Indice - roccogumina.files.wordpress.com · prof. Roberto Osculati nell’anno accademico 2011/12...

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1 Indice - Introduzione pag. 2 - Cap. 1° Profilo biografico pag. 3 - Cap. 2° Etica ed economia pag. 5 - Cap. 3° Tra questione ecclesiale e questioni sociali, politiche e culturali pag. 10 - Cap. 4° “Verso” la santità pag. 16 - Bibliografia pag. 22

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Indice

- Introduzione pag. 2

- Cap. 1° Profilo biografico pag. 3

- Cap. 2° Etica ed economia pag. 5

- Cap. 3° Tra questione ecclesiale e questioni sociali, politiche e culturali pag. 10

- Cap. 4° “Verso” la santità pag. 16

- Bibliografia pag. 22

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Introduzione:

Il tema specifico del mio lavoro seminariale, all’interno del seminario condotto dal

prof. Roberto Osculati nell’anno accademico 2011/12 presso la Facoltà Teologica di Sicilia

«San Giovanni Evangelista» dal titolo generale: “Il pensiero cristiano nell’Italia unita

(1861-2011)”, è il seguente: “Giuseppe Toniolo: un laico fedele alla Chiesa”. La mia

ricerca ha l’intenzione di presentare, con tutti i limiti di un lavoro di natura seminariale, la

figura di Giuseppe Toniolo, laico, marito e padre di sette figli, all’interno del vasto

contributo che i cattolici hanno dato nel corso dei secoli per l’elaborazione, la formazione e

il consolidamento del pensiero cristiano sia nel popolo che nella nazione italiana. Ho

organizzato e realizzato la mia analisi tramite quattro punti che sono:

1) “Profilo biografico”: una breve presentazione sulla vita, la formazione e le attività di

Giuseppe Toniolo, docente universitario, impegnato nel movimento cattolico italiano

tramite l’Opera dei Congressi e attraverso associazioni e organizzazioni da lui promosse e

sostenute;

2) “Etica ed economia”: nella quale sezione del mio lavoro ho cercato di sintetizzare

l’ampia e importante lezione del Toniolo sul rapporto tra etica ed economia, le quali per

valorizzare pienamente l’uomo come perno della società, di qualsiasi civiltà, non possono

mai essere scisse;

3) “Tra questione ecclesiale e questioni sociali, politiche e culturali”: nel quale capitolo ho

inteso presentare le attività, gli interesse, gli impegni del Toniolo nella società e nella

cultura ecclesiale, politica, sociale del tempo, cercando di far emergere il suo contributo di

laico competente e attivo e allo stesso tempo fedele alla Chiesa per la quale si mise

pienamente a servizio;

4) “Verso la santità”: dove ho cercato di delineare maggiormente l’aspetto della

spiritualità del Toniolo, laico, marito, padre e docente universitario. Un cammino, la sua

vita, sempre compiuto alla divina presenza, sostenuto da essa, con unico culmine essa.

Cammino che trova nella beatificazione del prossimo 29 aprile, un momento di importante

riflessione e proposta della figura di santità del Servo di Dio Giuseppe Toniolo.

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Cap. 1° Profilo biografico:

Giuseppe Toniolo è il più genuino rappresentante dell’epoca leoniana. Egli, a buon

diritto, può essere considerato l’anima e il propulsore del risveglio post-risorgimentale del

mondo cattolico italiano ed europeo.1 Nel suo pensiero politico si individuano due precisi

scopi: a) ricondurre la cultura occidentale nell’alveo del cattolicesimo, sottraendola

all’ipoteca illuminista; b) reagire, con idee chiare e con la mobilitazione degli uomini colti e

del popolo, al dilagante marxismo che si fonda su una concezione materialistica della

storia. Le opere del Toniolo ci offrono una prima impegnata confutazione delle dottrine

filosofiche - politiche ed economiche, che, sotto l’illuminismo e il marxismo erano

germogliate nel XVIII e XIX secolo. Il teorico trevigiano non si limita a una semplice critica

distruttiva, ma va oltre e affronta una serie di problemi teorici e pratici che i precedenti

cattolici avevano lasciato senza soluzione. Il Toniolo, postulando un ritorno alla fonte

evangelica, per un’applicazione dei valori cristiani, propone una “giusta e realistica”

soluzione alla questione sociale. Le sue teorie hanno come base la migliore produzione

filosofica cattolica, dove potremmo benissimo parlare di neo-tomismo. Di questo Toniolo

fu consapevole ed anzi, con Leone XIII, si adoperò per un rilancio della filosofia di San

Tommaso d’Aquino e per un aggiornamento della stessa. A lui, senza dubbio, si deve il

merito della lievitazione morale e ideologica dell’organizzazione politica cattolica.

Nonostante possa apparire incontestabile l’attribuzione al Toniolo della paternità della

democrazia cristiana italiana, il “gran consigliere” di Leone XIII è ancora da scoprire.2

Giuseppe Toniolo nacque a Treviso nel 1845 e morì a Pisa nel 1918. L’ambiente

familiare ebbe grande importanza nella sua formazione. La madre Isabella Alessandri e il

padre Antonio, insieme allo zio materno Alessandro e a mons. Luigi dalla Vecchia,

educarono il piccolo Giuseppe verso una profonda sensibilità religiosa. Nel 1863 si iscrisse

alla facoltà politico-legale dell’Università di Padova. Conseguita la laurea, intraprese la

carriera universitaria e nel 1868 fu nominato assistente alla cattedra giuridico - politica di

Padova. Nel 1878, in seguito a vincita di concorso, ottenne la cattedra di economia politica

all’Università di Modena. Incarico che coprì per breve tempo perché nel 1879 passò

all’Università di Pisa dove insegnò sino al 1917. Il decennio 1879-89 coincise per il Toniolo

con un periodo di fervida attività intellettuale, oltre ad approfondire la conoscenza della

cultura tedesca, egli allargò i propri orizzonti nel mondo scientifico franco-belga. La sua

presenza nel movimento cattolico fu all’inizio non troppo evidente. Fu l’amicizia con

Stanislao Medolago Albani a sospingerlo sulla via di un impegno più attivo e diretto. Nel

1889 fondò l’Unione cattolica per gli studi sociali. Il sodalizio intendeva occuparsi di tutte

le scienze sociali (distinte dalla politica) fino a quella onnicomprensiva che è la sociologia.

Alla base dell’impegnativo programma c’era la convinzione che la cultura avesse un

indiscutibile primato sulle contingenze dalla prassi. La coscienza della realtà sociale creata

dal capitalismo moderno e dal conseguente sviluppo del proletariato, come pure la

crescente avanzata del socialismo, anche nelle campagne, spinse il Toniolo a redigere “Il

programma dei cattolici di fronte al socialismo”, che fu discusso e approvato da

un’assemblea dell’Unione Cattolica del gennaio del 1894. Egli fu attivo anche presso

l’Opera dei Congressi. Nella conferenza di Fiesole del 1896, Toniolo affrontò il tema dei

rapporti tra cristianesimo e credito, riproponendo così, l’importanza dei rapporti intrinseci

1 Cfr. E. Guccione, Cristianesimo sociale in Giuseppe Toniolo, Humanitas, Palermo 1972, p. 7. 2 Cfr. Ibidem, pp. 8-9.

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tra etica ed economia. Con il suo saggio del 1897 dal titolo “Il concetto cristiano della

democrazia” propose una lettura rinnovata dell’impegno dei cattolici nella società, la quale

doveva essere sposata, per Toniolo, dalla stessa Opera dei Congressi. Ma per via della

posizioni di Romolo Murri, la Santa Sede s’irrigidì e nel 1904 sciolse l’Opera. Durante il

pontificato di Pio X poté contare sul favore degli ambienti vaticani. La progressiva

attenuazione del “non expedit” e gli sviluppi sul clerico-moderatismo riscossero presso il

Toniolo un moderato consenso, derivante più dall’incondizionata obbedienza agli

orientamenti del pontefice, che da convinta adesione individuale. In realtà egli si sentiva

estraneo al diretto impegno politico, mentre al contrario desiderava accentuare l’impegno

sociale. In tal senso si fece promotore delle “Settimane sociali”.3

Nella sua prospettiva l’ordinamento economico e giuridico della società dipende in

modo molto accentuato dalle idee morali e religiose. Non sono i fenomeni materiali a

determinare con una loro logica infallibile le condizioni umane, ma è possibile progettare

un ordine sociale in base a convinzioni morali. Toniolo fu uno dei principali teorizzatori

della democrazia cristiana come forma di vita pubblica che vuole contemperare la libertà

e la solidarietà, realizzazioni moderne degli ideali morali cristiani. Lo studioso laico di

economia politica ebbe una grande influenza su Leone XIII e sul suo orientamento sociale,

teorizzato nell’enciclica “Rerum novarum”.4

3 Cfr. P. Pecorari in: AA. VV., Dizionario storico del movimento cattolico in Italia 1860-1980, vol. II, Casale Monferrato 1982, pp. 636-644. 4 Cfr. R. Osculati, La teologia cristiana nel suo sviluppo storico, vol. II, Cinisello Balsamo 1997, p. 495-496.

