IndICE - AGIRE — Agenzia Italiana Risposta alle Emergenze · Glossario Bibliografia 5 7 9 10 14...

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IndICE

di Nicoletta Dentico

Assistenza umanitaria: uno sguardo globaleI donatori pubbliciIl ruolo dei donatori privatiLa destinazione degli aiutiI canali di erogazioneI fondi sono sufficienti?

Panoramica dei flussi ufficiali Come è composta l’assistenza umanitaria italiana La destinazione dei fondi umanitari Dalla quantità alla qualitàI fondi privati gestiti dalle ONG

Generosità in emergenza nei paesi europeiLe donazioni private in EuropaNon solo generosità

Prefazione

Premessa

PARTE IAssistenza umanitaria nel 2010

una visione d’insieme

PARTE IIL’Italia al microscopio

PARTE IIIGenerosità in emergenza:

uno sguardo in Europa

In sintesiNota metodologica

GlossarioBibliografia

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91014161921

2327293133

373842

45464850

5

PrEfazIonE

Coloro che ne hanno la possibilità devono aiutare quanti si trovano in situazioni di estremo bisogno. Che cosa c’è di più semplice?

In teoria, questo dovrebbe essere il principio alla base dell’assistenza umanitaria e dell’aiuto. Ma se guardiamo alla realtà delle cose, non è difficile comprendere che gli scenari del mondo sono ben più complicati dei principi e che il concetto dell’altruismo è filtrato attraverso le lenti - scomode eppure spesso fedeli - di un distaccato scetticismo.

Questo lavoro di ricerca sollecita molte riflessioni e molte domande. Alle istituzioni, italiane ed europee. Alla società civile del nostro paese. Ai mass media e agli operatori vecchi e nuovi che agiscono nel campo umanitario.

Attraverso un’accurata indagine sui volumi dei flussi devoluti per l’assistenza umanitaria da parte dei donatori pubblici e privati provenienti dai paesi industrializzati (DAC) e da quelli emergenti (non-DAC), il rapporto conferma ombre di vecchie contraddizioni della spesa umanitaria ma proietta anche coni di luce che, a uno sguardo attento, aprono possibilità di lettura promettenti.

La più lacerante contraddizione ha a che vedere con l’incremento in termini assoluti dei fondi erogati e dei bisogni delle popolazioni in pericolo: la risultante dello scarto tra i due fattori è il buco finanziario più elevato dell’ultimo decennio. Viene naturale pensare che il gran parlare di efficacia degli aiuti assuma una valenza quanto meno ambigua visto che i donatori – pubblici e privati – registrano una ridotta capacità di rispondere alle necessità di sopravvivenza delle popolazioni in stato di vulnerabilità.In questo senso il drastico calo di contributi da parte dei paesi del nostro continente ci interpella come segnale di inusitata e triste coerenza.

Ma, sulla scorta argomentativa dei numeri, è innegabile che stiamo assistendo anche a un fenomeno positivo: la progressiva

globalizzazione dell’aiuto. In altre parole, la cultura della donazione - e della nozione di responsabilità morale che essa porta con sé – ha

raggiunto ormai tutti gli angoli del pianeta, fino a lambire paesi che un tempo erano solo ricettori dell’aiuto. Il crescente protagonismo dei paesi emergenti è un

dato decisivo, e non può essere sottovalutato. Traccia la progressiva riconoscibilità di un inedito pluralismo sulla scena internazionale. Con la ridefinizione degli assetti della diplomazia

mondiale, del resto, nuovi concetti avanzano a proposito degli impegni della comunità internazionale in

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materia di protezione delle popolazioni in pericolo.

E l’Italia? Malgrado la propria collocazione geografica e le sfide umanitarie che ne discendono (soprattutto in relazione ai flussi migratori), l’Italia passata al setaccio dell’indagine di questo rapporto è un paese in decisa controtendenza rispetto alla progressiva crescita dei flussi per l’assistenza umanitaria negli ultimi 10 anni. L’impegno pubblico italiano resta ostinatamente invariato dal 2000 ad oggi, ma scende nettamente in termini percentuali  se lo si paragona ai contributi del settore privato. I dati non lasciano molto margine di interpretazione: l’Italia non riesce a stare al passo degli altri paesi europei per impegno e visione nazionale nella assistenza umanitaria. Al calo dei contributi si associa un disinteresse politico del nostro paese che, nell’incapacità di dotarsi di un aggiornato quadro normativo in grado di disciplinare gli interventi umanitari e di cooperazione internazionale, ha di fatto delegato il proprio ruolo su questo terreno alle scelte operate da Bruxelles. In questo clima di costante e consistente disinvestimento si colloca la recente novità – pur apprezzabile – della creazione di un Ministero per la Cooperazione e l’Integrazione. L’eloquente paradosso dell’operazione è che si tratta di un dicastero senza portafoglio, quindi privo della benché minima possibilità di spesa. A fronte di ciò, il rischio è che si determini una ulteriore frammentazione delle responsabilità nella gestione delle magrissime risorse disponibili per l’azione umanitaria e la cooperazione italiana, già oggi suddivisa fra DGCS/MAE, Ministero delle Finanze, Ministero della Difesa.

Questa ricerca dice infine di noi italiani, della nostra storia recente di popolo sempre più avvitato su se stesso e in difficoltà in ragione di una crisi del “sistema paese” che va ben oltre le indicazioni dell’economia e della crisi finanziaria. I dati proposti tendono a sfatare in modo inequivocabile il mito degli “italiani generosi”. Tenendo però conto di alcuni tratti profondi della tradizione italiana in materia di aiuti e di cooperazione internazionale, non

possiamo dimenticare che la nostra società – al contrario di altre in Europa - ha una cultura umanitaria relativamente

recente e importata dall’estero. Molto italiano invece è il tessuto capillare di scambi e di donazioni private legate al vasto e variegato

mondo missionario, non intercettato dai dati ufficiali e dunque dalle osservazioni di questa ricerca.

Auguro a tutti gli attori interessati che lo stimolo politico e culturale offerto da questo rapporto apra nuove piste di ricerca e prospettive di miglioramento.

Nicoletta Dentico Comitato dei Garanti di AGIRE

PrEMESSa

Ogni anno, circa 300 milioni di persone sono colpite da disastri naturali, mentre altre 45 milioni subiscono i devastanti effetti dei conflitti armati. Le dimensioni delle emergenze umanitarie rischiano di aggravarsi ulteriormente, di fronte alle minacce poste da cambiamenti climatici, insicurezza alimentare, crescita demografica, rapida urbanizzazione ed espansione dei fenomeni di instabilità politica.

Per la maggior parte degli individui coinvolti nelle emergenze, la sopravvivenza dipende quasi interamente dalla tempestività e dalla adeguatezza dell’assistenza umanitaria che ricevono.Quando i governi colpiti da un disastro o coinvolti in un conflitto non vogliono o non sono in grado di soccorrere i propri cittadini, è la comunità internazionale che ha la responsabilità di intervenire a loro protezione. E’ un dovere assoluto e un diritto di tutti. Ma richiede risorse ingenti, che devono essere utilizzate in modo efficiente, equo ed imparziale.

Questa terza edizione del rapporto - realizzata da AGIRE con il supporto e la collaborazione di ActionAid e Islamic Relief - si propone di descrivere dimensioni, caratteristiche e criticità dei flussi di risorse economiche destinati ad assistere le popolazioni colpite da conflitti e disastri naturali. Dopo una panoramica sull’assistenza umanitaria globale, il documento si concentra sulla situazione italiana analizzando i contributi messi a disposizione dal governo e il crescente ruolo delle ONG nella mobilitazione di fondi privati. Conclude il rapporto un approfondimento sul contributo di generosità dei privati in alcuni paesi europei e la capacità dei diversi sistemi-paese di rispondere alle

emergenze.

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Assistenza umanitaria nel 2010: una visione d’insieme.

Assistenza umanitaria:uno sguardo globale1.

Quanti fondi vengono stanziati in assistenza umanitaria a livello globale? Quali sono i principali paesi donatori? Qual è il ruolo dei privati? A chi vengono destinati gli aiuti?

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1 - Questo primo capitolo è costruito prevalentemente sulle analisi più recenti sviluppate da Development Initiatives, che da alcuni anni pubblica la più importante ricerca sul tema dei flussi economici di assistenza umanitaria. Cfr. Development Initiatives, Global Humanitarian Assistance. Report 2011, Wells, 2011.

2 - Il DAC (Development Assistance Committee) è un forum interno all’OCSE composto dai principali donatori internazionali. Vi siedono attualmente 24 paesi e partecipano, in qualità di osservatori, anche la Banca Mondiale, il Fondo Monetario internazionale e l’UNDP (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo).

3 - Disponibile all’indirizzo http://www.agire.it/it/mediaroom_agire/pubblicazioni.html

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totale 10,2

11,8

0,6

11,211,4

0,9 0,5

99,9

0,3 0,3

totale 9,3

totale 12,3totale 11,7

totale 12,4

2006 2007 2008 2009 2010

4,33,94,13,5

2,7

Fondi pubblici Fondi privati

Mili

ardi

di $

US

A

Fondi DAC Fondi NON-DAC

Fonte: GHA su dati OCSE/DAC e UNOCHA FTS

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GRAFICO 1 - FLUSSI MONETARI MONDIALI, PUBBLICI, PRIVATI, DAC, NON-DAC DESTINATI AD AIUTI UMANITARI NEL PERIODO 2006 -2010.

Nel 2010, a livello globale, l’assistenza umanitaria complessiva ha raggiunto 16,7 miliardi di dollari. In valore assoluto, si tratta della cifra più alta mai registrata: il 6% in più rispetto al volume di aiuti del 2009 e addirittura superiore al valore del 2005, anno dello tsunami nell’Oceano Indiano e del terremoto in Kashmir. Questo dato è consequenziale al crescente numero di persone che nel corso del 2010 sono state colpite da emergenze e crisi umanitarie. In milioni hanno subito le conseguenze dei conflitti armati in Africa subsahariana, o sono state vittime di disastri naturali di proporzioni enormi, come il terremoto ad Haiti o le inondazioni in Pakistan che hanno letteralmente distrutto le infrastrutture sociali ed economiche dei due paesi. In Afghanistan e Iraq la ricostruzione resta ancora un’urgenza per le popolazioni afflitte da decenni di conflitti e instabilità. Oltre a queste emergenze, i cambiamenti climatici e la crisi finanziaria globale hanno esposto a rischi sempre maggiori popolazioni che già vivono in situazioni di particolare vulnerabilità.Il grafico 1 ben delinea il trend di sostanziale crescita dell’assistenza umanitaria globale negli ultimi cinque anni, visualizzando inoltre la suddivisione tra fondi pubblici e fondi privati e quella sulla provenienza da paesi DAC2 o non-DAC, su cui torneremo nel seguito del capitolo.Il dato del 2009 rappresenta una discontinuità, con un decremento che ha riguardato sia i fondi contribuiti dai donatori pubblici che le donazioni dei soggetti privati. Come già anticipammo nella precedente edizione di questo rapporto3, il calo del 2009 non è interamente ascrivibile alle conseguenze della crisi economica ma dipende in larga misura dalla particolare volatilità dei finanziamenti

cosiddetti “emotivi”, legati cioè a disastri ed emergenze umanitarie che ricevono una particolare copertura mediatica. Da questo punto di vista, il nuovo incremento registrato nel 2010 è in larga parte determinato dai 3,4 miliardi di dollari mobilitati per la risposta al terremoto che ha colpito Haiti nel mese di gennaio.

Parte I

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I donatori pubblici.

USA

Istitu

zioni

euro

pee

Regno

Unit

o

German

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Olanda

Svezia

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31

14,9

8,2 6,5 5,1 4,4 4 3,7 3,6 3,6 3,2 2,6 2,3 2,2 2,1

Mili

ardi

di $

US

A

Fonte: GHA su dati OCSE/DAC e UNOCHA FTS.

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4 - Cfr. grafico 1. Va sottolineato che il dato 2010 è una stima del valore esatto, non essendo ancora stato possibile verificare tutte le contribuzioni dei paesi donatori sul canale multilaterale (in particolare i fondi versati a UNHCR, UNRWA e WFP e utilizzati in assistenza umanitaria).

