Il riuso dell’area di Bagnoli

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Il riuso dell’area di Bagnoli di Daniela Lepore Estratto da Non è così facile. Politiche urbane a Napoli a cavallo del secolo Milano, Franco Angeli, 2007

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My chapter from a collective book (2007) on urban policies in the '90s in Naples, Italy. I tried to reconstruct the story of an abandoned industrial area and the simultaneous creation of a "myth" that happens trough the process of land use planning. My idea is indeed that we needed for a more incremental process than we have had.

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Il riuso dell’area di Bagnoli

di Daniela Lepore

Estratto da

Non è così facile. Politiche urbane a Napoli a cavallo del secolo Milano, Franco Angeli, 2007

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Il riuso dell’area di Bagnoli di Daniela Lepore

La vicenda che provo a raccontare e discutere ruota intorno alle politi-

che messe in atto o annunciate tra 1993 e 2003 per trasformare l’area di-smessa di Bagnoli in un luogo rinaturalizzato e destinato al loisir, un vola-no per una fase postindustriale di sviluppo e, insieme, il simbolo di questa svolta. Lo strumento chiave utilizzato dall’amministrazione comunale − come sa chi ha seguito un po’ le cose napoletane − è una variante al piano regolatore adottata nel 1996, a cui si agganciano la costituzione di una so-cietà di trasformazione urbana e un piano urbanistico esecutivo, approvato definitivamente solo a maggio 2005, due anni dopo il tentativo fallito di portare a Napoli la Coppa America. Sullo sfondo, in un complicato intrec-cio, provvedimenti e finanziamenti governativi per la bonifica dell’area, se possibile ancor più combattuti e altrettanto dilatati nel tempo.

Gli esiti del processo avviato nel clima di speranza del dopo’93 sono ancora incerti. Più degli effetti attesi o imprevisti, però, mi interessa mette-re a fuoco l’andamento sinuoso del processo stesso, il suo progressivo ri-costruirsi nei dieci anni considerati. Perché il caso di Bagnoli esprime bene ambiguità e contraddizioni più generali delle politiche urbane sperimentate a Napoli in quegli stessi anni e perché riflette una tensione mai risolta fra scelte (e retoriche) iperpubbliciste e iperambientaliste – forti soprattutto nella prima metà del decennio – e un adattamento pragmatico alle ragioni del negoziato, che solo di recente sembra approdato ad altre forme di co-struzione del consenso tendenzialmente più trasparenti e inclusive1.

Per cercare di dar conto delle molte facce della questione, la storia inizia dai passi che portano alla chiusura dell’Ilva-Italsider, punto di partenza del racconto vero e proprio.

Nel 1994, infatti, il governo cittadino guidato da Antonio Bassolino, ap-pena insediato, si trova a dover prendere subito una decisione sul destino di Bagnoli. E cioè a misurarsi con un luogo delicato, intorno al quale si ad-

1 Dopo un avvio tormentato, a ottobre 2006, sono state avviate le fasi di ascolto del pia-

no strategico.

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densano interessi e progetti, ma soprattutto a confrontarsi con un mito: la fabbrica che dall’inizio del Novecento aveva incarnato le speranze civili – prima che produttive – della Napoli industralista; il cantiere2 che la sinistra napoletana aveva difeso contro tutte le ipotesi di smobilitazione. La mia i-potesi è che dal 1994 – rapidamente e all’inizio senza troppi contraccolpi – al mito dell’Italsider intoccabile3 si va sostituendo un nuovo mito: quello di un’area incomparabilmente bella, da restituire alla sua naturalità e a una vocazione turistica negata, per risarcire la città e salvarla, ovvero, allo stesso tempo, rilanciarla e difenderla da tentazioni speculative.

Proverò poi a raccontare la vita del piano per la zona ovest mettendo in evidenza caratteristiche dei prodotti e del processo che sembrano significa-tive. Per discutere l’efficacia dell’attività mitopoietica, sono infatti interes-santi soprattutto le immagini costruite con i primi testi degli anni ‘90, for-temente legate al contesto del cosiddetto rinascimento napoletano e (forse perciò) dotate di una sorta di inerzia. Da altri punti di vista, è invece rile-vante la varietà dei modi in cui viene progressivamente declinata la mano-vra impostata nel 1994.

Come si vedrà, nonostante il carattere tradizionale del piano (o proprio per questo), alla variante non segue affatto una lineare attuazione. La can-didatura alla Coppa America, la definizione della mission della società di trasformazione e l’approvazione del piano esecutivo sono quindi rilette − nella terza parte del racconto − come occasioni che permettono all’amministrazione di cambiare rotta, modificando un processo che si era arenato, senza mai “dirlo”. Così ogni passo laterale si collega almeno reto-ricamente ai discorsi iniziali e dirotta verso il futuro la soluzione di ambi-guità, e conflitti. Che continuano a pesare sull’avvio della trasformazione, tuttora ostacolata da false partenze, nodi riemergenti e divergenti intenzio-nalità.

Come si può intuire da questa presentazione, infine, il caso coinvolge più o meno direttamente molti attori e centri di governo. Il racconto, tutta-

2 Nonostante le critiche che hanno accompagnato dall’inzio la scelta localizzativa,

l’immagine della fabbrica è sempre stata forte e circondata da affetto. Cantiere è il nome che allude al suo radicamento nel quartiere, abituato a convivere con l’Ilva e a regolarsi sui suoi ritmi (Cardillo, 1991; Albrizio e Selvaggio, 2001). Un immaginario diffuso prima della crisi rinvia invece alla potenza del fuoco (Mazzuca, 1983; Prisco, 1961), mentre le figure evocate dopo la ristrutturazione sottolineano la paradossale quiete di una Ilva-cattedrale (Ceronetti, 1983). Curiosamente, dopo il ‘93, l’immagine della cattedrale è ripresa dai gruppi di attivisti che utilizzavano il nome collettivo di Luther Blisset, ma questa volta per alludere alla ac-ciaieria LD, del cui contenitore si sperava la sopravvivenza.

3 Italsider non si tocca è stato uno slogan cruciale per tutte le mobilitazioni che dagli an-

ni ’70 in avanti hanno difeso la presenza dell’Ilva-Italsider in quel sito.

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via, punta a mettere a fuoco principalmente le mosse dell’amministrazione comunale e perciò lascia sullo sfondo altri possibili fili e soprattutto la vi-cenda parallela della bonifica, in cui un ruolo primario spetta ai governi na-zionali, a volte amici, altre volte contrapposti a quelli locali.

1. La fine dell’Ilva-Italsider. Quasi una introduzione La fine dell’Ilva dura circa quattro anni, in parte caratterizzati dal cam-

biamento brusco di cose e persone centrali per la vita politica e, di conse-guenza, per le idee e le politiche di sviluppo. Comincia mentre le macchine dei partiti di governo godono di buona salute nel paese e di salute ottima in città, si sviluppa durante la convulsa fase di Tangentopoli, si conclude men-tre è in atto la prima campagna elettorale dei nuovi sindaci. Questa introdu-zione, quindi, in nessun modo vuol essere una storia e ha l’unica funzione di riportare alla memoria di chi legge il clima che si respirava a Napoli sul finire del 1993.

Si può partire da luglio 1990: l’Ilva da poco ristrutturata4 è di nuovo in crisi. Mentre in città si studia, fra l’altro, come riorganizzare le aree ex-industriali, immaginando a Bagnoli la parte soft di un Parco scientifico e tecnologico5, l’Iri firma un accordo con i sindacati e uno con la Falk (Il Mattino 14.7.90). L’Ilva avrebbe chiuso l’area a caldo e acquistato dalla ex-concorrente uno stabilimento nell’area orientale, per incorporarne le la-vorazioni e realizzare a Napoli un polo nazionale della banda stagnata. Sa-rebbe quindi cessata la produzione più inquinante, e ai laminatoi per coils si sarebbero affiancati impianti per le nuove produzioni, un centro di ricerca e forse altro, visto che l’iniziativa richiedeva solo 80 dei 200 ettari disponibi-li. A ottobre del ‘90, infatti, i due altiforni e poi l’acciaieria smettono di funzionare e resta in attività solo il treno-nastri. Le voci che circolano sono le più diverse, compresa l’idea che la produzione potrebbe proseguire con

4 L’ultima ristrutturazione si era conclusa nel 1984. Cfr. Andriello, Belli, Lepore (1991).

5 Il Comitato tecnico scientifico (Cts) incaricato nel 1988 di elaborare un nuovo Prg si

avvale per il Parco del contributo di un gruppo di lavoro, che consegna a ottobre 1990. Al centro-sinistra vecchio stile, che aveva commissionato il piano, si è sostituita nel frattempo una giunta Dc-Psi-Pri-Pli diretta dal sindaco Polese. Nel corso del 1990, la discussione sul Preliminare di piano provoca un forte scontro in città: con l’opposizione degli ambienti rac-colti nelle cosiddette Assise di Palazzo Marigliano, ma anche di pezzi della maggioranza (Lepore, 1991a). Nel 1991, il testo sarà poi irritualmente approvato, ma congelando le vo-lumetrie previste. L’ambiguità dell’approvazione – in realtà una “presa d’atto” – ha provo-cato parte dei successivi guai giudiziari dell’ex sindaco Polese.

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semi-lavorati importati, che arriverebbero a Bagnoli via mare, in forme compatibili con il parco tecnologico … Di fatto, non accade nulla. Un anno dopo, del polo della banda stagnata non si parla più. In città si moltiplicano le emergenze, e si continua a discutere del nuovo piano regolatore e del progetto parallelo noto come Neonapoli6. Che non frenano la dismissione. A fine anno, quindi, l’Ilva ferma anche i laminatoi e la produzione finisce.

Adesso l’area è davvero vuota, di usi se non di oggetti, e il problema cruciale diventa il riuso dei lavoratori, più e prima che degli spazi.

1992. Da Milano, a febbraio, arrivano le prime avvisaglie di Tangento-

poli, con l’arresto di Mario Chiesa. Alle elezioni politiche di aprile il pen-tapartito accusa il colpo. Non così a Napoli, dove il Psi raggiunge il suo massimo storico e addirittura migliora la performance alle amministrative di giugno: 19,5%, con l’ex Pci crollato a poco più del 12%. Ovvero. In cit-tà, le reti costruite intorno alle macchine di partiti e singoli politici di go-verno (Brancaccio, 2003) funzionano ancora, e reggono anche i discorsi sulla (post)modernizzazione, compresi quelli sul Parco scientifico e tecno-logico (s&t) che darà un nuovo senso a Bagnoli. Sul futuro dei lavoratori, si discute invece soprattutto a Roma. Fra i primi atti del nuovo governo pre-sieduto da Giuliano Amato c’è infatti un protocollo per la reindustrializza-zione. Si chiama Utopia, e tale resta. Gli incontri proseguono, le ipotesi si consumano, si consolida il ruolo centrale di una task force governativa per l’occupazione e del suo coordinatore Gianfranco Borghini.

A gennaio del ‘93, però, è il sindaco di Napoli a promuovere un summit per chiedere all’Iri di preparare un piano integrato per Bagnoli e proporre che i suoli siano ceduti a uno degli enti che partecipano al comitato promo-tore del Parco s&t: Comune, Camera di Commercio e Università. L’Iri si riserva di presentare il piano in un mese per poi valutarlo con governo e sindacati7. Il senso della proposta è probabilmente quello individuato dal geografo Pasquale Coppola, che a più riprese commenta le notizie dalle pa-gine dei quotidiani locali (Repubblica 19.1.93 e 28.1.93). Dopo lo stop del 1990 – ricorda – a luglio del ‘92, due gruppi confluiti all’ultimo momento

6 Insieme al piano, per impulso dei ministri napoletani e in particolare di quello del bi-

lancio Cirino Pomicino, era partita l’iniziativa che i quotidiani cittadini battezzano Neonapo-li , tesa a realizzare attraverso finanziamenti, corsie veloci e procedure speciali alcuni proget-ti strategici, presentati per lo più come “anticipazioni” della manovra promossa con il piano. Cfr. Lepore (1991b).

7 Intanto, dopo il polo della banda stagnata, si sono persi nelle nebbie della crisi anche i

fondi del protocollo Utopia, come Borghini spiega ai sindacati che incalzano per chiarire lo stato delle cose.

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avevano presentato ai ministri competenti un progetto di Parco s&t che comprendeva un piccolo insediamento nell’ex-Ilva (tra 20 e 40 ettari), teso a rendere più attrattiva l’operazione. La proposta del sindaco segnerebbe quindi l’inizio di una terza puntata della parco-story: il Comune tenta di u-tilizzare la legge Botta-Ferrarini, secondo la quale il proprietario dell’area può presentare un progetto di riuso, da trasformare poi in variante al piano urbanistico attraverso un accordo di programma. Ma un padrone non può operare senza chiarezza sui vincoli urbanistici, conclude Coppola. La facile previsione, pertanto, è che un pezzetto di parco tecnologico starà (o non starà) a Bagnoli, in funzione della rapida disponibilità di qualche (piccolo) suolo, ma questo non risolverà il problema dell’ex-Ilva: “il romanzo conti-nua”.

Qualche mese dopo, però, all'incontro di luglio ‘93, i protagonisti del

romanzo sono cambiati. Nel paese, il governo Amato è stato travolto dagli scandali e ad aprile si è insediato Ciampi. A Napoli, sempre da aprile, è sin-daco l’avvocato dc Tagliamonte, a capo di una giunta Dc-Psi-Pli. Anche il sistema napoletano è stato colpito da Mani pulite, e con il ciclone giudizia-rio sembrano spariti tutti i progetti in campo. Per Bagnoli, resta in piedi una vaga ipotesi turistica e un’ancor più vaga ipotesi di authority che non piace sostanzialmente a nessuno, né al Pds (che su Bagnoli continua ad avere vo-ce in capitolo), né agli industriali, né ai sindacati8. Neppure la giunta Ta-gliamonte dura, tuttavia, e ad agosto il Comune dichiara il dissesto finan-ziario. La città viene commissariata e si avviano le operazioni elettorali.

Sul fronte Bagnoli, nel frattempo, nulla si è risolto. Così, il 20 ottobre 1993, lo stabilimento chiude e la società Ilva viene messa in liquidazione.

Nonostante le proteste – per la verità isolate – di chi ancora pensa a un riscatto di Napoli via reindustrializzazione (D’Antonio, 1993), il filo di spe-ranza per tessere dopo le elezioni è di altro tipo. L’intesa fra i ministri com-petenti e il Presidente della giunta regionale (5 novembre 1993) punta sul paesaggio: recupero e bonifica dell’area di Bagnoli sono fra le priorità del piano triennale di tutela dell’ambiente 1994-96. Dal 5 dicembre 1993, però, il compito di utilizzare quel filo e le risorse finanziarie collegate toccherà al nuovo sindaco di Napoli Antonio Bassolino e alla sua giunta, che insiste-

8 In questa fase, riaffiora la richiesta di una variante al Prg, e soprattutto gli industriali

chiedono certezze (quali che siano). Il Pds insiste sul futuro industriale, e sulla necessità di ridurre i volumi prima di costruire altre cose. La Cgil attacca l’Iri, che continuerebbe a con-siderare i suoli (valutati in 500 mld di lire) come una rendita, puntando unicamente a ven-derli alle migliori condizioni possibili.

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ranno perché sia la città a decidere il futuro di Bagnoli. Nei prossimi para-grafi si dirà con quali mosse e strumenti, e con quanto successo.

Qui resta da ricordare un altro tassello della pre-storia, che dovrà poi

trovare un posto nella scacchiera anche nel seguito: l’apertura a Bagnoli di uno Science center, primo nucleo della futura Città della scienza9.

L’iniziativa è della Fondazione Idis, nata nel 1989 come ente no-profit, ampliando l’esperienza del gruppo promotore che già dal 1987 organizzava con successo crescente un evento annuale di divulgazione scientifica: Futu-ro remoto10. Inoltre, due dei fondatori – il fisico Vittorio Silvestrini, presi-dente di Idis fino al 2005, e l’economista Mariano D’Antonio – avevano fatto parte del gruppo di lavoro sul parco s&t e forse proprio in quell’ambito aveva cominciato a prendere forma l’idea di un insediamento che associasse aspetti ricreativi, incubatore di impresa e attività legate alla ricerca. Così, mentre i progetti più impegnativi del ‘90-’91 restano idee, I-dis va avanti, sfrutta competenze e reti di relazioni dei soci e punta al finan-ziamento per i parchi meridionali previsto da una vecchia intesa di pro-gramma con una proposta localizzata a Bagnoli, nell’area della Federcon-sorzi11. Non solo. In attesa degli eventuali finanziamenti, nel ‘92, apre uno Spazio Idis a pochi metri dall’Ilva e invita, per inaugurarlo, Rita Levi Mon-talcini. A giugno 1993 l’ente no-profit Idis diventa Fondazione Idis-Città della Scienza e a settembre, illustrando i nuovi progetti, Silvestrini accenna a possibili finanziamenti pubblici e all’imminente acquisto della ex Feder-consorzi (Repubblica 16.9.93). Il 21 dicembre, infatti, la fondazione parte-cipa all’asta e acquista l'area (65mila mq, in parte affacciati sul mare) con i capannoni realizzati tra fine ’800 e inizi ‘900 (oltre 200mila metri cubi). Poco dopo, inizierà il recupero di questo piccolo, rispetto all’Ilva, fram-mento ex-industriale, che da aprile 1994 – come previsto – godrà di un di-

9 La vicenda di Città della scienza è una delle politiche studiate dall’unità locale della ri-

cerca Miur Capitale sociale, reti di governance e innovatività metropolitana (Prin 2002, coordinatore nazionale Bruno Dente) di cui chi scrive era responsabile. Ilaria Vitellio, che ha curato il caso e a cui debbo alcune delle informazioni qui utilizzate, lo interpreta come “produzione privata di beni pubblici, che tuttavia non induce un mutamento sostanziale nel-lo stile istituzionale di pianificazione”. Come si vedrà, non si tratta di una ipotesi peregrina. Per informazioni sulle attività attuali e sulla storia di Città della Scienza, cfr. il sito www.cittadellascienza.it

10 Cfr. Il Mattino 18.6.97 e le interviste in Iaccarino (2005).

11 La Federconsorzi – già Montecatini – è l’ultima evoluzione dell’antica fabbrica chi-

mica Léfevre. Cessa le attività a dicembre del 1991, insieme con i laminatoi dell’Ilva, e vie-ne messa in liquidazione.

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screto finanziamento pubblico. E che si trasformerà in una presenza sco-moda, con cui l’amministrazione e la sua variante dovranno fare i conti.

2. La macchina del piano Tra la fine del 1993 e l’inizio del nuovo anno, mentre l’Ilva comincia a

smontare gli impianti e a venderli a clienti esteri per la prima fase della bo-nifica12, l’amministrazione comunale manifesta l’intenzione di riappro-priarsi della materia Bagnoli. Che non è un problema occupazionale, si so-stiene, ma un tema urbanistico. E in quanto tale non può che essere trattato dalla città e per la via maestra: un piano urbanistico normale, fatto presto e bene. Il primo passo, quindi, è un documento di indirizzi che espliciti gli obiettivi generali dell’amministrazione e faccia da cornice a un insieme di varianti al Prg del 1972, da elaborare in sequenza, secondo l’urgenza dei problemi. A elaborare questa cornice, e poi i piani, sarà l’ufficio urbanistico del Comune, che inizia subito a lavorare. Il Cts nominato dalla precedente amministrazione viene invece liquidato, insieme con il vecchio Preliminare di piano13.

