genitori concernenti i

bisogni della persona, il concetto di Benessere, i Fun-zionamenti del Sé e le EBS

• Aumentare le conoscenze dei genitori relativamente allo sviluppo armonico del Sé e dei segnali precoci dialterazione del Sé

• Migliorare lo stato di benessere generale dei genitori• Far attraversare ai partecipanti le EBS relative alla

genitorialità.

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Teoria• La Psicologia Funzionale: un modello multidimensio-

nale• I bisogni della persona e il concetto di Benessere• Stereotipie maschili e femminili. la nascita della vio-

lenza e il bullismo• L’adolescenza• Il mondo virtuale• La genitorialità• Lettura Funzionale della Famiglia

Dunque, l’aiuto ai genitori a riscoprire il proprio il pro-prio Benessere, a riconoscere i propri BisogniFondamentali e quelli dei figli, il sostegno alla genito-rialità e la relazione genitore-figlio, sono diventati itemi centrali del laboratorio, nella convinzione dell’esi-stenza di una reciprocità tra i bisogni dei genitori equelli dei figli e di una reciprocità tra benessere/auto-stima dei genitori e benessere dei figli. La maggior parte degli incontri è stata strutturata nelseguente modo. Un primo momento di circa 10 minutidi memoria storica in cui i componenti del gruppo ricor-dano le attività realizzate nell’incontro precedente, rife-riscono se queste hanno suscitato pensieri o stimolatoriflessioni durante la settimana. Quindi un momentoteorico legato all’argomento dell’incontro, realizzatoattraverso la lezione frontale, di circa 40 minuti, conl’ausilio di diapositive e/o di video. In seguito vengonoutilizzate tecniche funzionali che coinvolgono il gruppoper circa 90 minuti. Infine, l’ultima parte dell’incontroprevede la verbalizzazione dei vissuti e la condivisionenel gruppo del lavoro svolto, moderata dal conduttore.

L’attraversamento del percorso nella sua complessità hasempre favorito nelle mamme partecipanti uno stato dibenessere generale ed una riflessione costante sulle loromodalità comportamentali e relazionali nei confrontidei propri figli. Le risposte ai Questionari di valutazio-ne hanno evidenziato che i genitori avevano appreso ciòche deve essere la condizione di Benessere in età evo-lutiva e quelli che sono i segnali precoci di alterazionedel Sé. L’osservazione diretta del comportamento dei genitori edel grado di coinvolgimento nel lavoro, le verbalizza-zioni in itinere e le riflessioni finali dei partecipanticoncernenti l’attraversamento dell’esperienza, hanno

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n 21 - GIUGNO 2013

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sempre fatto emergere: la positività del confronto fragenitori, la convinzione che l’esperienza vissuta è statautile e che i temi trattati sono stati interessanti, la con-sapevolezza di sentirsi più sicuri come genitori, lo sco-prirsi più sereni con se stessi, più capaci di ascolto coni figli, più pronti ad affrontare le difficoltà e a discu-terne con la famiglia. In ogni gruppo genitori attivatoil 100% dei partecipanti ha gradito l’esperienza, la rifa-rebbe e la consiglierebbe ad altri.

Benessere Donna Fra le attività proposte, che hanno sempre un tempodeterminato, particolare adesione hanno ricevuto quel-le rivolte alle donne. Le donne sono più disponibilidegli uomini a mettersi in gioco, i nostri gruppi hannosempre avuto una prevalenza di presenza femminile.

Le donne spesso sono portatrici di tanta sofferenza,reggono tanti pesi... e a volte necessitano di aiuto. AlSer.T arrivano varie donne, alcune hanno problemi rela-tivi alla dipendenza patologica, altre sono madri, mogli,figlie, sorelle di nostri utenti; molte arrivano al servizioper partecipare ai progetti di prevenzione, reclutatenella scuola dei loro figli, o nei progetti territoriali dellaL.328 o autonomamente, perché consigliate da un’ami-ca che ha già fatto l’esperienza. Osservando questedonne, emergono alcuni elementi di alterazione concla-mata, che si erano appena intravisti nelle bambine enotati ancora di più nelle adolescenti incontrate neinostri progetti. In queste donne il Respiro è quasi sem-pre toracico, la Voce soffocata o strozzata o eccessiva-mente acuta, il Controllo è alto, i movimenti trattenuti,mentre la Forza maggiormente adoperata è quella diresistenza. Questi dati confermano le nascenti altera-zioni del Sé già evidenziate nelle bambine di 8-10 anniin precedenti ricerche (Rispoli, 1998-1999) e sottoli-neano una possibile influenza sociale sull’origine dellastaticità, fragilità e passività di molte donne.

Secondo Rispoli (2004) l’esperienza prevalente a cuisono sottoposte le donne sin da bambine è caratteriz-

zata da un insieme di regole educative che hanno pereffetto quello di tagliar via la capacità di sentire e diesprimere pienamente la propria forza. Ne consegue chediminuisce anche la capacità di “proporsi al mondoesterno”, di “lanciarsi” in imprese e progetti importan-ti e ambiziosi. Vengono così meno l’autostima, la sen-sazione di poter affrontare con successo le difficoltà,l’immagine positiva di sé. La forza nelle femmine si tra-sforma in una tendenza a dedicarsi agli altri. Far le coseper gli altri è la possibilità residua di ricoprire un ruolorilevante, uno spazio per sé. Ma anche il dedicarsi aglialtri può assumere una tonalità di sottomissione. Ledonne hanno una grande forza, ma la usano per batta-gliare tutti i giorni con il ménage quotidiano; non lausano per sé, per difendersi, per sapersi relazionare inpositivo all’esterno, per proporsi, per prendersi uno spa-zio visibile e attivo nella società. I progetti Benesseredonna sono nati per rispondere alle esigenze della po-polazione femminile, che a vario titolo arriva nei nostriservizi; in questi percorsi confluiscono anche dellemamme che, avendo già partecipato al gruppo Benes-sere genitori, vogliono continuare a lavorare per la pro-pria crescita personale e delle tirocinanti del servizio inqualità di osservatori partecipanti, con la funzione dielementi positivi ed aggreganti di un gruppo eteroge-neo. L’eterogeneità del gruppo formativo, per età, pro-blematiche personali, vissuti, ceto sociale, livello cultu-rale, diventa un valore aggiunto all’esperienza; e, nel-l’ottica della Pedagogia Istituzionale, (Canevaro 1988)favorisce l’integrazione delle competenze, delle cono-

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scenze, dei linguaggi, delle potenzialità e possibilità,ottenendo una rimozione di quelle barriere psicologicheche alimentano lo stigma del Ser.T.

I percorsi Benessere rivolti alle donne, hanno dato spa-zio e voce a bisogni inespressi. Le donne hanno risco-perto il piacere di risentirsi, aprire le sensazioni, le emo-zioni; di condividere la propria sofferenza; di assorbire ilSostegno, il Nutrimento, la Tenerezza. Attraversando leEBS del percorso Benessere, le donne hanno sperimen-tano la piacevolezza di nuove e più serene modalitàcomunicative e relazionali, che gradualmente hannospontaneamente trasferito nella loro vita quotidiana.

L’attraversamento di Esperienze quali l’Essere Tenuto, ilContatto, il Benessere, la Condivisione, ecc. ha permes-so un riequilibrio del Sé psicocorporeo, diminuito lealterazioni incrostate dal tempo, aperto nuoviFunzionamenti di fondo. Nel tempo, nelle donne si èmodifica in positivo l’Immagine Corporea di Sé, miglio-rata la Respirazione, diminuito il Controllo, aperta lapossibilità di Lasciare, di Stare ed è aumentata l’Auto-stima. Il percorso formativo ha consentito alle donneuna più chiara consapevolezza di Sé, dei propri limiti, diciò che le ferma, delle proprie potenzialità.

Le partecipanti così educate ed abituate ad usare spes-so solo la Forza di resistenza, hanno successivamenteattraversato l’Aggressione affettuosa; tutte le EBS dellaForza: dalla F. Originaria, alla F. Morbida; dalla F. Calma,alla F. Aperta; la Tenerezza, la Presenza.Alla fine del percorso quasi tutte le donne hanno rag-giunto una nuova Consistenza e Determinazione, che hastimolato in loro la ricerca di nuovi stili di vita e il desi-

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n 21 - GIUGNO 2013

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derio di nuovi orizzonti, che hanno concretizzato, neltempo, portando fino in fondo delle scelte di vita.

Dal 2001 ad oggi tanti sono stati i percorsi psicocorpo-rei attivati nel nostro territorio, che hanno coinvolto1272 persone per un totale di 356 incontri di gruppo,pari a 1139 ore di lavoro, (vedi grafico successivo).Interessanti i risultati raggiunti, altissimo il gradimen-to, bassissimi i costi, ma soprattutto, l’affluenza ditanta gente al Ser.T, per motivi diversi da quelli usuali,ha contribuito, nel suo piccolo, a ridurre il pregiudizionei confronti del servizio e della sua utenza.

Ser.T Alcamo ASP 9 TP

Bibliografia

Canevaro Andrea (a cura di) (1988), Handicap, ricerca e spe-rimentazione, Roma: La Nuova Italia Scientifica.Di Giovanni C., Ingoglia S.(2012). Genitorialità e Benessere:un percorso di formazione per genitori con figli adolescentiin Inguglia C., La progettazione di interventi psicosociali.Roma: Carocci.Di Giovanni C.(2013). Il Counseling Funzionale: Nuova moda-lità di intervento in Rispoli L. (a cura di), Nuove frontiere delCounseling. Roma: Alpes.Rispoli, L. (1993). Psicologia Funzionale del Sé. Roma:Astrolabio.

Rispoli, L. (1998-1999). Prevenzione-Benessere Infanzia eAdolescenza, Progetto “Pamfs”. Comune di Napoli.Rispoli, L. (2004). Esperienze di Base e sviluppo del Sé.Milano: Franco Angeli.Rispoli, L. (2010). Il Manifesto del Funzionalismo Moderno.Napoli: Scuola Europea di Psicoterapia Funzionale (SEF).Rispoli, L., & Di Nuovo, S. (2011). L’Analisi Funzionale delloStress. Milano: Franco Angeli.Rispoli, L., (2011). Manuale delle Tecniche Funzionali. Napoli:Scuola Europea di Psicoterapia Funzionale (SEF).

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n 21 - GIUGNO 2013

TECHNO RAVE, HOUSE MUSIC, NEOTRANCE MUSIC & STATI ALTERATIInterventi integrati per la riduzione del rischio nei grandi eventi musicali

Renato Durello, Romana Baronchelli, Cristina Azzimonti, Barbara Bongini, Giuseppina Cordone, Massimo Dorini, Giovanna Fontana, Fabio Guerrini, Paolo Marzorati,Marina Meneghello, Concetta Micalizzi, Cinzia Pezzoni, Nadia Rui, Ernestino Gola1

Riccardo De Facci, Nicola Mazzitelli, Stefano Moneta2

1Dipartimento Dipendenze ASL Provincia di Milano 12Cooperativa Lotta Contro l’Emarginazione

SintesiAlcuni contesti ricreativi giovanili, quali gli eventimusicali, in particolare techno rave o concerti di musi-ca house, neotrance o dance, per citarne alcuni, sonosempre più caratterizzati dalla ricerca dello “sballo”,dello stato alterato di coscienza, sovrapponendo allamusica gli effetti di sostanze psicoattive sia legali,quali l’alcol, sia illegali, in particolare MDMA e ketami-na, cui vanno aggiunte, talvolta, cocaina e, molto piùspesso, cannabis.La partecipazione delle Unità Mobili Giovani (UMG) allaprima edizione italiana dell’ evento Time WARP (2011)presso gli spazi della Fiera di Rho, che prevedeva la pre-senza anche di personale sanitario e socio educativoafferente al Dipartimento Dipendenze dell’ ASL MI 1, haavviato una esperienza di integrazione pubblico-priva-to sociale per la gestione di interventi informativi,socio-educativi e sanitari, finalizzati alla riduzione delrischio e alla gestione di situazioni diemergenza/urgenza, che frequentemente si verificanoin tali contesti.Dopo questa prima significativa esperienza si è costi-tuito un gruppo permanente di operatori delDipartimento Dipendenze disponibili all’ intervento intali contesti; l’attuazione, infine, della sperimentazioneex DGR 3239/2012 “Effetti Collaterali”, di cui è titola-re la Cooperativa Lotta Contro l’Emarginazione, hacostituito l’ambito e l’occasione per la formalizzazionedi un protocollo che sancisce e regolamenta tale colla-borazione.

Premessa«Il consumo di droghe a scopo ricreativo, segnata-mente sintetiche, sta divenendo sempre più comune.Coloro che ne fanno uso non appartengono alle fascesociali più svantaggiate o alle frange dell’emargina-zione, ma vanno ricercati tra i giovani, gli studenti,gli impiegati, provenienti da categorie relativamentebenestanti. Si tratta di una tendenza uniforme

riscontrabile in tutta l’UE».Mike Trace, Presidente, Consiglio di Amministrazionedell’OEDTQuesto allarme è stato pubblicato nel bollettino Focussulle droghe dell’Osservatorio Europeo delle Droghe edelle Tossicodipendenze (OEDT) di Lisbona nel 2002, maè ancora più attuale in questi ultimi tempi.Per consumo di stupefacenti a scopo ricreativo si inten-de, in questo contesto, il consumo di sostanze psicoat-tive per “divertimento” negli ambienti di vita notturna.In particolare il bollettino richiama: “il consumo di stu-pefacenti negli ambienti di vita notturna è del paristrettamente legato allo stile di consumo della gio-ventù, già peraltro sfruttato dall’industria della musica,del divertimento, dai produttori di alcolici e da ognialtra attività che si rivolge ai giovani.” e suggerisce che“una risposta mirata ai soggetti a rischio negli ambien-ti di vita notturna dovrebbe dunque individuare il modomigliore di gestire tale rischio, derivante dal consumodi stupefacenti ad uso ricreativo, divulgando informa-zioni, in particolare relative ai pericoli a lungo termi-ne.”. Inoltre, “nonostante i media abbiano richiamatol’attenzione del pubblico sulle morti per ecstasy, la que-stione principale, in un’ottica di sanità pubblica, è datadai rischi di invalidità a lungo termine causata dal con-sumo regolare o massivo (cosiddetto binge use) di sti-molanti anfetaminici, quali appunto l’MDMA”.L’OEDT ha continuato a lavorare, insieme con gli Statimembri, alla raccolta di informazioni circa l’estensionedel problema e le misure disponibili. Nel 2010 ha rila-sciato indicazioni sugli interventi di riduzione deldanno nei contesti ricreativi sviluppando in particolarele riflessioni sull’efficacia degli interventi nei luoghi deldivertimento (Chapter 13 -YOUNG PEOPLE, RECREATIO-NAL DRUG USE AND HARM REDUCTION. A. Fletcher, A.Calafat, A. Pirona and D. Olszewski in HARM REDUC-TION: EVIDENCE, IMPACTS AND CHALLENGES EMCDDA,Lisbon, April 2010).Fra le considerazioni finali l’OEDT di Lisbona nel 2002segnalava che “le conseguenze ed i rischi derivanti dalconsumo di droga a scopo ricreativo dovrebbero esserechiarite su di un piano scientifico.” Risposte appropria-te potrebbero provenire dai settori del sociale e dellasanità a partire dalla conoscenza dei contesti e deglistili di consumo fino all’approfondimento dei rischi alungo termine del consumo di droga.

Strumenti e metodiIl Dipartimento Dipendenze dell’ASL MI 1 ha avviatouna esperienza di integrazione pubblico - privato socia-le con la Cooperativa Lotta Contro l’Emarginazione(COLCE), titolare del progetto sperimentale ex DGR3239/2012 “Effetti Collaterali Sistema di InterventoSelettivo” insieme ad altre organizzazioni del privatosociale (Coop.Soc. Albatros, Ass. Comunità Nuova,Contina Coop.Soc.), formalizzata con un Protocollooperativo. La sperimentazione è finalizzata a interveni-re nei contesti del divertimento e/o dell’aggregazioneinformale promuovendo l’autotutela della persona perlimitare danni e rischi.Il Protocollo di collaborazione prevede la compresenzadi personale di area sanitaria e socio-educativa delDipartimento Dipendenze, accanto al personale della

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Cooperativa, in occasione di interventi in alcuni conte-sti particolarmente connotati da comportamenti arischio, quali rave party, concerti e festival musicali digrande affluenza. Il compito di tale gruppo di operato-ri ASL, consiste nella gestione delle situazioni di emer-genza/urgenza, con una prima diagnosi, eventuali trat-tamenti e valutazione della necessità/opportunità diinvio ai Pronto Soccorso ospedalieri o ad altri servizipreposti.Gli operatori del Dipartimento Dipendenze inoltre svol-gono un’attività di osservazione e rilevazione dei feno-meni, con l’obiettivo di conoscere esperienze di consu-mo/abuso di sostanze psicoattive, altrimenti non rile-vabili nella pratica quotidiana all’interno dei servizi perle dipendenze. Le informazioni raccolte dagli operatoridel Dipartimento, attraverso una scheda predefinita,andranno a integrare i dati raccolti dagli operatori diCOLCE attivi nella sperimentazione.A COLCE compete di tenere i contatti con gli organizza-tori dell’evento, seguire l’allestimento degli spazi idoneialle attività da svolgere (area medica e relax zone),mettere a disposizione il materiale non sanitario neces-sario (materassini, coperte, acqua, generi alimentari,...) direttamente o tramite gli organizzatori dell’evento.

Primi risultatiSi presentano alcuni dati relativi al campione di perso-ne incontrate e assistite ed alle attività erogate nelcorso di tre eventi musicali, tra fine settembre 2012 emarzo 2013: Time Warp, concerto di David Guetta econcerto di Paul Kalkbrenner. I dati riguardano solo icontatti avvenuti all’interno dell’Area Medica e nontutto il complesso delle attività del progetto sperimen-tale “Effetti collaterali”.E’ stato osservato come genere ed età variano in fun-zione del tipo di musica che viene proposta nell’evento.

In particolare, nel corso del terzo concerto, è statasignificativa la quota di minorenni che hanno avutonecessità di cure perché in grave stato di alterazione.

Anche rispetto al tipo di sostanze psicotrope che hannoprovocato la necessità di un intervento, pur essendosempre l’alcol la sostanza più implicata, è evidente unavariabilità in funzione del tipo di musica.Le informazioni sulle sostanze assunte sono state for-nite dai diretti interessati o dagli accompagnatori,quando possibile, nel corso di tutto il periodo di assi-stenza, o tramite una valutazione clinica effettuata daimedici presenti. La mancanza di informazioni, rispettoad alcune persone, si è verificata, prevalentemente, peril fatto che questo non costituiva un vincolo per acce-dere alle cure.

ConclusioniQuesta esperienza di gestione integrata, pubblico-pri-vato sociale, degli interventi finalizzati alla riduzionedel rischio in occasione di grandi eventi musicali, rivol-ti prevalentemente alla popolazione giovanile, quali itechno rave, dove è sempre più consolidato un notevo-le e diffuso consumo di sostanze psicoattive, soprat-tutto alcol, ma anche MDMA, ketamina e altre drogheillegali, ha confermato la necessità e l’utilità di questeazioni sia per quanto concerne la prevenzione e ridu-zione del rischio, sia per la tutela della salute delle per-sone, che presentano situazioni di vera e propria emer-genza/urgenza. Infatti, purtroppo, la cronaca periodi-camente ripropone incidenti mortali nel corso di questemanifestazioni, dovuti all’assunzione massiva di mix disostanze psicotrope. Viene confermata, inoltre, l’utilitàdell’osservazione “sul campo” di questi fenomeni, chefornisce agli operatori una messe di informazioni, tec-nicamente e clinicamente importanti, che altrimentinon potrebbero essere rilevate.