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5 - Nel 2009, il governo lussemburghese ha speso 121 dollari per ciascun cittadino, in confronto ai 14 dollari spesi dal governo statunitense e ai 6 dollari spesi da quello italiano. Cfr grafico 4 pag. 26.

6 - Resta tuttavia molto difficile determinare se questa crescita segnali un aumento effettivo del numero di paesi non occidentali che finanziano l’assistenza umanitaria, ovvero semplicemente una maggiore propensione a rendere trasparenti questi trasferimenti segnalandoli all’FTS.Il Financial Tracking Service (FTS) è un database aggiornato in tempo reale che elenca gli aiuti umanitari registrati a livello globale. FTS riserva un’attenzione centrale ai “consolidated and flash appeals”che permettono di valutare i bisogni specifici di ogni crisi umanitaria e la percentuale di aiuti effettivi ricevuti rispetto alle necessità stimate. FTS è gestito dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Aiuti Umanitari (OCHA) e aggiornato in base ai dati trasmessi da paesi donatori e paesi destinatari degli aiuti (fts.unocha.org ).

7 - Si tratta di un forum informale costituito nel 2003 da 17 donatori (la Commissione Europea e 16 paesi) per promuovere i principi e le buone pratiche di dono nel settore dell’assistenza umanitaria. Attualmente la GHD conta 37 membri (di cui 12 sono paesi non-DAC).

Per meglio valutare l’effettiva “generosità” dei governi, si può scegliere di utilizzare come indicatore non il valore assoluto di assistenza umanitaria, ma la sua correlazione con il prodotto interno lordo e la popolazione.Nel primo caso, il paese più virtuoso - che spende di più in rapporto a ciò che produce - è stato nel 2009 il Lussemburgo, seguito da Svezia, Norvegia, Irlanda e Danimarca. Il Lussemburgo guida anche la classifica dell’assistenza umanitaria pro-capite, seguito in questo caso da Norvegia, Emirati Arabi Uniti, Svezia e Danimarca5.

Sebbene i flussi di assistenza umanitaria dei paesi DAC continuino a essere predominanti, nel corso dell’ultimo decennio il contributo dei donatori non-DAC è cresciuto in modo sostanziale. L’assistenza umanitaria fornita da questi paesi è passata dai 34,7 milioni di dollari del 2000 ai 622,5 milioni del 2010, per un totale di 4,4 miliardi di dollari complessivamente erogati in questi 11 anni. Oltre al valore economico dei finanziamenti, è interessante rilevare come il numero di donatori non-DAC sia cresciuto dai 52 del 2000 ai 127 nel 20106. Questi dati forniscono la prova più evidente di come l’attuale sistema dell’assistenza umanitaria sia diventato più inclusivo verso i donatori non tradizionali, i quali a loro volta hanno

compiuto rilevanti passi avanti nella direzione di una maggiore partecipazione alle discussioni internazionali e di una più marcata attitudine a offrire in modo trasparente informazioni sugli aiuti erogati.

Lo dimostrano del resto l’adesione nel 2010 del Brasile all’iniziativa Good Humanitarian Donorship7, i fondi che soprattutto India e Arabia Saudita hanno iniziato a erogare sul canale multilaterale e alcuni recenti esperimenti di cooperazione intergovernativa, come l’accordo stipulato da Brasile e Spagna nel maggio 2011 per coordinare iniziative di assistenza umanitaria e sviluppo in alcuni paesi di comune interesse.

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GRAFICO 2 - PRINCIPALI DONATORI CON VALORE AGGREGATO NEL PERIODO 2000-2009 (IN MILIARDI DI DOLLARI).

Nel 2010 i governi hanno complessivamente investito 12,4 miliardi di dollari nell’assistenza verso le popolazioni colpite da crisi umanitarie. I donatori che in valore assoluto hanno erogato più aiuti sono stati gli Stati Uniti (4,5 miliardi), l’Unione Europea (1,6 miliardi), il Giappone (865 milioni), il Regno Unito (692 milioni) e la Svezia (597 milioni), a riprova del ruolo da protagonisti ancora esercitato dai paesi appartenenti al DAC. Analizzando il trend dell’ultimo decennio, si osserva infatti un progressivo aumento nei flussi umanitari dei paesi DAC, il cui contribuito complessivo è salito dai 6,7 miliardi di dollari del 2000 agli 11,8 miliardi di dollari del 20104.

L’aumento del dato totale è da attribuirsi alla sostanziale crescita di tre paesi donatori (Stati Uniti, Canada e Giappone), mentre si sono registrati pesanti riduzioni della spesa umanitaria da parte dell’Australia (-42 milioni) e, in Europa, da parte di Germania (-33), Italia (-68), Paesi Bassi (-73) e Spagna (-64).

Nel grafico 2 è possibile visualizzare una panoramica del periodo 2000-2009. Si noti che nei primi 15 posti figurano solo paesi DAC: il primo paese non-DAC, l’Arabia Saudita, figura solo al sedicesimo posto, con 1,9 miliardi di dollari.

12 13

Arabia Saudita566

Emirati Arabi Uniti353

Arabia Saudita256

Emirati Arabi Uniti110

Arabia Saudita82

Turchia61

Kuwait96

Kuwait34

Russia38

Russia44

Russia32

Emirati Arabi Uniti38

Tailandia27

Qatar13

Cina38

Kazakhstan10

India11

India37

Turchia10

Turchia5

Brasile29

Cina9

Repubblica Ceca4

Tailandia12

Iraq8

Hong Kong4

Messico11

Singapore6

Polonia2

Kuwait11

2008 2009 2010

Fonte: GHA su dati UNOCHA FTS

Arabia Saudita Principale paese donatore non occidentale, con 1,3 miliardi di dollari negli ultimi 5 anni. La maggior parte degli aiuti è indirizzata ai paesi islamici. Nonostante sia piuttosto assente dai forum di coordinamento tra donatori, negli anni ha destinato notevoli risorse alle organizzazioni multilaterali.

Emirati Arabi Uniti Circa 600 milioni di dollari in aiuti nell’ultimo quinquennio. Spesso l’assistenza umanitaria è stata indirizzata verso i paesi di origine della sua ampia comunità di espatriati (Sri Lanka, Pakistan, Indonesia, Filippine). Il governo ha costituito un ufficio di coordinamento per l’aiuto internazionale.

India In tempi recenti si è trasformata da paese percettore di assistenza umanitaria in uno dei più importanti donatori non occidentali (56 milioni negli ultimi 5 anni). La maggior parte degli aiuti va a paesi strategici nella regione (Afghanistan, Bhutan, Bangladesh). Cresce il supporto alle agenzie multilaterali.

KuwaitCirca 175 milioni di dollari spesi negli ultimi 5 anni. I paesi destinatari sono prevalentemente islamici (Afghanistan, Pakistan, Iraq, Sudan). Le informazioni sulle politiche di assistenza umanitaria adottate dal paese sono scarse.

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9 - La letteratura in materia inizia comunque a essere piuttosto approfondita, anche se penalizzata dall’assenza di un repertorio di dati completo. Si vedano a titolo esemplificativo: A. Binder, C. Meier, J. Streets, Humanitarian Assistance: Truly Universal? A mapping study of non-Western donors, Global Public Policy Institute, Research Paper Series No. 12, Berlino, 2010; K. Smith, Shifting Structures, Changing Trends: non-DAC donors and humanitarian aid, Global Humanitarian Assistance, Briefing Paper, 2011; A. Harmer, E. Martin, Diversity in Donorship. Field lessons, Humanitarian Policy Group, Report 30, Londra, 2010.

I paesi emergenti non-DAC

Russia Con aiuti pari a 140 milioni di dollari di aiuti negli ultimi 5 anni, è uno dei principali donatori emergenti dopo i paesi del Golfo. I maggiori destinatari sono paesi dell’ex Unione Sovietica (Tajikistan, Ucraina, Kyrgyzstan). Considerate le differenze concettuali coi donatori occidentali sui principi umanitari, prevale il coordinamento con altri paesi non-DAC.

TurchiaI circa 118 milioni di dollari negli ultimi 5 anni rischiano di essere ampiamente sottostimati. L’assistenza umanitaria è prevalentemente indirizzata a paesi islamici (Pakistan, Libano, Indonesia e Iraq). Le autorità di governo hanno spesso richiamato la loro adesione ai principi umanitari.

Sud Corea Ha sottoscritto i principi della Good Humanitarian Donorship, è entrata nel DAC/OCSE a inizio 2010 ed è il principale donatore non occidentale al CERF. Negli ultimi 5 anni ha erogato 114 milioni di dollari, principalmente verso altri paesi asiatici.

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GRAFICO 3 - PRINCIPALI PAESI DONATORI “NON-DAC” NEL PERIODO 2008-2010 (IN MILIONI DI DOLLARI).

Una valutazione approfondita delle caratteristiche di questi “donatori emergenti” esula in gran parte dagli obiettivi del rapporto9. Tuttavia, considerata la loro crescente importanza nel

settore dell’assistenza umanitaria, cercheremo nella continuazione della nostra analisi di fornire le principali linee di tendenza sul comportamento dei paesi non-DAC.

Ma chi sono i principali donatori non occidentali? Come evidenziato dalla tabella successiva, i paesi della penisola arabica sono quelli maggiormente rappresentati. L’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e il Kuwait hanno contribuito con quote rilevanti dell’assistenza umanitaria internazionale, seguiti da altri paesi come la Russia, la Corea, la Turchia, l’India e la Cina. Tra i dati più rilevanti vi è forse il contributo di quest’ultima, passato dai 9 milioni

di dollari nel 2008 ai 38 milioni del 2010. Anche la crescita di 174 milioni di dollari dell’Arabia Saudita è da segnalare, pur se “viziata” dai 50 milioni di dollari erogati al solo ERF - Emergency Response Fund di Haiti8. Brasile e Messico sono infine entrati per la prima volta nella classifica dei primi dieci donatori non-DAC (e questo, almeno nel primo caso, è dovuto al miglioramento dell’attività di reporting nei confronti delle Nazioni Unite).

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8 - Va al proposito sottolineato che nel 2010 l’ERF per Haiti ha ricevuto ben 82 milioni di dollari, l’importo più alto mai registrato per questo meccanismo finanziario, e che anche il secondo contributore è un donatore non tradizionale (il Brasile, con 8 milioni di dollari). Per approfondimenti: Developement Initiatives, Emergency Response Funds (ERFs), Profile, luglio 2011.

14 15

Come si può desumere dal grafico 1 (pagina 9), i fondi donati dai privati rappresentano circa un quarto dei volumi complessivi dell’assistenza umanitaria10. I principali donatori privati sono individui, fondazioni e aziende, che veicolano le loro risorse essenzialmente attraverso organizzazioni umanitarie (ONG, agenzie ONU, Movimento Internazionale della Croce Rossa). Nonostante la carenza di informazioni sui flussi reali di assistenza umanitaria contribuiti dai privati, le stime indicano un decremento nell’anno 2009 in larga parte riconducibile al minor numero e alla minore intensità delle emergenze umanitarie improvvise, quelle capaci di influire maggiormente sulla cosiddetta “propensione alla donazione”.

Il ruolo dei donatori privati.

Parallelamente al ruolo crescente dei paesi non-DAC (e in particolare di quelli islamici) sul fronte dei flussi governativi, anche per quanto riguarda i fondi privati si registra un incremento delle risorse non-DAC messe a disposizione per le emergenze umanitarie. Se il rapporto precedente evidenziava l’importanza delle rimesse degli immigrati, ci sembra opportuno sottolineare qui un’altra forma di contributo privato destinato ad assumere sempre maggior rilievo nella società globalizzata: quello che i Musulmani versano attraverso Zakat e Waqf, contributi concepiti dall’Islam per bilanciare la diseguaglianza sociale e fondare una società più giusta.

Che cos’è la Zakat?La parola Zakat significa ‘purezza’ ed è una sorta di tassa sociale che tutti i Musulmani benestanti devono versare al fine di purificare le proprie ricchezze agli occhi di Allah. Come uno dei cinque pilastri dell’Islam, è un dovere per tutti i Musulmani condividere una parte dei propri averi con i più bisognosi, in modo tale che la parte restante della ricchezza sia purificata e se ne possa beneficiare senza colpe.

