INCONTRO AGOSTO 2005

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Per una Chiesa Viva Incontro per una Chie- sa viva Direttore: Don Giuseppe Imperato Redazione: “Ministranti Duomo di Ravello” Comitato di redazione: Luigi Buonocore Roberto Palumbo Progetto e Grafica: Umberto Gallucci Andrea Gallucci Salvatore Amato Distribuzione Luigi Malafronte Adamo Amalfitano La Pasqua di Maria P ERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO L’assunzione corporea di Maria in cielo che corri- sponde al natalis (morte) degli altri santi, è il compi- mento del mistero pasquale in Maria . Essendo Maria la «piena di grazia», senza nes- suna ombra di peccato, il Padre l’ha voluta associare alla risurrezione di Gesù. Nell’Assunzione, Maria ha raggiunto la pienezza della salvezza, fino alla trasfigura- zione dei corpo. Secondo la descrizione dell’Apocalisse, Ella è’ la donna vestita di sole e coronata di dodici stelle. E’ la madre che ci aspetta e ci sollecita a camminare verso il regno di Dio. Maria, Madre del Signore, è l’immagine della Chiesa: luminosa garanzia che il suo destino di salvezza è assicurato per- ché come in lei, così in tutti noi lo Spirito del Risorto attuerà pienamente la sua missione; Ella è già quello che noi saremo. A molti dà fastidio sentir parlare di «salvezza delle ani- me». Sembra che la vita con i colori, i sapori, i contorni che la rendono attraente debba sparire: sembra che il corpo non serva a nul- la. Hanno ragione perché non è così. Maria, assunta in cielo, è garanzia che tutto l’uomo sarà salvato, che i corpi risorgeranno. Nell’- Eucaristia, pane di immortalità, si ritrovano gli alimenti base dell’uomo, frutti della terra, della vite e dei lavoro dell’uomo: è proprio l’Eucaristia la garanzia quotidiana che la sal- vezza raggiunge ogni uomo nella sua situazio- ne concreta, per strapparlo alla morte, la nemica più terribile dei progresso. Don Giuseppe Imperato Santo e glorioso è il corpo della Vergine Maria Dalla Costituzione Apostolica «Munificentissimus Deus» di Pio XII, papa (AAS 42 [1950], 760-762. 767-769) I santi padri e i grandi dottori nelle o- melie e nei discorsi, rivolti al popolo in occasione della festa odierna, parlavano dell'Assunzione della Madre di Dio co- me di una dottrina già viva nella co- scienza dei fedeli e da essi già professata; ne spiegavano ampiamente il significato, ne precisavano e ne apprendevano il contenuto, ne mostravano le grandi ragioni teologiche. Essi mettevano par- ticolarmente in evidenza che oggetto della festa non era unicamente il fatto che le spoglie mortali della beata Vergi- ne Maria fossero state preservate dalla corruzione, www.incontroperunachiesaviva.com [email protected] Anno I Numero 7 - Agosto 2005 Continua a Pag. 2 “La gloria più grande di un edificio non consi- ste nelle sue pietre o nel suo oro. La sua gloria consiste nella sua età e in quel senso profondo di riso- nanza, di austera vigi- lanza, di misteriosa simpatia che sentiamo in mura che sono state a lungo bagnate dalle onde passanti dell’uma- nità”. John Ruskin: “The Seven Lamps of Architecture”. PDF created with pdfFactory Pro trial version www.pdffactory.com

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ANNO 1 NUMERO 7

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Page 1: INCONTRO AGOSTO 2005

Per una Chiesa Viva

Incontro per una Chie-sa viva

Direttore: Don Giuseppe Imperato

Redazione: “Ministranti Duomo di Ravello”

Comitato di redazione:

Luigi Buonocore

Roberto Palumbo

Progetto e Grafica:

Umberto Gallucci

Andrea Gallucci

Salvatore Amato

Distribuzione

Luigi Malafronte

Adamo Amalfitano

La Pasqua di Maria

PERIODICO DELLA COMUNITÀ ECCLESIALE DI RAVELLO

L’assunzione corporea di Maria in cielo che corri-sponde al natalis (morte) degli altri santi, è il compi-mento del mistero pasquale in Maria . Essendo Maria la «piena di grazia», senza nes-suna ombra di peccato, il Padre l’ha voluta associare alla risurrezione di Gesù. Nell’Assunzione, Maria ha raggiunto la pienezza della salvezza, fino alla trasfigura-zione dei corpo. Secondo la descrizione dell’Apocalisse, Ella è’ la donna vestita di sole e coronata di dodici stelle. E’ la madre che ci aspetta e ci sollecita a camminare verso il regno di Dio. Maria, Madre del Signore, è l’immagine della Chiesa: luminosa garanzia che il suo destino di salvezza è assicurato per-ché come in lei, così in tutti noi lo Spirito del Risorto attuerà pienamente la sua missione; Ella è già quello che noi saremo. A molti dà fastidio sentir parlare di «salvezza delle ani-me». Sembra che la vita con i colori, i sapori, i contorni che la rendono attraente debba sparire: sembra che il corpo non serva a nul-la. Hanno ragione perché non è così. Maria, assunta in cielo, è garanzia che tutto l’uomo sarà salvato, che i corpi risorgeranno. Nell’-Eucaristia, pane di immortalità, si ritrovano gli alimenti base dell’uomo, frutti della terra, della vite e dei lavoro dell’uomo: è proprio l’Eucaristia la garanzia quotidiana che la sal-vezza raggiunge ogni uomo nella sua situazio-ne concreta, per strapparlo alla morte, la nemica più terribile dei progresso.

Don Giuseppe Imperato

Santo e glorioso è il corpo della

Vergine Maria D a l l a C o s t i t uz i o n e A p o s t o l i c a «Munificentissimus Deus» di Pio XII, papa (AAS 42 [1950], 760-762. 767-769)

I santi padri e i grandi dottori nelle o-melie e nei discorsi, rivolti al popolo in occasione della festa odierna, parlavano dell'Assunzione della Madre di Dio co-me di una dottrina già viva nella co-scienza dei fedeli e da essi già professata; ne spiegavano ampiamente il significato, ne precisavano e ne apprendevano il contenuto, ne mostravano le grandi ragioni teologiche. Essi mettevano par-ticolarmente in evidenza che oggetto della festa non era unicamente il fatto che le spoglie mortali della beata Vergi-ne Maria fossero state preservate dalla corruzione,

www.incontroperunachiesaviva.com — [email protected] Anno I Numero 7 - Agosto 2005

Continua a Pag. 2

“La gloria più grande di un edificio non consi-ste nelle sue pietre o nel suo oro.