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n 21 - GIUGNO 2013

Inoltre, il ricorso a cure sanitarie direttamente sulposto, con la possibilità di permanenza per il temponecessario, nell’area sanitaria o nella relax zone, con-sente di ovviare, nella quasi totalità dei casi, all’invioai Pronto Soccorso degli ospedali di zona, evitandonela saturazione e un improprio utilizzo. La presenza,consolidata, di una associazione di primo soccorso con-sente una ulteriore integrazione per facilitare l’accessoall’area medica delle situazioni più gravi e per l’even-tuale invio di assistiti in strutture ospedaliere.

COMPLUSIÒN: UNA SPERIMENTAZIONE NELL’AMBITO DEI SERVIZI PER LE NUOVE DIPENDENZE

Adelmo Fiocchi*, Roberto Lombardi**, Paolo Pianezzola****Psicologo, psicoterapeuta, responsabile scientifico delprogetto “Compulsiòn” per “Atipica” cooperativa socia-le onlus**Psicologo, psicoterapeuta, responsabile del progetto“Compulsiòn” per “Atipica” cooperativa sociale onlus***Psicologo e psicoterapeuta

Compulsiòn è un progetto di start-up per un serviziomultimodale di diagnosi e cura dei comportamenticompulsivi e delle nuove forme di dipendenze compor-tamentali (gioco d’azzardo, sesso, dipendenza da inter-net, shopping compulsivo e disturbi dell’alimentazio-ne). Il target del servizio è rappresentato da quei sog-getti e dalle loro famiglie che manifestano comporta-menti compulsivi, che esitano in nuove forme di dipen-denza, associati o meno a DUS, ma che sono privi dicompromissioni gravi sul piano sociale, lavorativo, psi-chiatrico e fisico. Il lavoro illustra aspetti organizzati-vi, di governance del progetto e la rete attivata.Compulsiòn si basa su una modalità di intervento “mul-timodale”, costituita da interventi differenziati edistinti ma combinati ed integrati. Il programma dicure viene definito a partire da un inquadramento spe-cialistico dei problemi. La “gravità” dei comportamen-ti compulsivi è stimata a partire da due fattori princi-pali: uno clinico-diagnostico secondo i criteri del DSM-IV-TR (considerata anche la comorbilità) e uno relativoalla compromissione psico-sociale. Si identificano cosìclassi diverse che presuppongono bisogni di cura asso-ciati a gradi di gravosità specifici, organizzati in trelivelli:

A queste conclusioni vanno aggiunte quelle che deri-vano dall’analisi di EuropASI, della SCL90 e dellaValutazione Globale del Funzionamento (VGF) secondoi criteri del DSM.

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E’ quindi possibile definire percorsi di cura e riabilita-zione personalizzati, appropriati e coerenti con i biso-gni delle persone e delle famiglie, attraverso la defini-zione di un Protocollo Terapeutico risultante dall’inte-grazione e dalla combinazione di differenti pacchetti diprestazioni.

FLUSSO OPERATIVO DEL PROGETTO

FASE SPERIMENTALE IN REGIME DI FUNZIONAMENTO

I requisiti funzionali, strutturali, organizzativi, gestio-nali sono definiti in linea con quanto richiesto dallaDGR 12621 del 2003. Compulsiòn assicura la disponibi-lità dei trattamenti relativi alla cura: le prestazionisono erogate in forma individuale o a piccoli gruppi. IlServizio provvede a:a) garantire accoglienza, diagnosi e presa in carico del

paziente;b) predisporre, per ogni utente, un programma perso-

nalizzato con valutazione diagnostica iniziale for-mulata sulla base del protocollo regionale e monito-raggio periodico

c) formulare un programma organizzato in pacchetti diprestazioni in base alla valutazione di gravità

d) formulare una dimissione o un proseguo del pro-gramma

La tabella mostra le tipologie di personale di cui ilServizio si avvale e le attività previste, organizzate inpacchetti.

È prevista la figura del “care manager”, scelta indivi-duando tra le figure professionali quella che megliopossa rispondere alle esigenze prevalenti dell’utente. Compulsiòn prevede la collaborazione con i Servizi pub-blici anticipando quella che potrebbe essere l’organiz-zazione dei Servizi in Lombardia nei prossimi anni. AlServizio pubblico verrà richiesto di predisporre un pro-gramma terapeutico a partire dalla diagnosi e dalla

definizione della gravità del paziente così come da spe-rimentazione effettuata in alcuni Ser.T, NOA e SMI nelcorso del 2011. Il Servizio pubblico individuerà lanecessità di prestazioni professionali specialistiche cheil paziente e la famiglia potranno ricevere pressoCompulsiòn, in una logica analoga a quella degli Entiaccreditati, erogando quindi il conseguente voucher dispesa. Titolarità e management del caso rimarranno alServizio inviante, ma le prestazioni verranno erogate daun altro Ente, coordinandosi in rete.

È stata svolta una attività di marketing e pubblicizza-zione per far conoscere il progetto.

Il servizio mira, in linea con quanto espresso nellaDelibera Regionale IX/3239 alla compartecipazioneresponsabile degli utenti: la sostenibilità economicaderiva dal fatto che le persone, diventano sostenitoridiretti del servizio, attraverso la contribuzione di partedel costo del percorso trattamentale. In base al criteriodel Fattore Famiglia Lombardo - FFL, che si va definen-do a partire dalla legge 2/2012, ai pazienti è richiestodi sostenere direttamente, il percorso di cura, attraver-so il pagamento di un contributo forfettario a pacchet-

Ser.T NOAASL

SMI, CTPrivato Sociale

NPI - CPS - SPDAAziende Ospdaliere

Poker online

Compulsiòn

LIBERI PROFESSIONISTI e ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA(Medici, avvocati, psicologi, commercialisti

SERVIZI PER LE DIPENDENZE (Sert, SMI, NOA...)

SERVIZI PER LE FAMIGLIE (Consultori, Servizi Sociali Comune...)

SERVIZI DI SALUTE MENTALE (CPS, SPDC...)

SERVIZI SANITARI SPECIALISTICI (MST)

ESERCIZI PUBBLICI (Bar, locali, sale da gioco...)

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to o a ticket per prestazione ad integrazione del vou-cher della Regione, come avviene attualmente in Lom-bardia per altri servizi socio-sanitari. Questa modalitàfacilita l’accesso delle persone alle cure, garantisce cri-teri di equità e implementa l’assunzione di responsabi-lità e il livello di motivazione da parte dei fruitori.Recependo le indicazioni della DGR IX/3239 il calcolodel budget è stato suddiviso in due grossi capitoli dispesa: numero di pacchetti di prestazione erogati ecosti di gestione indiretti. Nel primo abbiamo contem-plato i pacchetti di prestazioni (voucher) che copronole spese relative alla cura in senso stretto. La contribu-zione da parte dell’utenza, copre le spese di gestionedelle strutture che erogano prestazioni socio-sanitarie,erogate a regime di SSN. Nel secondo abbiamo riporta-to i costi indiretti. Considerata la non ammissibilità dialcuni costi (comunicazione, coordinamento e monito-raggio del progetto) e l’ammontare delle spese fissenecessarie al mantenimento degli standard di qualità,si è pensato di suddividere i vari costi e di ipotizzarecome gli stessi potessero essere assunti progressiva-mente nel triennio, dal cittadino e dai suoi familiari,attraverso una compartecipazione alla spesa fino al50% del costo complessivo secondo i principi del FFL.I costi indiretti di gestione (utenze, affitto, personaleamministrativo e gestionale, assicurazione e materialidi consumo, ecc.) non sono stimati ma sono calcolaticon precisione rispetto ad esperienze pregresse di con-duzione di servizi ambulatoriali simili a studi privati1.

Dopo circa 9 mesi di sperimentazione sono stati aperti80 “pacchetti”.

1Si veda Report di ricerca “Psicologi per Milano. Indagine qualitati-va sui centri clinici con caratteristiche di Sostenibilità”, Ordinedegli Psicologi della Lombardia e Assessorato alle Politiche Socialie Cultura della Salute del Comune di Milano, marzo/aprile 2012

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AGOPUNTURA SECONDO LA MEDICINA TRADIZIONALE CINESE:STRUMENTO DI CURA NEI SERVIZIPER LE DIPENDENZE Descrizione di due casi clinici

Furba P., Medico Specialista in Medicina InternaDiplomato Agopuntore Responsabile U.O. Rovato Ser.T. 2ASL Brescia Fasoli M., Medico Specialista in Farmacologia DirettoreSer.T. 2 ASL Brescia

Premessa L’utilizzo dell’agopuntura unitamente alle terapie usua-li divenuta procedura standard in molti programmi didisintossicazione. Risalgono agli anni 70 del novecen-to le prime esperienze di trattamento con agopunturanella sindrome da astinenza da eroina da parte di Wen,neurochirurgo di Hong Kong(1). Egli utilizzò la stimola-zione elettrica, con correnti a bassa frequenza, in quat-tro punti del corpo e in due punti dell’orecchio. Il pro-tocollo utilizzato da Wen fu applicato successivamenteanche a pazienti con dipendenza da altre sostanze. Daallora numerosi protocolli di trattamento sono statiapplicati utilizzando punti di agopuntura somatica edauricolare. Tuttavia gli studi sugli schemi riflessologici,applicati al tabagismo e alla dipendenza da cannabi-noidi, eroina e cocaina, hanno fornito risultati fugaci ocontradditori. Gli schemi fissi basati su auricoloterapiahanno dimostrato di agire in modo sintomatico sulladipendenza fisica o farmacologica, ma non sui nucleiprofondi individuali che inducono dipendenza(2). I mec-canismi che spiegano l’efficacia dell’agopuntura neltrattamento della dipendenza si riferiscono a due teo-rie: l’interferenza con il sistema endorfinergico e l’in-terferenza con il sistema della ricompensa(3). Secondola prima ipotesi l’agopuntura allevierebbe i sintomi diastinenza attivando la produzione di endorfine. Ciò nespiegherebbe l’efficacia nel trattamento dei sintomi diastinenza da oppiacei, ma non nella disintossicazionee trattamento di altre dipendenze e sui tassi di recidi-va. In uno studio su pazienti disintossicati con ago-puntura, ad esempio, si è rilevato, dopo 12 mesi dalladisintossicazione, un tasso di recidiva di solo il 5%rispetto al 25% dei soggetti trattati con farmaci(3).L’attivazione endorfinergica spiegherebbe quindi soloparzialmente questi risultati. Come è noto, l’utilizzo disostanze d’abuso e l’instaturarsi della dipendenza ècorrelata anche a cambiamenti nell’attività dei sistemidopaminergici che sarebbero alla base del rinforzopositivo alla assunzione della sostanza d’abuso. Sempreall’attività di questi sistemi inoltre sarebbe correlato ilconsolidamento della memoria con conseguente in-fluenza sulla motivazione a successive esperienze. Lesostanze in grado di determinare tossicomania intera-giscono con questi meccanismi fisiologici, alterandone

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però la funzionalità anche determinando una progressi-va riduzione della produzione dopaminergica fisiologicacon conseguente riduzione della sensibilità ai rewardnaturali.Con il progredire della dipendenza l’assunzionedi droga viene mantenuta non solo per alleviare la sof-ferenza astinenziale ma anche per ridurre quello statodi disforia, irritabilità, ansia, depressione; questo statoè descritto come “craving” o “smania“ per la sostanza ocomportamento compulsivo ha analogie con condizioninaturali che inducono comportamenti finalizzati allasopravvivenza dell’individuo o della specie come lafame o il desiderio sessuale. L’agopuntura attiverebbe ilsistema di ricompensa portando ad un aumento delneurotrasmettitore dopamina nel nucleo accumbens enell’amigdala (parti del cervello che determinando unsenso soggettivo di benessere) con un effetto anticra-ving. Dal punto di vista clinico ciò si risolve in una sen-sazione di benessere e di pace che perdura oltre iltempo della disintossicazione. Numerosi studi rando-mizzati, controllati e più di 25 revisioni sistematche emeta-analisi hanno valutato l’efficacia clinica dell’ago-puntura anche in altre situazioni cliniche . Questi studisuggeriscono, per esempio, che l’agopuntura sia effica-ce come antiemetico dopo la chirurgia o la chemiotera-pia negli adulti, e per la nausea in gravidanza. Buoneprove di efficacia esistono anche per l’effetto analgesi-co, antispastico ed ansiolitico. In uno studio comparsosu Archives Internal Medicine del 2007(4) vennero con-frontati i risultati ottenuti sulla lombalgia con terapiaconvenzionale, agopuntura e sham agopuntura. L’efficacia dell’agopuntura risultò quasi due volte mag-giore rispetto alla terapia convenzionale e la differenzasi mantenne per almeno sei mesi. Uno studio comparsosu Neuroimaging del settembre 2009 dimostrò, tramiterisonanza magnetica, l’attivazione dei recettori mu pergli oppioidi in determinate aree cerebrali con l’agopun-tura ma la sham agopuntura. Sulla base di questi datiabbiamo introdotto l’agopuntura nel trattamento dipazienti tossicodipendenti che presentassero anche sin-tomi correlati per i quali questa metodica risulti indi-cata in base alle indicazioni della letteratura medica.

MetodiNella valutazione offerta ai pazienti afferenti allanostra Unità Operativa è prevista, dal 2011, la possibi-lità di effettuare, nei casi per cui sussista l’indicazione,l’agopuntura somatica secondo medicina tradizionalecinese(MTC). Le indicazioni sono: 1) presenza di inson-nia, ansia, sintomi depressivi per i quali non siano indi-cati o non siano accettati dall’interessato interventifarmacologici, 2) sintomatologia astinenziale protratta,3) tossicodipendenza in atto o in remissione, con con-troindicazioni o inefficacia dell’uso di analgesici perpatologie internistiche dolorose o caratterizzate daalterazione della cenestesi quali dismenorrea, sindromeclimaterica, cefalea, mialgie, dolore osteoarticolare. Aipazienti candidati al trattamento vengono illustrati iprincipi dell’agopuntura per la valutazione della moti-vazione a seguire la terapia ed a rispettare gli appun-tamenti per le sedute e per l’acquisizione del consensoinformato. Viene poi posta diagnosi secondo la MTC evengono effettuate sedute a cadenza settimanale osecondo giudizio clinico. Criteri di valutazione dell’effi-

cacia dell’intervento sono il miglioramento clinico, l’e-sito degli esami tossicologici, la riduzione dei segni cli-nici di assunzione, la riduzione dell’ansia, dei sintomidepressivi, del dolore e del consumo di analgesici. Diseguito vengono esposti due casi clinici trattati conagopuntura somatica secondo MTC.

Caso clinico 1: M., è una signora di 50 anni inserita inun programma terapeutico territoriale per verificare l’a-stensione da uso di alcool e poter accedere al trapian-to di fegato. M. persona che si descrive libera ed avven-turosa all’età di 18 anni va in India, usa oppiacei pervia parenterale e si ammala. Per la comparsa di ittero ècostretta al rientro in Italia dove viene posta diagnosidi epatite non A non B. M., dopo l’episodio acuto noneffettua controlli e mantiene l’uso di oppiacei finoall’età di trenta anni, quando vira verso il consumo dialcoolici. Nel frattempo si sposa e cerca di restare gra-vida, ma non riesce a concretizzare questo desiderio.Dopo tre anni di insuccessi, nel dubbio di infertilità, sisottopone ad accertamenti. Viene rilevata epatopatiaevoluta HCV correlata e sottoposta a terapia con inter-ferone peghilato e ribavirina, con riattivazione dellainfezione virale alla sospensione del trattamento.Anche un secondo ciclo non ha buon esito. La malattiaprogredisce ed all’età di 47 anni viene posta diagnosidi cirrosi micronodulare avanzata. La biopsia dimostracellule tumorali maligne scarsamente differenziate.L’esogagogastroduodenoscopia evidenzia nel trattodistale quattro tronchi varicosi blu di primo grado, eso-fagite di primo grado, gastropatia ipertensivo portale.Viene sottoposta a chemioembolizzazione con chemio-terapici con indicazione di trapianto epatico. Vienemessa in lista di attesa per il trapianto ed inviata alnostro servizio per monitorare l’astensione da uso dialcool e sostanze stupefacenti indispensabile per poteraccedere all’intervento. All’età di 48 anni compare ame-norrea con sintomi fastidiosi riconducibili a sindromeclimaterica. La paziente descrive senso di calore chedall’ipogastrio si irradia all’addome, al petto, al collo, alviso, irradiato alla regione dorsale e seguito da sudora-zione calda che la lascia profondamente astenica. Lasintomatologia si presenta nelle ore notturne e deter-mina frequenti risvegli. Il sonno è popolato da sogni eda volte da incubi, non è ristoratore e la paziente faticaad iniziare le attività quotidiane. A volte la sintomato-logia si presenta durante il giorno ed è aggravata dasenso di mancamento, vertigini soggettive, e necessitàdi assumere una postura seduta per potersi riposare.Questi episodi impediscono la prosecuzione delle nor-mali attività. Si risolvono spontaneamente dopo 20-30minuti. Non sono mai stati riscontrati ipoglicemia, ipo-tensione e/o aritmie. La paziente descrive anche unpeggioramento della miopia, comparsa di presbiopia, disecchezza delle mucose e della cute, aumento del pesocorporeo, senso di gonfiore addominale ed edemi preti-biali serotini. Al momento della visita è in corso da seimesi terapia con beta bloccanti per la prevenzione delsanguinamento da varici esofagee. Gli esami ematochi-mici evidenziano leucopenia, piastrinopenia, aumentodelle gamma-globuline, aumento degli indici di citolisiepatica (AST, ALT), aumento della bilirubina e delleGGT, di FSH e LH e diminuzione di E2. Non è stata con-

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sigliata terapia sostitutiva ormonale. La paziente èstata sottoposta al questionario individuale PGWB(Psychological General Well-Being Index) il cui risulta-to evidenzia un indice globale di benessere psicologicoemotivo in area di Non Distress ed MMPI-2 con profilo“normale” e quindi assenza di note patologiche. Lapaziente è stata perciò sottoposta a sette sedute diagopuntura secondo la MTC. Dopo la terza seduta hariferito riduzione dell’intensità e della frequenza dellesudorazioni notturne e miglioramento della qualità delsonno. Dopo la quinta seduta si nota la regressioneanche degli episodi diurni caratterizzati da sensazionedi svenimento. Il follow-up effettuato per un anno daltermine del trattamento con agopuntura ha evidenzia-to la persistenza delle condizioni di miglioramentodella sintomatologia riferita al climaterio e la persi-stenza dell’astensione dall’uso di alcool.