A pagare la Zakat sono i Musulmani adulti sani che raggiungono la soglia del Nisab, l’equivalente monetario di 85 grammi d’oro che viene calcolato al momento del versamento della Zakat. Gli elementi da cui la ricchezza può essere derivata sono: bestiame, coltivazioni, oro, argento e merci per le imprese. La Zakat deve essere pagata anche sui depositi in contanti presso le banche. Tutti gli elementi personali da cui non si può derivare la ricchezza e che non devono essere utilizzati per il commercio non sono inclusi nel calcolo della Zakat. Per pagare la Zakat bisogna aver raggiunto la quota minima di Nisab da un intero anno.

Secondo i precetti islamici i proventi della Zakat sono destinati a sette categorie di persone:

1) gli indigenti che non possono provvedere alla risposta alle necessità di base;2) i poveri e i bisognosi, non solo i nullatenenti ma anche coloro che – in possesso di patrimoni minimi – non raggiungono il Nisab;3) il personale addetto alla raccolta della Zakat (pagamento del lavoro di chi la raccoglie e di chi la redistribuisce ai bisognosi);4) i nuovi Musulmani che si sono impoveriti o sono stati perseguitati per aver scelto di abbracciare l’Islam;

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10 - Un recente studio di Development Initiatives ha leggermente corretto questi dati, stimando una differente distribuzione delle donazioni nel pe-riodo 2006-2010 e non modificando tuttavia la sostanza dell’analisi qui sviluppata. Cfr Development Initiative, Private Funding. An Emerging Trend in Humanitarian Donorship, aprile 2012. Si veda anche Development Initiatives, Public Support for Humanitarian Crisis through NGOs, febbraio 2009. La metodologia di entrambi gli studi è basata sostanzialmente su un’analisi dei bilanci delle principali organizzazioni, sulla scorta di quanto AGIRE ha iniziato a fare per studiare i flussi privati in Italia dal 2009.

5) coloro che si sono indebitati e non riescono a saldare il debito;6) coloro che camminano sul sentiero di Dio e per la difesa della Patria;7) i viaggiatori che necessitano di sostegno economico per raggiungere la destinazione finale.

Cosa è il Waqf? Il termine Waqf indica l’“immobilizzazione” di un bene materiale e la sua messa a frutto economica finalizzata alla donazione del ricavato ai poveri. In altri termini il Waqf è una “sadaqah jariah” (elemosina continua) i cui effetti benefici e l’utilità aumentano durante tutta la vita del donatore e soprattutto continuano anche dopo la sua morte. I proventi del Waqf vengono calcolati e distribuiti alla fine di ogni anno. Acquistando una o più azioni del Waqf, intestate a proprio nome o a quello di un parente o amico, si può contribuire alla realizzazione di progetti in ambito umanitario e filantropico.

Zakat e Waqf a favore di programmi umanitari e di sviluppoSono molte le organizzazioni che gestiscono i fondi privati della finanza islamica. Islamic Relief è sicuramente una delle più strutturate a livello internazionale ed è attiva con una propria sede anche in Italia. Islamic Relief destina i proventi di Zakat e Waqf (a seconda della volontà del donatore) a progetti idrici e sanitari, al supporto di minori non accompagnati, alla creazione di attività economiche generatrici di reddito, a progetti educativi ed emergenze umanitarie. Si può avere un’idea dell’importanza crescente di questi contributi considerando che negli ultimi 3 anni la sola Islamic Relief Worldwide ha raccolto mediamente 3 milioni di sterline per ogni annualità nel Regno Unito e nei paesi emergenti del Medio Oriente.

I fondi privati nella finanza islamica

2006 2007 2008 2009 2010

4,33,94,13,5

2,7

Mili

ardi

di $

US

A

Il 2010 invece, ha fatto segnare il record assoluto di fondi privati: 4,3 miliardi di dollari donati, di cui si ritiene che almeno 1,2 siano stati destinati alla risposta al terremoto di Haiti. Tale dato conferma quanto l’”Effetto Hollywood“ innescato da alcune tragedie ad alta visibilità mediatica, sia un fattore che influisce positivamente sul flusso di aiuti donati.E’ ormai riconosciuto che i fondi privati siano generalmente più flessibili e versatili, consentendo alle organizzazioni umanitarie di coprire costi e intervenire in contesti di crisi che i donatori istituzionali considerano meno “attraenti”, meno strategici e per questo meno meritevoli di finanziamento.

Fonte: GHA su dati OCSE/DAC e UNOCHA FTS

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GRAFICO 4 - FLUSSI MONETARI MONDIALI PRIVATI (DAC E NON DAC) DESTINATI AD AIUTI UMANITARI NEL PERIODO 2006 -2010.(IN MILIARDI DI DOLLARI)

16 17

Fonte: GHA su dati OCSE/DAC e UNOCHA FTS

Ancora più interessante è osservare come si sia modificata negli ultimi anni la classifica dei primi dieci paesi beneficiari dei flussi di assistenza umanitaria.Nell’intero periodo rilevato, il Sudan è rimasto il principale percettore di aiuti umanitari a livello globale. Di assoluto interesse è l’incremento sostanziale degli aiuti per i Territori Palestinesi, passati dal settimo posto della graduatoria nel 2005 al secondo posto nel 2009. L’aumento dei fondi è dovuto soprattutto alla priorità che alcuni donatori hanno assegnato a questa crisi ormai strutturale, soprattutto a seguito dell’inasprirsi della situazione umanitaria di Gaza. Ad esempio i soli Stati Uniti hanno aumentato di 283 milioni di dollari i finanziamenti erogati nel 2009 rispetto all’anno precedente; analoga attenzione è stata garantita da Commissione Europea, Regno Unito e CERF14.

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14 - Central Emergency Response Fund (Cfr nota 8 pag. 11)

Dall’analisi della destinazione geografica dei flussi di assistenza umanitaria pubblica e privata emerge chiaramente come l’Africa sia stata negli ultimi 10 anni beneficiaria di quasi la metà degli aiuti erogati (46%)11, seguita dall’Asia (24%)12 e poi dal Medio Oriente (18%)13. Come ben evidenzia il grafico 5, nel periodo 2000-2009, gli aiuti umanitari verso l’Africa sono aumentati in modo sostanziale, trainati soprattutto dal continuo susseguirsi di conflitti armati e cicli di siccità e carestia nei già fragili paesi della regione sub-sahariana.

La destinazione degli aiuti.

Fonte: GHA su dati OCSE/DAC e UNOCHA FTS----------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

11 - I paesi che hanno beneficiato maggiormente di questi aiuti sono stati il Sudan, l’Etiopia e la Repubblica Democratica del Congo. Il Sudan è il primo paese destinatario di aiuti, con un importo complessivo di 8,9 miliardi di dollari.

12 - Ben 5,1 miliardi di dollari sono stati destinati all’assistenza umanitaria verso l’Afghanistan. Poco meno della metà di questi fondi è stata spesa in Pakistan e Indonesia, gli altri 2 paesi grandi ricettori di aiuti nella regione.

13 - Gran parte dei fondi è stata destinata ai Territori Occupati Palestinesi (7,2 miliardi di dollari) e all’Iraq (5,1 miliardi).

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GRAFICO 5 - AIUTO UMANITARIO PER REGIONE NEL PERIODO 2000-2009 (IN MILIARDI DI DOLLARI).

Anche l’Asia ha mostrato un trend in crescita, dovuto in modo particolare alle conseguenze del conflitto in Afghanistan e ai disastri naturali che ciclicamente hanno colpito la regione. Il Medio Oriente ha avuto alcuni picchi nelle fasi più calde del conflitto iracheno. Gli aiuti verso l’Europa sono scesi dopo la fine della stagione dei conflitti balcanici e si assestano ora, come per le Americhe, su livelli assolutamente minoritari.

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GRAFICO 6 - PRINCIPALI PAESI BENEFICIARI NEL PERIODO 2006-2010 (IN MILIONI DI DOL-LARI).

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L’erogazione dei fondi da parte dei donatori può avvenire attraverso varie modalità: il canale bilaterale (verso il governo del paese colpito), quello multilaterale (verso agenzie delle Nazioni Unite, Banca Mondiale, fondi specifici…) e, infine, il supporto alle organizzazioni non governative e al Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa.

I canali di erogazione.

Fonte: GHA su dati OCSE/DAC e UNOCHA FTS.

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14 - ‘Altro’ comprende organizzazioni del settore privato e risorse che non sono state attribuite ad alcun canale.

Esaminiamo ora i dati più recenti relativi all’anno 2010, segmentando la contribuzione da parte di paesi DAC, di altri governi e di soggetti privati. Come prevedibile, è evidente quanto le emergenze ad Haiti e in Pakistan abbiano “scalato la classifica” e attratto una quota importante di fondi. La maggiore visibilità mediatica di Haiti ha stimolato soprattutto la donazione dei soggetti privati, laddove i governi sembrano avere in qualche misura riconosciuto l’incredibile intensità dell’emergenza pakistana. In ogni caso, su Haiti e Pakistan si è concentrato circa il 40% dell’assistenza umanitaria globale. Si noti come, al di là delle due grandi emergenze, i paesi DAC abbiano privilegiato soprattutto i paesi africani (determinando la linea di tendenza complessiva), mentre i paesi non-DAC hanno concentrato i loro aiuti principalmente (ma non esclusivamente) verso Asia e Medio Oriente.

Fonte: GHA su dati UNOCHA FTS.

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GRAFICO 7 - PRINCIPALI PAESI BENEFICIARI NEL 2010 DAI PAESI DAC (IN MILIONI DI DOLLARI).

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GRAFICO 8 - CANALI DI EROGAZIONE NEL PERIODO 2006-2009.(IN MILIARDI DI DOLLARI)

Come emerge dal grafico 8, la maggior parte dei fondi per l’assistenza umanitaria è tradizionalmente veicolata attraverso le organizzazioni multilaterali. Nel 2009, il 61,7% delle risorse totali ha seguito questo canale di erogazione. Nell’intero periodo il principale percettore è stato il PAM - Programma Alimentare Mondiale, soprattutto a causa dell’ampliarsi delle crisi di sicurezza alimentare e

dell’aumento globale del prezzo del cibo. Le ONG sono il secondo canale di finanziamento, avendo gestito nello stesso anno circa il 17,3% dell’assistenza umanitaria complessiva. In base ai dati disponibili, si è calcolato che le ONG internazionali ricevano ben il 67,5% dei fondi, mentre alle ONG locali sono assegnati solo l’1,9% delle risorse (la differenza non è stata attribuita ad alcuna categoria). Per quanto riguarda il Movimento Internazionale della Croce Rossa, la percentuale del 2009 è stata pari all’8,7% del totale. Va tuttavia rilevato che la Croce Rossa riceve fondi

da governi e soggetti privati ma è generalmente esclusa dai meccanismi multilaterali e dai fondi specifici. I dati fin qui descritti dimostrano un’evidenza: il peso del contributo proveniente dai paesi DAC è tale da determinare i principali trend relativi alla gestione dell’assistenza umanitaria, incluso quelli che riguardano la scelta del canale di erogazione. E’ però interessante focalizzarci per un attimo sui comportamenti “difformi” adottati dai paesi non-DAC.

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Non è possibile concludere questa sintetica disamina dei flussi globali di assistenza umanitaria senza affrontare quella che da molti punti di vista appare la questione più cruciale, vale a dire la proporzione tra i bisogni umanitari rilevati in una data emergenza e i fondi che i donatori decidono di investire nella corrispondente azione di

I fondi sono sufficienti?

Il primo dato che emerge dall’analisi è la rilevante crescita della richiesta di fondi nel periodo 2008-201017, in parte dovuta a un aumento di 2,9 miliardi nei Consolidated Appeals e in parte alla straordinaria dimensione dei Flash Appeal lanciati dalle Nazioni Unite nel solo 2010. Nello specifico, il Flash Appeal Haiti è stato di 1,5 miliardi di dollari (coperto al 74%) e il Flash Appeal Pakistan ha raggiunto addirittura i 2 miliardi di dollari (coperto al 70%). Dal 2006 il finanziamento da parte dei donatori è progressivamente cresciuto, fino a raddoppiare nel 2010.

risposta. Uno degli indicatori più immediati per misurare, sia pure in termini generali, l’adeguatezza degli aiuti erogati in un determinato anno è l’analisi del livello di finanziamento degli appelli consolidati periodicamente lanciati dalle Nazioni Unite16.