Dai quotidiani trapela poco di ciò che si va elaborando, ma è chiaro che si profila una svolta radicale. Proprio per il significato di Bagnoli nella sto-ria della città − scriverà poi Bassolino − sentivamo l’obbligo di introdurre una discontinuità: «il Novecento era incominciato con la Bagnoli industria-le, [...] bisognava avvicinarsi al nuovo millennio con una Bagnoli del tutto diversa […] immaginare [...] la frontiera di un lavoro meno faticoso, più compatibile con le risorse di uno dei siti più belli del mondo» (Bassolino, 1996)14.

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L’elenco freddo delle cessioni si può leggere nella relazione sulla bonifica della Corte dei conti (2004). Una versione meno burocratica, fa da sfondo a La dismissione di Ermanno Rea (2002).

13 De Lucia (1997, 1998) racconta la stesura degli Indirizzi: «fatta a due mani, nella

primavera del 1994, da Roberto Giannì (dirigente del servizio pianificazione, ndr) e da me» e la considera una scelta obbligata. «A poche settimane dalle elezioni … Bassolino fu invita-to a sottoscrivere un’intesa già concordata […]. Si prevedeva di impiantare nuove industrie a Bagnoli, concordando in sede governativa anche il progetto urbanistico, che poi sarebbe sta-to ratificato dal consiglio comunale. Decidemmo di non sottoscrivere quell’intesa perché era vistosamente in contrasto con l’impegno di ripristinare a Napoli regole e procedure ordina-rie, a partire dall’urbanistica».

14 Nel libro-intervista del ‘96, Bassolino si sofferma per alcune pagine su questo tema:

«Quando sono tornato a Napoli, ben prima di candidarmi a sindaco … ero andato … a Ba-gnoli, ed ero stato avvicinato da un gruppo di ragazzi. Discutemmo di tante questioni, e a un

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Forte e chiaro, emerge anche il disappunto della task force sull’occupazione che con la svolta perde centralità, e vede sfumare le solu-zioni su cui stava lavorando. In venti minuti si può fare una società consor-tile − commenta Borghini – lo statuto è già pronto, ma il vero problema «è cosa vuol fare l’amministrazione delle aree dismesse ... (Bagnoli) può di-ventare il giardino più grande e più costoso d’Italia, oppure ci possono co-struire tante aziende manifatturiere ad alto contenuto tecnologico. Non lo so, devono decidere loro» (Repubblica 19.2.94).

Qualche perplessità affiora, inizialmente, anche dal mondo sindacale. A marzo, però, quando il sindaco parla a Bagnoli dei progetti del Comune, ci sono solo applausi. E sono gli stessi sindacati a chiedere che all’ennesimo incontro romano siano presenti gli enti locali, non invitati (Repubblica 5.3.94).

Tra marzo e aprile, infatti, almeno la questione lavoratori sembra trovare una soluzione: una intesa fra Ministero del Lavoro, Regione, Comune e Iri e un accordo sindacale ribadiscono la necessità della bonifica e la possibili-tà di reimpiegare per questa via i lavoratori in cassa integrazione. Con deli-bera Cipe del 13 aprile, l’Ilva spa in liquidazione diventa quindi il soggetto responsabile della bonifica, incaricato di predisporre un piano di recupero ambientale.

L’emergenza è superata. La task force resta nel retroscena mentre, con la vittoria del centro-destra alle politiche, alla presidenza del consiglio si insedia Silvio Berlusconi.

Per la bonifica, Napoli dovrà trattare con la Lega Nord e il suo ministro Giancarlo Pagliarini. Per il momento, è il Comune a fare una mossa, pre-sentando gli Indirizzi per la pianificazione urbanistica (Comune di Napoli, 1994).

È il 19 giugno 1994 e già nella premessa il documento conferma che la svolta c’è.

certo punto uno di questi ragazzi mi chiese a bruciapelo: “Onorevole, quando abbattiamo il mostro?”. Il mostro era l’ex-Ilva. E questi ragazzi erano tutti figli di operai ex-Ilva. Era per me, in modo palpabile, il segno di un mutamento di mentalità delle generazioni. Il segno che chiudeva un’era». E dunque «L’errore più grande che avremmo potuto commettere, una vol-ta conclusa l’esperienza dell’Italsider […] sarebbe stato quello di prevedere per Bagnoli un nuovo destino industriale, dopo la fine di un lungo ciclo che, nel bene e nel male, aveva se-gnato un secolo di storia napoletana».

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2.1. Gli Indirizzi Anche se spazio e tempo sono limitati − si legge − è necessario misurar-

si con la crescente competizione tra città e con il fatto che Napoli parte in ritardo. Tuttavia, l’identità urbana non è mai stata cancellata e ci sono tutti gli elementi per ricominciare: patrimonio artistico, istituzioni scientifiche e di ricerca, la stessa tradizione industriale e mercantile. Le proposte − pro-segue il documento − sono dettate dalla volontà di valorizzare queste risor-se, anche nel caso del riuso di aree dismesse, dove «ci si allontana visibil-mente dalla impostazione tradizionale, in prevalenza fondata sul reinsedia-mento industriale»

La tradizione industriale non è contraddetta − si precisa poche righe più avanti − anzi «è confermata, specialmente nell’area orientale», ma sono privilegiate «destinazioni volte al recupero della qualità urbana come re-quisito essenziale per ogni ipotesi di sviluppo dell’economia e dell’occupazione» (corsivo del testo). Perché il turismo «è la faccia com-plementare della città d’arte e può essere il motore più conveniente per la rinascita post-industriale». Nel caso dell’ex-Ilva, questo significa «limitare gli spazi produttivi … a vantaggio di impianti a grande scala»: un parco pubblico e attrezzature eccellenti per il turismo.

Il capitolo dedicato alla riconversione della zona occidentale entra nei dettagli e si può considerare, allo stesso tempo, la base del progetto svilup-pato dopo e la prima espressione del nuovo mito, cui si accennava in aper-tura: «La definitiva dismissione dello stabilimento Ilva è un’occasione irri-petibile per restituire alla città la piana di Bagnoli, un luogo dotato di quali-tà ambientali potenzialmente incomparabili».

Non si tratta più di rimediare al problema della chiusura della fabbrica, dunque, ma di cogliere l’occasione della chiusura per rendere giustizia al luogo e farne «una riconoscibile parte di città». Con azioni di trasformazio-ne e recupero articolate «intorno a tre componenti funzionali interrelate e coordinate»: il parco, una rete di attività produttive connesse con la ricerca scientifica e un’insediamento per il turismo. Carattere e dimensioni degli interventi − si legge ancora − saranno precisati con una variante ad hoc e subito dopo, per la parte che lo richiede, con un piano particolareggiato.

Il testo promette di fermarsi ai primi orientamenti generali, ma anche così delinea abbastanza precisamente l’idea su cui si lavorerà in seguito e − in verità − esprime già anche qualche contraddizione di fondo, che continua a riaffiorare e che provo, perciò, ad evidenziare.

Il parco dovrebbe occupare circa tre quarti dell’area dismessa e include-re Nisida, destinata a riserva naturalistica, e le pendici di Posillipo, dove dovrebbero invece alternarsi bosco e agricoltura a conduzione contadina.

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Nella fascia costiera, vanno invece valutate le possibilità di ripristinare are-nile e balneabilità. Dunque una ipotesi che punta sulla «straordinaria rile-vanza di questo territorio dal punto di vista naturalistico» e richiede azioni intensive di disinquinamento dei suoli ex industriali nonché la delocalizza-zione di altre attività ritenute incompatibili. D’altra parte, si dovrà «costrui-re anche con gli spazi verdi, con le tessiture dei percorsi, con le stesse mas-se arboree, una qualificata e percepibile condizione urbana» e le attrezzatu-re dovranno «attivare circuiti di fruizione significativi, capaci di contribuire […] ai costi e alle responsabilità di gestione del parco» (Comune di Napoli, 1994)

In breve: da un lato s’insiste sul paesaggio, dall’altro sulla sostenibilità economica dell’operazione. Ma restano due punti di vista paralleli, perché nel documento non si trattano le possibili contraddizioni tra i due discorsi, e non si pone il tema delle forme e delle sedi per costruire scenari condivisi, per dirla con termini oggi diffusi. Piuttosto, in una curiosa continuità con una tendenza già presente nel vecchio dibattito sul parco scientifico e tec-nologico, Coroglio viene tendenzialmente presentata come un’area ampia e ricca di qualità trascurate, che − una volta liberata dall’ingombro e dalle negatività della fabbrica − potrà contenere tutto: riserve di natura (poco in-teressanti per l’iniziativa privata) e progetti imprenditoriali, spiaggia e por-to turistico, loisir e (poche) case e così via.

Quando si passa a trattare del futuro produttivo, gli indirizzi invece sono vaghi: «impianti ad alta specializzazione, la cui tipologia andrà precisata in seguito, che dovranno comunque sfruttare nel modo più conveniente la for-te concentrazione nell’area degli istituti Cnr». Poi una velocissima parente-si su una ipotesi già in campo: «(fra altre indicazioni, vi è quella di realizza-re un polo aerospaziale, il cosiddetto space camp)»15. Più chiara l’idea del sistema congressuale ed alberghiero, per il quale si fa riferimento a verifi-che che vedono come mercato congeniale quello dei convegni di grande dimensione: meeting, eventi-spettacolo, convention internazionali. «L’offerta in questo segmento non è alta in Italia ed è quasi inesistente nel Mezzogiorno», si legge. Napoli può quindi puntare a un posto di rilievo in questo mercato: ha le caratteristiche per farlo, e potrà sfruttare il “rilancio di immagine” prevedibile in relazione al G7 e al convegno mondiale sulla

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Lo Space Camp è stato definito in modo rapido e comprensibile come una Disneyland della ricerca aerospaziale. Una proposta avanzata dal gruppo Abate in un qualche rapporto con il CIRA di Capua, sulla base di uno studio messo a punto in America dalla Sst, circolava a Napoli dalla fine degli anni ’80 (Repubblica 22.1.1989; La Voce della Campania 9/1988 e 2/1996) e, come si vedrà, torna rapidamente sulle scene a gennaio del 1995 e di nuovo del ‘96, per poi inabissarsi definitivamente.

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criminalità, già programmati. In sostanza, il complesso immaginato com-prenderebbe una struttura congressuale, alberghi per 3-5000 posti letto e servizi, lasciando una certa indipendenza al sistema alberghiero, che può puntare sul più generale rilancio turistico della città.

Infine, volutamente rinviato il nodo delle quantità (e delle forme), il do-cumento accenna invece alla questione dei costi, che potranno essere ridotti grazie al finanziamento Cipe per la bonifica. Le alternative per realizzare e gestire il progetto − sempre rispondenti al “principio irrinunciabile” secon-do il quale «le scelte sulla destinazione dell’area spettano unicamente all’amministrazione comunale, quale garante degli interessi della collettivi-tà cittadina» − si muovono in una gamma variabile tra due ipotesi limite: società di promozione, istituita dal Comune ai sensi della L.142/90, o socie-tà ad hoc, partecipata, tra altri, dai proprietari dei suoli con quote propor-zionali all’attuale valore fondiario16; in tutti i casi, una struttura da costitui-re dopo l’approvazione di una variante urbanistica. Probabilmente, l’alternativa è retorica e l’ipotesi coltivata è la prima. Ma quelle righe sono la spia di un dibattito che accompagna tutta la vicenda, aperto già allora an-che dentro l’amministrazione.

Il 19 ottobre ‘94, gli Indirizzi ottengono il sospirato sì del Consiglio co-munale. Dopo una prima reazione entusiastica17, il dibattito era infatti di-ventato vivace, con contrasti nella maggioranza e proposte alternative da parte di opposizione e attori economici tradizionalmente rilevanti18. Si va

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Nella prima ipotesi, la società avrebbe dovuto innanzitutto dotarsi di un fondo per in-tegrare i finanziamenti statali e internazionali certamente insufficienti a coprire per intero i costi. Compatibilmente con lo stato di dissesto del Comune, si legge negli Indirizzi, questo fondo potrà essere costituito con la cessione di parte del patrimonio comunale, a cominciare dall’edilizia realizzata con il programma straordinario. Successivamente, la società avrebbe dovuto provvedere all’acquisizione-urbanizzazione delle aree e, quindi, alla cessione di quelle edificabili a operatori specializzati, o direttamente alla realizzazione e gestione delle opere. Nella seconda ipotesi, la presenza dei proprietari avrebbe permesso di accorciare i tempi, “saltando” la fase dell’acquisizione.

17 Il 23 giugno 94, Il Mattino titola “L’ambizione del XXI secolo, una ricetta per vivere

nel futuro”, Repubblica si impegna meno nel titolo, ma giudica il documento già un vero preliminare, se non addirittura “la madre di tutti i piani”.

18 I conflitti riguardano innanzitutto la cabina di regia delle operazioni. La destra tentava

infatti di rilanciare politiche più centrate sulle opere pubbliche, ma soprattutto avanzava una proposta di authority per Napoli, che avrebbe permesso di ricostituire un legame diretto tra stakeholders e governo, ora nelle persone dei sottosegretari napoletani di An. Al punto che l’assessore alle risorse strategiche Barbieri arriva a denunciare una vera e propria riorganiz-zazione di lobbies (Repubblica 16.10.94). Da questo clima inzia invece a distaccarsi Ales-sandra Mussolini, all’epoca leader della destra cittadina, che inaugura un nuovo feeling con il sindaco di cui era stata avversaria.

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comunque avanti e si inizia a studiare per le prime due varianti previste: una di salvaguardia e l’altra per la zona occidentale.

Sullo sfondo, dopo il successo del G7, c’è qualcosa di più del rilancio d’immagine: fiducia, un sentimento diffuso di orgoglio ritrovato. La nuova Bagnoli − nelle aspettative − diventa l’intervento hard che può amplificare l’effetto degli interventi di maquillage sul centro, dove Piazza del Plebisci-to, liberata dalle auto e dal cantiere di un’opera fallimentare, è diventata il simbolo della nuova Napoli che spera nel turismo e dunque anche nella Ba-gnoli verde e post-industriale19.

Il 30 ottobre, da Montecitorio, arriva il primo via libera alla bonifica: 343 miliardi di lire in tre anni, e altri 25 per disinquinare la spiaggia. Con i fondi, il decreto prevede la costituzione di una nuova società − la Bagnoli spa − che entro fine anno assumerà i circa 500 lavoratori rimasti. Si attende il Senato.

A Coroglio, però, non c’è solo l’Ilva. A luglio, la giunta regionale ha approvato il progetto di Città della Scienza e un primo finanziamento di 10 miliardi, che potrebbe andare perduto se il Comune rifiutasse la concessio-ne per gli interventi di manutenzione previsti. Cosa possibile, visti gli o-rientamenti che guidano la redazione della variante. Sono le prime avvisa-glie del braccio di ferro che vedrà la Fondazione Idis (e i suoi alleati) op-porsi all’amministrazione comunale (a sua volta autorevolmente appoggia-ta). A settembre, Idis lancia un appello firmato da noti intellettuali e minac-cia perfino iniziative legali. A novembre vince il primo round: il Comune autorizza i lavori nei tre edifici sul lato mare, dove il piano urbanistico allo studio prevede di ricostruire la spiaggia. A fine anno, bonifica e Città della Scienza sono poi oggetto della stessa delibera del Cipe, che approva − in-sieme − il programma tecnico sui siti dismessi approntato dall’Ilva e il pro-getto Idis, e stabilisce che l’attuazione avverrà attraverso accordi di pro-gramma.

E proprio accordo di programma è la parola chiave per capire lo scon-tro, a volte visibile a volte più sotterraneo, che si svolgerà sulla partita di Bagnoli d’ora in avanti. Sarebbe infatti lo strumento gradito agli attori che non hanno titolarità in materia urbanistica (o hanno solo poteri di veto) e che vorrebbero partecipare alle decisioni. Mentre il Comune, con l’assessore all’urbanistica De Lucia in prima linea, terrà sempre ferma la

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Il cantiere rimosso è quello della linea tranviaria rapida est-ovest (LTR), iniziata in occasione dei Mondiali di calcio 1990 e interrotta per imprevisti del sottosuolo. Che a sua volta funziona come un simbolo: dell’opera pubblica inutile e/o dannosa che caratterizzava la Napoli pre-93. Per gli effetti di immagine legati agli interventi del G7, cfr. Lepore (1995a), Macry (1994; 1998), Palestino (2003).

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linea scelta: prima il piano tradizionale, poi, nel caso, accordi di program-ma per singoli progetti20. La decisione sulla destinazione delle aree tocca al Comune e va raggiunta attraverso l’unica procedura democratica nota, che è quella urbanistica. Ci sarà il più ampio dibattito pubblico − si assicura − ma sulla base di un documento predisposto dagli uffici in assoluta autono-mia e libertà.

Alla vigilia di Natale, quando la stampa fa circolare le prime indiscre-zioni sulla variante per la zona ovest, la reazione è pertanto durissima: smentita del sindaco, vicesindaco che accusa di cialtroneria chi ha diffuso le notizie, servizio pianificazione presidiato dai vigili contro l’assedio dei giornalisti.

2.2. La proposta di Variante La proposta di Variante per la zona occidentale viene poi presentata uf-

ficialmente il 4 gennaio 1995. Per facilitarne la diffusione, la bozza diventa un libro (Comune di Napoli-DAT, 1995), ma soprattutto l’assessore e i funzionari dell’ufficio di piano partecipano il più possibile direttamente alle discussioni promosse dal Comune stesso e da molti altri soggetti, che per lo più, nonostante gli sforzi dell’amministrazione, si concentrano essenzial-mente (o soltanto) sulle previsioni per l’ambito di Coroglio.

Il nuovo testo sviluppa con assoluta coerenza gli Indirizzi, anche dal punto di vista del mito. L’area interessata, si legge21, è «un luogo unitaria-mente configurato da prodigi naturali e dall'azione dell'uomo, che non ave-va confronti al mondo prima di essere disonorato dalla speculazione e dagli abusi». Dunque, si «impone … un'azione coordinata di pianificazione e di recupero delle risorse che restano. Non solo, ovviamente, quelle naturali, archeologiche e artistiche, ma anche quelle più recenti: per esempio il si-stema del trasporto su ferro e le attività di ricerca scientifica» 22.

20

L’esperienza napoletana viene contrapposta, esplicitamente, alla via del pianificar fa-cendo scelta a Roma. Cfr. per es. De Lucia (2001) e sul versante opposto Campos Venuti (1997).

21 Per pura comodità di chi scrive, le citazioni di questo paragrafo sono tratte dal testo

presente oggi nel sito del Comune:www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/ L/IT/IDPagina/1055. Nelle parti descrittive, tuttavia, il documento non ha mai subito modi-fiche.

22 È significativo, però, che la “storia dei luoghi” proposta dalla Variante sfiori solamen-

te la storia recente. O, per il passato, che si presti più attenzione agli aspetti di “felicità” del sito, che non a quelli problematici. Per esempio: si ricorda che «nel 1700 la zona è ancora

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Il principale obiettivo per l’intera zona è «la formazione di un unico, va-sto territorio a bassa densità dove attività produttive legate alla ricerca si integrano con molteplici possibilità di ricreazione, di svago e di cultura. […] un grande spazio urbano per il sapere e il loisir. In qualche modo il simbolo della riproposizione di Napoli città metropolitana sulla scena poli-tica ed economica internazionale».