La sua gloria consiste nella sua età e in quel senso profondo di riso-nanza, di austera vigi-lanza, di misteriosa simpatia che sentiamo in mura che sono state a lungo bagnate dalle onde passanti dell’uma-nità”.

John Ruskin: “The Seven Lamps of Architecture”.

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ma anche il suo trionfo sulla morte e la sua celeste glorifica-zione, perché la Madre ricopiasse il modello, imitasse cioè il suo Figlio unico, Cristo G e s ù . San Giovanni Damasce-no, che si distingue fra tutti come teste esimio di questa tradizione, considerando l'Assunzio-ne corporea della grande Madre di Dio nella luce degli altri suoi privilegi, esclama con vigorosa eloquenza: «Colei che nel parto aveva conserva-to illesa la sua verginità doveva anche conservare senza alcuna corruzione il suo corpo dopo la morte. Colei che aveva portato nel suo seno il Creatore, fatto bambino, doveva abitare nei taber-nacoli divin. Colei, che fu data in sposa dal Pa-dre, non poteva che tro-var dimora nelle sedi celesti. Doveva contem-plare il suo Figlio nella gloria alla destra del Pa-dre, lei che lo aveva visto sulla croce, lei che, pre-servata dalla spada del dolore quando lo vide morire. Era giusto che la Madre di Dio possedesse ciò che appartiene al Figlio, e che fosse onorata da tutte le creature come Madre ed ancella di Dio». San Germano di Costantinopoli pensava che l'incor-ruzione e l'assunzione al cielo del corpo della Vergine Ma-dre di Dio non solo convenivano alla sua divina maternità, ma anche alla speciale santità del suo corpo verginale: «Tu, come fu scritto, sei tutta splendore (cfr. Sal 44, 14); e il tuo corpo verginale è tutto santo, tutto casto, tutto empio di Dio. Per questo non poteva conoscere il disfacimento del sepolcro, ma, pur conservando le sue fattezze naturali, do-veva trasfigurarsi in luce di incorruttibilità, entrare in una esistenza nuova e gloriosa, godere della piena liberazione e della vita perfetta». Un altro scrittore antico afferma: «Cristo, nostro salvatore e Dio, donatore della vita e del-l'immortalità, fu lui a restituire la vita alla Madre. Fu lui a rendere colei, che l'aveva generato, uguale a se stesso nel-l'incorruttibilità del corpo, e per sempre. Fu lui a risuscitar-la dalla morte e ad accoglierla accanto a sé, attraverso una via che a lui solo è nota». Tutte queste considerazioni e motivazioni dei santi padri, come pure quelle dei teologi sul

medesimo tema, hanno come ultimo fondamento la Sacra Scrittura. Effettivamente la Bibbia ci presenta la santa Ma-

dre di Dio strettamente unita al suo Figlio divino e sempre a lui solidale, e compartecipe della sua condizione. Per quanto riguarda la Tradizione, poi, non va dimenticato che fin dal secondo seco-lo la Vergine Maria vene presentata dai santi padri come la novella Eva, intimamente unita al nuovo Adamo, sebbene a lui soggetta. Madre e Figlio appaiono sempre associati nella lotta con-tro il nemico infernale; lotta che, come era stato preannunziato nel proto-vangelo (cfr. Gn 3, 15), si sarebbe conclusa con la pienissima vittoria sul peccato e sulla morte, su quei nemici, cioè, che l'Apostolo delle genti presenta sempre con-giunti (cfr. Rm capp. 5 e 6; 1 Cor 15, 21-26; 54-57). Come dunque la gloriosa risurrezione di Cristo fu parte essenziale e il segno finale di questa vittoria, così anche per

Maria la comune lotta si doveva concludere con la glorifica-zione del suo corpo verginale, secondo le affermazioni del-l'Apostolo: «Quando questo corpo corruttibile si sarà vesti-to di incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità, si compirà la parola della Scrittura: La morte è stata ingoia-ta per la vittoria» (1 Cor 15; 54; cfr. Os 13, 14). In tal mo-do l'augusta Madre di Dio, arcanamente unita a Gesù Cristo fin da tutta l'eternità «con uno stesso decreto» di predesti-nazione, immacolata nella sua concezione, vergine illibata nella sua divina maternità, generosa compagna del divino Redentore, vittorioso sul peccato e sulla morte, alla fine ottenne di coronare le sue grandezze, superando la corru-zione del sepolcro. Vinse la morte, come già il suo Figlio, e fu innalzata in anima e corpo alla gloria del cielo, dove ri-splende Regina alla destra del Figlio suo, Re immortale dei secoli.

Statua lignea dell’ Assunta, sec. XVII, dono della Famiglia Sciorio al Duomo di Ravello.

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Dopo aver festeggiato con grande solennità il giubileo del Santo Patrono della nostra città, San Pantaleone, nel XVII anniversario del martirio, è ora di rivolgere lo sguardo alla titolare del nostro meraviglioso duo-mo, la Vergine Santissi-ma, Assunta in cielo. L’ Assunzione al cielo in anima e corpo della ver-gine Maria festeggiata in occidente e chiamata “Dormitio Virginis” in oriente, è la più antica festa mariana. Festa anti-ca ma sempre nuova e in particolare in questo anno di grazia che stiamo vi-vendo dedicato all’ Euca-ristia, Maria, Madre di Dio ci aiuta a scoprire e a capire meglio il grande sacramento dell’ Eucari-stia. Ricorriamo alla ver-gine Maria che è sempre accanto ad ogni Taberna-colo della terra come Madre dell’adorazione e della riparazione per im-parare a lodare Gesù. Andiamo alla scuola di Maria Santissima che lo adorava quando era anco-ra custodito nel suo seno verginale, amandolo, nutrendolo, crescendolo e donandogli il suo stesso sangue e la sua stessa car-ne. Lo adorava dopo la sua nascita contemplandolo nella man-giatoia; lo adorava da fanciullo, da adolescente, da giovane chino nel lavoro di falegname e poi nel Messia che adempiva alla sua pubblica missione; lo adorava quando era rifiutato e respinto, quando veniva tradito, abbandonato dai suoi e rinne-gato. Lo adorava quando era condannato e vilipeso, quando veniva flagellato e coronato di spine, quando era condotto al patibolo e crocifisso. Lo adorava sotto la croce, in atto di inef-fabile patire, e mentre veniva condotto al sepolcro e deposto nella tomba. Lo adorava dopo la resurrezione quando per primo Gesù le apparve nello splendore del suo corpo glorioso e nella luce della sua divinità. Lo adora ora in cielo dove siede