Caso clinico 2: GP è un uomo di 48 anni, dipendente daoppiacei e in trattamento da circa 9 anni, con anda-mento altalenante tra periodi anche lunghi di remissio-ne ed altri di ricaduta pesante. A queste alternanze cor-rispondono momenti di buon compenso ed altri di nettosquilibrio con forte connotazione depressiva. Ciò deter-mina disfunzionamento in ambito relazionale e socialedi cui il paziente si duole ma che non riesce a modifi-care, scadendo in una spirale d’ansia e di frustrazionein cui GP si sente intrappolato. Durante una di questeultime fasi, particolarmente durevole e sofferta, GPchiede d’essere sottoposto a terapia con agopuntura.Nell’agopuntura ripone dunque la speranza di un aiutosignificativo a rompere questo circuito e a recuperareuna condizione di migliore equilibrio. Durante i colloquiriferisce di sentirsi incapace di affrontare e gestire iproblemi, anche minimi, del vivere quotidiano, perchépervaso dall’ansia che gli impedisce di pensare o dall’a-patia che lo fa scivolare nella passività. In tal modo sisottrae al confronto con gli eventi esterni, ma a prezzodi un vissuto costante di fallimento e sfiducia di sé.Tende al rimuginamento interiore con netta difficoltà apassare all’azione. Anche a livello somatico sono pre-senti segnali di disagio. Nelle ultime settimane avverteuna sgradevole sensazione di gonfiore, soprattutto alivello addominale e degli arti inferiori, con ritenzioneidrica e stipsi. Accusa inoltre una riduzione della libidoed eiaculazione ritardata. Il sonno è disturbato, a voltecon incubi, mai ristoratore e ne consegue uno statodiurno di impaccio e sopore. Attualmente GP vive conuna compagna, non svolge alcuna attività lavorativa esi mantiene coi proventi della recente vendita di unimmobile, a cui si aggiunge, saltuariamente, l’aiutoeconomico da parte dei genitori. È affetto da epatopa-tia cronica per la quale accettò di sottoporsi a terapiacon interferone all’età di 38 e, una seconda volta, doporecidiva, a 44 anni, con normalizzazione degli indici dicitolisi e negativizzazione di HCV-RNA quantitativo. Laterapia con interferone determinò un peggioramentodella sintomatologia depressiva con ricorso all’uso dioppiacei come automedicaziome. L’ecotomografia addo-minale del marzo 2011 evidenziò epatopatia diffusaipertrofica di tipo steatosico aspecifico di grado mediocon iniziali segni di ipertensione portale e splenome-galia senza ascite, adenopatie all’ilo epatico ed in sede

celiaca di tipo reattivo, colecistolitiasi multipla noncomplicata e minuto polipo. Quando richiede di esseresottoposto ad agopuntura GP è in terapia con agonistidegli oppiacei (75 mg al giorno di metadone sciroppo)con discreto compenso psicopatologico. È però note-volmente disturbato da probabili effetti collaterali qualisudorazione profusa, riduzione della libido, senso digonfiore agli arti inferiori e stipsi. l’ECG mostra bradi-cardia sinusale spiccata con modesto aumento deltempo di ripolarizzazione ventricolare. Questa anomaliaelettrocardiografica rappresenta una controindicazioneall’introduzione di farmaci antidepressivi per possibileinsorgenza di aritmie pericolose. In accordo con GP,spaventato per possibili eventi dannosi cardiaci, siritiene di introdurre l’agopuntura per migliorare il tonodell’umore, contenere l’uso degli oppiacei e ridurre,qualora la condizione clinica lo consentisse, la posolo-gia del metadone. Il quadro depressivo di GP è confer-mato dal test MMPI-2 e dal questionario PGWB sommi-nistrati prima dell’inizio del trattamento. Dopo cinquesedute di agopuntura, effettuate a cadenza settimana-le, GP ha riferisce miglioramento dell’umore e risultaastinente da stupefacenti ai controlli tossicologici set-timanali. Si riduce pertanto progressivamente la poso-logia del metadone a 50 milligrammi giornalieri. Ciòcoincide con la progressiva riduzione e successivascomparsa degli effetti collaterali. GP si dichiara soddi-sfatto di questa scelta terapeutica, che auspicava damolto tempo,in quanto gli effetti indesiderati dellaterapia erano da lui percepiti come molto fastidiosi.Dopo dieci sedute di agopuntura il bilancio terapeuticorisulta pertanto positivo in quanto il tono dell’umore èmigliorato come osservato sia soggettivamente che inbase al questionario PGWB, la posologia degli oppiaceiin terapia è mantenuta a 50 mg, è mantenuta l’asten-sione dall’uso di sostanze. Dopo 12 sedute ho conclusola terapia. Il follow-up a 12 mesi dal completamentodella terapia con agopuntura conferma la situazione dibenessere.

CommentoI casi clinici descritti confermano la possibilità di uti-lizzare l’agopuntura nel contesto di un trattamentomultimodale delle dipendenze patologiche inserendolain un programma riabilitativo completo che comprendaanche la gestione di sintomi riferibili a patologie asso-ciate o correlate. Nei casi citati ciò ha conciso, oltreche con una remissione della tossicomania, con un’evo-luzione positiva del quadro clinico complessivo perdu-rante nel tempo e con un rafforzamento dell’alleanzaterapeutica Dal nostro punto di vista quindi l’agopun-tura ha rappresentato una metodica terapeutica cheaccentua la personalizzazione del trattamento e chepuò utilmente essere associata alle terapie standardaumentandone l’efficacia e/o riducendone gli aspettinegativi anche inducendo una miglior compliance alprogramma terapeutico.

Bibliografia (1) Cai Lian, Liu-Zhen Wu, Fei Luo Neurochem Res(2008)33:2013-2022 Review article Acupuncture for the treatment ofdrug addiction.

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(2) Carlo Di Stanislao, La Mandorla dicembre 2005 Il concettodi dipendenza:riflessioni in chiave psicologica , sociale e nellaprospettiva della Medicina tradizionale cinese.

(3) Sean Scott,William N.Scott American Jounal ofAcupunture: Sample article A Biochemical Hypotesis for theeffectinevess of acupuncture in the treatment of substanceabuse:acupuncture and the reward cascade.

(4) Michael Haake, Phd, et al. Arch Intern Med.2007;167(17):1892-1898: Acupuncture Trials (Gerac) ForChronic Low Back Pain: Randomized, Multicenter, Blinded,Parallel-Group Trial With 3 Groups free.

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COSTRUZIONE, MANUTENZIONE ED IMPLEMENTAZIONE DI UNA EFFICACE RETE TERRITORIALE: L’ESPERIENZA DI O.N.D.A.1

Nadia Gennari, Medico Psicologo ClinicoF. Bellavia, Psicologo PsicoterapeutaA. Bellini, SociologoP. D’Elia, Psicologo PsicoterapeutaDipartimento Patologie delle Dipendenze TO1 Est / O.N.D.A. 1 (Operatori Nuove Droghe A.S.L. TO1) - Torino

Il progetto O.N.D.A.1 (Operatori Nuove Droghe Asl To1)nasce nel 2001. È rivolto ad un target di giovani dai 14ai 30 anni, consumatori di sostanze non oppiacee(cocaina e crack, hashish, nuove droghe) e coniugaattività clinica ed attività di prevenzione e promozionesul territorio. Il mandato di O.N.D.A.1 è quello di investire sulla cono-scenza dei nuovi fenomeni di consumo giovanile e pos-siamo illustrarlo con l’immagine dell’antenna: un dispo-sitivo che da un lato intercetta segnali e dall’altro li ri-trasmette: acquisiamo e ri-trasmettiamo conoscenzecercando di creare cultura sul tema dei nuovi stili diconsumo fra gli adulti competenti (genitori, insegnan-ti, educatori, medici di famiglia...) ed anche tra glioperatori dei servizi per le dipendenze; al tempo stes-so siamo luogo di cura e trattamento, con il mandatodi intercettare e problematizzare la domanda som-mersa dei giovani consumatori.Il tipo di mandato così definito rende indispensabileuna rete territoriale efficace. Una rete ad alta densitàdi nodi e di comunicazione tra i nodi stessi permetteinfatti agli operatori, tra le altre cose, di essere aggior-nati sull’evoluzione del mondo dei consumi, di stare inuna relazione di reciproco aiuto a modificare/integrareil proprio modus operandi ed anche di essere attiva-mente presenti nei contesti in cui la domanda sommer-sa può emergere. La suggestiva concezione del’atomosociale elaborata da Jacob Levi Moreno illustra bene ilsenso della rete per il nostro servizio: il gruppo costi-tuisce l’atomo funzionale delle dinamiche sociali emescolandosi con altri gruppi forma strutture sempre piùcomplesse. Ogni individuo si relaziona con gli altri e que-sta sua interazione plasma e modifica il comportamentodi entrambi.

Il “doppio focus”E’ ormai consolidata l’idea che i cosiddetti “nuovi” stilidi consumo (o meglio di policonsumo) ci parlino di unmercato delle droghe che spinge per l’affermarsi disostanze sempre più compatibili con la quotidianità econ forti valenze ricreative, edonistiche ed in alcunicasi prestazionali, in cui la valenza di protesta - tipicainvece del mondo dei consumi dei decenni precedenti -pare ormai passata in secondo piano.

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Per queste sue caratteristiche si tratta di un consumotrasversale alle generazioni e contiguo ad altri compor-tamenti come l’abuso di farmaci, il doping, il giocopatologico...La difficoltà dei nuovi consumatori ad accedere ai Ser.Tin quanto servizi vissuti come troppo connotanti, lascarsa circolazione di informazione sui rischi legati alconsumo, il difficile riconoscimento della dipendenzagenerata da tale uso ci hanno portati a costruire unmodello di intervento che da una parte ha cercato deinuovi canali di diffusione delle informazioni e di sensi-bilizzazione dei consumatori (l’esterno, contesto terri-toriale), dall’altra ha cercato di costruire un polo clini-co in modo tale da diventare un punto di riferimentosia per i consumatori che per le loro famiglie (interno,la cura). Nel modello che proponiamo l’intervento sul contestoterritoriale e la cura sono strettamente correlati e nonpossono essere pensati in modo separato (doppiofocus).In questa sede focalizziamo gli obiettivi del lavoro sulcontesto territoriale:• aiutare gli adulti ad essere più competenti sul mondodelle droghe• aiutare gli adulti a percepirsi come antenne del feno-meno (come punti di una rete di ascolto e lettura delproblema)• aiutare i giovani e gli adulti a conoscere il servizio ementalizzare la risorsa (sensibilizzazione)• aiutare gli adolescenti e i giovani a comprendere ilsignificato del consumo (coscientizzazione)

Creazione e manutenzione della rete: aree di interventoUn punto di partenza fondamentale è stata la presen-tazione (ed anche la ri-presentazione in tempi suc-cessivi) di O.N.D.A.1 in contesti formali: questo hapermesso da un lato di rendere visibile la risorsa offer-ta e al tempo stesso di aprire diversi livelli di collabo-razione. I nodi della rete con cui siamo entrati in con-tatto sono molteplici: Ser.T, Servizi di Salute Mentale,Servizi di N.P.I, Assistenti Sociali della Prefettura,comunità per minori, comunità psichiatriche, ServiziSociali Adulti e Minorenni, Tribunale per i Minorenni diPiemonte e Valle D’Aosta, Tavolo Minori del Comune diTorino, Tavolo multidisciplinare sull’adolescenza dellaASL TO1...Abbiamo inoltre individuato delle macroaree come nodicomplessi della rete su cui andare ad intervenire: areasanitaria, area del privato sociale, area istituzionale,area ricreazionale ed area del web.

1. AREA SANITARIA:Abbiamo progettato e realizzato momenti formativi sutarget diversi:• Medici di Famiglia: collaborazione su più livelli econtinuativa:- formazioni accreditate E.C.M. rivolte ai medici di fa-

miglia della AslTO1;- momenti informativi all’interno delle riunioni periodi-

che delle equipes territoriali dei medici di famigliadell’ASLTO1 con distribuzione di materiale informati-vo destinato ai loro studi professionali;

- incontro informativo con giovani pazienti di medici di famiglia presso lo studio di un medico di famiglia.

• Medici di Famiglia in formazione: al terzo anno delcorso regionale di formazione in medicina generale èstato inserito un modulo su nuove droghe e nuovi stilidi consumo condotto dagli operatori di O.N.D.A.1; • Seminario rivolto a Medici del Servizio 118;• Seminari rivolti a studenti del Corso di laurea inScienze Infermieristiche dell’Università degli Studi diTorino;• Incontro pubblico con studenti in medicina dell’Uni-versità degli Studi di Torino nell’ambito dell’iniziativaorganizzata da un collettivo di medici denominataPartycillina.

2. AREA PRIVATO SOCIALE• Realizzazione di un progetto di residenzialità breve(5 giorni) rivolta ai giovani cocainomani (STA.RE.MO -STAge REsidenziale MOtivazionale) nell’ambito delPiano Locale per le Dipendenze. Dal 2010 due edizionil’anno, cogestite con gli operatori del Servizio diAccoglienza Non residenziale Trip-Out (della Coop.Sociale Terra Mia);• Collaborazione con il progetto Care Roma (proget-to di residenzialità breve rivolto a cocainomani primario policonsumatori) in collaborazione con la Coop. ilCammino, la Coop. Parsec e le ASL RMF, RMC e l’ASL diFrosinone;• Interventi di formazione rivolti ad operatori didiverse cooperative del privato sociale.

3. AREA ISTITUZIONALE• Creazione di uno sportello ONDA1 presso la sededel N.O.T. della Prefettura di Torino: si tratta di unospazio informale nella sede del N.O.T. a cui i soggetti,convocati per violazione dell’articolo 75 e che rientra-no nel nostro target, possano accedere al termine delcolloquio con le assistenti Sociali della Prefettura. Unospazio - una sorta di chill out - in cui è possibile averechiarimenti e informazioni direttamente dagli operato-ri (sul percorso proposto, su rischi ed effetti delle variesostanze anche attraverso la consultazione di materialiinformativi) ed eventualmente concordare un appunta-mento presso la sede di O.N.D.A.1 • Formazione rivolta agli operatori del carcere mino-rile Ferrante Aporti di Torino.• Interventi nelle scuole: laboratori scolastici rivolti astudenti delle Scuole Medie Inferiori e Superiori; labo-ratori misti genitori/insegnanti/studenti e operatoriscolastici; corsi rivolti agli insegnanti; laboratori scola-stici nell’ambito del progetto PEGASO (peer education).• Partecipazione al progetto regionale EY Dimmi sulladiagnosi precoce dell’uso di sostanze rivolto alle fami-glie: è stato realizzato uno sportello informativo - col-legato ad un numero verde: una sorta di luogo “neutro”e non connotato da un punto di vista sanitario doveviene garantita la massima riservatezza. ONDA1 è unodegli sportelli di secondo livello a cui possono essereinviati i ragazzi e le loro famiglie per la diagnosi e l’e-ventuale presa in carico.

4. AREA RICREAZIONALE• Interventi di sensibilizzazione in contesti infor-

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mali: organizzazione di un concerto con Elio (delleStorie Tese) e produzione del CD live “Gnam Gnam”distribuito gratuitamente ai ragazzi; stand presso con-certi e festivals; partecipazione ad alcuni programmiradiofonici; interviste, serate con gruppi parrocchiali.• Collaborazione col progetto NEUTRAVEL (ASLTO4,C.N.C.A. e Regione Piemonte), progetto di riduzione deldanno e limitazione dei rischi nei luoghi di diverti-mento come clubs, festivals, goa-parties, street-parade,raves, serate nei centri sociali...

5. AREA WEB• Adesione a social network come modo per farciconoscere, mantenere le relazioni con altri progetti,avere contatti anche informali con i ragazzi, risponde-re a domande o richieste d’aiuto in modo anonimo(https://www.facebook.com/ondauno.torino).• Creazione di un sito web (http://onda1.asl102.to.it)che ci garantisce visibilità nel web e ci permette didiffondere informazioni oltre che rispondere a doman-de/richieste d’aiuto in modo anonimo.

IL SETTING DI GRUPPO COMERISORSA TERAPEUTICA PER GLI ADOLESCENTI ABUSATORIDI SOSTANZEL’esperienza clinica della s.s.Penale Minorile del Ser.T 3 dellaASL di Milano

R. Giove, Medico psichiatra, Direttore S.C. Ser.T. 3 -ASL di MilanoM. Gonevi, Psicologa psicoterapeuta. Responsabile s.s.Penale Minorile - Ser.T 3 - ASL di MilanoR. De Simone, Psicologa s.s. Penale Minorile - Ser.T 3A. Rudelli, Consulente Criminologo s.s. Penale MinorileSer.T 3 ASL di Milano

IntroduzioneLa ASL di Milano opera da oltre 10 anni con un proprioservizio specialistico per la realizzazione degli inter-venti di inquadramento diagnostico multidisciplinare edi presa in carico terapeutico- riabilitativa di minoricon procedimento penale abusatori di sostanze stupe-facenti e/alcoliche. Al fine di effettuare un inquadramento diagnostico pre-coce delle problematiche connesse alle condotte assun-torie (early detection), il primo contatto con il minorepuò avvenire già dal momento immediatamente succes-sivo al suo arresto e all’accompagnamento al Centro diPrima Accoglienza. Gli interventi terapeutico-riabilitati-vi avviati a seguito della fase diagnostica sono caratte-rizzati da differenti tipologie di offerta e vedono ilcoinvolgimento di psicologi, educatori, assistenti so-ciali e personale sanitario costituenti l’équipe di caso.Il lavoro che si effettua è necessariamente collocato inuna dimensione di rete interistituzionale con i servizisanitari, sociali ed educativi coinvolti nel complessivoprogramma disposto a favore del minore, dovendosirealizzare all’interno della cornice caratterizzata dalrapporto con l’Autorità Giudiziaria. La s.s. Penale Minorile ha una media di oltre 150 nuoveprese in carico all’anno di soggetti minorenni e lorofamigliari, rappresentando con ciò una esperienza cli-nico-organizzativa di primaria rilevanza quantitativa equalitativa sul piano nazionale.La netta maggioranza dei ragazzi è seguita in program-mi territoriali presso le sedi del servizio, essendo mino-ritaria la quota di pazienti collocati in carceredall’Autorità Giudiziaria.Con il presente contributo si intendono esporre nellospecifico gli interventi clinici effettuati in setting digruppo con metodologie e modelli organizzativi diffe-renti in relazione alla specificità dei bisogni rilevati.

Pazienti & MetodiL’adolescente abusatore di sostanze presenta sovente

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un funzionamento cognitivo prevalentemente concreto,manifesta difficoltà di mentalizzazione, ha non di radotratti alessitimici ed esprime tendenzialmente il propriodisagio attraverso l’acting out. Già nella fase di accoglienza e di prima valutazionedelle problematiche connesse alle condotte di abuso, ilminore appare sovente timoroso o diffidente della rela-zione duale con l’operatore del servizio specialistico,tendendo a sottrarsi dalla trattazione profonda deisignificati connessi alle condotte assuntorie e rifugian-dosi dietro una sorta di ‘banalizzazione’ delle proprieesperienze con le sostanze stupefacenti. Per tali moti-vi può risultare difficile impostare un lavoro clinico inquanto vi è sostanziale assenza del riconoscimento diun malessere e di una richiesta di aiuto. Per favorire l’alleanza terapeutica, per rinforzare la co-stituzione del rapporto fiduciario tra operatore e mino-re, nonché per consentire al ragazzo di avviare un pro-cesso comunicativo nel quale potersi rappresentare, si èconsiderata preziosa la risorsa del setting di gruppo.Nello spazio plurale costituito dalla condivisione trapari, si è osservata la dinamizzazione delle relazioni traoperatori e giovani pazienti, potendo permettere airagazzi di accedere ad una dimensione di comprensioneed elaborazione di tematiche attinenti alla dimensionedell’aiuto e del benessere, nonché all’acquisizione dinuove competenze relazionali e alla introduzione a rin-novati assetti mentali.In tal senso, il setting di gruppo costituisce una espe-rienza clinica che apre a prospettive terapeutiche altri-menti impercorribili e che rappresenta già di per sé unintervento in grado di modificare le condizioni psichi-che, relazionali e soggettive dei minori coinvolti.Occorre peraltro rilevare che per molti adolescenti lapartecipazione alle attività di gruppo costituisce unaproposta di presa in carico da loro sovente preferita eben accolta rispetto alla classica presa in carico indivi-duale.La s.s. Penale Minorile ha testato e messo a regime cin-que tipologie di gruppo differentemente caratterizzateche, al di là delle specifiche metodiche conduttiveposte in essere, sono accomunate dalla posizione atti-va assegnata ai ragazzi, i quali sono valorizzati nelleloro biografie e resi protagonisti dell’esperienza grup-pale evitando una loro collocazione passiva.Tali tipologie di gruppo sono:1) gruppo “Salute dentro e fuori”, condotto da educa-

tori, assistenti sociali e personale sanitario, effet-tuato all’interno dell’Istituto Penale per Minorennirivolto alla partecipazione di circa 12 ragazzi, rea-lizzato in programmi di sei incontri ciascuno e carat-terizzato da moduli educativi di informazione, diprevenzione secondaria sull’uso di sostanze stupefa-centi e di educazione alla legalità, nonché da modu-li sanitari sull’igiene e la cura di sé;

2) gruppo psicologico interno all’Istituto Penale Mino-rile, condotto da due psicologhe rivolto alla parteci-pazione di circa 6 ragazzi, realizzato in ‘ciclo aper-to’ (ogni incontro costruisce gli oggetti elaboratividell’incontro successivo, in assenza di un program-ma per ‘step’), volto a favorire l’emersione delleesperienze di abuso di sostanze stupefacenti inragazzi che sono nella posizione di ‘attesa’ degli

esiti giudiziari, aprendo alla elaborazione collettivadei fattori di rischio, rinforzando istanze di cambia-mento e favorendo l’emersione dei vissuti introspet-tivi anche con l’ausilio di artefatti iconografici;

3) gruppo psico-educativo esperienziale “Spazio Blu”,condotto da una psicoterapeuta e da un’educatrice,rivolto alla partecipazione di circa 6 ragazzi, realiz-zato in programmi di otto incontri presso la sedeterritoriale del servizio alternati alla fruizione di ini-ziative esterne; è ispirato al concetto “dell’azioneparlante” di Racamier ove l’azione e gli oggetti han-no un valore transazionale e fungono da tramite eper accedere al mondo delle emozioni e dei vissuti;

4) gruppo “Salute dentro e fuori”, rivolto alla parteci-pazione di circa 8 ragazzi, effettuato presso la sedeterritoriale del servizio, condotto da educatori, assi-stenti sociali e personale sanitario, nel quale oltre aimoduli già indicati per la stessa tipologia di grupposvolta in Istituto Penale, si effettuano anche azionidi accompagnamento dei ragazzi al ConsultorioFamiliare e al servizio Malattie SessualmenteTrasmesse, nonché accompagnamento alla cono-scenze e alla fruizione delle risorse territoriali (es.Biblioteca, Centri di Aggregazione, Informagiovani);

5) gruppo psicologico Spazio Blu effettuato presso la sede territoriale con la partecipazione di circa 6ragazzi impegnati in programmi educativi e tratta-mentali esterni al carcere disposti dall’AutoritàGiudiziaria, modulato a ‘ciclo aperto’, indirizzato allaprogressiva mentalizzazione degli agiti comporta-mentali e al rinforzo delle capacità di gestione econtrollo delle condotte a rischio.