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Cap. 2° Etica ed economia:

Al tempo di Toniolo il liberismo dominava il campo teorico e pratico. La teoria

economica predominante non sapeva andare molto più in là del principio secondo cui,

osservate le leggi dell’homo oeconomicus, ne sarebbe derivato un vantaggio per tutti. Era

questo, per la dottrina liberista classica, il bene comune. La scienza economica, così, finiva

col fare il gioco delle brame padronali, sostenendo una visione dell’economia

sostanzialmente avulsa dalla prospettiva etica. Toniolo si cimentò criticamente con questo

orizzonte culturale. Tra le diverse tendenze, si lasciò interpellare dalla cosiddetta “scuola

storica”. In sostanza, pur non rifiutando il modello delle leggi economiche, tale scuola lo

ridisegnava tenendo conto del vissuto, rifiutando l’astrazione dell’homo oeconomicus,

ponendosi dal punto di vista antropologico, concreto e globale. Toniolo fece logica

applicazione di questo principio soprattutto alla dimensione etica: «Una spregiudicata

analisi della natura complessa dell’uomo addita infatti in lui, accanto al principio dell’utile

ancora quello dello spontaneo riconoscimento di una legge morale imperante che ingenera

la coscienza del dovere».5 Con questa cifra insieme etica e programmatica, Toniolo

affrontò la questione sociale. Una questione che aveva trovato solleciti cultori anche tra i

cattolici: basti ricordare le riflessioni di Ketteler, futuro vescovo di Magonza. Riteneva

urgente dare una risposta non puramente negativa, ma positiva e programmatica, alla

lettura socialista e marxista della questione sociale. Giunse a far suo, in traduzione

evangelica, l’appello di Marx: «Proletari di tutto il mondo, unitevi in Cristo sotto il vessillo

della Chiesa».6 Già prima dell’enciclica leoniana sulla questione operaia aveva dato vita,

nel 1889, all’Unione cattolica per gli studi sociali da cui derivò il “Programma dei cattolici

di fronte al socialismo”. Non era un programma politico, soltanto perché allora di politica

non se ne poteva ancora parlare, ma con esso cominciava la lunga marcia verso il Partito

Popolare di Sturzo. Su questa base teorica si sviluppò la prassi democratico - cristiana di

cui si fecero protagonisti soprattutto i giovani cattolici galvanizzati dalla guida di Romolo

Murri.7

Quanti, impegnati o no nella vita politica e sociale, non potranno fare a meno di

tenere sempre presente il rapporto etica-economia e non potranno non adoperarsi per

realizzare quel modello di democrazia illustrato e auspicato dal Toniolo. Il socialismo

scientifico, continua a porsi non solo come superamento di ogni diversa dottrina filosofica

e politica, ma anche come prassi rivoluzionaria. Nei confronti della religione, il

superamento diventa impegno di lotta per affrancare l’uomo dall’alienazione. Egli rifiuta in

modo categorico il tentativo di unione tra il socialismo scientifico e la religione. Toniolo fu

tra i primi a dimostrare che chi vuole fare una scelta non può assolutamente approdare ad

una via di mezzo tra cristianesimo e materialismo. Non c’è scampo: o l’uno o l’altro. Il

problema, esaminato sotto più larga luce, ci porta lontano, fino alle origini delle prime

correnti filosofiche cristiane, e ci richiama l’opera “De Civitate Dei” di Sant’Agostino, che

sollecitò in Toniolo lunghe e profonde meditazioni. Le due città di cui parla il vescovo

d’Ippona, infatti, rappresentano una contrapposizione ideale tra due modi di concepire la

vita associata: un modo che fa dei beni materiali l’unico, supremo scopo dell’esistenza

umana, sovvertendo l’ordine dei valori; l’altro che riconosce nei beni materiali, e nella

5 G. Toniolo, Trattato di economia sociale, p. 270. 6 Idem, Democrazia cristiana. Concetti e indirizzi, Città del Vaticano 1949, p. 145. 7 Cfr. D. Sorrentino, La figura di Giuseppe Toniolo, in: AA. VV. (a cura di M. Simone), Il bene comune oggi. Un impegno che viene da lontano. Atti della 45 ͣ Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, EDB, Bologna 2008, pp. 58-63.

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politica che li amministra, un puro strumento di fini spirituali. Tra le due città non può

esistere alcuna possibilità d’intesa, in quanto la vita di ognuna di esse si svolge su principi

e fini che si escludono e si rinnegano vicendevolmente.8

In merito all’organizzazione corporativa dello Stato, Toniolo, ritenendo che essa sia

l’unica forma per la realizzazione dell’ordine sociale cristiano, vuole contrapporla sia al

caos esistente ai suoi tempi nei rapporti tra lavoratori e datori di lavoro, sia alle previsioni

socialiste. Tra i due estremi, il pensatore politico cattolico sceglie una terza strada: il

corporativismo. Lo ritiene un sistema più congenito alla natura dell’uomo che è portato ad

associarsi con i suoi simili e con quelli che, tra i suoi simili, compiano il suo stesso lavoro o

appartengano alla stessa categoria: «Non vi è ha programma sociale cattolico di alcun

paese, che non abbia inserito come articolo fondamentale la ricostituzione della società

per classi (Corporazioni)».9 Non molto tempo dopo di lui, un grande filosofo cattolico,

anch’egli neo-tomista, riproporrà il “corporativismo cristiano” come adeguata soluzione

alla questione sociale. Si tratta di Jacques Maritain, il quale attinge al pensiero economico-

sociale di La Tour du Pin e lo sviluppa, è sullo stesso binario del Toniolo. Tale

corporativismo, salvaguardando le libertà sindacali si propone di sopprimere il «regime del

primato del profitto del denaro»10 per dare, attraverso una effettiva collaborazione tra

capitalisti e lavoratori, un volto umano e morale al mondo del lavoro. Al principio

marxistico della lotta di classe il Toniolo intende sostituire, infatti, quello della

collaborazione: «Ogni istituto economico deve estimarsi dalla sua efficacia finale, per cui

col massimo di utilità si rafforzi la giustizia distributiva fra le parti interessate e insieme si

conservi la solidarietà sociale nell’ordine civile e politico».11 Il sistema corporativo, per sua

stessa natura, abitua operai e datori di lavoro a considerarsi collaboratori di una stessa

azienda. E ciò porta l’industriale a riflettere e ad operare in modo tale che, trattando bene

i suoi dipendenti, curandosi della loro salute e non sfruttando le loro energie, egli vedrà

migliorare la sua produzione in senso quantitativo e qualitativo. Al Toniolo non è sfuggito

questo sano principio di economia, infatti, “l’azionariato operaio” mentre da un lato sgrava

i lavoratori dalle dirette responsabilità della gestione dell’azienda, dall’altro li mette nelle

condizioni di diventare datori di lavoro di sé medesimi: «Queste Corporazioni ringiovanite

formano la grande promessa dell’avvenire, possono generalmente considerarsi come il

completamento delle altre istituzioni sociali cattoliche».12 Essi non si considereranno più gli

schiavi del padrone, ma i collaboratori di colui che investe maggior capitale. Come

azionisti godranno di voto deliberativo nelle assemblee della società e, pertanto, avranno

diritto di controllare l’amministrazione dell’azienda e di contribuire allo sviluppo di essa.

Proponendo l’istituzione dell’azionariato operaio il Toniolo certamente intese salvaguardare

la dignità dell’operaio: «L’infelice rapporto fra capitalisti e lavoratori si radicò nell’età

nostra, per tenace resistenza delle classi imprenditrici».13 Il principio è ritenuto valido

anche ai nostri giorni per rinsaldare l’armonia nei rapporti tra lavoratori e datori di lavoro,

molto spesso turbata.14

8 Cfr. E. Guccione, op. cit., pp. 71-74. 9 G. Toniolo, Lettera a Vincenzo Mangano, Pisa 17 marzo 1898. 10 J. Maritain, Umanesimo integrale, p. 219. 11 G. Toniolo, Intervento del prof. Toniolo alla Settimana Sociale di Pistoia (1907). 12 Idem, Lettera a Vincenzo Mangano, Pisa 17 marzo 1898. 13 Idem, Intervento del prof. Toniolo alla Settimana Sociale di Pistoia (1907). 14 Cfr. E. Guccione, op. cit., pp. 75-77.

