In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

64
SdS/Rivista di cultura sportiva Anno XXI n.55 1 2 Le professioni dello sport Alberto Madella Il mercato del lavoro nello sport in Italia: caratteristiche e tendenze 10 Insegnamento prescrittivo o apprendimento euristico? Caterina Pesce Approccio cognitivo e approccio ecologico all’apprendimento motorio a confronto: implicazioni didattiche e prospettive di integrazione 36 Il coaching per l’allenatore Alberto Cei Il coaching come sistema per l’autosviluppo dell’allenatore 19 La rigenerazione: una risorsa per migliorare le prestazioni sportive Raymond Valk Importanza della rigenerazione per il miglioramento e la stabilizzazione delle prestazioni sportive. Metodi di rigenerazione, loro effetti e modi d’applicazione 52 Due pallacanestro a confronto Panagiotis Fotinakis, Costas Laparidis, Alexandros Karipidis, Kiriakos Taxildaris Analisi delle differenze tecniche e tattiche tra il Campionato NBA e le competizioni europee di pallacanestro, realizzata tramite un programma avanzato di codificazione 44 Training’s Digest A cura di Olga Iourtchenko, Mario Gulinelli In questo numero 28 Crescita e maturazione nella ginnastica artistica Robert M. Malina Crescita e maturazione di atleti ed atlete praticanti ginnastica artistica: stato, evoluzione, problemi 57 Utilità e rischi dell’ingeneria genetica nello sport Bernd Wolfarth Le tecniche dell’ingeneria genetica, loro limiti e possibilità 64 Summaries

Transcript of In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

Page 1: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n.5

5

1

2Le professioni dello sportAlberto MadellaIl mercato del lavoro nello sport in Italia:caratteristiche e tendenze

10Insegnamento prescrittivoo apprendimento euristico?Caterina PesceApproccio cognitivo e approccio ecologico all’apprendimento motorio a confronto: implicazioni didattiche e prospettive di integrazione

36Il coaching per l’allenatoreAlberto CeiIl coaching come sistema per l’autosviluppo dell’allenatore

19La rigenerazione: una risorsaper migliorare le prestazionisportiveRaymond ValkImportanza della rigenerazione per il miglioramento e la stabilizzazionedelle prestazioni sportive. Metodi di rigenerazione, loro effetti e modi d’applicazione

52Due pallacanestro a confrontoPanagiotis Fotinakis, Costas Laparidis,Alexandros Karipidis, Kiriakos TaxildarisAnalisi delle differenze tecniche e tattichetra il Campionato NBA e le competizionieuropee di pallacanestro,realizzata tramite un programmaavanzato di codificazione

44Training’s DigestA cura di Olga Iourtchenko, Mario GulinelliIn

que

sto

num

ero

28Crescita e maturazione nella ginnastica artisticaRobert M. MalinaCrescita e maturazione di atleti ed atletepraticanti ginnastica artistica: stato, evoluzione, problemi

57Utilità e rischi dell’ingeneriagenetica nello sportBernd WolfarthLe tecniche dell’ingeneriagenetica, loro limiti e possibilità

64Summaries

Page 2: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

2

Alberto Madella, Scuola dello sport, Roma

Il mercato del lavoro nello sport in Italia: caratteristiche e tendenze

Le professioni dello sport

Viene fornito un quadro sintetico dell’attualesituazione del mercato del lavoro sportivo in Ita-lia, ricostruendone le principali tendenze in atto,sulla base delle indagini e analisi condotte dal-l’Osservatorio delle professioni e degli operatoridello sport della Scuola dello Sport del Coni, ser-vendosi di metodologie elaborate a livello euro-peo. Malgrado la plurisecolare storia dello sport,il mercato del lavoro sportivo è da poco oggettodi attenzione per effetto della notevolissima cre-scita della domanda di sport, nonché della pro-fessionalizzazione degli operatori e delle organiz-zazioni del settore. Oltre alle attività economichedi tipo sportivo in senso stretto (gestione diimpianti e della pratica dello sport), attorno allosport si è sviluppato un settore significativo diattività correlate che includono organizzazioniche operano in ambiti come giornalismo sportivo,medicina dello sport, fisioterapia, costruzione diimpianti sportivi, produzione di materiali sportivi,istituzioni educative rilevanti per il settore (Uni-versità, scuole), etc. In Italia gli occupati nel set-tore sportivo in senso stretto sono attualmentecirca 70.000, mentre l’ambito delle attività spor-tive correlate allo sport rappresenta un volume dimanodopera stimabile tra le 270.000 e le320.000 persone, per un totale di circa 340-390.000 operatori complessivi. Il tasso di crescitadell’occupazione nel settore è più alto della medianazionale, attestandosi sul 13% circa nel periodo1990-1998. Malgrado questo quadro, apparente-mente positivo, si tratta di un settore economicocon caratteristiche molto specifiche, e condizionidi professionalizzazione e di carriera molto varia-bili, instabili, flessibili, precarie, stagionali e atipi-che, poco comparabili con i modelli tradizionali dioccupazione. Oltre alle professioni tradizionali(allenatore, atleta professionista, gestore diimpianti) si sono affermate negli ultimi anninuove figure professionali più specializzate le cuidimensioni quantitative sono analizzate e valuta-te. Infine, vengono analizzati i percorsi di accessoalla professione e l’impatto dei processi di forma-zione degli operatori sull’accesso al mercato dellavoro e le prospettive di carriera.

Foto Digitalvision

Page 3: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

3

1. Introduzione

L’obiettivo di questo lavoro è quello di for-nire un quadro sintetico dell’attuale situa-zione del mercato del lavoro sportivo inItalia e di ricostruire alcune delle principalitendenze in atto. Il quadro che viene presentato è statodefinito sulla base delle diverse indagini eanalisi condotte dall’Opos (Osservatoriodelle professioni e degli operatori dellosport) attivo presso la Scuola dello Sportdel Coni, sulla base delle metodologie ela-borate dall’Eose (European Observatory ofSport Employment). La finalità generale diqueste attività è quella di sostenere, attra-verso dati e informazioni, la costruzione discenari, ma soprattutto di fornire elementiutili alle politiche specifiche per l’occupa-zione e per la formazione nel settore. In questa sede peraltro non potrannoessere approfondite le numerose e com-plesse questioni metodologiche che sonoessenziali per affrontare questi temi, e perle quali si rimanda a Camy et al. (1999) eMadella (1997). Il riferimento agli aspettimetodologici sottostanti è comunqueimportante dal momento che la qualità ela validità delle possibili interpretazionidell’occupazione sportiva in Italia dipen-dono fortemente da quella delle informa-zioni che li sostengono e quindi dei metodidi studio utilizzati. L’approccio di ricerca sibasa sui seguenti aspetti:- partnership internazionale; - relazioni con Eurostat e soprattutto con

gli Istituti nazionali di statistica (in Italiacon l’Istat);

- uso massiccio di statistiche ufficiali,integrate da quelle del sistema sportivoe di altre organizzazioni del settore;

- uso di classificazioni proprie (Nomencla-ture satelliti), collegate con quelle inter-nazionali più accreditate per classificareprofessioni ed attività economiche, non-ché pratiche sportive (Nace, Isco-Com,Cio e Compass).

2. Il contesto: i processi di commercializzazione e professionalizzazione dello sport

Poche parole verranno spese sul contestodi questo studio. È però opportuno sottoli-neare inizialmente che, malgrado la pluri-secolare storia dello sport, il mercato dellavoro sportivo costituisce una scopertapiuttosto recente, essendo entrato nelfocus dell’attenzione degli addetti ai lavorisolo con l’inizio degli anni ’90 (Camy, Bou-chout 1991; Martinez Del Castillo J. 1993;e in Italia Nomisma 1991; Nocifora, Tavor-mina 1993; Lolli 1995; Beccarini 1995).Prima di allora, l’interesse era stato piutto-sto ridotto ed episodico, da un lato per la

modesta dimensione del settore in terminioccupazionali e per la sua ridotta dinami-ca, dall’altro per la prevalenza di servizierogati da un volontariato piuttosto tradi-zionale, e anche per la ridotta segmenta-zione del mercato e il ristretto numero di“mestieri” che esso includeva. Con l’accele-razione dei processi di cambiamento neglianni ’80 e ’90, si manifesta una sostanzialeristrutturazione del settore, contraddistin-ta da un mutamento dei rapporti tra gliattori, una notevolissima crescita delladomanda, dalla diffusione e diversificazio-ne delle infrastrutture, nonché dalla molti-plicazione delle forme e delle occasioni dipratica. Tutto ciò ha trascinato - comenoto - verso l’alto la percezione dell’im-portanza sociale ed economica dello sport(sia da parte degli Enti locali, che dei pri-vati, aziende e famiglie) innescando feno-meni di commercializzazione, di segmen-tazione non solo del mercato, ma anchedell’offerta, un processo di specializzazio-ne e di professionalizzazione degli opera-tori e delle organizzazioni del settore. Rispetto a poche decine di anni fa, l’offer-ta di attività sportiva si presenta molto piùdiversificata: si possono identificare oltreduecento specialità o discipline sportivecon tipologie di domanda spesso moltodifferenziate (ad esempio, per limitarsi acitare un solo sport, nel caso della pallaca-nestro possiamo elencare minibasket, pal-lacanestro in carrozzina, pallacanestro,beach basket, street ball). Di conseguenzaderivano da ciò forti pressioni competitiveed anche un elevato ricambio nelle stessediscipline di successo. Tali cambiamenti recenti hanno talvoltagenerato un entusiasmo acritico, se noneccessivo, verso i possibili effetti moltipli-catori sull’occupazione nel settore, peral-tro non accompagnato da un adeguatosostegno di studi di carattere qualitativo equantitativo. Proprio per queste ragionisono state avviate le attività specifiche distudio e di elaborazione metodologicadell’Opos , che vengono presentate informa sintetica in questa sede. Va sottoli-neato che unitamente agli studi di caratte-re quantitativo qui accennati, l’Osservato-rio ha sviluppato d’intesa con Eose anchealcune analisi di carattere qualitativo suspecifici mestieri (Beccarini et al. 2000),che non verranno prese in considerazionein questa circostanza.

3. Il metodo di analisi

Data la complessità e i rapidi mutamenti incorso nel settore sportivo, per potere giun-gere a risultati di qualche valore, le meto-dologie di analisi devono essere seleziona-te con attenzione e continuamente sotto-poste a revisione critica.

I principali aspetti di metodo da affrontareriguardano:

a) la definizione del concetto “sport”, indi-spensabile per chiarire che cosa si inten-de per mercato del lavoro sportivo;

b) la definizione delle attività economiche edelle professioni dello sport allo scopo dipotere stabilire con validità il reale pesoe le tendenze nel settore.

Per consentire la massima qualità e com-parabilità internazionale dei dati, è statofatto un notevole sforzo per mantenere lamassima compatibilità con classificazioni edefinizioni ufficiali già utilizzate e ricono-sciute. La definizione di sport usata comeriferimento è quella dell’art. 2 della CartaEuropea dello Sport (Consiglio d’Europa),mentre per la definizione delle attivitàeconomiche e delle professioni è statoadottato il modello Eose (Camy et al 1999),che sia per le attività economiche che perle occupazioni, differenzia quelle sportivein senso stretto e quelle correlate allosport. Questo modello, a sua volta, si basasulla Nomenclatura delle attività economi-che della Comunità Europea e sulla classi-ficazione Isco-Com delle professioni spor-tive.Tenendo conto dei sistemi statistici uffi-ciali e dei più accreditati approcci metodo-logici al mercato del lavoro sportivo, tra leattività economiche di tipo sportivo insenso stretto vanno incluse:

- la gestione degli impianti e delle infra-strutture sportive;

- la supervisione, l’organizzazione e lapromozione delle attività sportive, con-dotta per lo più da club e organizzazioniaffiliate alle Federazioni sportive nazio-nali, ad Enti di promozione sportiva, adaltre Federazioni non riconosciute dalConi o da organizzazioni di carattereprivato.

All’interno del settore sportivo propria-mente detto è possibile differenziare quat-tro sottogruppi fondamentali:

• Lo sport professionistico o sport spetta-colo, che si è largamente sviluppatonegli ultimi venti anni, più in termini divalore economico che occupazionale(non copre infatti più del 5-6% del tota-le degli impieghi del settore) vero e pro-prio.

• Lo sport agonistico federale non profes-sionistico, che corrisponde in sostanzaalle attività organizzate dal movimentoassociativo federale, che incorpora l’atti-vità dei club dilettantistici, che attual-mente in Italia sono poco meno di70.000 (Coni 2001). Circa il 5,3% (poco

Page 4: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

4

più di due milioni e mezzo di persone)della popolazione italiana (elaborazioneOpos su dati Compass 1999, 2002) dioltre tre anni d’età, usufruisce serviziresi da questo gruppo di organizzazioni.

• Lo sport informale, di tempo libero e leattività di fitness, organizzati in parte daassociazioni o imprese private pressoappositi impianti o svolti individualmen-te all’aperto o comunque in impiantiaperti al pubblico. In numerosi casi que-ste attività vengono svolte in manierainformale (ovvero senza alcun tessera-mento) e addirittura autoprodotte daipartecipanti. In totale si tratta di circa il19% della popolazione italiana (oltre 10milioni di persone) e di attività che dalpunto di vista della partecipazione cre-scono ad un ritmo particolarmente ele-vato.

• Lo sport per gruppi speciali di popolazio-ne (sport adattato). Si tratta di unosport con una potente funzione di inte-grazione della popolazione che interessain modo crescente anziani, disabili,emarginati, minoranze.

Oltre a questi quattro settori delle attivitàeconomiche di tipo sportivo in senso stret-to, attorno allo sport si è sviluppato unsettore significativo di attività correlateallo sport che includono organizzazioniche operano in ambiti come il giornalismosportivo, medicina dello sport, fisioterapia,costruzione di impianti sportivi, produzio-ne di materiali sportivi, istituzioni educati-ve rilevanti per il settore (università, scuo-le) etc. Si tratta di attività e servizi indi-spensabili per il funzionamento e lo svi-luppo di tutte le organizzazioni che opera-

no nel settore sportivo, inteso in sensostretto (si veda la figura 1)Al momento attuale, il sistema statistico ditutti i paesi dell’Unione Europea e quindianche in Italia, non è sufficientementeevoluto e articolato per definire con preci-sione l’occupazione nello sport. Per potere affrontare in modo sufficiente-mente attendibile questo problema ènecessario ricorrere a una serie di stimebasate su due tipi di fonti:

• le informazioni prodotte dagli istituti distatistica nazionali (rilevazione forzalavoro, censimenti, e altre fonti, etc.);

• le informazioni che vengono dal movi-mento sportivo nazionale o altri studi disettore.

4. La consistenza quantitativaattuale del settore

Partendo dalla precedente definizione delsettore economico sport, è possibile affer-mare che in Italia gli occupati nel settoresportivo in senso stretto siano attualmen-te circa 70.000, mentre l’intera “filiera”sport (quindi inclusiva delle attività pro-duttive correlate con esso) rappresenta unvolume di manodopera stimabile tra le270.000 e le 320.000 persone, per un tota-le di circa 340-390.000 operatori comples-sivi nel settore. Si tratta di una stima deci-samente inferiore a quelle presentate inaltre occasioni da altri analisti che ipotiz-zano un mercato del lavoro dello sport insenso lato compreso tra 600.000 e unmilione di addetti, cifre che probabilmentesono ottenute computando integralmentegli operatori volontari e che, comunque,non corrispondono a quelle calcolateattraverso le metodologie utilizzate inquesta occasione. Rispetto ad altri Paesieuropei di dimensioni e popolazione com-parabili, si tratta comunque di un mercatodel lavoro piuttosto ristretto sia in rappor-to alla popolazione complessiva che allapopolazione attiva (figura 2., figura 3). Iltasso di crescita appare peraltro più altodella media nazionale, attestandosi sul13% circa nel periodo 1990-1998.Peraltro è ben noto che il settore sportivo,come e forse più di altri settori è caratte-rizzato da un impatto notevole del cosid-detto “lavoro nero”, che, per le attivitàsportive in senso stretto, riguarda proba-bilmente il 30%-35% del settore (quindiuna quota superiore a quella media delmercato del lavoro nazionale nella suaglobalità, cfr. dati Ocse 1998). Inoltre, effettivamente nel settore sportivole statistiche ufficiali non riescono a regi-

Figura 1 – Lo sport come attività economica. Il settore sport in senso stretto e delle attivitàeconomiche ad esso correlate (da Camy et al. 1999)

Figura 2 – L’occupazione sportiva: confronti nazionali

Page 5: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

5

strare compiutamente l’impatto dell’atti-vità volontaria (integrale o parziale), forni-ta in modo massiccio da persone che pre-stano la loro opera per decine di ore setti-manali (in media dodici-sedici sulla basedelle diverse ricerche compiute in questoambito), a volte del tutto gratuitamente opiù frequentemente con modesti rimborsispese. Malgrado il dirompente processo diprofessionalizzazione, gran parte delleattività e degli eventi sportivi nel nostropaese è ancora saldamente operato davolontari.Il tasso di crescita del settore è stato piut-tosto rilevante, sia in termini di fatturato(da 12,2 a quasi 30 miliardi di Euro in 10anni, cfr. Nomisma 1991, 1999) sia come siè visto in termini occupazionali (con quotedi crescita occupazionale spesso superiorial 2-3% annuo, ben maggiori di quelle dialtri settori economici). Malgrado questo quadro, apparentementepositivo, si tratta però di un settore econo-mico con caratteristiche molto specifiche,e condizioni di professionalizzazione e dicarriera molto variabili, instabili, flessibili,precarie, stagionali e atipiche, poco com-parabili con i modelli tradizionali di occu-pazione. Questa contraddizione tra dina-miche quantitative di crescita e precarietàe insufficiente professionalizzazione dellecondizioni di lavoro non è stata sufficien-temente focalizzata, soprattutto da chinegli ultimi anni ha sviluppato proposte diformazione dirette agli operatori del setto-re, scarsamente attente a queste proble-matiche. Come già rilevato anche per altri settorioccupazionali, non sempre la crescitaquantitativa dell’occupazione genera lavori

di qualità: anzi in diversi casi essa puòdare luogo a processi di iperqualificazionedella manodopera che si presenta sul mer-cato del lavoro con titoli di studio e quali-fiche sovradimensionate rispetto alle abi-lità realmente richieste per la professione.