Ma i tassi di crescita non sono stati tuttavia sufficienti rispetto al più consistente aumento dei bisogni registrati dagli appelli stessi: di conseguenza il 2010 segna un tasso di mancata copertura finanziaria pari al 37%, il più alto negli ultimi 9 anni. Ulteriori analisi condotte sugli appelli che le Nazioni Unite lanciano al di fuori del CAP e sugli appelli del Comitato Internazionale della Croce Rossa confermano una generale riduzione della capacità dei donatori di rispondere ai bisogni registrati18.

Fonte: GHA su dati UNOCHA FTS.

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16 - Sono di due tipologie gli appelli che vengono lanciati dalle Nazioni Unite nell’ambito del CAP – Consolidated Appeals Process per stimolare i contributi dei donatori. I “Consolidated Appeals”, pubblicati nel mese di novembre, riguardano attività pianificate per l’anno successivo e sono utilizzati soprattutto per scenari di post-conflitto (dove i bisogni sono abbastanza facilmente anticipabili). I “Flash Appeals” vengono invece lanciati dopo un disastro e sono uno strumento di fund raising delle Nazioni Unite per ricercare la necessaria copertura finanziaria degli interventi di prima emergenza. 17 - Il dato del 2011 ancora non è consolidato sulla componente dei finanziamenti effettivamente ricevuti, ma sul versante delle richieste - pari a 8,9 miliardi di dollari - già segna una parziale inversione di tendenza verso il ribasso.

18 - Cfr. Global Humanitarian Assistance, Report 2011, cit., pp. 61-62. Resta tuttavia difficile valutare se il dato non sia in qualche misura distorto da una migliorata capacità di analizzare i bisogni e progettare i programmi di risposta da parte delle organizzazioni umanitarie presenti sul teatro della crisi.

Fonte: GHA su dati UNOCHA FTS

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GRAFICO 9 - CANALI DI EROGAZIONE DEI PAESI “NON-DAC” NEL PERIODO 2006–2010 (IN VALORI PERCENTUALI).

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GRAFICO 10 - FINANZIAMENTO DEGLI APPELLI DA PARTE DELL’ONU NEL PERIODO 2000-2010. (IN MILIARDI DI DOLLARI)

Come si evince dal grafico 9, i donatori non-DAC tendono a preferire il finanziamento diretto alle istituzioni pubbliche del paese colpito dall’emergenza. Il canale bilaterale è privilegiato non solo in situazioni di disastro naturale ma anche in quelle occasioni in cui le autorità locali sono parte di un conflitto: questo approccio riflette una considerazione estremamente radicata sulla responsabilità primaria del paese colpito nel gestire la risposta all’emergenza umanitaria sul proprio territorio. Nel 2000, ben il 92% degli aiuti totali veniva erogato dai paesi non-DAC alle autorità locali. Nel 2009, la componente bilaterale è scesa al 22% - una percentuale comunque rilevante, rispetto

all’8,6% dei paesi DAC – per poi risalire al 45% nel 2010. In termini complessivi, nel decennio oggetto dell’analisi, i donatori emergenti hanno indirizzato il 43% della loro assistenza umanitaria direttamente alle istituzioni dei paesi beneficiari. Il canale multilaterale – che include le agenzie delle Nazioni Unite e alcuni meccanismi come il CERF15 e i già citati ERF – rappresenta la “seconda scelta”, con una quota pari al 36% e una significativa crescita dal 4% del 2009 al 41% del 2010. Tradizionalmente meno rilevanti sono le erogazioni di fondi al Movimento Internazionale di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa e, soprattutto, alle organizzazioni non governative.

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15 - CERF - CENTRAL EMERGENCY RESPONSE FUND - Fondo creato nel 2005 delle Nazioni Unite per rendere l’assistenza umanitaria più tempestiva ed efficace per le popolazioni colpite da conflitti armati e disastri naturali. ( cerf.un.org)

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L’Italia al microscopio.

Qual è la performance economica dell’Italia in ambito umanitario? Quanto investe il Governo e quanto i privati cittadini? Quali sono le aree di interesse geografico e i settori di intervento privilegiati?

Negli ultimi 10 anni, i volumi di assistenza umanitaria erogati dal governo italiano si sono mantenuti su livelli sostanzialmente stabili. Come evidenzia il grafico 1, questo andamento così lineare costituisce un dato in controtendenza rispetto al deciso incremento degli stanziamenti che a livello globale sono stati destinati alle popolazioni colpite da disastri ed emergenze complesse. Nel 2000 i donatori pubblici spendevano complessivamente

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1 - Si osservi al proposito soprattutto la variazione della quota percentuale delle risorse italiane sui fondi pubblici globali. Nei primi cinque anni (2000-2004) in media l’Italia contribuisce con il 4,5% dell’assistenza umanitaria pubblica internazionale; dal 2005 al 2009, il contributo percentuale scende al 3,5%. Come si vedrà oltre, le stime sul 2010 non fanno che rimarcare ulteriormente questa logica di disinvestimento.

6,7 miliardi di dollari; nel 2009 si sono raggiunti gli 11,7 miliardi (con un tasso di crescita addirittura del 76%). La cifra spesa dall’Italia nel 2009 – 362 milioni di dollari – è praticamente la stessa che era stata destinata agli aiuti umanitari nel 2000 (358 milioni). Ciò che emerge in modo evidente è quindi un progressivo, ma inesorabile, disinvestimento del nostro paese rispetto a un trend di crescita globale dell’assistenza umanitaria1.

Fonte: AGIRE su dati GHA.

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GRAFICO 1 - ANDAMENTO DELL’ASSISTENZA UMANITARIA NEL PERIODO 2000-2009 (IN MILIARDI DI DOLLARI).

Parte IIPanoramica dei flussi ufficiali.

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Anche l’analisi del rapporto tra performance italiana e media OCSE - DAC mette in evidenza un contributo del nostro paese inferiore rispetto ai suoi principali partner continentali e internazionali. A partire dal 2008, il gap tende ad allargarsi e, come si vedrà, le prime analisi sui dati 2010 sembrano ulteriormente confermare questa linea di tendenza.

A simili conclusioni sull’adeguatezza dei volumi di spesa umanitaria da parte del governo italiano si giunge osservando la graduatoria dei paesi DAC rispetto a due indicatori già utilizzati nel primo capitolo di questo rapporto e che sono utili a fornire indicazioni di massima sul grado di “generosità” di un paese: la percentuale di spesa rispetto

Fonte: AGIRE su dati GHA. Fonte: AGIRE su dati GHA.

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GRAFICO 2 - CONFRONTO TRA L’ASSISTENZA UMANITARIA ITALIANA E LA MEDIA OCSE - DAC NEL PERIODO 2000-2009 (IN MILIARDI DI DOLLARI).

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GRAFICO 3 - CLASSIFICA PAESI DAC NEL RAPPORTO TRA ASSISTENZA UMANITARIA E PIL RIFERITI ALL’ANNO 2009 (IN VALORI PERCENTUALI).

al PIL e l’assistenza umanitaria pro-capite.Per quanto riguarda il rapporto assistenza umanitaria su PIL, l’Italia figura al 18° posto tra i paesi OCSE, spendendo in assistenza umanitaria l’equivalente dello 0,017% del proprio PIL (su una media DAC dello 0,046%).

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Siamo invece al 19° posto per spesa pro-capite: nel 2009, l’Italia ha allocato solo 6,1 dollari per ciascun cittadino, contro una media DAC di 4 volte superiore (25,4 dollari).

Fonte: AGIRE su dati GHA.

Per un’analisi più puntuale della performance del nostro paese, è indispensabile studiare la composizione dell’assistenza umanitaria erogata dall’Italia e seguirne

Come è composta l’assistenza umanitaria italiana?

Il primo elemento che emerge da questa analisi – già messo in evidenza nelle precedenti edizioni de Il Valore dell’Aiuto – è il peso crescente che i trasferimenti all’Unione Europea spesi in aiuto umanitario rivestono sul totale complessivo dell’assistenza umanitaria italiana. Nel 2009, ben il 60% degli aiuti italiani è stato gestito a Bruxelles dalle istituzioni europee, contro il 31% allocato dall’Italia sul canale bilaterale e solo il 9% trasferito alle

agenzie multilaterali, famiglia ONU in testa. In buona sostanza, dei circa 6 dollari spesi dal governo per ciascun italiano, quasi 4 sono in realtà aiuti delle istituzioni europee resi possibili dalla quota contributiva dell’Italia, a conferma di come il ruolo del nostro paese nell’assistenza umanitaria sia prevalentemente legato alle scelte operate a Bruxelles e non a un’esplicita volontà politica espressa delle nostre istituzioni nazionali3.

Fonte: Elaborazione AGIRE su dati GHA

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2 - Come precisato nella nota metodologica in appendice, le cifre relative all’anno 2010 sono parziali, basate per il canale bilaterale su dati prelimi-nari e non ancora comprensive dei trasferimenti alle organizzazioni internazionali. Il dato reale relativo al 2010 sarà quindi superiore, nonostante il vistoso calo degli aiuti diretti sul canale bilaterale. Resta da verificare se la componente multilaterale tornerà semplicemente ad avvicinarsi a quella bilaterale, come nel 2003, oppure addirittura la sorpasserà.

3 - Vale la pena evidenziare che un analogo fenomeno di “comunitarizzazione” – ossia di gestione dell’aiuto da parte delle istituzioni europee secon-do strategie non direttamente determinate dall’Italia – si rileva anche nel più ampio ambito dell’aiuto pubblico allo sviluppo (APS) senza per questo essere il risultato di una precisa scelta politica. Nel biennio 2009-2010, infatti, il 53% dell’aiuto italiano è costituito dai contributi obbligatori al Fondo Europeo di Sviluppo (FES) e al bilancio comunitario che, stante la loro inderogabilità, consentono al nostro paese di mantenere un livello garantito di APS pari allo 0,08% del PIL. Per approfondimenti, si veda Action Aid Italia, “L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo. Annuario della cooperazione italiana allo sviluppo”, settembre 2011, p. 36.

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GRAFICO 4 - RAPPORTO TRA ASSISTENZA UMANITARIA PUBBLICA E POPOLAZIONE DEI PAESI DAC RIFERITO ALL’ANNO 2009 (IN DOLLARI).

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GRAFICO 5 - COMPOSIZIONE DELL’ASSISTENZA UMANITARIA ITALIANA NEL PERIODO 2000 -2010 (IN MILIONI DI DOLLARI).

l’andamento nel tempo. Per farlo, ci affidiamo ai dati di dettaglio forniti ad AGIRE dal team di ricerca del Global Humanitarian Assistance2.

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L’incidenza dell’assistenza umanitaria gestita dalle istituzioni europee sul totale della spesa umanitaria è in media estremamente più bassa. In ambito OCSE ad esempio, la quota media “affidata” nel 2009 dagli stati membri alle istituzioni europee è stata del 36%, con un’incidenza ancora inferiore nei grandi donatori di assistenza umanitaria come Svezia (6%), Lussemburgo (8%) e Olanda, Danimarca e Finlandia (13%). Superano l’Italia solo il Portogallo (89%), la Francia (83%)

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4 - Nel periodo 2000-2009, in media l’Italia ha speso 102 milioni di dollari in aiuti bilaterali, laddove la media dei paesi europei aderenti all’OCSE è stata di 142 milioni di dollari. Questa differenza è stata solo in parte compensata da una maggiore generosità sul canale multilaterale, dove l’Italia ha speso mediamente 47 milioni di dollari contro i 41 di valore medio.

e la Grecia (66%).La bassa performance dell’Italia in termini di spesa umanitaria dipende soprattutto dalla scarsità dei fondi messi a disposizione sul canale bilaterale. Come evidenziato nel grafico seguente, a partire dal 2002 l’Italia ha ridotto drasticamente l’assistenza umanitaria bilaterale, collocandosi ben al di sotto della media dei paesi UE aderenti all’OCSE4.