RisultatiNel 2012 ad oggi, oltre 98 ragazzi diversi sono staticoinvolti nelle attività di gruppo.In molti casi, la partecipazione alle attività di gruppoha consentito di dinamizzare il rapporto terapeuticoindividuale sostenendo la rinnovata richiesta di cura el’adesione al programma riabilitativo; in altri casi lapartecipazione alle attività di gruppo si è posta in ter-mini adeguati a rappresentare il setting terapeuticoprevalente del minore, pur sempre monitorato dal puntodi vista sanitario e sociale.Nei confronti di tutti i ragazzi fruitori delle attività digruppo, è regolarmente redatta una relazione clinicaesplicativa dell’esperienza effettuata e degli esiti tera-peutici conseguiti, sia sotto il punto di vista dell’asset-to psichico che delle modificazioni relazionali che degliesiti educativi e comportamentali conseguiti.Si dispone quindi di ampia documentazione clinica,peraltro allo stato attuale sottoposta a studio nell’am-bito di una tesi di laurea in corso presso la cattedra diCriminologia dell’Università degli Studi di Milano.Si può quindi senz’altro affermare che il setting di grup-po, posto come tipologia d’offerta stabile e diversifica-ta per gli adolescenti abusatori di sostanze, costituisceun modello d’intervento innovativo che può caratteriz-zare organizzativamente i servizi per le dipendenzefavorendo il loro aggancio con i giovani, facilitandonela presa in carico e rinforzando la realizzazione dei pro-grammi terapeutici individuali.

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DOLORE CRONICO BENIGNO E DIPENDENZA DA ANALGESICIOPPIOIDIDescrizione di un caso clinico

Fabio Guerrini, medicoMaria Rosa Giangualano, psicologaSer.T Corsico Asl MI 1

La Legge 38/2010 ed, in parte, il precedente AllegatoIII-bis- “Trattamento del dolore severo” (Legge 12/01),segnano un passo importante nell’accesso alle terapiedel dolore (comma b art 2 della L.38) anche nelle pato-logie a prognosi non infausta che, tuttavia, impongonoai malati di convivere con uno stato di dolore protrat-to che mina severamente la qualità della vita per leconseguenze relazionali, sociali, affettive e lavorative.L’uso di morfina o di suoi derivati ad effetto analgesicocostituisce, quindi, un utile presidio terapeutico esegno di progresso medico-scientifico e legislativo. Unapiù efficace gestione della terapia del dolore cronicodiviene anche economicamente competitiva poichè laspesa nazionale annua dovuta agli stati di dolore cro-nico si riflette in tre milioni di ore lavorative perse edinteressa circa il 20% della popolazione adulta. Nel2007 circa 75 milioni di Europei avrebbero sofferto didolore cronico benigno. Solo il 7-10% dei casi di dolo-re cronico è causato da patologie oncologiche. Non si può tuttavia sottovalutare, come già accadutoper molti farmaci psicoattivi, per gli steroidi o alcunibeta-bloccanti, che al corretto uso medico si affianchiil rischio di un uso improprio oppure off-label, a finivoluttuari e ricreazionali o dopanti, soprattutto in unmomento storico di ampia mutevolezza dei “consumi” edi elevata sperimentazione di sostanze “legali” da partedelle generazioni più giovani. In particolare recentiinformazioni (presenti anche su stampa non specialisti-ca) relative ai farmaci analgesici evidenziano che nelNord d’America essi (definiti painkiller) vengono assun-ti quali surrogato legale per la ricerca di una sorta di“sballo calmo” che ha provocato 15000 decessi negliultimi 10 anni; in Gran Bretagna le prescrizioni sonoquadruplicate ed il commercio illegale degli analgesicioppioidi è in crescita. L’Italia ha una tradizione ed unalegislazione diverse in merito all’utilizzo di questi far-maci tuttavia non è da escludere che ci si possa ritro-vare, a breve o a medio termine, di fronte ad una con-sistente diffusione di farmaci painkiller quali Ossico-done, Fentanil, Idrocodone, che appaiono, agli occhidel consumatore “ricreazionale”, meno compromettentidell’eroina o del Metadone. Se nel passato l’attenzione medico-scientifica non eraparticolarmente polarizzata sui rischi di dipendenza esu quelli di overdose degli analgesici oppioidi, giudi-candoli entrambi molto contenuti poiché correlati alsolo uso terapeutico, nel presente si devono riconside-

rare entrambi i rischi, acuto e cronico: il primo riferitoall’uso improprio o “misuso”, il secondo all’uso protrat-to, pur mediato da prescrizione medica. Diviene cosìrealistico inquadrare tre possibili scenari futuribili chepotrebbero presentarsi ai Servizi per le Dipendenze: ilprimo rappresentato da soggetti utilizzatori di variesostanze psicoattive che ricercano una gratificazione“acuta” o una sorta di anestesia emozionale mediantefarmaci painkiller associati ad altre “sostanze”; ilsecondo da soggetti con dolore cronico o ricorrenteche, utilizzando tali farmaci, potrebbero sviluppare unadipendenza dai medesimi; infine un terzo gruppo rap-presentato da soggetti già in carico ai Servizi per leDipendenze che assumono farmaci oppioidi per esigen-ze analgesiche, creando qualche criticità nella gestionedella terapia farmacologica per le interazioni recetto-riale e/o farmacologica con Metadone, Buprenorfina oaltri farmaci. Si potrebbe discutere sulla competenza dei Ser.D a pren-dere in carico tutte e tre queste tipologie di soggettipoiché non vi è dubbio che almeno una di esse - pazien-ti con dipendenza legata a dolore cronico benigno -potrebbero anche essere trattati altrove. Tuttavia unariflessione approfondita dovrebbe anche tenere contodella esperienza dei Ser.D acquisita in anni di tratta-mento farmacologico e psico-sociale delle dipendenze;della loro capacità di lavorare in “rete” con numerosialtri soggetti istituzionali e non; infine della loro dutti-lità organizzativa e clinica non solo nel fronteggiare lamutevolezza dei “consumi” ma anche di offrire le pro-prie prestazioni ad una utenza non necessariamenteconnotata da aspetti di devianza correlati alla tossico-mania. (come, del resto, già accade per il G.A.P.). In questa prospettiva si inserisce il caso clinico quidescritto, un caso relativo alla presa in carico di unapaziente (pz) che, sottoposta ad una pregressa terapiadel dolore per patologia oncologica, ha evidenziato, afronte della remissione completa della medesima pato-logia, una dipendenza protratta da farmaci analgesiciben declinata nelle caratteristiche di compulsività, asti-nenza e tolleranza. Come si descriverà in seguito, l’etàdella pz, la concomitanza di patologie comuni nellasenescenza (diabete, ipertensione arteriosa), il tipo diapproccio psicoterapico, nonché la necessità di coordi-nare gli interventi terapeutici del Ser.T con quelli dialtri Servizi specialistici, hanno rappresentato aspettipeculiari e non comuni rispetto alla pratica clinica di unqualunque Sert e hanno condizionato la gestione delcaso clinico ed il raggiungimento dell’obbiettivo desi-derato che era quello di contenere la dipendenza dellapaziente dai derivati morfinici mirando non tanto aduna cessazione della loro assunzione quanto al rispettodi un “range” terapeutico raccomandato.

Caso clinicoAlla fine del 2011 l’Ambulatorio di Terapia del Dolore diun importante ospedale milanese prendeva contattocon il Sert di Corsico per inviare una pz di 66 anni,affetta da farmacodipendenza da Fentanil cps ad assor-bimento oromucosale, assunta in quantità di 5400 mcgdie contro una prescrizione di 2400/3600 mcg. In par-ticolare l’assunzione del farmaco (cps da 600 mcg),dispensato solo “al bisogno” (a.b.) in caso di episodi

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dolorosi acuti, veniva assunto dalla pz ad intervalli di2-3 ore ed indipendentemente dalla presenza o meno disintomatologia. Quest’ultima poteva essere motivatadalla pregressa resezione anorettale cui era stata sotto-posta 8 anni prima a causa di un carcinoma, tuttavia, aparere dei medici invianti, non vi erano dati oggettiviche giustificassero il ricorso sistematico della pz all’a-nalgesico e ritenevano verosimile che ella avesse svi-luppato una dipendenza da esso. Dal 2005 l’Ambulatorio di Terapia del Dolore trattò la pzsecondo uno schema composto da un oppioide a media/lenta cessione - 24/96 ore -; un oppioide da assumerea.b. a rapida azione antalgica; infine da farmaci “adiu-vanti” per agire sulle componenti neurogena e psicoge-na del dolore. Il programma farmacologico impostatosubì numerose modifiche a causa del persistere deldolore residuo riferito dalla pz: Morfina in diverse for-mulazioni, Metadone, Ossicodone cloridrato, Buprenor-fina furono alternati per l’azione analgesica prolungata;Morfina e Fentanil in varie vie di somministrazione - sc,im, os,- per l’assunzione a.b.; Gabapentin, Benzodia-zepine, Pregabalin, cortisonici, FANS quali adiuvantidella terapia analgesica. Al momento dell’invio al Sertla pz assumeva, oltre al Fentanil 600 mcg a.b.,Buprenorfina per cessione transdermica 140 mcg /oraogni 96 ore e lamentava, inoltre, cefalea intensa inoccasione di ogni applicazione di Buprenorfina, segui-ta da un miglioramento dopo circa 48 ore dalla appli-cazione del cerotto e da una nuova recrudescenza dopol’applicazione del successivo. Al Ser.T la pz fu sottopo-sta ad un inquadramento diagnostico dal quale si evin-ceva dipendenza da oppioidi per franca presenza diastinenza, tolleranza e appetizione compulsiva per ilFentanil; agitazione psichica, tremori, irrequietezzadurante le fasi astinenziali erano ben descritti anchedai familiari. Durante il giorno la pz usciva raramente dicasa e teneva quasi costantemente tra le labbra il di-spenser monouso del farmaco. L’habitus, ai primi collo-qui, evidenziava una moderata deflessione del tono del-l’umore (atteggiamenti posturali, eloquio, reattivitàalle domande poste). Oltre alla patologia oncologica di8 anni prima ed ai suoi esiti emergevano, dall’anamne-si, ipertensione arteriosa e diabete in buon compensofarmacologico.I primi provvedimenti terapeutici adottati al Ser.T furo-no di revisione ed analisi dei farmaci assunti, dellemodalità di assunzione (orari rispetto ai ritmi circadia-ni, insorgenza del dolore riferito,ecc.) e di counsellingpsicologico. Successivamente, in stretto accordo conl’Ambulatorio inviante ed al fine di indurre un allunga-mento degli intervalli tra una dose di Fentanyl e la suc-cessiva, si integrò la terapia con una benzodiazepina(Lorazepam 1 mg x 2 die) ed un SSRI - Escitalopram cps10 mg die- nel tentativo di contrastare la sindromeansiosodepressiva e fronteggiare la componente psico-gena del dolore locale che la pz riferiva ancora presen-te. Nei primi mesi di trattamento (60-90 gg) l’interval-lo di assunzione di Fentanil si riposizionava gradual-mente intorno alle 4 ore, come desiderato (3600-4200mcg die). Tuttavia, per il persistere della cefalea impu-tabile al cerotto transdermico di Buprenorfina, si con-cordava la riduzione del dosaggio di tale farmaco. Inseguito a tale provvedimento, l’intensità della cefalea

si riduceva significatamente tuttavia la pz riprendeval’assunzione di Fentanil ogni due ore. Dopo l’ulterioreconsulto con l’oncologo, si concordava di sostituire laBuprenorfina transdermica con un nuovo oppioide alenta cessione transdermica (Ossicodone 20 mg ogni 12ore e, dopo 30 giorni, ogni 8 ore) e di sostituire ilFentanil ad assorbimento oromucosale con Fentanil inaltra formulazione (cps sublinguali al dosaggio di 400mcg secondo una titolazione iniziale di 1600-2000mcg), ritenendo terapeutico interrompere anche laritualità e la gestualità associate alla assunzione delfarmaco concedendo alla pz di ricorrere alla formulazio-ne oromucosale (cps 400 mcg) non oltre 1-2 volte algiorno. Nel volgere di pochi mesi la pz abbandonavaautonomamente la formulazione in compresse sublin-guali riprendendo autonomamente l’assunzione delFentanil a cessione oromucosale ad intervalli di due oreper un totale di circa 4400 mcg die (solo la notte riu-sciva a ritardare l’assunzione a 4 ore) poichè riferiva ditrarre beneficio solo da quella specifica formulazione.Ulteriori tentativi con esiti trascurabili sono stati intra-presi introducendo altri “adiuvanti” (Pregabalin eGabapentin). Successivamente la pz abbandonava i col-loqui di sostegno psicologico ritenendoli inutili. Adicembre 2012 chiedeva di rimanere in carico al Ser.Tper un monitoraggio mensile della terapia farmacologi-ca, riconoscendo un soggettivo miglioramento del pro-prio tono dell’umore, forse legato all’Escitalopram ora-mai assunto da tempo. Il monitoraggio e la possibilitàdi avere un riferimento medico facilmente reperibile alSer.t tranquillizzavano la pz stimolandola ad un nuovotentativo di dilazionare le assunzioni di Fentanyl pro-gressivamente di 10-15 minuti ogni due settimane finoa tutt’oggi con accettabili risultati. A ciò ha contribui-to anche l’attività informativa sul rapporto rischi-bene-fici degli analgesici oppioidi proposta di frequente allapz, incoraggiata a raggiungere con gradualità l’obietti-vo proposto (riduzione numero di assunzioni diFentanyl da 11 a 9 /die - da 4400 a 3600 mcg).Il follow up oncologico è stato sempre negativo persecondarismi o ripresa locale neoplastica. I colleghioncologi rinnovano tuttora le diffuse perplessità inmerito alla effettiva presenza di accessi dolorosi tali darichiedere una assunzione dell’analgesico così frequen-temente.

Discussione e conclusioni L’uso di oppioidi analgesici a scopo ricreazionale, secon-do i dati di altri paesi, sembrerebbe in ascesa. In Italia,dove la loro prescrivibilità farmaci era limitata alle curepalliative, sono stati ammessi (L-38/2010) anche per ildolore cronico (benigno) che in Europa affligge circa 75milioni di persone. E’ plausibile, quindi, attendersi unaloro diffusione sia sul mercato legale, correttamenteprescritti, sia su quello illegale nel recente contesto dipoliconsumo e polisperimentazione. Tra le tipologie dipotenziali pz dei Ser.D, oltre ai consumatori “ricreazio-nali” non è escluso, ed il caso presente sembra atte-starlo, che vi possano essere anche soggetti affetti dadolore cronico benigno che sviluppino,in tempi variabi-li, dipendenza di significativa rilevanza clinica. Talicasi, benchè peculiari e complessi, potrebbero stimola-re un ulteriore livello di specializzazione dei Ser.D.

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LA GOVERNANCE DEL SISTEMA TERRITORIALEUna sperimentazione in una ASL lombarda in tema di “Cronicità” nel settore delle Dipendenze Patologiche

Alfio Lucchini^, Gioacchino Pezzoli*,Elena Chiarion**, Donatella Crescini^^,Davide Mascaro°, Salvatore Tagliata^^^^psichiatra, direttore Dipartimento Dipendenze ASLMilano 2*pedagogista, fondatore e legale rappresentante Coop.Promozione Umana ONLUS**psicologa, Coop. Sociale Promozione Umana ONLUS^^educatrice professionale, Dipartimento DipendenzeASL Milano 2° dottore di ricerca, economista aziendale ^^^ medico, direttore Sociale, ASL Milano 2

PremessaLa realtà complessa e problematica delle Dipendenzeper sostanze legali ed illegali si trova ad oggi adaffrontare il problema della cronicità relativa ad utentidi età adulta che da tempo sono inseriti in Progetti direcupero che non hanno trovato esito positivo nelsenso di una collocazione sociale autonoma.Un aspetto quindi con cui sia il Servizio pubblico che ilPrivato sociale devono confrontarsi è quello della“inguaribilità” della persona, riassumibili con il perdu-rare di aspetti di criticità rilevanti, nonostante i ripe-tuti interventi e progetti trattamentali mirati. La Dipendenza per sostanze legali ed illegali, in primistossicodipendenze e alcoldipendenze, possono inserirsioggi anche in questo contesto.Per buona parte di questi utenti “anziani” l’obiettivodel recupero e del reinserimento sociale-lavorativo-relazionale va ripensato. Non può essere per tutti quello della completa guari-gione, del recupero dell’autonomia, della piena e com-pleta capacità lavorativa. La condizione generale della persona con problemi diabuso da sostanze legali ed illegali, le possibili com-plicazioni di tipo psicosociale, la storia sanitaria con lepatologie annesse, generano di fatto situazioni di cro-nicità, rispetto alle quali gli operatori dei Servizirischiano di vivere una situazione che definiremmo di“impotenza”.Ci pare importante che venga riconosciuta a questiutenti cronici la “non autosufficienza”. Per questo motivo il progetto sperimentale, promossodalla Cooperativa Sociale “Promozione Umana Onlus”,sviluppato insieme al Dipartimento Dipendenze dellaASL Milano 2, e finanziato dalla Regione Lombardia, èstato pensato ed avviato per questa “nuova” tipologia

di utenza che si trova in situazioni di complessità a cuiè stato offerto uno spazio abitativo e un tempo neiquali è stata riconosciuta la “condizione di cronicità”.

Analisi della domandaIn merito alla popolazione target potenziale, questa èla situazione nel territorio della ASL Milano 2: nelperiodo 1.01.2008 – 31.12.2012 le ComunitàTerapeutiche (CT) hanno avuto 1.137 ospiti di cui 27femmine (2%) e 1.110 maschi (98%). Di tutti gli ospiti 1.002 hanno usufruito di un tratta-mento terapeutico riabilitativo e 178 hanno usufruitodi un trattamento specialistico, tenendo presente che43 soggetti (pari al 3,8% del totale ospiti) hanno usu-fruito di entrambi i trattamenti.