coronata regina alla destra del suo Figlio e in terra dove eucaristicamente lo stesso Gesù è realmente presente

con il suo corpo, sangue, anima e divi-nità. In questa festa solenne dell’ assun-zione della Vergine, chiediamo alla Ma-dre celeste di inse-gnarci ad adorare Gesù nascosto sotto il velo eucaristico e diciamole: <O Ver-gine Santa, Madre di gesù e Madre nostra, noi ricorriamo a te e tu non puoi scacciar-ci per i nostri innu-merevoli peccati, perché Dio ti ha elet-ta quale rifugio dei più miserabili; dun-que quali miserabili ricorriamo a te e ci mettiamo sotto la tua materna prote-zione. Tu sei il rifu-gio dei peccatori e la speranza della nostra salvezza; se ci respin-gerai da chi andre-mo? Noi ti promet-tiamo in questa so-lenne festa a te dedi-cata, in questo anno speciale di grazia dedicato per volontà del venerabile servo

di Dio, il Papa Giovanni Paolo II, alla Santissima Eucari-stia di andare ai piedi del tabernacolo ed unirci a gesù con gesti profondi di adorazione. O Madre del SS. Sacra-mento, tu che visitando la cugina Elisabetta hai effettuato “la prima processione eucaristica, tu che in cielo con-templi Gesù da vicino, quale avvocata dei peccatori, insegnaci ad amare sempre più il tuo dilettissimo Figlio e, dopo questo esilio terreno conducici al cielo dove ora sei e già godi, come prescelta, la sua meravigliosa visione beatifica”.

Antonio Sciorio

L’Assunta “Donna vestita di sole, coronata di dodici stelle con la luna sotto i suoi piedi”

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“Senza la domenica non possiamo vivere”. Su questa testimo-nianza, tema del XXIV Congresso Eucaristico, si è soffer-mato il cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Sacra Congregazione dei Vescovi, durante i primi vespri della solennità liturgica di San Pantaleone. Un’occasione per riflettere ancora una volta sul “Dies Domini”, dono prezioso che il Signore ha fatto al suo popolo. Gesù risorge “il giorno dopo il sabato”, e da allora i cristiani hanno solennizzato il giorno con la “frazione del pane” e con la proclamazione della parola di Dio, sull’esempio del maestro che, al tramonto del giorno di Pasqua, dopo aver confortato i due discepoli di Emmaus con la sua parola, si era rivelato ai loro occhi nello “spezzare il Pane”, celebrando la prima messa dopo quella dell’istituzione. “E co-minciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui…..Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si apri-rono loro gli occhi e lo riconobbero”, leggiamo nel Vangelo di Luca. Veni-va così dedicato al Signore non più il sabato, momento in cui Dio si riposa dalle sue opere ma il “giorno nuovo” in cui egli agisce per la vita e per la salvezza dell’uomo, il primo della nuova creazione inaugu-rata dalla resurrezione di Cristo.

“Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore”, è questa la frase con cui i 49 martiri di Abitène nel 304 han-no preferito affrontare la morte, piuttosto che rinunciare a celebrare il giorno del Signore, come imposto da Diocle-ziano. Uomini consapevoli che l’assemblea riunita per cele-brare l’Eucarestia nel giorno memoriale della resurrezione costituisse il fondamento e l’essenza della vita cristiana. “Quando senti dire cristiano, sappi che vi è un’assemblea che cele-bra il Signore; e quando senti dire assemblea, sappi che lì c’è il cristiano”, si legge negli Atti del Martirio. Non occorre attendere un anno per celebrare la Pasqua poiché la dome-nica è la Pasqua di ogni settimana, giorno della comunità, giorno della chiesa che invita ogni cristiano a non vivere in modo individuale la fede ma in spirito di comunione frater-na. La messa è la prima celebrazione cristiana, la più com-pleta e ricca di significato. Gli apostoli la chiamarono “fractio panis”, oppure “cena domnica”, cena del signore. E’ il capolavoro di Dio, insieme di azioni, segni e parole attra-verso i quali Dio attrae a sé l’uomo, che nel memoriale del sacrificio pasquale ne diviene commensale. Così intesa, la messa è quindi un convito familiare, un incontro di festa e quindi un’assembea di fratelli, che vivono la gioia di appar-

tenere ad una sola famiglia. Ma quanti oggi si sentono at-tratti da questo convito? Se l’uomo smarrisce il vero senso della festa (il “per chi” ed il “perché”) la domenica si svilisce in “fine settimana”, un momento di riposo, di vacanza, di evasione da dedicare a nuovi riti di massa. Se si è impegna-ti, sempre e comunque, nella piena realizzazione di se stes-si, l’incontro con il Signore non può che diventare un ac-cessorio e la celebrazione domenicale si trasforma in un

obbligo da assolvere solo nelle so lenni tà di p rec e t to . La domenica è giorno dell’eu-carestia ma anche giorno della carità, della missione, perché la felicità dell’incontro con Cristo va annunciata con la stessa gioia che ha spinto i due discepoli di Emmaus, prima stanchi ed impauriti, a ritorna-re a Gerusalemme per raccon-tare ciò che avevano visto. La gioia dell’incontro col Risorto va quindi comunicata affinché da un’esperienza individuale si arrivi ad un’esperienza di con-divisione, da una gioia persona-le si passi ad una gioia condivi-sa. Compito del cristiano è quello di raggiungere ogni al-

tro uomo: quelli che non hanno voluto o potuto risponde-re alla chiamata del Salvatore, quelli che non l’hanno nep-pure sentita. Quella sera ad Emmaus tutto diventa chiaro ai due discepoli mentre il senso di tristezza che aveva per-vaso i loro cuori lungo il cammino lascia il posto all’intima felicità del Cristo risorto, che si rivela e si dona totalmente nell’Eucarestia, pane per la vita del mondo.

Sulla strada di Emmaus oggi ci siamo noi, c’è l’umanità e dietro le apparenze e le frenesie della vita quotidiana si nascondono le stesse stanchezze, le stesse paure di quei discepoli. Quante lusinghe ogni giorno cercano di accom-pagnarci, quanti falsi idoli pretendono di indicarci il cam-mino. Ma in questo viaggio terreno c’è una sola guida sicu-ra, un solo Salvatore che dopo 2000 anni viene al nostro fianco e si fa compagno con la sua parola ed il suo corpo. Egli ci conduce dalla delusione e dall’amarezza di Emmaus, luogo della sepoltura di ogni speranza, alla luce di Gerusa-lemme, città della Cena, della Croce, della Pasqua, della suprema fedeltà dell’amore di Dio da cui muovere i passi lungo le strade del mondo per essere autentici Testimoni del Risorto.