5. Le professioni dello sport

Nell’ambito del settore economico sportivoo correlato allo sport possono essere indi-viduati numerosi mestieri o professioni.Sempre facendo riferimento alla metodo-logia citata in precedenza, le professioni dicarattere sportivo in senso stretto sono leseguenti:

- atleti professionisti che pervengono aquesta condizione professionale sullabase delle loro abilità sportive e chesono presenti in modo significativo inun numero abbastanza ristretto di atti-vità sportive (in Italia calcio, ciclismo,pallacanestro maschile, ecc. ma solo perle attività di altissimo livello);

- arbitri e ufficiali di gara, che supervisio-nano le attività competitive. Solo nelcalcio si può parlare in modo significati-vo di professionisti che fanno dell’arbi-traggio un’occupazione;

- istruttori sportivi, che insegnano una(talvolta più di una) specifica attivitàsportiva a gruppi di persone che partonoda zero o vogliono migliorare le loroabilità;

- allenatori, responsabili per la prepara-zione e la guida sistematica in un singo-lo sport;

- animatori sportivi o istruttori di gruppispecifici di popolazione (giovani, anziani,disabili), che operano presso organizza-zioni di diversa natura (pubblica, privatae non profit) con diverse forme di rap-porto di lavoro.

La differenziazione tra le ultime tre cate-gorie non è sempre nettissima e nei fattisono piuttosto numerosi i soggetti cheesercitano contemporaneamente o in suc-cessione stagionale attività che possonoessere riferite a più di una delle categorieprecedenti.Oltre a questi mestieri dello sport in sensostretto (come tali denominati dall’Organiz-zazione internazionale del lavoro e accoltinelle classificazioni ufficiali delle profes-sioni di una larga parte dei Paesi europei),si possono identificare numerosi altrimestieri o professioni collegati allo sport(manager sportivi, insegnanti scolastici,giornalisti sportivi, psicologi dello sport,architetti specializzati in installazioni spor-tive), caratterizzati da una preparazioneprofessionale o un itinerario legato allosport, ma la cui base di competenze pro-fessionali è riferibile ad altre sfere di com-petenza (medicina, psicologia, giornalismo,educazione, etc.) e che quindi in alcunecircostanze presentano formazioni o itine-rari di accesso alla carriera sufficiente-mente istituzionalizzati, e talvolta specifi-che organizzazioni professionali, norme ocodici deontologici.Se si vuole provare a fornire un quadroquantitativo dei mestieri dello sport in

Figura 3 – Rapporto occupazione sportiva/popolazione

Professionisti

Atleti professionisti 7 500Arbitri e giudici di gara 150Istruttori e allenatori sportivi 140 000

* di cui:• Animatori sportivi/istruttori di popolazioni speciali 15 000• Guide di montagna, addetti al salvamento 1 300• Preparatori atletici e personal trainers 1 000• Istruttori di fitness 21 000

Altri professionisti dello sport 1 000

Tabella 1 – Le professioni dello sport in italia (fonte Opos, Eose)

Page 6: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

6

senso stretto in Italia le migliori cifre di cuidisponiamo oggi sono riportate nellatabella 1. Le professioni correlate allo sportin senso lato invece sono stimate dalpunto di vista quantitativo nella tabella 2Sulla base delle stesse fonti è possibileanche discriminare l’impiego dipendente(circa il 45% del totale) da quello autono-mo (che vale circa il 55%) ed appare insostanziale crescita. La quota ufficiale dilavoro femminile appare invece significati-va (oltre il 25%).

6. Condizione professionale e accesso alla professione: analisi di casi specifici

Risulta certamente utile analizzare inmaniera specifica alcune attività professio-nali per la loro rilevanza numerica e socia-le, le opportunità di formazione/qualifica-zione o la disponibilità di informazioni.Gli allenatori e gli istruttori sportivi (quindicirca 140.000 soggetti secondo le stimeufficiali, ma probabilmente attorno a200.000 se includiamo sommerso e volon-tari con significative forme di rimborso)costituiscono un gruppo professionale diparticolare rilievo (si veda la figura 4 e latabella 3 per la distribuzione più recentedegli operatori tecnici delle federazioniaffiliate al Coni). Si tratta di soggetti cheoperano in prevalenza (anche se in formanon esclusiva) nell’ambito del movimentosportivo italiano e che in genere hanno unrapporto importante con le Federazionisportive nazionali (Fsn) o gli Enti di pro-mozione sportiva (Eps), quasi mai diretta-

mente, ma perlopiù attraverso le Associa-zioni sportive affiliate. In effetti, se consi-deriamo l’aspetto quantitativo oltre 1/3 deisoggetti che hanno un’occupazione princi-pale collegata allo sport hanno relazioni divaria natura con le Federazioni sportivenazionali. Ciò significa che la maggioranzadell’occupazione nello sport in Italia ècreata da altri soggetti (soprattutto Entipubblici e aziende private), ma al tempostesso il Coni e il sistema Fsn-Eps rappre-senta attualmente il segmento più grossocon un livello significativo di organizzazio-ne e strutturazione.

Va però evidenziato che la possibilità dicreazione o sviluppo di condizioni di occu-pazione soddisfacenti per la figura di alle-natore e istruttore è limitato ad un nume-ro piuttosto ridotto di attività sportive cheincludono sostanzialmente calcio, pallaca-nestro, pallavolo, tennis, sci, ginnastica. Lamaggior parte delle 70.000 società sporti-ve hanno infatti budget di limitate dimen-sioni (mediamente 25.000 Euro annui, concui coprire tutte le spese comprese quellerelative alle attività istituzionali come garee trasferte). Oltre il 40% di questi nucleioperano con budget ridottissimi (inferioriai 20.000 Euro) che non li configuraattualmente come protagonisti significati-vi sulla scena occupazionale. In questeattività, ma anche in numerose organizza-zioni delle attività sportive più professio-nalizzate, appare del tutto ragionevoleattendersi in futuro ancora una prevalenzasostanziale degli operatori e delle organiz-zazioni volontarie. Non è certamente uncaso che molte delle Federazioni sportivenazionali (ma anche internazionali) sonofortemente impegnate nel tratteggiare unnuovo modello di società sportiva basatofortemente sul “volontariato professiona-le” (cfr. Horch 1996 e Madella 2001,Reseau Européen Sport & Emploi dans letroisième secteur 2001), opponendosi cosìdi fatto all’ineluttabilità dei cambiamentiin senso totalmente professionale, qualiquelli identificati sovente nella letteraturadel management sportivo (Kikulis et al.1992; Slack 1997), quanto meno per leorganizzazioni di maggiori dimensioni. Nella maggior parte dei casi, la scelta deglioperatori tecnici avviene prevalentementein rapporto alla diretta conoscenza perso-nale e generalmente riguarda soggetti che

Dirigenti di organizzazioni sportive (club, etc.) 40 000Dirigenti, funzionari e addetti del Coni 1 600Dirigenti, funzionari ed addetti degli Eps 350Dirigenti e amministratori pubblici dello sport 3 000Dirigenti, funzionari e addetti ai servizi sportivi degli Enti locali 14 000Medici sportivi 5 200Insegnanti di educazione fisica 27 000Insegnanti universitari e degli Istituti di educazione 500

fisica o delle agenzie di formazione sportiva (Coni, Fsn)Giornalisti sportivi (stampa) e stampa specializzata 5 400Esperti di comunicazione e servizi TV 3 600Fisioterapisti specializzati in sport 350Agenti e procuratori di atleti 50Promotori di avvenimenti e manifestazioni sportive 200Commercianti e venditori di articoli e attrezzature sportive 43 000Operai e impiegati nella produzione di articoli sportivi 4 800Addetti alla gestione e manutenzione degli impianti sportivi 3 950* di cui

• gestori di impianti di tennis (1 400)• gestori e manutentori di grandi impianti funzionali (1 100)• addetti alla manutenzione di stadi (700)• addetti alla gestione e manutenzione di piscine (750)

Tabella 2 – Le professioni collegate allo sport in Italia (fonte Opos, Eose)

Figura 4 – I tecnici sportivi in Italia

Page 7: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

7

hanno avuto esperienze nel club (o neldistretto territoriale di appartenenza) comeatleti. La maggior parte di queste associa-zioni non sono in grado di sopportare glioneri derivanti dall’istituzione di regolarirapporti di lavoro e possono continuare aderogare i loro servizi solo in un contesto disostanziale volontariato. Inoltre date leridottissime dimensioni, queste organizza-zioni, quando devono integrare risorseumane al loro interno, si rivolgono a perso-nale direttamente operativo e con mode-stissime pretese economiche.

6.1 Le professioni del fitness

Gli operatori del fitness sono circa 21.000e operano in oltre 7.000 palestre e centrifitness e circa 6.200 centri per il benessere(elaborazione Opos su fonte Fiis 2001, eSeat) . La quasi totalità di questi operatoriè remunerata, anche se con forme estre-mamente variabili di rapporto di lavoro(che include i contratti di collaborazionecontinuata e coordinata; lavoro dipenden-te part-time o full time, ma anche rapportinon regolarizzati). Negli ultimi anni, il numero di palestre pri-vate esistenti in Italia non è aumentato,anche se mediamente l’offerta di servizi èaumentata per effetto della crescente con-centrazione del settore e dell’affermazionesempre maggiore di imprese di dimensionipiù grandi. La maggior parte delle aziendedel settore peraltro mantiene dimensioniridotte.

6.2 Le professioni del turismo sportivo

Si tratta di un settore in notevole espan-sione (otto milioni di clienti in Italia conincrementi annui di volume d’affari com-presi tra il 5 e l’8% all’anno), caratterizzatoda una crescente integrazione tra aziendedel settore turistico in senso stretto e pro-fessionalità caratterizzate da una signifi-cativa esperienza sportiva. Più raramente,anche se in modo sempre più visibile, alcu-ne organizzazioni del settore sportivostanno sviluppando modelli di servizi dicarattere turistico-sportivo. Si tratta diaziende con dimensioni di natura variabile,ovviamente fortemente caratterizzate insenso geografico e stagionale. Lo sviluppodi questa tipologia di servizi, accanto aquelli più orientati alle attività di benesse-re e fitness, spiega gli alti tassi di incre-mento degli operatori tecnici in sportcome l’equitazione, la vela, il golf, il tirocon l’arco (tassi piuttosto elevati non sem-pre accompagnati da un analogo incre-mento del numero delle società sportiveaffiliate alle rispettive Federazioni).

6.3 Le professioni del managementsportivo

Si tratta di una gamma assai diversificatadi attività professionali che si occupanodella gestione delle organizzazioni sportivee degli impianti, della promozione e delmarketing, della gestione degli atleti. Sitratta di ambiti in espansione con oppor-

tunità crescenti soprattutto nel settoreprivato e in quel segmento di attività non-profit capace di professionalizzarsi e diagire in modo più concorrenziale sul mer-cato.Le notevoli differenze di impatto occupa-zionale tra il mercato del lavoro sportivotra paesi come l’Italia e l’Inghilterra si evi-denzia soprattutto nei termini del pesodelle attività manageriali, strettamentelegate al lancio di azioni imprenditorialispecifiche ed innovative.

7. Accesso e formazione per le professioni in sport

Le professioni sportive in Italia, rientranoquasi sempre nell’ambito delle professioninon regolamentate, con la sola eccezionedei maestri di sci e delle guide alpine (pro-fessioni regolate in virtù della legge 81/91e 6/89). Le direttive europee sulle professioni rego-lamentate si applicano quindi ad unnumero assai ristretto di professioni; alleattività svolte dagli allenatori e dagliistruttori sportivi, essendo subordinatecomunque al possesso di una qualificarilasciata dalle Federazioni sportive (cfr.legge istitutiva del Coni e D.L. 242/99) siapplica tuttavia la direttiva europea 92/51che peraltro è finalizzata alla libera circo-lazione dei lavoratori e non alla conver-genza dei sistemi di formazione. I titoli diqualificazione sportiva, rilasciati dalleFederazioni sportive nazionali, rientrano

Aero-club 493Atletica leggera 5 293Automobilismo 4 343Baseball, Softball 4 600Calcio 46 632Canoa e Kayak 794Ciclismo 3 259Ginnastica 4 576Golf 480Hockey e pattinaggio 1 860Hockey su prato 407Lotta, Judo, Karate, AM 5 266Pesi, cultura fisica 1 026Medici dello sportivo 5 302Motociclismo 119Motonautica 32Nuoto, Pallanuoto, Tuffi 24 273Pallacanestro 19 965

Pallamano 875Pallavolo 19 294Penthatlon moderno 140Pesca sportiva 4 800 Pugilato 647Rugby 1 700Scherma 259Sci nautico 520Sport del ghiaccio 470Sport equestri 2 853Sport invernali 11 850Sport per disabili 1 035Tennis 3 560Tennis tavolo 1 103Tiro a segno 687Tiro a volo 179Tiro con l’arco 1 224Vela 2361

Tabella 3 – Numero di operatori tecnici e condizioni professionali nelle diverse organizzazioni sportive nazionali

Totale: 184186

Federazione/disciplina Numero allenatori Federazione/disciplina Numero allenatori

Page 8: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

8

infatti nell’ambito applicativo di questadirettiva dato che queste organizzazionisono state formalmente incaricate di svol-gere tale funzione. Malgrado la mancanzadi normative specifiche per la maggiorparte delle professioni sportive, è abba-stanza infrequente in Italia che attività dicarattere professionale in questo settorevengano svolte da soggetti privi di unaqualche formazione specifica o di unaqualifica rilasciata da un Ente sportivo. In Italia come nella maggior parte deglialtri Paesi europei esistono quattro agen-zie di base per la formazione delle profes-sioni nello sport:

- gli Isef (fino alla primavera 2002) e leUniversità a partire dall’anno accademi-co 1999-2000;

- le organizzazioni sportive collegate alConi (Fsn, Eps e lo stesso Coni con le suestrutture centrali e periferiche di forma-zione);

- gli Enti locali;- le organizzazioni professionali (es.

Coscuma o Associazioni di settore, ad es.nel campo del fitness, delle attivitàsubacquee, etc ).