Tabella 1 – Analisi della Domanda

Fonte: elaborazioni Dipartimento Dipendenze ASL Milano 2 su TOX 1

Secondo la tabella 1, l’età è stata calcolata alla data delprimo ingresso in una CT dell’ambito territoriale nelperiodo considerato.

Grafico 1 – Media giorni/ospite periodo 2008-2012

Fonte: elaborazioni Dipartimento Dipendenze ASL Milano 2 su TOX 1

Dal grafico 1, la media generale è pari a 176 giorni/ospite, mentre calcolando il valore medio per fasced’età, il dato evidenzia la media di giornate/ospite piùelevata è quella relativa alla popolazione “più anziana”,quella con fascia d’età 43 – 65 aa, che registra un deltasuperiore alla media generale pari a circa il 22%; per lealtre fasce d’età le medie sono invece inferiori allamedia generale, rispettivamente del 7% per la fascia18-28 aa, del 3% per la fascia 29-35 aa e del 13% circaper la fascia 36-42 aa.

Gli ospiti ricompresi nella fascia “più anziana” 43-65 aasono 249. Analizzando questa fascia, come da tabella 2, vediamocome la mediana si colloca a 47 anni (n. 33 ospiti).Interessante vedere come la metà circa dei soggetti a

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sinistra della mediana si concentra nella fascia d’età 43– 46 aa, mentre l’altra metà circa dei soggetti che sicolloca a destra della mediana si distribuisce nellafascia d’età 44 – 65 aa.

Tab. 2 – Analisi della distribuzione degli ospiti ricompre-si nella fascia d’età 43-65 aa

Fonte: elaborazioni Dipartimento Dipendenze ASL Milano 2 su TOX 1

Il grafico successivo evidenzia come la maggior resi-denzialità degli ospiti sia per quelli di età >= a 48 anni,con un delta superiore di giornate/ospite rispetto alvalore medio generale (214 gg/ospite) di circa il 29%.

Grafico 2 – Media giornate/ospite periodo 2008-2012degli ospiti ricompresi nella fascia d’età 43-65aa

Fonte: elaborazioni Dipartimento Dipendenze ASL Milano 2 su TOX 1

Dall’analisi è realisticamente possibile ipotizzare comela popolazione target potenziale per l’unità di offertasperimentata sulla cronicità sia quella con età ugualeo maggiore ai 48 anni.

La tipologia di offerta sperimentata La tipologia di offerta definita dal progetto sperimen-tale è di tipo sociosanitario ed è rivolta agli ospiti conesiti di cronicità legati alla dipendenza da sostanzelegali ed illegali, ovvero con difficoltà di reinserimentosociale occupazionale e territoriale, e con una storia dipresa in carico da parte dei servizi delle dipendenze, siaambulatoriali che residenziali. Lo scopo della nuova tipologia di offerta è di offrirel’opportunità di una soluzione abitativa “protetta”,dove l’obiettivo è far raggiungere, laddove sia possibi-le, spazi maggiori di autonomia ed indipendenza (com-presa una maggiore responsabilizzazione dell’utente),con un’integrazione nella società, nel rispetto dellereali capacità e limiti dell’individuo. Non è rivolta a persone che richiedono l’impegno mas-siccio di personale assistenziale dedicato, interventi dielevata intensità assistenziale e sanitaria ivi compresala necessità di avvalersi di apparecchiature di tecnolo-gia complessa. In base alle caratteriste della unità di

offerta, gli ospiti usufruisco a pieno titolo di tutti i ser-vizi delle rete sanitaria, sociosanitaria e sociale dellarete regionale e/o nazionale.Il benessere fisico e psichico dell’ospite, viene conse-guito attraverso:• una soluzione abitativa di dignità e di qualità;• l’esclusione dall’isolamento e dall’impoverimento

delle relazioni;• la prevenzione delle complicanze;• il mantenimento delle abilità acquisite;• il supporto nell’organizzazione delle attività quotidia-

ne (lavorative/occupazionali, ludico-ricreative/tempolibero);

• il monitoraggio dello stato di salute.Gli interventi e le attività svolte all’interno di differen-ti aree di intervento terapeutico, garantiscono la conti-nuità assistenziale e la gestione della cronicità.

La “protezione” offerta è di tipo logistico-abitativa, inquanto non presenta barriere architettoniche ed è pre-disposta per offrire all’utenza spazi adeguati per la vitaquotidiana; è di tipo alimentare, in quanto garantiscel’applicazione di regimi alimentari per gli utenti; è disupporto relazionale garantito dal personale; è di tiporeddituale, in quanto tutela l’utente nella gestione delproprio reddito attraverso l’amministratore di sostegno,laddove l’ospite non è in grado di provvedere allagestione; infine è di tipo assistenziale medico, dove lafigura del case manager è individuata nel Medico diMedicina Generale (MMG), il quale garantisce l’assisten-za medica e si interfaccia con i servizi sanitari di secon-do livello (specialistica territoriale e ospedaliera).

Analisi della tipologia di offertaIl progetto ha riguardato le seguenti due Unità diOfferta abitative di Promozione Umana “Maria Madredell’Amore” di Peschiera Borromeo (MI) da n. 8 pl e“Maria Madre della Pace” di San Donato Milanese da n.7 pl. Strutturalmente le stanze sono singole o a 2 letti,ognuna con bagno proprio; non sono presenti barrierearchitettoniche. Allo stato attuale sono rispettati gli standard di accre-ditamento per le Comunità alloggio con ospiti nonsuperiori a 8 pl.

Ad oggi il flusso degli ospiti è stato di 17 persone e diqueste una ha abbandonato il progetto e un’altra è pas-sata ad una situazione più emancipativa (abitazionepropria). Attualmente quindi gli ospiti presenti sono 15 di cui 14maschi e 1 femmina.

Grafico 1 – Distribuzione utenti per fascia d’età

Fonte: elaborazioni Dipartimento Dipendenze ASL Milano 2

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È subito evidente come gli ospiti di età minore o ugua-le ai 50 anni siano poco meno del 50%, così come lafascia d’età 45 – 49 appare altrettanto numerosa.

Grafico 2 – Numero utenti per primo contatto con i ser-vizi per fasce d’età

Fonte: elaborazioni Dipartimento Dipendenze ASL Milano 2

Il grafico 2 illustra da quanti anni ogni ospite ha avutoil primo contatto con un servizio dell’area dipendenze.Degli ospiti più anziani ma con una storia di serviziopiù recente, 3/5 hanno avuto problemi di alcolismoquindi con già una storia di grave compromissione almomento dell’incontro con i servizi che, come eviden-ziato nel grafico seguente (grafico 3) coincide di fattocon il 1° contatto e con il sistema delle comunità tera-peutiche.

Grafico 3 – Numero utenti per primo inserimento in CTper fasce d’età

Fonte: elaborazioni Dipartimento Dipendenze ASL Milano 2

Nel semestre marzo-agosto 2012 sono state monitoratele “prestazioni” erogate agli ospiti. Il monitoraggio ha avuto la finalità di pesare gli ope-ratori coinvolti nella sperimentazione sia in termini ditipologia che di monte ore.I grafici seguenti descrivono gli esiti del monitoraggio;alle prestazioni indicate vanno aggiunti i gruppi quin-dicinali tenuti dallo psicologo, con la presenza anchedegli altri operatori.

Grafico 4 – Ripartizione percentuale delle prestazionierogate nel semestre marzo-agosto 2012

Fonte: elaborazioni Dipartimento Dipendenze ASL Milano 2

Il colloquio è una prestazione attribuita solo allo psi-cologo. Le prestazioni si riferiscono ad entrambe le UdO.

Grafico 5 – Prestazioni erogate per tipologia e per UdOnel semestre marzo-agosto 2012

Fonte: elaborazioni Dipartimento Dipendenze ASL Milano 2

Il 62% delle prestazioni è rivolto agli ospiti dell’Unitàdi Offerta di San Donato, in quanto unità di offerta conmaggiori aspetti di protezione.Il grafico 5 evidenzia la ripartizione percentuale di ognitipologia di prestazioni per le 2 UdO.

I grafici seguenti 6 e 7 confrontano le prestazioni effet-tivamente ricevute da ogni ospite nel semestre.

Fonte: elaborazioni Dipartimento Dipendenze ASL Milano 2

Anche in questi grafici non sono considerati i gruppiquindicinali (2 ore/gruppo) tenuti dallo psicologo inquanto prestazione a regime, essenziale per monitorarele dinamiche di gruppo e funzionale al mantenimento di

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un clima di benessere ambientale.

Dal numero e dalla tipologia di prestazioni erogate nelsemestre, per ogni UdO di 7/8 pl, l’ipotesi di risorse dipersonale è la seguente:

Tabella 1 – Ipotesi impiego personale

Fonte: elaborazioni Dipartimento Dipendenze ASL Milano 2

Tutti gli ospiti, ad eccezione di uno con problemi dimobilità, hanno impegni individualizzati, secondo laseguente tabella.

Tabella 2 – Numero ospiti per attività individuali delleUdO del progetto nel semestre marzo-agosto 2012

Fonte: Cooperativa Sociale Promozione Umana Onlus

Profili professionaliNella unità di offerta sono presenti le seguenti figureprofessionali: psicologo, operatore residenziale e opera-tore socio-educativo.Psicologo. Garantisce la supervisione del gruppo ospitiattraverso incontri di gruppo e colloqui individuali. Operatore residenziale. Garantisce la presenza nottur-na nella struttura. Garantisce la presenza diurna nellastruttura compatibilmente con la presenza degli ospitianche con l’eventuale supporto di personale volontario.Garantisce e supervisiona tutte le attività quotidianedell’ospite, in particolare il sabato, la domenica e ifestivi. Presidia il rispetto del regolamento vigente.Provvede agli interventi di urgenza (deve possederepertanto l’attestazione di idoneità di primo soccorso) esegnala all’organizzazione l’insorgere di criticità rela-zionali e sanitarie. È responsabile della gestione ordi-naria della struttura. Ha facoltà di partecipare agliincontri di gruppo quindicinali. Operatore socio-educativo. Garantisce l’organizzazionee il monitoraggio delle attività sia di gruppo che indi-viduali degli ospiti, il supporto nello svolgimento ditutte le pratiche burocratiche, amministrative, giudizia-rie e sanitarie, se necessario, l’affiancamento dell’ospi-te nell’organizzazione del tempo lavorativo e liberofavorendo processi di socializzazione e di autonomiarelazionale. Partecipa agli incontri di gruppo quindici-nali. Si rapporta e si coordina con l’operatore residen-ziale.

Caratteristiche peculiariIl progetto per potere garantire lo svolgimento delleattività e il raggiungimento degli obiettivi prefissati hadefinito dei criteri di accesso e dei criteri di dimissio-ne dalla struttura da parte degli utenti. L’ammissibilità dell’utente non può prescindere dallasua capacità a compartecipare alla spesa della retta dieo direttamente attraverso il proprio reddito, o dallafamiglia o di chi ne fa le veci (amministratore di soste-gno) o dal comune di provenienza dell’ospite.La valutazione della ammissibilità dell’utente è svoltada un “Gruppo di valutazione” che deve prevedere lapresenza di un rappresentante dell’ente gestore, di unrappresentante del servizio segnalante, di un rappre-sentante del Dipartimento delle Dipendenze del territo-rio di ubicazione dell’unità di offerta e possibilmenteun rappresentante del servizio sociale del comune diprovenienza.

Criteri di accesso e dimissioneLa valutazione della ammissibilità dell’utente nellastruttura svolta dal “Gruppo di valutazione” è basata sucriteri di accesso prestabiliti e condivisi che prevedonoesiti di cronicità legati alla dipendenza di sostanzelegali ed illegali, difficoltà di reinserimento sociale ria-bilitativo e territoriale, la storia di presa in carico daparte dei servizi delle dipendenze (sia ambulatoriali cheresidenziali), l’età pari o superiore ai 50 anni con il per-durare di aspetti di criticità, aspetti di cronicità tali daaver già compromesso la possibilità di un programma direcupero, il grado di capacità di compartecipazione allaspesa della retta die dell’utente – o direttamente attra-verso il proprio reddito, o dalla famiglia o di chi ne fale veci (amministratore di sostegno) o dal comune diresidenza di provenienza – gli aspetti sanitari, perso-nologici e/o comportamentali che non richiedano unimpegno massiccio di personale assistenziale dedicatoe non richiedano interventi di elevata intensità assi-stenziale e sanitaria ivi compresa la necessità di avva-lersi di apparecchiature di tecnologia complessa.

Il rapporto tra l’ospite e la struttura può interrompersiper allontanamento volontario, per imposizione dallastruttura, per scelta condivisa, in cui si realizza un pas-saggio concordato ad una situazione di maggiore auto-nomia o ad altri percorsi più funzionali e rispondenti aibisogni rivalutati dell’ospite.

Compartecipazione alla spesa da parte dell’utenteLa situazione reddituale e le fonti di reddito degli uten-ti sono riportati nelle tabelle seguenti.

Tabella 3 – Numero utenti per situazione economicadelle UdO del progetto nel semestre marzo-agosto 2012

Fonte: Cooperativa Sociale Promozione Umana Onlus

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n 21 - GIUGNO 2013

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COSTRUIRE POLITICHE SULLE DIPENDENZEinforma

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Tabella 4 – Numero utenti per fonti di reddito delle UdOdel progetto nel semestre marzo-agosto 2012

Fonte: Cooperativa Sociale Promozione Umana Onlus

Sempre per il semestre marzo–agosto 2012, è statafatta una quantificazione dei costi ripartiti per macro-voci, come riportato nella tabella seguente.

Tabella 5 – Quantificazione costi (€) per macro-voci perUdO del progetto nel semestre marzo-agosto 2012

Fonte: Elaborazione Dipartimento Dipendenze su dati di CooperativaSociale Promozione Umana Onlus

Dall’analisi sono emersi i seguenti costi medi mensiliper singolo ospite:

Tabella 6 – Costi medi mensili (€) per singolo ospite perUdO del progetto nel semestre marzo-agosto 2012

Fonte: Elaborazione Dipartimento Dipendenze su dati di CooperativaSociale Promozione Umana Onlus

Si è considerata l’ipotesi di una stima calcolata senza ilcosto degli alimentari in quanto rappresentano una vo-ce di spesa considerevole e, probabilmente, riducibile.

Considerando ammissibile la proposta di risorse di per-sonale sopra indicata, utilizzando sia i costi monitoratisia il costo anno della cooperativa per i profili indivi-duati e ipotizzando una retta finanziata dalla Regionedi € 25,00/die, si deduce la seguente spesa anno:

Tabella 7 – Spesa annua e ipotesi compartecipazioneospite (€) per UdO del progetto

Fonte: Elaborazione Dipartimento Dipendenze su dati di CooperativaSociale Promozione Umana Onlus

Infine, il costo di personale è stato calcolato come databella seguente:

Tabella 8 – Stima costo annuo (€) per tipologia perso-nale e per UdO del progetto

Fonte: Elaborazione Dipartimento Dipendenze su dati di CooperativaSociale Promozione Umana Onlus

Risultati ed elementi di governance territoriale Il progetto e la conseguente proposta di “unità di offer-ta” hanno la finalità di offrire agli utenti cronici unapossibilità di vita nella migliore autonomia possibile, inun ambiente “controllato e protetto”. Inoltre, hanno l’e-splicita finalità di prevenire ricadute nell’abuso di so-stanze legali ed illegali, di rimediare a situazioni di ab-bandono e grave emarginazione che possono essere com-promissorie della condizione di benessere psicofisico. La sperimentazione ha ben definito il concetto di cro-nicità intesa come fragilità/bisogno d’aiuto croniconell’affrontare un reinserimento nel tessuto sociale diprovenienza e non, a cui deve associarsi la necessità diun supporto relazionale costante, seppur limitato nellaquantità, ma certamente qualificato.La cronicità non è pensata volutamente come la neces-sità di assistenza alla persona (ovvero come risposta aduna limitazione dell’autonomia fisica/funzionale), e persituazioni gravemente compromesse che richiedonoun’assistenza costante in tutte le azioni della vita quo-tidiana o di richiesta di soluzioni residenziali (come adesempio le RSA, unità di offerta del resto già presenti).La cronicità è intesa piuttosto come una condizione diinabilità relazionale e sociale. L’obiettivo è quindi quello di fornire a questa domandail supporto costante in termini di risorse logistiche(abitazione, servizi...), di risorse relazionali (psicologo,operatore sociale, operatore residente), di un “luogoproprio” e un contesto solidale e familiare dove mante-nere le autonomie residue, organizzare il proprio tempoe agire un ruolo sociale emancipato.L’unità di offerta sperimentale si connota comeComunità Alloggio per adulti (riferimento normativoDGR Regione Lombardia 12621/2003 – standard comu-nità alloggio <= 8 pl). Tale numerosità contenuta deiposti si è dimostrata congruente con gli obiettivi diprotezione dell’ospite, soprattutto per progettare l’or-

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ganizzazione del tempo lavorativo e libero, favorendoprocessi individuali di socializzazione e di autonomiarelazionale.L’omogeneità delle caratteristiche della domanda hapermesso di confermare la forte connotazione socialedella unità di offerta ed ha favorito la definizione dispecifici criteri di accesso. La valutazione del rispettodi tali criteri è garantita da uno specifico “Gruppo divalutazione” che vede coinvolte tutte le parti interes-sate (Ente gestore, Servizio segnalante, Dipartimentodelle Dipendenze, Comune).L’appartenenza dell’unità di offerta sperimentale ad unsistema di strutture residenziali ha consentito econo-mie di scala sui diversi servizi di supporto no core(lavanderia, mensa, trasporti, ecc…) e sulla gestioneefficiente del personale. L’unità di offerta sperimentale, inoltre, potrebbe essereil risultato della ricollocazione di parte dei PL accredi-tati per il trattamento TRR, quale capacità di adegua-mento alla attuale rimodulazione della domanda. Questa scelta garantirebbe a parità di budget assegna-to il duplice vantaggio di una risposta più adeguataall’evoluzione del bisogno e di un maggiore soddisfaci-mento della domanda.La definizione dei profili professionali e il loro carico dilavoro è la risultante delle caratteristiche degli utenti,dei bisogni di protezione e delle conseguenti presta-zioni erogate.

DALL’ACCUDIMENTO AL PROTAGONISMO: VERSO UN NUOVOMODELLO DI COMUNITÀ IN GRADODI CONIUGARE COSTI E QUALITÀ

Giuseppe FARO*, Giuliano De Santis*, Silvia Mismetti*, Davide Salvatico***Dipartimento Patologie delle Dipendenze, S.C. Ser.TSangone ASL TO3 COLLEGNO (TO), ** Cooperativa Animazione Valdocco

IntroduzioneL’ASL Piemonte TO3 a partire dal 2006 ha dato vita intempi successivi a due diversi tipi di servizio residen-ziale (denominati CASA VERDE e PROGETTO AUTONO-MIA) per persone malate di AIDS tossicodipendenti enon, due strutture che pur rifacendosi alle medesimelinee e riferimenti metodologici, affrontano livelli diprogetto diversi e intendono andare incontro a specifi-che necessità di intensità di intervento. Alla CasaAlloggio per malati terminali (CASA VERDE nata nel2006) si è aggiunto un appartamento di convivenzaguidata (AUTONOMIA nato nel 2010) per confluireentrambe nel 2011 in un nuovo progetto ispirato allapratica del cohousing, un nuovo modo di abitare conspazi e servizi condivisi tra persone che accettano dicondividere la propria comunità residenziale. Il proget-to di cohousing ha avuto avvio dalla necessità di coniu-gare due esigenze solo apparentemente inconciliabili:la necessità di ridurre i costi di gestione e la volontà dimigliorare l’efficacia dell’intervento riabilitativo, consa-pevoli del fatto che solo interventi economicamentecompatibili con le disponibilità della società potrannosopravvivere nei prossimi anni. Il progetto cerca di vin-cere questa sfida costruendo un servizio che in estremasintesi passa (è passato e sta passando) dall’accudi-mento del malato alla partecipazione dell’utente pergiungere infine al protagonismo della persona. Dalpunto di vista teorico nulla di nuovo (qualunque strut-tura si occupi di questi temi promuove teoricamente untale percorso virtuoso) ma può risultare interessante edoriginale, per lo meno nel territorio piemontese, la suatraduzione operativa per il tipo di programma, per l’or-ganizzazione del personale e anche per il costo dellaretta che, come evidenziato nella tabella successiva,risulta essere più basso rispetto al panorama delle casealloggio piemontesi.