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In Toniolo la questione investe anche il campo dell’etica. In lui è viva le certezza

dell’era cristiana e in tutta la sua opera scientifica e politica sussiste la «messianica

aspettazione di un ordine nuovo».15 La sua dottrina è pervasa da un “evangelismo politico”

tendente a ricondurre le cose alla verità e a reintegrare, richiamandosi all’antica e

originale fonte cristiana. Per tutta la sua vita, nei rapporti privati e in quelli pubblici, il

Toniolo parlò sempre un linguaggio di scienza e fede. Fu sempre convinto dei valori

professati e lì praticò con coerenza e con costanza. La conferma della bontà della sua

riflessione viene dall’influenza, del suo pensiero, nella storia della dottrina sociale della

Chiesa. Giovanni XXIII, infatti, si considerava discepolo del Toniolo. Le due encicliche

“Mater et Magistra” e “Pacem in Terris” sono di netta ispirazione tonioliana in quelle parti

relative al mondo del lavoro. Esse si riallacciano alla dottrina di Leone XIII, il quale, aveva

fatto proprio il pensiero di Toniolo sulle questioni sociali. La stretta parentela ideologica tra

Giovanni XXIII e Giuseppe Toniolo trova le sue radici nella genuina interpretazione ed

applicazione che l’uno e l’altro fecero del vangelo. Toniolo pur tra le sue incertezze e le

sue inesperienze di organizzatore politico, rappresenta la pietra miliare del movimento

cattolico costituitosi in Italia dopo la caduta del potere temporale della Chiesa. La sua

azione e la sua fama si propagarono a così largo raggio che egli deve anche essere

considerato uno dei principali teorici della scuola sociale cattolica internazionale. Sostituire

o togliere, la lezione del Toniolo, dal grande edificio dottrinario del cristianesimo sociale

significherebbe provocare una frana ideologica di imprevedibile portata.16

La posizione di Giuseppe Toniolo di fronte agli indirizzi economici sociali del suo

tempo è abbastanza chiara: «Sia per coerenza al nostro programma, che attinge la

ragione prima dalla fede e dalla tradizione cattolica, sia per imporsi al rispetto degli

avversari, occorre che ogni atto e ogni passo, risponda a principi anteriormente bene

assoldati nel dominio religioso e scientifico».17 La sua indagine e la sua critica partono da

presupposti filosofici: «Tutte le scienze ricevono direzione e colorito da quella scienza

suprema che è la filosofia, ancella e ministra, alla sua volta, delle scienze del

soprannaturale o religiose».18 La definizione di filosofia ancella della teologia è propria di

Tommaso d’Aquino. I mali del XIX secolo, secondo Toniolo, hanno i loro germi nella

rivoluzione religiosa della Germania del XVI secolo e in quella sociale della Francia del

XVIII secolo. A causa di questi due movimenti, germogliò la dottrina filosofica

dell’individualismo, espressa sistematicamente con Kant. Da questo individualismo ne

consegue l’accantonamento d’ogni legge morale e il crollo d’ogni valore, quale la famiglia,

la società, lo Stato, la religione. A tali risultati, secondo Toniolo, porta la stessa dottrina

individualista di Adam Smith. Egli distingue nell’individualismo tre precisi caratteri:

a)l’utilitarismo materiale; b)il cosmopolitismo egualitario; c)il liberalismo. Il primo

carattere è dato dal fatto che l’uomo, non riconoscendo alcuna legge morale e agendo al

di fuori di essa, dà a ogni sua azione uno scopo utilitaristico, senza tenere presente il bene

comune. Il cosmopolitismo egualitario non avendo una base cristiana, giunge a un

appiattimento degli individui. Il liberalismo porta l’uomo a vedere lo Stato come una

“dolorosa necessità”, addirittura un nemico che con la sua onnipresenza comprime lo

15 G. Dalla Torre, Eredità politico-sociale di Giuseppe Toniolo, Tipografia Editrice Trevigiana, Treviso 1959, p. 4. 16 Cfr. E. Guccione, op. cit., pp. 78-81. 17 G. Toniolo, Lettera a Vincenzo Mangano, Pisa 17 marzo 1898. 18 Idem, I principii cristiani di fronte agli indirizzi dell’economia sociale, in: Scritti scelti di Giuseppe Toniolo (a cura di F. Meda), p. 123.

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slancio dell’azione individuale. Da questo la sfiducia nei riguardi delle leggi e la tendenza

di ottenere la più ampia libertà possibile. Per Toniolo non è così: «Tra i diversi organismi

della società corrono rapporto diversi e diverse dipendenze; così in una società qual è lo

Stato, vi è necessariamente chi comanda e chi obbedisce. Il moto verso il meglio degli

uomini costituiti in società, non si esaurisce mai: ma sempre resta loro da percorrere nella

civiltà. Questa è l’essenza della civiltà: un godimento, una fruizione di più alti beni morali,

come la perfezione dello spirito di ogni individuo, la preparazione ad una vita

soprannaturale, una coscienza retta, l’onestà del costume, la santità della famiglia».19

L’individualismo incontra una prima reazione nel socialismo. Toniolo quando parla di

socialismo si riferisce a Proudhon e a Engels – Marx, e si affretta a precisare che quanto di

buono è in esso proviene dalla millenaria fonte del cristianesimo, il resto s’ispira a errate

filosofie e false dottrine religiose. Egli conosceva a fondo le teorie socialiste e intuiva come

esse, applicate alla realtà sociale, avrebbero potuto imporsi e, in molti casi, degenerare

oltre ogni previsione. In merito alla possibilità di un connubio ideologico o di una intesa tra

cristianesimo e socialismo, per la semplice soluzione dei problemi sociali, Giuseppe Toniolo

afferma categoricamente che tra le due dottrine non può esistere alcuna, vera, sincera

collaborazione, anche perché: «La Rivoluzione Cristiana fonte per eccellenza dell’ordine

sociale il cui fine è il possesso della civiltà nel suo più alto grado. A questo altissimo punto

di civiltà tutti gli uomini aspirano incessantemente e non v’è che una società in cui esso

sia perfetto: il Cristianesimo».20 Il socialismo, seppure espressione di un malessere reale e

diffuso, non è altro che l’ultimo prodotto di una serie prolungata di violazioni dell’ordine

sociale cristiano, fondato sulla giustizia e sulla carità. Per evitare qualsiasi equivoco e

allontanare ogni sospetto, Toniolo respinge anche il nome di “socialismo cattolico” che

taluni danno al suo movimento, perché il «Socialismo è la negazione intrinseca del

cristianesimo e il suo programma è l’antitesi del nostro».21 In che cosa consista l’antitesi,

il Toniolo ce lo spiega in maniera esplicita e inequivocabile: «Il socialismo è ateo e noi

siamo religiosi; esso atterra la proprietà particolare e noi vogliamo rinfrancarla e

diffonderla; esso è distruttore, noi vogliamo ricostruire l’ordine gerarchico e per esso la

libertà legittima, l’eguaglianza proporzionale, la solidarietà negli intenti finali del vivere

civile. Nulla concediamo nemmeno ad un nuovo neo-cristianesimo sociale, vaporoso e

ingannevole che del cristianesimo è una sfigurazione».22 Cristianesimo e socialismo,

dunque, secondo il Toniolo, non hanno punti in comune e sono, per loro stessa natura,

inconciliabili. L’uno è diametralmente opposto all’altro e solo per un cedimento del

cristianesimo in favore del socialismo, si potrebbe giungere alla collaborazione dei due

movimenti.23

A tre mesi dalla sua morte, nel gennaio del 1919, i fondatori del Partito Popolare

Italiano, lanciando un appello agli italiani, riaffermavano solennemente le idee del

trevigiano, sottolineando che essi si presentavano alla vita politica con una precisa

bandiera morale e sociale e che si ispiravano ai: «saldi principi del cristianesimo che

consacrò la grande missione civilizzatrice dell’Italia, di fronte a democrazie sociali che

19 Idem, Appunti di lezioni di sociologia tenute dal prof. Toniolo nel seminario di Pisa (1909). 20 Ibidem. 21 Idem, Programma dei cattolici di fronte al socialismo, Ed. Cinque Lune, Roma 1957, p. 42. 22 Ibidem, pp. 42-43. 23 Cfr. E. Guccione, op. cit., pp. 35-44.

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tentano la materializzazione di ogni idealità, di fronte ai vecchi materialismi settari che,

nella forza dell’organismo statale centralizzato, resistono alle nuove correnti

affrancatrici».24 L’eredità del Toniolo sembrava riposta in buone mani.