Luigi Buonocore

“SENZA LA DOMENICA NON POSSIAMO VIVERE”

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so lenni tà di p rec e t to .

“Che bella festa “! E’ stata questa l’espressione che, all’indomani del 27 luglio u.s.,abbiamo frequentemente ascoltato non solo dalla bocca dei Ravellesi ,ma anche e soprattutto dei turisti che hanno partecipato alle celebrazioni in onore di S.Pantaleone. Il Cardinale Giovanni Battista Re,che ha presieduto i solenni Vespri del 26 e la messa pontificale del 27,ha ma-nifestato piena soddisfazione e ha avuto parole di elogio per la nostra Comunità che con grande devozione ha saputo dignitosa-mente onorare il suo grande Patrono. Effet-tivamente ,ora che la festa si è conclu-sa,tracciando un bilancio,non si può non riconoscere che sia stata molto bella. E non poteva essere diversamente. L’evento che Ravello quest’anno ha celebrato,ossia il 17°centenario del martirio di S. Pantaleo-n e , n o n a m m e t t e v a s b a v a t u -re,superficialità,improvvisazioni.Tutto doveva essere preparato accuratamente,non per soddisfare ambiziose esigenze persona-li,ma perché attraverso le belle celebrazioni si comprendesse il senso vero dell’evento celebrato.Ogni momento liturgico è infatti per noi,riuniti nel nome di Cri-sto,l’incontro gioioso con il Signore.Che Ravello,pur con le dovute eccezioni,avesse compreso l’importanza della festa patronale di questo 2005 si era già capito nel corso del novenario.Dal 17 luglio ,ogni sera,nel corso della celebrazione eucaristica,ci siamo lasciati guidare dalle riflessioni di don Michele e di don Carlo che,con grande spirito di servizio,ci hanno aiutato a comprendere la figura di S.Pantaleone sul piano storico e teologico.Alla luce del Cero Pasquale e della fiaccola che per nove giorni è stata accesa davanti alla statua del Santo ci siamo emozionati a leggere le preghiere dell’antica coroncina,contenuta nella”Vita del glorioso Martire San Pantaleone,medico,protettore della città di Ravello”,scritta da Mons. Ferdinando Mansi nel 1857, la cui ristampa anastatica è stata lodevolmente curata dall’Associazione Culturale Duomo di Ravello.Un sussidio validissimo,il cui valore teologico è sta-to,come ha commentato Sua Ecc.za Mons.Serafino Sprovieri, arcivescovo di Benevento,magistralmente spiegato dal nostro parroco, don Giuseppe Imperato, nella relazione con cui si è aperto il secondo Convegno di Studi su Pantaleone di Nicome-dia,svoltosi nei giorni 22 e 23 luglio nella Chiesa dell’Annunzia-ta.Un’altra tappa fondamentale di queste celebrazioni di cui ,purtroppo,non si è ancora pienamente compresa l’importan-za,ma che si rivela ormai un appuntamento di alto spessore cul-turale che ci permette di scoprire aspetti sempre più belli della figura storica del nostro Patrono,nonché espressioni artistiche e cultuali che lo riguardano e che noi non immaginiamo.Gli atti dei due convegni che saranno pubblicati ci offriranno la possibilità di verificare la profondità degli interventi tenuti da illustri oratori che,con umiltà ed entusiasmo,da due anni,mettono al servizio della nostra Comunità i risultati delle loro ricerche per renderci edotti di quanto grande sia ,anche fuori da Ravello,l’interesse ,il culto e la devozione per il santo Martire di Nicomedia.Ricordo ad esempio l’intervento dell’Igumeno della Comunità ortodossa di Torino,che ci ha illustrato l’Ufficio liturgico in onore di San Pantaleone nella Chiesa Greca e nella Chiesa Russa.Altro che le

Messe di 15 o max 30 minuti, senza canti e frettolose con cui si vorrebbe onorare il santo Patrono e il Signore! Sì ,l’incontro con il Signore che è l’essenziale per ogni cristiano,come ci ha ricor-dato mons. Beniamino Depalma,arcivescovo-vescovo di No-la,nell’omelia tenuta durante la Messa vespertina di sabato 23

luglio,invitando la Comunità di Ravello a vedere S.Pantaleone come colui che ha pienamente dato senso alla sua esistenza terrena perché ha scelto Gesù Cristo.Una provocazione che ha preceduto di poche ore quella lanciata da mons. Claudio Guge-rotti,arcivescovo titolare di Ravello e Nun-zio apostolico in Georgia,Armenia e Azer-bajan,nel pontificale di domenica 2-4.Ripercorrendo brevemente la biografia di San Pantaleone,ha chiesto se preferiamo essere martiri o imperatori,ricordandoci che dell’imperatore romano che condannò a morte il nostro Patrono nessuno,ad ec-cezione degli storici,conosce le vicende o ricorda il nome,mentre a distanza di 17 secoli continuiamo a venerare quel giovane medico che non esitò a versare il suo san-gue per amore di Cristo. Occorre ricorda-re che la bellezza di quel Sangue,che anche quest’anno si è liquefatto,può essere am-

mirata attraverso il DVD che il dott.Salvatore Ulisse Di Palma con altri validi collaboratori ha preparato,donando a Ravello un sussidio storico,catechetico e pastorale che aiuterà a depurare il prodigioso evento della liquefazione da aspetti fuorvianti. Mi piace sottolineare che quest’anno, contrariamente agli anni pre-cedenti,almeno nei giorni 25-26-27,la liquefazione si osservava solo se ci si metteva inginocchiati.Un invito del nostro Santo ad abbassarci per poter vedere i segni di Dio,nei confronti del quale troppo spesso assumiamo atteggiamenti di sfida ,volendo stare ritti sulla nostra superbia?Ancora una volta S.Pantaleone ci ha invitato ad essere luce per indicare la vera Luce,ossia Gesù Cri-sto,come abbiamo cantato nella solenne liturgia del Lucernario la sera del 26.In un clima raccolto,di preghiera che ha stupito il Cardinale che presiedeva,abbiamo dimostrato di essere una co-munità che sa vivere bene la festa,senza ridurla ai soli aspetti esteriori anch’essi,a dire il vero,belli,eleganti e consoni all’even-to che abbiamo celebrato.Abbiamo evidenziato un desiderio di bellezza e un atteggiamento di maturità nella fede che si è con-fermato anche nel giorno 27,sia durante il solenne pontifica-le,presieduto dal cardinale Re e concelebrato da mons.Orazio Soricelli,nostro arcivescovo, da mons. Gugerotti e da altri sacer-doti,sia nel corso della processione,ordinata e compo-sta.Insomma la festa di quest’anno è stata all’insegna della bellez-za.Come ha detto mons.Gugerotti,tutto,dal cielo limpido ai paramenti preziosi e solenni,è stato caratterizzato dalla bellez-za.Allora il grazie di cuore a tutti coloro che,in modi diver-si,hanno contribuito alla buona riuscita di queste celebrazioni centenarie e hanno permesso agli altri non solo di ascoltare ma anche di toccare con mano che San Pantaleone è “Ravelli pignus optimum”.