Il protagonismo dell’ospite Dall’accudimento al protagonismo: è stato e continuaad essere un lungo percorso favorito da un generalemiglioramento delle condizioni di salute dei malati, daiminori vincoli legati all’accreditamento, dalla volontà -capacità della struttura pubblica di assumersi una certadose di rischio calcolato. Il percorso ha avuto la con-seguenza, inizialmente non da tutti ben accetta, di

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aumentare la partecipazione degli ospiti e ridurre la pre-senza di operatori con conseguente riduzione-ridistri-buzione degli oneri economici. Nel percorso è statocoinvolto l’ente appaltatore, che dal 2006 gestisce lastruttura, nella comune condivisione di una visione dipolitica sanitaria che prevede un possibile futuro soloper gli interventi anche innovativi ma economicamentecompatibili con l’attuale livello di benessere dellasocietà. Tale processo, per avere significato, deve obbli-gatoriamente accompagnarsi anche ad un miglioramen-to dell’esito dell’intervento, che nel nostro progettoabbiamo sintetizzato con una parola “autonomia”. Insintesi più elevato è il livello di autonomia raggiuntodalla persona ospite migliore sarà stato l’esito dell’in-tervento.

Materiali e metodiMa come misurare l’esito dell’intervento? Stiamo lavo-rando su uno strumento di rilevazione specifico che per-mette il monitoraggio dei progressi dell’autonomia dellepersone ospitate ispirandoci allo schema polare utiliz-

zato nell’ambito del Progetto RISC (Rischio perl’Infanzia e Soluzioni per Contrastarlo). Il modello sibasa sulla costruzione di una MAPPA CONCETTUALE,ossia una rappresentazione grafica di un ragionamentofatto dalla èquipe e confrontato con la persona. Vieneattribuito un punteggio ad indicatori di autonomia invari ambiti: area della autosufficienza (trascuratezza,capacità di cura del se, indipendenza negli spostamen-ti e nell’espletamento delle pratiche burocratiche, dele-ga ad altri delle scelte personali), area del sostenta-mento economico, area delle patologie e salute, areadelle dipendenze, area della rete famigliare e sociale,area del lavoro e della casa, area delle competenze dicoabitazione e relazionali. La valutazione viene esegui-ta dalla equipe multidisciplinare e coinvolge professio-nalità diverse: medico, assistente sociale, educatore,operatore socio sanitario. Il data base che si va a costruire evidenzia i possibilimomenti critici e la loro suddivisione in livelli progres-sivi di gravità/risorse.

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Mappa concettuale delle abilità

Mappa concettuale delle criticità

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Dalla integrazione delle 2 mappe si ottiene lo schemapolare con la relazione delle abilità e delle criticità. Lamappa delle autonomie soggettive, che permette dimonitorare nel tempo i livelli delle autonomie e di ade-guare ad essi l’intervento terapeutico, viene rilevata 4volte all’anno (tempo 0 - 3 mesi -6 mesi -12 mesi) pertutto il periodo di permanenza (orientativamente 2anni).Ai fini della valutazione del progetto assumono impor-tanza:- il valore al tempo 0 (T0 per definire il livello di gra-

vità/compromissione dell’ospite all’ingresso)- la differenza numerica fra il valore al tempo X (a 3

mesi o 6 mesi o 9 mesi o 12 mesi ecc) e il valore T0per valutare i miglioramenti ottenuti

- la differenza numerica fra il grado di autonomia del soggetto all’ingresso (valore T0) e il grado di autono-mia raggiunto alla dimissione (valore T z).

Costi: la retta giornaliera Contestualmente abbiamo voluto analizzare se lo sforzodi migliorare l’efficacia dell’intervento fosse anche com-patibile con la riduzione delle disponibilità economiche.

La tabella evidenzia l’andamento della retta giornalieradal 2006 al 2013 (previsione)

L’analisi ha evidenziato un andamento in decrescitadella retta dall’inizio dell’attività nel 2006 ad oggi. Inrapporto al costo a giornata delle case alloggio HIVaccreditate in Piemonte (€ 140,16) quello di Casa Verdenel 2006 era già inferiore del 30% e con il nuovo model-lo di comunità dal 2011 ad oggi la spesa è ulteriormen-te diminuita e risulta allineata o addirittura inferiorerispetto a regioni italiane evolute per il sistema di wel-fare come l’Emilia Romagna (100,71 euro al giorno) e laLombardia (130,00 euro al giorno). La riduzione dellaretta è correlata sia all’aumento negli anni dei postiletto (4 nel 2006, 6 nel 2008, 8 nel 2010 con il ProgettoAutonomia) che alla rimodulazione degli orari di pre-senza del personale (non presente di notte e in alcunefasce orarie diurne nei giorni festivi). Una prima valu-tazione fa ritenere che vi sia un andamento positivo siaper la spesa (evidente riduzione) che per l’offerta di ser-vizi (aumentati e migliorati) e si può pertanto afferma-re che in questo caso un servizio innovativo si è dimo-strato anche economicamente compatibile.

Conclusioni L’esperienza residenziale di Casa Verde e ProgettoAutonomia proposta e gestita dal Dipartimento Pato-logia delle Dipendenze dell’ASL TO3 in collaborazionecon la Cooperativa Sociale Animazione Valdocco risultapeculiare nel panorama piemontese e non solo. Ilmodello educativo adottato, che valorizza il protagoni-smo degli ospiti nella gestione comunitaria, prevedeobbligatoriamente per l’operatore la capacità di assu-mere un ruolo di facilitatore e di mettersi, ove possibi-le, sullo sfondo per lasciar fare agli ospiti. Questo

modello richiede anche agli operatori un forte impegnoformativo nell’implementare la capacità di porre freni aipropri interventi e le capacità osservative che permet-tono di misurare, attraverso le mappe innanzi descritte,i progressi (o regressi) durante il percorso riabilitativo.Lasciare agli ospiti la gestione di molte attività quoti-diane può risultare complicato ma anche stimolate per-ché esiste la consapevolezza che essi possono affronta-re anche situazioni critiche se guidati a riconoscere idiversi livelli di gravità e gli interventi da mettere inatto. La capacità di coniugare un risparmio economicocon un più che soddisfacente servizio offerto ai pazien-ti non è una caratteristica che rende unico questo pro-getto residenziale a carattere socio-sanitario (specie inepoca di Spending rewiew), ma certamente lo è averresponsabilizzato sempre di più gli ospiti, nel corso de-gli anni, ad essere protagonisti sia nella quotidianitàche nell’arco di tutta la loro permanenza all’internodella struttura. In modo particolare è importante averindividuato degli strumenti di rilevazione specifici diordine quantitativo che permettano di misurare inmodo il più possibile oggettivo il grado di progressionedelle autonomie delle persone ospitate. Questo tipo distrumenti dovrà nel tempo esser ulteriormente validatoe affinato tenendo sempre conto del fine ultimo dellastruttura che è non solo fornire un accompagnamento eun sostegno assistenziale e sanitario agli ospiti duran-te il percorso residenziale, ma soprattutto valorizzare lerisorse personali-lavorative raggiunte e renderli il piùpossibile autonomi sul piano familiare, sociale e abita-tivo.

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n 21 - GIUGNO 2013

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informa COSTRUIRE POLITICHE SULLE DIPENDENZE

LA “PESATURA” DEI PAZIENTI INCARICO: UNO STRUMENTO PER LAGOVERNANCE DEL SISTEMA

Porta Alberto*, Levari Ermelinda*, Grech Marialuisa*, Lipreri Luca****, Sgrò Maurizio****, Chiasera Silvana****,Pellegrini Gabriele*****, Ferrucci Roberta**,Lovaste Raffaele****Psichiatra Ser.D Azienda Provinciale per i ServiziSanitari di Trento**Psichiatra Responsabile Struttura Semplice AreaMedica Ser.D Azienda Provinciale per i Servizi Sanitaridi Trento***Direttore Ser.D Azienda Provinciale per i ServiziSanitari di Trento****Medico internista Ser.D Azienda Provinciale per iServizi Sanitari di Trento*****Coord. infermieristico Ser.D Azienda Provincialeper i Servizi Sanitari di Trento

La valutazione dell’efficienza produttiva, intesa come lacapacità di massimizzare il rapporto tra i fattori pro-duttivi impiegati nell’attività ed i risultati ottenuti, èuno dei criteri di qualità essenziali per la governancedei sistemi sanitari.La capacità di un Ser.D di ottimizzare il rapporto tra leunità equivalenti di personale impiegato ed i risultatiottenuti è, quindi, un aspetto preminente delle strate-gie di governance.La costruzione di un modello per la misurazione dell’ef-ficienza produttiva in un Ser.D parte dalla definizionepreliminare degli indicatori che si intende utilizzare permisurare la dimensione del fenomeno oggetto di studio,anche al fine di poter effettuare analisi comparative. Da un punto di vista generale gli indicatori utilizzabilidovranno avere le seguenti caratteristiche:• pertinenza e specificità: ovvero devono essere in

grado di esprimere realmente la dimensione del feno-meno che intendono esplorare;

• accessibilità: devono essere facilmente estraibili dallefonti di dati;

• rilevabilità: i dati oggetto di monitoraggio, che ven-gono aggregati nelle misure sintetiche definite dagliindicatori, devono essere effettivamente misurabili;

• economicità: il rapporto tra il costo di rilevazione(tempo e risorse impiegate) ed il beneficio informati-vo deve essere adeguato.

Gli indicatori scelti non possono avere la pretesa di rap-presentare tutte le sfaccettature di un prodotto; spes-so, infatti, documentano solo quegli aspetti di facilemisurazione che comunque fanno parte e sono rappre-sentativi della dimensione che si vuole misurare. È pos-sibile quindi che una caratteristica importante di unprodotto non venga misurata se di difficile rappresen-tazione in un indicatore e si decida di misurare un altroaspetto (detto proxy) per il quale però è più facile indi-

viduare un indicatore specifico. L’interpretazione infine del valore assunto da un indica-tore richiede grande attenzione e va analizzato nonsolo singolarmente, ma anche sulla base delle relazionicon le altre misure che necessariamente devono esserecoerenti. Il rischio, infine, che si corre cercando di realizzare unsistema di valutazioni di questo tipo è correlato allapossibilità di costruire un modello fine a se stesso, chenon soddisfa il debito informativo e non ha pertantoricadute significative sull’assetto organizzativo; in talcaso la valutazione dell’efficienza rappresenta solo uncosto aggiuntivo per l’organizzazione.

Misurare l’efficienza produttiva di un dirigentemedico in un Ser.DCon il termine efficienza s’intende il rapporto fra ilnumero di prodotto terapeutico erogato rapportato alleunità equivalenti. Il prodotto terapeutico oggetto dellamisurazione è ovviamente solo quello in grado di accre-scere lo stato di salute o a evitare nuova patologia nellalogica dell’ “evidence based medicine”. Per raggiungere tale obiettivo è necessario condividere:• un elenco di prestazioni erogabili dal dirigente medi-

co. Per ogni prestazione, inoltre, deve essere descrit-ta la modalità di realizzazione della stessa secondo lebuone prassi e identificare un tempo ottimale;

• un aggregato di prestazioni, legate da una logica se-quenziale e finalizzate a un obiettivo esplicito, cheidentifica tutti gli interventi specialistici erogabili daimedici.

Contestualmente è necessario dotarsi di un sistemagestionale informatizzato che consente la raccolta intempo reale e l’estrazione dei seguenti dati: • la registrazione di tutti gli interventi specialistici at-

tivati dal dirigente medico individuati da una data diinizio, dall’obiettivo dichiarato che si vuole raggiun-gere, da una data di fine e dall’esito conseguito con-siderati gli indicatori predefiniti;

• la registrazione nel fascicolo personale di ogni pa-ziente di tutte le prestazioni elementari erogate nel-l’intervento specialistico corredate dalla registrazionesintetica di quanto fatto e dai tempi impiegati;

• la densità assistenziale dell’intervento specialisticoespressa in ore dedicate. Tale valore è dato dallasomma dei tempi utilizzati per le singole prestazionielementari erogate nell’intervallo di date dell’inter-vento specialistico;

• la densità assistenziale per singolo paziente espressain ore dedicate. Questo valore è dato dalla somma deitempi utilizzati per le singole prestazioni elementarierogate a quella persona.

Una volta strutturata questa procedura per la valutazio-ne dell’efficienza produttiva è necessario estrapolarel’indicatore di output che riteniamo sia rappresentativodel carico di lavoro del dirigente medico. Si è considerato in tal senso il Numero di pazientipesat per operatore, che esprime la media di pazientiseguiti da ciascun dirigente medico. Si conteggiano, cioè, come pazienti tutti i soggettiseguiti dal dirigente medico per i quali c’è stato un con-sumo di risorse e si è aperto un fascicolo personale.

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Il contare solo il numero complessivo dei pazientiseguiti porta con se una evidente distorsione. Ad esem-pio se un medico vede, per varie ragioni, un pazienteogni tre mesi e un altro paziente tutti i giorni ovvia-mente il secondo lo impegnerà, almeno in termini ditempo, molto di più. Non è detto inoltre che il pazien-te che vede tutti i giorni, sia necessariamente sia piùgrave dell’altro. Se il nostro indicatore dell’efficienza è il numero dipazienti per operatori bisogna allora trovare un fattoredi correttore per questa discrepanza. Il fattore di corre-zione sta nel ricontare i pazienti seguiti applicando lagriglia del case mix. Se a un paziente, ad esempio, sonostate erogate prestazioni per almeno 15 ore / anno vale“1”, se sono state erogate prestazioni per 7.5 ore / annovale “0.5”. Ovviamente due pazienti pesati come “0.5”avranno lo stesso impatto, in termini di carico di lavo-ro, di un paziente pesato “1”.Le 15 ore sono state scelte considerando che in media ilnostro Servizio eroga a ciascun paziente prestazioni per15 ore in un anno. La tabella 1 riporta i valori di efficienza produttiva deidirigenti medici del Ser.D di Trento nel triennio 2010-12.

Nel grafico 2, considerando la media nel triennio 2010-2012, si evince come il valore ottimale di efficienzaproduttiva raggiunto dai medici del Ser.D di Trento è dicirca 80 pazienti pesati che corrispondono a oltre 200pazienti non pesati.

DiscussioneAttraverso la misurazione dell’efficienza produttiva, seè possibile confrontandoci con un lavoro di benchmar-king con altri Ser.D italiani, vorremmo arrivare ad ipo-tizzare il numero ottimale di pazienti che un dirigentemedico di un Ser.D deve seguire per utilizzare al meglioil debito orario che il suo contratto gli impone garan-tendo un livello minimo di densità assistenziale. Dainostri dati emerge che seguire 80-100 pazienti pesa-ti/anno rappresenta un buon livello di efficienza pro-duttiva. La procedura di case mix inoltre, a nostro parere, è uno

strumento utile per avere dei dati omogenei confronta-bili anche con le altre figure professionali del Ser.D.

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n 21 - GIUGNO 2013

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TAVOLO TERRITORIALE PER LA GOVERNANCE DEGLI STATIDI ADDICTIONS NELL’AREA DISTRETTUALE DI SARONNO

Fabio Reina*, Maria Raffaella Guzzetti*, Sara Frigerio*, Francesca Perlangeli*, Sara Renoldi*, Giampietro Banfi**, Donatella Fiorentini ***, Laura Randazzo****,Vincenzo Marino*****Dipartimento Dipendenze ASL Varese - U. O.Prevenzione e Cura delle Condizioni di Dipendenza AreaSuD: Sede Ser.T di Saronno **Dipartimento Dipendenze ASL Varese - U. O.Prevenzione e Cura delle Condizioni di Dipendenza AreaSuD: Sede Ser.T di Busto Arsizio***Dipartimento Dipendenze ASL Varese - U. O.Prevenzione e Cura delle Condizioni di Dipendenza AreaSuD: Sede Ser.T di Gallarate****Dipartimento Dipendenze ASL Varese - DirezioneDipartimento Dipendenze ASL Varese

IntroduzioneIl Dipartimento delle Dipendenze dell’ASL di Vareseattraverso l’Unità Organizzativa Prevenzione e Curadelle Condizioni di Dipendenza Area SuD - Sede Ser.T diSaronno ha attivato nel corso degli anni 2009-2013 deipercorsi formativi tra gli operatori della Sede saronne-se e gli attori del territorio che per le proprie compe-tenze e prerogative intercettano ed interagiscono con isoggetti e/o i loro famigliari aventi problematichericonducibili alle dipendenze patologiche. Detti percorsi formativi hanno riguardato: Sostanze ePsiche la co-gestione terapeutica delle problematichepsichiatriche, nei pazienti dipendenti da sostanze psi-cotrope (2010) - Le PoliTossicoDipendenze da sostanzepsicotrope illegali e/o legali (2011) - MonitoraggioTrimestrale delle Buone Prassi Cliniche della Co-Gestione Terapeutica delle problematiche psichiatriche,nei pazienti dipendenti da sostanze psicotrope (2011) -Adolescenza complessità e sostanze: lavoro nella ReteTerritoriale Saronnese come risorsa preventiva impor-tante (2012) - La Governance delle Dipendenze Pato-logiche nel Territorio Saronnese (2012). Detti percorsi Formativi hanno permesso di elaboraredelle “Linee di Indirizzo Collaborative e delle BuonePrassi Cliniche fra Sede Ser.T di Saronno e C.P.S. diSaronno vs i pazienti con Doppia Diagnosi” e delle“Linee di Indirizzo Collaborative e Buone Prassi Clinico-Preventive per le problematiche derivanti dall’assunzio-ne di sostanze psicotrope illegali e/o alcol sia nei sog-getti adolescenti che adulti” che una “Scheda clinico-anamnestica” per questi soggetti, entrambe da utiliz-zarsi tra Sede Ser.T di Saronno e le Unità Operative delPresidio Ospedaliero di Saronno dell’Azienda OspedalieraOspedale di Circolo di Busto Arsizio, e i Medici di

Assistenza Primaria e i Pediatri di Famiglia dell’As-sociazione Me.di.fa.S dell’area Distrettuale di Saronno.Parimenti dal 2009 è attivo il “Comitato Alcol eTerritorio di Saronno” che come spazio tecnico di co-gestione preventivo-terapeutico relativamente alle pro-blematiche alcologiche, vede riuniti i referenti dellaSede Ser.T di Saronno, dell’Azienda Ospedaliera Ospe-dale di Circolo di Busto A. - Presidio Ospedaliero diSaronno, dei Medici di Assistenza Primaria e dei Pediatridi Famiglia del Distretto di Saronno e le Associazioni diVolontariato, operanti con gruppi di auto-aiuto:Alcolisti Anonimi; Associazione Al-Anon; AssociazioneITACA onlus.Sempre dal 2009 il Comitato Alcol e Territorio diSaronno elabora ed invia a cadenza semestrale comemodalità informativo/formativa relativamente alle pro-blematiche alcologiche dell’area saronnese, una “News-letter” a tutti i Medici di Assistenza Primaria e aiPediatri di Famiglia ivi operanti.La rapida evoluzione del fenomeno delle dipendenze dasostanze psicotrope, con l’attuale prevalenza dell’abusoe/o poliabuso di quelle stimolanti (cocaina e derivatianfetaminici + bevande alcoliche) e la prepotente com-parsa delle dipendenze “non” da sostanze, come il Giocod’azzardo Patologico o le varie forme di dipendenzadalle moderne tecnologie, rappresentano ormai ancheper il territorio saronnese una somma di problematicitàtali da dover essere affrontate attraverso una “Gover-nance In-Rete” da parte dei vari Servizi Specialistici e/oProfessionisti operanti nell’area saronnese.