24 Programma del Partito Popolare Italiano, LEI, Torino 1919, p. 27.

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Cap. 3° Tra questione ecclesiale e questioni sociali, politiche e culturali:

Negli anni della formazione giovanile del Toniolo, l’anelito all’unità d’Italia poteva

contare su consensi incrociati di non cattolici e di figli della Chiesa, questi ultimi in gran

parte affascinati dalla prospettiva ideologico-politica del neoguelfismo. L’unità d’Italia finì

col realizzarsi in un modo traumatico che, mentre unificava la geografia politica, creava

rotture sul fronte culturale e spirituale. Toniolo crebbe in quella tensione tra l’amore per la

Chiesa e l’amore per l’Italia. Si può comprendere che l’input patriottico ricevuto in famiglia

dovesse inclinarlo a una certa simpatia per i conciliatoristi. D’altra parte, la formazione

spirituale ed ecclesiale lo induceva ad una totale e pronta obbedienza alla gerarchia, e

dunque lo spingeva verso gli intransigenti. Optò per una militanza in campo intransigente,

ma con una sua tipica moderazione, e soprattutto una genialità progettuale, che gli fece

immettere nel cattolicesimo organizzato, uno spirito e un metodo destinati a preparare

nuovi e migliori rapporti tra Stato e Chiesa, iniziando negli anni ottanta a operare, prima

al riparo dell’anonimato e poi, apertamente, nell’Opera dei Congressi. I primi contributi del

Toniolo già rivelano la sua concezione di una carità non limitata all’assistenza, non

condotta con criteri occasionali e pragmatici, ma piuttosto sulla base di un’analisi in

qualche modo “scientifica” della vita sociale ed economica. Preso così la figura del

professore Toniolo diventa punto di riferimento fra i cattolici, aprendo una “terza via” fra

conciliatoristi e liberali, una via ispirata da un forte senso storico e dalla ricerca del bene

comune.25

Il pensiero sociale-politico e culturale di Giuseppe Toniolo si distingue per originalità

e soprattutto per una costante fedeltà alla morale cattolica. Della dottrina della Chiesa, in

molte occasioni, fu autorevole e autorizzato interprete. La sua personalità, sostenuta da

un carattere prudente e rispettoso delle convinzioni altrui, esercitò sugli altri un’azione

lenta, ma efficace. Il distacco del Murri dalla Chiesa comportò automaticamente la rottura

con Toniolo, che aveva tentato di recuperarlo indirizzandogli un lettera aperta dal tono

affettuoso e dal contenuto abbastanza duro. Ma Murri non ebbe riguardi per l’anziano

maestro e gli scatenò un aspro attacco, tacciandolo, fra l’altro, come “idealista

impenitente”. Contestare Toniolo significava non condividere e attaccare frontalmente la

dottrina sociale della Chiesa. Toniolo fu la figura più rilevante del movimento democratico

cristiano e anche il cultore più ortodosso della sociologia cristiana, egli veniva in tal modo

dalla scuola sociale cristiana ad assumere in Italia la posizione di capo riconosciuto. Leone

XIII fece proprio il pensiero di Toniolo sulle questioni sociali, tanto che alla vigilia della

promulgazione della Rerum novarum lo ebbe ripetutamente ospite in Vaticano. Fu tenuto

in gran considerazione anche da Pio X e da Benedetto XV e fu consultato ogni volta che la

Santa Sede dovette intervenire su questioni di carattere sociale. Giovanni XXIII era solito

parlare di Giuseppe Toniolo e lo additava come suo maestro di dottrine politiche e si

compiaceva, fra l’altro, di averlo conosciuto da vivo. Padre Agostino Gemelli ebbe

esplicitamente a scrivere che i giovani hanno da apprendere dal Toniolo, poiché la Chiesa

docente vide in lui la figura ideale del politico cristiano. I più preparati tra i giovani

nell’immediato dopoguerra, come Fanfani, intuirono l’importanza del pensiero tonioliano.26

La scuola sociale cristiana, o come egli amava chiamarla etico-cristiana, nasceva

come reazione alle scuole sorte durante l’età moderna. Il loro fallimento, imputato

25 Cfr. D. Sorrentino, op. cit., pp. 56-58. 26 Cfr. E. Guccione, op. cit., pp. 11-19.

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soprattutto al fatto che esse avevano decisamente rifiutato il dominio della morale

sull’economia e sulla politica, autorizzava i cattolici a organizzarsi e ad indicare nel rispetto

della norma morale, imposta da Dio, la chiave risolutrice di ogni problema. Sottolinea il

Toniolo: «La scuola etico-cristiana si contrassegna massimamente da quella

subordinazione della scienza economica all’etica cristiana, per cui non si riconosce la

legittimità scientifica e pratica delle leggi dell’utile, se non in quanto queste non si

oppongano alle leggi del dovere e anzi corrispondano ai fini morali di perfezione

individuale, civile e religiosa».27 I binomi morale-economia, morale-politica sono

indissolubili per Toniolo. È una questione di coerenza, di integralismo dottrinario, posizione

diversa da quegli atteggiamenti anacronistici e intransigenti visti da alcuni studiosi.

L’interesse della dottrina tonioliana, nell’Italia post-unificazione, consiste nel tentativo di

volere dare vita, o nuova ristrutturazione, a formule da lui ritenute sempre valide per

l’immutabile essenza della natura sociale e politica dell’uomo. Il Toniolo, da esperto

economista, poggiava saldamente i piedi a terra ed era ben lungi dal volere effettuare una

rigida applicazione degli schemi medioevali alla società del suo tempo. Credere, infatti,

alla bontà o all’efficacia di determinate strutture sociali o politiche, non vuol dire tornare

indietro; vuol dire, invece, servirsi dell’esperienza del passato per affrontare i problemi del

presente e del futuro.

Certo da cattolico impegnato, quale fu per tutta la sua vita, Toniolo si fece

protagonista del dramma del suo tempo, del dramma della Chiesa. Non volle sottrarsi alla

sua epoca, che, come tutte le epoche storiche, ha un proprio volto, un proprio tormento.

Egli era convinto che fosse giunto, anche per l’Italia, il momento di partecipare più

attivamente a quel filone ideologico della rinascita cattolica che in altri paesi europei aveva

avuto larga diffusione. Toniolo non si limitò ad attingere alla fonte di pensiero francese,

tedesca e inglese, ma, da cittadino della nuova Italia, non rifiutò il contributo delle

dottrine di Rosmini, Manzoni, Gioberti, Ventura, uomini di tendenze e mentalità diverse,

ma tutti profondamente cattolici. La corrente cattolico-sociale si contrappose fermamente

alle teorie socialiste del tempo, tendenti alla soppressione della proprietà privata e alla

sostituzione di essa con quella collettiva e nazionale. Due tendenze è possibile distinguere

in seno alla scuola cattolico-sociale europea. La prima è quella dei cosiddetti “riformatori

sociali” che si fanno promotori di riforme radicali per sanare un ordine economico tarato e

privo di ogni risorsa. L’altra è più moderata e realista e dà vita al movimento democratico

cristiano, il cui programma prevede la riorganizzazione della società in modo che tutte le

forze sociali, giuridiche ed economiche, cooperino al bene comune e al miglioramento delle

classi meno abbienti. Giuseppe Toniolo appartenne a questa seconda ala e presto ne fu

riconosciuto leader.28

La dottrina economica-sociale e politica del Toniolo si fonda sulla patristica e sulla

scolastica. Infatti, sant’Agostino e san Tommaso d’Aquino sono in suoi maggiori ispiratori

e sono ritenuti da lui stessi come «direttori spirituali»29 dei suoi studi. Nel travaglio

interiore del primo scorge la perenne angoscia dell’umanità di tutti i tempi, di fronte ai

problemi esistenziali, mentre nella sistematica filosofica del secondo scopre la strada della

verità. L’uno e l’altro, lo introducono sui binari del cattolicesimo e lo spingono ad

27 G. Toniolo, Trattato di economia sociale, LEF, Firenze 1907, vol. I, p. 134. 28 Cfr. E. Guccione, op. cit., pp. 20-23. 29 G. Toniolo, Memorie religiose, Vita e pensiero, Milano 1919, pp. 53-65.

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esprimersi, in armonia con i principi accettati, intorno alla nuova realtà politico-sociale.

Richiamarsi alle teorie medievali e accettarle con il preciso intento di innestarle nel

pensiero del XIX e del XX secolo, fu certamente un atto di coraggio da parte del Toniolo.

L’urgenza di una maggiore chiarezza filosofica in campo cattolico, oltre che dai gesuiti, fu

personalmente avvertita da Leone XIII. Il pontefice che, con il “Breve imperituro”

dell’agosto del 1880, volle solennemente proclamare san Tommaso d’Aquino «patrono

celeste di tutte le scuole, licei e accademie del mondo cattolico». Con tale riconoscimento

la Chiesa intendeva ancora una volta riconfermare la supremazia filosofica dell’Aquinate,

la quale aveva fatto sì che il cattolicesimo, consolidando la propria dottrina, estendesse in

ogni campo e a tutti i livelli la propria missione. Toniolo fu tra i più sensibili al richiamo di

Leone XIII. Egli fu, per sua natura, portato alla speculazione filosofica. Oltre ad essere

economista e sociologo, fu anche filosofo. Ogni sua teoria, ogni suo atteggiamento sono

caratterizzati da una serena e cristiana visone della realtà. Per il trevigiano la filosofia o

metafisica predispone all’economia i concetti fondamentali che costituiscono, a loro volta, i

presupposti indispensabili di questa scienza. Questi concetti sono: Dio, l’uomo, il mondo

esterno. Dio come principio e fine d’ogni ordine; l’uomo, in quanto autore e fine prossimo

delle relazioni economiche, è il soggetto dell’attività economica; il mondo esterno, come

mezzo a quei fini, è l’oggetto immediato dell’attività umana.