Fonte: Elaborazione AGIRE su dati GHA

A che regioni e a quali attività vengono destinati i fondi stanziati dall’Italia per gli aiuti umanitari?Per una breve disamina su questi dettagli si è fatto riferimento ai dati riportati dal Financial Tracking Service di OCHA. Nella sezione di FTS che riporta i fondi governativi dei singoli paesi donatori suddivisi nelle varie emergenze cui sono destinati5, risulta che nel 2010 il Pakistan (14,6%) abbia sostituito i Territori Palestinesi come primo paese di destinazione dell’aiuto umanitario italiano. Dopo il Pakistan, l’Italia ha erogato più di 10 milioni di dollari rispettivamente per Somalia (12,6%), Territori Palestinesi (10,2%), Haiti (9,7%) e Afghanistan (9,6%). Il Sudan (5,7%), primo paese a livello globale per quantità di aiuti (1,4 miliardi di dollari) è solo il sesto ricettore degli aiuti italiani. Restano sostanzialmente invariate le percentuali di assistenza umanitaria verso Kenya e Libano (3%).

La destinazione dei fondi umanitari.

Fonte: FTS

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5 - Cfr. Donor Profile: Italy 2010 - Funding per Emergency http://fts.unocha.org/reports/daily/ocha_Rdonor6_DC103_Y2010___1202281236.pdf

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GRAFICO 6 - CONFRONTO TRA LA SPESA MEDIA ITALIANA E QUELLA DELL’UE SU BILATERALE E MULTILATERALE NEL PERIODO 2000-2009 (IN MILIONI DI DOLLARI).

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GRAFICO 7 - PRINCIPALI PAESI DESTINATARI DEGLI AIUTI GOVERNATIVI ITALIANI NEL 2010.

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Esaminando invece la suddivisione degli aiuti ufficiali italiani nei diversi settori di intervento6, emerge che il 9,7% è stato destinato a interventi di sicurezza alimentare, il 9,5% a logistica e coordinamento, il 9,4% a interventi sanitari, il 7% alla costruzione di rifugi e una percentuale equivalente ai cosiddetti interventi di WASH (Water, Sanitation and Hygiene).

Non stupisce che siano questi i settori prioritari per la risposta alle emergenze. Colpisce invece, soprattutto se rapportato alla situazione internazionale, la mancanza di investimenti nell’ambito delle infrastrutture, che sembrerebbe suggerire un focus su interventi umanitari di breve termine e, ancor più, stupisce l’altissima percentuale di fondi investiti in attività classificate come “non specificato”. Probabilmente ciò sta ad indicare una

Fonte: FTS

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6 - Cfr. Donor Profile: Italy 2010 – funding per Sector http://fts.unocha.org/reports/daily/ocha_Rdonor8_DC103_Y2010___1205030203.pdf

Se da un punto di vista quantitativo nel 2010 l’Italia - in netta discesa rispetto all’anno precedente - si colloca al quindicesimo posto per i livelli di spesa umanitaria7, guadagna invece una posizione salendo al diciannovesimo

Dalla quantità alla qualità.

Fonte: HRI / DARA

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7 - Developments Initiatives, Global Humanitarian Assistance, cit., pp 100-101.

8 - DARA è un’organizzazione indipendente fondata nel 2003 il cui scopo è fornire analisi e valutazioni dell’efficacia dei flussi di aiuti umanitari. Lo strumento più utilizzato da DARA è lo Humanitarian Response Index (HRI) concettualmente fondato sui 23 principi della Good Humanitarian Donorship (vedi GHD nota 7 pag. 11) . L’HRI non misura il volume o la quantità di fondi destinati all’assistenza umanitaria ma analizza la qualità e l’efficacia degli aiuti in base ai cinque criteri sopra riportati. Ai paesi donatori viene assegnato un punteggio in base ad ogni criterio e i risultati vengono organizzati in una scala che determina quanto positivamente abbia agito ogni singolo donatore in relazione agli altri. Inoltre ogni paese è classificato all’interno di uno di tre gruppi, che riuniscono donatori con caratteristiche simili.Maggiori informazioni su http://daraint.org/humanitarian-response-index/humanitarian-response-index-2011/donor-assessments/

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GRAFICO 8 - SETTORI DI INTERVENTO UMANITARIO DELL’ITALIA NEL 2010.

Fonte: FTS

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GRAFICO 9 - SETTORI DI INTERVENTO UMANITARIO DEI PAESI DAC NEL 2010.

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GRAFICO 10 - PERFORMANCE UMANITARIA DELL’ITALIA IN RELAZIONE ALLA MEDIA OCSE / DAC.

limitata attenzione nel riportare i settori di intervento agli organismi internazionali preposti alla raccolta dei dati di tutti i paesi donatori. E’questo un limite che si ritrova in parte anche a livello internazionale, dove però la percentuale per questa categoria scende al 30% (media paesi OCSE-DAC). Solo per l’Unione Europea la percentuale di interventi classificati come “non specificato” si riduce fino al 20,6%.

Una maggiore attenzione nella classificazione degli interventi favorirebbe una migliore analisi delle scelte italiane rispetto alle priorità internazionali e consentirebbe di misurare la capacità del nostro paese di rispettare le priorità identificate dalla comunità internazionale.

posto dell’Humanitarian Ranking Index (HRI) del DARA8, che analizza l’efficacia dei flussi di aiuti umanitari in base ai cinque criteri indicati nel grafico che segue:

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Secondo la classificazione del HRI, l’Italia appartiene al Gruppo 3 dei donatori. Il nostro paese ha cioè caratteristiche simili ad Australia, Belgio, Germania, Irlanda, Giappone, Lussemburgo e Spagna, caratterizzati da un punteggio poco elevato in relazione ai criteri C, D, E dell’indice del DARA, ovvero collaborazione coi partner nell’assistenza umanitaria, protezione e diritto internazionale, meccanismi di apprendimento e accountability.

L’Italia resta sotto la media OCSE-DAC in relazione a tutti i criteri di valutazione eccetto il secondo (prevenzione e riduzione del rischio). Per quanto riguarda i meccanismi di apprendimento e accountability, il nostro paese non raggiunge la media DAC ma supera comunque gli altri paesi del gruppo 3. Ha inoltre un risultato positivo e vicino alla media DAC relativamente alla reale rispondenza degli interventi ai bisogni del territorio. Bassa invece la performance per la risposta agli appelli di ONU e Croce Rossa, il finanziamento diretto alle ONG e il finanziamento a programmi di prevenzione e riduzione della vulnerabilità ambientale.

L’analisi della qualità dell’azione umanitaria dell’Italia elaborata da HRI si chiude con sei raccomandazioni:

1. definire una vera e propria politica umanitaria;2. migliorare l’imparzialità e neutralità dell’azione

umanitaria;3. aumentare la percentuale di fondi governativi destinati

alle ONG;4. incrementare il contributo agli appelli ONU;5. bilanciare la risposta finanziaria – ora destinata

prevalentemente alla risposta ai disastri naturali - a favore delle emergenze complesse;

6. garantire un uso più flessibile delle risorse destinate alle Agenzie umanitarie delle Nazioni Unite.

Queste raccomandazioni sono molto simili a quelle mosse all’Italia dal Development Assistance Committee dell’OCSE a seguito della Peer Review dei sistemi e dell’efficacia degli interventi di cooperazione internazionale cui l’Italia è stata sottoposta nel 20099.

Prendendo in esame solo le raccomandazioni relative all’ambito degli aiuti umanitari, le più evidenti riguardano il mancato riferimento della legge sulla cooperazione internazionale (L. 49/1987) ai principi di neutralità, imparzialità e indipendenza, sottoscritti dall’Italia come parte integrante delle Good Humanitarian Donorship10. Si sollecita qui la necessità per l’Italia di elaborare linee guida nazionali per l’aiuto umanitario che aiutino a riconoscere le priorità strategiche, chiarire l’approccio alla protezione umanitaria e ridefinire i rapporti tra assistenza umanitaria e cooperazione allo sviluppo così come tra azione umanitaria, autorità civile e politica estera. All’Italia si chiede inoltre di migliorare gli standard di accountability e aumentare il volume di fondi dedicati alle emergenze umanitarie.

A seguito di queste raccomandazioni nel 2011 è stato creato un gruppo di lavoro comprendente membri della DGCS (Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri) e rappresentanti delle ONG italiane più impegnate nel settore umanitario che hanno recentemente concluso la redazione delle “Linee Guida per l’Aiuto Umanitario”.

Il documento contiene riferimenti espliciti alla necessità di sviluppare il principio di sussidiarietà, evidenziando il ruolo chiave svolto dalle organizzazioni umanitarie della società civile. Le Linee Guida suggeriscono che, nel rispetto dei reciproci ruoli, siano da favorire forme di coordinamento governo-società civile tanto nelle operazioni umanitarie, quanto nella raccolta fondi privata che costituisce un elemento imprescindibile per una risposta efficace alle crisi umanitarie a livello di sistema-paese. L’Italia riconosce l’importanza del settore privato e lo stesso Ministero degli Affari Esteri si impegna a favorire il coordinamento interno del “Sistema Italia”, supportando la centralità delle espressioni della società civile nella raccolta di fondi tra i soggetti privati.Impegni importanti e nella giusta direzione, di cui solo il tempo consentirà di valutare appieno l’effettiva attuazione.

I fondi privati gestiti dalle ONG.

La ricerca quantitativa, svolta anche quest’anno da AGIRE sui bilanci consuntivi di un campione selezionato di organizzazioni11, stima a circa 122 milioni di dollari i fondi privati che le ONG italiane hanno investito nel 2010 in programmi di assistenza umanitaria verso paesi terzi.

Il grafico mette in relazione la spesa umanitaria di fondi privati raccolti dalle ONG con i trasferimenti pubblici sul canale multilaterale e bilaterale (esclusa la spesa delle istituzioni europee). Dopo una parziale contrazione tra il 2008 e il 2009, nel 2010 – soprattutto grazie alla visibilità mediatica del terremoto ad Haiti – le ONG hanno visto notevolmente incrementate la disponibilità di fondi privati e la conseguente spesa nella risposta alle emergenze umanitarie. In attesa di conoscere i dati ufficiali sui trasferimenti multilaterali in ambito umanitario, appare evidente come i fondi privati siano stati nel 2010 di gran lunga superiori all’assistenza umanitaria pubblica veicolata

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9 - Cfr. Raccomandazioni Peer Review 2009 http://www.oecd.org/document/60/0,3343,en_2649_34603_44387452_1_1_1_1,00.html. Le buone pratiche apprese dalle peer review dei paesi DAC sono state assembleate nel recente documento OECD, Towards Better Humanitarian Donorship. 12 Lessons from DAC Peer Reviews, 2012.

1o - Vedi nota 7 pag. 11.

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11 - Crf. nota metodologica a pag 47.

*12 - I dati relativi ai trasferimenti multilaterali per l’aiuto umanitario nel 2010 non sono stati ancora pubblicati.

Si tratta di un contributo estremamente importante, soprattutto se analizzato nel quadro delle restrizioni di spesa pubblica nel settore umanitario che abbiamo evidenziato nella prima parte di questo capitolo.

attraverso il canale bilaterale. Una valutazione più esaustiva del rapporto tra fondi pubblici e fondi privati in Italia e a livello internazionale è possibile incrociando la succitata analisi di AGIRE sui bilanci delle ONG italiane con le statistiche pubblicate nel rapporto Global Humanitarian Assistance sui fondi privati globali. I valori percentuali da comparare indicano tuttavia solo una linea di tendenza molto generale, dal momento che le fonti di analisi non sono del tutto sovrapponibili e la scarsità di informazioni sui flussi privati rende l’intero esercizio utile solo per valutazioni estremamente generali.

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GRAFICO 11 - FONDI PRIVATI SPESI DALLE ONG ITALIANE IN ASSISTENZA UMANITARIA COMPARATI AGLI INVESTIMENTI PUBBLICI (BILATERALE E MULTILATERALE) NEL PERIODO 2006-2010 (IN MILIONI DI DOLLARI).