Come in altri Paesi europei, l’impatto delleformazioni accademiche sui mestieri dellosport è ancora limitato, ma certamente increscita: in Francia e Gran Bretagna dal 7al 9% degli occupati hanno una formazio-ne accademica con valori in crescitarispetto al passato. In Germania, che vantauna notevole tradizione nel settore, la

maggioranza dei laureati viene assorbitadal sistema scolastico, il resto nel settoredella salute/benessere e del tempo libero esolo una minoranza nel settore dello sportcompetitivo (Hartmann, Mertes 2000). InBelgio, si rileva una forte diaspora dei lau-reati verso professioni che mantengonorapporti piuttosto limitati con il settoresport (Taks et al. 2000). Peraltro il possesso di un titolo universita-rio rappresenta un notevole vantaggio inalcuni Paesi per ricoprire i ruoli e gli inca-richi più elevati a livello tecnico e ammini-strativo nelle Federazioni sportive nazio-nali, ma questo effetto non è dovuto aduna condizione d’accesso regolamentata,ma al libero gioco delle forze di mercato.Ovunque in Europa si è sviluppato un per-corso caratterizzato da “bi-formazioni”,ovvero la partecipazione da parte di coloroche vogliono lavorare nel settore sia a per-corsi formativi accademici che a percorsiprofessionalizzanti, nell’ambito dell’offertaformativa delle Federazioni o di altre strut-ture pubbliche o private. Resta evidenteche la massimizzazione delle opportunitàdi trovare occupazione e sviluppare una

General manager di leghe e club Commercialisti specializzati professionistici Consulenti legati specializzati

Esperti di comunicazione Revisori di bilancio Gestori di diritti televisivi Consulenti di marketing e comunicazioneGestori dell’immagine degli atleti Esperti di fund raisingGestori di complessi polisportivi per organizzazioni non profitOrganizzatori di eventi sportivi o Consulenti di pubbliche relazioni

multisportivi Responsabili della formazioneOrganizzatori di eventi fieristici sportiva

specializzati Responsabili di sistemi informativiGestori e agenti di sponsorizzazioni Elaboratori di datiConsulenti nella ricerca Direttori finanziari

delle sponsorizzazioni Analisti finanziariEsperti nella misurazione del valore Direttori commerciali

e dei ritorni delle sponsorizzazioni Programmatori di computerEsperti nella misurazione dell’occupazione Web master e web designer

media di eventi, atleti o organizzazioni in materia di sportRicercatori specializzati Altri operatori InternetStatistici dello sport Gestori di banche dati sportiveTalent scout Consulenti organizzazione/gestioneEsperti di match analysis (osservazione Psicologi dello sport

computerizzata delle partite SociologiGestori di operazioni di licensing Analisti di ricerche di mercatoConsulenti di editoria sportiva Programmatori regionali ed urbaniManager di parchi a tema e centri Responsabili di Centri

ricreativi di documentazioneManager di Centri fitness ArchivistiAnimatori multi sport AssicuratoriAnimatori per popolazioni speciali Operatori del settore turismo sportivoDirigenti sportivi pubblici Consulenti di Centri fitness

Tabella 4 – Le nuove professioni legate allo sport

Figura 5 – Follow-up sui diplomati Isef

Page 9: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

9

carriera nel settore dipende primariamentedall’esperienza e talvolta anche dai succes-si sportivi personali, che si concretizzanoin itinerari effettivi, realizzati in campo, di10-15 anni e oltre. Le informazioni disponibili e le ricerchecondotte mostrano che – qualunque sial’agenzia di formazione presa in considera-zione – la relazione tra formazione e occu-pazione sportiva in Italia è estremamentedebole a causa di una netta discrepanzatra i contenuti, le prassi formative e le abi-lità realmente richieste sul mercato dellavoro (cfr. Aureli et al. 1999). Oltre a ciò iltasso di disoccupazione nel settore, com-putato sui dati relativi ai diplomati Isef(pari al 21,5%), gli unici per il momentoeffettivamente disponibili, appare più chedoppio rispetto a quello medio delleFacoltà universitarie nello stesso periodo,confermando la debolezza del fit tra pre-parazione professionale e esigenze delmercato del lavoro. Questa è evidentemen-te una delle sfide principali che le nuoveFacoltà universitarie devono necessaria-mente attrezzarsi per risolvere, con uncontinuo confronto con gli ambienti pro-fessionali. A tale proposito, inoltre, ancora del tuttoin Italia nel settore sport manca una signi-ficativa presenza delle parti sociali (datoridi lavoro e Associazioni professionali) nelladefinizione e riconoscimento delle qualifi-che occupazionali, a differenza di quantoavviene in altri Paesi europei, soprattuttoin Francia, Svezia e Olanda, paesi in cuinon soltanto i trattamenti retributivi, maanche gli aspetti legati alla formazionedegli operatori vengono presi in conside-razione nell’ambito della contrattazionecollettiva.

8. Trend futuri e nuovi mestieri

Tra il 1980 e il 2002, non c‘è stato soltantoun significativo aumento dell’occupazionenello sport in Italia, ma anche la comparsae la strutturazione di nuove professioni inquesto settore, con profili particolarmenteinteressanti. Le figure degli operatori disport si sono certamente diversificate aseguito del processo di modernizzazione edi razionalizzazione che ha investito losport fin dagli inizi del secolo e che haassunto ritmi e proporzioni più significati-ve nell'ultimo trentennio. Tale processo ècaratterizzato dalla specializzazione cre-scente dei ruoli. Si sono così sovrapposte ointerrelate nuove figure alle tre figure tra-dizionali del contesto sportivo che eranoemerse già nei primi trent'anni del secolo(l’allenatore, il dirigente e l’ufficiale digara).Nell’ambito delle attività dell’Opos e degliOsservatori nazionali e locali dello sport

sono state ulteriormente evidenziate leprofessioni innovative riassunte nellatabella 4.

Conclusioni

Non è facile ovviamente tracciare con pre-cisione gli scenari futuri prevedibili dellosviluppo del mercato del lavoro sportivo edel processo di professionalizzazione dioperatori e organizzazioni dello sport. Inodi cruciali di questo processo sono lega-ti ad alcune componenti chiave che risul-teranno probabilmente decisive. Tra essi,condividendo le conclusioni riportate daCamy et al. 1999, citiamo:

- lo sviluppo dell’occupazione indipenden-te e del lavoro autonomo nel settore;

- l’ulteriore promozione del lavoro parttime e femminile

- la reale natura della professionalizzazio-ne dei club sportivi

- le relazioni tra gli attori del settore

Sullo scenario dello sviluppo del settoreoperano alcuni potenti fattori di incertezzae di ambiguità come il futuro dell’olimpi-smo, lo sviluppo delle tecnologie, l’ecolo-gizzazione delle pratiche sportive, la realecapacità di pressione delle controparti, masoprattutto lo sviluppo realmente innova-tivo dei processi di formazione.

L’autore: dott. Alberto Madella è collaboratoredella Scuola dello Sport, Segretario generaledella Rete europea degli Istituti di scienza dellosport e per l’impiego.

Indirizzo dell’autore: dott. A. Madella, Scuoladello Sport, Largo G. Onesti 1, 00197, Roma

Aureli G., Jona Lasinio G., Madella, A., Mussi-no A., Porro N., Itineraries of Insertion andprofessional satisfaction of Isef Graduates,1997, (rapporto di ricerca: Università degliStudi di Roma La Sapienza) Beccarini C., Le formazioni e le qualificazioniprofessionali, Educazione Fisica e Sport nellaScuola 28, 1995, 138, 8-10.Beccarini C., Madella A., Mantovani C., Com-parative Analysis of the Basketball CoachProfession in Europe. Unpublished ResearchReport, Barcelona, ENSSHE-EOSE, 2000Camy J., Bouchout J., Les métiers du sport,Assises nationales des métiers du sport, Issyles Moulineaux, 1991.Camy J., Le Roux N., Chantelat P., Sportemployment in Europe, Brussels: EuropeanCommission, DGX, 1999.Compass, Sport participation in Europe, Lon-don, UK Sport , 1999.Compass, An overview of national surveys (acura di Mussino A.), materiale non pubblica-to, 2002.Hartmann I., Mertes I., Der berufliche Werde-gang von Diplom-Sportlehrerinnen undDiplom-Sportlehrer der Deutschen Sportho-chschule, DSHS Köln, 2000, 49-115.Horch H. D., The German sport club and theJapanese firm. What profit organizations canlearn from Non-Profit Organizations, Euro-pean Journal for Sport Management, 3,1996, 1. Kikulis L., Slack T., Hinings T., (1992), Institu-tionally Specific Design Archetypes: A Fra-mework for Understanding Changes in

National Sport Organisations, InternationalReview for the Sociology of Sport, 27, 1992,343-370.Lolli S., Le professioni dello sport, Milano, F.Angeli Ed., 1995.Madella A., Guida operativa metodologica edindicazioni metodologiche per l’avvio delleattività di raccolta ed elaborazione dati,Roma, OPOS [materiale ad uso interno],1997.Madella, A. (2001), Les paradoxes de la pro-fessionalisation de la Fédération Italienned’Athletisme, pp. 255-272 in Chantelat, P. (acura di), La professionalisation des organisa-tions sportives, Parigi, L’Harmattan, 2001. Martinez Del Castillo J., La construccion eco-nomica social y del mercato deportivo de tra-bajo, Apunts, 1993, 31, 106-117Nocifora E., Tavormina G., Un modello di ana-lisi della dinamica domanda-offerta nell'ana-lisi del lavoro sportivo, Convegno Internazio-nale su "Le pratiche sportive in ambientemetropolitano, 1993.Nomisma, Sport ed Economia, Roma, Fonda-zione Giulio Onesti, 1991.Nomisma, Sport ed Economia. Rapporto nonpubblicato ad uso interno, 1999.Slack T., Understanding Sport Organizations,Champaign, ILL, Human Kinetics, 1997.Reseau Européen Sport & Emploi dans le troi-sième secteur, Rapport Final, ENGSO, 2001.Taks M., Delheye P., Demuynck N., Careers ofgraduates in sport and sport related pro-grammes (including physical education): finalreport, ENSSHE, Brussels, 2000.

Bibliografia

Page 10: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

10

Caterina Pesce, Istituto universitario di Scienze motorie, Roma

Approccio cognitivo e approccio ecologico all’apprendimento motorio a confronto:implicazioni didattiche e prospettive di integrazione

Insegnamento prescrittivo o apprendimento euristico?

La capacità di prendere decisioni metodologi-co-didattiche corrette è una competenzaessenziale di chi si occupa di insegnamentodelle attività motorie e sportive. I criteri piùrazionali per prendere tali decisioni sono offertidalle teorie del movimento fondate su risultatiscientifici. Ci si chiede però cosa fare quandorisultati scientifici diversi avallano teorie delmovimento diverse, come è il caso dei due prin-cipali approcci al controllo e all’apprendimentomotorio: quello cognitivo e quello ecologico-dinamico, che si fondano su discipline teorichediverse, spiegano aspetti parzialmente diversidel controllo e dell’apprendimento motorio eportano a conclusioni metodologico-didattichesostanzialmente diverse. L’approccio cognitivoimplica un insegnamento/apprendimento ditipo prevalentemente prescrittivo, quello ecolo-gico, invece, di tipo euristico. Di fronte a questadivergenza occorre cercare di capire, da un latoin che misura ciascuno dei due approcci offresoluzioni a problemi specifici dell’insegnamen-to/apprendimento motorio, dall’altro se è possi-bile un’integrazione. In altri termini: sul versan-te pratico, chi insegna il movimento deve valu-tare la bontà di ciascuno dei due approcci, divolta in volta, a seconda delle caratteristichedegli allievi a cui insegna, del compito motorioda far apprendere e del contesto in cui haluogo l’apprendimento. Sul versante teorico, laprospettiva più promettente per un’integrazio-ne dei due approcci è offerta dalle neuroscien-ze. Indagando come sono implementati nel cer-vello i processi di controllo e di apprendimentomotorio, le neuroscienze consentono da un latodi verificare la validità delle metafore cognitive,dall’altro di individuare quali strutture nervosecentrali lavorano e come per gestire le dinami-che periferiche del movimento umano. Per lesue potenzialità, l’approccio neuroscientificopuò avere in futuro importanti implicazioniapplicative per ottimizzare l’apprendimento diabilità motorie funzionali e sportive.

Page 11: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

11

1. Introduzione

Coloro che si occupano dell’insegnamentodelle attività motorie e sportive devono,più o meno esplicitamente o implicita-mente, definire e continuamente ridefinirei propri criteri per prendere decisioni meto-dologico-didattiche. Quali possono essere concretamente que-sti criteri? Spesso si tratta di giustificazionilogiche: per mancanza (o mancata cono-scenza) di dati nella letteratura scientifica,si fa ricorso a giustificazioni logiche basatesulla tradizione e/o sull’empirismo. Questomodo di procedere ha una sua efficacia: imetodi di insegnamento e di allenamentotradizionali o quelli sviluppati per prove ederrori di solito “funzionano”. Tuttavia sia latradizione, sia il procedimento empiricoper prove ed errori hanno tempi di otti-mizzazione relativamente lunghi perchénon si tratta dell’applicazione diretta diteorie scientifiche nella prassi dell’inse-gnamento motorio e sportivo: per espe-rienza si ottengono effetti senza avere unaconoscenza scientifica “a 360 gradi“ diquali sono le cause che li hanno prodotti.Criteri più razionali per prendere decisionimetodologico-didattiche sono offerti dalleteorie del movimento basate su risultatiscientifici. Tuttavia molto del materialescientifico relativo alle scienze motorierisulta spesso poco fruibile per chi devetradurlo in pratica per strutturare l‘espe-rienza di apprendimento motorio, poichéle conoscenze scientifiche sono spessotroppo parcellari rispetto a quel fenomenoglobale che è il movimento. Questa parcel-lizzazione delle conoscenze in ambitomotorio è dovuta alla persistenza, al man-cato superamento del dualismo cartesianomente-corpo nello studio del movimento.Parlare di persistenza del dualismo mente-corpo non significa tornare alla retoricadell’atleta „tutto muscoli e niente cervello“,poiché questa immagine è ormai tramon-tata e la funzione della mente e del cervel-lo nel controllo e nell’apprendimento deimovimenti è ormai comunemente ricono-sciuta. Il dualismo persiste piuttosto nelfatto che ad alcuni aspetti “periferici” delmovimento viene attribuito caratterequantitativo, scientificamente indagabile,mentre ad altri aspetti “centrali” del con-trollo motorio viene attribuito caratterequalitativo, solo osservabile.Infatti, fino a un passato relativamenterecente lo studio quantitativo del movi-mento era limitato agli aspetti biomecca-nici ed energetici, mentre la coordinazionemotoria veniva considerata un aspettoqualitativo, di “forma” del movimento,relativamente svincolata dagli aspettienergetici. La conseguenza di questa sepa-razione dualistica per la didattica delle

attività motorie e sportive è evidente. Nelleattività sportive, dove si persegue il rag-giungimento/superamento del limite bio-logico della prestazione umana, prevale lostudio quantitativo biomeccanico ed ener-getico: ne consegue un approccio scienti-fico, oggettivo all’allenamento di quelli chevengono definiti presupposti condizionalidella prestazione. Nelle attività motorieeducative, dove si perseguono obiettivi disviluppo della coordinazione motoria, pre-vale l’osservazione qualitativa della formadel movimento: ne consegue un approccioscarsamente oggettivo alla didattica diquelli che vengono definiti presupposticoordinativi della prestazione motoria.

2. L’approccio cognitivo: la teoria dei programmi motori generalizzati

Solo a partire dallo sviluppo della psicolo-gia cognitiva moderna l’approccio quanti-tativo ha iniziato a estendersi agli aspetti“centrali”, di tipo informazionale/cognitivo,della prestazione motoria coordinata. Lapsicologia cognitiva considera l’uomocome un elaboratore di informazione e isuoi processi mentali come stadi di elabo-razione, in parte paralleli e in parte seriali,che vanno dalla ricezione degli stimoliambientali alla produzione di rispostemotorie. Nel contesto della psicologia cognitiva sisono sviluppate teorie del controllo moto-rio con importanti ricadute applicative. Taliteorie affermano che nel cervello sonoimmagazzinati programmi motori, cioèinsiemi di comandi motori deputati acoordinare centralmente l’esecuzione deimovimenti. Se i movimenti sono sufficien-temente lenti, le informazioni provenientidagli organi di senso e dai propriocettoripossono essere utilizzate dal sistema percorreggere il movimento nel corso dellasua esecuzione (cosiddetto controllomotorio a circuito chiuso, Adams 1971). Laforma più breve di controllo a circuitochiuso è rappresentata dal circuito riflessomonosinaptico. Quanto più lungo è iltempo di esecuzione del movimento, tantomaggiore è la possibilità di utilizzare i cir-cuiti più ampi di controllo motorio a feed-back, che vanno dai riflessi polisinapticifino alla regolazione intenzionale delmovimento sulla base delle informazionisensoriali coscienti, come quelle che siacquisiscono mediante la visione focale(Schmidt, Wrisberg 2000). Se il tempo di movimento è più breve delladurata della conduzione degli impulsi ner-vosi lungo le fibre afferenti propriocettive,che sono la forma più veloce di afferenzamotoria, si parla di controllo motorio a cir-cuito aperto: il movimento, per poter esse-

re eseguito, deve essere programmatocompletamente a priori e non è passibile dicorrezioni nel corso della sua esecuzione(Keele et al. 1986). I programmi centraliincludono anche le specificazioni per gliaggiustamenti posturali preliminari atti amantenere l’equilibrio durante il movi-mento, così come i comandi necessari permodulare questi aggiustamenti per viariflessa. Prove a favore dell’esistenza di programmimotori che definiscono a priori la strutturadei movimenti sono state fornite da varitipi di esperimenti. Ad esempio, all’aumen-tare della complessità del movimento,aumenta anche la latenza che intercorrefra il segnale di via e l’inizio del movimen-to stesso, perché aumenta il tempo neces-sario alla programmazione del movimento(Henry, Rogers 1960). Oppure, se un artoin movimento viene bloccato meccanica-mente, il pattern di attivazione dei muscoliagonisti e antagonisti si mantiene invaria-to per un centinaio di millisecondi, comese un programma motorio centrale conti-nuasse a “girare” invariato finchè non arri-va l’informazione a feedback sull’avvenutobloccaggio (Wadman et al. 1979). Infine,risultati ancora più probanti derivano dagliesperimenti di deafferentazione: animalideprivati delle afferenze motorie conti-nuano comunque a essere in grado di ese-guire movimenti coordinati (Taub 1976). Fra le teorie del controllo motorio median-te programma, quella attualmente piùaccreditata è la teoria dei programmimotori generalizzati (Schmidt 1975 nellasua formulazione originaria; Schmidt, Wri-sberg, 2000 nella sua formulazione piùintegrata). Questa teoria consente diovviare al problema dell’enorme mole diprogrammi motori da immagazzinare nelcorso della vita se il rapporto program-ma/movimento fosse 1:1. Infatti si ritieneche un programma generalizzato contengacomandi motori che definiscono la strut-tura profonda comune a un’intera classedi movimenti (ad es. lanci o salti), mentrele caratteristiche superficiali specifiche diogni singolo movimento, appartenente aogni data classe, vengono definite di voltain volta mediante un processo di parame-trizzazione. Le caratteristiche invarianti deiprogrammi motori generalizzati sono ladurata relativa delle singole fasi funzionalidel movimento, la forza relativa, cioè l’ac-celerazione impressa in ogni singola fasedel movimento, e l’ordine sequenziale dellecontrazioni muscolari. Due movimentiappartengono alla stessa classe se le sud-dette caratteristiche profonde coincidono,a prescindere dalla diversità di caratteristi-che superficiali che sono, rispettivamente,la durata totale del movimento, la forzaassoluta e gli effettori attivati. Eseguendo

Page 12: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

12

in forma diversificata più movimentiappartenenti a una stessa classe di azioni,come ad es. un lancio in varietà di tempodi esecuzione, di ampiezza e direzione, siesercita il processo di parametrizzazione.Tale processo porta al consolidamento eperfezionamento del programma genera-lizzato grazie alla formazione dello schemamotorio, che è uno schema di regole sulrapporto esistente fra i diversi tipi di para-

metrizzazione e i loro effetti sull’esecuzio-ne motoria. La formazione dello schemamotorio spiega perché sia possibile esegui-re “di primo acchito” un movimento maieseguito in precedenza: perché si tratta diuna nuova variante esecutiva di un pro-gramma motorio generalizzato, eseguibileestrapolando dallo schema motorio laparametrizzazione adatta per l’esecuzionedel nuovo movimento.