Roberto Palumbo

RAVELLI PIGNUS OPTIMUM

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L’Associazione Culturale Duomo di Ravello, con l’infaticabile volontà ed impegno del Presidente, Mons. Giuseppe Imperato, Parroco del Duomo e da anni ideatore di prestigiose iniziative culturali nel campo della ricerca erudita storiografica, dell’arte, della musica. In quest’alveo si inseriscono le manifestazioni per il XVII Centenario del martirio di Pantaleone da Nicomedia, Patrono di Ravello, la cui reliquia dell’ampolla del sangue è conservata in Duomo (dove ogni anno in concomitanza con la ricorrenza festiva del 27 luglio può apprezzarsi il prodigio della liquefazione). Nei giorni 22 e 23, nella prestigiosa sede del Complesso monumentale della SS. Annunziata, non distante da Villa Rufolo, studiosi dal mondo sono convenuti sul tema “Pantaleone da Nicomedia - santo tra cielo e terra - reliquie, culto, iconografia”, secondo convegno di studi dedicato alla figura del santo taumaturgo, martirizzato nell’anno 305 d.C. Il convegno è stato presentato e moderato il primo giorno da S. E. Mons. Serafino Sprovieri, Arcivescovo di Benevento, cui è subi-to seguita l’attesa relazione di Mons. Giuseppe Imperato, che da studioso e nella veste di Parroco del Duomo di Ravello sta ap-profondendo, in anni di analisi documentarie, il ruolo spirituale e culturale della figura di Pantaleone da Nicomedia tra Oriente e Occidente: la relazione di quest’anno, che segna il percorso dell’intero convegno di studi si incentra intorno al “Culto litur-gico e popolare nella Chiesa locale”, ponderosa disamina dall’as-sai meditato approfondimento che potrà venir studiato negli Atti dei convegni 2004 e 2005, in corso di stampa per i tipi delle Edizioni Scientifiche Italiane. Il prof. Enrico Morini, del-l’Università di Bologna, ha relazionato su “Il culto dei santi me-dici “anargiri” nelle Chiese ortodosse”; l’igumeno Andrew Wa-de della Comunità monastica ortodossa di Torino ha approfon-dito la “Liturgia paleocristiana del Santo”. La prof. Maria Luisa Ceccarelli Lemut ha svolto su “Le reliquie di sant’Ermolao e il culto dei due santi anargiri nel territorio pisano-lucchese”. Di particolare interesse la disamina della dott.ssa Rosaria Pagano, del Centro Culturale Duomo di Ravello, su “San Pantaleone nella Chiesa Copta”. E’, quindi, venuto il momento degli aspetti scientifici, con il prof. Vincenzo Esposito, Direttore dell’Istitu-to di Anatomia della IIa Università di Napoli: “Indagine sul mi-racolo: aspetti di rilievo scientifico”e con il dott. Salvatore Ulis-se Di Palma, Dirigente medico ospedaliero: “Aspetti clinici del miracolo”. Moderatore dei lavori nel secondo giorno, il prof. Claudio Caserta, storico dell’arte presso l’Università di Salerno, che ha avviato le relazione con la partecipazione di S. E. Mons. Claudio Gugerotti, Arcivescovo titolare di Ravello e Nunzio Apostolico, il quale ha entusiasmato gli studiosi presente con la brillante relazione sulla “Teologia liturgica di san Pantaleone nel mondo bizantino”. E’, poi, intervenuto prof. Szilveszter Terdik, Storico presso l’Università di Budapest, il quale ha analizzato “Il culto di san Pantaleone in Ungheria”.. Il prof. Gennaro Luongo, Ordinario di Agiografia presso l’Università “ Federico II” di Napoli, già relatore nel primo convegno di studi, ha ulterior-mente sviluppato la materia nell’approfondimento “Ancora sul dossier di san Pantaleone”; analogamente la prof. Amalia Galdi, Storico presso l’Università di Salerno, già tra i relatori dell’edi-

zione passata, ha ampliato la sua panoramica sui “Miracoli di san Pantaleone”.. Il prof. Vincenzo Pacelli, Ordinario di Storia del-l’Arte Moderna presso l’Università “Federico II” di Napoli, celebrato studioso e raffinato conoscitore, ha stregato gli addetti in sala, svolgendo l’erudito approfondimento “Intorno a qualche inedito di san Pantaleone”. La dott.ssa Sonia Gukova, dell’Acca-demia di Brera di Milano, ha relazionato su “Iconografia del Santo nell’Europa Centrale” e, quindi, il prof. Giovanni Casa-dio, Ordinario di Storia delle Religioni presso l’Università di Salerno, ha svolto la sua relazione su “Su alcune riflessioni in ordine alla figura del santo”.La prof. Stefania Panella, docente di Storia dell’arte bizantina presso la scuola di specializzazione in archeologia classica e medioevale dell’Università di Salerno, non potendo intervenire, ha inviato il suo testo di ricerca su “La figura di Pantaleone de’ Maurone di Amalfi”, letto da Claudio Caserta. Ha concluso il percorso cognitivo il dott. Donato Sarno del Centro Culturale Duomo di Ravello, con un testo su “La festa di san Pantaleone a Ravello nel XVIII Secolo (Atti Notarili del 1748)”.. Le conclusioni sono state tratte dal moderatore della seconda giornata, il quale ha brevemente raccordato la multidisciplinarietà della materia analizzata.

Solennità religiose a Ravello

Il crescente interesse che si sta formando intorno alla cultura cosmopolita di Pantaleone da Nicomedia, grazie ai convegni di studi ed alle pubblicazioni documentarie volute da Monsignor Giuseppe Imperato con l’Associazione Culturale Duomo di Ravello, amplia anche la partecipazione liturgica. Quest’anno i Vespri Solenni sono stati presieduti da Sua Eminenza il Cardina-le Giovan Battista Re, Prefetto della Sacra Congregazione dei Vescovi, con l’Arcivescovo Claudio Gugerotti, Arcivescovo titolare di Ravello e Nunzio Apostolico nelle repubbliche cauca-siche. Al solenne Pontificale del 27 luglio, ugualmente presie-duto dal Cardinale Re, hanno concelebrato l’Arcivesvoco Guge-rotti e l’Arcivescovo Orazio Soricelli della Diocesi di Amalfi – Cava de’ Tirreni, al termine del quale i tre alti prelati hanno inaugurato con Monsignor Giuseppe Imperato il centro cultura-le dell’Associazione Culturale Duomo di Ravello.