Fonte: Elaborazione AGIRE su dati GHA

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Alla luce delle cautele sopra indicate, l’unica informazione rilevante che si può trarre dall’analisi comparata dei valori italiani con quelli del “resto del mondo” è che anche la percentuale di fondi privati mobilitati nel nostro paese appare considerevolmente inferiore alla media globale. Ciò sarebbe vero anche qualora aggiungessimo ai fondi privati mobilitati dalle ONG italiane quelli raccolti da soggetti governativi (la Croce Rossa Italiana) o multilaterali (le Agenzie delle Nazioni Unite), considerando questa analisi comparata come significativa soprattutto in relazione ai paesi industrializzati (in assenza di informazioni esaustive sul ruolo dei privati nei paesi non DAC). Del resto, queste stesse indicazioni – qui solo accennate, in termini

Il grafico mette in evidenza come ben il 57,4% dei fondi raccolti dalle ONG con mandato umanitario provenga da donazioni di privati cittadini, a cui si deve aggiungere un ulteriore 6% di contributi da parte di aziende e fondazioni. Risulta quindi minoritaria la componente di fondi pubblici: 23% erogati da istituzioni europee e agenzie multilaterali e 12% da istituzioni pubbliche nazionali (principalmente Ministero Affari Esteri ed enti locali).

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13 - Come meglio precisato nelle note metodologiche di questo rapporto, il campione di ONG è composto da soggetti con un mandato umanitario consolidato e con una componente rilevante (seppure non sempre maggioritaria) di raccolta fondi da privati. All’interno di questo campione, è prevalente – rispetto alla distribuzione nazionale – la componente di ONG aderenti alle grandi famiglie internazionali, con fonti di ricavo per la maggior parte di origine privata. Un analogo studio empirico sull’intero panorama delle ONG italiane metterebbe probabilmente in evidenza una percentuale di fund raising su privati assolutamente inferiore.

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GRAFICO 12 - ANALISI COMPARATA DEL RAPPORTO TRA FONDI PUBBLICI E FONDI PRIVATI IN ITALIA E NEI PAESI DAC (IN MILIONI DI DOLLARI).

Fonte: Elaborazione AGIRE su dati GHA

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GRAFICO 13 - COMPOSIZIONE DELLE ENTRATE DELLE ONG UMANITARIE NEL 2010 (IN VALORI PERCENTUALI).

Fonte: AGIRE

estremamente generici – saranno confermate dall’analisi comparata sui fondi privati raccolti dalle ONG in sette paesi europei in risposta alle ultime tre grandi crisi umanitarie, oggetto di trattazione nella terza parte di questo rapporto.

Con tutti i limiti di un’analisi settoriale incompleta (seppure rappresentativa delle ONG con mandato umanitario), è interessante completare questo capitolo con un breve excursus sulla provenienza dei fondi che questa parte del settore non governativo italiano destina ai propri interventi nei paesi terzi (non necessariamente ai soli interventi di assistenza umanitaria).

Questi valori percentuali costituiscono null’altro che delle indicazioni generali di tendenza, essendo l’analisi pesantemente condizionata dai criteri di scelta del campione di ONG13 e dalla rilevante eterogeneità del settore.

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Parte III Generosità in emergenza nei paesi europei.

Quanto incide la donazione privata per l’emergenza in Europa? Quali crisi hanno più sollecitato la sensibilità dei donatori?

Come si è osservato nel primo capitolo di questo rapporto, le donazioni private provenienti dai paesi industrializzati costituiscono da alcuni anni una quota più che significativa dell’assistenza umanitaria globale. Si tratta tuttavia di flussi economici complessi da tracciare e analizzare: in assenza di un database centralizzato, informazioni attendibili ed esaustive sui fondi privati restano difficili da reperire e sono per lo più basate su stime che derivano dalla triangolazione di fonti eterogenee (bilanci delle organizzazioni, notizie sui media, osservatori di settore, ecc.). Considerate queste premesse, l’impostazione di uno studio comparato sulle donazioni private per l’assistenza umanitaria – oggetto di questo terzo capitolo – ha richiesto una rigorosa delimitazione del campo d’indagine e qualche compromesso rispetto alla metodologia di reperimento dei dati1.

Per analizzare il contributo dei privati – facendo rientrare in questa categoria non solo i cittadini, ma anche le aziende e le fondazioni – si è scelto di concentrare lo studio sulle donazioni alle ONG, che restano il canale privilegiato (anche se non unico) per la mobilitazione delle risorse per la risposta alle emergenze umanitarie. Le differenze nella classificazione dei costi sui bilanci di ciascuna organizzazione e l’estrema ampiezza dei soggetti da includere in un ipotetico campione rappresentativo su scala europea hanno sconsigliato il ricorso a una

metodologia analoga a quella utilizzata per studiare il caso italiano nel secondo capitolo di questo rapporto.

Del resto, per valutare il diverso contributo di “generosità” dei privati e la capacità dei diversi sistemi-paese di rispondere alle emergenze è sembrato più utile verificare le donazioni raccolte su specifiche emergenze umanitarie piuttosto che la quota di fondi privati contabilizzati nella spesa umanitaria delle ONG. L’analisi si è quindi concentrata su 7 paesi europei2, messi a confronto sui volumi di donazioni private raccolti dalle ONG su 3 gravi emergenze umanitarie3 su cui sono stati lanciati appelli di mobilitazione nel periodo 2010-2011. Non per tutti i paesi è stato possibile raccogliere informazioni dettagliate su tutte le emergenze; non per tutte le emergenze i dati raccolti sono risultati comparabili ed esaustivi. Al netto di inevitabili imprecisioni, il quadro che emerge offre tuttavia spunti piuttosto interessanti per analizzare il contributo dei privati in alcuni paesi europei e i ritardi strutturali del nostro paese sull’assistenza umanitaria, non solo sul versante dei contributi pubblici ma anche su quello delle donazioni private.

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1 - Per un approfondimento su questi aspetti, si rimanda alla “Nota Metodologica” (pag. 49).

2 - Belgio, Francia, Germania, Italia, Olanda, Regno Unito e Spagna.

3 - Terremoto ad Haiti (gennaio 2010), alluvioni in Pakistan (agosto 2010), siccità in Africa Orientale (luglio 2011).

Generosità in emergenza: uno sguardo in Europa.

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Le donazioni private in Europa.

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GRAFICO 13 - LE DIMENSIONI DEI PAESI SONO PROPORZIONALI AL RAPPORTO TRA ASSISTENZA UMANITARIA PUBBLICA E PIL. DI CONSEGUENZA PIù è GRANDE LA CARTINA DI UN PAESE, MAGGIORE è LA PERCENTUALE DI ASSISTENZA UMANITARIA EROGATA DAL GOVERNO. LE DONAZIONI PRIVATE PRO CAPITE SI RIFERISCONO ALLE 3 CRISI IN OGGETTO.

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OlandaIl comitato emergenze olandese SHO - Samenwerkende Hulporganisaties4 ha registrato incredibili successi nei propri appelli di emergenza (148 milioni di dollari per Haiti, 37 per il Pakistan e 35 per il Corno d’Africa). Al di fuori del comitato, sono poche le organizzazioni che hanno raccolto quantità rilevanti di fondi (si segnalano in particolare MSF e Woord and Daad). A seguito di alcune interviste con i referenti delle organizzazioni olandesi, si è prudenzialmente stimato che i fondi ulteriori a quelli derivanti dall’appello nazionale non superino il 5% della raccolta di SHO. Dal 2002, il rapporto Geven in Nederland, prodotto dal Centro di Studi Filantropici dell’Università di Amsterdam, fornisce analisi sui volumi di donazione nel settore dell’aiuto internazionale. I dati più recenti, relativi al 2009, confermano il grande sostegno degli olandesi alle ONG di cooperazione internazionale, con donazioni complessive pari a circa 753 milioni di dollari (equivalenti al 12% del volume complessivo delle elargizioni private)5.

SvizzeraCirca il 70% dei fondi per le tre crisi oggetto del benchmark è stato raccolto dall’appello nazionale lanciato dal comitato emergenze svizzero, La Catena della Solidarietà6. Per uno sguardo più generale sulle risorse private svizzere per l’aiuto internazionale, ci si può riferire ai dati riportati dall’Hudson Institute di Washington, che stima a

circa 521 milioni di dollari il contributo dei privati ai paesi del Sud del mondo7.

GermaniaI dati complessivi sull’andamento delle donazioni private per i 3 appelli sono il prodotto di un’analisi della fondazione Deutsches Zentralinstitut für soziale Fragen (DZI)8, che in Germania si occupa di certificare le organizzazioni non profit ed elaborare studi e statistiche sulle loro attività di raccolta fondi. L’analisi evidenzia come anche in Germania sia determinante il contributo degli appelli nazionali, lanciati da 3 differenti comitati emergenze. In base ai calcoli dell’Istituto tedesco di ricerca economica (DIW), DZI ha stimato in 8,1 miliardi di dollari il valore complessivo delle donazioni nel 2010.

Regno UnitoGli appelli nazionali lanciati dal DEC – Disasters and Emergency Committee9 hanno raccolto 165 milioni di dollari per Haiti, 110 per il Pakistan e 120 per l’Africa Orientale. Considerata la straordinaria popolarità del DEC, si è prudenzialmente stimato che gli ulteriori fondi mobilitati dai privati non superino il 10% dell’appello nazionale. Secondo l’ultima indagine del Charities Aid Foundation (CAF)10, nell’anno fiscale 2010-2011 il totale delle donazioni private è stato di circa 16 miliardi di dollari, di

cui il 10% è stato destinato a programmi di cooperazione internazionale e assistenza umanitaria11. Diverse e di molto superiori le cifre indicate dall’Hudson Institute, che ha stimato 6,3 miliardi di dollari di donazioni inglesi per l’aiuto internazionale12.

ItaliaI dati sulle donazioni private derivano da un’analisi dei risultati di raccolta fondi delle principali organizzazioni che si sono mobilitate sulle 3 emergenze. Secondo le stime raccolte dall’Istituto per la Ricerca Sociale13, nel 2008 le ONG italiane avrebbero finanziato i loro programmi di cooperazione internazionale con 579 milioni di dollari donati da cittadini privati. A questa cifra si devono aggiungere i 3,8 milioni di dollari messi a disposizione per la cooperazione allo sviluppo dalle fondazioni bancarie.

SpagnaLa rete di coordinamento delle ONG spagnole (Coordinadora de Organizaciones No Gubernamentales para el Desarrollo de España - CONDGE)14 ha calcolato che per l’emergenza Haiti sono stati raccolti in Spagna circa 175 milioni di dollari. Non sono disponibili informazioni sui fondi raccolti per le altre due emergenze oggetto di questa analisi. La stessa CONDGE ha stimato che nel 2007 le ONG

Un approfondimento sui singoli paesi.

spagnole hanno raccolto circa 409 milioni di dollari di fondi privati da destinare a programmi di cooperazione internazionale15.

FranciaI fondi privati donati dai cittadini francesi per le tre emergenze sono stati stimati dal network France Générosités16.Un sondaggio condotto nel 2008 da TNS sulle donazioni in Francia, ha rivelato che il contributo dei cittadini privati alle ONG impegnate in programmi di cooperazione internazionale era pari a circa 469 milioni di dollari. Se si aggiungono i 500 milioni di dollari devoluti dalle aziende private (stima dell’Association pour le Développement du Mécénat Industriel et Commercial) e i 33 di lasciti testamentari (fonte il Centre d’Etudes et de Recherches sur la Philantrophie), si desume che i fondi privati francesi destinati alla cooperazione internazionale si aggirano su 1 miliardo di dollari17.

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4 - Fanno parte di SHO le seguenti ONG: Cordaid, Icco, Kerk in Actie, Oxfam Novib, Croce Rossa, Save the Children, Stichting Vluchteling, Terre de Hommes, UNICEF, World Vision. Approfondimenti sul sito: http://samenwerkendehulporganisaties.nl.

5 - Estratti del rapporto sono disponibili sul sito: www.giving.nl.

6 - La fondazione La Catena della Solidarietà è stata costituita nel 1946 dalla radio-televisione svizzera e attualmente raccoglie fondi per 25 organizzazioni umanitarie. La lista completa delle ONG partner e gli approfondimenti sul meccanismo di funzionamento sono disponibili sul sito: www.catena-della-solidarieta.ch.

7 - Hudson Institute - The Center for Global Prosperity, The Index of Global Philantrophy and Remittances 2011, Washington, 2011, p. 32. Le stime sui fondi raccolti dalle ONG svizzere sono ricavate dallo studio svolto ogni anno dal Dipartimento Federale per gli Affari Esteri e dall’analisi dei bilanci delle ONG non registrate. In questo caso, la stima complessiva comprende anche le contribuzioni di imprese private svizzere che non sono state canalizzate attraverso le ONG.