Si punta pertanto al recupero ambientale − bonifica dei suoli inquinati, ripristino del sottosuolo e dei versanti collinari, ricostruzione dell’equilibrio idrogeologico − come precondizione per fare dell’ex-Ilva il luogo «delle funzioni più rappresentative per il rinnovamento di Napoli». L’altro cardine della proposta è la riorganizzazione della mobilità: la stazione FS di Campi Flegrei diventa un importante nodo di scambio metropolitano; la ferrovia Cumana abbandona il quartiere per raggiungere le aree prospicienti il mare e fa da telaio per la nuova Coroglio. Nell’area ex-industriale, alle opzioni contenute negli Indirizzi, la variante aggiunge un porticciolo turistico, loca-lizzato tra il pontile nord dell’Ilva e il confine comunale, e una quota di al-loggi sostitutivi, privati e pubblici23.

Per il momento, nell’impossibilità di valutare con precisione le dimen-sioni ottimali delle nuove funzioni, le cubature di cui tanto si era discusso all’inizio degli anni ‘90 sono sostituite, per ogni funzione prevista, da in-tervalli riferiti per lo più alla superficie fondiaria, rinviando alla successiva progettazione unitaria di curare la massima integrazione e l’articolazione in comparti realizzabili autonomamente24.

malsana», ma «questo tuttavia non impediva la coltivazione»; si invoca la testimonianza del-la mappa del duca di Noja con la piana «coperta da seminativo erborato», ma si glissa sulle tracce di paludosità visibili nella stessa mappa. Grande attenzione è invece riservata all’attività termale − dall’età antica fino alla rinascita ferdinandea − probabilmente per of-frire un fondamento storico alla vocazione turistica: viva per tutto l’800, centrale nelle pro-poste visionarie di Lamont Young e poi messa da parte quando Nitti «vinse la sua battaglia nel 1904» e la legge speciale creò «condizioni propizie per un accelerato sviluppo industria-le».

23 Si precisa che gli alloggi potrebbero anche essere localizzati altrove, ma si è scelta la

stessa area per garantire la complessità del nuovo insediamento. 24

Nell’insieme, si stima che le proposte corrispondano a 1,3 milioni di mc di nuova edi-ficazione, cui sommare 840.000 mc esistenti. Ne risulta un indice di edificabilità pari a circa 0,6 mc/mq, alquanto più basso − si sottolinea − di quello adottato per casi analoghi (circa 1,5 mc/mq). La bassissima densità è tuttavia ritenuta irrinunciabile dato il pregio naturalisti-co di Coroglio, non paragonabile ad altre aree dismesse. Come premessa alla progettazione, la variante indica inoltre la necessità di studi di approfondimento su riutilizzabilità del pa-trimonio esistente, portualità, impatto socio-economico e ambientale, gestione delle acque e risorse energetiche, materiali e tecnologie, problemi sismico-vulcanici, strumenti ammini-strativi e finanziari disponibili.

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Infine, il regime giuridico più idoneo a garantire la qualità dell’operazione per l’ambito di Coroglio è individuato nella proprietà pub-blica dei suoli. Per gli altri ambiti, si indicano invece le diverse modalità di intervento, distinguendo i casi in cui è possibile l’attuazione diretta e quelli in cui sono indispensabili piani attuativi unitari25.

Pochi giorni dopo la presentazione, si aprono le consultazioni sistemati-che con gli attori sociali ed economici. A dominare la scena, però, non sono tanto le posizioni formalizzate di forze politiche, associazioni o singoli26, quanto le discussioni parallele provocate da notizie meno ufficiali che con-tinuano a circolare grazie alle indiscrezioni della stampa cittadina.

Con il nuovo anno, inoltre, inizia una nuova serie di trasformazioni nel campo dei protagonisti politici, prima nazionali e poi locali. Dopo il cosid-detto ribaltone, il governo Berlusconi viene infatti sostituito dal governo Dini. Poi, nelle elezioni di aprile, il centrosinistra conquisterà la Provincia, ma non la Regione. Il nuovo governatore, come amerà auto-definirsi anche se non c’è ancora l’elezione diretta, sarà l’avvocato Rastrelli di An, una fi-gura storica della destra cittadina perbene, con cui l’amministrazione guida-ta da Bassolino dovrà venire a patti.

Per ora, restiamo all’inizio dell’anno. A metà gennaio, filtra la notizia di un vertice fra Comune e task force (Repubblica 14.1.95). La stampa riferi-

25

Il territorio del piano è articolato in 10 ambiti: Coroglio, Cavalleggeri, Campegna, Diocleziano, Bagnoli, Mostra, Terracina, Nato, Agnano, Pisciarelli (vedi fig.2). Nell’insieme, si prevede per il decennio successivo una popolazione stabile o in decremento fino al 10%: dai 53.700 ai 48.000 abitanti. Per il territorio intorno a Coroglio, la Variante prevede: per Bagnoli, conservazione dell’impianto originario, con riapertura del fronte ver-so mare, distinguendo fra i tessuti storici e le aree marginali e degradate, destinate a ristrut-turazione; una riunificazione urbanistica e funzionale con miglioramento di qualità e acces-sibilità per i complessi della Mostra d’Oltremare (dove si conferma la destinazione) e della Nato (dove si ipotizza la localizzazione di commercio, residenze speciali e attrezzature a copertura del deficit generale); per gli ambiti soprattutto residenziali di Cavalleggeri e Campegna e per l’area di via Diocleziano, adeguamento delle strade con parti da sottoporre a progetto unitario o a manutenzione-sostituzione; per l’ambito di Terracina, riqualificazio-ne dell’edilizia esistente e integrazione con servizi; per Agnano-Pisciarelli, riqualificazione ambientale e riorganizzazione dell’insediamento produttivo di Pisciarelli, in accordo con il comune di Pozzuoli.

26 Il dibattito pubblico si concentra essenzialmente su proprietà dei suoli e bonifica (pri-

vilegiati dalle forze politiche); verde, spiaggia e porto (ambientalisti); centro congressi e al-berghi (industriali e costruttori). Per i sindacati resta centrale il destino dei lavoratori, legato alla gestione dell’operazione. In particolare, la Cgil insiste sulla necessità di procedere in modo coordinato sulle due zone ex-industriali e mantenere un rapporto con la task-force; la Cisl è perplessa su porticciolo e turismo alberghiero; la Uil rilancia la proposta di società mista già presente nell’intesa del ‘93. Altre critiche emergono da parte di singoli professio-nisti, e spesso sono riprese dall’opposizione.

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sce che, per la zona orientale, il Comune pensa a una società mista mentre, per Bagnoli, prosegue il conflitto tra la linea dell’assessore alle risorse stra-tegiche − favorevole a un rapporto organico con soggetti privati (soprattutto finanziari) − e quella dell’assessore all’urbanistica, centrata sull’acquisizione pubblica dei suoli. In secondo piano, l’idea avanzata da tempo dall’Iri di una joint venture con il Comune. Mentre gli incontri pub-blici si susseguono, si cerca quindi di fare il punto su due (o tre) possibili scenari. Se l’Ilva è disponibile a vendere i suoli, si potrebbe realizzare una società costituita da Comune e istituti di credito; in caso contrario, una so-cietà tra Comune, Ilva stessa e privati. In entrambi i casi il Comune manter-rebbe il 51% delle quote azionarie.

L’ipotesi di acquisto dei suoli da parte dell’amministrazione sembra in-vece difficilmente praticabile a causa dello stato di dissesto del Comune.

Ancora qualche giorno e la partita si complica ulteriormente, perchè in-sieme al tema della proprietà ricompare anche la questione della destina-zione dei suoli.

È sempre la stampa a raccontare di un abboccamento del sindaco con i rappresentanti di varie banche e a rivelarne l’oggetto: costituire una società che realizzi un TechPark, ovvero qualcosa che somiglia molto allo Space camp citato al volo negli Indirizzi27. Più tardi, la ricerca di soggetti disposti a scommettere su Bagnoli compare ancora fra i motivi di un viaggio ameri-cano del sindaco: accompagnato dall’assessore Barbieri, Bassolino porta a Wall Street un dossier in cui è possibile riconoscere le due operazioni poi realizzate con partner esteri − l’immissione sul mercato di Boc e la priva-tizzazione della società che gestisce l’aeroporto28 − e anche una meno for-tunata ipotesi di Bagnoli Redevelopment Area (Repubblica 22.2.95).

27

L’incontro è organizzato dall’assessore Barbieri e da Maurizio Barracco, promotore con la moglie della Fondazione Napoli 99 e manager scelto dall’amministrazione per tra-sformare in azienda speciale la vecchia azienda idrica comunale. Entrambi le figure, per sto-ria personale, sono al centro di una nutrita rete di relazioni con il mondo finanziario. Gli isti-tuti interessati all’operazione Tech Park, sarebbero in questa fase: Morgan Stanley, Imi-Corporate Finance, Chase Manhattan Bank, Chemical Bank, Monte Paschi di Siena, Banco Ambrosiano Veneto e Mediocredito centrale. Commenti non negativi, specialmente sull’eventuale ingresso in un secondo tempo di imprenditori e costruttori, arrivano dal presi-dente degli industriali Cola. Cfr. Repubblica 21 e 22.1. 95.

28 I due provvedimenti fanno parte di un pacchetto lanciato nel ‘94 per risanare le finan-

ze del Comune e superare il dissesto. La vendita di buoni comunali si chiude a giugno ‘96, con la collocazione sul mercato statunitense di titoli per 195 milioni di dollari (seguita da una coda giudiziaria, senza esito per gli oppositori). Per la privatizzazione della Gesac, si arriva al 1997. La manovra incrocia, infatti, l’opposizione dei creditori del Comune e un ar-ticolato fronte di perplessi e contrari, che trovano il rilancio di Capodichino contraddittorio con la delocalizzazione prevista dal Prg 1972, confermata dal nuovo piano urbanistico in

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Mentre l’amministrazione lavora così per precisare la sua proposta, altri lavorano in parallelo, senza troppo dialogo. Nel campo di industriali e co-struttori, si studiano porto e fattibilità del centro congressi. La Fondazione Idis promuove un convegno internazionale (13.3.95) in cui − al di là del plauso rituale per la Variante − sostanzialmente si va in cerca di alleati per difendere le strutture di Città della Scienza sul lato mare29. Prosegue anche una qualche trattativa con l’Iri, ma non va a buon fine. La stampa continua intanto a riferire notizie ufficiali e ufficiose, insistendo sulla presenza di uno scontro dentro la giunta.

Lo scontro in effetti c’è − anche se nessuno dei protagonisti ne ha mai riconosciuto pubblicamente l’esistenza − ma a marzo viene chiuso in modo netto dal Sindaco. Al convegno degli industriali sul centro congressi, Bas-solino non lascia spazio per le interpretazioni: il governo deve acquisire i suoli Iri di Bagnoli e trovare le forme opportune per darli alla città – scan-disce − «questa è la linea mia e di tutta la giunta comunale» (Repubblica 14 e 16.3.95).

Dibattito superato: si va a una versione compiuta della Variante racco-gliendo le obiezioni emerse soprattutto su porto e turismo. Nella seconda stesura, i volumi sono uguali, ma il centro congressi si è ridotto e il portic-ciolo si è spostato.

Il 31 maggio, la giunta approva il documento “definitivo”. Ma il dibatti-to è tutt’altro che concluso e la partita da giocare ancora lunga. Si ricomin-cerà a settembre, in consiglio. O almeno, questo è ciò che la tabella di mar-cia prevede, mentre si scivola verso l’estate e cresce il successo di immagi-ne di Napoli e del suo sindaco, in città e fuori30.

2.3. La Variante va in Consiglio

redazione. A marzo ‘97 si chiude comunque un accordo con la compagnia inglese Baa che rileva il 70% delle azioni Gesac. Anche in questo caso, il Comune uscirà illeso da un epilo-go giudiziario.

29 Alle mosse della Fondazione Idis si aggancia il Comitato Pro-Coroglio, fondato a fi-

ne gennaio da 170 famiglie abitanti nel borgo destinato alla demolizione, che rivendicano: «Se l’Idis resta, restiamo anche noi. Se poi viene trasferita, allora ci date le nuove case» (Il Mattino 26 gennaio 95).

30 I segnali del miglioramento di immagine, all’interno e all’esterno della città, sono vari

e più o meno diretti. Per una rilettura critica di questa fase, cfr. per es. Ceci-Lepore (1995; 1996), Lepore (1995), Cilento (1998; 2000), Pasotti (2000, 2001), Palestino (2003).

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In autunno, ad accendere il dibattito è la Variante di salvaguardia. Ma le

avvisaglie che il percorso per Bagnoli sarà ancora meno facile arrivano su-bito, a fine settembre, quando il piano sta per approdare a sua volta in con-siglio. Apre le ostilità il soprintendente Zampino, che invia al Comune un parere in cui boccia, insieme, Variante e piano di risanamento del governo. Poi il dibattito urbanistico si coniuga di nuovo con quello sul decreto-legge per la bonifica in preparazione dal governo, e il consiglio slitta più volte.

Il 10 novembre, a Roma, si giunge a una intesa sul decreto: la bonifica sarà gestita non dall’Ilva ma dall’Iri, direttamente o tramite una consociata, e i lavoratori transiteranno alla nuova società. In comune continua invece il caos: l’opposizione fa muro e la maggioranza è divisa. L’assessore De Lu-cia – intervistato da Repubblica (18.10.95) – sostiene che, in realtà, la de-stra protegge gli interessi fondiari; la salvaguardia «è solo un pretesto, il vero obiettivo è mettere le mani sui suoli di Bagnoli […] cancellare la va-riante urbanistica per l’area flegrea […] espropriare il consiglio comunale. (La destra) vorrebbe che il destino di Bagnoli si decidesse tutto in un ac-cordo di programma, un tavolo ristretto per escludere il consiglio e la cit-tà».

Tuttavia, il 22 si arriva a un patto proprio con la destra (e a una spacca-tura a sinistra) e la salvaguardia passa. La settimana successiva va final-mente in consiglio la Variante per la zona occidentale, ma 600 emenda-menti già depositati non fanno presagire nulla di buono: occorre riaprire le trattative, dentro il consiglio e fuori. A dicembre, la mediazione nella mag-gioranza sembra raggiunta. La stampa riassume icasticamente (ma realisti-camente) il prodotto del negoziato: «Scompare il porto turistico fra i due pontili ex Italsider, si sgretola il centro congressi, diventa un sogno il cam-po di golf ad Agnano. E nasce il rione ‘167’ di Bagnoli. In settanta minuti l’assessore all’urbanistica … ridisegna la delibera per l’area flegrea ma la svuota di molti contenuti riducendola a un preliminare di variante e rin-viando tante decisioni alla pianificazione [esecutiva]». Restano: l’acquisizione pubblica dei suoli, i volumi, la spiaggia liberata anche dagli immobili della Fondazione Idis31, la passeggiata sul pontile nord. Incerto il destino della colmata a mare.

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In risposta a quanti avevano insinuato che l’amministrazione regalasse spazi a Idis, la liberazione della spiaggia, a dicembre, entra fra i punti non trattabili. Nel piano adottato, per tutti gli edifici sulla spiaggia, resta la previsione del trasferimento: si riconosce una omoge-neità fra le attività di Idis e quelle previste, ma si ricorda che il progetto (benchè finanziato) «contrasta in parte con le indicazioni di piano». I dettagli sulla delocalizzazione delle attività (in volumi già previsti per l’ambito Coroglio) sono rinviati al piano esecutivo, ma si con-

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Non basta. Il 23 dicembre, in una riunione della maggioranza a porte chiuse, il sindaco è costretto a scendere in campo direttamente, e a minac-ciare: non metterà in discussione il bilancio di previsione 1996 fino a che il consiglio non deciderà sulla variante32.

In realtà, a complicare il dibattito locale contribuisce non poco quello che accade in Parlamento. A dicembre − mentre si combatteva sulla con-versione in legge del decreto sulla bonifica − un altro decreto-legge fa da nuova benzina per il fuoco. Il dispositivo è motivato con la necessità di fronteggiare le conseguenze della chiusura dell’acciaieria; il contenuto sembra il ritorno del rimosso. All’articolo 9 del dl. 532 Disposizioni urgenti per le attività produttive, si parla infatti, di nuovo, di uno Space Camp a Bagnoli, come in una replica del “giallo” dell’anno precedente. Alla ripresa dopo Natale, gli emendamenti sono a quota 1.70033. E sono aumentati i dubbi sulla compatibilità fra Variante e Space Camp, nonché i sospetti sulla sincerità della giunta. A Roma, invece, la Lega ha trovato un alleato nel presidente Rastrelli e riesce a bloccare di nuovo la bonifica.

La situazione sembra destinata alla paralisi, quando improvvisamente − grazie a un patto tra gli ex-avversari Bassolino e Mussolini − a Napoli l’accordo si trova. La delibera viene riscritta, assorbendo emendamenti e rinviando problemi al piano esecutivo, ma soprattutto spunta la promessa che − dopo l’approvazione − si potrà fare un accordo di programma. Così il 15 gennaio, con una lunga notte di consiglio e accettando in aula, senza troppi problemi, le richieste non marginali dei Verdi34, la Variante per l’area ovest viene adottata. La bonifica, invece, non si sblocca e si arriva a un decreto-bis, che cerca il consenso del Nord attraverso l’inserimento fra i beneficiari di Sesto San Giovanni. La Lega riuscirà poi a evitare che diventi

ferma la distruzione degli edifici incompatibili, di cui però, in attesa del Pue, si permette la manutenzione ordinaria e straordinaria. Il compromesso è la base di un successivo accordo di programma, che dal 1997 permetterà, contemporaneamente, di realizzare il progetto di Idis e di redigere un piano esecutivo coerente con la Variante (ma non con la realtà).

32 La minaccia è seria, perché la mancanza del bilancio significherebbe decadenza del

consiglio comunale. 33

Sono in buona parte (ma non solo) dell’opposizione, che si affida anche ad alcuni au-tori del Preliminare 1991. Curiosamente, le posizioni della destra somigliano abbastanza a quelle espresse da ambientalisti e sinistra estrema. In generale, si mettono in discussione le cubature (ancora ritenute eccessive), il porticciolo (si-no, come e dove) e il centro congressi (dove, troppo grande).

34 I Verdi portano in consiglio la richiesta di fissare già nella Variante generale la peri-

metrazione del parco e le sue qualità. L’emendamento − come altri − passa praticamente senza obiezioni, forse nell’entusiasmo prodotto dall’improvviso sblocco della situazione, forse per una sottovalutazione della rigidità dei nuovi vincoli così introdotti.

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legge anche questa versione del decreto, che sarà perciò reiterato a marzo e poi ancora altre volte.

A gennaio 1996, in definitiva, l’amministrazione napoletana può vantare un risultato solo parziale e condizionato dai molti conflitti che permangono sotto la superficie. In effetti, l’accordo raggiunto sul piano (peraltro, non proprio trasparente) è fragile − come sarà presto evidente − e le incertezze sulla bonifica sono un condizionamento pesante.

Già a questa data, inoltre, si può collocare una discontinuità nel trend positivo del governo cittadino, e non solo in riferimento alla manovra urba-nistica. A fine ‘95, l’amministrazione incassa ancora l’ottima valutazione di Moody’s, ma la luna di miele è finita: il 23 gennaio, l’apertura di una vora-gine al quadrivio di Secondigliano, nella zona Nord, è la miccia che fa scoppiare la prima forte polemica sul rinascimento, che trascurerebbe le pe-riferie reali per inseguire la costruzione di una immagine solo virtuale.

