Inediti n.20 - Corrado Bagnoli

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Inediti n.20 - Corrado Bagnoli poesie inedite Dove finisce il mare

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Titolo Inediti n.20

di

Corrado Bagnoli

Edizioni a cura di

[email protected] www.poesia2punto0.com

Il presente documento non è un prodotto editoriale ed è da intendersi a scopo illustrativo e senza fini di lucro. Tutti i diritti riservati all’autore.

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Dove finisce il mare

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Devo cominciare da qui, dalla lentezza, dall’azzurro sempre, sempre immobile qualunque vento, qualsiasi aria, parola lo tentasse, spigolosa come la schiena della montagna o liquida e inquieta come l’acqua che si guardano da vicino sotto la sua mano ferma. Così anche noi, che ci lasciamo andare a una certezza chissà da quanto e dove andata via, perduta. Così, anche a noi, non resta che obbedire, imparare l’inchino del tronco, del pino esile in bilico tra terra e mare: nessuna sottomissione, riconoscere soltanto il cielo sopra, prendere parte alla sua rivincita d’ombra, dormirci dentro, quasi, docili, sentirsi parte di questo lento e forte consistere del mondo.

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Dove finisce il mare, quasi subito la terra s’alza e brucia, quasi subito capitolando all’insistenza della luce. E secca e scura, appare, eppure morbida e sinuosa nel suo stendersi lentissimo, quasi il cielo tutto col suo peso s’appoggiasse al fianco, al seno, s’allungasse sulle gambe per finire chiaro e imprigionato su, dall’altra parte, nell’intreccio delle mani, tra le sue dita lunghe. Noi che abbiamo paesi e strade come reti piatte, stese e uguali, fatichiamo ad inseguire il nome che cerchiamo, scivoliamo lenti e increduli di curve e saliscendi, abbandonati a un’altra geometria, a una ragione che è più grande, per fermarci, infine, sotto l’arco di mattoni e cielo da cui guardiamo indietro il mare da cui veniamo e la via che scompare e riappare: un gomitolo, un filo, la vita che si piega a un’altra forza tra un azzurro e l’altro azzurro.

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Il passaggio è chiuso a nord dal fiume, la ghiaia diventa sassi grandi e levigati, sulla sponda c’è una bandiera a segnalare specialità e pirati; sull’altra, come una scultura appoggiata al cielo, una bicicletta guarda la faccia buona dell’acqua, quella che arriva lenta e scura contro il mare. Camminiamo fino a dove l’azzurro si confonde, si confondono sotto le nostre scarpe i legni portati qui – da chi? da dove? – bottiglie, corde, un sacco e cosa ancora. Alle nostre spalle la strada è polvere dentro il canneto dove due bambini inseguono chissà quale nemico agitando il bambù come una spada. Le acque si alleano a confine, fanno il mestiere di spiegarci qual è il nostro posto, dicono fin dove si può andare, che bisogna tornare.

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Prima che arrivino le case, la striscia larga di mattoni che le dividono e congiungono alla sabbia e al mare, c’è bruciare di campi oltre i quali compare la spiaggia e l’acqua. Viottoli sterrati vi s’inoltrano, arrivano da lì le macchine che dormono fin dalla mattina sotto il sole, dopo che hanno scaricato amori e stanchezza in bilico su improbabili sdraio, sotto ombrelloni piccoli e stinti, timida pietà, invocazione di clemenza al battere del caldo e della luce. Sotto un albero che è una specie di bandiera, l’unica avvertenza del passaggio tra la terra e l’acqua, ci sono anni di occhi chiusi dentro l’ombra, scatole di plastica, bastoni, sedie, ruggine e ferite. Eppure due sono seduti lì, con le loro biciclette, si guardano come se quello lì è l’amore e la sua casa. E una casa bisogna poi aggirare su questi dadi di cemento che fingono gli scogli, perché la terra si può comprare, ma non ancora il mare. Poi, dopo, viene ancora aria e foglie e sassi, un paese intero di tempo da attraversare.

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Dopo, dopo i cactus e le reti, fa quasi male la bellezza di poche file di ombrelloni, una casa di legno e le cabine bianche; ti viene incontro come le rughe dove abita la luce d’un tempo, più straziante adesso e ferma nella sua apparente nostalgia: una donna col suo passo lento, consapevole degli anni dentro gli occhi, forte e certa che non serve più intenzione, basta essere, lasciarsi essere così come l’ha fatta e sciolta il tempo. Fa quasi male il suo sguardo tra la sabbia, l’amore che fa il vento sulla pelle, dentro il niente, la crudeltà del caldo che le sta intorno, paese povero, uguale e nudo sempre, di cui lei è un po’ schiava e un po’ padrona.

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Corrado Bagnoli, nato a Carate Brianza nel 1957, è laureato in filosofia ed è attualmente insegnante di lettere nella scuola media. Dal 2004 è curatore della collana di libri d’arte “Fiori di Torchio” editi dal Circolo Culturale “Seregn de la Memoria” per il quale ha scritto e curato i libri fotografici della collana Pomm Granà Inventario quotidiano, 2005; Brianza, un paese in viaggio, 2006; Brianza, un paese in piazza. Tra memoria e desiderio , 2007. È redattore della rivista “La Mosca di Milano” e della collana di poesia, saggi e traduzioni “Sguardi” delle edizioni La Vita Felice. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Uichendtuttoattaccato (romanzo, Edizioni Joker, 2003); Ti scriverò un paese (poesie, Il bosco d’acqua, 1998); Terra bianca (poesie, Book Editore, 2000, premio Caput Gauri 2001); Nel vero delle cose (poesie, Book Editore, 2003, finalista Premio S. Domenichino 2003, finalista Premio Contini Bonacossi 2003); Fuori i secondi (poema con versione dialettale a fronte di Piero Marelli, La Vita Felice, 2005), pubblicato anche per i tipi di Arché in una nuova edizione scolastica; La scatola dei chiodi (poesie, La Vita Felice, 2008, selezionato premio Pascoli 2009); In tasca e dentro gli occhi (poesie, Raffaelli Editore, premio Clandestino 2009); Casa di vetro (poema in tre quadri, La Vita Felice, 2012). La rivista di poesia Aujourd’hui poeme ha pubblicato la traduzione in francese di alcuni suoi testi, a cura di Jean Portante. Sue poesie e suoi saggi compaiono in numerose riviste e in varie opere antologiche tra cui ricordiamo qui La poesia e la carne, a cura di Mario Fresa e Tiziano Salari, La Vita Felice, 2009.

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