3. Implicazioni didattiche dell’approccio cognitivo

Dall’integrazione delle teorie cognitive delcontrollo motorio a circuito aperto(mediante programmi motori generalizza-ti) e a circuito chiuso (mediante feedback)deriva direttamente la teoria cognitiva del-l’apprendimento motorio: apprenderemovimenti significa sviluppare specifichestrutture cognitive, cioè programmi motorigeneralizzati, integrati da processi cogniti-vi di elaborazione dell’informazione. Taliprocessi cognitivi aggiungono al controllomotorio centrale la possibilità di confron-tare “on-line” (nel caso di movimenti lenti)e “off-line” (nel caso di movimenti veloci)il risultato atteso con i risultati effettividell’esecuzione motoria, cioè di confronta-re le conseguenze sensoriali del movimen-to anticipate dal sistema con quelle real-mente ottenute (figura 1). Se apprendere movimenti significa strut-turare programmi motori sempre più arti-colati e ottimizzarne la parametrizzazione,ne consegue un insegnamento delle atti-vità motorie di tipo prescrittivo, che consi-ste nel prescrivere all’allievo modalità diesercitazione atte a stabilizzare e perfezio-nare la programmazione motoria e ridurreal minimo la variabilità dell’esecuzione.Partendo da questo presupposto, nell’am-bito della psicologia cognitiva è stata svi-luppata un’ingente mole di risultati sullestrategie e tecniche per strutturare l’eserci-tazione in modo da ottenere risultati diapprendimento ottimali. Le principali sono:l’esercitazione parziale, quella randomizza-ta e quella variata, le tecniche di sommini-strazione del feedback e la ripetizionementale (e.g. Lee et al. 2001). L’esercitazione parziale consiste nel faresercitare un’abilità motoria complessainizialmente in una forma semplificata.Movimenti complessi possono essere sem-plificati frazionandoli, segmentandoli oriducendone la velocità o le richieste diprecisione esecutiva (Wightman, Lintern1985). Frazionare consiste, ad esempio, nelfar esercitare separatamente i movimentidegli arti inferiori e superiori, per poiricombinarli, una volta automatizzati, informa simultanea. Si tratta di quello cheRoth (1990) definisce “taglio orizzontale”del programma: il programma motorioviene tagliato eliminando temporanea-mente il movimento di alcuni effettori. Sel’interazione fra gli effettori è bassa, que-sto taglio non altera la struttura profondadel programma e facilita l’apprendimentodell’intero movimento. In caso contrario –ad esempio, nel caso in cui il movimentodegli arti inferiori è indispensabile pergarantire la stabilità del pattern motoriodegli arti superiori – l’esercitazione frazio-

Figura 1 – Il modello concettuale completo della prestazione umana, usato come baseper l’organizzazione di una efficace pratica d’insegnamento (da Schmidt, Wrisberg, 2000)

Page 13: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

13

nata non è una tecnica di insegnamentoidonea. Per esercitare un’abilità motoriacomplessa in forma parziale si può anchesegmentarla, facendo eseguire separata-mente i vari segmenti e, poi, riconcatenan-doli ad uno ad uno fino a ricomporre l’in-tera sequenza motoria. Si tratta di quelloche Roth (1990) definisce “taglio verticale”del programma: il programma motorioviene tagliato scindendolo temporanea-mente in più segmenti parziali. Se la seg-mentazione viene fatta nei punti del movi-mento che lasciano inalterate le singolefasi funzionali del movimento, questotaglio non altera la struttura profonda delprogramma e facilita l’apprendimento del-l’intero movimento. Invece, se l’interazionefra le fasi di attivazione degli effettori èelevata, è difficile segmentare senza alte-rare sostanzialmente la struttura del movi-mento e quindi la segmentazione si rivelainefficace. Infine si può esercitare unmovimento in forma semplificata riducen-done la velocità esecutiva o le richieste diprecisione, come ad es. utilizzando attrezzio bersagli di dimensioni maggiori. Anchequesta tecnica risulta efficace solo a con-dizione che non si eccedano determinatilimiti di rallentamento o di imprecisione.Per tutte le forme di esercitazione parzialevale la regola che si ottiene una facilitazio-ne dell’apprendimento solo a patto che letecniche di esercitazione parziale, cioè laframmentazione, la segmentazione e lasemplificazione, non alterino la strutturaprofonda del programma motorio genera-lizzato. La struttura profonda del pro-gramma viene invece alterata se si modifi-ca l’interazione fra gli effettori, se si alte-rano le fasi funzionali del movimento o sesi rallenta troppo l’esecuzione motoria.L’esercitazione randomizzata e quellavariata sono altre tecniche di esercitazioneche trovano la loro giustificazione nellateoria dei programmi motori generalizzati(Wulf, Schmidt 1988). L’esercitazione ran-domizzata consiste nell’eseguire vari com-piti motori diversi senza un ordine sequen-ziale preciso, minimizzando le ripetizioniconsecutive di ogni singolo compito: ad es.l’alternanza di compiti di salto e di lanciodi oggetti. Questa tecnica di esercitazionepotenzia l’apprendimento probabilmenteper due motivi: perché consente all’allievodi percepire meglio le peculiarità diversedei singoli compiti (Shea, Zimny 1983) eperché impone all’allievo di esercitare adogni ripetizione la selezione del program-ma motorio, cosa che non è necessaria sele ripetizioni di uno stesso compito vengo-no eseguite consecutivamente, in blocco,prima di passare al compito successivo(Lee, Magill 1985).L’esercitazione variata, invece, consiste nelfare eseguire più movimenti appartenenti

a una stessa classe, cioè più varianti ese-cutive di uno stesso programma motoriogeneralizzato: ad es. il lancio di una palla avelocità, a distanze e in direzioni diverse.Questa tecnica di esercitazione potenzial’apprendimento probabilmente perchéconsente all’allievo di esercitare la para-metrizzazione del programma motoriogeneralizzato, cioè la definizione dei para-metri variabili dell’esecuzione motoria,cosa che non avviene se si esercita ripetu-tamente un stesso movimento in formacostante, senza modificarne la velocità,l’ampiezza e la direzione (Kerr, Booth1978).L’esercitazione randomizzata e quellavariata possono essere combinate: ad es.,si possono far esercitare compiti di lancioa diverse velocità e distanze alternandoli,in sequenza randomizzata, a compiti disalto di ampiezza e direzione diversa. In questo modo si potenzia contempora-neamente sia la capacità di selezionareprogrammi motori generalizzati diversi, siala capacità di pametrizzarli, potenziando loschema dei rapporti che intercorrono fra ivalori attribuibili ai parametri e i risultatimotori che ne derivano.Un’altra tecnica per potenziare l’esperienzadi apprendimento è quella di fornire all’al-lievo, nel corso dell’apprendimento, infor-mazioni aggiuntive a quelle che gli deriva-no dall’esecuzione del movimento (affe-renze cinestetiche), cioè aggiungere alfeedback intrinseco quello estrinseco (e.g.Magill 2001). Si tratta di informazioni ver-bali o per immagini riguardo alla corret-tezza del movimento e al risultato rag-giunto (“conoscenza dei risultati”) oppureriguardo alla qualità esecutiva del movi-mento (“conoscenza della prestazione”). Ilproblema metodologico-didattico consistenel definire quale e quanta informazionefornire, in quale momento, con quale fre-quenza e con quanta precisione. La psico-logia cognitiva fornisce prove che avallanola migliore efficacia del feedback estrinse-co se viene dato con ritardo di alcunisecondi dal termine dell’esecuzione moto-ria (Swinnen et al. 1990), con frequenzaprogressivamente decrescente all’avanzaredel livello di apprendimento (Winstein,Schmidt 1990) e solo quando la prestazio-ne dell’allievo devia da quella voluta oltre-passando determinati limiti di tolleranzadell’errore (Sherwood 1988). La teoria deiprogrammi motori generalizzati ha impli-cazioni metodologico-didattiche direttesulla scelta di quale informazione fornirecon il feedback. Tale scelta dipende daltipo di errore compiuto dall’allievo (Sch-midt, Wrisberg 2000): se ha sbagliato l’e-secuzione perché la durata relativa dellesingole fasi funzionali del gesto motorio èdiversa da quella voluta, significa che ha

selezionato il programma motorio sbaglia-to. Se invece l’allievo ha sbagliato l’esecu-zione perché il movimento è complessiva-mente troppo ampio o troppo corto, ma ladurata delle fasi è corretta, significa cheha selezionato il programma corretto, maha attribuito ai parametri variabili valorinon adeguati. In generale è ben fornireprima di tutto il feedback per correggerel’errore di selezione del programma (ad es.“rallenta la fase di oscillazione” e/o “acce-lera la fase di stacco”) e solo secondaria-mente il feedback per correggere gli erroridi parametrizzazione (ad es. “fai il lanciopiù veloce, più corto, più alto”). Se il pro-gramma motorio selezionato è quello giu-sto, il feedback relativo ai parametri varia-bili è molto vantaggioso per l’apprendi-mento, perché potenzia la formazionedello schema motorio, cioè aiuta l’allievo ascoprire le regole che gli consentono dieseguire con precisione, di primo acchito,varianti di un dato gesto motorio mai ese-guite in precedenza. Infine, la psicologia cognitiva suggerisce dipotenziare l’esperienza di apprendimentomediante tecniche di esercitazione indiret-ta che predispongono al miglioramentopratico di una data abilità senza metterlain atto: l’allenamento mentale e la rappre-sentazione mentale (e.g. Feltz, Landers1983). L’allenamento mentale consiste nelpensare agli aspetti cognitivi e proceduralidell’azione, mentre la rappresentazionementale consiste nell’immaginare lo svol-gimento di un’azione motoria. Con questetecniche si esercitano le componenticognitive del controllo motorio, cioè queiprocessi di elaborazione dell’informazioneche integrano e supportano la program-mazione motoria in senso stretto, come iprocessi attentivi, i processi decisionali e iprocessi di anticipazione del risultato pro-babile dell’azione motoria.

4. L’approccio ecologico: la teoria dei sistemi dinamici

Da quanto detto fin qui emerge che l’ap-proccio cognitivo al controllo e all’appren-dimento motorio ha generato importantiimplicazioni pratiche. Tuttavia le implica-zioni metodologico-didattiche sono validesolo nella misura in cui la teoria da cuiderivano è in grado di spiegare convincen-temente i fenomeni osservabili nell’appren-dimento motorio. La teoria cognitiva dei programmi motorigeneralizzati ha fornito sia una soluzione“economica” al problema dell’immagazzi-namento dei programmi motori, sia unaspiegazione convincente del fenomeno percui si è capaci di eseguire di primo acchitomovimenti mai eseguiti in precedenza.Tuttavia non è in grado di spiegare altri

Page 14: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

14

fenomeni osservabili nell’apprendimento.Primo fra tutti è il problema della variabi-lità esecutiva , evidenziato in manieramagistrale da Bernshtein (e.g. 1967). Se,come affermano le teorie centraliste deiprogrammi motori, l’esecuzione motoriafosse la risultante diretta di un insiemestrutturato di comandi motori immagazzi-nati a livello centrale, la variabilità esecuti-va dovrebbe tendere a zero con il procede-re dell’apprendimento grazie al progressi-vo perfezionarsi dei programmi motori. Perspiegare il persistere di un certo grado divariabilità esecutiva (figura 2), anche dopoun numero elevatissimo di ripetizionioccorre spostare l’ottica dalla programma-zione centrale dei movimenti alla varietà divincoli fisici imposti alla coordinazionemotoria dalla periferia del corpo e dall’am-biente (Meyer, Roth 1988; Abernethy Spar-row 1992). L’approccio che considera la coordinazionemotoria come un’organizzazione emergen-te dai vincoli periferici del sistema anzichéda strutture di controllo centrale vienedefinito ecologico, in quanto non prendein considerazione gli aspetti della coordi-nazione motoria interni all’individuo ma,più globalmente, la complessa interazionefra individuo e ambiente e la relazione cir-colare fra percezione e azione (Turvey,Carello 1988; Kelso et al. 1990). Si tratta di

un approccio interdisciplinare nato dall’in-tersezione delle seguenti correnti teoriche(cfr. Summers 1998): la prospettiva ciber-netica di Bernshtein sulla coordinazionemotoria (1967; cfr. anche Latash, Turvey19961), la psicologia ecologica della perce-zione diretta di Gibson (1979), la teoriadelle dinamiche fisiche non lineari applica-te all’auto-organizzazione nei sistemi bio-logici e la sinergetica applicata alla forma-zione di unità motorie funzionali per lacoordinazione intersegmentaria (Schoener,Kelso 1988; Beek et al. 1995). Bernshtein,per primo, ha messo in luce un problemacentrale della coordinazione motoria,strettamente legato al concetto di variabi-lità nella riproduzione di movimenti coor-dinati: il problema dei gradi di libertà delmovimento, che a tutt’oggi viene definito“il problema di Bernshtein”. La variabilitàesecutiva persistente, anche ad elevatilivelli di automatizzazione, nelle ripetizionidi uno stesso movimento, dipende dalfatto che il sistema motorio deve far fron-te a un enorme numero di gradi di libertàderivanti dalle proprietà del sistema neu-romuscolare e dalle caratteristiche deicompiti motori e dell’ambiente nel qualevengono svolti (ad es. proprietà meccani-che dei muscoli, fattori gravitazionali). Un concetto chiave all’interno della teoriadei sistemi dinamici è quello di auto-orga-nizzazione: per arrivare all’esecuzione dimovimenti coordinati si passa da fasi ran-domizzate a fasi ordinate di organizzazio-ne del movimento grazie alle proprietàauto-organizzative del sistema (Kelso1995). Un esempio tipico di questa auto-organizzazione è quello del movimentoasincrono di battuta delle mani su unasuperficie: aumentando la frequenza dimovimento fino a superare una determi-nata soglia avviene una transizione spon-

tanea dal movimento in opposizione difase al movimento in fase delle due mani.Questo fenomeno viene interpretato comeuna tendenza auto-organizzativa del siste-ma verso forme stabili di coordinazione. Quindi le differenze principali fra l’approc-cio cognitivo e quello dinamico sono leseguenti: l’approccio cognitivo è struttura-le, ipotizza meccanismi centrali di controllomotorio strutturati gerarchicamente cheregolano il movimento in modo program-mato. L’approccio dinamico, invece, è feno-menologico, descrive leggi e principi su cuisi basa il sistema di controllo motorio, che èeterarchico e dotato di proprietà auto-organizzative (cfr. tabella 1).