Ma con il nuovo anno, per Bagnoli, si passa comunque alla seconda fa-se, che dovrebbe essere rapida e quasi solo formale e che invece dura fino a marzo 1998 − quando infine la Variante sarà approvata − slittando addirit-tura agli anni successivi al 2000 per tutti i passi attuativi.

Prima di proseguire nel racconto, vale allora la pena di sottolineare qui

alcune caratteristiche del processo delineato dagli Indirizzi e sviluppato dal-la Variante, compreso il ruolo non solo tecnico dell’intreccio immaginato tra piano urbanistico e avanzamento della bonifica. La bonifica, infatti, re-gala all’amministrazione − prima ancora dei fondi governativi − una certa quantità di tempo: per tessere relazioni, per attendere che gli equilibri muti-no, per far decadere opzioni e scovare occasioni.

La giunta si può concedere di rinviare decisioni che creano troppo con-flitto, senza sembrare ferma, anche perché presenta la bonifica delle aree come il passaggio obbligato per qualsiasi trasformazione. Mentre si fa la bonifica, si possono approfondire gli studi sul porto, individuare funzioni più realistiche, trovare alleati, e così via. Perché intanto la presenza di un piano regolativo, predisposto dalla pubblica amministrazione, garantisce la città. Perché il Comune ha fatto la sua parte, fissando le opzioni principali senza cedere agli interessi (identificati per lo più con la rendita, o la specu-lazione). Perché il piano è una conquista in sé, anche se non si intravedono (ancora) i possibili attuatori.

Il piano, cioè, non è pensato − e nemmeno presentato − come un dispo-sitivo che debba innescare politiche, o coordinarsi con altre politiche in at-to, ma piuttosto come lo strumento-base indispensabile per ripristinare de-mocrazia e legalità e, a volte, addirittura come un simbolo del nuovo corso.

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Per il resto, classicamente, il piano è il disegno dello stato futuro: detta re-gole e offre opportunità.

Questa stessa idea permette di presentare come coerenti aspetti che ap-parirebbero contraddittori e di interpretare la debolezza di certe proposte come flessibilità. Non è detto che tutto quello che un piano prevede si deb-ba realizzare − ha più volte sostenuto l’ex-assessore De Lucia − alcune co-se possono restare un auspicio. Quello che conta è che non sia possibile so-stituirle con cose che la città (identificata con l’amministrazione) non vuo-le.

Da questo punto di vista, di nuovo, l’importante è avere (scritto-disegnato) il piano. L’implementazione, del resto, non tocca tanto all’urbanistica, quanto ad altre politiche, e altri “pezzi” di amministrazione, che possono occuparsi − dopo − di cercare soggetti interessati, aprendo e-ventualmente opportuni negoziati.

Negoziazioni e mediazioni, non sempre di altissimo livello e spesso po-co trasparenti, sono infatti l’esito frequente del processo che si sviluppa in questo modo, che non consente (e non cerca neppure) di costruire in modo consensuale descrizioni e soluzioni. Tuttavia, almeno inizialmente, proprio questo approccio ambiguo, declinato soprattutto dal sindaco con intelligen-za e qualche opportunismo, consente all’amministrazione subentrata all’era delle procedure straordinarie − nonché all’esaurirsi dei flussi di spesa pub-blica propri degli anni ’80 − di fronteggiare con successo la crisi della città, lavorando sul versante simbolico, creando fiducia, evitando l’immediato deflagrare di antichi conflitti tra attori consolidati del panorama locale e perfino innescando immagini e relazioni nuove e diverse (da quelle del pas-sato e fra loro)35. Poi però, come un boomerang, quello stile inizia a mostra-re i suoi lati deboli, frustrando le speranze suscitate e contribuendo, per la sua quota, a una lunga fase di stallo.

2.4. La Variante va in Regione Per tutto il 1996, la Variante adottata resta come sospesa e l’attenzione

si sposta sulla bonifica. Il 30 marzo, un protocollo tra ministeri competenti, Iri, Comune, Provincia e Regione sblocca i fondi della legge 80/94. Il 1 a-

35

In questo senso, credo, la Variante è stata vista, almeno inizialmente, anche come un dispositivo implicitamente “strategico”. Cfr. per es. Bolocan e Salone (1996), Bolocan (1997). Mi permetto anche di rinviare alla mia lettura dell’epoca: Lepore (1995b; 1995; 1998). Per i problemi del piano come “grande progetto pubblico”, cfr. Palermo (2001) che utilizza come esempio proprio Napoli.

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prile si costituisce la Bagnoli spa. Sono gli ultimi atti del governo Dini: da maggio, la palla passa al governo di centrosinistra presieduto da Romano Prodi. Che riesce a far decollare la società e un accordo sul destino dei la-voratori36, ma non a vincere l’opposizione della Lega alla conversione in legge del decreto sulla bonifica.

Solo in autunno, il nuovo testo messo a punto in commissione ambiente riesce a passare alla Camera e poi (con un voto di fiducia) anche al Sena-to37: il Comune acquisisce così il diritto di prelazione sui suoli e le incer-tezze sulla bonifica, almeno per il momento, sembrano finite. Il 31 dicem-bre la Variante può essere inviata alla Regione per il parere di conformità. Nella primavera del ‘97, tuttavia, da fronti differenti, i nodi irrisolti riaffio-rano e il piano si ferma per un altro giro lungo un anno.

A inizio marzo, il ministro dell’ambiente Ronchi, con una nota riservata, boccia il porticciolo turistico. A fine maggio, la Regione solleva altri pro-blemi e lo scontro si fa così violento che il capogruppo Pds addirittura de-nuncia Rastrelli alla Procura della Repubblica per comportamenti illeciti38.

36

Il piano Cipe prevede un finanziamento di circa 343 mld di lire (82 dei quali da pro-venti realizzati con la vendita di impianti, attrezzature e rottami). Il 23 luglio, si firma l’accordo per il reimpiego tra ministeri del bilancio e del lavoro, Ilva, Iri, Intersind e sinda-cati confederali. La nuova società (50 mld di capitale: 55% Ilva e 45% Iri) è presieduta da Raffaele de Luca Tamajo, docente alla Federico II. Dei 569 lavoratori rimasti, 64 saranno prepensionati, 300 assorbiti a ottobre, 70 a dicembre, tutti gli altri da febbraio ‘97. Resta l’incognita della conversione in legge del decreto 384, che il 22 luglio viene reiterato (cfr. Il Denaro 27 luglio 96 e Repubblica 28 luglio 96, che commentano l’evento molto diversa-mente).

37 La Legge 582 del 18 novembre 1996 (GU n. 271 del 19 novembre 1996) converte,

con modifiche, il decreto-legge 20 settembre 1996, n. 486 (disposizioni urgenti per il risa-namento dei siti industriali delle aree di Bagnoli e di Sesto San Giovanni) e recepisce anche la delibera Cipe del 1994.

38 In mezzo, un accordo di programma tra Comune, Provincia, Regione e Fondazione

Idis vede quest’ultima aggiudicarsi il secondo round della partita su Città della Scienza, che resta provvisoriamente dove la Variante prevede il ripristino della spiaggia. L’accordo, fir-mato l’11 marzo, è ratificato il 10 aprile dal consiglio comunale, dopo il consueto aspro di-battito. La proposta (della destra) votata a maggioranza unisce definitivamente il destino del borghetto di Coroglio a quello di Città della Scienza: le residenze saranno delocalizzate con gli stessi tempi e modi previsti per quest’ultima. Si chiude così il braccio di ferro che aveva portato alla prima concessione e poi all’accordo firmato poco dopo l’adozione della Varian-te, che aveva permesso di completare i lavori della parte inaugurata il 16 ottobre 1996 dal Presidente della Repubblica Scalfaro. Il nuovo accordo stabilisce che il trasferimento degli edifici incompatibili “non potrà avere luogo fino a quando non si abbia l’ammortamento de-gli investimenti relativi alla ristrutturazione degli immobili stessi”, rinvia ad appositi studi economici da effettuare di concerto fra Regione e Comune la durata di questo periodo e im-pegna il Comune a rilasciare le autorizzazioni dovute entro 120 giorni dal decreto di appro-vazione (Burc del 1.9.97). Comune e Idis sono però autorizzati a procedere con conferenze

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A giugno, risvegliati dall’assessore De Lucia che avverte «un’aria pesantis-sima», si mobilitano gli intellettuali amici39. In città, intanto, la redazione delle altre varianti previste dal ‘94 è andata avanti e infuria il dibattito sull’area orientale, per la quale sembra che la giunta voglia seguire una strada diversa40. La bonifica di Bagnoli, invece, secondo il comitato di vigi-lanza, procede.

A luglio, l'area dismessa si apre al pubblico per la prima edizione del Neapolis Rock Festival, organizzato da un gruppo di imprenditori milanesi con partner a Napoli e dalla Tüborg. La colmata a mare, attrezzata con due palchi e una discoteca, viene visitata da 40.000 spettatori in tre giorni. Per accogliere i ragazzi in arrivo da altre città, si allestiscono campeggi e perfi-no pizzerie. Molta polvere, dicono le cronache, e molta felicità. Ma soprat-tutto, moltissimi napoletani di ogni età e ceto che varcano per la prima vol-ta il recinto della fabbrica, in un test di quello che l'ex-Ilva potrebbe diven-tare41.

di servizi, anche prima della ratifica da parte del consiglio, cosa che avviene già il 24 marzo, con la conferenza indetta dal Sindaco per acquisire pareri, nulla osta e autorizzazioni neces-sari per i lavori.

39 Per l’appello degli intellettuali napoletani, cfr. Repubblica 8.6.97 e l’articolo di Fran-

cesco Erbani nelle pagine nazionali dello stesso quotidiano (23.6 97). Per una posizione me-no amica, rinvio a una mia lettera aperta all’assessore, con cui cercavo di provocare una ri-sposta vera sul rapporto concertazione/trasparenza. Invano. La risposta di De Lucia, infatti, insiste sul valore della procedura urbanistica ripristinata dall’amministrazione, ironizzando sui “molti intellettuali” annioiati dal “richiamo alla forma (cioè alla sostanza) della demo-crazia” (Corriere del Mezzogiorno 26 e 27.6. 97).

40 La proposta di Variante per l’area orientale e il centro storico è presentata a gennaio

1996, secondo un iter formalmente simile a quello seguito per Bagnoli. L’amministrazione stessa sottolinea però le caratteristiche diverse dell’area est e la conseguente necessità di coinvolgere nel processo di trasformazione, fino dall’inizio, gli operatori privati (Bassolino, 1996; Giannì, 1997). In generale, dopo il ‘96, il comune è meno preoccupato di rompere simbolicamente con la straordinarietà e più disponibile a collaborare con attori locali che hanno ormai rinnovato le proprie rappresentanze associative. In particolare, mentre restano forti le diffidenze verso i costruttori, il sindaco e l’assessore Barbieri stabiliscono un buon rapporto con il nuovo presidente dell’Unione Industriali, De Feo. La discussione su Napoli est procede comunque stancamente per oltre un anno, a tratti scomparendo dall’agenda, e approda poi tra giugno e ottobre 1997 alla costituzione della società Napoli Orientale. Che sarà un fallimento. La seconda variante parziale, invece, non verrà mai adottata e i contenuti confluiranno nell’unica variante quasi-generale al Prg 1972, adottata a febbraio 2001. Sulle differenze tra i due approcci per le aree dismesse, cfr. per es. l’articolo di Craveri, 1997 e le opinioni pubblicate dal quotidiano nei giorni seguenti, fra cui una risposta dell’assessore Barbieri (12.7. 97).

41 Il festival nasce all’incrocio fra necessità promozionali della Tüborg e un progetto

concepito nel ‘95 dal gruppo milanese e mira a realizzare un evento musicale all'europea in un’area dismessa da rilanciare. Bagnoli compete con un'area pugliese e una milanese. «Ma è

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La riuscita dell'evento, tuttavia, non muta la situazione, e di Bagnoli e Napoli Est si continua a discutere in modo aspro fino a ottobre, mentre si sviluppa la campagna elettorale per le amministrative. Per il verdetto, la Regione attende quello delle urne. E il voto assegna una vittoria nettissima al sindaco uscente.

Il 16 novembre 1997, Bassolino è di nuovo sindaco, al primo turno e con un vero plebiscito: 73,4%, a fronte del 55,6% del ‘93, al secondo turno. A dicembre è pronta la nuova giunta e il ricambio è notevole42.

La Regione non aspetta neppure l'insediamento dei nuovi assessori e, il primo dicembre, invia undici osservazioni sulla Variante43. Nei giorni suc-cessivi, mentre il sindaco rilancia l’idea di un patto fra istituzioni già avan-zata in campagna elettorale, si affaccia poi un’ipotesi anomala: la Regione

l'Italsider a spuntarla […]. Il paesaggio è lunare, post-atomico in alcune sere, tra le ciminiere e l'acciottolato, la sabbia e il ferro che spunta ovunque. [...] L'area viene attrezzata come si può nella Napoli del rinascimento bassoliniano che ha una nuova immagine, ma è ancora povera di contenuti» (D'Agnese, 2006). Tra il 10 e il 12 luglio, passano per il festival 214 musicisti e 28 band. Protagonisti, David Bowie e Vasco Rossi. “Rossi trascina il pubblico, si regala un duetto con i 99 Posse, mette il suo marchio sulla rassegna. E in un'intervista di-chiara… che l'Italia ha finalmente un grande festival” (Vacca, 2006). L’altra caratteristica della manifestazione è un accordo con la società IG (all’epoca diretta da Carlo Borgomeo), presente alla prima edizione con postazioni informative e poi impegnata in un concorso per idee di impresa. Progressivamente, però, il festival cambia. Nel 1999, la Tuborg diventa solo sponsor e nel 2000 esce di scena. Cambiano anche le location, e quando si torna a Bagnoli (2002 e 2003), non c’è più l’IG. In qualche modo, le mutazioni riflettono un cambiamento di stile, nel rilancio dell’immagine di Napoli e anche nei rapporti fra Comune e possibili attori delle trasformazioni. Dal 2000, il gruppo milanese cede infatti l’organizzazione ai soli soci napoletani, probabilmente anche perché tramonta del tutto l’idea di affiancare al festival una iniziativa stabile, da collocare almeno transitoriamente in un edificio dismesso dell’Ilva. Certamente, dopo l’edizione ‘98 si interrompe il feeling stabilito inizialmente con l’amministrazione e l’evento inizia a privilegiare la dimensione dello spettacolo, mentre si perdono i nessi tra musica, occasioni di lavoro e costruzione del futuro. Per una rilettura dell’esperienza dall’interno, cfr. il sito web della società Nuovi Paesaggi Urbani, che com-prende anche spezzoni video della prima edizione e un’intervista a Bassolino, utili a restitui-re il clima (www.npu.it/pagine/schede.htm).

42 La maggioranza, che comprende ora Popolari e Dini, produce una giunta ampia (16

assessori) e rispettosa degli equilibri fra partiti, da cui escono molti protagonisti del 1993, compresi Barbieri e De Lucia: alle risorse strategiche va un tecnico che aveva già collabora-to al bilancio; all'urbanistica Rocco Papa, docente di tecnica urbanistica alla Federico II e già consulente per il piano parcheggi.

43 Una disamina dei rilievi avanzati dalla Regione si può leggere sul Denaro (24.1. 98 e

31.1. 98) a firma di Aldo Loris Rossi (fino dall’inizio contrario alla Variante).

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potrebbe “prendere atto” della variante, per passare ad accordi di program-ma su singoli punti44.

In realtà, il 18 dicembre, la Regione approva la Variante, ma stralcia l’ambito di Coroglio per il quale chiede modifiche e chiarimenti. Voci di corridoio parlano di un accordo fra Bassolino e Rastrelli; molti (compreso l’assessore) paventano un pasticcio; il sindaco scrive al governatore, chie-dendo come interpretare l’atto della Regione; la risposta riapre le danze. E così via. Tra interventi di politici e giuristi si arriva a fine anno, quando un abboccamento fra i due leader prepara lo sblocco. Il Comune risponderà puntualmente per l’ambito di Coroglio; il resto si vedrà con il piano attuati-vo, con la società da costituire e con eventuali accordi di programma. Il 18 febbraio, infatti, la giunta fa le sue controdeduzioni e il 27 marzo, la Regio-ne approva.

Finisce così l’iter burocratico della variante; il decreto ufficiale porta la data 15 aprile 1998, ma già a fine marzo è emersa l’idea che l’attuazione possa essere affidata a una società di trasformazione urbana, ai sensi della cosiddetta Bassanini (Corriere del Mezzogiorno 29.3.98).

Dentro l’Ilva, intanto, finito lo smontaggio paziente dei macchinari riuti-lizzabili altrove, l’anno nuovo si apre con la prima demolizione ritualizzata. Il 25 febbraio la torre piezometrica della cokeria va giù con l’esplosivo, ac-compagnata dal jazz di Daniele Sepe; altre sette torri seguiranno.

3. In stallo La terza fase dell’operazione Bagnoli, almeno all’inizio, segue ancora il

percorso delineato nel ‘94. Il nuovo documento-chiave è una delibera pro-grammatica del 25 giugno 1998, con cui il Comune stabilisce di affidare ancora al servizio pianificazione la redazione del piano urbanistico esecuti-vo (Pue) e di costituire una società di trasformazione (Stu) per la sua attua-zione. Questa volta, però, le incertezze del contesto politico si trasformano in una dilatazione dei tempi che tende all’infinito.

A ottobre 1998, quando D’Alema sostituisce al governo Prodi, Bassoli-no è costretto ad accettare la carica di ministro del lavoro, che abbandona dopo meno di un anno, a giugno del ‘99. Ma il doppio incarico del sindaco segna una vera discontinuità: nella governance napoletana e nell’immagine

44

L’idea della presa d’atto somiglia curiosamente all’escamotage utilizzato all’epoca del Preliminare di piano 1991, come mi è già capitato di notare (Corriere del Mezzogiorno 11.12. 97).

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di Napoli. Mentre la città − che al sindaco-leader si era affidata − si sente in qualche modo tradita, affiorano e a volte si scontrano le diverse anime dell’amministrazione, con qualche vantaggio per gli interessi locali che ri-stabiliscono relazioni con la politica più tradizionali e più intense dal 2000, quando Bassolino si candida alla guida della Regione lasciando la città nel-le mani del vicesindaco45.

Su un altro versante, la bonifica continua a fare problema e la Stu viag-gia a rilento. All’inizio del 1999, il presidente della Bagnoli spa annuncia che non si finirà nei tempi previsti. Forse si arriverà al 2001: la situazione è diversa da quella immaginata nel ‘96 e servono altri fondi. I consulenti in-caricati di studiare lo statuto della Stu, per parte loro, procedono a rilento perché il Comune non si esprime con chiarezza sul tipo di società che in-tende promuovere46.

A febbraio, un aiuto arriva dal ministro Ronchi, che porta in consiglio dei ministri una nuova legge: per Bagnoli ci sarebbero 250 miliardi e una scadenza al 2003. L’assessore Papa propone di cambiare ritmo: via via che l’area è bonificata, si può passare alla fase attuativa: il Pue è pronto, anche se non è stato ancora presentato ufficialmente (Corriere del Mezzogiorno 16.1.99, il Mattino 6.2.99).