L’economia, in ogni sua manifestazione, deve farsi accompagnare e sorreggere

dall’etica che deve regolare tutta l’attività umana, sia in ordine ai fini superiori

dell’esistenza, sia ai fini inferiori, anche materiali. Spetta proprio all’etica dirigere l’uomo in

ogni sua azione. Don Luigi Sturzo riconosce in Toniolo «uno dei primi a sostenere nel

campo degli studi economici il concetto etico di società».30 Ne consegue, perciò,

l’indispensabilità dell’etica quale regolatrice dei rapporti sociali. In Toniolo, anche i concetti

di ordine sociale, di civiltà, di Stato e di proprietà privata risentono delle influenze

tomistiche. Lo Stato, nella sua riflessione, è una riunione di uomini stretti da un vincolo

unitario e federativo e poggia su un contratto, su una convenzione. Ma uno Stato finisce

d’esser tale quando viene assoggettato da un altro Stato, mentre la nazione, essendo

d’origine naturale e di carattere etico-storico, rimane nazione anche se ha perduto la sua

indipendenza.

Il problema dei rapporti Chiesa e Stato venne pure affrontato e risolto dal Toniolo

alla luce della dottrina tomista. Chiesa e Stato sono due società tra loro distinte. L’una e

l’altra, per gli scopi che si propongono, sono perfette: la prima mira alla salvezza

dell’umanità, l’altra alla felicità terrena e al benessere materiale degli uomini. Lo Stato,

nello stesso tempo deve fare in modo da consentire ad ogni uomo di poter realizzare il

proprio fine. In quest’ultimo compito lo Stato non può sottrarsi dall’influenza della Chiesa.

In tali teorie non c’è un ritorno al medioevo, ma vi è soltanto la conferma della

supremazia spirituale della Chiesa sullo Stato, in funzione al fine soprannaturale e non del

governo temporale. Questo è un principio che il cristiano di tutti i tempi non può che

accettare. Se la Chiesa è la sola depositaria della verità, essa rimane anche l’unica fonte di

morale, e lo Stato non può assolutamente contestarle la guida spirituale dell’umanità, né

può organizzarsi per ledere la missione ecclesiale. Al Toniolo la Chiesa appare come

generatrice, conservatrice e fecondatrice dell’ordine sociale universale. Le forme di

governo, nella sua riflessione, hanno un’importanza secondaria rispetto allo Stato. Infatti,

30 L. Sturzo, Problemi spirituali del nostro tempo, pp. 118-119.

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ogni tipo di governo può essere valido se la sua legittimità è misurata dal bene comune

che riesce a realizzare in favore della collettività.31

Circa il sistema democratico, nulla di più vago, di più intralciato, di più ribelle ad

una forma teoretica, secondo il Toniolo esiste, del termine democrazia. Vari fattori

contribuiscono a intorpidirne la comprensione e, fra essi l’aspetto teoretico e quello

storico. Sul piano teoretico, la naturale complessità del concetto di democrazia, che può

riferirsi ai vari aspetti della vita politica o sociale su temi quali: libertà, proprietà,

solidarietà, uguaglianza. Sul versante storico, le reminiscenze remote della democrazia

pagana e le prossime e immanenti della democrazia moderna, intrecciate con le tradizioni

delle democrazia medioevale, svoltasi sotto le influenze del cristianesimo e del papato.

Toniolo dovendo dare una definizione di democrazia e conoscendo le polemiche esistenti

intorno al contenuto da attribuire al termine, si mostra molto guardingo e non pare molto

entusiasta del fatto di dovere ricorrere al termine democrazia per battezzare le sue teorie,

poiché: «Nel concetto di democrazia, come oggi è accettato dai più, vengono a

sovrapporsi e a collidere fra loro confusamente idee di un determinato regime politico a

base popolare per eccellenza, di mobilità sistematica che legalizza la rivoluzione, di

aspirazioni sconfinate che vagheggiano e preparano i programmi radicali del socialismo».32

Sorge dunque il compito di scoprire quanto di cristiano ci sia nel comune concetto di

democrazia, in modo da inserirlo armonicamente. La democrazia, nel suo concetto

essenziale, secondo Toniolo può definirsi come «quell’ordinamento civile, nel quale tutte le

forze sociali, giuridiche ed economiche nella pienezza del loro sviluppo gerarchico

cooperano proporzionalmente al bene comune».33 Illustrando questa stessa definizione, il

trevigiano sottolinea come l’essenza della democrazia si può individuare dal fine cui

converge l’insieme dei rapporti civili e questo fine rimane quello che è, cioè l’unica ragion

d’essere dell’umano consorzio, il bene comune. L’utilitarismo non può mai condurre alla

vera democrazia, e Toniolo «insorge contro questa miope e degradante interpretazione

delle azioni umane ed afferma che la verità, la giustizia, l’onore, la missione, l’amore, la

fede sono motivazioni reali superiori a quelle del tornaconto».34 Ogni buona democrazia,

insomma, secondo Toniolo, degenera e fallisce quando governanti e governati,

anteponendo il loro interesse a quello della comunità, si allontanano dal bene comune che

«Deriva remotamente dall’autorità di Dio che agli uomini prescrive il fine supremo e anche

i presidii e i mezzi di cui avvalorarsi per raggiungerlo e, prossimamente, dal dovere degli

uomini, enti ragionevoli e liberi, di riconoscere quest’ordine e cooperare alla sua

attuazione».35 Toniolo tiene il popolo al centro dell’interesse politico «nell’assegnamento

del bene comune, chi più può più deve, chi meno può più riceve. Ecco l’essenza della

democrazia».36

Toniolo è un cristiano integrale, ogni sua idea politica nasce, si sviluppa e matura al

lume di una dottrina che egli non solo condivide, ma sente di vivere in ogni sua

manifestazione. Nessuno meglio di lui, nel suo secolo, poteva rivendicare al cristianesimo

il titolo di movimento religioso-sociale, capace di introdurre nella politica il vero,

31 Cfr. E. Guccione, op. cit., pp. 24-34. 32 G. Toniolo, Il concetto cristiano di democrazia, p. 54. 33 Ibidem, p. 56. 34 L. Gedda, Un laico fedele alla Chiesa: Giuseppe Toniolo, in: «Tabor», Roma, dicembre 1968, p. 452. 35 G. Toniolo, Il Concetto cristiano di democrazia, p. 57. 36 Ibidem, p. 58.

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sostanziale concetto di democrazia. Egli, cristiano, parte dal principio che tutti gli uomini

sono eguali perché figli di uno stesso padre. Tra i fratelli non possono esistere differenze

sociali. Se l’essenza della vera democrazia è stabilita dal fine cui essa mira e dallo spirito

che l’avviva, tutto il resto è accidentale. Istituti privati, classi sociali e forme politiche

possono mutare di epoca in epoca o da luogo a luogo. Il concetto di democrazia in Toniolo

non richiama precise formule politiche. L’ordine sociale, cui deve tendere la vera

democrazia, è quello stesso progettato dal libri sacri dell’Antico e del Nuovo Testamento.

Infatti, nell’Antico Testamento la legislazione teocratica è un organico sistema economico

che si propone di contenere i diritti dei ricchi e di salvaguardare i poveri. Si tratta di una

specifica protezione giuridica, dovuta ai più deboli attraverso vere e proprie istituzioni, tra

le quali il sabato, il settennato e il giubileo. Nel Nuovo Testamento i principi di

eguaglianza, di libertà e di fratellanza vengono ribaditi con l’esempio e la parola di Cristo:

«Dal dì che questa dottrina, veramente novella, fu annunciata al mondo attonito e pur

sempre ignaro della rivoluzione che essa avrebbe apportato, da quel dì, fu fondata nella

sua essenza la democrazia! Da quel dì, qualunque fosse il suo significato anteriore, venne

ad esprimere un ordinamento di forze sociali converso al bene comune, nel quale però

legittimamente per virtù di giustizia e carità tiene un posto predominate il benessere delle

classi inferiori».37 In Toniolo è sempre viva l’immagine delle prime comunità cristiane,

laddove esisteva vera democrazia. In esse l’abolizione di ogni distinzione di classe era

fondata sul concetto della fraternità umana e sul principio di reciproca solidarietà. Nessuno

può contestare al cristianesimo il merito di avere cominciato da solo l’opera di redenzione

della classi umili e più numerose. La tutela degli indifesi, la preparazione e la costituzione

del comune popolare sono segni tangibili del contributo dato dalla Chiesa nel corso dei

secoli, e ciò è democrazia. Per Toniolo, dunque, la democrazia «sarà cristiana o non sarà»,

nel senso che essa può realizzarsi e svilupparsi solo se fondata sui principi evangelici, se è

priva di anima cristiana essa è menzogna. La democrazia cristiana si servirà della giustizia

e della carità, non rincorrendo eguaglianza di ricchezze come per il comunismo.38 In

seguito alla pubblicazione del suo lavoro sul “Concetto cristiano di democrazia”, giunse, al

Toniolo, l’apprezzamento di Leone XIII, dal quale, secondo alcuni, egli sarebbe stato

invitato a scrivere il saggio. Il Papa, infatti, pubblicando l’enciclica “Graves de communi

re” (1901), ribadiva i concetti politici e sociali espressi dal Toniolo.