5. Implicazioni didattiche dell’approccio ecologico-dinamico

Secondo Bernshtein (1967) l’apprendimen-to motorio consiste nel progressivo con-trollo dei gradi di libertà, che passa attra-verso tre stadi: lo stadio della riduzione,quello dell’esplorazione e quello della capi-talizzazione dei gradi di libertà (cfr. ancheVereijken, Bongaardt 1999). Lo stadio iniziale dell’apprendimento èquello della riduzione dei gradi di libertà.Poiché l’allievo all’inizio è probabilmenteincapace di controllare adeguatamente l’e-norme quantità di gradi di libertà presentinel sistema neuromuscolare e nell’ambien-te, è utile ridurli al fine di facilitare all’al-lievo la soluzione del compito motorio conle potenzialità di cui attualmente dispone(Vereijken et al. 1992). Nei metodi consi-gliati per ridurre i gradi di libertà rientranoil bloccaggio delle articolazioni e la sim-metrizzazione dei movimenti. Il bloccaggioarticolare è utile se il movimento daapprendere è complesso e pluriarticolare:in questo caso una o più articolazioni pos-

Figura 2 – Proiezione planare di una seriedi ripetizioni di un movimento volontario ese-guito a velocità media e con l'intento di ripe-terlo sempre identico ( Bernshtejn 1935)

Tipo di approccio Cognitivo Ecologico“motor approach” “action approach”

Caratteristiche Strutturale: Fenomenologico:descrive meccanismi. descrive leggi e principi.Informazionale, Energetico e informazionale:prevalentemente psicologico. prevalentemente biologico, fisico.

Teorie/modelli Teoria del circuito chiuso. Modello della coordinazioneTeoria dei programmi di Bernshtein.generalizzati dello schema. Teoria dei sistemi dinamici.

Sistemi di controllo Gerarchico. Eterarchico.

Regolazione Programmata. Auto-organizzativa.

Tipo di abilità Prevalentemente discrete. Prevalentemente continue, cicliche.

Tabella 1 – differenze principali fra l’approccio cognitivo e l’approccio ecologico-dinamicoal controllo e allo apprendimento motorio

Page 15: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

15

sono venire escluse dalla dinamica delmovimento contraendo simultaneamente imuscoli agonisti e antagonisti che agisco-no su quella/quelle articolazione/i. Sembrache questo pattern di attivazione simulta-nea degli agonisti e degli antagonisti siaun fenomeno presente nel movimento deiprincipianti in maniera implicita, cioèsenza che ne siano direttamente consape-voli. Anche se questo fenomeno provocauna scarsa fluidità del movimento, non hauna valenza negativa, ma anzi un precisosignificato funzionale, che è quello diridurre i gradi di libertà per consentire l’at-tuazione di una soluzione del compitomotorio compatibile con lo scarso livelloiniziale di destrezza dei principianti (Mei-nel, Schnabel 1998). Il secondo tipo diriduzione dei gradi di libertà citato, la sim-metrizzazione dei movimenti, consiste nel-l’esecuzione di movimenti simmetrici diarticolazioni corrispondenti nei due arti, inmodo da evitare la moltiplicazione deigradi di libertà che si verifica nel caso dimovimenti asimmetrici dei due arti.Il secondo stadio di apprendimento è quel-lo dell’esplorazione dei gradi di libertà(Vereijken et al. 1997). Si tratta del proces-so inverso a quello precedente: quandol’allievo è in grado di eseguire il movimen-to nella sua forma iniziale, semplificatadalla riduzione del numero di articolazionicoinvolte e/o dalla simmetria di movimen-to degli arti, possono essere reclutati gradidi libertà addizionali coordinando progres-sivamente il movimento di un numerosempre maggiore di articolazioni e/o ren-dendo asimmetrico e asincrono il movi-mento degli arti.Infine il terzo stadio è quello della capita-lizzazione dei gradi di libertà. Tale capita-lizzazione va oltre il concetto di controllodei gradi di libertà: capitalizzarli significariuscire a sfruttare le forze esterne (gra-vità, inerzia etc.) e quelle reattive (elasti-cità muscolare etc.) al fine di economizza-re il movimento (Meinel, Schnabel 1998).In sintesi, secondo l’approccio dinamicoapprendere movimenti consiste nell’arriva-re progressivamente a controllare e sfrut-tare i gradi di libertà del sistema, la qualcosa significa riuscire a trovare progressi-vamente la soluzione motoria migliore aun dato compito in un dato contesto.Emblematica è l’espressione, coniata daBernshtein, “ripetizione senza ripetizione”:esercitarsi non significa ripetere sempre lastessa soluzione di un dato compito, maripetere più e più volte il processo di solu-zione del compito stesso.Se apprendere movimenti significa otti-mizzare il processo di soluzione dei compi-ti motori, ne conseguono implicazionididattiche diverse da quelle prescrittiveproprie dell’approccio cognitivo: infatti nel

caso dell’approccio dinamico si tratta diapprendimento euristico. Un’altra diffe-renza fra i due approcci, rilevante per l’ap-prendimento motorio, riguarda la variabi-lità nell’esecuzione dei movimenti. Nell’ap-proccio cognitivo essa viene generalmentevista come un problema da minimizzare oeliminare, indice della necessità di perfe-zionare ulteriormente un dato programmamotorio (e.g. Fitts 1954; Newell, Colcos1993). Nell’approccio ecologico invece,non trattandosi di perfezionare patternmotori, ma di trovare di volta in volta lesoluzioni migliori ai compiti motori, lavariabilità esecutiva non viene vista comeun fattore limitante, ma come una pro-prietà inerente, indice dell’interazione nonlineare del sistema con i vincoli impostidall’organismo, dal compito e dall’ambien-te nel corso della ricerca di soluzionimotorie (Davids et al. 2001).Poiché l’approccio dinamico post-modernoè più recente dell’approccio cognitivomoderno, non ha ancora dato vita a unamole di ricadute didattiche analoga aquella dell’approccio cognitivo; inoltre,poiché secondo l’approccio dinamico l’ap-prendimento motorio è di tipo prevalente-mente euristico, sarebbe un controsensose venissero fornite indicazioni didattichedettagliate, di tipo prescrittivo, equiparabi-li a quelle dell’approccio cognitivo.Le strategie didattiche per potenziare l’ap-prendimento euristico, cioè per stimolarel’emergenza di soluzioni “spontanee” aiproblemi motori, fanno capo a un unicoprincipio: sfruttare la variabilità esecutiva,cioè attuare un processo di ricerca di solu-zioni motorie che passa attraverso la con-tinua variazione dei gesti motori.Sfruttare la variabilità significa variaresistematicamente i vincoli imposti dall’or-ganismo (ad es. livelli di attivazione, fati-ca), dal compito (ad es. tempo di esecuzio-ne) e dall’ambiente (ad es. tipo di materiali

didattici). Ciò significa che può essere utilefar eseguire il processo di soluzione di undato compito motorio in stato di aumen-tata attivazione o di affaticamento fisico,oppure variando le richieste del compitocome la velocità esecutiva, o ancora modi-ficando le condizioni ambientali come l’e-lasticità della superficie di appoggio.Dato che la variabilità esecutiva vieneinterpretata come indice di plasticitàmotoria nella ricerca di soluzioni ai compi-ti motori, non è sempre opportuno verifi-care il livello di apprendimento interpre-tando in modo tradizionale gl’indici di pre-cisione/errore rilevati con i test motori,cioè calcolando l’entità della deviazionedell’esecuzione motoria o del suo risultatoda valori di riferimento (ad es. errorecostante, errore variabile2). Invece puòessere opportuno valutare se tale variabi-lità esecutiva è funzionale al processo disoluzione del compito voluto, analizzandola struttura della variabilità (Newell, Slifkin1998). Naturalmente la verifica tradiziona-le della prestazione motoria basata sullarilevazione del grado di variabilità, laddovevariabilità è sinonimo di errore, e la verifi-ca basata sull’analisi della struttura dellavariabilità, laddove variabilità può esseresinonimo di efficacia della soluzionemotoria, non si escludono a vicenda. Lavalutazione tradizionale della variabilitàesecutiva in termini di errore è valida intutti quei casi in cui la ripetizione quantomeno variabile possibile del gesto motoriorappresenta la soluzione migliore al com-pito stesso (“closed skills”, come nel casodella ginnastica), mentre la valutazionedella variabilità esecutiva come espressio-ne della ricerca di soluzioni efficaci alcompito motorio è valida in tutti quei casiin cui l’obiettivo del movimento viene rag-giunto attraverso la plasticità delle azionimotorie (“open skills”, come nel caso deigiochi sportivi).

Tipo di approccio Cognitivo Ecologico-dinamico

Metodo d’insegnamento Prescrittivo. Euristico.

Tecniche didattiche Esercitazione parziale. Riduzione dei gradi di libertà,Frammentazione, segmenti. (gdl); bloccaggio articolare, Esercitazione randomizzata, simmetrizzazione.esercitazione variata. Esplorazione dei gdl:Ripetizione mentale. esercitazione variata.

Capitalizzazione dei gdl.

Vincoli didattici Non alterare la struttura Non alterare la struttura unitariadel programma motorio percezione-azione.generalizzato.

Tabella 2 – implicazioni metodologico-didattiche dell’approccio cognitivo e dell’approccioecologico a confronto

Page 16: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

16

Le differenti ricadute didattiche dei duedifferenti approcci al controllo e all’ap-prendimento motorio attualmente domi-nanti possono essere sintetizzate comesegue (cfr. tabella 2). Nell’approccio cogni-tivo prevale il concetto di metodo prescrit-tivo: l‘insegnante deve applicare in modoprogrammato i mezzi e i metodi di facilita-zione didattica adatti a un dato soggetto,per uno specifico compito, in un particola-re contesto. Se il compito motorio è parti-colarmente complesso, si applicano le tec-niche di pratica parziale per ridurne la dif-ficoltà, cioè si frammenta /segmenta l’a-zione per poi ricomporla progressivamen-te. Il presupposto perché l’esercitazioneparziale o altre tecniche di facilitazionedidattica siano efficaci e facilitino l’ap-prendimento è che non venga alterata lastruttura profonda del programma moto-rio generalizzato che viene attualizzatocon l’esercitazione. Nell’approccio dinamico prevale il concet-to di metodo euristico: l’insegnante deveassistere l’allievo nella ricerca autonoma disoluzioni motorie. Se il compito di appren-dimento è troppo complesso, non si devo-no imporre vincoli al discente indicandogliin maniera prescrittiva come semplificarel’esecuzione motoria, ma si devono appli-care vincoli all’ambiente (ad esempio,come si fa abitualmente quando si appli-cano le rotelline alla bicicletta di un princi-piante, anziché tentare di facilitare lacoordinazione motoria dell’azione di anda-re in bicicletta con pratiche di esercitazio-ne parziale). Il presupposto perché ognistrategia di facilitazione didattica sia effi-cace e faciliti l’apprendimento è che nonvenga alterata la struttura unitaria perce-zione/azione postulata all’interno dell’ap-proccio ecologico.

6. Il ruolo delle neuroscienzenell’integrazione degli approccicognitivo ed ecologico-dinamico

Fino a qui si è visto che la teoria dei pro-grammi motori generalizzati e quella deisistemi dinamici sono diverse, spieganofenomeni diversi e hanno, perciò, ricaduteapplicative diverse. Ma se teorie diverse hanno implicazionididattiche diverse, si torna al quesito ini-ziale: quale deve essere il criterio per lascelta metodologica? Se il criterio è quellodi basarsi su teorie scientifiche, quale teo-ria deve essere privilegiata?Plausibilmente, la risposta a questo quesi-to può essere trovata nell’integrazionedegli approcci cognitivo ed ecologico-dinamico (Davids et al. 2001; cfr. ancheColley, Beech 1988; Lee 1998). Le modalitàdi integrazione sono due: la prima consistenell’includere nell’approccio dinamico rap-

presentazioni interne del movimento econcetti fondamentali della psicologiacognitiva come quelli di attenzione eintenzione, intese in termini di dinamicheaggiuntive sovrimposte alle dinamichefisiche della coordinazione motoria. Adesempio, esistono risultati a prova delfatto che si può eseguire il movimento inopposizione di fase delle due mani, che èun pattern di coordinazione dinamica-mente instabile soprattutto ad elevata fre-quenza di movimento, se si automatizza ilmovimento della mano preferita e si con-trolla attentivamente il movimento dell’al-tra mano (Wuyts et al. 1996). La secondamodalità di integrazione degli approccicognitivo e dinamico consiste nell’include-re nell’approccio centralistico dei pro-grammi motori concetti fondamentalidella teoria dei sistemi dinamici come sta-bilità e instabilità dei pattern di coordina-zione motoria. Ciò implica che l‘apprendi-mento motorio venga concepito non solocome un progressivo stabilizzarsi di pro-grammi motori generalizzati, ma anchecome passaggio da strutture coordinativepre-esistenti stabili, conformi ai vincolidettati dalle forze interne ed esterne, anuove strutture mediante fasi di destabi-lizzazione (Carson, Riek 1998). In altreparole, si tratta di ipotizzare e verificarel’esistenza di un sistema di livello „inferio-re“ guidato da dinamiche fisiche periferi-che, integrato con un sistema di livello„superiore“ guidato da strutture cognitivecentrali (Glencross et al. 1994).Il campo scientifico più promettente perrealizzare questa integrazione è quellodelle neuroscienze cognitive (Gazzaniga,2001). Si tratta di sviluppare una teorianeuropsicologica dell’apprendimentomotorio che inglobi metafore cognitive eleggi dell’approccio ecologico-dinamico(e.g. Willingham 1998). Tuttavia, fino adoggi nelle neuroscienze è stato dato piùspazio allo studio del controllo motorioche allo studio dell’apprendimento moto-rio3, per cui è ancora scarso il materialescientifico sui cambiamenti neurofisiologi-ci che accompagnano l’acquisizione di abi-lità motorie complesse dal quale possanoessere derivate ricadute applicative per ladidattica delle attività motorie e sportive. Il ruolo che la ricerca neuroscientifica puòavere in termini di ricadute applicative,cioè per derivare correttamente dalle teo-rie scientifiche cognitive e/o ecologiche icriteri per le scelte metodologico-didatti-che, può essere esemplificato facendo rife-rimento alla didattica dei giochi motori esportivi con la palla. Un aspetto essenzialedei giochi con la palla è quello della rice-zione o dell’intercettazione. Questa abilitàmotoria comporta che la persona sia ingrado di stimare quando arriverà la palla

in un determinato punto dello spazio e dianticipare il proprio movimento rispettoall’arrivo della palla per afferrarla o fer-marla tempestivamente (cosiddetto timinganticipatorio). Si tratta di un‘abilità com-plessa, per il cui apprendimento è utileapplicare strategie di facilitazione didatti-ca. Ma quali? Una pratica molto comune è quella di faresercitare i movimenti di spostamento invarie direzioni a varie velocità „a secco“,cioè senza palla e, separatamente, la presadella palla senza spostamenti e, infine, lapresa della palla in spostamento. Si trattadi una strategia di pratica parziale che fra-ziona l’esercitazione delle componenti del-l’azione: nel primo caso solo la componen-te motoria, nel secondo caso la compo-nente percettiva associata a una formasemplificata della componente motoria(movimento degli arti superiori e aggiusta-menti posturali anticipatori) e nel terzocaso l’azione completa. Secondo l’approc-cio cognitivo una tale strategia didattica ègiustificata perché non altera la strutturaprofonda del programma motorio genera-lizzato, ma scinde le componenti percetti-ve e motorie e fraziona l’uso degli effettori(solo arti inferiori, solo arti superiori,entrambi). Un altro tipo di pratica parzialeconsiste invece nel semplificare l‘azionerallentandola (bassa velocità di sposta-mento della palla) o rendendo più facili lerichieste percettive (traiettorie della pallapiù prevedibili). Questa strategia didatticaè maggiormente conforme ai dettati del-l’approccio ecologico, in quanto si mantie-ne l’unitarietà delle componenti percettivee motorie (cosiddetto perception-actioncoupling, cfr. Savelsberg, Bootsma 1994). Quale è di fatto la strategia didatticamigliore? È possibile un’integrazione? Checosa possono dirci le neuroscienze a pro-posito di questo tipo di abilità psicomoto-ria complessa? Esistono vie nervose chedalla corteccia striata (aree primarie diproiezione dell’informazione visiva) proiet-tano in due direzioni: un fascio ventraleinvia l’informazione visiva alla cortecciainfero-temporale, che è responsabile dell’i-dentificazione degli oggetti visivi, mentreun fascio dorso laterale invia l’informazio-ne visiva alla corteccia parietale posteriore,che è responsabile dell’identificazione dellaposizione degli oggetti nel campo visivo edell’integrazione senso-motoria per azioniguidate visivamente (figura 3).Quindi la corteccia parietale sembra essereil substrato cerebrale principale dell’accop-piamento percezione-azione (Andersen1995). Tornando all’esempio della ricezionedella palla, data l’esistenza di una strutturacerebrale unitaria deputata sia all’identifi-cazione della posizione dell’oggetto (nelnostro caso: traiettoria della palla), sia