45

Con l’avvicinarsi delle elezioni regionali, il comportamento oscillante del sindaco in-cupisce il già mutato clima cittadino. A febbraio 2000, infatti, con una successione di colpi di scena, Bassolino si dimette, ritira le dimissioni e infine lascia la guida della città in un momento che – tecnicamente – permette il passaggio del testimone al vicesindaco, e non a un commissario. A questa data, la strategia che puntava sul rinnovamento attraverso relazio-ni con nuovi attori extra-cittadini o esteri − che aveva caratterizzato il primo mandato − è ampiamente superata. Si sono invece formate nuove reti tra assessori “forti” della seconda giunta Bassolino, esponenti dell’Unione Industriali diretta da Antonio D’Amato e costruttori dell’Acen, uscita definitivamente dalla quarantena. A segnare la fine della stagione “eroica” anche su questo versante sono le clamorose dimissioni di De Feo dall’Unione industriali, a febbraio 1999. All’inverso, gli ambienti dell’Acen salutano come fine di una chiusura deci-sionista il superamento della “formalizzazione” dei rapporti imposta nel ‘93 (Brancaccio, 2002). In effetti, lo stile che si afferma dal 2000 introduce nelle relazioni con gli stakehol-ders quote di apertura negoziale (non sempre trasparente e non troppo regolata) che restano assenti nelle mosse urbanistiche più ufficiali. Gli sviluppi successivi della stessa vicenda di Bagnoli si possono considerare un saggio di questo altro stile, osservabile comunque negli sviluppi di molte altre issue.

46 Alle dichiarazioni di Gustavo Minervini, incaricato con altri due professonisti di sten-

dere lo statuto (e alle polemiche sollevate da destra), replica l’ex-assessore Barbieri, ora re-sponsabile per il Mezzogiorno dei Ds. La sua tesi è che il ruolo dei privati nella società do-vrà essere centrale. Si deve sperare nell’interesse di investitori istituzionali, da selezionare attraverso un bando − sostiene − mentre il Comune deve mantenere solo l’onere del control-lo, con golden share o un nocciolo duro azionario, ma non deve essere impegnato nella ge-stione del progetto (Corriere del Mezzogiorno, 5-7.1. 99).

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Quando il disegno di legge arriva in Parlamento, però, le voci dei con-trari alla Bagnoli spa si levano di nuovo e fortissime. Industriali e costrutto-ri chiedono un meccanismo diverso, Polo e Lega riprendono la guerra, nella stessa maggioranza ci sono perplessità. La società − convocata per un’audizione − non riesce a convincere la commissione ambiente del Sena-to, che a maggio va in sopralluogo a Bagnoli per verificare dal vivo lo stato di avanzamento dei lavori. E a luglio la commissione bilancio boccia il rifi-nanziamento e rinvia. La legge viene poi licenziata a settembre, introdu-cendo un nuovo soggetto attuatore e l’obbligo di gare. Ma l’accordo in real-tà non c’è, e non ci sarà neanche sulla soluzione varata più tardi, dentro la finanziaria 200147. Dalla metà del 2000, peraltro, cambiano di nuovo ruoli e protagonisti del gioco. Da aprile 2000, Antonio Bassolino non è più il sin-daco di Napoli, ma il governatore della Campania. In città, per circa un an-no, resta il sindaco facente-funzione Marone, fino all’elezione di Rosa Rus-so Iervolino, a maggio 2001. A Roma, dopo i risultati delle regionali e le dimissioni di D’Alema, un anno di governo Amato non basta a risollevare il centrosinistra, che perde anche le politiche. Da aprile 2001, quindi, al go-verno s’insedia di nuovo Silvio Berlusconi. E con lui, a dare filo da torcere ai nuovi amministratori locali, non ci sarà più il leghista Pagliarini, ma la coppia Tremonti- Matteoli.

L’estrema mobilità del quadro politico si riflette sull’agenda cittadina, dove comunque il dibattito sul nuovo Prg occupa tutto lo spazio urbanisti-co. Il Pue di Bagnoli fa solo una breve apparizione in giunta a dicembre 2000. È approvato, ma poi non arriva in consiglio e tornerà in giunta un an-no dopo48.

Il discorso su Bagnoli coincide ora sostanzialmente con quelli su costi-tuzione della Stu e acquisizione dei suoli, deliberata la prima volta a feb-braio 2001. Il ministero del Tesoro, però, il 18 luglio boccia il piano eco-nomico presentato dalla giunta Iervolino e si deve ricominciare.

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La legge stabilisce che il piano di completamento sia approvato entro 60 giorni, com-pleto di tempi e relazione sul pregresso, e autorizza la spesa di 150 milioni di lire per il 2001-2003. Le funzioni di vigilanza e controllo vanno al Ministero dell'ambiente mentre al Comune − che intanto subentra nelle attività di bonifica gestite dalla Bagnoli spa − è confe-rita la facoltà di acquisire le aree anche attraverso una Stu, entro il 31 dicembre 2001. Per il futuro, l’affidamento dei lavori dovrà seguire le norme vigenti per la pubblica amministra-zione. Cfr. L. 388 del 23 dicembre 2000, art. 114.

48 Delibera G.M. n.2593 del 9 novembre 2001, che conferma la delibera G.M. 4098 del

13 dicembre 2000.

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L’amministrazione ri-delibera49, e assume l’impegno di arrivare entro l’anno a chiudere la triplice partita: suoli, Stu, piano esecutivo. La delibera sui suoli passerà poi il 26 novembre, ma su Stu e Pue il consiglio è ancora bloccato a gennaio 200250. E con il collegato ambientale alla nuova finan-ziaria, le cose si complicano ulteriormente.

In base al nuovo piano nazionale sulle bonifiche, il Comune deve sce-gliere se proseguire con l’impegno diretto o affidare gli interventi per Ba-gnoli (e Napoli Est) a soggetti privati. Uno stravolgimento del percorso se-guito fino a quel momento, secondo l’assessore Papa 51.

La Stu si sblocca, il 18 febbraio, grazie a una parentesi bipartisan, che però allunga ancora i tempi del Pue. Con il via libera dall’opposizione, il consiglio comunale delibera infatti di costituire la BagnoliFutura spa, di cui sono azionisti il Comune (90%), la Regione Campania (7,5%) e la Pro-vincia di Napoli (2,5%), ma in cambio il Pue torna in commissione urbani-stica.

49

La delibera GM n.1333 del 20 luglio 01− che propone al Consiglio la volontà di arri-vare all’acquisizione dei suoli di Bagnoli oggetto di bonifica, ai sensi della legge 388/2000 − conferma la delibera GM n. 697 del 28 febbraio 01. Lo stesso giorno, con delibera GM n. 1334 viene confermata anche la proposta al consiglio di costituire la Stu, già approvata con la delibera n. 2569 del 24 luglio 2000. Il procedimento di acquisizione dei suoli viene poi portato avanti con determinazione del Servizio pianificazione urbanistica e patrimonio n. 48 del 27 dicembre 2001.

50 Un’idea del conflitto che paralizza il consiglio si può avere dalla stampa di novembre

e dicembre, e in particolare dalle cronache del Denaro, più vicino agli ambienti imprendito-riali Il problema preliminare riguarda la sovranità del consiglio. Ma l’opposizione insiste soprattutto per distinguere la discussione sul Pue da quella sui suoli e sul rapporto Pue-bonifica: “Vogliamo … conoscere nel dettaglio il piano esecutivo e, poi, saremo disposti a votare in Consiglio la delibera di acquisto delle aree”. Anche perchè i parametri del ministe-ro richiedono una bonifica superficiale e una del sottosuolo e solo il Pue, precisando la de-stinazione delle aree, può chiarire se la bonifica debba essere più o meno profonda: una bo-nifica indiscriminata provocherebbe solo il lievitare dei costi e un ulteriore allungamento dei tempi (Il Denaro 15.11. 01). L’altro motivo di dissenso riguarda l’ingresso di privati nella Stu, dove − soprattutto da parte dell’Acen − si contesta la scelta di riservare le future quote private solo a istituti bancari.

51 Il nuovo piano di Montecitorio prevede procedure di evidenza pubblica per i lavori di

bonifica delle aree inquinate, con espropri a carico di chi dovrà effettuare i lavori. L’attuazione è affidata ai ministri dell'Ambiente e delle Attività produttive, “che stipuleran-no con Regioni ed enti locali accordi di programma, comprensivi del Piano di caratterizza-zione, misure di messa in sicurezza, interventi di bonifica e progetto di valorizzazione con il piano di sviluppo urbanistico” (Il Denaro, 7.2. 02).

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Il 24 aprile BagnoliFutura si insedia: presidente il notaio Santangelo, appoggiato da Bassolino52, amministratore delegato Carlo Borgomeo, favo-rito dall’Unione industriali53. La prima assemblea dei soci, il 25 giugno, de-finisce i compiti: acquisizione, bonifica, trasformazione, gestione e com-mercializzazione delle aree. Ovvero, l’ipotesi cosiddetta light: una Stu che non realizza chiavi-in-mano e che lascia spazio a future partecipazioni pri-vate. L’allargamento avverrà con un aumento del capitale sociale tramite selezione pubblica di soci privati: il Comune ridurrà la sua presenza fino al limite minimo del 30%, le quote degli altri due enti azionisti resteranno in-variate.

Un mese dopo, il nuovo progetto per la bonifica è pronto: 80 milioni di euro, durata triennale. Il contenimento delle spese entro il tetto stabilito dal governo è stato raggiunto concordando i lavori con altri soggetti: l’Autorità portuale rimuoverà la colmata a mare, il Comune metterà in sicurezza l’archeologia industriale, il terreno da bonificare sarà conferito a una cava.

Il governo, però, dopo una prima apertura, non è ancora convinto e in autunno i fondi restano bloccati54. Uno spiraglio si apre solo a dicembre: i

52

Santangelo appare nella vita politica cittadina nel ‘93, come candidato sindaco di Al-leanza democratica, e assume poi il ruolo di Presidente del consiglio comunale durante l’amministrazione Bassolino. Da un tempo molto più lungo, il suo studio cura molti dei principali affari cittadini e, più in generale, la sua famiglia si può ritenere appartenente alla cerchia dei professionisti influenti.

53 Borgomeo, di provenienza cislina, è stato presidente della società per l’imprenditoria

giovanile Ig e poi amministratore delegato di Sviluppo Italia. 54

Il Ministro Matteoli assicura che il governo è in grado di fare la sua parte in trenta giorni e sintetizza così le obiezioni: «Il progetto di bonifica deve essere integrato con precisi impegni e progetti relativi all'allontanamento dei rifiuti contenuti nella colmata e [...] deri-vanti dalla bonifica dei suoli. Oltre al progetto di bonifica vanno presentati progetti ed indi-cata la copertura finanziaria delle altre opere necessarie a completare il recupero ambientale dell'area. […] Non si possono vincolare sedici manufatti di archeologia industriale con un volume complessivo di un milione di metri cubi senza avere un'idea di cosa farne e con che soldi ‘conservarli’». Borgomeo replica che i tempi ‘erano’ la fine di luglio, data entro la quale abbiamo effettivamente fatto pervenire al Ministero i documenti richiesti”, ma alla ripresa dopo le ferie, il Ministero ha chiesto altra documentazione, che «sarà predisposta a cura dei soggetti interessati e trasmessa al Ministero entro la fine di ottobre». (Il Denaro 24 e 25.9.02). Le polemiche più generali sulla credibilità dell’operazione sono invece ben sinte-tizzate da un intervento dell’economista Massimo Lo Cicero, che mette Borgomeo in guar-dia rispetto a un probabile flop. Secondo Lo Cicero, nonostante le diversità del caso, Bagnoli è pericolosa quanto Napoli Est, dove si è bruciato un manager di vaglia come Fabiano Fa-biani. «Perché le Stu sono un oggetto ancora misterioso e controverso; perché lo strumento urbanistico per Bagnoli […] è logicamente inconsistente ed economicamente inapplicabile; perché il Comune di Napoli, che della Stu è l’azionista dominante, è privo di risorse finan-ziarie ed è assai confuso nelle sue intenzioni organizzative e strategiche». I guai, in questo

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fondi per Bagnoli sono esclusi da un provvedimento tagliaspese, alla Re-gione si riunisce una conferenza di servizi, per il 12 è atteso a Napoli il mi-nistro Matteoli, che dovrebbe ufficializzare la concessione dei finanziamen-ti.

Intanto, il 16 dicembre, in un solenne consiglio di amministrazione della Stu, il Comune trasferisce i suoli alla BagnoliFutura. Ora si va avanti — dichiara Bassolino — il lavoro unitario “ha portato a maturazione tutti gli elementi strategici” e la Regione può finanziare i progetti di sviluppo con fondi europei. Anche il Sindaco è ottimista: «Ho avuto personalmente l’assicurazione dal ministero dell’Ambiente […] che i 75 milioni stanziati nella Finanziaria del 2001 per l’operazione di bonifica di Bagnoli, saranno presto resi disponibili». Per Borgomeo, l’operazione è complessa, ma «con-tinueremo ad affrontare questa grande scommessa». Bagnoli è pronta per diventare una Città della vela: «affideremo presto ad una società esterna la redazione del documento». Tra le ipotesi, in attesa del Pue, ci sono già un audio posto nella ex-acciaieria e un Museo del lavoro da collocare in un al-tro manufatto di archeologia industriale (Il Denaro 17.12.02).

Eppure, nemmeno questa volta è davvero fatta, come percepisce una vo-ce autorevole e forse più esterna come il Sole24ore, che per descrivere lo stato delle cose, solo due giorni dopo questa ventata di ottimismo, utilizza il celebre incipit della Tammurriata nera: ’o fatt’ è niro (18.12.02).

Ed è ancora nero, a maggio 2003, quando gli amministratori di Bagno-liFutura minacciano le dimissioni se il decreto (approvato a marzo dai mini-

steri competenti) non sarà emanato entro il 26, data per la quale è già convo-cato il consiglio di amministrazione. Così come resta difficilissima l’approvazione del Pue, sempre impantanato in commissione.

Sotto i riflettori, un po’ ironicamente, finisce invece l’inaugurazione dei nuovi contenitori di Città della Scienza, che all’inizio del nuovo anno (3.1.2003) ospita di nuovo il capo dello Stato, per festeggiare la realizza-zione di un Bic, un incubatore d’imprese, un centro di alta formazione e uno spazio per eventi e congressi. Pochi giorni prima, è stato firmato l’atto costitutivo della nuova società consortile che gestirà l’insediamento: ne

caso, nascerebbero dal fatto che il Comune-azionista non ha capito cos’è una Stu e tenta di usare questo strumento «per realizzare cose impossibili». Bagnolifutura, nei fatti, sarebbe semplicemente «una finanziaria pubblica che intende svolgere un’attività di valorizzazione immobiliare su suoli di propria proprietà con proprie maestranze ed una propria organizza-zione e poi, se del caso, cedere i suoli urbanizzati o singoli manufatti e complessi immobi-liari». Una specie di “Iri di paese”, con progetti velleitari ed economicamente inconsistenti. Perché l’area di intervento «è troppo piccola per essere un vero volano di trasformazione» e non è possibile che i privati si accollino costi di recupero «se non si capisce quale sarà, e quando ci sarà, una sistemazione di contesto» (Il Denaro 16.11. 02).

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fanno parte la Regione (socio di maggioranza), il Comune, la Provincia e la Fondazione Idis: presidente Antonio Bassolino, amministratore delegato il papà della cittadella, Vittorio Silvestrini 55.

Qualcosa sta cambiando. Alla Regione, l’ex-sindaco Bassolino si muove da regista e forse è arrivato il momento di fare scattare delle sinergie anche sull’ex-Ilva. Ma, per farlo, bisogna sbloccare il gioco dei veti.

4. Coppa America Marzo 2003. A movimentare il gioco, è un colpo di scena: Napoli si

candida come porto ospitante per l’America’s Cup56. Le indiscrezioni su un cambio di rotta per il porto di Bagnoli circolava-

no addirittura da gennaio, ora però la notizia è ufficiale. Il 3 marzo l’assessore ai grandi eventi Giulia Parente, accompagnata per l’occasione dallo skipper Paolo Cian, annuncia in conferenza stampa che Napoli è in corsa. Si stanno verificando le disponibilità, si spera che la città «non venga penalizzata dalle stesse logiche politiche che l'hanno esclusa dai Giochi del Mediterraneo». L'assessore respinge le critiche già pervenute del parlamen-tare verde Pecoraro Scanio e bacchetta il «teatrino dell'informazione», raf-forzata da Cian, che non capisce «perché si continui a strumentalizzare la Coppa America per dibattere politicamente le sorti della baia di Bagnoli» (Il Denaro 4.3.2003).

Il giorno dopo, Alinghi affida alla Ac Management57 la selezione fra 60 proposte. A fine marzo, si arriva a 8 candidature: Lisbona; Marsiglia; Bar-cellona; Valencia e Palma de Majorca per la Spagna; Napoli, Elba e Porto Cervo per l’Italia. A queste località, che presentano le caratteristiche gene-

55

Sulla costituzione della società consortile cfr. per es. Repubblica 29.12.02. In realtà molti quotidiani commentano meno benevolmente, sottolineando le incongruenze tra la pre-senza di Ciampi alla festa di un insediamento quasi-abusivo e l’immobilità sull’Ilva. Cfr. per es. Il Denaro e Il Manifesto 4 .1.03 e il Roma 6.1. 03.

56 Anche prima della vittoria definitiva di Alinghi nella gara in corso, molte località me-

diterranee si erano proposte per la 32ma edizione all’imprenditore italo-svizzero Ernesto Bertarelli, “patron” di Alinghi. Secondo il regolamento della Coppa, infatti, al vincitore spetta la scelta del luogo per l’edizione successiva, e la Svizzera notoriamente non ha porti. Si erano quindi mosse per tempo Spagna, Francia, Portogallo e anche l’Italia − da Trieste a Bari − con interventi di politici, imprenditori e yacht club.

57 Pochi giorni dopo la vittoria, Alinghi e la Société Nautique de Genève, per cui corre il

Team, annunciano la nascita di AC Management, una compagnia indipendente per la gestio-ne organizzativa e commerciale della futura edizione. È una novità per la Coppa America moderna. Cfr. www.americascup.com/it/americascup/organization/acm/index.php.

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rali necessarie, saranno chieste informazioni supplementari, per arrivare a 4 finaliste, che dovranno fornire un dossier completo. La scelta definitiva, en-tro il 15 dicembre.

In città levitano le speranze, e qualche diffidenza. Al fronte dei favorevoli sono già iscritti Comune e Regione, Camera di

Commercio e BagnoliFutura, e il gruppo è destinato ad allargarsi all’autorità portuale e a soggetti imprenditoriali. Il fronte dei contrari − non tanto all’evento quanto alla sua localizzazione a Bagnoli − è guidato ancora da Pecoraro Scanio e include esponenti locali di Rifondazione e altri partiti minori. «Coppa America a Bagnoli è una vera c... . Una bufala. Un chiac-chiericcio da provincia», sostiene il presidente dei Verdi. Da suoi contatti, emergerebbe che Bertarelli non pensa affatto a Bagnoli, ma se mai a Napoli Est e alle strutture già esistenti nel porto (Repubblica 29.3.03)58. Resta da capire come si muoverà il governo nazionale, fin qui non troppo collabora-tivo.

A maggio, la città è in pieno fermento. Il 5 la Camera di commercio pre-senta un suo studio di fattibilità59; l’8 il manager di AcM, Michel Bonne-fous incontra Bassolino e Iervolino. Solo una visita di cortesia, dirà poi il sindaco, ma i contatti procedono, nonostante le levate di scudi di gruppi lo-cali e le difficoltà sulla bonifica. A metà mese, rispondendo di nuovo a Verdi e Rifondazione, il Sindaco spiazza tutti: «Il piano di Bagnoli non si tocca; non solo comprendo, ma condivido anche le loro preoccupazioni» (Corriere del Mezzogiono 14.5.03). Qualcuno coglie una sfumatura pole-mica verso membri della giunta più aperti alla eventualità di modificare il piano. In ogni caso, il Sindaco si propone come garante delle scelte com-piute, anche in caso di Coppa America: «Il piano esecutivo non lo possia-mo stravolgere, non permetteremo la cementificazione di Bagnoli» (Il De-naro 15.5.03).