Materiali e metodi

Il TAVOLO TERRITORIALE PER LA GOVERNANCE DEGLI STATI DI ADDICTIONS È composto dai referenti dei Servizi - Enti - Istituzioni- Associazioni che si occupano di problematiche relati-ve agli stati di addictions, operanti nell’area diSaronno.Il Tavolo svolge funzioni di consulenza, progettazione emonitoraggio, nell’ottica di favorire l’integrazione dellestrutture e delle istituzioni e delle varie professionalitàcoinvolte, onde rispondere in modo incisivo e polispe-cialistico alle innumerevoli problematiche derivantidalle addictions.Le azioni e le attività condivise ed elaborate dal TavoloTerritoriale verranno implementate attraverso la “ReteTerritoriale dei Servizi”Al Tavolo attualmente aderiscono per il DipartimentoDipendenze ASL Varese con funzioni di Coordinamentodel Tavolo Tecnico, il Dirigente Medico Coordinatoredella Sede Ser.T di Saronno, la responsabile DirigentePsicologa dell’Unità Operativa Azioni di Rete Territorialenelle Dipendenze e Attività di Coordinamento dellaDirezione del Dipartimento delle Dipendenze, una Dirigente Medico e una Assistente Sociale della SedeSer.T di Saronno e una Dirigente Psicologa, una Assi-stente Sociale e una Dirigente Medico del Consultorio-Distretto di Saronno. Per la Rete Territoriale: 1) l’Azienda OspedalieraOspedale di Circolo di Busto Arsizio - PresidioOspedaliero di Saronno attraverso i referenti deiDipartimenti di: Emergenza - Medico - Chirurgico - di

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Salute Mentale (CPS e SPDC) - di NeuropsichiatriaInfantile e il Servizio di Assistenza Sociale; 2) ilDistretto Sanitario di Saronno dell’ASL Varese con ilConsultorio Familiare di Saronno; 3) l’Ufficio di Piano diZona di Saronno e i Servizi Sociali e alla Persona deiComuni di Saronno, Caronno Pertusella, Gerenzano,Uboldo, Origgio e Cislago; 4) il SIL (ServizioInserimento Lavorativo) di Saronno; 5)l’Informagiovani di Saronno; 6) la “Rete Rosa” contro laviolenza verso le donne di Saronno; 7) le Forzedell’Ordine operanti sul territorio saronnese: CompagniaCarabinieri Lombardia Tenenza di Saronno - Guardia diFinanza Comando Regione Lombardia Tenenza di Saronno - Polizia Localedi Saronno; 8) un referente dell’Ufficio ScolasticoProvinciale; 9) un referente dei Farmacisti Saronnesi;10) il Consultorio Familiare Decanale di Saronno; 11) laComunità Pastorale di Saronno; 12) i referenti deiMedici di Assistenza Primaria e dei Pediatri di famigliadel Distretto ASL di Saronno; 13) le Associazioni delprivato sociale e di auto aiuto operanti nel territoriosaronnese: Caritas Saronnese - San Vincenzo De Paoli -Radio Orizzonti in Blu Saronno - Compagnia delle Operedi Saronno - Mensa “Amici di Betania” di Saronno;Associazione Alcolisti Anonimi di Saronno -Associazione Al-Anon di Saronno - Associazione ITACAonlus - Associazione Gruppo Alice Saronno -Cooperativa Ozanam di Saronno.

DiscussioneTutti gli attori istituzionali coinvolti nei percorsi for-mativi negli anni 2009-2012, hanno aderito al TavoloTerritoriale per la Governance degli Stati di Addictionsnell’area Distrettuale di Saronno proposto dalla SedeSer.T di Saronno e attivato dal maggio 2013. Detta ade-sione deriva dalla comune consapevolezza maturata,che “un aiuto, una cura o una presa in carico” più effi-cace ed adeguata delle varie condizioni di addictionspossa avvenire solo all’interno di un effettivo lavoro“integrato” e di “rete” tra i vari Servizi del territorio.Il Tavolo Territoriale attraverso il lavoro integrato tra isoggetti che operano con mandati diversi, intende ope-rare affinché si possa ulteriormente consolidare la “Reteinter-istituzionale dei Servizi” nell’ottica di elaboraredelle strategie preventive sia universali, elettive chemirate, così da favorire la diffusione di corretti e sani stili di vita, sia nellafascia adolescenziale che giovanile, nelle famiglie econseguentemente nell’intera collettività.Analoghe strategie verranno estese sia all’ambito del-l’ascolto e dell’accoglienza della domanda posta dalsoggetto dipendente e/o da dei famigliari, che in quel-lo diagnostico, clinico-terapeutico e riabilitativo, ondefavorire adeguate risposte d’aiuto, di percorsi di cura odi prese in carico, con l’obiettivo di ridurre le interru-zioni o gli abbandoni volontari dei percorsi terapeuticisia in carico alla Sede Ser.T di Saronno che co-gestiti, ei conseguenti rischi di cronicizzazione dei disturbi e deicomportamenti psico-patologici e di addiction.

BIBILIOGRAFIAVincenzo Marino, Giovanni Serpelloni, Marketing Preventivo,appunti per una nuova prevenzione al consumo di drogheVincenzo Marino, Manuel Benedusi, Fare Prevenzione, appuntie linee guida regionali sulla prevenzione alla dipendenzaAlfio Lucchini, Silvia Bravin, Roberto Cataldin, AntonioD’Amore, Guido Faillace, Cinzia Massacra, Giovanni Streppa-rola, Depressione e Dipendenze patologiche, L’esperienza deiServizi territorialiGiovanni Strepparola, Operare nelle dipendenze patologiche,Mission dei Servizi e specializzazione dell’interventoPaolo Rigliano, Laura Rancilio, Tossicomania e sofferenza psi-chica, Le buone prassi nella “doppia diagnosi”Onofrio Cascinai, Guglielmo Masci, Non solo Doppia Diagnosi,I Servizi di fronte alla tossicodipendenza che cambiaFabrizia Bragozzi, Claudio Cippitelli, Giovani e nuove droghe:sei città a confronto, Il progetto Mosaico come modello d’in-tervento

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n 21 - GIUGNO 2013

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RETE TERRITORIALE E DOPPIA DIAGNOSI: UNA COSTRUZIONE CONDIVISADDD-DSM

Antonino Riolo, psichiatra dirigente DipartimentoSalute MentaleRoberta Balestra, direttore Dipartimento delleDipendenze ASS n.1 “Triestina”

Il “real world” non sempre trova adeguata interlocuzio-ne rispetto alle proprie domande di salute, talvolta ine-spresse, nell’ambito degli attuali sistemi di cure, speciequando questi sono organizzati per specialismi o persettori troppo distanti tra loro. Le problematiche della dipendenza e quelle correlatealla salute mentale nel loro presentarsi congiunto, nelloro intrecciarsi e annodarsi, rimandano a delle rispo-ste terapeutiche necessariamente integrate, che devo-no poter sciogliere tali nodi, per rispondere ai bisognidel corpo e a quelli della mente, cercando di compren-dere anche la complessa trama sociale che sottende ildisagio. Persone iper-fragili, perchè la sofferenza che derivadalla compresenza di questi problemi può diventarecosì insopportabile da far perdere il senso del proprioprogetto di vita. La realtà vissuta e percepita è alimen-tata da una psicopatologia che è il frutto inestricabiledegli effetti delle sostanze, delle alterazioni del pen-siero, della paura, del tipo di contesto di vita ed affet-tivo, delle reazioni sociali, di eventuali altri problemi disalute compresenti. Il principio della unitarietà dell’assistenza e l’obiettivodella continuità di cura richiedono un adeguato coordi-namento funzionale ed organizzativo, per costruirealleanze terapeutiche, supporto sociale, lavorativo, abi-tativo, interventi di advocacy, sostegno nelle questionilegali, per consentire alla persona di fruire più facil-mente della rete dei servizi e per aiutarla a reggere lafatica di programmi di cura spesso complessi, prolun-gati nel tempo ed impegnativi.I Dipartimenti delle Dipendenze e di Salute Mentale aTrieste sono inseriti all’interno di una rete territorialemolto sviluppata, che essi stessi contribuiscono apotenziare ed innovare. L’approccio è quello proattivo,caratteristico della medicina di iniziativa, che non silimita ad accogliere chi arriva al Servizio, ma si attivaper andare a conoscere la situazione di salute delle per-sone di cui si deve occupare per mandato istituzionale.Non c’è uno schema unico di intervento, perché aseconda dei bisogni della persona si costruisce una pro-posta specifica: in base al disturbo prevalente si stabi-lisce il servizio “case manager”. Vengono condivisi icosti del programma, gli strumenti messi in campo: col-loqui, visite domiciliari, valutazioni con gli altri part-ner, borse di lavoro o di studio, rette di comunità tera-peutica, attività di accompagnamento e riabilitazione,

lavoro con i familiari, gestione di attività in rapportocon i servizi del Ministero di Giustizia.Il dispiegarsi degli interventi territoriali consente disostenere la persona mantenendola nel suo ambiente divita (luogo del rischio ma anche di tante opportunità),per favorire la ricerca e la sperimentazione di strategiedi superamento o di convivenza con il problema di salu-te, secondo la prospettiva della recovery.I pazienti con doppia diagnosi sono quelli che più fre-quentemente dicono di “no” alle proposte dei Servizi,specie se vengono formulate in maniera non organicaed integrata, che più di altri finiscono per essere eti-chettati come “difficili”, quasi che questo fosse un giu-dizio prognostico, a rischio concreto di abbandono; maè dal riconoscimento della doppia vulnerabilità bio-psico-sociale che gli operatori possono condividere lafatica di rilanciare nuove progettualità, anche attraver-so l’elaborazione dei fallimenti di precedenti interventi,consapevoli delle potenzialità della rete territoriale,quando questa viene pensata e costruita in manierafunzionale alle speranze di cura delle persone.Ed è così, ad esempio, quando un assistito seguito daidue Servizi, dopo un iter di per sé complesso, vanificatutto il lavoro svolto rimanendo senza casa a motivo deisuoi comportamenti disfunzionali, “costringendoci” aricercare nel territorio un’alternativa alloggiativa chefavorisca la continuità terapeutica; o quando la pro-pensione a comportamenti penalmente rilevanti puòtrovare nel territorio risposte diverse dal Carcere; o,ancora, quando la depressione e l’uso di sostanze met-tono a rischio la capacità genitoriale di una madreall’interno di una vicenda familiare già delicata, laddo-ve la costruzione preventiva di una rete territoriale sumisura permette di non pregiudicare il ruolo di questamadre; o, quando, un Servizio interviene in soccorsodell’altro nel sostenere un altissimo carico familiare o,infine, quando si ricorre ad un TSO per ripartire da unasituazione di “impasse” con grave rischio per la stessaincolumità fisica del paziente con doppia diagnosi.Il progressivo investimento sullo sviluppo organizzati-vo e funzionale dell’intreccio sociosanitario territorialeha consentito a Trieste di creare un sistema di salva-guardia e di cura per le persone più fragili. Inoltre, inlinea con i principi della medicina di iniziativa, si inve-ste sulla conoscenza e la valorizzazione delle poten-zialità del territorio, anche per prevenire l’instaurarsi oil peggiorare di situazioni di sofferenza o di francapatologia. La crisi economica di questi anni rischia diimpoverire, con il taglio del budget, sia la qualità chela tipologia degli interventi dei servizi e quindi è indi-spensabile lavorare per integrare le risorse, per attiva-re le potenzialità di risposta e di sussidiarietà del ter-ritorio.

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n 21 - GIUGNO 2013

PROGETTO “LIBERO DI CREARTI”Costruzione di una rete territorialeper l’aggancio precoce e la presa incarico dell’adolescente a partire daun protocollo d’intesa traPrefettura-ufficio territoriale delgoverno di Pavia e l’AziendaSanitaria Locale di Pavia

Raffaelo Risalvato, Psicologo del Ser.D Pavese edOltrepò, ASL Provincia di Pavia

Questo lavoro vuole descrivere l’esperienza, avviata agennaio 2010 e tuttora attiva, della graduale co-costru-zione di una rete formale e informale, attiva sulla pro-vincia di Pavia, a partire da un protocollo d’intesa,siglato a dicembre 2009, tra prefettura e ASL di Pavia.Tale protocollo sancisce la nascita di un’équipe integra-ta costituita da:• lo scrivente• Maria Savino, assistente sociale del Servizio Dipen-

denze Pavese ed Oltrepò• Alma Gazzaniga, psicologa dei consultori dell’ASL Pro-

vincia di Pavia• Laura Anemone, direttore di servizio sociale del Nu-

cleo Operativo Tossicodipendenze della Prefettura diPavia.

L’obiettivo prioritario è l’aggancio precoce e l’eventualepresa in carico di soggetti nella fascia d’età 14-25,segnalati ai sensi dell’art. 75 o 121, attraverso il coin-volgimento di diversi soggetti istituzionali e la messain campo di pratiche innovative.L’équipe ha ritenuto di proporre, nell’ottica sperimenta-le dettata dal protocollo d’intesa, ai soggetti segnalatiun colloquio preliminare a quello previsto dalla norma-tiva - nel caso di soggetti segnalati ai sensi dell’art. 75- o un colloquio, nel caso di soggetti segnalati ai sensidell’art. 121, per i quali la normativa non ne prevede;con tale colloquio, in entrambi i casi, ci si pone degliobiettivi perseguiti utilizzando il modello e gli stru-menti applicativi della terapia breve strategica:a) aggancio del soggetto attraverso la costruzione di

una valida relazione;b) raccolta del maggior numero di informazioni possi-

bili per l’individuazione/definizione di un’eventualeproblematica di abuso o dipendenza da sostanze edelle eventuali problematiche dell’area familiare/sociale/lavorativa

c) accordo sugli obiettivi ed eventuale costruzione del-l’ipotesi di intervento.

d) eventuali prescrizioni/invii.È stata messa a punto dall’équipe una lettera di invito,il più possibile vicina cronologicamente al periodoriguardante la segnalazione, per i soggetti segnalati,

che mettesse in luce la natura del colloquio, disgiuntada fini sanzionatori, ma con fini informativi e di cono-scenza, colloquio da ritenersi pertanto assolutamentesvincolato da ogni obbligo e di natura progettuale, enon normativa.Di seguito, una prima tabella relativa ai colloqui svoltisinora:

I colloqui svolti hanno dato modo agli operatori dientrare in contatto con una realtà difficilmente visibile,in particolare per quanto riguarda i soggetti segnalatiai sensi dell’art. 121, che finora non svolgevano collo-qui con la Prefettura e raramente afferivano ai Serviziper le Dipendenze; i colloqui, nella maggior parte deicasi, hanno ottenuto l’obiettivo strategico di ottenerefiducia, rompere il sistema rigido di percezione dellarealtà e far percepire la possibilità di un cambiamento.Nella seconda fase del progetto è stata particolarmenteintensa l’attività presso il servizio dipendenze, essen-dosi concretizzati gli invii dalla Prefettura, sia permezzo dei colloqui sperimentali sia tramite l’attivitàistituzionale; al contempo, l’efficacia del lavoro svoltoe il coinvolgimento di tutti gli operatori del servizionelle segnalazioni ha contribuito ad attivare una seriedi invii dal locale consultorio e anche da enti esterni(CPS, scuole, terapeuti esterni). Occorre sottolineare come gli operatori abbiano, findall’inizio, cercato di superare la logica del “ciascunolavora a casa propria” rendendosi disponibili a cono-scere gli adolescenti segnalati nel servizio già da lorofrequentato, in modo da aiutare a far superare loro lepregiudiziali sui servizi per le dipendenze; a questo si èaggiunta l’offerta di tempi dedicati, per diminuire l’im-patto e favorire la compliance terapeutica.

Di seguito una tabella che riassume la provenienzadegli invii al servizio dipendenze e il totale dei pazien-ti presi in carico:

Nel tempo, il progetto ha allargato il proprio raggio diattività ed il numero dei servizi coinvolti; già dallasegnalazione alla prefettura di Pavia, i servizi che even-tualmente si occupavano dell’adolescente segnalato(servizi sociali, neuropsichiatria infantile) hanno presocontatti con l’équipe del progetto.In questo modo è stato possibile conoscere e concor-dare modalità di intervento condivise con gli operatoridi un altro progetto innovativo attinente “l’interventointegrato di presa in carico di soggetti con esordio psi-cotico e con vulnerabilità clinica per disturbi psicotici”progetto che coinvolge sostanzialmente i minori affe-

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renti al Servizio di Neuropsichiatria Infantile del-l’Azienda Ospedaliera della Provincia di Pavia, e chetrova corrispondenza /collegamento con un altro pro-getto che ha gli stessi obiettivi per i soggetti maggio-renni che afferiscono ai servizi del Dipartimento diSalute Mentale della stessa Azienda.Tale collaborazione è risultata quantomai efficace, poi-ché ha creato un canale binario di segnalazione tra iservizi, permettendo un’efficace sottolineatura e presain carico degli aspetti attinenti l’esordio psicotico e lacomorbidità psichiatrica negli adolescenti utilizzato-ri/abusatori di sostanze stupefacenti.Il progetto denominato “Libero di Crearti” collaboracon altri progetti presenti all’interno della stessaAzienda, come il progetto regionale sperimentale per ladiagnosi precoce dei disturbi in età evolutiva “proble-mi in corpo, soluzioni in mente”, attivo da settembre2012, e il cui obiettivo è individuare il più precoce-mente possibile forme di sofferenza non riconosciutama agita, al fine di aiutare l’adolescente, la sua fami-glia e i curanti a prenderne consapevolezza e ad affron-tarla in maniera più adeguata.Occorre inoltre citare la collaborazione dei servizi delprivato sociale che, su invio dei servizi sociali e deiconsultori, gestiscono il supporto formativo/lavorativodegli adolescenti provenienti dal circuito penale e incarico al Ser.D.

Di seguito uno schema della rete nella quale il proget-to “Libero di Crearti” si è integrato (in azzurro i servi-zi del protocollo formale

Con questo lavoro si è cercato di descrivere per sommicapi l’integrazione in una rete di relazioni mantenutacon il superamento delle prassi abituali di lavoro, esempre senza alcun finanziamento o supporto econo-mico e/o di personale, poiché l’équipe si compone difigure strutturate che seguono anche altre attività; ilconsolidamento di tale rete permette, attraverso l’ag-gancio precoce, di portare aventi una prevenzione effi-cace, cercando di intervenire su tutti i fattori di rischiosui quali i vari servizi possono intervenire.