Edizione anastatica dell’opera del Mansi su Pantaleone da Nicomedia

Per volontà di Monsignor Giuseppe Imperato, in attesa della pubblicazione per i tipi napoletani delle Edizioni Scientifiche Italiane, dei volumi sugli atti dei convegni dedicati alla figura di Pantaleone da Nicomedia, che avranno in allegato la ristampa anastatica di tre testi sulla figura del Santo, l’Associazione Cul-turale Duomo di Ravello ha curato la ristampa anastatica della ‘Vita del Glorioso Martire S. Pantaleone Medico Protettore della Città di Ravello con brevi cenni sulla venuta del suo san-gue in detta città per Monsignore D. Ferdinando Mansi Dottore in Ambedue le Leggi’, opera dell’anno 1857, poi già ristampato a cura della sorella dell’autore, Carmina Mansi, nell’anno 1887.

Ravello: l’Associazione Culturale del Duomo conferma l’impe-gno

SECONDO CONVEGNO SU SAN PANTALEONE

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prenda quanto lungo sia stato il transito del testimone della figura di Pantaleone dai primi secoli ad oggi, scorrendo le pagi-ne ispirate di un uomo che ha saputo non gettare nel vuoto il sentimento del suo tempo. A testimonianza di quell’atto di fede e della misura dell’uomo, si consegnano, con l’anastatico ancestrale del metatempo, ai ravellesi ed al mondo, nell’ab-braccio ecumenico ispirato dal simbolo assurto di quell’antica santità, le riflessioni che il testo del Mansi racchiude per indica-re l’unica strada di una civiltà ispirata ai principi eterni del Van-gelo, incrollabile al tempo come all’autoreferente ricerca del

pensiero umano, dietro al quale a volte si nasconde il dubbio sistematico che precipita nel vortice del nulla. (Mons. Ferdinando Mansi, nato a Ravello il 5 aprile 1821, compì i primi studi nel Seminario di Amalfi. Lo zio, il Canoni-co Nicola Mansi, teologo della catte-drale di Ravello volle indirizzarlo per gli studi superiori a Roma, dove conse-guì la laurea in utroque a pieni voti e ricevette l’Ordine del Presbiterato. Affermatosi in breve come validissimo studioso, profondo conoscitore delle discipline ecclesiastiche e di diverse lingue, fu nominato Officialis della Sa-cra Congregazione di Propaganda Fide. Tradusse dal tedesco le Lettere storico-critiche intorno alle Cinque Piaghe della Santa Chiesa del chiarissimo sacerdote D. Antonio de Rosmini-Serbati di Agostino Theiner e Il Matrimonio ed il capo secondo del Codice Civile di Raucher Othmar. Fu autore di varie opere tra cui la Vita del glorioso Martire S. Pantaleone Medico – Protettore della Città di Ravello, pubbli-cato in Roma il 30 maggio 1857. Sacer-dote di profonda e vasta cultura, fu teologo, storico, letterato, filosofo e

poliglotta).

Nel testo introduttivo a questa anastatica, ‘Un cammino comune’, Monsignor Giuseppe Imperato annota: “Vitalità della memoria è trasfondere nell’attualità del tempo la presenza spirituale e carismati-ca di quanti hanno tracciato un percorso iniziatico per la formazione umana e spirituale delle generazioni a venire. Da questa riflessione hanno preso avvio le molteplici iniziative di analisi comparativa pro-mosse dall’Associazione Culturale Duomo di Ravello intorno alla affascinante figura di Pantaleone da Nicomedia, santo e martire per la Chiesa Cattolica quanto simbolo eletto di fede per l’Ortodossia nelle ampie e lontane articolazioni di confessione e liturgia. E, forse, pro-prio in questa bidimensionalità di tipo archetipo trova la sua collocazione più precipuamente filologica la vicenda del giovane taumaturgo di Nicomedia, cui studi agiografici collocano glorioso epicedio nell’anno 305. Testimone di verità, indubbiamente, ma anche em-blematico ricominciamento di civiltà negli anni più bui, in cui, con lo splen-dore di un’età perduta, naufragava il sogno laico ecumenico dell’impero dei romani. Pantaleone diventa rapidamen-te un luogo dello spirito, termine dia-lettico di un cammino d’incontro, segmento conciliare ante litteram tra visioni apocalittiche ed escatologiche da un canto e dispiegamenti letterari ed iconografici per osmosi di transito epocale dall’altro. I convegni di studi promossi a Ravello, all’ombra del suo Duomo, sempre più laboratorio di cultura densa di spirito ecumenico, sono la prova più evidente di un assai urgente momento di meditazione co-mune tra fratelli troppo a lungo resi distanti da incomprensibili ragioni perse nei meandri di una storia, ormai cancellata dall’abbraccio giovanneo al mondo e di quanti altri Pontefici romani hanno proseguito su quel cammino di luce, unico nei millenni a squarciare il silenzio della notte raccordandosi alla grande testimonianza della verità evangelica consegnataci dai confessori e martiri della fede cristiana. E’ ormai maturo il tempo della riconciliazione e della strada comune. In que-sto, potrà forse giovare un giorno il contributo delle giornate di stu-dio ravellesi, incentrate intorno ad un paradigma, mai fantasmatica-mente apollineo o termine di metafora estetizzante, quello della speranza di questo singolare giovane orientale, davvero uomo nuovo per tempi ancora tristi e, per questo, come oggi è dato in parte anche a noi ammirare, forte nella fede, incrollabile a farsi, oltre che testi-mone di speranza, vessillo di una concezione della vita che nella civil-tà dell’amore concepisce l’esistenza come dono. Questo sentimento avrà attraversato la mente di Monsignor Ferdinando Mansi, quando, nei laici anni risorgimentali (1857) dava alle stampe la ‘Vita del glo-rioso martire S. Pantaleone Medico’ ed anche il tenace spirito della sorella Carmina che, trent’anni dopo, ne ristampava l’opera per “annunziare quanto ascoltato”. Nel solco del progetto culturale che anima il Duomo di Ravello, oltre agli esiti accademici delle ricerche scientifiche e delle analisi multidisciplinari di cui si darà conto negli atti dei convegni, è giusto che ciascuno, oggi contemporaneo, ap-

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Nella foto: Un momento della Solenne Messa Pontificale presieduta da S. Em.za Rev.ma il car-dinale Giovanni Battista Re, Prefetto della Sacra Congregazione dei Vescovi e concelbrata da S.E. Rev.ma mons. Orazio Soricelli, Arcivescovo di Amalfi-Cava de’ Tirreni e da S.E. Rev.ma mons. Claudio Gugerotti, Arcivescovo titolare di Ra-vello e Nunzio apostolico in Georgia, Arzeibai-gian e Armenia.