L’appoggio più autorevole alla candidatura arriva dal Presidente Ciampi che il 14, pranzando a Berna con Bertarelli, gli ricorda l’ottimo esito della

58

Sul proliferare di protagonismi, si veda anche il corsivo (corrosivo) di Ugo Marani, 2003.

59 La proposta della CCIAA prevede: (a) nomina di un commissario straordinario dotato

di pieni poteri; (b) base nautica per la Coppa America sulla colmata a mare; (c) creazione di una società mista, con partecipazione pubblica del 51%; (d) investimenti per 200 milioni di euro con project financing e gestione affidata agli imprenditori; (e) due anni per la realizza-zione delle opere e una ricaduta economica prevista di 750 mlioni di euro. Soprattutto le dif-ferenze rispetto al piano urbanistico e l’idea di un commissario saranno al centro delle po-lemiche nei giorni successivi. Cfr. Il Denaro, Repubblica e Corriere del Mezzogiorno del 6 maggio 03.

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“scelta azzardata” del ‘93, quando aveva deciso che il G7 si sarebbe fatto a Napoli.

Resta il problema dei fondi per la bonifica. Il 19, si capisce che per sbloccarli ci vuole un nuovo decreto: il governo chiede un luogo preciso per lo smaltimento dei materiali di risulta e soprattutto pretende che gli im-pegni siano formalmente sanciti da un accordo di programma. Solo a queste condizioni, il ministro Tremonti firmerà (Repubblica 20.05.03).

Il 12 giugno, comunque, la prima sfida è vinta: Napoli è tra le 5 città (invece di 4) prescelte. Concorrerà con Valencia, Marsiglia, Lisbona e Pal-ma de Majorca (eliminata a settembre ). I nodi sono numerosi, ma di qui in avanti, nelle mosse del Comune e della Regione, Bagnoli resta centrale. Non si tratta solo di convincere Bertarelli o il fronte guidato da Pecoraro Scanio: la Coppa – ammettono a Palazzo San Giacomo – è una «occasione, irripetibile, per tentare di far saltare il tappo di burocrazie, ritardi, veti che hanno finora bloccato il progetto di rilancio dell'area» (Il Denaro 13.06.03).

In effetti, l’entrata nella rosa ristretta produce subito una svolta. Dopo l’appoggio di Ciampi, e quello più tiepido del presidente di Confindustria D’Amato, arrivano le disponibilità di esponenti del governo come i ministri Marzano e Lunardi. «Io e Bassolino abbiamo corso grandi rischi» − com-menta il Sindaco − «fossimo stati esclusi, la colpa sarebbe ricaduta su di noi». E Bassolino insiste: «occorre un fortissimo rapporto con Ciampi e Silvio Berlusconi, con le forze vive dell’economia napoletana e nazionale. La Coppa America vale cento G7». Quanto a Bagnoli, «i fondi per la boni-fica arriveranno, se il governo non si convince adesso [...]» (Repubblica, 13.06.03).

Due giorni dopo, riemergono gli aspetti conflittuali. La stampa fa circo-lare una ipotesi secondo la quale ci potrebbe essere un commissario straor-dinario all’evento nella persona di D’Amato (che l’interessato smentisce subito), e il sindaco si schiera contro commissariamenti e ingerenze (Cor-riere del Mezzogiorno 14.06.03). Altri due giorni, altra polemica; questa volta grazie a un forum del Corriere del Mezzogiono (15.06.03) che strappa insolite riflessioni autocritiche a Bassolino, provocato sul ritardo con cui si procede per Bagnoli.

Nel ‘93 si fece la scelta di restituire al consiglio comunale la piena tito-larità sulla strumentazione urbanistica, spiega il governatore. Era giusto. Si decise − «e io me ne assumo la mia parte di responsabilità» − di non fare accordi prima di avere il piano. Poi però, fatta la variante, avremmo potuto accompagnare alle scelte urbanistiche degli accordi per attuarle. Ora, per uscire dall’impasse, va approvato il piano regolatore generale e poi «sono pronto [...] a fare accordi di programma attuativi degli indirizzi e delle grandi scelte». Non solo. Il governatore è sicuro che per Bagnoli sono utili

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procedure snelle, compreso un commissariamento, anche se «è presto per dire a chi debba essere assegnato».

Ce n’è abbastanza perché nei giorni successivi si riapra il dibattito di sempre. Costruttori favorevoli; ex-governatore Rastrelli gongolante; vibrata protesta contro il “revisionismo” dell’ex-assessore De Lucia, consultato per l’occasione. Coppa America sta riportando la città alla cultura dell’emergenza − sostiene De Lucia − che diffida dei contenuti, e dei par-tner: «Provo disagio nell’osservare che quel che dieci anni fa non ci parve opportuno stipulare col governo Ciampi, adesso pare utile farlo con Berlu-sconi» (Corriere del Mezzogiorno 17.06.03).

Ostili al revisionismo restano anche gli ambienti affezionati al taglio pubblicistico dell’urbanistica napoletana, preoccupati che la Coppa possa essere un cavallo di Troia. Così, il 19 giugno, parte un appello che racco-glie le firme di esponenti dell’area laica e ambientalista vicina a Italia No-stra60. «Con il pretesto della candidatura» − recita il testo − «c’è chi propo-ne di modificare il piano ... da tempo approvato dal consiglio comunale ... dopo aver respinto uno scellerato disegno di speculazione fondiaria, ispira-to al modello di Montecarlo. I sottoscritti, allarmati dalle notizie che circo-lano in proposito, chiedono al Sindaco di Napoli e al Presidente della Re-gione Campania di impegnarsi a non avallare interventi che mettano in di-scussione le scelte già democraticamente assunte». In particolare, si chiede di non utilizzare «strumenti impropri»; di non smentire le previsioni sulla fascia costiera; di evitare che «alberghi e case di lusso in riva al mare» pos-sano comportare una rinuncia «al grande e compatto parco costiero [...]. Di respingere, insomma, il miraggio della grande occasione». Come si vede, i fuochi del dibattito sono quelli di sempre. E le posizioni sono pressoché immutate61.

Un soggetto centrale − in questa fase − resta il Presidente Ciampi. Una lettera dei Verdi lo chiama in causa in quanto «vigile custode dei diritti dei cittadini e dell'ambiente»; Sindaco e Presidente regionale lo assumono co-

60

Tra le firme, Edo Ronchi, Salvatore Settis, Alda Croce, Desideria Pasolini dall'Onda e Gaia Pallottino (presidente e segretario Italia Nostra), Vittorio Emiliani (presidente Comita-to per la bellezza); Bernardo Rossi Doria, Pier Luigi Cervellati, Vezio De Lucia, Edoardo Salzano (urbanisti). L’appello ha la data originaria per es. sul sito web di Salzano, ma com-pare un po’ più tardi sulla stampa. Cfr. Repubblica 27 giugno 03.

61 Colpisce il tono difensivo (e un po’ paranoico?) con cui le posizioni vengono ribadite.

Si chiede di non (fare accordi di programma, cambiare il piano...) ma, neppure formalmente, si avanzano proposte. Notevole anche la differenza fra la strategia intransigente di questa parte del mondo ambientalista e quella scelta dai Verdi, forse con l’obiettivo di avere più “peso” nella partita. Pecoraro Scanio, sempre contrario a stravolgere il piano, si dice infatti favorevole all’accordo, se concretizza «la meraviglia turistica che la città sogna».

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me riferimento. Per parte sua, il capo dello Stato ripete che è «sempre im-pegnato» (Il Denaro 24.06.03).

A Ginevra, intanto, il 18 giugno, l’Ac Management ha illustrato al grup-po che segue la candidatura partenopea62 il questionario in 80 punti cui la città deve rispondere entro il 31 luglio. Le notizie sugli incontri però sono parziali e arrivano alla stampa solo lentamente63.

Il 28, Pecoraro Scanio, in conferenza stampa con il presidente della Pro-vincia Lamberti, ri-espone la sua tesi: sì alla Coppa, ma non a Bagnoli. Si deve impedire che una occasione davvero straordinaria venga sfruttata per grandi speculazioni. Perché «in realtà nessuno ha interesse per la Coppa America», ci sono solo interessi a realizzare un porto «esattamente lì, su quel cumulo di detriti che è la colmata». E il cumulo invece − secondo Pe-coraro − a breve sarà smantellato, come deciso dal consiglio comunale. Mentre il Sindaco annuncia che, pur di ottenere il fondi della bonifica, farà valere i suoi 23 anni di esperienza parlamentare e visiterà i colleghi, anche se non torna volentieri nelle aule di Camera e Senato (Il Denaro 28.06.03).

L’8 luglio, i rappresentanti delle parti coinvolte si riuniscono a Roma per definire l’accordo da allegare al nuovo decreto sulla bonifica. Il 10 Ber-tarelli è in città con Bonnefous. Un blitz, dice la stampa, ma c’è tempo per un giro in elicottero, un pranzo all’Accademia aeronautica e perfino per le cravatte. «Poi Bertarelli ha detto ai giornalisti “Napoli è ok”. Ed è ripartito» (Mordenti, 2003). Il 15, Berlusconi si impegna per una legge che offra sgravi fiscali sul modello di Torino 2006 e delega al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, i rapporti con le istituzioni napole-tane64. Il 23 arriva la firma di Tremonti e il 31 luglio il governo sblocca de-finitivamente i fondi.

62

La squadra inter-istituzionale napoletana che cura d’ora in avanti le relazioni con l’AcM comprende l'amministratore delegato di Bagnolifutura (Carlo Borgomeo), il capo della segreteria politica e l’assistente del presidente della Regione (Costantino Boffa e Mario Hubler), il capo di gabinetto del Comune di Napoli (Vincenzo Mossetti). A questi si aggiun-geranno presto il generale Tricarico, consigliere militare della presidenza del Consiglio non-ché uomo fidatissimo di Berlusconi, il consigliere diplomatico di Berlusconi e il rappresen-tante dell’Autorità portuale.

63 Per la trasferta ginevrina, cfr. Repubblica 25.6.03; il Corriere del Mezzogiorno 26

.6.03 da più spazio all’accordo per la bonifica, ma riporta un’ampia sintesi del questionario. 64 Il giorno dopo l’incontro, il sindaco boccia l’idea di un’agenzia: «Devo dire che una

baracca sul tipo dell'agenzia creata per Torino [...] non la vedo per niente. Non è il caso di creare nuovi enti, bisogna far funzionare quelli che già ci sono. Non escludo, tuttavia, la ne-cessità di un soggetto coordinatore tra Regione, Comune e Governo». Per gli sgravi fiscali, su cui anche Berlusconi è vago, Iervolino sostiene che Spagna, Francia e Portogallo non «potranno prevedere sgravi fiscali diversi o più convenienti dell'Italia. Siamo tutti e quattro

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A Napoli, intanto, sono state elaborate le risposte alle 80 domande di Bertarelli, che sempre il 31 arrivano a Ginevra in plico portato a mano e completo di intesa di programma tra Governo, Regione e Comune. Tra i contenuti dell’intesa, un commissariato straordinario, per il quale gira il nome di Bassolino. La settimana dopo, i giornali riferiscono invece che il governatore assumerebbe solo il coordinamento locale, mentre cresce l’importanza del generale Tricarico, incaricato da Berlusconi di rappresen-tare il governo all’incontro di Ginevra del 21 agosto65. Probabilmente la po-sta è troppo alta per cederla a un governatore di centrosinistra, forse gioca la pressione della destra napoletana, che aveva agitato lo spettro dell’esproprio di competenze66.

Le ferie di agosto passano velocemente: il borsino candidature attribui-sce un 40% di probabilità a Valencia, seguita da Napoli al 30%. Il 21, quando la delegazione italiana incontra l’AcM, le garanzie sulla sede sono ampie: i fondi sono sbloccati; per i lavori sono previsti 28 mesi, ma la parte dell’area interessata alla gara può avere priorità ed essere pronta entro giu-gno 2005, come richiesto dagli organizzatori. Sul versante finanziario, Na-poli offre 50 milioni di euro a fondo perduto come contributo alle spese di organizzazione e la gestione del sito per la durata della competizione. E c’è massima disponibilità per il regime fiscale, nei limiti consentiti dall’Ue (Sole 24 Ore 22.08.03).

I commenti sono di soddisfazione, per Napoli ci sono buone chance. Sulla stampa locale, soprattutto quella meno accomodante con il centrosin-stra, si apre invece un dibattito sul rapporto tra costi e benefici dell’evento, condensato nella domanda: fino a che punto si deve andare incontro ai de-siderata di Bertarelli?67

membri dell'Unione Europea e come tali sottoposti alle sue regole. Poi ognuno può offrire la luna» (Il Denaro 17 luglio 03).

65 Cfr. per es. Corriere del Mezzogiorno 1 e 9.8.03. In questa fase, non sono ancora noti

i contenuti del plico, che − come si vedrà − diventano pubblici solo a settembre avanzato. 66

A fine luglio il consigliere di An Laboccetta aveva scritto a Fini, chiedendogli di ado-perarsi per modificare l’intesa predisposta da palazzo Chigi, e in particolare per stoppare l’eventualità che il ruolo di commissario andasse a Bassolino. Date le circostanze, le logiche commissariali sono comprensibili – scriveva Laboccetta − ma non si può condividere «la sostanziale estromissione del Consiglio comunale», né tantomeno «il ruolo di Ufficiale rati-ficatore [...] o, al massimo, di pura tappezzeria» che la bozza assegnerebbe al Sindaco (Il Denaro 29 e 30.7. 03).

67 Apre le danze un editoriale firmato dal direttore del Corriere del Mezzogiorno (24 a-

gosto), seguito da varie puntate del Denaro, che polemizza contro la «supina accettazione di tutti i comandi impartiti dal patron di Alinghi» (26-30.8.03).

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Uno dei punti delicati riguarda proprio il regime fiscale, su cui è partico-larmente impegnata la Regione, che ha affidato una consulenza al tributari-sta Victor Uckmar68. La cartina al tornasole per le forze locali sarà, però, la discussione sul piano esecutivo, attesa per settembre. La prima riunione della commissione urbanistica è prevista per il giorno 8 e si andrà avanti secondo il calendario da fissare − spiega il presidente Ambrosino − a meno che Napoli non venga scelta per la Coppa. In quel caso, sarebbero «i poteri straordinari a decidere il destino dell’area, definitivo o temporaneo, in fun-zione dell’evento» (Il Denaro 3.09.03).

Sulla ordinaria discussione urbanistica, però, a metà settembre, piomba come il classico fulmine a cielo (quasi) sereno, un nuovo progetto per l’area, a quanto si sa già presentato a Ginevra (tra le risposte al questiona-rio), ma non alla città. Lo scoop è del Mattino (18.09.03). Autore del dise-gno, l’architetto romano Maria Elisabetta Persico, vicina a Bertarelli ma i-gnota ai più69, alla quale − almeno inizialmente − non è chiaro neppure chi abbia commissionato il lavoro. Il 22 settembre, forse anche per smorzare le polemiche, la documentazione completa relativa al questionario appare sui siti web di Comune e Regione. Dove resta tre giorni: il tempo di provocare una irritata reazione di Bertarelli sempre attento alla riservatezza della pro-cedura; poi viene ritirata70. Il vice sindaco Papa aveva comunque chiarito che la proposta portata a Ginevra non ha carattere contrattuale: é solo una mappa dell'area d'intervento, «cui è stata sovrapposta, per comodità di con-sultazione, una possibile ipotesi di distribuzione degli spazi e delle attività

68

L’incarico è approvato dalla giunta regionale a fine agosto (News Regione 27.8. 03). L’ipotesi è creare una Zona speciale con vantaggi non solo per le persone giuridiche (come a Torino) ma anche per le persone fisiche, limitata nello spazio (Bagnoli e aree coinvolte dalla manifestazione) e nel tempo (la durata dell’evento). Uckmar cura personalmente il rapporto con Bruxelles, per arrivare a una proposta compatibile con le direttive europee, e presenta una prima bozza a settembre (Repubblica 27.9.03). A ottobre, tuttavia, Tremonti “boccia” la linea Uckmar (che piace a Bassolino) a favore di un’aliquota fissa, che sarebbe concorren-ziale rispetto alle offerte delle altre città e che non dispiace a Iervolino, da sempre scettica sulla zona speciale (Corriere del Mezzogiorno 4.10.03; Il Mattino 21.10.03). In questa dire-zione va poi infatti il decreto sul regime fiscale, che nella prima stesura raccoglierà critiche dagli industriali ma anche dalla Cgil, che avrebbe voluto estendere gli incentivi a tutte le imprese coinvolte anche indirettamente nella gara, mentre la bozza prevede che a beneficia-re di una detassazione del 15 per cento siano solo i dipendenti di aziende impegnate a tempo pieno ed esclusivo con il team Alinghi (Bonanni, 2003).

69 Il Denaro (20.09.03) si impegna maliziosamente in una piccola inchiesta sulla Persi-

co, provando invano a strapparle un commento e trovando pochissime notizie. 70

La documentazione ritirata sarà poi pubblicata − “per dovere di informazione, ma an-che ... per decenza” − da Indymedia ed è tuttora consultabile in quell’archivio virtuale. Cfr. http://italy.indymedia.org/news/2003/10/401079.php.

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ritenute necessarie dall'Ac Management per lo svolgimento della gara». La soluzione definitiva sarà quindi «compatibile con le scelte urbanistiche».

Le polemiche scoppiano lo stesso, soprattutto sul metodo. Anche per-ché, nel merito, il progetto Persico non ignora del tutto il Pue. Aumentano notevolmente le dimensioni del “porticciolo” − come si può notare anche dalle immagini − ma si tiene conto dello schema generale e dei problemi sollevati dagli ambientalisti su colmata e spiaggia71.

Il nodo tecnico delicato, tuttavia, è che la presenza, informale ma ormai pubblica, di quel disegno altro crea difficoltà nelle procedure. Il progetto Persico deve, in qualche modo, trasformarsi in atto formale o, altrimenti, restare al lato del piano. Considerati i tempi strettissimi, si deve inoltre scegliere se “stralciare” le aree interessate da Coppa America, e solo per queste accelerare, o pronunciarsi sull’intero piano esecutivo nella versione originaria. Il presidente della commissione urbanistica fa subito notare che il progetto si conosce solo dai bozzetti pubblicati dalla stampa e che riguar-da circa la metà dell’area del piano comunale, che andrebbe ripensato an-che per le parti non interessate dall’evento. Dunque, se c’è urgenza, occorre uno stralcio: «Non si può pretendere che la commissione si adegui in soli trenta giorni alle esigenze di Bertarelli» (Repubblica 25.09.03). Ma all’ipotesi stralcio si oppone Rifondazione, e anche il Sindaco non gradisce.