Page 17: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

17

all’utilizzazione dell’informazione spazialeper guidare l’azione (nel nostro caso: anti-cipazione dei movimenti per arrivare tem-pestivamente al punto di contatto con lapalla), è plausibile che, per facilitarne l’ap-prendimento, sia più efficace esercitareunitariamente le componenti percettive emotorie semplificando – se necessario – lerichieste percettive, ma evitando di frazio-narle con esercitazioni degli spostamentisenza palla. Informazioni importanti aquesto proposito potrebbero ottenersi rile-vando l’attività cerebrale, in particolaredella corteccia parietale posteriore, nelcorso dell’apprendimento di compiti dalaboratorio di timing anticipatorio (e.g.,Slater-Hammel 1960). Per ottenere infor-mazioni che non siano solo utili per esten-dere le conoscenze teoriche, ma che abbia-no anche delle ricadute applicative perl’insegnamento del timing anticipatorio,occorre pianificare varianti del compito dilaboratorio che simulino le condizioni pro-prie dei due diversi tipi di esercitazione(esercitazione frazionata delle richiestepercettive e motorie o esercitazione sem-plificata delle richieste percettive senzafrazionamento).Altri importanti aspetti della didattica delleattività motorie che potrebbero essereottimizzati grazie all’approccio neuro-scientifico sono, ad esempio, quelli con-cernenti la specificità dell’apprendimento,il transfer di abilità motorie e la variabilitàdella pratica, a tutt’oggi oggetto di discus-

sione scientifica. È da sottolineare che irisultati della ricerca neuroscientifica sonoparticolarmente utili per le loro implicazio-ni didattiche non solo nel campo dell’ap-prendimento motorio educativo o sportivo,ma anche nel campo dell’attività fisicaadattata. In questo campo la scelta infavore di un determinato modello teoricoanziché di un altro, e delle rispettive impli-cazioni didattiche, è resa più complessadal fatto che coesistono più obiettivi diapprendimento: l’apprendimento di nuoveabilità, l’adattamento di abilità pre-esi-stenti ad alterate condizioni strutturali efunzionali dell’organismo, il ri-apprendi-mento di movimenti funzionali compro-messi dalla degenerazione sensomotoria,oppure l ’apprendimento di strategiecognitive compensative della degenerazio-ne sensomotoria stessa. Un esempio aquesto proposito è quello dell’attivitàmotoria per soggetti affetti da morbo diParkinson. Si tratta di una sindrome checomporta la deplezione progressiva delneurotrasmettitore dopamina e quindi ladisfunzione progressiva dei centri nervosiche si avvalgono di questo neurotrasmet-titore, i gangli della base. Poiché i ganglidella base sono uno dei principali centrinervosi responsabili dell’automatizzazionedei movimenti, con questi pazienti è pro-babilmente poco utile perseguire l’obietti-vo di recuperare movimenti funzionalifacendo eseguire un elevato numero diripetizioni di tali movimenti al fine di sol-

lecitarne l’esecuzione automatizzata. Inve-ce è plausibile che sia più fruttuoso utiliz-zare in modo combinato altre strategiedidattiche: alcune mutuate dell’approccioecologico, consistenti nello stimolare ilpaziente a trovare soluzioni nuove ad undato compito motorio funzionale, altremutuate dall’approccio cognitivo, cioèstrategie compensative come l’imitazioneo l’attenzione focale per il controllo moto-rio (Morris et al. 1998). Anche qui è ipotiz-zabile che la bontà dei differenti approccididattici e/o della loro integrazione siaverificabile con test di apprendimento chesi avvalgono di indici non solo comporta-mentali, ma anche neurofisiologici.In conclusione, si possono dare rispostepiù oggettive ai quesiti sulla bontà delleteorie del movimento esistenti e si posso-no scegliere le strategie didattiche piùappropriate se si approfondisce l’aspettoneuroscientifico del controllo e dell’ap-prendimento motorio.

Note(1) Gli studi di biomeccanica, neurofisiologiaed ergonomia di Bernshtein sono antecedentidi alcuni decenni, ma hanno acquistato solotardivamente rilevanza a livello internazionaleperché “insabbiati” dal regime sovietico acausa della loro discordanza con la teoriascientifica ufficialmente riconosciuta (la rifles-sologia di Pavlov). La persistente modernità digran parte dei risultati e delle intuizioni diBernshtein nonostante la lunga latenza primadella loro diffusione a livello internazionale èprova del ruolo pionieristico di Bernshteinnello studio della coordinazione e dell’appren-dimento motorio.(2) L’errore costante è la media dell’errore inun dato numero di prove, errore che si calcolacome la deviazione, in termini di quantità edirezione, del risultato del movimento rispettoa un dato valore di riferimento. L’errore varia-bile, invece, è la deviazione standard dallamedia dell’errore, cioè l’indice dell’incostanzadel risultato di più prove rispetto all’errorecostante.(3) È da notare che l’apprendimento motorio difatto non può essere compreso senza primaaver compreso come funziona il controllomotorio: infatti se non si sa come vengonocontrollati i movimenti, è impossibile com-prendere l’apprendimento, che comporta cam-biamenti del controllo motorio nel tempo.D’altro canto è pur vero che fra il controllo el’apprendimento motorio sussiste un rapportocircolare, in quanto il fenomeno dell’apprendi-mento costituisce un fondamento essenzialeper testare il potere esplicativo di qualunqueteoria del controllo motorio (Glencross et al.1994).

L’autore: dott.ssa Caterina Pesce è ricercatrice pressol’Istituto universitario di Scienze motorie di Roma.

Figura 3 – Le vie responsabili dell’identificazione degli oggetti e dell’identificazione della loroposizione nel sistema visivo comprendono regioni che sono specializzate nell’elaborazione dellaprofondità o delle tridimensionalità (simbolizzate dagli occhiali), della forma (simbolizzata dalquadrato con inserite varie forme), dei colori e della direzione (simboleggiata dal segnale dicurva). Ne risulta l’identificazione dell’oggetto (la via del “cosa”) e/o la sua localizzazione (la viadel “dove”)

Page 18: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

18

Abernethy B., Sparrow, W.A., (1992), The riseand fall of dominant paradigms in motorbehaviour research, in: Summer J.J. (a cura di),Approaches to the study of motor control andlearning, Amsterdam, Elsevier Science, 3-45.Adams J.A., A closed-loop theory of motorlearning, Journal of Motor Behavior, 3, 1971,1, 11-150.Andersen R.A., Coordinate transformation andmotor planning in posterior parietal cortex,in: Gazzaniga M. S. (a cura di), The cognitiveneurosciences, Cambridge, MIT Press, 1995,519-532.Beek P.J., Peper C.E., Stegeman D. F., Dynami-cal models of movement coordination, HumanMovement Science, 1, 1995, 4, 573-608.Bernstein N. A., The control and regulation ofmovements, Oxford, Pergamon Press, 1976.Carson R.G., Riek S., Moving beyond pheno-menology: Neuromuscular-skeletal con-straints upon coordination dynamics, in: PiekJ. P. (a cura di), Motor behaviour and Humanskill: A multidisciplinary approach, Champai-gn, IL, Human Kinetics, 1998, 209-230.Colley A.M., Beech J.R. (1988), Grounds forreconciliation: Some preliminary thoughts oncognition and action, in: Colley A. M., Beech J.R. (a cura di.), Cognition and action in skilledbehaviour, Amsterdam, North Holland, 1-11.Davids K., Williams M., Button C., Court M., Anintegrative modelling approach to the studyof intentional movement behaviour, in: Sin-ger R. N., Hausenblas H. A., Janelle C. M.,Handbook of sport psychology, New York,John Wily & Sons, 2001.Feltz D. L., Landers D. M., The effects of men-tal practice on motor skill learning andperformance: A meta-analysis, Journal ofSport Psychology, 5, 1983, 25-57.Fitts P. M., The information capacity of thehuman motor system, Journal of ExperimentalPsychology, 47, 1954, 381-391.Gazzaniga M. S., The cognitive neurosciences,Cambridge, MIT Press, 2001.Gibson J. J., The ecological approach to visualperception, Boston, Houghton Mifflin, 1979.Glencross D. J., Whiting H. T. A., Abernethy B.,Motor control, motor learning and the acqui-sition of skill: Historical trends and futuredirections, International Journal of Sport Psy-chology, 25 1994, 32-52.Henry F. M., Rogers D. E., Increased responselatency for complicated movements and a“memory drum” theory of neuromotor reac-tion, Research Quarterly, 31, 1960, 448-458.Keele S. W., Cohen A., Ivry R., Motor pro-grams: concepts and issues, in: Jeannerod M.(a cura di), Attention and Performance XIII,Hillsdale, NJ, Erlbaum, 1986, 77-110.Kelso J. A. S., Dynamic patterns: The self-organization of brain and behavior, Cambrid-ge, MA, MIT Press, 1995. Kelso J. A. S., Delcolle J. D., Schoener G. S.,Action-perception as a pattern formationprocess, in: Jannerod M. (a cura di), Attention

and Performance XIII, Hillsdale, NJ, Erlbaum,1990, 139-169.Kerr R., Booth B., Specific and varied practiceof motor skill, Perceptual and Motor Skills, 46,1978, 395-401.Latash M., Turvey M. T., Dexterity and itsdevelopment, Mahwah, New Jersey, LawrenceErlbaum Associated, 1996.Lee T. D., On the dynamics of motor learningresearch, Research Quarterly for Exercise andSport, 1998, 334-337.Lee T. D., Chamberlin C. J., Hodges N. J., Practi-ce, in: Singer R. N., Hausenblas H. A.,. Janelle C.M. (a cura di), Handbook of sport psychology,New York, John Wily & Sons, 2001, 115-143.Lee T. D., Magill R. A., Can forgetting facilitateskill acquisition?, in: Goodman D., Wilberg R.B., Franks I. M. (a cura di.), Differing perspec-tives in motor learning, memory and control,Amsterdam, North-Holland, 3-22.Magill R. A., Augmented feedback in motorskill acquisition, in: Singer R. N., HausenblasH. A., Janelle C. M. (a cura di), Handbook ofsport psychology, New York, John Wily &Sons, 2001, 86-114.Meinel K., Schnabel G., Bewegungslehre –Sportmotorik, Berlino, Sportverlag, 1998,146-205.Meyer O. G., Roth K., Complex motor beha-viour: “The motor-action controversy”,Amsterdam, North-Holland, 1988.Morris M. E., Collier J. M., Matyas T. A., Sum-mers J. J., Iansek R., Evidence for motor skilllearning in Parkinson’s disease, in: Piek J. P. (acura di), Motor behaviour and Human skill: Amultidisciplinary approach, Champaign, IL,Human Kinetics, 1998, 329-354.Newell K. M., Corcos D. M. (a cura di), Variabi-lity and motor control, Champaign, IL, HumanKinetics, 1993.Newell K. M., Slifkin A. B., The nature ofmovement variability, in: Piek J. P. (a cura di),Motor behaviour and Human skill: A multidi-sciplinary approach, Champaign, IL, HumanKinetics, 1998, 143-160.Roth K., Ein neues “ABC” fuer das Techniktrai-ning im Sport, Sportwissenschaft, 20, 1990, 1,9-26.Savelsberg G. J. P., Bootsma R. J., Perception-action coupling in hitting and catching, Inter-national Journal of Sport Psychology, 25,1994, 331-343.Schmidt R. A., A schema theory of discretemotor skill learning, Psychological Review,1975, 82, 225-260.Schmidt R. A., Wrisberg C.A., Apprendimentomotorio e prestazione, Roma, Società StampaSportiva, 2000.Shea J. B., Zimny S. T., Context effects inmemory and learning movement information,in: Magill R. A. (a cura di), Memory and con-trol of action, Amsterdam, North-Holland,1983, 345-366.Sherwood D. E., Effects of bandwidth knowled-ge of results on movement consistency. Per-

ceptual and Motor Skills, 66, 1998, 535-542.Schoener G., Kelso J. A. S., A synergetic theoryof environmentally specified and learned pat-tern of movement coordination: relativephase dynamics, Biological Cybernetics, 58,1988, 71-80.Slater-Hammel A. T., Reliability, accuracy, andrefractoriness of a transit reaction, ResearchQuarterly, 31, 1960, 217-228.Summers J. J., Has ecological psychology deli-vered what it promised ?, in: Piek J. P. (a curadi), Motor behaviour and Human skill: A mul-tidisciplinary approach, Champaign, IL,Human Kinetics, 1998, 385-402.Swinnen S., Schmidt R. A., Nicholson D. E.,Shapiro D.C., Information feedback for skillacquisition: instantaneous knowledge ofresults degrades learning, Journal of Experi-mental Psychology: Learning, Memory andCognition, 16, 1990, 706-716.Taub E., Movements in nonhuman primatesdeprived of somatosensory feedback, Exerciseand Sport Sciences Review, 4, 1976, 335-374.Turvey M. T., Carello C., Exploring a law-basedecological approach to skilled action, in: ColleyA. M., Beech J. R. (a cura di), Cognition andaction in skilled behaviour, Amsterdam,North-Holland, 1998, 191-203.Vereijken B., Bongaardt R., Complex motorskill acquisition, in: Vanden Auweele Y., BakkerF., Biddle S., Durand M., Seiler R., (a cura di),Psychology for physical educators, Champai-gn, IL, Human Kinetics, 1999, 233-256.Vereijken B., van Emmerik R. E. A., BongaardtR., Beek W. J., Newell K. M., Changing coordi-native structures in skill acquisition, HumanMovement Science, 16, 1997, 823-844.Vereijken B., van Emmerik R. E .A., Whiting H.T. A., Newell K. M., Free(z)ing degrees of free-dom in skill acquisition, Journal of MotorBehaviour, 24, 1992, 133-142.Wadman W. J., Denier van der Gon J. J., GeuzeR. H., Mol C. R., Control of fast goal-directedarm movements, Journal of Human Move-ment Studies, 5, 1979, 3-17.Wightman D. C., Lintern G., Part-task trainingstrategies for tracking and manual control,Human Factors, 27, 1985, 267-283.Willingham D. B., A neuropsychologicaltheory of motor skill learning, PsychologicalReview, 105, 1998, 558-584.Winstein C. J., Schmidt R. A., Reduced fre-quency of knowledge of results enhancesmotor skill learning, Journal of ExperimentalPsychology: Learning, Memory and Cognition,16, 1990, 677-691. Wulf G., Schmidt R.A., Variability in practice:Facilitation in retention and transfer throughschema formation or context effects?, Journalof Motor Behavior, 20, 1988, 133-149. Wuyts I. J., Summers J. J., Carson R. G., ByblowW. D., Semjenm A., Attention as mediatingvariable in the dynamics of bimanual coordi-nation, Human Movement Science, 15, 1996,877-897.

Bibliografia

Page 19: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

Raymond Valk, Federazione Tedesca degli Sport, Federazione tedesca di scherma

La rigenerazione: una risorsa per migliorare le prestazioni sportive

19

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

Importanza della rigenerazione per il miglioramento e la stabilizzazione delle prestazioni sportive. Metodi di rigenerazione, loro effetti e modi d’applicazione

Nell’attuale sport di alto livello, è normale svolgere volumi elevati di allenamento in una o più sedute di allenamen-to quotidiane, ma anche in più sedute consecutive in un microciclo. Perciò, in esso, la rigenerazione ed i mezzi emetodi impiegati a tale scopo svolgono un ruolo fondamentale nel miglioramento, nella stimolazione e nella stabi-lizzazione della capacità di prestazione. Per la loro utilizzazione efficace però è necessaria una definizione unitariadei concetti ed una conoscenza di quali siano tali mezzi e metodi. Per questa ragione, dopo avere illustrato cosas’intenda per rigenerazione e la necessità che essa venga integrata organicamente nei piani di allenamento, vengo-no trattati gli obiettivi generali che si vogliono ottenere con essa; i diversi livelli degli effetti che possono essereraggiunti grazie ai mezzi che vengono utilizzati ed i principi biologici sui quali si basano. Viene inoltre illustratoquando questi mezzi debbono essere utilizzati e quale ne debba essere il dosaggio. Infine, vengono sinteticamentetrattati i singoli mezzi e metodi di rigenerazione ed i problemi che vengono posti dall’inserimento di un’unità dedi-cata alla rigenerazione nel piano di allenamento.