Il Toniolo è perfettamente convinto che la democrazia cristiana può trovare piena e

concreta realizzazione in uno stato corporativo «il sistema corporativo ridivenga una forma

di riordinamento sociale e il fondamento della rappresentanza politica per le classi».39 Per

il pensatore trevigiano, la soppressione delle corporazioni fu una delle maggiori cause

dell’odierna crisi sociale e la loro ricostituzione sarà mezzo validissimo a rialzare il

proletariato e a restaurare l’ordine civile: «la salute, il decoro e il progresso della classe

operaia possono essere garantiti dal ripristino ammodernato delle corporazioni».40

Toniolo avanza anche delle proposte di riforma del contratto di lavoro. Ma non si

limita a trattare l’ordinamento corporativo dal solo punto di vista economico. Egli va oltre

e si augura che «grandi corpi organici e vitali, muniti così di facoltà sociali e civili»,

37 Ibidem, p. 67. 38 Cfr. E. Guccione, op. cit., pp. 45-55. 39 G. Toniolo, Intese internazionali, Editrice Studium, Roma pp. 11-19. 40 Idem, Provvedimenti sociali popolari, Roma 1902, p. 104.

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possano un giorno «divenire politici, tramutandosi in collegi elettorali, per inviare al

Parlamento tre serie distinte di deputati o rappresentanti, dei proprietari o della ricchezza

immobiliare, degli industriali e commercianti o della ricchezza mobile e dei lavoratori,

attuando così la desiata rappresentanza politica per classi».41 Il corporativismo, per

Toniolo, rappresenta una sicura salvaguardia al sistema parlamentare, in quanto fornisce

elementi tecnicamente preparati e seriamente interessati ai problemi della categoria alla

quale essi appartengono. Si svilupperebbe, insomma, tutto un ingranaggio di rapporti in

funzione del bene comune, ma quel che più vale è che governati e governati, come datori

di lavoro e lavoratori, collaborerebbero, ognuno con i propri compiti, a costruire

giornalmente una società sempre più armonica e giusta. Il corporativismo, a differenza del

socialismo, evita il perpetuarsi della lotta di classe, tende a riallacciare relazioni armoniche

tra le varie categorie ed eleva il proletariato alla dignità di classe. Esso mira, in altri

termini, a fare prevalere nelle relazioni sociali la solidarietà sulla base della giustizia e

della carità cristiana. Il socialismo, che non è alimentato da un forza viva e spirituale quale

il cristianesimo, è basato sul principio che la lotta di classe è segno di progresso, e dunque

non può dare le stesse garanzie e storicamente sarà costretto a cedere ovvero a rimanere

succube della propria violenza. Quindi, secondo Toniolo, l’ordine sociale cristiano equivale

a democrazia cristiana, il corporativismo è anche da considerare parte essenziale di

quest’ultima. Esso è l’unico sistema economico-politico che possa assicurare l’affermazione

dei principi sociali cristiani.42

41 Ibidem, p. 120-121. 42 Cfr. E. Guccione, op. cit., pp. 57-69.

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Cap. 4° “Verso” la santità:

Chi si accosta alla vicenda biografica e all’opera del Toniolo percepisce

immediatamente come la grande prospettiva culturale e sociale che lo contraddistingue sia

in stretta relazione con la dimensione spirituale. La sua formazione affonda le radici nel

robusto cattolicesimo veneto di impronta familiare e parrocchiale. Si nutre, negli anni della

scuola superiore e dell’università, delle pagine di autori carichi dello spirito apologetico e

del pathos del romanticismo cattolico. Dalla frequentazione di questa letteratura trasse

non solo una concezione della storia tutta segnata dal mistero di Cristo, ma anche la

tendenza a interpretarla con lo schema dei “cicli”, in forza dei quali lo sviluppo del

medioevo cristiano sino all’illuminismo e al positivismo si configurava come una parabola

discendente, che avrebbe presto lasciato spazio a una parabola ascendente, nella

direzione di un rinnovamento della “civiltà cristiana”. In tal senso amava interpretare i

segnali di revival religioso e spirituale che emergevano all’analisi sociologica del primo

novecento. Per lui, la vera cifra di comprensione del mondo è l’unione del divino con

l’umano, non si può, infatti, comprendere la creatività del Toniolo se non si va a questa

convinzione profonda. Il segreto della sua vita è da cercare nel suo diario spirituale,43

dov’è riflessa la sua giornata scandita da momenti di preghiera, e dove emergono picchi

spirituali di intensità mistica. Accostato sotto un tale profilo, il contributo del Toniolo a un

discorso sul bene comune diventa anche monito a comprendere che ad esso si provvede

non solo battendo le vie della cultura, del’economia, della politica, ma anche e soprattutto

frequentando le regioni della preghiera e della vita interiore44: «Per ripensare ai supremi

interessi dell’anima mia, venni a prendere coll’aiuto di Dio le presenti risoluzioni

irrevocabili. Queste risoluzioni io pongo in iscritto come patto solenne che stringo con Dio.

La confessione della mia nullità e della mia indegnità innanzi a Dio e innanzi ai sublimi

spiriti celesti è intera e per quanto mi riesca umilissima. Tutto quanto è in me è dono di

Dio. Per debito di giustizia io debbo e voglio essere tutto di Dio».45

Sposato, padre di sette figli, professore di università, studioso di economia e

sociologia, operatore sociale in senso largo, Toniolo appare immediatamente in abito di

“laico”, e certamente, è una delle figure più complete del laicato cattolico moderno. La sua

condizione laicale è divenuta scelta, all’interno della vocazione battesimale, nel momento

che è conciso per lui nell’opzione della vita matrimoniale: «Tengo ad accennare che così il

babbo come mia mamma ricordavano spesso come il Servo di Dio fosse stato incerto sulla

scelta dello stato, parendogli in certi momenti di avere una qualche vocazione per lo stato

ecclesiastico, non mai però per la vita religiosa regolare, perché non amava troppo la

solitudine. Fu il suo confessore, di cui parlava sempre con grande deferenza, che lo

consigliò a scegliere lo stato del matrimonio».46 Il suo confessore, padre Costante, dava

volentieri al Toniolo indicazioni di apertura, invitando solamente a coniugare la purezza

delle intenzioni con un prudente quanto fermo dialogo. Si può presumere che, di fronte ai

tentennamenti vocazionali del suo giovane confidente egli abbia saputo balenare

efficacemente la bellezza della perfezione spirituale. In questo egli aveva un alleato in

43 Pubblicato già nel 1919 da Vita e Pensiero con il titolo di Memorie religiose, si ritrova nell’Opera omnia nel volume scritti religiosi, I, pp. 3-50. 44 Cfr. D. Sorrentino, op. cit., pp. 65-66. 45 G. Toniolo, Propositi e regolamento di vita, giugno 1882. 46 Sacra Congregatio Pro Causis Sanctorum, Pisana beatificationis et canonizationis servi Dei Iosephi Toniolo Viri Laici. Positio super virtutibus. Summarium, Roma 1970, pp. 26-27.

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mons. Luigi Dalla Vecchia, al quale si rivolse il Toniolo nel momento in cui l’affetto per la

futura sposa era ormai maturo: «Niuna delle tue abitudini domestiche saranno da te

allentate o interrotte; voglio che tu mangi di buon appetito come ti vidi questo autunno,

perché il nostro deve essere affetto e non sentimentalismo. Il mio affetto (lascia che te lo

dica) deve gradatamente e quasi inavvertitamente insinuarsi nell’animo tuo, e porvisi

accanto agli altri, senza escluderne alcuno, ed anzi accendendoli tutti».47 E il Dalla Vecchia

non poteva essere più esplicito: «una buona compagna può essere scala per salire al

cielo».48 Il sacerdote gli aveva parlato del matrimonio come “scala al cielo”, e qui il

giovane professore introduce la prospettiva storica della vocazione che la provvidenza

assegna sulla terra, come sposo e come apostolo laico nel mondo. In perfetta armonia con

la sua condizione di laico, non si fece scrupoli, pur essendo un giovane zelantissimo, a

consolidare prima la sua posizione familiare e professionale, e solo dopo buttarsi a

capofitto nel movimento cattolico.49

La riscoperta della centralità di Cristo nella storia della salvezza e nell’universo, è

uno dei fatti più significativi del rinnovamento teologico del nostro tempo. Esso però ha

una sua fase preparatoria nel secolo scorso, e alcuni autori influiscono in questo senso

anche sul Toniolo: «Immolare sull’altare del suo cuore obbedientissimo fino alla morte,

affinché non più io, ma egli il mio redentore Gesù viva in me quaggiù e per tutta

l’eternità».50 Sono tra questi quegli autori cattolici-romantici tipo Cesare Balbo, che si

erano preoccupati di rileggere l’intera vicenda umana in termini di filosofia della storia,

trovando il cardine di essa nell’azione provvidenziale di Dio e più specificatamente

nell’evento cristiano. Il Toniolo, così, poté trovare e assimilare l’immagine di un Cristo che

attraversa la storia fin dai primordi, e che della storia è l’asse portante e il criterio ultimo

di lettura. Toniolo, in occasione del suo discorso pubblico che pronunciò al Congresso