Il 26 settembre, all’apertura dei lavori, lo stralcio è escluso: il sindaco va personalmente in commissione per sostenere che l’unico progetto da discu-tere è il Pue. Il resto − dichiara Iervolino al Corriere del Mezzogiorno − «sono solo idee di un’architetta, nulla di più». Al Mattino il sindaco conse-gna invece una frecciata diretta agli intellettuali cittadini: «A Napoli non verranno gli zulù, ma questo lo ha capito la città viva, da Scampia a Ponti-

71

In risposta alla domanda 56 del questionario − Opposition in the population − da Na-poli si era sostenuto che «There is no risk of opposition from the local population […] no protest letters or petitions have been presented by anyone at national, regional or local level nor have there been any demonstrations against the event». Tuttavia, «some articles in local newspapers have reported the concerns of environmentalists over the project for the “col-mata of Bagnoli» e dunque «the project proposed at answer 21 will address these concerns as the area will be removed and the natural beaches recovered». Non solo, considerato che «the Italia Nostra Association collected signatures from some intellectuals asking … to re-spect the city-planning guidelines for Bagnoli and recover the natural line of the coast», nel progetto finale, si è provveduto a farlo. La risposta 21 − Infrastructures plans − offre disegni e spiegazioni relativi al progetto finale dell’area dell’evento e alle tappe intermedie ipotizza-te. In effetti, solo a fine ottobre, si formeranno dei veri comitati per il No alla coppa America e anche un movimento più variegato di soggetti contrari, ma non saranno questi (nuovi) atto-ri a incidere sugli esiti.

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celli, non quella parte più distaccata, non fatemi dire gli intellettuali, che vede male il progetto».

Per la verità, ad agitarsi ora non sono tanto gli intellettuali72 quanto gli ambienti delle professioni e dei portatori di interessi. Il presidente dell’Ordine degli architetti, per esempio, che dopo prime dichiarazioni cau-te, sostiene che Bassolino esautora il consiglio comunale e BagnoliFutura aggira gli obblighi di concorso. O le rappresentanze di industriali, costrutto-ri e commercianti, che non hanno mai amato le soluzioni del Pue.

La commissione urbanistica si trasforma così nel luogo dove depositare idee, proteste e richieste. E la formula scelta per dialogare con gli stakehol-ders è ancora quella delle audizioni, che occupano tutto il mese di ottobre. In parallelo, proseguono gli incontri tra la squadra interistituzionale e l’AcM, e il lavoro di BagnoliFutura.

Il 2 ottobre, la prima audizione è appunto per la Stu, che illustra attività svolte e in atto. Borgomeo chiarisce come si è arrivati ad affidare alla Persi-co il progetto richiesto dall’AcM, e annuncia novità sul versante della fatti-bilità del piano. A luglio, la società di consulenza AcbGroup e la filiale ita-liana della banca Rothschild sono state incaricate di verificare la compatibi-lità economica di previsioni originarie e possibili variazioni. Entro fine ot-tobre, saranno quindi consegnate due ipotesi relative al ruolo della stessa Stu: società immobiliare o destinata alla sola valorizzazione dell’area. Il 3 viene ascoltata la Circoscrizione, che chiede edilizia sovvenzionata per gli abitanti del borghetto Coroglio ed è contraria alla eventuale suddivisione del parco, che faciliterebbe speculazioni. Il 14 è il turno dell’Associazione costruttori (presente in commissione dopo oltre due anni) che insiste sui tempi di approvazione e sulla necessità di modificare gli aspetti del piano economicamente più deboli73. Il giorno dopo, anche l’Unione Industriali

72

Cfr per es. gli interventi di De Seta, su Repubblica e di D’Antonio sul Corriere del Mezzogiorno del 27.9.03. De Seta è ironico, ma non gli sfugge «che dopo vent’anni [...], questa è l’unica concreta occasione di trovare delle risorse che possano mettere in moto un meccanismo economico». D’Antonio non trova scandaloso affidare una consulenza a una professionista di fiducia di Bertarelli, se c’è «compatibilità con gli obiettivi e le strategie delle istituzioni locali», e concorda con il prof. Barbagallo, che qualche giorno prima, aveva sconsigliato «barricate inutili» e sostenuto di preferire «Bertarelli e il suo team ai clan ca-morristici».

73 In particolare, l’Acen propone di rendere impermeabile il 3% del parco (3,7 ettari) per

aumentare la volumetria senza stravolgere il progetto; di redistribuire i volumi per evitare un salto percettivo e l’eccessiva vicinanza di quartieri a rischio; di distanziare meglio gli alber-ghi, intervallandoli con aree verdi, per decongestionare l’area e renderla più fruibile ai flussi turistici; di sfruttare al massimo le aree esterne al perimetro per la creazione di attrattori di reddito. Cfr. Il Denaro 15.10 03.

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esprime dubbi sulla fattibilità. Attendiamo il lavoro di Acb-Rotschild − spiega il presidente Iavarone − ma per ora i costi risultano sottostimati e gli incassi sopravvalutati74. Gli industriali vorrebbero dividere il parco in aree da 50-60 ettari e spostare sul perimetro di questi lotti alberghi e abitazioni (Il Denaro 16.10.03). Il vicesindaco respinge nettamente l’idea: «se si tratta di fare i giardini davanti alle case non se ne parla proprio [...]. Non è inten-zione dell’amministrazione fare di Bagnoli la nuova Montecarlo o la nuova Nizza». Però un parco urbano non è un parco verde − concede Papa − e lo si può rendere più sostenibile economicamente (Il Mattino 16.10.03).

Nell’audit degli ordini professionali, il 16, il progetto Persico è bombar-dato da critiche di ogni tipo: dal mancato rispetto delle norme di salvaguar-dia all’estetica75. Il 17 sono di turno le associazioni ambientaliste, che insi-stono su linea di costa, eliminazione della colmata e integrità del parco (Il Mattino 18.10.03). La notizia del giorno, però, è la “nuova” proposta spon-sorizzata da Forza Italia, che sposta il porto sul versante di Nisida. Il pro-getto è stato già presentato a luglio dalla Italporti srl, che si offre di realiz-zarlo a costo zero in cambio della concessione per 50 anni (Il Denaro 18.10.03). Non se ne farà nulla. Il 22 ottobre, il Presidente dell’Autorità portuale, Nerli, illustra in commissione la sua proposta per il porto, che ha già avuto l’ok di Bertarelli: un porto più ampio di quello previsto nel Pue, ma ridotto di 5 ettari rispetto al progetto Persico. Lavorando su lunghezza e angolazione del pontile, si è ottenuto un disegno meno invasivo, ma non tanto da convincere Verdi e Rifondazione. Nerli, peraltro, ci tiene a precisa-re che per lui il progetto vale «anche senza Coppa America» e che serve comunque una soluzione per portare i posti-barca a circa 700, «perché la richiesta è altissima». I tempi invece sono strettissimi: «se passano altri due o tre mesi e non si chiude [...] io mi tiro indietro» (Corriere del Mezzogior-no e Il Mattino 23.10.03).

74

Nessun imprenditore, sostiene l’Unione, acquisterà mai per 3.500 euro al mq, «alber-ghi dalle cui finestre si vede il retro dell’albergo antistante» e nessuno venderà per 2.500 euro al mq case vicine a “zone ad alto rischio”. Occorre quindi redistribuire i nuclei insedia-tivi e creare attrattori (campo da golf, acquario modello Genova) in grado di assicurare il reddito necessario.

75 Vengono in particolare lamentati: l’assenza di un piano paesistico, di studi sull'attività

sismica e sul rischio frane; la scarsa sostenibilità in tutti i sensi di alberghi, case e parco; i rischi di inquinamento della costa e le difficoltà di manovra nel porto. Cfr. Il Denaro 17.10. 03. Il giorno successivo, il quotidiano propone uno “speciale”, con altri pareri di esperti con-trari al progetto. Nella introduzione, il direttore Ruffo rilegge tutta la vicenda presentando la Coppa come un ariete per ipotesi altrimenti inaccettabili. Seguono i testi di Loris Rossi, Pa-ne, Benassai, De Medici, Scherillo e l’intervento sarcastico verso Papa di un anonimo Demo Cratico.

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Dal giorno prima, infatti, si è aperta una nuova fase cruciale. Mentre Letta cercava di convincere Tremonti a erogare effettivamente i fondi della bonifica, e mentre a Palazzo San Giacomo si presentava il piano Acb-Rotschild76, in commissione urbanistica sono arrivate le richieste precise di Bertarelli e ora è evidente che non basta modificare il Pue77. Per le esigenze della Coppa serve un porto più ampio non solo di quello del Pue ma anche del massimo consentito dalla Variante. E vanno recuperati dal parco 20 et-tari per le strutture transitorie. Si dovrebbe quindi modificare la Variante, ma l’unico modo per farlo, dati i tempi, è un accordo di programma. L’ipotesi che si profila è quindi un’approvazione del Pue, accompagnata da indicazioni per l’accordo. Il sindaco è favorevole: l’accordo è solo uno strumento, così, e può recepire con rapidità contenuti maturati in Consiglio. Quanto a Verdi e Rifondazione, «i punti di mediazione e di incontro si tro-vano» (Il Mattino 22.10.03).

La tappa importante diventa dunque il consiglio comunale già convoca-to per il 27 ottobre. Nel tempo che resta, la commissione prosegue l’ascolto e il 23 riceve le associazioni dei commercianti e la Camera di Commercio, che avanzano ancora richieste tese a ottenere una maggiore appetibilità dei luoghi: concorso internazionale per grandi attrattori turistici, alberghi in quantità uguali ma sul fronte mare, uso della colmata per la Coppa e rimo-zione solo dopo, collocazione del porto turistico verso Nisida.

Il 24, mentre Verdi e Rifondazione ribadiscono l’opposizione a varianti e accordi, minacciando l’ostruzionismo e perfino l’uscita dalla coalizione,

76

Per una sintesi dello studio, cfr. Bisacco, Franci, Lombardi, 2004, scaricabile anche all’indirizzo:http://www.acbgroup.com/pubblico/pubblica.nsf/articoli/A04EC7A3FC42A27CC 1256F26004E8F7B/$file/Articolo%20Bagnoli.pdf. Borgomeo precisa che le simulazioni di Acb-Rotschild non contemplano l’ipotesi Coppa America. Gli sviluppi considerati sono relativi alle scelte del Comune e a variazioni introdotte per simulare diversi esiti. Le due ipo-tesi si articolano poi, a loro volta, nei due scenari: valorizzazione/immobiliare, riferiti il pri-mo alla acquisizione-bonifica-vendita delle aree, il secondo alla creazione di attività produt-tive sui terreni resi edificabili.

77 Bertarelli chiede una zona protetta nel porto, una banchina riservata a 50 superyacht e

un centro stampa di 5000 mq. Vuole che le 17 basi abbiano ognuna il suo settore di banchi-na, con due pontili per le imbarcazioni e un capannone 40x60. Chiede un’area per sponsor e ospiti d’onore di almeno 3000 mq, in posizione che consenta una buona vista delle imbarca-zioni che lasciano le basi, e nelle vicinanze del molo grande, una club house esclusiva per i proprietari dei 50 superyachts. E ancora, un media hub (5000 mq, di cui 3000 coperti), un’area attrezzata per informazione, ricreazione e attività commerciali (Ac park village), circa 500 mq di superficie coperta per gli ufficiali di gara, la sede dell’Ac Management, il centro di accreditamento, il centro volontari, un’area dove installare tribune per gli spettato-ri. Servono poi un eliporto e un’area deposito per le necessità logistiche dell’AcM, oltre a parcheggi per tutti quelli che fanno parte del village (team, giornalisti, sponsor...).

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la stampa da spazio alle battute di Bassolino sul vecchio “masochismo me-ridionale”, unica spiegazione per la strana idea che un evento possa far ma-le alla città. La polemica è rivolta agli alleati più integralisti, ma anche a D’Amato, che aveva accusato l’amministrazione napoletana di essere even-to-dipendente.

Il 27, il consiglio non inizia neppure. Su proposta del consigliere di An Laboccetta, la seduta è sospesa per continuare le audizioni con i sindacati e “tecnici qualificati”. Il rinvio, almeno ufficialmente, non preoccupa. La conferenza dei capigruppo del 29 metterà la parola fine alla vicenda, so-stiene il presidente della commissione. E l’assessore Papa assicura che en-tro il 31 partiranno comunque per Ginevra i documenti che impegnano Na-poli a creare le precondizioni per la Coppa. Intanto, quasi simbolicamente, il 29 viene abbattuto l'ultimo impianto ex-Ilva: le quattro ciminiere legate tra loro, che erano parte integrante del treno nastri.

Ma per l’amministrazione non c’è tregua. Il 30, sul sito web dell’AcM, compare la notizia che la scelta avverrà in anticipo: il 26 novembre. E a Napoli, intanto, il Pue riceve nuovi attacchi in commissione78 e dalla Casa delle Libertà, che annuncia battaglia in consiglio. L’unica consolazione viene da Cgil, Cisl e Uil, favorevoli all’accordo di programma, che conse-gnano un documento unitario per chiedere contestualità tra bonifica e svi-luppo. Poi la commissione discute l’ennesimo disegno alternativo: il piano messo a punto dall’architetto Loris Rossi, che Laboccetta ha fatto suo, con il porto a Nisida e le strutture richieste dall’AcM lungo la costa 79. Fuori dal palazzo, nella facoltà di Architettura, si tiene invece l’assemblea indetta dal fronte dei contrari: a modificare il piano, agli accordi, a ogni progetto che configuri «un ambiente esclusivo per pochi privilegiati»80.

Si aspetta il consiglio del 4 novembre: i quotidiani scommettono sulla consistenza degli schieramenti, Bassolino e Iervolino chiedono a Ciampi un incontro privato, che il Presidente fissa per il 3. La stampa racconterà che è stato un buon incontro − come sempre − e che forse anche il premier po-

78

Da parte del Comitato giuridico di difesa ambientale, della Soprintendenza archeolo-gica e di quella per i Beni architettonici e ambientali, dell’on. Nerio Nesi, che ha presentato una interrogazione urgente ai ministeri dell’Ambiente, delle Infrastrutture e Trasporti, e dei Beni culturali.

79 Il progetto di Loris Rossi, con altri contributi (Benassai, Pane, Colombo, Coppola), è

pubblicato il 25 ottobre in un secondo dossier del il Denaro. 80

Tra i primi firmatari dell’appello “per il recupero della piana di Bagnoli” ci sono an-cora gli esponenti di Italia Nostra, Wwf, Legambiente e altri soggetti ambientalisti, ma que-sta volta insieme a esponenti di Rifondazione, della sinistra antagonista e della rete No-global, oltre a singoli intellettuali.

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trebbe scendere in campo personalmente per rafforzare il pressing su Berta-relli.

Il 4, il consiglio si spacca. L’opposizione prova, senza successo, a rin-viare tutto a dopo il responso di Ginevra. La maggioranza accelera.

La nuova strategia messa a punto nel vertice di maggioranza, dove si è verificato che nella stessa Variante generale è previsto il caso dell’accordo di programma per questo ambito81, prevede ora una separazione netta fra approvazione del Pue e passi successivi legati alla Coppa. E funziona: il 5 novembre 2003 il Pue viene approvato: con i 32 voti favorevoli di tutta la maggioranza, e il voto contrario dell’opposizione. Con soddisfazione gene-rale, almeno per il momento, la vicenda Pue è chiusa: dopo anni, ma in soli 45 giorni82.

Nei giorni successivi, prima la giunta e poi il consiglio approvano anche la costituzione di Napoli 2007, la società consortile formata da Comune, Regione, Autorità portuale e Bagnolifutura che firmerà il contratto con l’Ac Management e che, ovviamente, nascerà effettivamente solo se la città sarà scelta. Anche qui la maggioranza regge, grazie all’astensione di Verdi e Ri-fondazione, che però minacciano di fare cadere l’amministrazione sull’accordo di programma.

Il 12 novembre ci sono anche i nomi per le cariche principali di Napoli 2007: presidente Santangelo (BagnoliFutura spa), vicepresidente Nerli (Au-torità portuale), amministratore delegato Mossetti (Capo di Gabinetto del Sindaco). Lo stesso giorno si firma l’accordo di programma sugli aspetti urbanistici. A Bagnoli si potranno realizzare 600mila mc in più rispetto al Pue, un porto canale per 1200 barche occuperà 12 ettari in più di quelli

81 Il punto centrale da sciogliere riguarda l’opposizione ad accordi di programma da

parte di Verdi, Rifondazione e Unità delle sinistre. Verdi e Rifondazione, tuttavia, nel 1996 avevano votato un emendamento alle norme attuative della variante generale, ri-scoperto per l’occasione dal presidente del consiglio comunale (Il Mattino 4.11.03). L’articolo 23 preve-de infatti che «l’accordo di programma [...] va sottoposto alla valutazione nella sede consi-liare nel rispetto delle competenze assegnate al Consiglio comunale dall’articolo 32 della legge 142/90». Ma anche che «dopo l’approvazione della presente normativa [...], il Sindaco è autorizzato a procedere secondo quanto indicato». Ovvero sottoponendo l’accordo «alla preventiva approvazione del Consiglio comunale» e promuovendolo «sulla base degli stru-menti urbanistici esecutivi attuativi degli interventi». Su questa falsariga, si approverà dun-que prima il Pue (e la costituzione della società consortile) e poi si tornerà in aula per l’accordo di programma.

82 Perfino De Lucia si lascia andare a un «tutto è bene quel che finisce bene». Se poi si

facesse l’accordo di programma che stravolge tutto, finirebbe male − aggiunge − ma al mo-mento «preferisco [...] dare atto al Sindaco [...] e all’amministrazione comunale che guida, di aver saputo gestire con grande equilibrio e con la giusta dose di realismo l’intera vicenda del piano esecutivo. Bisogna riconoscerlo» (Repubblica 7.11. 03).

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ammessi nella Variante (20 in più rispetto al Pue), si potranno impermeabi-lizzare 4,5 ettari di parco, riducendo il verde a 115 ettari. Ma l’accordo va-le, e arriverà in consiglio comunale, solo se Napoli sarà la sede della Cop-pa. Il 13, intanto, si sigla anche l’intesa con il Governo. E in città si cerca di venire incontro alle richieste di Bertarelli sui più vari aspetti: collegamenti rapidi, posti alberghieri, sicurezza, spazio aereo, etc..

A metà novembre, dunque, Napoli è pronta per le firme dei pre-contratti, fissata per il 20. Poi inizia ad attendere. Il 22, l’attesa è turbata dai commenti locali a un articolo della Tribune de Genève, che parla di imba-razzo della scelta fra Valencia, Marsiglia e Lisbona. Napoli è già sparita. Bonnefous smentisce che ci siano favorite. La Regione, in ogni caso, rilan-cia con proposte aggiuntive al contratto già firmato. E aggiunge l’impegno a realizzare la città della Vela con o senza Coppa. Per il resto, fino al 26, domina il colore locale: indiscrezioni su riti scaramantici, eventuali feste, luoghi dove i protagonisti attenderanno il verdetto.

Che arriva alle 11.51 del 26 novembre: ha vinto Valencia. Niente festeggiamenti, quindi, ma le dovute conferenze stampa e analisi

della bocciatura, e perfino esercizi ermeneutici sul rapporto tra uso del cor-niciello e capacità di competere nel mondo postmoderno, che rendono evi-dente come la provvisoria unità creata intorno all’eventualità dell’evento fosse assai fragile.

Restano gli esiti non troppo laterali, sottolineati anche da Bassolino: lo sblocco della bonifica, la lunga presenza di Napoli sulla ribalta internazio-nale, l’approvazione del Pue. In una parola, il caso Bagnoli sembra uscito dalla situazione di stallo in cui si era arenato. Molte strade che sembravano un tempo impraticabili sono state “sdoganate”: gli accordi di programma si possono (a volte) fare, i piani si possono cambiare se non funzionano (più), gli interessi non sono sempre da tenere a distanza83. E tuttavia qualcosa continuerà nel seguito a non funzionare. Come se un ostacolo impedisse di trarre dall’esperienza tutto il possibile apprendimento.