Foto Vision

Page 20: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

20

1. Cosa s’intende per rigenerazione

Se si parla di rigenerazione o di ristabili-mento di tutte le strutture, i tessuti e/o gliorgani, occorre distinguere se si parla di“recupero” dopo uno stimolo fisiologico(ad es. di allenamento), o di ristabilimento(riabilitazione) dopo uno stimolo patologi-co (trauma). In questo lavoro non parlere-mo del ristabilimento (riabilitazione) suc-cessivo ad uno stimolo patologico (cioè adun trauma).Se partiamo da uno stimolo fisiologico,allora significa che stiamo parlando delrecupero tra diverse frequenze ed unitàd’allenamento o del recupero dopo unagara. Le pause dovrebbero essere sempresvolte completamente e le unità d’allena-mento dovrebbero essere ripetute soloquando l’organismo ha completamenterecuperato! Però, nasce subito la domanda se questorecupero sia davvero possibile nello sportdi alto livello. La risposta a questa doman-da è una sola ed è negativa. Se lavorassi-mo seguendo solo il principio del recuperocompleto e, soprattutto, se si tenesseconto di questo principio nella pianifica-zione delle gare, saremmo costretti a can-cellare molte unità d’allenamento (UA). Sesi dovessero raggiungere condizioni asso-lute di recupero di tutte le strutture sareb-be impossibile svolgere un allenamentocontinuativo. Nell’allenamento d’altissimolivello si lavora con le cosiddette pausevantaggiose. Se si svolgono unità d’allena-mento ogni due, tre giorni, si ottiene unmiglioramento a livello generale dellacapacità di prestazione, ma non si rag-giungono certo risultati di livello mondiale.Oltre che dalle elevate richieste d’allena-mento, i problemi derivano dai calendari digara, soprattutto dalla mescolanza traallenamento e gare. Ed è molto difficilestrutturare il rapporto tra carico e recupe-ro in modo tale che non si produca unsovraccarico. Spesso, il mancato rispettodei tempi e delle misure di rigenerazionerappresenta il punto di partenza della sin-drome da superallenamento. Si verificanouna diminuzione del rendimento dell’atletae vari altri sintomi. Tutti conoscono il pro-dursi di squilibri muscolari, di microtraumia carico dell’apparato locomotore e di unadepressione del sistema immunitario. Perquesta ragione, le discussioni su quale siail rapporto tra salute, sport competitivo esport d’altissimo livello sono sempre all’or-dine del giorno.Che cosa possono fare tutti coloro chevivono nel mondo dello sport (atleti, alle-natori, dirigenti, ecc.) per incidere positiva-mente in questa discussione? I nostri com-piti sono: applicare metodi d’allenamento

puliti, migliorare la prevenzione dei traumied i processi di rigenerazione, realizzareun’assistenza medica anch’essa pulita.Quest’articolo tratterà soltanto della rige-nerazione nello sport d’alto livello, sullabase sia della letteratura, sia delle mieesperienze pratiche personali come fisiote-rapista della Federazione tedesca di scher-ma, fin dal 1988. Quando si parla di misure di rigenerazioneoccorre distinguere quelle attive da quellepassive. In queste ultime l’atleta viene sot-toposto a tecniche come massaggi, calore,sonno, ecc., mentre quando si parla dimisure attive si deve pensare a pratichecome la corsa di defaticamento, la ginna-stica di compensazione e funzionale, letecniche di rilassamento, ecc. Misure attivee passive dovrebbero essere distribuiteequilibratamente. Fondamentalmente èsbagliato andare solo in una direzione: videve essere sempre una mescolanza tratecniche attive e passive. I loro vantaggi esvantaggi dipendono da vari fattori: illivello d’allenamento o di recupero di unatleta, il programma d’allenamento, la pia-nificazione delle gare e il loro svolgimento,lo stato mentale, la vittoria o la sconfitta,la predisposizione a traumi e il pericoloconcreto di subirli e, in una certa misura,anche le preferenze personali.

2. Quali sono gli scopi generalidella rigenerazione?

È impossibile definire una successione sta-bile. Gli obiettivi di un metodo e di un ciclodi rigenerazione (cfr. il Riquadro 1) dipen-dono da questi fattori:- situazione di allenamento e di gara;- costituzione fisica e, naturalmente, - la persona stessa dell’ “atleta”.

3. Quali sono i diversi processie sistemi sui quali si ottengonoeffetti rigenerativi?

Questa descrizione e suddivisione deidiversi processi e sistemi sui quali si otten-gono effetti di rigenerazione vuole esseresoltanto un’esposizione nella quale non visono contrapposizioni qualitative. Deveessere ben chiaro che è possibile ottenereun’attivazione ed un incremento della pre-stazione solo se si persegue una rigenera-zione integrata a livello dei vari processi esistemi. Anche in questo caso, l’atleta vaconsiderato nella sua unità.

I processi biochimici

Il “ristabilimento dell’omeostasi sul pianobiochimico” è oggetto di discussioni molto

• Demolizione dei prodotti del metaboli-smo ed accelerazione dell’anabolismo(riduzione del periodo catabolico, dimi-nuzione del carico catabolico).

• Accelerazione del ristabilimento dell’o-meostasi biochimica.

• Normalizzazione dell’omeostasi neuro-vegetativa e della psicoregolazione.

• Prevenzione degli infortuni e riduzionedi microtraumi.

• Miglioramento ed accelerazione deldefaticamento, sia psichico che fisico,dopo carichi.

• Riduzione od eliminazione di squilibrimuscolari.

• Scarico delle strutture sottoposte asollecitazione: capsule articolari-lega-menti, cartilagini-ossa, muscolo-tendi-ni, cute, tessuti connettivi e di soste-gno, sistema nervoso centrale e perife-rico.

• Eliminazione di contratture e di stati ditensione (anche mentale) e di dolori.

• Diagnosi: l’applicazione sull’atleta deitrattamenti finalizzati al ristabilimentoha anche un elevato valore diagnosticoe fornisce molte informazioni. È impor-tante lavorare in modo meticoloso esforzarsi di percepire ed elaborareinsieme (nel team) anche informazioniminime (tensioni, comunicazione).

Si tratta non soltanto di rilevare datiattraverso la palpazione, ma anche diosservare processi motori, di misurarel’ampiezza di un movimento e, adesempio, del rilevamento di alterazioniartrocinematiche, dolori, ecc.

• Osservazione comportamentale siadurante sia dopo l’allenamento e lagara, (assunzione di fluidi, assunzionedi alimenti, emozioni, riscaldamento edefaticamento).

• Sostegno dello stato immunitario eddella situazione ormonale.

• Ristabilimento della mobilità delle arti-colazioni, dei muscoli e delle fasce.

• Ristabilimento del sistema neuromu-scolare (comportamento del tonomuscolare, contrattilità, percezione deimovimenti, coordinazione).

• Miglioramento della percezione delcorpo grazie all’armonizzazione deglistimoli.

• Preparazione alla successiva unità diallenamento od alla successiva gara.

• Miglioramento della resistenza aerobi-ca e con essa della stato generale difitness, in quanto migliore è la resi-stenza aerobica, migliore è la capacitàdi rigenerazione.

• Stato di benessere come stabilizzatoredella prestazione.

Riquadro 1 – Gli scopi della rigenerazione

Page 21: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

21

accese. Proprio sull’eliminazione del latta-to sono noti molti lavori (Pbast, Lehnart,Steitinger 1984, Engel 1986 e Blum 1986),ma ci sono anche altri lavori che riportanorisultati contrastanti. È il caso dei risultatidi uno “studio” inglese pubblicati in unarticolo in Focus (1997), nel quale si affer-ma che il massaggio non avrebbe alcuneffetto sull’eliminazione del lattato. In questa discussione occorre distingueretra un processo puramente temporale e ilprocesso vero e proprio di demolizione dellattato. Per la maggior parte delle struttureè positivo se il picco di carico agisce sul-l’organismo per il minore tempo possibile.In una struttura affaticata l’afflusso disangue, i processi di diffusione ecc., ven-gono alterati da cambiamenti del tono, davariazioni della permeabilità delle mem-brane cellulari e da processi d’infiamma-zione. Perciò i normali processi metabolicinon si possono svolgere senza alterazioni. Nel caso d’esaurimento si producono addi-rittura alterazioni patologiche, a causadelle quali non è possibile un ristabilimen-to completo. Ne conseguono un trauma inun tessuto e/o un’alterazione dei processid’adattamento. In questi stati eccezionali(di stress puro), se si applicano misure dirigenerazione (naturalmente nella giustadose) sicuramente si possono ottenereeffetti positivi.Gli scopi da ottenere sono un incrementodei processi metabolici ed un’accelerazionedel riassorbimento dei loro prodotti. Inquesto modo viene eliminata una quantità

maggiore di lattato, e si migliora la libera-zione di energia. Si produce un recuperopiù rapido e con esso un miglioramentodella prestazione (cfr. anche Riquadro 2).

L’irrorazione sanguigna generale e locale

Lo scopo delle misure di rigenerazione èottenere un’iperemia locale a largo raggio,sia negli strati superficiali, sia in quelliprofondi dei tessuti. Le misure passiveaumentano fino a cinque volte l’irrorazio-ne sanguigna, quelle attive addiritturaquattordici volte. Questo aumento dell’af-flusso di sangue viene provocato dall’allar-gamento del lume dei capillari pervi, deipre-capillari, delle venule, delle arteriole,come anche dei vasi più grandi. Si provo-cano anche una capillarizzazione (aperturadi capillari chiusi) ed un’accelerazionedella corrente ematica e linfatica (azionedi depressione e di pompa). Questi processisi svolgono nella pelle, nella muscolaturae, per via riflessa, anche in tessuti ed orga-ni che si trovano a profondità maggiore.

Gli effetti sul sistema nervoso

Vi sono effetti sul piano sensoriale, moto-rio ed anche vegetativo del sistema nervo-so centrale e periferico:

- azione localizzata, azione generalizzata(neurovegetativa e psicoregolatoria);

- equilibrio neurovegetativo;- regolazione del tono vascolare e muscolare;

- stimolazione meccanocettiva per armo-nizzare il tono;

- variazione dello stato dell’umore;- alleviamento del dolore (effetto di coper-

tura e sovrapposizione, accelerazionedell’eliminazione di sostanze dolorifichee formazione di endorfine);

- regolazione psichica e controllo dei pro-cessi corticali.

Il sistema immunitario

Se le misure di rigenerazione vengonoapplicate con il giusto dosaggio si puòosservare un incremento del numero deileucociti, dei monociti e dei trombociti.L’attività di secrezione basale delle immu-noglobuline e quella stimolata diminuisco-no. In generale, si può affermare che lemisure di rigenerazione hanno un effettoarmonizzante sul sistema immunitario.

Le fasce

Le fasce formano un’unità tissulare che siestende dal corpo alla testa, ma anche dal-l’esterno all’interno. Non esiste alcuna interruzione nella lorounità ed anche le loro inserzioni sullestrutture ossee sono solo zone di collega-mento o di transizione. Sono presenti atutti i livelli, avvolgono le strutture anato-miche, ma penetrano anche al loro interno(funzione di sostegno). Formano così uninvolucro, che modella la forma anatomicadel corpo. Sono in grado di adattarsi facil-

Nel moderno allenamento di alto livello, la rigenerazione è importante almeno quanto l’allenamento. Una rigenerazione corretta servea assimilare meglio il carico e permette che si possa applicare immediatamente il carico successivo. Durante il periodo di rigenerazionel’organismo ha l’opportunità di adattarsi agli stimoli del carico. Inoltre, occorre sempre ricordare che le principali modificazioni nell’or-ganismo che producono l’incremento della capacità di prestazione, in gran parte, non si svolgono durante il lavoro di allenamento, manella fase di rigenerazione. Per potere valutare oggettivamente il grado di rigenerazione dell’organismo, normalmente si determinaquale sia lo stato funzionale catabolico-anabolico, misurando il tasso di insulina ed il cortisolo. Un tasso più elevato di insulina, accom-pagnato da una diminuzione della concentrazione di cortisolo, dopo un carico elevato è un’indicazione che nell’organismo domina unostato di anabolismo (cfr. tabella). Informazioni sullo stato anabolico o catabolico dell’organismo, si ottengono anche dal quoziente tracortisolo e testosterone libero. Ad esempio, dopo un carico della durata di più ore (superiore a quello di una maratona) la concentrazio-ne di testosterone libero può diminuire e quella del cortisolo aumentare di un fattore da 2 a 4. Se per allenarlo si vuole applicare sul-l’organismo un nuovo carico, evitando di danneggiarlo, è importante che domini una condizione di anabolismo e che il nuovo cariconon rafforzi quella di catabolismo.

Definizione delle condizioni di metabolismo anabolico e catabolico

Condizione di metabolismo catabolico Condizione di metabolismo anabolico(dominano processi di distruzione) (dominano processi di costruzione)

Insulina diminuisce Insulina aumentaCortisolo aumenta Cortisolo diminuisceUrea sierica aumenta Testosterone aumentaCreatinchinase aumenta (nel caso fosse scarso)Aminoacidi diminuiscono Urea sierica diminuisceAmmoniaca, acido urico aumentano Creatinchinase diminuisceImmunoglobuline aumentano Aminoacidi aumentano

Riquadro 2 – La regolazione ormonale

Page 22: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

22

mente ed assumono importanti funzionifisiologiche:

- sostengono la postura;- avvolgendo gli organi ne garantiscono

l’integrità anatomica;- rappresentano un sistema di trasmissio-

ne delle forze che concorrono alla realiz-zazione di movimenti coordinati;

- svolgono una funzione d’ammortizzazio-ne e di protezione dai traumi;

- regolano il metabolismo;- regolano il sistema immunitario.

Esse posseggono la cosiddetta memoriacellulare. Lavorano con movimenti ritmicie come memoria cellulare registrano tuttele distorsioni e le forme di carico erratoche, in certa misura, sono in grado diassorbire e correggere. Però, se vengonosuperati certi limiti si producono processipatologici e/o degenerativi. La loro “mobilità” è importante, in quantosolo grazie ad essa una persona può fun-zionare in modo flessibile su tutti i pianidella percezione, dell’attivazione e delristabilimento e realizzare o mantenereprestazioni di massimo livello.Perciò nell’ambito della rigenerazione ven-gono utilizzate sempre più tecniche dell’o-steopatia, della terapia cranio-sacrale e delmassaggio.

Il sistema scheletrico

La mobilità delle ossa e delle articolazionipuò essere migliorata servendosi di tecni-che della terapia manuale, dell’osteopatia,delle tecniche di stretching e d’allunga-mento muscolare con movimenti attivi. Inquesto modo diminuisce la pressione sullearticolazioni e sulle aponeurosi.

L’unità capsula articolare-legamenti

L’unità capsulo-legamentosa è importantein tutti i movimenti articolari e nell’attiva-zione della muscolatura, in quanto rappre-senta un sistema che regola e limita l’am-piezza di movimento.L’armonizzazione del tono e del metaboli-smo all’interno dell’unità capsulo-lega-mentosa, come anche il miglioramentodella sua mobilità, si ottiene attraverso lapressione e la trazione (allungamento) chevengono esercitate su di essa. Se si miglio-ra la funzionalità dei meccanocettori (per-cezione della posizione e dei movimentinello spazio) l’intero organismo riesce atollerare carichi maggiori e sforzi più rapi-di: solo un corpo che dispone di un’ade-guata capacità di percezione può entrarein relazione ed in armonia con il suoambiente e funzionare adattandosi adesso.

La muscolatura

La muscolatura, essenzialmente, svolgedue compiti: produce movimento graziealla sua contrazione e lo controlla attra-verso la regolazione del tono. Tra contra-zione e decontrazione vi deve essere unequilibrio. Per trovarsi in condizioni otti-mali di lavoro, la muscolatura ha bisognodi trovarsi uno stato adeguato di tensionee rilasciamento (lunghezza di lavoro), con-dizione che non può essere mantenuta instato d’affaticamento. A seconda del livellodi affaticamento o di esaurimento vi puòessere uno stato di ipertonia od ipotoniamuscolare.In un muscolo ipertonico si nota unaumento dell’attività dei motoneuronigamma. Se intervengono forze che loallungano e lo deformano si innesca un’at-tività dei motoneuroni alfa che provocauna diminuzione del tono nelle fibre intra-fusali. Questo processo aumenta nel casodi un allungamento intenso del muscolo inquanto, attraverso i recettori tendinei,vengono attivati gli impulsi inibitori. Quin-di il presupposto è un’esecuzione dosata,che non provochi dolore (pain memory). In un muscolo ipotonico le forze che loallungano provocano un miglioramentodell’eccitazione neuromuscolare.Quando si applicano tecniche per il ristabi-limento sul e nel muscolo occorre tenereconto di quanto segue:

- la muscolatura è composta di un’unitàcontrattile ed un’unità non contrattile,ciascuna con le sue funzioni, che, soprat-tutto, mostrano differenze nell’adatta-

mento ai carichi e nel recupero successi-vo ad essi. Ciò può essere spiegato dadiversità nei processi metabolici e nell’in-nervazione:

- un muscolo ipertonico non è benapprovvigionato e quindi debole;

- l’alterazione di un muscolo si ripercuotesui suoi antagonisti e sinergici. Quindil’alterazione non va mai consideratalocale, ma coinvolge l’intera catenamotoria (catena muscolare). Ne derivanosquilibri muscolari;

- durante il processo specifico d’allena-mento si formano i cosiddetti stereotipimotori, che producono anche essi squili-bri muscolari. Questi vanno ridotti od eli-minati con cautela, in quanto inevitabilied in alcuni casi assolutamente necessari(accorciamento del m. ileopsoas negliostacolisti). Comunque, se si voglionoevitare situazioni patologiche, occorremantenerli al livello minimo;

- la forza globale di una catena motoriaviene determinata dal suo elemento piùdebole;

- è necessario che non ci si fossilizzi suuna definizione di dolore muscolare(chiediamoci se quando discutiamo deidolori muscolari, intendiamo tutti lastessa cosa). Invece, occorre partire dall’i-dea che il dolore muscolare deriva da unmisto di alterazioni biochimiche, mecca-niche, neuro muscolari e nervose. Per cuiè importante che chi cura l’atleta neindividui le cause, in allenamento, ingara, durante la rigenerazione, per inter-venire con il trattamento adeguato ed,eventualmente, impedire che si ripeta(cfr. Riquadro 3).