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Uno dei momenti più suggestivi della festa patronale celebrata il 27 luglio è stata la celebrazione pontificale del mattino, da anni ormai appuntamento religioso che coinvolge l’intera co-munità. Quest’anno, in cui ricorre il XVII centenario del marti-rio di San Pantaleone, la celebrazione è stata presieduta da sua Eminenza Giovanni Battista Re, prefetto della Congregazione dei Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l'A-merica Latina e concelebrata da sua eccellenza Mons. Claudio Gugerotti vescovo titolare di Ravello e nunzio apostolico in Geogia Armenia e Azerbaijan, dal vescovo della diocesi di A-malfi-Cava dei Tirreni, Mons. Orazio Soricelli e dai sacerdoti tra cui il parroco Mons. Giuseppe Imperato. Il servizio liturgico è stato curato dai ministranti del Duomo di Ravello, guidati magistralmente dal cerimoniere Luigi Buonocore; la liturgia è stata animata dalla “Schola Cantorum” parrocchiale. Il solenne corteo processionale d’ingresso è partito dalla cappella del SS. Corpo e Sangue di Cristo ed ha percorso esternamente la catte-drale attraversando piazza Duomo. Una novità rispetto ai ponti-ficali degli ultimi anni. Mentre la corale cantava “Eccomi”, il lungo corteo processionale faceva il suo ingresso in Cattedrale e giungeva così all’altare per i riti d’introduzione. Eccellente nei tempi, nei movimenti il lavoro svolto dal gruppo dei ministranti che ancora una volta ha dimostrato di saper adattarsi ad ogni tipo di celebrazione anche con più vescovi e ciò ha reso necessa-rio l’utilizzo di più cerimonieri. Ottima anche l’esecuzione dei canti, con un mix tra le musiche di Marco Frisina e il kyriale della “Messa Cum Jubilo” questa volta eseguiti con molta parte-cipazione e concentrazione. Descrivere questo pontificale ci è molto difficile, anche perché le emozioni, i gesti, il rituale sono elementi che solo lo sguardo riesce a comprendere meglio. Non vogliamo raccontarvi qui una celebrazione eucaristica nei suoi momenti tradizionali, tutto ciò richiederebbe molto tempo e spazio. Il nostro intento è quello di parlare di emozioni, di sguardi, di riti, che continuano nel tempo immutati. Chi ha celebrato, chi ha cantato, chi ha curato la liturgia non dimenti-cherà questa celebrazione, culmine e fondamento della festa patronale in onore di San Pantaleone.

Salvatore Amato

Il miracolo di

San Pantaleone e le ipotesi scien-tifiche.

Anche quest’anno Ravello è stato luogo di una emozionante e qualificata riflessione culturale e scientifica sul prodigio di San Pantaleone. Il prof V. Esposito, cattedratico del Secondo Poli-clinico di Napoli e il dott. Ulisse di Palma, medico cardiologo dell’Ospedale San Leonardo di Salerno si sono confrontati sul fenomeno della prodigiosa liquefazione del sangue del santo medico e martire di Nicomedia contenuto nella preziosa ampol-la. I convegnisti hanno potuto assistere ad una avvincente espo-sizione, che ha catturato l’attenzione anche dei non addetti ai lavori, ed ha visto in campo una duplice prospettiva di studio scientifica. Il professore Esposito è partito dall’affascinante presupposto che il sangue di ogni essere umano è di per sé un prodigio meraviglioso.

Un rito nel tempo: Il Pontificale La dettagliata illustrazione di tutti i componenti e delle loro dina-miche biochimiche ha stupito per la semplicità e la chiarezza, conquistando l’interesse degli ascoltatori e suscitando interessanti domande. Tutti hanno percepito consapevolmente la portata del grande prodigio del corpo umano e di come ognuno di noi vive il grande mistero di un atto creativo frutto di un Intelligenza supe-riore. Il professore ha più volte ribadito che dinanzi al prodigio del sangue di San Pantaleone ci si dovrebbe interrogare innanzi-tutto sul prodigio della vita e così ritornare a quello stupore del miracolo della Creazione. Riguardo al miracolo il professore ha sottolineato l’eccezionalità del fenomeno che non riguarda solo la liquefazione, ma anche la successiva coagulazione che si ripete ciclicamente e che non è naturalmente ripetibile per qualsiasi sangue umano. Infatti, ha spiegato il docente universitario, quan-do del sangue è estratto da un organismo vivente e posto in un contenitore, il fibrinogeno, proteina solubile del plasma, forma un reticolo di fibrina insolubile, che a sua volta lega i globuli rossi producendo un coagulo gelatinoso. Questo coagulo può bensì essere disgregato meccanicamente, ma quando ciò è stato fatto una volta, non può più mai avvenire. Dunque la risolidificazione del campione di sangue è ancor più sorprendente della sua lique-fazione. Nella seconda parte della lezione il prof. Esposito ha presentato l’ipotesi tissotropica, dimostrando l’esistenza di alcuni liquidi che naturalmente passano ciclicamente dalla fase solida a quella liquida, a seguito di alcuni passaggi energetici. Alcuni anni fa il prof. Garlaschelli propose che la tissotropia potesse fornire una spiegazione per le proprietà del sangue di S. Gennaro. Tale teoria indica la proprietà reologica di certe sostanze di liquefarsi quando vengono agitate o scosse, e di solidificare ancora quando sono lasciate a riposo. Nel caso del miracolo di san gennaro, l'atto medesimo di maneggiare la reliquia durante la cerimonia, rove-sciandola più volte per controllarne lo stato, può dunque fornire l'energia necessaria a innescarne la liquefazione. Come è stato sottolineato nel dibattito, benché la reliquia di S. Gennaro venga sottoposta a molte sollecitazioni meccaniche, la grossa ampolla contenente il sangue di S. Pantaleone non è mai mossa, essendo chiusa dietro un'inferriata; In questi casi, dunque, la tissotropia non è una spiegazione adatta. Inoltre la liquefazione inizia vari giorni prima della festa del santo, e termini molto dopo (mancano osservazioni giornaliere precise) e tutto ciò non può trovare una spiegazione nei fenomeni climatici e termici che variano di anno in anno. Il dott. Di Palma ha elaborato una vera e propria osserva-zione fotografica, distinguendo tutta una serie di fasi del miracolo che ha suggestivamente collegato a termini meterologici. Il pro-digio avviene secondo una vera e propria sequenza di tempesta e quiete che si succede con straordinarie oscillazioni superficiali osservabili. Nella fase conclusiva si apre l’orizzonte del rosso rubino trasparente del sangue vivo del martire. Tali osservazioni sono state riportate in un prezioso documento su DVD che sarà oggetto di studi di approfondimenti nei prossimi anni. Dopo 1700 anni il sangue di San Pantaleone, medico e martire, oltre a lique-farsi continua ad affascinare e interrogare il mondo della scienza e straordinariamente quest’anno, ha fatto parlare di sé due medici. Come ha efficacemente concluso il Dott. Di Palma, la meraviglio-sa storia del giovane cristiano e medico di Nicomedia non è even-to orami custodito nel passato ma resta eternamente giovane e ancora misteriosamente custodita dal mistero della parola Amore che avvolge il prodigio del fenomeno dell’universo e tutti coloro che rispondono alla chiamata del Creatore.