Epilogo, e qualche conclusione Un po’ di tempo dopo la chiusura della corsa alla Coppa, a fine marzo

del 2004, in città è sembrato che il vero finale di tutta la storia fosse, ironi-

83

Mi permetto di rinviare a un mio articolo da opinionista, in cui − subito dopo la chiu-sura della vicenda − tentavo una rilettura del “gioco della candidatura” come discontinuità e segno anche simbolico della fine di una stagione (Corriere del Mezzogiorno, 9.12. 03)

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camente, la decisione di utilizzare l’ex-Ilva − di nuovo in attesa di bonifica − come sito provvisorio per tamponare l’emergenza rifiuti84. Lo slogan de-gli striscioni spuntati in quei giorni a Bagnoli − dalla Coppa America alla “Coppa Monnezza” − non fa giustizia della complessità del caso, ma la scelta dell’amministrazione rivela effettivamente una straordinaria indiffe-renza per i risvolti simbolici delle decisioni, perlomeno curiosa in una città altre volte fin troppo attenta alle politiche simboliche.

D’altra parte, basta guardare anche solo al piano esecutivo approvato, e al modo di approvarlo, per apprezzare la differenza sostanziale tra gli stili di governance più diffusi dal 2000 in avanti e quelli in uso all’epoca della Variante per la zona occidentale. Uno scarto che invita a riflettere sugli ef-fetti di quella retorica della continuità che, a mio avviso, contribuisce a rendere lo stile pragmatico più recente non solo poco trasparente, ma perfi-no meno efficace di quello dirigista, o giacobino, in uso fra il ‘94 e il ‘97. Nel 2005, per esempio, quando si approverà definitivamente il Pue, dopo un’altra lunghissima parentesi, molti dei nodi mai sciolti tornano al pettine. E altri sono ancora lì, a condizionare i toni e le possibilità del dibattito pub-blico, e a impedire che la riqualificazione assuma ritmi e significati (più) normali. Ma con queste altre storie siamo completamente fuori dagli anni ‘90, e si aprirebbe un altro lungo racconto. Qualche parola ancora, invece, va detta sulle eredità lasciate dall’intero processo fin qui ricostruito per le prospettive di trasformazione di Bagnoli.

Innanzitutto, escluso lo scenario immobiliare proposto dalla Acb-

Rotschild, dalla fine del 2003 sembrano sciolte le incertezze sul profilo del-la Stu, che va verso l’opzione valorizzazione. Dopo la bonifica, quindi, Ba-gnoliFutura non dovrebbe occuparsi di vendere immobili: non dovrà gua-dagnarci, ma neppure dovrà rimetterci, come dichiarava l’assessore Papa ai cronisti, sottolineando che grazie al Pue il valore dei suoli aumentava del 30% o addirittura raddoppiava (Corriere del Mezzogiono e Repubblica 6.11.03)85.

Per quanto riguarda gli insediamenti immaginati nel piano, dal 2003, le maggiori responsabilità sulla forma urbana toccano all’architettura, chia-

84

Della vicenda ha ovviamente parlato tutta la stampa, locale e non, riferendo delle pro-teste immediatamente scattate.

Cfr. per es. Il Denaro e Il Manifesto del 26.3.04, ma anche le notizie e le immagini di Nuova Ecologia (http://www.lanuovaecologia.it/rifiuti/politiche/2999.php).

85 Per De Lucia − prima che fossero “pubblici” − l’iscrizione dei suoli nel bilancio Ci-

mimontubi alla metà del valore stimato in precedenza era stato invece il primo buon risultato della Variante.

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mata a dare il suo contributo attraverso la formula dei concorsi internazio-nali. Dal progetto urbano si attendono dunque soluzioni convincenti per al-berghi e case più gradevoli e anche più interessanti dal punto di vista eco-nomico86. E ancora ai progetti si chiede di ritagliare zone da trattare e gesti-re in modi differenti, all’interno di un parco ancora unitario, come nella pe-rimetrazione della Variante.

Resta del tutto aperta, invece, la questione delle attività che dovrebbero sostituire la fabbrica e rendere l’area viva, e non solo residenziale. Il centro congressi − sconsigliato dallo studio Acb-Rotschild e a detta di tutti defini-tivamente tramontato (anche se resta nella relazione del Pue) − dovrebbe essere sostituito da funzioni equivalenti tuttora non definite: città della mu-sica, galleria commerciale, centro velico, bioparco, museo e altre attività e attrezzature, o attrattori. E resta debole la costruzione delle scelte, sostan-zialmente affidata all’iniziativa di BagnoliFutura. Infine, per il contestato tema del porto-canale, forme e misure restano quelle del Pue originario, tut-tora vivamente avversate dal variegato fronte degli oppositori e sempre col-legate al tema del risarcimento ambientale, nel discorso del piano. Che con-tinua a proporre un waterfront senza colmata e senza costruzioni sul lato-mare, e una darsena che non interrompa troppo la spiaggia87.

86

A maggio 2005, con la approvazione definitiva del Pue, si è chiarito del tutto che il disegno degli uffici non è prescrittivo. Ripercorrendo le tappe del piano, la relazione dell’assessore al consiglio sottolinea infatti che il documento adottato nel 2003 ha notevol-mente modificato quello proposto. In consiglio è «entrato un piano molto più rigido e ne è uscito fuori un piano molto più flessibile». Una elasticità «raggiunta con piccoli interventi, a volte con qualche congiunzione o qualche verbo cambiato», che però consente di dare segui-to, senza modifiche ulteriori, alle richieste di cambiare le forme di singoli oggetti. Il punto fondamentale, insiste Papa, è stato dichiarare il planovolumetrico indicativo, mentre nella proposta iniziale era vincolante. Fermo restando «cosa fare e quanto farne per ciascun lot-to», “come” farlo viene dunque demandato ai concorsi «o comunque alle scelte progettuali che attengono l’insediamento» (Comune di Napoli, 2005).

87 Quando nel 2005, alcuni consiglieri hanno ricordato al Sindaco che l’autorità portale

e perfino alcuni assessori continuano ad esprimere dubbi sul porto canale, Iervolino ha insi-stito che ci sono da fare solo delle verifiche tecniche, «ma Porto Canale è e Porto Canale deve rimanere, è già deciso nel Piano Urbanistico Esecutivo, quindi, non c’è da parlare né con Nerli, né con Oddati e nemmeno con il Presidente della Repubblica; questo proprio per affermare tutti insieme [...] la sovranità e la centralità del Consiglio Comunale, cioè degli eletti dal popolo» (Comune di Napoli, 2005). Le cose tuttavia sono più combattute di quel che il sindaco sembra pensare, e dunque la questione del porto-canale resta aperta, anche dopo i concorsi. I progetti presentati hanno infatti tutti rispettato le indicazioni del Pue e del bando (com’era ovvio), ma ciò non toglie che restino vive alternative e opposizioni di vario tipo, a volte da parte di attori che esercitano un decisivo ruolo di gatekeeper (come nel caso della Soprintendenza).

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Tentando, allora, di trarre qualche considerazione conclusiva dal lungo racconto proposto, proverei a concentrare l’attenzione essenzialmente su tre aspetti.

Il primo riguarda la strategia seguita nelle fasi iniziali, dove sia

l’amministrazione che gli altri attori rilevanti sembrano convinti di poter chiudere la partita vincendo un gioco a somma zero. Penso per esempio allo scontro Comune-Fondazione Idis, ma anche ad altre forzature ricordate.

In effetti, i momenti in cui il processo sembra arrivare a una conclusio-ne, con la vittoria del Comune contro altri stakeholders, o viceversa, sono anche quelli che (ri)portano l’intera vicenda in stallo. D’altra parte, gli spa-zi di negoziazione che, nel tempo, stemperano realisticamente la durezza dei propositi iniziali non producono condivisione (quasi per definizione, direi) ma pure mediazioni, non sempre di alto livello, spesso non esplicitate e (pertanto) mai sufficienti per sbloccare il gioco, incapaci di liberare un qualche potenziale innovativo.

Un secondo tratto, duplice, che caratterizza l’intera storia è il suo intrec-

cio strettissimo con l’intero contesto delle politiche urbane napoletane. Da un lato il ruolo simbolico che fino dall’inizio l’amministrazione stessa at-tribuisce alle decisioni su Bagnoli; dall’altro l’idea di farne il laboratorio di un modo diverso di amministrare e di rapportarsi agli attori più e meno for-ti, cittadini e non. Entrambi i fattori, infatti, probabilmente moltiplicano l’influenza e la forza di posizioni e mosse dettate soprattutto da obiettivi di processo, con effetti negativi per il destino di Bagnoli. Gli attori che pro-gressivamente si incontrano e si affrontano nei round degli Indirizzi, della Variante, del Pue, della Coppa America e successivi, sono sostanzialmente gli stessi che progressivamente entrano o escono dal gioco in molte altre partite parallele. E portano al tavolo eternamente aperto su Bagnoli − sem-pre troppo virtuale − posizioni che servono anche o soprattutto a strappare risultati su altri tavoli. Per parte sua, l'aspetto simbolico favorisce una sorta di ipocrisia della civiltà, ma rovesciata. Nessuno può dire di volere meno verde o meno spiaggia − pena la massima impopolarità − ma il processo e il contesto più che invitare o costringere a sostenere in termini convincenti ragioni (più o meno inconfessabili), spingono a mascherarle dietro argo-menti e retoriche pubblicamente e generalmente accettati. Nascono così, credo, paradossi come quello degli attori economici che si battono contro la presunta cementificazione indotta da cubature concentrate in un’area piut-tosto che in altre (più panoramiche), o come quello del porto canale che scava la costa, difeso a spada tratta da un’amministrazione che tenta di atti-

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rare investitori, senza mai ammainare la bandiera del ripristino della spiag-gia.

E qui siamo al confine con il terzo punto critico, che riguarda l’impostazione iniziale del piano: che non aiuta la creazione di visioni con-divise, e anzi spesso − ancora oggi − le ostacola.

Mentre infatti la volontà di segnare una discontinuità con gli anni ‘80

può spiegare la scelta iper-pubblicista − con tutte le fragilità che si è cerca-to di mettere in evidenza − la costruzione del mito di Bagnoli-luogo-ameno, sostanzialmente già compiuta con la prima bozza della Variante, a mio av-viso letteralmente blocca un processo di immaginazione sociale potenzial-mente molto più ricco e impedisce di sperimentare lungo il tempo del piano (e della bonifica) futuri diversi, costruiti anche attraverso pratiche e usi rin-novati dei luoghi.

L’esempio del Rockfestival è significativo anche da questo punto di vi-sta. Dopo l’entusiasmo della prima edizione, non c’è spazio per trasformare l’evento periodico in una presenza più stabile, anche se non definitiva. Per-chè? Forse per la forza di altri interessi, o per il timore di stabilire un pre-cedente cui altri, meno graditi, potrebbero appellarsi, o ancora per l’eccesso di carichi che distrae il sindaco-ministro, le idiosincrasie di singoli funzio-nari e così via. Non ho una risposta, e del resto l’episodio è davvero solo un esempio delle tante altre occasioni perdute, anche piccole, spesso legate al-le storie di soggetti meno forti, che non riescono mai a diventare davvero attori del processo e a conquistare una visibilità paragonabile a quella degli attori che occupano da sempre lo spazio del dibattito su Bagnoli.

Questo ultimo punto, secondo me, è decisivo ancora oggi. Sarò ostinata,

ma continuo a pensare che il problema di Bagnoli non era e non è tanto co-me fronteggiare gli appetiti del blocco edilizio, ma piuttosto come e in che direzioni rimescolare e allargare il network tipico della città, se si vuole anche per limitare il peso degli attori tradizionalmente forti a Napoli. E re-sto dell’idea che la chiave più utile per fare emergere soluzioni innovative a un problema tutto da costruire (e Bagnoli è un problema di questo tipo) era ed è un approccio più incrementale, più aperto all’interazione, più attento alle risorse locali (naturali, fisiche, sociali e umane), più curioso di ciò che può nascere da incroci fra soggetti e progetti micro e macro.

Da questo punto di vista, la logica della consultazione in sequenza di soggetti che non si incontrano mai fra loro – unica forma di relazione con gli stakeholders utilizzata in tutte le fasi – non è fertile.

Infine, sono convinta che si potrebbe-dovrebbe ancora tentare una svolta di tipo deliberativo, se si vuole che progetti e concorsi non si traducano (al

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più) in cose (opere pubbliche o private che siano) ma possano aiutare a fa-re-città, o almeno non ostacolare il fare-città. E non mi scandalizzerei se, per cambiare davvero rotta, occorresse variare in qualche punto la variante e allontanarsi dalle sue retoriche, che del resto appartengono a un ciclo or-mai chiuso.

Molti anni fa, da studente e poi da aspirante studiosa, mi ero appassiona-ta (come molti) alla vita della fabbrica e l’ostinazione − che riconosco e mi concedo − dipende probabilmente dall’idea, nata allora, che una buona tra-sformazione di quel posto debba fare i conti non solo con gli spazi e gli in-teressi, ma anche con il senso del tempo, le pratiche del luogo, e molti im-maginari. Con la storia recente − che non si può né saltare né ridurre ad ar-cheologia industriale − e con i momenti di passaggio verso un futuro neces-sariamente incerto, che andrebbero sottolineati non solo quando si distrug-ge il passato, ma anche quando accade che si materializzi un pezzetto di fu-turo, magari per caso.

Non riesco a cambiare opinione. Quella idea, oggi, mi torna in mente ogni volta che incontro Bagnoli, nelle carte scritte e disegnate o nella realtà. Quando vedo la colmata che si copre di erbacce, e mi domando come sa-rebbe con l’aggiunta di un po' di vegetazione pioniera. Quando la notti si animano, anche di automobili, per il rock o per Paolini che recita in quel che resta della fabbrica. Quando riconosco Bagnoli nelle location di Un po-sto al Sole o della Squadra. Quando incontro i bagnolesi in gran tiro, che si godono il pontile Nord senza chioschi, sdraio, ombrelloni e tutto quello che troverebbero – per dire − alla plage senza mare di Parigi. E anche quando − andando da piazza Bagnoli a Città della Scienza − continuo a non incontra-re nessuno lungo via Coroglio, perché il mare che c’è, in attesa della futura e ininterrotta spiaggia, resta per lunghissimi tratti inaccessibile anche solo alla vista, causa un semplice muro.

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Fig. 1 La zonizzazione dell’ambito di Coroglio nella Proposta di Variante Il rapporto tra parco e “insediamenti urbani integrati” immaginato nella fase iniziale per-mette lo sviluppo di ipotesi più articolate di quelle che poi saranno possibili secondo la Variante approvata. La collocazione marginale del parco, all’epoca della proposta, fu però uno dei punti più contestati. Da molte parti, si sosteneva infatti che così − al di là delle quantità di verde previste − la proposta lasciava spazio a vecchie e nuove ipotesi di “cementificazione”. Da notare che la base cartografica utilizzata non raffigura l’area così come si presentava dagli anni ’80, ma fa riferimento a una rappresentazione approssimativa e molto diffusa, difficilmente localizzabile nel tempo. Le costruzioni si riferiscono infatti, più o meno, alla organizzazione della fabbrica della metà degli anni ’60, mentre per altre parti il disegno rinvia addirittura a stadi precedenti. Manca perciò del tutto la colmata a mare (realizzata negli anni ’60), mentre sono presenti sia il pontile Nord che il più antico pontile Sud, che appaiono tuttavia strutture assai più dimesse di quelle reali. I numeri in bianco indicano le destinazioni previste. In particolare, nella zona 1. erano previsti "Insediamenti urbani integrati" ovvero: "residenza, ricerca e sviluppo, terziario e ricettivo"; nella zona 2. e nella 4. il parco e la spiaggia mentre per la zona 3 la definizio-ne – più descrittiva che prescrittiva – è "agglomerati urbani di recente fomazione".

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Fig. 3 L’area di Coroglio immaginata Il disegno è solo uno schizzo rapido ed evocativo. Nel pia-no non è un elaborato partico-larmente importante, ma (in-volontariamente e indiretta-mente) parla dell'idea di rap-porto con il tempo e perfino dell'idea di parco (ma anche di città) che in qualche modo guidano lo stile di piano. Il bambino (o forse l'operaio) che nella prima immagine guarda l'area "deturpata" dalla fabbrica, nella seconda figura non è invecchiato, come se le trasformazioni potessero esse-re istantanee. Inoltre, nelle due scenette c'è una straordi-naria assenza di vita: a mare non ci sono barche, nella fab-brica non ci sono operai né auto e anche nel nuovo parco, pieno di verde maturo, come sulla spiaggia recuperata, regna il deserto più totale: nessuno che corre, gioca, prende il sole, mangia, legge il giornale ...

Fig. 2 La zonizzazione dell’ambito di Coroglio nella Variante approvata La disciplina della Variante approvata prevede: nuove zone A, che comprendono anche la Mostra d’Oltremare e la Nato (dove sono previsti successivi piani esecutivi) e il Parco archeologico di Posillipo; nuove zone B, dove è consentita la ristrutturazione edilizia, a volte con piccoli piani esecutivi; nuove zone D, destinate a insediamenti per la produzio-ne di beni e servizi, che comprendono l’area termale di Agnano e l’ambito Pisciarelli; nuove zone E, definite come componenti strutturanti la conformazione naturale del terri-torio e sottoposte a tutela del paesaggio e delle attività agricole; nuove zone F, riservate a parchi e verde sportivo, attrezzature e impianti; nuove zone G, insediamenti urbani inte-grati, che sostanzialmente coincidono con le aree ex-industriali di Coroglio. Sono evidenti le differenze rispetto alla prima proposta. Di contenuto − la perimetrazione del parco individua con chiarezza l’area destinata a un verde, cui sono attribuiti indici di impermeabilità e di edificabilità ridottissimi − e nello stile della rappresentazione, più at-tenta alle forme reali della fabbrica post-ristrutturazione. Resta l’enfasi sulla bellezza del luogo nei disegni meno convenzionali.

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Figg. 4-5 L’ambito di Coroglio nel Pue e secondo il progetto Persico Come si vede immediatamente, nella versione Persico, lo spazio occupato dal porto-canale è ben più consistente che nel planovolumetrico Pue, inoltre una serie di strutture per la gara occupa parte del parco. E ancora, mentre nel Pue verde e spiaggia sostituisco-no tutte le strutture destinate alla demolizione dalla variante generale (Cementir, Città della Scienza lato-mare, borghetto di Coroglio), nel disegno della Persico i fabbricati col-locati in aree esterne a quelle ex-Ilva sono ancora presenti come enclave diverse, la cui identificazione viene facilitata dall'assenza di colore.

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Fig. 6 Le fasi di attuazione del progetto per l’area dell'evento nell'ipotesi Coppa America Al n.23 (fase gennaio 2007) si trova anche il “farfallario” che fu all’epoca motivo di grande ilarità.

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Fig. 7 Sul pontile Nord ristrutturato, oggi L'immagine, da Flickr, rende l'idea della vita che si svolge nelle parti accessibili dell'area ex-Ilva. I commenti degli utenti indicano desideri "banali" di person che sono affezionate al sito. La foto è di Freeariello: A Walk in to the Sea, licenza Creative Common (attribu-tion, no commercial, no derivative work).

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