Eucaristico dal titolo “Eucarestia e l’avvenire della società”, mostra l’evento

dell’incarnazione come essenza stessa della storia: «Al nesso riposto fra l’Eucarestia e le

umane vicende, le ragioni prime ed ultime per cui dal passato si possa argomentare

l’avvenire della società. Eppure senza Dio, senza la sua rivelazione, senza l’opera pietosa e

recondita della sua grazia, la storia dell’incivilimento è muta. Non si spiegano gli splendori

di una remotissima cultura indiana sulle rive del Gange, o la possanza, la magnificenza, la

ricchezza dei grandi imperi di Assiria e Babilonia sulle sponde dell’Eufrate e del Tigri».51

Questa concezione teologica della storia a partire dall’incarnazione è di importanza vitale

per il tema che stiamo esaminando. È evidente il significato che questa spiritualità riveste

nel quadro dell’interrogativo sulla laicità. Alla luce del principio cristico che le fonda e le

regge, le cose assumono un intrinseco valore teologico, e ciò per Toniolo è vero

innanzitutto per la realtà sociale di cui egli principalmente si occupa. La Chiesa cui Toniolo

pensa, proprio in forza di questa visione teologica globale, non poteva restarsene muta

rispetto ai problemi sociali. Il dovere di ricostruire l’ordine sociale, la lotta per

l’affermazione delle democrazia cristiana, non erano in lui strumentali ad un proselitismo

di bassa lega, ma un contributo all’edificazione del mondo nella direzione del senso cristico

47 G. Toniolo, Lettera alla fidanzata, novembre 1877. 48 Carteggio Toniolo, Lettera 11 ottobre 1877. 49 Cfr. D. Sorrentino, Toniolo, laico cristiano, in: Atti del convegno di studi su G. Toniolo, ETS Editrice, Pisa 1990, pp. 121-128. 50 G. Toniolo, Propositi e regolamento di vita, giugno 1882. 51 Idem, L’eucarestia e l’avvenire della società, agosto 1897.

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che vi era consostanziale. Egli era convinto che la storia del suo tempo fosse ormai ad una

svolta decisiva, anzi ad un “tornante”, dopo la deviazione subita a causa dell’umanesimo e

della riforma. La civiltà cristiana, come egli vede, ha proprio questa caratteristica

distintiva: quella di essere indefinitamente progressiva e la forza del Cristo la sospinge

verso la risurrezione. L’orizzonte cristocentrico assicura dunque al Toniolo un forte senso

del valore del mondo e della storia.

Per Toniolo il dogma dell’unione ipostatica fonda ed esprime anche il giusto

rapporto che deve vigere tra l’umano e il divino, tra il naturale e soprannaturale. Egli

riteneva che nella storia questo rapporto oscillasse continuamente tra due eccessi: da una

parte quello delle religioni “fataliste, feticce, quietiste”, che sopprimono l’uomo sotto la

potenza di Dio; dall’altra le religioni “panteistiche e politeistiche”, che invece divinizzano

l’uomo e annichilano Dio. Era convinto invece che soltanto il cristianesimo riconduce

l’unione senza diminuzione o assorbimento; mediante il congiungimento delle due nature

divina ed umana, le quali senza confondersi ed alterarsi si collegano nell’unità della

persona del Verbo. La tensione del Toniolo come scienziato sociale e come animatore della

cultura cattolica si giocò su questa profonda consapevolezza ed equilibrio necessario. Il

lato più debole dell’impostazione tonioliana è sul versante del rapporto Cristo-Chiesa, e

conseguentemente del rapporto Chiesa-mondo. Infatti, il principio cristico è da lui

percepito quasi confinato nel perimetro visibile della Chiesa. Ne deriva che quando Toniolo

giudica lo sviluppo storico, il suo punto di riferimento non è tanto il mistero di Cristo in

tutto il suo spessore, ma la Chiesa nel suo concreto “esserci”. L’esito è conseguente: una

certa “chiusura”, ma proprio nella sua condizione laicale di uomo inserito nel contesto

universitario e socialmente impegnato, sviluppò un giro di rapporti che lo spinse a

maturare, se non altro sul piano pratico, una certa apertura ai “diversi”. Egli ebbe in effetti

sempre degli amici al di fuori dell’area cattolica: si pensi ad un Luzzatti o a un David

Supino, o verso gli stessi socialisti. Potremmo dunque dire che se la sua rigida formazione

teologica lo portava alla chiusura, la sua esperienza laicale, ma anche il suo

temperamento mite e il suo stesso senso apostolico, lo portavano ad aprirsi.52

A questo punto è opportuno porsi una domanda: si può annoverare Toniolo nelle

schiera di coloro che hanno contribuito a far maturare la condizione laicale nella Chiesa

verso l’assetto ecclesiologico del Vaticano II? Possiamo rispondere certamente sì, a patto

di non dimenticare gli evidenti limiti che la teologia e la situazione ecclesiale del suo

tempo impongono. Questo contributo positivo del Toniolo si può individuare in due aspetti:

a) nella sua testimonianza di laico estremamente creativo; b) nella sua progressiva

percezione di una specificità della testimonianza e della presenza laicale in campo

secolare, specialmente politico-sociale. Sulla creatività, da quando egli inizia a lavorare

attivamente nel movimento cattolico diventa un promotore veramente vulcanico di

iniziative, che vanno dall’Unione cattolica per gli studi sociali, alla Rassegna internazionale

di scienze sociali e discipline ausiliarie, alla Società Cattolica italiana per gli studi

scientifici, fino all’Unione Popolare, alle Settimane Sociali, al progetto di un istituto

cattolico di diritto internazionale. Più significativo del fatto materiale è, però, lo spirito che

Toniolo pone nella sua molteplice e quasi febbrile attività: la sua spiritualità di

contemplativo proiettato verso l’azione. Che egli fosse tempra robusta di contemplativo,

emerge con evidenza dalle sue pagine spirituali, che ce lo mostrano piegato davanti a Dio,

52 Cfr. D. Sorrentino, Toniolo, laico cristiano, op. cit., pp. 129-133.

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fino al desiderio struggente dell’unione mistica. Gli scritti spirituali rappresentano il

raggomitolarsi del Toniolo nella cella del cuore, lontano dai clamori dell’attività. La parola

d’ordine che vibra in queste pagine è il “farmi santo”, proposito cui egli piega tutta la sua

vita. E la santità coincide per lui soprattutto con l’imperativo di schiacciare ogni sibilo

d’orgoglio, di sprofondarsi nell’umanità per vivere di Dio solo.53

Il significato storico di questa urgenza così viva in Toniolo si coglie se si tiene

presente il contesto ecclesiologico del tempo con la rigida distinzione tra la “Chiesa

docente” e la “Chiesa discente”. I laici dovevano imparare bene il catechismo, ma la

teologia, intesa nel senso ampio di riflessione critica, organica, attualizzante, sul dato di

fede, sembrava al più cosa dei soli preti. Toniolo, che pur si sperimentava con convinzione

“Chiesa discente”, intuiva però lucidamente che questa deduzione di disimpegno teologico

del laicato era del tutto infondata, era anzi la piaga dell’Italia cattolica del suo tempo. E

andando oltre nell’analisi storica di questo handicap del laicato cattolico, Toniolo ritrova il

punto di origine in un “latente razionalismo religioso”, iniziato con il rinascimento. Questa

concezione spiega anche il senso dell’azione tonioliana per la promozione della cultura

religiosa del laicato, fino ai passi compiuti sul letto di morte per la nascita dell’Università

Cattolica.

Tutta la poliedrica e vigorosa progettualità tonioliana si radica nell’analisi storica.

Con questa, egli, cercava di additare ai cattolici, e in particolare agli studiosi, l’urgenza

degli studi sociali. L’analisi storica per lui non lascia dubbi: occorreva che i cattolici si

dedicassero agli studi e alle opere sociali, sviluppando teoricamente il concetto del valore

sociale del cristianesimo, e rendendo efficace la loro azione con la forza

dell’organizzazione. Egli, così, aveva certamente il merito di sottrarre i cattolici alla

tentazione di un disimpegno ammantato di spiritualismo, costringendoli a fare i conti con

le sfide del loro tempo. In tema di organizzazione del laicato Toniolo non aveva bisogno di

spendere molte parole, dal momento che, quando egli entra sulla scena dell’azione

cattolica, l’Opera dei Congressi aveva posto da molti anni il problema di una presenza

nuova e più efficace del laicato cattolico a servizio e a difesa della Chiesa. L’Opera era del

resto il punto di approdo di parecchie esperienze associative più frammentarie, registrate

all’insegna di un cattolicesimo intransigente prima e dopo l’unità d’Italia. Toniolo aderì

fiducioso, benché in ritardo, all’Opera dei Congressi. Indubbiamente anch’egli si muove,

come tutto il cattolicesimo intransigente, nell’orizzonte di una mentalità di

contrapposizione nella concezione dei rapporti tra Chiesa e mondo moderno.