8 - www.dzi.de

9 - E’, dopo la Catena della Solidarietà Svizzera, l’antesignano dei comitati emergenze europee. Nato nel 1963, ha lanciato il suo primo appello nel 1966 (terremoto in Turchia). Nel corso degli ultimi 10 anni, ha raccolto circa 1,6 miliardi di dollari per la risposta alle principali emergenze umanitarie. Le ONG partner sono: ActionAid, AgeUK, British Red Cross, Cafod, Care, Christian Aid, Concern, Islamic Relief, Merlin, Oxfam, Plan, Save the Children, TearFund e World Vision.

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10 - CAF-NCVO, UK Giving 2011. An overview of charitable giving in the UK, 2010/2011, dicembre 2011. Il rapporto è disponibile sul sito CAF, all’indirizzo: www.cafonline.org/ukgiving.

11 - Per informazioni qualitative sul comportamento dei donatori inglesi di fronte alle emergenze umanitarie, cfr. CAF, A Survey of UK General Public’s Donation to Overseas Disaster Appeals. Summary of Trends, febbraio 2010. Disponibile sul sito CAF, nella sezione CAF Disaster Monitor.

12 - Hudson Institute - The Center for Global Prosperity, op. cit., p. 13. Questa stima è basata sui dati forniti da GuideStar Data Service e relativi all’anno 2008.

13 - www.irsonline.it. I dati sono riportati nel rapporto dell’Hudson Institute, ibidem, p.31.

14 - www.coordinadoraongd.org. I dati sono stati raccolti nel corso di un’intervista.

15 - Hudson Institute - The Center for Global Prosperity, op. cit., p. 32.

16 - www.francegenerosites.org. I dati sono stati raccolti nel corso di un’intervista.

17 - Hudson Institute - The Center for Global Prosperity, op. cit., p. 31.

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Pur considerando con cautela la precisione dei dati relativi alle donazioni private e volendoci quindi limitare a prendere in esame solo le linee di tendenza più evidenti, il quadro che emerge dall’infografica offre alcuni interessanti spunti di riflessione. L’analisi dei sette paesi europei sembra in particolare dimostrare che non esiste alcun rapporto funzionale tra i volumi di assistenza umanitaria pubblica e la propensione alla donazione da parte dei privati: sistemi di fund raising privato efficaci, come in Svizzera o Germania, danno buoni risultati anche in paesi che non sono in cima alla classifica dei donatori pubblici. In alcuni paesi con una consolidata tradizione nel campo dell’aiuto internazionale, come l’Olanda e il Regno Unito, la disponibilità a donare riguarda invece sia il settore pubblico che quello privato. Nettamente diversa la situazione in Europa meridionale (Spagna, Francia e soprattutto Italia), dove a comportamenti meno virtuosi da parte dei governi si aggiunge una ridotta capacità del settore non governativo di mobilitare flussi consistenti di risorse private.

Le informazioni quantitative della nostra analisi non consentono certo una disamina approfondita dei fattori - presenti in misura diversa in ciascun paese - che contribuiscono a stimolare l’attivazione dei privati a sostegno delle ONG impegnate in attività di assistenza umanitaria. Ciò che appare tuttavia evidente è che in gioco non vi sia un semplice differenza di attitudine dei singoli

donatori (più “generosi e disponibili” in alcuni paesi, più “egoisti e distratti” in altri), ma l’apporto di alcune leve facilitatrici che favoriscono o meno la partecipazione dei privati. Prendendo a riferimento il caso italiano, su cui risulta più semplice ricercare evidenze di conferma, proviamo a sottolineare alcuni elementi che sono stati più volte richiamati per definire le caratteristiche specifiche del nostro sistema18.

La prima difficoltà strutturale discende dall’invisibilità mediatica a cui in Italia sono sistematicamente condannate le emergenze umanitarie e, più in generale, tutte le questioni connesse ai temi dello sviluppo e della povertà19. E’ pressoché impossibile stimolare la mobilitazione su un problema di cui il pubblico ignora consistenza e gravità: quest’ovvia considerazione non può che mettere al centro delle nostre riflessioni il ruolo determinante che giornali e televisione esercitano nel determinare l’attenzione dei cittadini e il comportamento dei donatori sulle emergenze umanitarie20. La diversa sensibilità dei media in altri paesi europei21 offre alle organizzazioni non governative un quadro di attenzione e legittimità che è fattore di successo indispensabile nella raccolta fondi per le emergenze.

Un ulteriore livello di debolezza del sistema italiano riguarda nel complesso le caratteristiche specifiche dei sistemi di donazione utilizzati. Soprattutto per la raccolta fondi per le emergenze, è sempre più importante poter

contare su strumenti di facile comunicazione, rapido utilizzo e basso costo. In molti dei paesi analizzati, una quota consistente delle donazioni viene ormai veicolata attraverso sistemi di pagamento elettronico, che in Italia solo recentemente hanno iniziato a conoscere una certa diffusione22. In Italia, l’SMS è da ormai quasi dieci anni lo strumento di raccolta fondi privilegiato per le emergenze, fino al punto da essere spesso l’unico sistema pubblicizzato dai mezzi d’informazione. Questa modalità di fund raising si è sviluppata in Italia come in nessun altro paese al mondo, e ha consentito alle organizzazioni di coinvolgere nella donazione fasce sempre più ampie di popolazione attraverso l’uso di una tecnologia semplice e di larghissimo utilizzo. A distanza di alcuni anni, tuttavia, lo strumento inizia a mettere in luce alcuni limiti, proprio con riguardo alla sua effettiva capacità di favorire un deciso incremento nei volumi di donazioni private23.

Un’analisi esauriente delle ragioni per cui la sensibilità degli italiani al tema delle emergenze umanitarie non si converta in adeguati livelli di donazione non può non chiamare in causa anche altri fattori strutturali. Alcuni sono riferibili alle caratteristiche che la cultura della donazione ha assunto nel nostro paese, dove al grande numero di volontari (donatori di tempo) non corrisponde una tradizione così ricca nei settori della filantropia privata o d’impresa e della donazione “liberale”. Del resto anche la legislazione fiscale italiana, pur con i miglioramenti che

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18 - Resta ovvio che un’analisi più approfondita e sistematica del tema non rientra negli obiettivi di questo rapporto. Ci limitiamo pertanto ad accennare ad alcuni aspetti che presentano una particolare rilevanza rispetto allo studio in oggetto.

19 - Sulla scarsa attenzione che i mezzi d’informazione italiani dedicano alle emergenze umanitarie, si vedano i rapporti pubblicati dal 2005 da Medici Senza Frontiere Italia, con la collaborazione e l’analisi scientifica dell’Osservatorio di Pavia.

20 - Nella sterminata letteratura sul tema, che non manca di evidenziare le storture del cosiddetto “effetto CNN” sul funzionamento del sistema umanitario internazionale, si segnala ALNAP, “Don’t Chase Headlines, Chase Good Quality News. Don’t Be First, Be Accountable”. A New Agenda for News Media and Humanitarian Aid, Report of the 23rd ALNAP Biannual Meeting, Madrid, 2008. E’ utile evidenziare come in Italia il problema non riguardi solo l’invisibilità delle emergenze umanitarie, ma anche il modo in cui esse vengono rappresentate dai media e I caratteri spesso pietistici e stereotipati della comunicazione umanitaria.

21 - In Inghilterra, il DEC può contare sulla collaborazione sistematica della BBC e dei network privati nella trasmissione del proprio appello di raccolta fondi, con un format ormai consolidato che prevede la partecipazione dei più noti giornalisti televisivi. La radiotelevisione svizzera ha contribuito alla nascita della Catena della Solidarietà e produce in caso di emergenza palinsesti dedicati alla raccolta fondi. In Olanda, il supporto di radio e TV olandesi si è concretizzato nel caso di Haiti in una maratona che ha permesso di raccogliere ben 42 milioni di euro.

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22 - Per una prima analisi sulla donazione on line in Italia, si rimanda alla ricerca Osservatorio Fundraising Online, Relazione degli utenti internet italiani con le organizzazioni non profit, a cura di Slash, 2011. La ricerca è disponibile sul sito www.osservatoriofundraising.org.

23 - Un sondaggio commissionato da AGIRE nel 2010 ha evidenziato come il 73% degli italiani sia disposto a donare sino a 30 euro per sostenere gli interventi delle ONG in caso di emergenze internazionali. Si tratta di una donazione media almeno 6 volte superiore a quella che viene generata dagli SMS in situazioni di emergenza ad alta visibilità mediatica. Tra i professionisti italiani del fund raising, inoltre, è nel vivo un dibattito su altre esternalità del ricorso massiccio alle campagne SMS: bassa consapevolezza dei donatori sulla causa, scarse possibilità di fidelizzazione dei donatori, ritardo nei processi di innovazione, appiattimento dei format di comunicazione.

nel tempo sono stati introdotti, è ampiamente insufficiente a sostenere un percorso di decisa crescita delle donazioni verso il non profit.

Altre criticità riguardano invece direttamente il settore non governativo italiano: l’arretratezza dei sistemi di trasparenza e accountability, il ritardo nei processi di innovazione, l’utilizzo di messaggi fuorvianti e di tecniche di fund raising di corto respiro, la sua frammentarietà e l’incapacità di promuovere le “buone cause” e difendere la propria reputazione con logiche di sistema e non di competizione.

Non solo generosità.

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La prima parte del rapporto è stata dedicata a una complessiva ricostruzione del sistema internazionale di finanziamento dei programmi di assistenza umanitaria e risposta alle emergenze. Dopo l’analisi dei volumi complessivi e delle linee di tendenza degli ultimi anni, si è cercato di fornire un quadro esaustivo di tutti gli attori coinvolti e delle modalità di erogazione degli aiuti. In chiave critica, il capitolo si conclude con alcune prime riflessioni sui limiti del sistema internazionale di finanziamento, incapace di soddisfare per intero i bisogni umanitari riscontrati dalle organizzazioni di aiuto. Ulteriori direzioni di ricerca e approfondimento potrebbero riguardare la capacità di compensazione offerta da quei canali di assistenza che spesso non è possibile tracciare ma che il senso comune riconosce a volte più rapidi ed efficienti dei canali di aiuto internazionale. Ci si riferisce in particolare alla risposta fornita dalle stesse comunità colpite, alle rimesse provenienti dagli emigrati all’estero, all’intervento locale di imprese private, gruppi religiosi, autorità e società civile.

Il secondo capitolo si concentra sull’Italia. La prima parte sviluppa le analisi relative ai contributi pubblici destinati all’assistenza umanitaria verso paesi terzi. I rilievi relativi all’inadeguatezza delle risorse economiche allocate e a ciò che abbiamo definito la “comunitarizzazione” dell’assistenza umanitaria italiana sono purtroppo non nuovi e non esclusivi di questo specifico settore dell’aiuto pubblico allo sviluppo. Misurare nel dettaglio la capacità delle istituzioni italiane di fare strategia e gestire in modo efficiente ed efficace i programmi di assistenza umanitaria - analisi che nel capitolo è solo accennata, con il richiamo alle non positive conclusioni di uno studio internazionale - consentirebbe di trarre alcune valutazioni più approfondite sui limiti dell’azione italiana e sulle prospettive d’innovazione e miglioramento.

In SIntESI

L’ultima sezione del rapporto introduce un’analisi pilota per la comparazione su scala europea delle donazioni private in assistenza umanitaria che, per quanto riguarda il settore non governativo italiano, riprende alcune valutazioni già anticipate nelle conclusioni del secondo capitolo. Estendere l’osservazione agli altri paesi europei ha consentito di evidenziare innanzitutto come i limiti nel finanziamento italiano all’assistenza umanitaria non riguardino solo le disponibilità di fondi pubblici, ma anche la capacità di mobilitazione dei fondi privati, facendo così emergere una debolezza intrinseca del nostro “sistema-paese” nella sua proiezione internazionale.

In sintesiNota metodologicaGlossiarioBibliografia

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I dati sull’assistenza umanitaria pubblica riportati in questo documento sono stati elaborati partendo da due fonti principali d’informazione:

- il database del Financial Tracking System (FTS) di OCHA, che riporta i contributi in assistenza umanitaria che i paesi donatori decidono di comunicare alle Nazioni Unite;

- le tabelle pubblicate dal DAC (Development Assistance Committee) sull’aiuto pubblico allo sviluppo erogato dai paesi aderenti all’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico).