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“FREE POINT”,”CORPO E PERCEZIONE”, “PER SENTIERI”:AZIONI DI UN SERD IN MOVIMENTO

M.Resentini, V.Andreoni, E.Barbieri, E.Chiesa,A.Epifani, P.Fortuna, G.Galimberti, L.Grimaldi, A. Moltoni, S.Pigazzi, M.Rovelli, R..Tortorella, E. VillaSer.T e NOA di Monza e Dipartimento Dipendenze ASL MB

Nel corso del processo di riqualificazione delle offertedel SERD, considerata la necessità di gestire forme sem-pre più diversificate di dipendenza e disagio in unacondizione di costante contrazione delle risorse dispo-nibili, si è scelto di valorizzare l’esistente impegnandoin modo innovativo le sinergie prodotte dalle reti inter-ne ai servizi e da quelle attive sul territorio, in una pro-spettiva “ecologica” di intervento1. In questo percorsodi riflessione e programmazione ci si è proposti di offri-re risposte differenziate, strutturate in modo flessibilee modulate per tipologie omogenee di utenza, a soste-gno di percorsi trattamentali sanitari, socio-sanitarie esociali di tipo territoriale (in alternativa, ad integrazio-ne o a conclusione di inserimenti presso strutture resi-denziali).Si è pensato ad azioni che potessero essere sviluppatee ri-adattate in relazione alle caratteristiche dei diver-si target (es. soggetti sottoposti a misure limitativedelle libertà personale, alcolisti, cocainomani, giocato-ri compulsivi). L’idea da cui si è partiti è stata quellache fosse utile orientare le competenze, le motivazionie gli interessi degli operatori adattandoli alle necessitàdi trasformazione delle offerte. La filosofia di interven-to condivisa può essere riassunta assumendo la metafo-ra del sole che:• esiste di per sé, è quotidiano e gratuito;• irradia il sistema in modo capillare;• genera energia che, per essere vitale e produttiva

senza “bruciare” o disperdersi, deve essere trasforma-ta e utilizzata in modo competente.

All’interno di questo “eco-sistema” sono germogliate leazioni di seguito illustrate.

“Free Point”“Free Point” è un’azione informativa su tematiche rela-tive alla salute degli utenti che afferiscono al Ser.T e alprogetto Ulisse2. La finalità è quella di offrire uno spa-zio di libero accesso dove affrontare i temi della salutecon un approccio di tipo pragmatico, partendo dalleabitudini e dalle competenze degli utenti. Obiettivi specifici: favorire la comunicazione con gliutenti su tematiche sanitarie, sociali, legali e del quo-tidiano, in un’ottica di assunzione di responsabilità e diattivazione di parti identitarie non compromesse dallacondizione di dipendenza e di marginalità. Gli operato-ri, oltre che mettere a disposizione le conoscenze spe-cifiche, svolgono una funzione di facilitatori della

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comunicazione e dello scambio di competenze tra pari,in una dimensione di gruppo. Attività e durata: incontro mensile della durata di circa2 ore (il sabato mattina), condotto da operatori didiverse figure professionali (in relazione alle tematichetrattate) provenienti dai servizi del Dipartimento diPrevenzione e del Dipartimento Dipendenze (max due).Nel corso degli incontri sono stati affrontati i seguentitemi, proposti dagli operatori o dai componenti delgruppo: patologie infettive legate all’uso di sostanzeper via endovenosa; terapie farmacologiche; HIV; HCV eMTS; problematiche legali e sociali; accesso alle risorseterritoriali; alcool; alimentazione, respiro e rilassamen-to; affido delle terapie; rapporti interpersonali. Target: tutti gli utenti che afferiscono al servizio. Requisiti per l’accesso: nessun requisito, chiunque puòdecidere di partecipare se interessato al tema proposto.

“Corpo e percezione”“Corpo e percezione” è un’attività di gruppo che vuoleoffrire uno spazio all’interno del quale realizzare azionifinalizzate al recupero di una sensibilità corporea e diun’armonica percezione di sé, attraverso la pratica didifferenti discipline atte a sostenere un processo diauto-consapevolezza. Non vi sono finalità terapeutiche,ma si cerca di favorire un’esperienza di contatto con ilproprio corpo nel qui ed ora.Obiettivi specifici: migliorare la consapevolezza delproprio sé corporeo; educare alla cura di se stessi e delproprio benessere; acquisire tecniche semplici che l’u-tente può continuare a esercitare autonomamenteanche alla conclusione del percorso.Attività e durata: 8 incontri (1 di presentazione eintroduzione con la presenza di un sanitario per ripren-dere qualche informazione di anatomia utile al lavorosui meridiani, 7 di attività corporea) all’interno deiquali sperimentare: ginnastica dolce; tecniche di Do-In(automassaggio); stretching dei meridiani, rilassamentoguidato e respirazione naturale.La durata complessiva dell’attività è un’ora e trenta inorario pre-serale (ore 17). Target: gruppo di 4 persone in carico ai Ser.T e NOA(l’entità numerica è condizionata dalle dimensioni limi-tate degli spazi a disposizione).

“Per Sentieri”“Per Sentieri” è un’attività motoria svolta in piccologruppo con la finalità generale di imparare a gestire inmodo diverso il tempo libero e attuare pratiche di vitasana all’aperto, eventualmente anche in contesti orga-nizzati.Obiettivi specifici: recuperare un contatto positivo conil corpo, sviluppare la conoscenza e la confidenza conla pratica del camminare; avviare un processo di sensi-bilizzazione sulla gestione del tempo libero e della pra-tica sportiva/escursionistica.Azione e durata: 6 incontri strutturati di attività fisica(1v. alla settimana) che si realizzano attraverso esercizidi riscaldamento e defaticamento, camminate veloci inspazi esterni al Ser.T/ NOA (percorsi vita, piste ciclope-donali, parchi cittadini). La durata complessiva dell’at-tività è di 1 ora 1/2 in orari differenziati per coloro chelavorano/non lavorano (tardo pomeriggio/inizio matti-

nata).Attività: esercizi di riscaldamento e stretching; tecni-che di respirazione; camminata a passo moderato eveloce; rilevazione della pressione; incontri con esperti(es nutrizionista, medico sportivo).Target: gruppo di 6/8 persone in carico ai Ser.T e NOALe azioni “Corpo e Percezione” e “Per Sentieri” hannocondiviso: requisiti per l’accesso, modalità di invio, meto-dologie di intervento e risorse operatore.Requisiti di accesso: capacità relazionale in contestigruppali, assenza di disturbi psico-patologici gravi. Nonesistono controindicazioni, salvo per coloro che hannoproblemi ortopedici, per gli asmatici e gli allergici (ècomunque prevista una valutazione preliminare delmedico dell’équipe trattamentale che segnala il caso percoloro che partecipano all’attività motoria e in ambien-ti esterni). La composizione del gruppo è valutata daglioperatori che gestiscono l’azione.Modalità di invio: la partecipazione rientra nel proget-to complessivo di cura della persona ed è richiesta dal-l’utente o valutata e proposta dall’operatore che ha incarico la situazione.E’ previsto un momento di incontro con i conduttori perillustrare i contenuti e le modalità di svolgimento delleattività, le regole e le attrezzature richieste. Si richiedela firma del consenso informato per l’adesione all’atti-vità e della liberatoria per eventuali rischi di danni einfortunio (solo il gruppo “ Per Sentieri” in quanto sonopreviste attività all’esterno della struttura).Rapporti con gli invianti: presentazione del caso ai con-duttori ed esplicitazione del significato della propostada parte degli invianti. Restituzione finale di quantoaccaduto o emerso nel percorso (cura reciproca delloscambio informativo)Metodologia di intervento: approccio diretto deglioperatori che conducono l’azione (almeno due) attra-verso colloqui di conoscenza; attivazione e gestione delgruppo; attivazione di altre risorse interne/esterne alservizio (operatori Ser.T/NOA, associazioni sportive,comunità residenziali, centro diurni).Risorse operatore: operatori SER.D (almeno due). Larisorsa operatore e relativo monte-ore sono ricompresinella normale attività clinica, già tariffata e rendicon-tata attraverso MPF (attività di gruppo). È possibile ilcoinvolgimento gratuito di volontari o operatori diassociazioni/comunità ecc.

ConsiderazioniLe attività di gruppo hanno riscontrato l’interesse degliutenti e al momento sono in fase di sperimentazione inuna sola sede. Allo spazio “Free point” hanno partecipato in media 5utenti ad incontro, alcuni di loro sono stati presenti aquasi tutti gli appuntamenti, altri hanno partecipatosolo a quelli che destavano il loro interesse. Complessivamente è possibile affermare che almeno 25persone con caratteristiche e condizioni molto diversetra loro (da coloro che vivono in condizioni di margina-lità a quelli che hanno una vita regolare e integrata),hanno aderito a questa attività. Le criticità non manca-no, una di queste è la difficoltà ad una presenza rego-lare a fronte di temi che sembrano interessare molto gliutenti. Poche sono le persone che il sabato mattina si

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n 21 - GIUGNO 2013

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sono presentate appositamente per partecipare agliincontri, pur affermandone l’utilità (ha più funzionato il“butta dentro” e l’invito diretto a coloro che stavano insala d’aspetto in attesa di terapia). Di contro, i parte-cipanti hanno fornito interessanti contributi, intera-gendo attivamente tra loro e con l’esperto di turno. L’attività “Corpo e percezione” è stata sperimentatacon 4 utenti (3 uomini e 1 donna), che hanno frequen-tato gli incontri con regolarità ed interesse, senzamanifestare alcun tipo di difficoltà alle proposte offer-te loro. Lo spazio è stato “trasformato” in modo dacreare un contesto ad hoc (luci basse, incenso, tappe-tini, campane tibetane e musica) al cui interno ripro-porre la ritualità prevista dalla tipologia delle attività.Il gruppo è stato composto secondo criteri di omoge-neità (soggetti meno compromessi rispetto all’integra-zione sociale) e questo ha agevolato la creazione di unclima collaborativo tra i partecipanti e con le condut-trici.I feedback ricevuti dal gruppo sono che l’attività con-sente: • di prendersi uno spazio per sé, dove fermarsi, rientra-

re in contatto con il proprio corpo e ascoltarlo (inte-ressanti considerazioni sono state fatte sul respiro);

• di imparare a rilassarsi e a “stare” nei momenti di dif-ficoltà.

Nel percorso esperienziale il rilassamento è fatto sia inapertura, al fine di consentire l’abbandono della quoti-dianità, che al termine degli esercizi come momentorigenerativo. Questa fase è la più apprezzata dai parte-cipanti che ne percepiscono la funzione di benessere.

Nel complesso, gli operatori coinvolti nelle azionihanno verificato quanto sia sempre più necessario con-solidare, all’interno dei servizi, modalità di interventoorientate al cambiamento del clima relazionale tra glioperatori e l’utenza, per andare oltre l’immagine di unluogo di “somministrazione e controllo” rafforzando gliaspetti legati alla cura e alla tutela della salute, nellaloro accezione più ampia.

1Si intende utilizzare le risorse con particolare attenzione ai criteri dieconomicità, sostenibilità e tutela degli equilibri esistenti, in funzio-ne del ben-essere di tutti i soggetti coinvolti. 2Progetto di Unità Mobile rivolto a tossicodipendenti attivi -Sperimentazione ex DGR 3239/2012

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LA GESTIONE IN PRONTO SOCCORSODELL’ADOLESCENTE CON ABUSO DI SOSTANZEAnalisi del fenomeno pressol’Azienda OspedalieraFatebenefratelli di Milano

Antonio Villa*, Francesco Andreoli**, AnnaEsposito**, Paolo Zanada***, Marco Pandolfi****,Mara Fiocchi****** U.O. Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso, **Corso di Laurea Infermieristica,***U.O. Laboratorio,****U.O. Pediatria - A. O. Fatebenefratelli, Milano*****ASL Milano - S.C. Ser.T 1, S.S. Ser.T Via Canzio

IntroduzioneDai recenti dati del Dipartimento Politiche Antidroga1

emerge che l’andamento dell’uso di sostanze stupefa-centi nel 2012 in soggetti tra i 15 e 19 anni ha subitouna contrazione rispetto agli anni precedenti per quan-to riguarda la cocaina, gli allucinogeni e l’eroina, hamantenuto una sostanziale stabilità nei consumatori dicannabis, con una lieve tendenza alla ripresa ed ha evi-denziato un incremento dell’uso di stimolanti (ecstasye amfetamine) che interessa però meno del 2% dellapopolazione studiata. Anche l’utilizzo di alcool rimanesostanzialmente stabile, attestato sui valori medi euro-pei. Il policonsumo di sostanze psicoattive, legali edillegali, caratterizza e definisce lo stile di consumo pre-valente sempre più diffuso tra i soggetti più giovani esi osserva infatti un aumento dell’associazione di alcoolo tabacco con cannabis, mentre è in calo la percentua-le dei giovani che consuma altre sostanze anche inassociazione a tabacco e/o alcool. Lo scopo di questo studio è quello di osservare alcunidati sul fenomeno dell’abuso di sostanze negli adole-scenti giunti in Pronto Soccorso (PS) e sulla gestione ditale problema da parte del personale infermieristico emedico; si è analizzato l’approccio partendo dal proces-so di triage fino all’iter diagnostico-terapeutico.

Materiale e metodiDal sistema informatico del PS dell’A.O. Fatebenefratellidi Milano sono stati estratti e analizzati i verbali rela-tivi a soggetti di pertinenza pediatrica (fino a 18 anni)giunti in seguito ad assunzione di alcool o altre sostan-ze d’abuso, nel periodo dal gennaio 2011 al dicembredel 2012. Per ogni paziente sono stati registrati in un database leseguenti variabili: dati anagrafici, data e ora di arrivoin PS, codice di triage e motivo dell’arrivo, anamnesitossicologica, esame obiettivo e parametri vitali (pres-sione arteriosa, frequenza cardiaca, frequenza respira-toria, temperatura corporea, pulsiossimetria, stato di

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coscienza), esami di laboratorio (glicemia o DTX, alcoo-lemia, ricerca urinaria di sostanze d’abuso quali amfeta-mine, cocaina, marijuana, benzodiazepine, antidepressi-vi triciclici, barbiturati, metanfetamina, morfina, meta-done, metilenediossimetamfetamina).

RisultatiSono stati analizzati 8036 accessi pediatrici in PS nelbiennio 2011-2012; i soggetti compresi fra i 14 i 18anni di età erano 1614: per la tipologia del nostro stu-dio l’analisi è in relazione a questa parte di coorte.I soggetti con diagnosi di dimissione dal PS relativa adassunzione di alcool o altre sostanze d’abuso sono stati108 (6,7%); 59 (55%) erano maschi di età media di17±1 anni (min. 14, max 18 anni); i soggetti di sessofemminile erano 49 (45%) di età media di 16±1 anni(min. 14, max 18 anni) (differenze non significative).Il 70% dei soggetti (76/108) erano di nazionalità ita-liana; fra gli stranieri vi era una maggiore prevalenza disoggetti provenienti dall’America Latina (32%), di duesoggetti il dato non era disponibile. In 15 soggetti (13.8%) è stato attribuito al triage uncodice giallo, in 90 (83.5%) un codice verde e in 3(2.7%) un codice bianco. Ad una revisione sistematicadel processo di triage, secondo i protocolli in uso, i 3codici bianchi risultavano corretti, mentre sulla basedelle alterazioni di parametri vitali o dello stato dicoscienza riscontrate all’esame obiettivo, 22 (20.4%)codici verdi risultavano non corretti, poiché dovevanoessere codificati in giallo. Inoltre in 6 pazienti (5.6%)il motivo dell’arrivo, come riportato dall’infermiere ditriage, non faceva riferimento al sospetto di abuso disostanze.In 10 soggetti (9.3%) l’assunzione di sostanze d’abusoera associata ad un traumatismo.Le sostanze interessate sono rappresentate nella tabel-la 1. Globalmente nel 77% si è trattato di assunzione dialcool e nel 23% di cannabis; le altre sostanze sono rap-presentate in percentuali minori.La permanenza mediana in PS è stata di 5 ore e 7 minu-ti. Due pazienti (1.8%) sono stati ricoverati, 91 pazien-ti (83.5%) sono stati dimessi e 15 pazienti (14.7%) sisono allontanati o si sono dimessi volontariamente. Al momento della dimissione in soli 5 pazienti (4.6%) èstato consigliato un contatto con l’ambulatorio per ildisagio adolescenziale.

Discussione e conclusioniDal nostro studio emergono alcuni dati che fornisconospunti di riflessione in merito ad aspetti di tipo epide-miologico, di tipo gestionale in PS e di tipo propositi-vo nella presa in carico di tali pazienti. Fra i soggetti giunti in PS per abuso di sostanze non visono differenze statisticamente significative di genere,pur con una lieve prevalenza del sesso maschile. Un dato interessante è relativo alla provenienza geo-grafica: il 30% dei soggetti analizzati è straniero e que-sto può avere una valenza sociale significativa.Significativa è l’associazione dell’evento di abuso lega-to ad un traumatismo nel 9% dei soggetti analizzati.Si conferma che l’alcool rappresenta la sostanza più uti-lizzata (77%), seguita dalla cannabis (30%), mentrel’11% degli accessi è associato ad abuso di più sostan-

ze; questo dato potrebbe essere sottostimato poiché laricerca delle sostanze nelle urine eseguita dal nostrolaboratorio è limitata solo ad alcune di esse.I pazienti pediatrici che giungono in PS per abuso disostanze corrispondono al 7% degli accessi. La perma-nenza mediana in PS è stata di 5 ore. L’84% dei pazien-ti sono stati dimessi, 2 pazienti sono stati ricoveratiperché le condizioni richiedevano un monitoraggio con-tinuo e 15 persone si sono allontanate volontariamen-te. Questi dati possono significare che l’abuso disostanze, seppur nella maggior parte dei casi si risolvain modo positivo, comunque richiede una permanenzain PS per tempi medio-lunghi e in alcuni casi sporadicirichiede una ospedalizzazione.Per quanto riguarda i dati relativi all’accoglienza al tria-ge di questi pazienti, risulta una certa sottostima daparte dell’operatore di triage, per l’evidenza in circa il20% dei casi di un non corretto processo di triage. Aquesto proposito può essere utile promuovere corsi diaggiornamento e di formazione continua per migliorarel’approccio e l’iter diagnostico e terapeutico agli adole-scenti che si presentano in PS per abuso di sostanze.Infine, un dato significativo che emerge è che a soli 5pazienti (4,6%) è stato consigliato l’ambulatorio per ildisagio adolescenziale.La nostra Azienda Ospedaliera dispone dal settembre2008 di un ambulatorio multidisciplinare specificamen-te indirizzato agli adolescenti con disagi ed alle lorofamiglie, in integrazione e condivisione con le strutturedi Neuropsichiatria infantile, Psichiatria, e l’Associazio-ne Onlus “Libera-mente”. L’ambulatorio si propone comeuna risposta concreta per affrontare le problematicheche possono insorgere nel periodo adolescenziale (bul-lismo, abuso di sostanze, suicidio, disturbi alimentari).L’ambulatorio è gestito da un’equipe specialistica multi-disciplinare, composta da due psichiatri, un neuropsi-chiatra infantile, due psicologhe cliniche e un pediatracon specializzazione in adolescentologia. L’equipe puòeffettuare una valutazione psicodiagnostica approfondi-ta, mediante colloqui clinici con i ragazzi e le famigliee la somministrazione di questionari e scale standardiz-

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Tabella 1 - Rappresentazione delle sostanze interessate

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zate, mirati ad offrire interventi terapeutici ambulato-riali brevi o farsi carico dell’invio ai servizi neuropsi-chiatrici/psichiatrici di competenza territoriale, aseconda delle necessità cliniche. Dai dati del nostro studio emerge che tale propostapossa diventare sempre più un valido strumento diaiuto per l’adolescente disagiato per il quale il primocontatto con le strutture sanitarie può essere rappre-sentato proprio dall’evento di abuso gestito in PS.

1 Relazione annuale al Parlamento 2012 sull’uso di sostanzestupefacenti e sulle tossicodipendenze in Italia. DipartimentoPolitiche Antidroga, Agosto 2012http://www.dronet.org/monografia.php?monografie=91

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informaFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI OPERATORI DEI DIPARTIMENTI E DEI SERVIZI DELLE DIPENDENZE

n 21giugno 2013

Supplemento a Mission - Periodico trimestrale della Federazione Italiana degli Operatori dei Dipartimenti e dei Servizi delle Dipendenze - ANNO X - IV TRIM. - N. 36-2012

PRESENTAZIONE LAVORI PERVENUTI

CONFERENZADEI SERVIZI

ITALIANI

MILANOVenerd 7 Giugno 2013

Centro CongressiHotel MICHELANGELO

COSTRUIRE POLITICHE SULLE DIPENDENZE

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pratiche

evoluzione dei Servizidelle Dipendenze

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