Anche per lui il laicato cattolico doveva stare nel sociale con una forte

caratterizzazione e ben organizzato: lo esigeva da una parte la testimonianza cristiana,

dall’altra la stessa efficacia operativa. Egli voleva che l’organizzazione del laicato non

gravitasse unicamente e principalmente intorno al tema papale, ma si facesse propositiva

soprattutto sul piano sociale. Questo era per lui insieme un’istanza teologica e strategica.

Istanza teologica, perché la questione sociale era un problema che la Chiesa non poteva

non porsi, in forza della sua stessa universale “maternità”, ed era pertanto una questione

che non si poteva subordinare nemmeno alla questione papale. Istanza strategica, perché

egli era convinto che la partita tra Chiesa e società moderna si giocasse proprio sulla

questione sociale: dalla vittoria in questo dipendeva anche il resto, e non viceversa. Circa

53 Cfr. Ibidem, pp. 134-135.

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il “partito cattolico”, Toniolo si dichiara subito d’accordo, ma a condizione che questo

partito, anche in Italia come già all’estero, si facesse all’insegna di una progettualità

sociale. Si potrebbe discutere, traendo spunto dall’odierna problematica, se e quanto in

questa posizione faccia capolino l’integralismo, e cioè la presunzione di trarre dalla fede un

unico, preciso e definitivo modello sociale. Un utile raffronto, forse, più che con la nostra

problematica, potrebbe essere fatto con l’impostazione del popolarismo sturziano, che in

continuità con l’istanza progettuale del pensiero tonioliano, ma con un’ispirazione

certamente più “laica”, volle costituire una presenza programmatica dei cristiani nella

dialettica socio-politica. Superando il clerico-moderatismo, e poi soprattutto opponendosi

con tutte le forze al connubio tra Chiesa e fascismo, Sturzo si poneva certamente sulla

scia del maestro Toniolo, ma andando oltre, specialmente in tema di laicità e a-

confessionalità dell’azione politica. Nella prospettiva della scelta del metodo, Toniolo si

diversificava da molti esponenti dell’Opera dei Congressi, sposando una metodologia di

pluralismo organizzativo intraecclesiale, delimitato solo dall’ortodossia e dall’obbedienza.

Tanto egli fu netto nel sostenere la rigida separatezza dell’iniziativa cattolica nei confronti

dei non cattolici, quanto fu insistente e tenace nel sostenere che all’interno della Chiesa ci

dovesse essere spazio per tutti. Egli stesso lo rivendicò per sé con la sua Unione Cattolica

per gli studi sociali, che a molti dell’Opera dei Congressi, come il Paganuzzi, sembrò un

contro-altare. La sua formula ideale, infatti, era il “vario nell’uno”, che potremmo tradurre

in: autonomia e coordinamento.54

Si deve riconoscere che Toniolo era condizionato non soltanto dall’ecclesiologia del

suo tempo, ma anche dall’immagine medioevale che in quegli anni aveva ben presente per

i suoi studi sull’economia toscana nel medioevo. Giocava un ruolo anche la sua concezione

sociologica dei rapporti tra classi sociali, per cui riteneva che la soluzione della questione

sociale dipendesse molto dei patronato delle classi superiori nei confronti degli umili: e il

clero rappresentava una delle classi superiori, l’aristocrazia morale. Col passare degli anni

sembra affiorare in Toniolo anche il senso di un’opportuna distinzione tra il ruolo del clero

e quello del laicato cattolico. Ma qual’era la posizione dei laici? In seguito ai noti conflitti

tra i murriani e la dirigenza dell’Opera dei Congressi, il Toniolo dell’età di Pio X dovette

rendersi conto che un minimo di distinzione e di autonomia laicale sul terreno sociale e

politico, era uno spazio legittimo. Si può concludere che siamo vicini alla logica del

Vaticano II? Probabilmente no, perché la motivazione di una maggiore autonomia del

laicato su questi temi è figlia di una concessione del Romano Pontefice e non di un’istanza

vocazionale propria del laico. Non aveva dunque tutti i torti Murri quando molti anni dopo,

nel 1942, scriveva a mons. Anichini: «Il dissenso fra me e Toniolo era antico e grave. Io,

prete, difendevo una giusta autonomia del laicato nelle cose civili; ed egli, laico, difendeva

un rigido e totalitario intervento dell’autorità religiosa».55 Gli aggettivi usati dal Murri sono

eccessivi, ma la sostanza dell’affermazione risponde a verità. Il torto di Murri fu l’aver

portato l’esigenza di autonomia ai limiti dell’indisciplina. Il limite di Toniolo era il collocare

la libertà del laicato entro le maglie di quel verticismo ecclesiologico, che solo con il

Vaticano II avrebbe mitigato in nome di una ecclesiologia della comunione e della

ministerialità. Ma alla costruzione di questa immagine di Chiesa che noi oggi abbiamo

davanti agli occhi, anche il laico Toniolo diede il suo contributo, coniugando la sua

54 Cfr. D. Sorrentino, Toniolo, laico cristiano, op. cit., pp. 136-141. 55 Lettera di Murri a mons. Guido Anichini del 20 aprile 1942.

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irreprensibile obbedienza con la più indomita spiritualità dell’azione, e vivendo la mistica

dell’unità ecclesiale ben al riparo da chiusure intimistiche, nella logica di una Chiesa della

speranza, proiettata alla edificazione della storia e al servizio dell’uomo.56

Il 29 aprile prossimo Giuseppe Toniolo sarà beatificato a Roma. Dichiarato

Venerabile il 14 giugno 1971, il 14 gennaio 2011 è stato promulgato dalla Congregazione

delle Cause dei Santi il decreto riguardante un miracolo attribuito all’intercessione di

Toniolo, atto che conclude l’iter di beatificazione. Il miracolo attribuito a Toniolo riguarda

un ragazzo di Pieve Solengo (Tv), paese nel quale è sepolto il prossimo beato. La sua

beatificazione ne metterà in luce soprattutto la spiritualità. Appariranno edificanti e

commoventi le pagine del suo diario che lo mostrano in un’intensa preghiera quotidiana,

ricca di venature mistiche. Sarà utile riscoprirlo anche come modello di una spiritualità

familiare, dato che fu laico a tutto tondo anche come sposo e padre, con una famiglia ricca

di sette figli. Ma alla stessa visione dell’economia e della società da lui elaborata si dovrà

tornare con rinnovato interesse. Alcuni elementi risulteranno datati. Ma le linee portanti

del suo pensiero resistono.57 Almeno i cattolici abbiano il coraggio di confrontarsi con lui in

un momento in cui alla politica nulla è più necessario di un “colpo d’ala”: «Così è mio Dio,

nulla fido in me, le mie promesse sono voci vane. Io mi abbandono interamente e per

sempre nelle vostre braccia misericordiose. Toglietemi tutto mio Dio, la stessa mia

famiglia cara, la stessa mia vita, se voi credeste che io non fossi per mantenerle.

Umiliarmi vieppiù e infervorarmi vieppiù nel servizio di un Dio che mi concesse una

preziosa grazia, quella che supera ogni umano onore, ogni umana possibilità, ogni umana

aspirazione, quella di amarlo!».58

56 Cfr. D. Sorrentino, Toniolo, laico cristiano, op. cit., pp. 142-144. 57 Cfr. Idem, Un colpo d’ala per i cattolici, in: Segno, marzo 2011, n. 3, pp. 44-45. 58 G. Toniolo, Propositi e regolamento di vita, giugno 1882.

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Bibliografia:

- AA. VV., Atti del convengo di studi su G. Toniolo, ETS Editrice, Pisa 1990.

- AA. VV., Il bene comune oggi. Un impegno che viene da lontano. Atti della 45 ͣ

Settimana Sociale dei Cattolici Italiani, EDB, Bologna 2008.

- AA. VV., Raccolta di scritti in memoria di Giuseppe Toniolo nel decennio della sua

morte, Ed. Università Cattolica Sacro Cuore, Milano 1928.

- G. Guccione, Cristianesimo sociale in Giuseppe Toniolo, Humanitas, Palermo 1972.

- P. Pecorari, Giuseppe Toniolo, in: Dizionario Storico del Movimento Cattolico in Italia

1860-1980, vol. II, Casale Monferrato 1982, pp. 636-644.

- D. Sorrentino, L’economista di Dio. Giuseppe Toniolo, AVE, Roma 2001.

- Idem, Un colpo d’ala per i cattolici, in: Segno, marzo 2011, n. 3, pp. 44-45.

- G. Toniolo (a cura di S. Majerato), Opera Omnia, X voll., Città del Vaticano 1947-53.

- Idem (a cura di S. Majerato), Saggi politici, Ed. Cinque lune, Roma 1957.