I dati sui paesi DAC estratti dalle tabelle OCSE comprendono la spesa umanitaria erogata dai governi attraverso le ONG, i fondi delle Nazioni Unite, la partnership pubblico-privato e i governi di paesi terzi. Tuttavia non considerano altri trasferimenti – come i contributi alle agenzie ONU con mandato umanitario oppure la spesa umanitaria delle istituzioni europee – che pure costituiscono un contributo “indiretto” dei paesi donatori. Per analizzare l’assistenza umanitaria totale dei paesi DAC, pertanto, si è scelto di fare riferimento al dato aggregato analizzato da Development Initiatives, l’organizzazione inglese che ogni anno pubblica l’autorevole rapporto Global Humanitarian Assistance, da cui peraltro deriviamo la definizione di assistenza umanitaria adottata in questo rapporto1.

nota MEtodologICa

Al Financial Tracking System di OCHA, a sua volta elaborato all’interno del rapporto GHA, si è invece fatto ricorso per ricavare i dati relativi ai donatori che abbiamo definito “non-DAC”. Va tuttavia riconosciuto che le informazioni disponibili sui flussi economici per l’assistenza umanitaria sono frammentarie e spesso discordanti, il che giustifica il frequente ricorso a stime e valutazioni sulle tendenze generali che, in qualche misura, costituisce il tratto ricorrente di questo rapporto.

Esistono limiti sostanziali nelle fonti d’informazione. Il database dell’OCSE è molto rigoroso nella raccolta dei dati, la cui comparabilità è garantita dall’utilizzo di codici di definizione della spesa comuni a tutti i donatori. Seppure gli strumenti di segmentazione dei dati siano eccellenti, le informazioni riguardano solo i paesi aderenti al DAC e un numero limitato di “outsider” e soprattutto vengono rilasciate con molto ritardo. Il database dell’FTS di OCHA offre informazioni in qualche misura ancora più aleatorie. Costruito in real-time (in grado quindi di offrire informazioni sempre aggiornate sugli aiuti), il sistema offre discrete possibilità di disaggregazione dei dati. I suoi limiti principali sono però il carattere totalmente volontario del reporting, affidato alla buona volontà di donatori e organizzazioni umanitarie, e l’estrema eterogeneità dei dati raccolti.

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1 - Con Assistenza Umanitaria s’intende ogni azione destinata al salvataggio di vite umane, ad alleviare le sofferenze e assicurare dignità umana e protezione durante la prima fase di risposta a gravi emergenze. Queste attività rientrano all’interno dei principi universali di neutralità e imparzialità e comprendono azioni di prevenzione e riduzione del rischio, protezione delle categorie più vulnerabili e supporto ai servizi di base, distribuzione di cibo, acqua potabile, beni di prima necessità e coordinamento degli interventi. Gli obiettivi umanitari prescindono da qualsivoglia obiettivo politico, economico o di altra natura.

Le informazioni sui flussi privati di assistenza umanitaria non sono compendiate in nessun database centralizzato e solo in parte sono rintracciabili nell’FTS di OCHA. Per i dati riferiti ai flussi globali (capitolo 1), ci si è affidati al rapporto GHA che utilizza come riferimento un’indagine empirica condotta su 5 agenzie ONU, IFRC/ICRC e 48 ONG2. L’indagine fornisce i dati per il periodo 2006-2008: i dati per il 2009 e 2010 sono ricavati utilizzando appositi coefficienti di variazione.

Un simile modello di rilevazione empirica è stato utilizzato da AGIRE per stimare i flussi privati in Italia (capitolo 2). In sostanza, è stato selezionato un campione di 17 ONG aventi quote significative di raccolta fondi su privati e spesa in programmi di assistenza umanitaria (ActionAid, AMREF, AVSI, Caritas, CESVI, CISP, COOPI, COSV, Emergency, GVC, INTERSOS, Islamic Relief, MSF, Oxfam, Save The Children, Terre des Hommes e VIS). Attraverso interviste e analisi dei documenti di bilancio si è individuata, per ogni organizzazione, la percentuale di contributi privati sul lato delle entrate (rispetto a finanziamenti provenienti da altre fonti) e la percentuale di spesa umanitaria sul lato delle uscite (rispetto alla spesa in programmi di sviluppo o in costi di struttura). L’incrocio dei due valori ha portato a definire con sufficiente precisione la quota di fondi privati che le ONG hanno destinato all’assistenza umanitaria nel corso del 2010 (i dati del periodo 2006-2009 erano già disponibili a seguito di precedenti analisi di AGIRE). Si è prudenzialmente stimato che tale importo costituisse il 93% dei fondi privati investiti dalle ONG italiane in programmi di assistenza umanitaria. Tale stima tiene

anche in considerazione le differenze di classificazione della spesa per programmi: non tutte le organizzazioni adottano la stessa definizione di assistenza umanitaria ed è stata rilevata una tendenza di alcune ONG a suddividere la spesa umanitaria in settori a essa non direttamente riconducibili (risulta ad esempio difficile differenziare la spesa umanitaria in ambiti come l’educazione o la sicurezza alimentare, in assenza di uno studio più analitico sulle attività di progetto contabilizzate).

Le stime della raccolta fondi da privati su Haiti, Pakistan e Corno d’Africa contenute nel capitolo 3 sono il risultato di numerose interviste condotte con organizzazioni e centri di ricerca dei paesi europei coinvolti nel benchmark. E’ opportuno precisare che in questo caso si è lavorato sui flussi di donazioni private raccolte nel periodo successivo alle emergenze: per questa ragione, i dati non sono sovrapponibili a quelli indicati nella parte I e II, che prendono invece in considerazione la spesa umanitaria privata suddivisa per annualità e esercizi di riferimento.

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2 - Cfr. Development Initiatives, Public support for humanitarian crises through NGOs, 2009.

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ACCOUNTABILITYIl termine ha a che fare con i concetti di trasparenza, condivisione degli obiettivi e dei risultati, capacità di fornire prestazioni. In ambito umanitario è utilizzato per indicare il livello di trasparenza con cui viene reso pubblico non solo la modalità di utilizzo del denaro ma anche il modo in cui viene eseguito l’incarico, in quale misura sono stati raggiunti gli obiettivi e quali aspettative sono state soddisfatte.

CERF - CENTRAL EMERGENCY RESPONSE FUND Fondo creato nel 2005 delle Nazioni Unite per rendere l’assistenza umanitaria più tempestiva e efficace per le popolazioni colpite da conflitti armati e disastri naturali. Si basa sull’accantonamento preventivo di contributi economici volontari da parte dei governi donatori che permettono di provvedere rapidamente e in modo flessibile ai bisogni meno prevedibili delle crisi umanitarie. Il fondo è accessibile sia per le agenzie delle Nazioni Unite che per le Organizzazioni Non Governative e - oltre che per la risposta alle emergenze – viene occasionalmente utilizzato per programmi di prevenzione del rischio.( cerf.un.org)

CAP - CONSOLIDATED APPEAL PROCESSStrumento principe della pianificazione strategica e del meccanismo di coordinamento degli aiuti umanitari. Gli appelli consolidati si basano sulla collaborazione tra governi, donatori, agenzie delle Nazioni Unite, ONG, movimento della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, nel determinare la richiesta di fondi internazionali necessari per rispondere ad una crisi umanitaria. (http://ochaonline.un.org/humanitarianappeal/webpage.asp?Page=1243 )

FLASH APPEALStrumento adottato dalle Nazioni Unite per coordinare la risposta umanitaria nei primi tre/sei mesi di un’emergenza. Individua e stima necessità economiche e tipologie di intervento necessarie partendo dall’analisi del contesto e

gloSSarIo

dei bisogni umanitari, ed elaborando piani di risposta sia a livello di strategia generale che nei settori di intervento specifico. (http://ochaonline.un.org/OchaLinkClick.aspx?link=ocha&docid=25530)

FTS - FINANCIAL TRACKING SERVICE E’ un database aggiornato in tempo reale che elenca gli aiuti umanitari registrati a livello globale. FTS riserva un’attenzione centrale ai CAP e ai Flash Appeals che permettono di valutare i bisogni specifici di ogni crisi umanitaria e la percentuale di aiuti effettivi ricevuti rispetto alle necessità stimate. FTS è gestito dall’Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Aiuti Umanitari (OCHA) e aggiornato in base ai dati trasmessi da paesi donatori e paesi destinatari degli aiuti ( http://fts.unocha.org/)

GHA - GLOBAL HUMANITARIAN ASSISTANCE Progetto ideato da Development Initiative e volto a incrementare l’efficacia, l’efficienza e la coerenza della risposta umanitaria, rendendo accessibili, comprensibili e comparabili i dati economici e statistici relativi all’assistenza umanitaria globale, a quella dei singoli paesi donatori e dei differenti teatri di crisi.

GHD - GOOD HUMANITARIAN DONORSHIP Forum informale di paesi e organizzazioni donatrici nato con l’obiettivo di sviluppare comportamenti virtuosi nel campo del finanziamento dell’assistenza umanitaria. Nel 2003, una conferenza internazionale a Stoccolma ha approvato un documento in 23 punti contenenti i Principi e le Buone Pratiche della “buona donazione umanitaria”. Questi principi puntano a migliorare la coerenza e l’efficacia dei donatori, così come la loro accountability nei confronti dei beneficiari. L’Italia ha sottoscritto il documento nel 2007 attraverso l’adesione al Consenso Europeo sull’Aiuto Umanitario.(http://www.goodhumanitariandonorship.org/ )

OCHA - OFFICE FOR THE COORDINATION OF HUMANITARIAN AFFAIRSUfficio delle Nazioni Unite creato nel 1991 per coordinare la risposta alle emergenze complesse e ai disastri naturali. Guidato dal Sottosegretario generale delle Nazioni Unite con delega agli Affari Umanitari, carica occupata attualmente da Valerie Amos. (http://ochaonline.un.org)

OCSE – DAC ORGANISATION FOR ECONOMIC CO-OPERATION AND DEVELOPMENT-DEVELOPMENTASSISTANCE COMMITTEENasce nel 1961 all’interno dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) allo scopo di assistere i paesi in via di sviluppo. Attualmente il DAC rappresenta uno dei forum principali in cui i Paesi donatori coordinano i propri sforzi di sostegno allo sviluppo sostenibile definendo linee guida per la cooperazione internazionale e collaborando alla realizzazione di iniziative volte al raggiungimento degli Obiettivi del Millennio.

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Hanno collaborato alla redazione di questo rapporto: Marco Bertotto, Elena Chiarella, Maddalena Grechi, Guglielmo MicucciProgetto grafico: Giorgia De FilippisFoto di copertina: Silva Ferretti

Pubblicato da AGIRE in collaborazione con ActionAid e Islamic ReliefFinito di stampare nel mese di Aprile 2012

Si ringraziano per i dati forniti a livello nazionale: Iacopo Viciani, Sara Bertolai, Livia Zoli, Giulia Bari (ActionAid), Luca De Fraia (ActionAid), Nadia Fiore (AMREF), Alberto Piatti (AVSI), Paolo Beccegato (Caritas), Giangi Milesi (CESVI), Daniela Carella (Intersos), Yassine Baradai (Islamic Relief Italia), Gabriele Eminente (MSF Italia), Riccardo Sansoni (Oxfam Italia), Elisabetta Cammarota (Save the Children Italia), Claudio Perna (Terre des Hommes), Gianluca Antonelli (VIS),

Per i dati internazionali:Manuela Rossbach (Aktion Deutschland Hilft), Rahel Bucher e Catherine Baud-Lavigne (Chaine du bonnheur/Swiss Solidarity), Brendan Gormley (Disaster Emergency Committee), Burkhard Wilke (Deutsches Zentralinstitut für soziale Fragen - DZI), Velina Stoianova e Jan Kellet (Development Initiative), Isabelle Bourgouin (France générosités), Aflak Suleman (Islamic Relief UK) , Antonio Gonzalez e Sara Di Lullo (Medicos del Mundo), Elselijn Mulder (Oxfam NL/Samenwerkende Hulp Organisaties), Erik Todts (Oxfam Solidarité/12.12.12)

Si ringrazia inoltre:

AGIRE onlusVia Aniene 26/A - 00198 Roma +39.06.64.78.16.08 [email protected] www.agire.it