Don Carlo Magna

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S.Em.za il Cardinale Giovanni Battista Re, con mons. Orazio Soricelli, Don Giuseppe Imperato e Luigi Buonocore all’uscita da Palazzo Sasso, mercoledì 27 Luglio.

Prima dell’inizio del pontificale davanti all’ altare del Santissimo e all’immagine di Santa Maria Vetrana.

Corteo processionale dalla Chiesa del Corpo di Cristo al Duomo per la messa pontificale.

Verso l’Altare.

Il corredo fotografico è stato curato da: Giovanni Fortunato e da Andrea e Umberto Gallucci.

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Momenti della Celebrazione presieduta da S.Em.za Rev.ma il Cardinale Giovanni Battista Re.

Un altro momento della Solenne Messa Pontificale presieduta da S. Em.za Rev.ma il cardinale Giovanni Battista Re, Prefetto del-la Sacra Congregazione dei Vescovi e concel-brata da S.E. Rev.ma mons. Orazio Soricel-li, Arcivescovo di Amalfi-Cava de’ Tirreni e da S.E. Rev.ma mons. Claudio Gugerotti, Arcivescovo titolare di Ravello e Nunzio apostolico in Georgia, Arzeibaigian e Arme-nia.

Momenti della solenne Processione che si è svolta per le vie di Ravello la sera del 27 Luglio.

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Noi ti lodiamo e ti benediciamo, o Signore; ti dà lode la schiera dei tuoi Santi Martiri.

La liquefazione del sangue di San Pantaleone: 27 Luglio 2005, ore 12.15.

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A conclusione dei solenni festeggiamenti patronali, nel XVII centenario del martirio di San Pantaleone, che hanno riscosso ammirazione e plauso dalle alte autorità religiose convenute e dagli organi di stampa, nonché dai numerosissimi fedeli che hanno gremito il Duomo, dispiace leggere un articolo pubblicato su “Panorama” dell’ 11 Agosto scorso, a firma di Gian-carlo Dotto, in cui “le feste del santo Patrono Panta-leone” vengono indicate come fattore di rischio e espressione di un atteggiamento paesano che contra-sta con la scelta elitaria di una Ravello futura “Las Vegas culturale”. Come Ravellesi potremmo pole-mizzare contro questa nuova immagine del nostro Paese, la quale non ci appartiene, e che, per certi aspetti, bisogna pur coraggiosamente dirlo, sta mi-nando un patrimonio religioso-sociale, storico ed artistico che da secoli costituisce il vanto di Ravello; ma come cristiani, fedeli al principio che bisogna ri-spettare ed amare l’errante e condannare l’ errore, ci permettiamo nel rispetto e nell’ amore per la verità di esprimere alcune considerazioni. La Festa Patrona-le è un evento di rilevante importanza per i cristiani di Ravello (e questa città ne è fiera!). Non consente confronti, in particolare con chi professa e propugna una visione puramente effimera della vita fondata sul concetto dell’ “Arte per l’Arte”, collegata a logiche economiche che rinnegano i valori essenziali a cui i credenti in particolare tengono assai. Ancora oggi la festa patronale per la nostra città è un momento spe-ciale di preghiera e di gioia, un’occasione per rinno-vare spiritualmente la comunità e per rinsaldare i legami con un patrimonio di valori ispirati al Vange-lo, che magnifica il “dies natalis” di Pantaleone da Nicomedia, martire e taumaturgo, di cui sperimen-tiamo la presenza tra noi nel suo sangue che ancora oggi misteriosamente si ravviva. Fede che, nonostan-te Fondazioni e Rifondazioni, corsi e ricorsi, panisti ed edonisti, è ancora viva e conferma ogni anno che essa, generosamente accolta e, pur nei limiti umani vissuta, costituisce il vero miracolo di Ravello. A chi pretende di sostituire con altri patroni il culto che noi tributiamo a San Pantaleone e a Colui al quale Egli ci indirizza, noi diciamo di preferire una visione poco elitaria della vita ma sicuramente sana, genuina e coe-rente con i valori essenziali che rendono veramente bella la vita stessa e la rendono un’ opera d’arte e il vero Festival Ravellese, come probabilmente com-

prendono le numerose coppie cristiane che scelgono la nostra città per coronare il loro sogno d’amore nel fede in Cristo Signore. Altro che pletora rischiosa! Nel doveroso rispetto delle opinioni altrui, avvertia-mo la necessità di invitare i dotti giornalisti a non formulare giudizi approssimativi, che come risulta dall’articolo, sembrano avallati da qualche rappre-sentante sia pure ufficiale del popolo, ma ad attingere dall’esperienza viva dei cittadini di Ravello ciò che costituisce il fondamento, il tesoro e la speranza di quanti non credono nel dio Pan ma nel Dio Vivente, inseritosi nella storia, Gesù di Nazaret, il Figlio del Dio Vivente. Ma soprattutto vogliamo qui ricordare che merita rispetto l’operato di quanti, nel silenzio e quotidianamente, lavorano per la vera crescita umana e spirituale della nostra comunità, nell’impegno co-stante di indicare, pur nelle difficoltà dei tempi, l’u-nica strada sicura che non ammette contrasti: la stra-da del Vangelo.

Incontro per una Chiesa Viva

Il Dotto… di turno

Busto argenteo di San Pantaleone. Ai piedi di questa statua si sono inchinate e si inchineranno generazioni di Ravellesi.

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