Per lungo tempo, le cause dell’affaticamento muscolare del quale si lamentavano gliatleti, e che veniva compensato con varie misure di carattere medico, erano quasi igno-te. Ora, grazie a ricerche condotte attraverso biopsie muscolari è stato accertato checarichi inabituali possono produrre lacerazioni delle fibre muscolari e distruzione dellemembrane cellulari. La forma più lieve di questi disturbi è il dolore muscolare, ben notonon soltanto agli atleti e che, diversamente da quanto si credeva comunemente, non hanulla a che fare con l’eccesso di acido lattico nel muscolo. Una conseguenza di questealterazioni strutturali è l’elevato incremento della creatinchinase (CK). Però, non tutti gliincrementi del valore del CK, sono espressione di distruzioni ultra strutturali, speciequando ammontano solo a 4-5 volte i valori medi di allenamento. Comunque, le altera-zioni strutturali e funzionali maggiori sono prodotte da carichi muscolari non abituali ditipo eccentrico, come ad esempio, correre su una superficie dura od in discesa. Anchecarichi estremi come quelli di una maratona, di un Ironman, od una corsa su 100 km,alterano il potenziale di trasformare energia per via aerobica a causa del bisogno pro-lungato di energia. Per questa ragione, il tempo necessario per la rigenerazione è moltopiù lungo di quello che sarebbe richiesto dalla semplice ricostituzione delle riserve diglicogeno. La rigenerazione di una muscolatura intensamente sollecitata, che rappre-senta l’aspetto di massima importanza in quella dell’organismo, viene favorita da misu-re di carattere metodologico, dietetico e fisioterapeutico, che vanno sempre considerateed anche applicate nel loro complesso. Lo scopo principale è, e resta la possibilità diripetere il carico nel quadro dell’allenamento abituale.

Riquadro 3 – La rigenerazione delle cellule muscolari

Page 23: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

23

4. Quando vanno applicati i varimetodi per la rigenerazione e come vanno dosati?

Se si vuole trovare il giusto dosaggiooccorre che il trattamento venga discussocontinuamente e precisamente nel team,formato dall’atleta, dall’allenatore e dalfisioterapista.Questi i punti che devono essere conside-rati:- quali sono i carichi specifici e l’osserva-

zione precisa delle zone interessate dalcarico;

- il momento dell’applicazione;- l’intensità del metodo;- l’ampiezza della terapia (terapie combi-

nate ecc. L’intreccio tra terapia ed allena-mento può essere sensato, ma occorreche si rifletta bene per evitare contrasti);

- la situazione e la pianificazione dell’alle-namento e delle gare (è importanteanche fare un bilancio dei successi);

- le condizioni fisiche e psichiche dell’atleta;- anche gli interventi atti alla rigenerazio-

ne richiedono e provocano meccanismid’adattamento e possono costituire essistessi un “carico” ed essere “stancanti”,perciò il loro calendario deve essere pia-nificato molto precisamente, per non“decompensare” a lungo (ed ulteriormen-te) l’atleta.

Ogni componente del gruppo dovrebbeessere in grado di fornire il suo contributo.Però ciò è possibile solo se vi è un accordochiaro su quali sono le competenze di cia-scuno e se vi è stata una chiara definizionedegli obiettivi per un periodo abbastanzalungo. Solo collaborando è possibile otte-nere successi straordinari. Ci deve essereuna distribuzione dei compiti ed occorreche le misure di rigenerazione venganoassolutamente integrate nell’allenamento.Un suggerimento: se si vuole impedirequalsiasi associazione mentale con lemalattie, non si deve mai parlare di terapiarigenerativa.

Un compito importante dei fisioterapisti èdefinire quali sono il momento, il tipo el’intensità delle misure di rigenerazione. Lefonti d’informazione che hanno a disposi-zione sono:- lo scambio d’informazioni con atleta ed

allenatore (colloqui, anamnesi);- l’osservazione della mobilità delle singole

articolazioni e/o catene articolari, duran-te e dopo l’allenamento (un fisioterapistadovrebbe osservare regolarmente gli alle-namenti ed, ovviamente, le gare);

- l’esame della funzionalità dei muscoli(manuale o con apparecchiature) direttoa stabilirne la forza e la lunghezza, lamisurazione della mobilità delle articola-

zioni (soprattutto delle articolazioni e deimuscoli che sono sottoposti a maggioresollecitazione), l’analisi precisa dei movi-menti e l’osservazione dell’esecuzione dicompiti di movimento non specifici dellosport praticato. È importante stabilirecriteri quantitativi e qualitativi. Il calen-dario di questi test dovrebbe essere sta-bilito in anticipo; i test stessi dovrebberoessere eseguiti di continuo e non soltan-to quando i risultati o lo stato di salutedegli atleti peggiorano! Essi dovrebberoessere di facile applicazione, ripetibili edovrebbe essere possibile registrarne irisultati in forma semplice e sintetica;

- la compilazione di un diario personale nelquale sono registrate le misure d’allena-mento, di gara e di rigenerazione. In essodebbono essere annotate anche e,soprattutto, le impressioni e le sensazionipersonali. Questo lavoro è molto utile perdefinire nuovi piani, esaminare l’efficaciadelle singole misure di ristabilimento edimpedisce errori d’allenamento ed errorinell’applicazione delle misure di rigene-razione. Tale diario personale, sul quale siannotano risultati ed impressioni perso-nali deve essere tenuto non solo dall’a-tleta, ma anche dal fisioterapista;

- le informazioni acquisite grazie alla pal-pazione: un’enorme fonte d’informazioneè costituito da quelle informazioni che siottengono manualmente, palpando lamuscolatura per valutarne la tensione,esaminando la mobilità e l’escursionedelle articolazioni. Se riesce ad interpre-tarle in modo adeguato, il fisioterapistasente la situazione di tensione – e la farilevare all’atleta, migliorandone la per-cezione corporea – e trova con precisio-ne le regioni nelle quali c’è un trauma osussiste un rischio di traumi. Molto utilisono le palpazioni alla ricerca dei trigger

point e dei tender point. Così, ogni voltaun massaggio diretto alla rigenerazionediventa un mezzo per esaminare lamuscolatura dell’atleta.

Per stabilire il momento, il tipo ed ildosaggio del trattamento occorre tenereconto:- delle fonti d’informazione citate prece-

dentemente;- dei protocolli d’allenamento e dei para-

metri del carico, - ma anche delle nozioni teoriche che

seguono.

I principi dell’adattamento biologicoTenendo conto del diverso livello indivi-duale di prestazione;(1) lo stimolo di allenamento agisce (2) perun certo periodo, portando necessaria-mente ad una fase d’affaticamento (3) che,alla fine dell’unità di allenamento, (4) èseguita da una fase di recupero. Per effet-to dell’allenamento (5) verso la fine delperiodo di recupero, si determina un supe-ramento del livello iniziale, la cosiddettasupercompensazione che è la base dell’in-cremento della prestazione (figura 1).È importante sapere che i diversi sistemistrutturali presentano tempi di recuperoanch’essi diversi (figure 2 e 3 e tabella 1).Per un’adeguata riuscita dell’allenamentosono importanti intensità, durata e fre-quenza, ma anche le misure messe in attoper la rigenerazione. Il momento ottimaleper la loro applicazione è quello della fasedi recupero, se non addirittura quello dellafase di supercompensazione.Nella pianificazione dei contenuti globalidell’allenamento, ha dato esiti positivi uti-lizzare i tempi della rigenerazione musco-lare come criterio per definirne l’intensità,la durata e la frequenza. Negli atleti questitempi sono:

Figura 1 – Il principio dell’adattamento biologico allo stimolo rappresentato dal carico(da Geiger 1992)

Page 24: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

24 Le strutture di tessuto connettivo che tra-smettono le forze all’interno ed all’esternodella muscolatura hanno bisogno di untempo di rigenerazione notevolmentemaggiore del muscolo (figura 2). Ciò èdovuto al fatto che queste strutture, a dif-ferenza della muscolatura che è ben irro-rata di sangue, sono quasi prive di vasi ed iprocessi metabolici avvengono attraversomeccanismi di diffusione. Per cui anche glistimoli muscolari voluti e finalizzati alungo andare possono danneggiare il tes-suto connettivo e di sostegno, indebolen-do così la muscolatura e provocando dimi-nuzioni della forza per la cosiddetta insuf-ficienza attiva, micro e macro traumi neimuscoli e nelle fasce muscolari, tendiniti etraumi a carico delle inserzioni (carichieccessivi od errati).Per migliorare lo svolgimento dei processidi adattamento del sistema motorio passi-vo ed attivo, sono necessarie le seguentimisure:- inserimento delle cosiddette fasi di rige-

nerazione e stabil izzazione di tipocostante: queste fasi debbono esseretanto più lunghe quanto più intensivaera stata la fase precedente di potenzia-mento muscolare. Si arriva ad un cam-biamento delle forme e dei contenutidell’allenamento;

- esercizi di allungamento e decontrazioneper rendere ottimale l’equilibrio tra strut-ture passive ed attive del muscolo;

Ricostituzione completa delle riserve di creatinfosfato muscolare 4-6 minRitorno ai valori iniziali della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa 20 minCompensazione della mancanza di zuccheri, dopo l’assunzione di carboidrati con produzione

di un aumento momentaneo del tasso di zuccheri nel sangue 20-30 minRaggiungimento di uno stato di equilibrio acido-basico, diminuzione della concentrazione

di lattato sotto le 3 mmol/l 30 minScomparsa dell’inibizione della sintesi proteica nella muscolatura sollecitata 60 minPassaggio dalla condizione catabolica a quella anabolica; aumento dell’utilizzazione

delle proteine per la rigenerazione e l’adattamento 90 minPrevalenza del ristabilimento delle funzioni della muscolatura affaticate. 2 hCompensazione del contenuto di fluidi, normalizzazione dei rapporti tra componenti solide e liquide 6-10 hRicostituzione delle riserve di glicogeno epatico 1 giornoRicostituzione delle riserve muscolari di glicogeno nella muscolatura più intensamente sollecitata 2-7 giorniRicostituzione delle riserve muscolari di grassi (trigliceridi) 3-5 giorniRigenerazione delle proteine muscolari parzialmente distrutte 3-10 giorniRicostruzione della struttura dei mitocondri nei quali essa è stata alterata

(graduale recupero della completa capacità di prestazione muscolare) 7-14 giorniRecupero psichico dallo stress globale dell’organismo prodotto dal carico e possibilità

di ripetere la prestazione sportiva complessa negli sport di resistenza di breve, media e lunga durata (ma non nella maratona o l’extramaratona ed il triathlon) 1-3 settimane

Tabella 1 – Durata dei processi di rigenerazione dopo carichi sportivi

Figura 2 – I diversi tempi di ristabilimento del tessuto muscolare, connettivo ed osseodopo la somministrazione di un carico (da Geiger 1992)

Figura 3 – I diversi tempi di rigenerazione delle diverse reazioni all’affaticamento(da Geiger 1992)

•allenamento estensivodella resistenza: 12 ore

•allenamento intensivodella resistenza: 24 ore

•allenamentodella resistenza alla forza: 24 ore

•allenamentodella forza massima 36 ore

(Geiger 1992)

Page 25: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

25

- eliminazione di stati di ipertonia, perimpedire inutili e lunghe alterazioni delmetabolismo e della mobilità muscolare;

- utilizzazione di fattori fisici quali pressio-ne, trazione e contrazione, grazie allequali aumenta la capacità di carico ditutte le strutture. L’utilizzazione didosaggi troppo elevati porta a dolori ed astati di ipertonia delle strutture circo-stanti (circuiti riflessi artrocinestetici).

- evitare sostanze nocive (alcool, farmaci,ecc.).

Il principio della guarigione fisiologicadelle feriteQuando si applica una misura di rigenera-zione, per stabilirne dosi e frequenze, sidebbono possedere nozioni sulla “guari-gione delle ferite” e sui tempi di ristabili-mento dei tessuti. Soprattutto dopo cari-chi molto elevati, eventualmente già inpresenza di microtraumi, possono essereevitati errori nei dosaggi e soprattuttonella scelta delle tecniche di rigenerazione(figura 4).Questa la suddivisione delle fasi:1. la fase infiammatoria (flogistica)

da 0 a 49 ore;2. la fase di proliferazione

da 2 a 21 giorni;3. la fase d’organizzazione

o di adattamento da 21 fino a 300/500 giorni.

Chi effettua il trattamento deve sapere inquale fase si trovano l’atleta o, specifica-mente, le strutture sollecitate, in quantone derivano notevoli differenze per quantoconcerne i dosaggi. Fondamentalmentevanno tenuti in considerazione questi sug-gerimenti:- durante la rigenerazione, non trattare

mai lo stress con lo stress;- non è positivo usare sempre gli stessi

trattamenti;- durante la fase di infiammazione debbo-

no essere scelte solo misure leggere, diavvio. Vanno evitati al massimo dolori estati ipertonici, in quanto lo scopo è diprodurre un’azione sedativa e di armo-nizzazione dei processi di ristabilimento;

- per quanto concerne il dosaggio, maanche il tipo di stimolazione, nella faseinfiammatoria è necessaria l’alternanza.“Stimoli leggeri” significa adatti allo statogenerale della persona e specifici dei tes-suti!

- Occorre “comunicare” con i tessuti (tatto,mobilizzazione).

Il principio dell’afferenza e dell’efferenzae la loro armonizzazioneUno degli scopi principali del ristabilimen-to è quello di armonizzare le informazioniafferenti nel sistema nervoso. Parliamo

della ricezione delle informazioni e dellaloro trasmissione verso il centro.Solo una percezione armonica della globa-lità delle strutture ci mette in grado dieseguire azioni efficaci (di livello elevato eprotratte nel tempo). Per quanto riguardail sistema motorio parliamo del sistemapropriocettivo, che è responsabile dellapercezione della postura, del movimento,della forza e delle posizioni assunte da uncorpo nello spazio. I recettori si trovanoall’interno ed attorno all’articolazione,nella pelle, nel muscolo e negli organi ten-dinei. Strutture con funzioni simili si tro-vano in altri organi e sistemi. Dopo uncarico questi sistemi sono “affaticati” edeventualmente “inondati” da un flusso diinformazioni. L’idea guida della rigenera-zione dovrebbe essere quella di riequilibra-re afferenze ed efferenze. L’eccesso di sti-moli va ridotto al minimo e deve esserealleggerito il lavoro degli organi deputatialla ricezione dell’informazione.Tutti i componenti del team devono pos-sedere queste nozioni fondamentali e,durante gli interventi atti alla rigenerazio-ne, debbono anche essere in grado di indi-viduare quale è lo scopo delle singole tec-niche da loro applicate.

5. I diversi metodiper la rigenerazione

Qui di seguito vengono elencate i piùimportanti metodi utilizzati per la rigene-razione, che conosco personalmente e cheapplico con gli atleti. Per me è importantefare un’esposizione neutrale delle diversepossibilità, senza metterle a confronto fraloro.

Il massaggio defaticante

Si applica dopo il lavoro di defaticamentodell’atleta, il quale si sottopone al massag-gio dopo essersi “raffreddato” (Cool Down)e dopo una doccia diretta a favorire larigenerazione. Il massaggio ha come obiet-tivi primari mobilitare le scorie metaboli-che, ristabilire il tono normale e svolgereun’azione sedativa sul sistema nervosovegetativo. Le zone più sollecitate e lemiogelosi rilevate vanno trattate immedia-tamente. Il massaggio di defaticamento siconcentra soprattutto sulle zone “affatica-te”, ma spesso viene eseguito sotto formadi massaggio globale. Allora si produce uneffetto a livello del sistema nervoso(motorio, vegetativo e mentale) e sul siste-ma umorale. Il massaggio ha un’azionesedativa, che favorisce il sonno. Di ciòoccorre tenere conto nello stabilirne ilmomento (sera, distanza dal successivoallenamento e/o gara, ecc.). Il trattamentodura da 20 a 60 min e dovrebbe essereapplicato tre volte la settimana. Nel casodi situazioni di allenamento e di garaestremamente impegnative si consiglia diricorrere ad esso quotidianamente, alter-nando il trattamento delle zone più solle-citate con un massaggio completo. Spessoviene combinato con tecniche del massag-gio classico, del massaggio connettivale,del trattamento dei trigger point. Per il defaticamento è importante anche illinfodrenaggio, che viene applicato proprioin presenza di dolori muscolari e di stati diesaurimento acuti. Gli effetti positivi e rie-quilibranti sul sistema neurovegetativo,sull’umore e sulla distribuzione dei fluidicorporei sono evidenti.

Le tecniche e le misure terapeutichebasate sul movimento

Con esse s’intendono tutte quelle misurepassive, coadiuvanti ed attive il cui impie-go permette di abbreviare il tempo di rige-nerazione.

Il defaticamento (Cool Down)Si tratta di queste tecniche:- corsa, bicicletta, nuoto di defaticamento

(molto efficace grazie alla pressione idro-statica) e movimenti in acqua. Vannoapplicati carichi molto leggeri (come inun allenamento di rigenerazione o dicompensazione).

- Esercizi leggeri di allungamento musco-lare (cfr. L’allungamento muscolare).

- Leggeri esercizi funzionali per le zonesollecitate (con e senza attrezzi).

- Combinazioni tra gli esercizi citati.- Tecniche di rilassamento.Il cooling down deve essere eseguitoimmediatamente dopo il carico e la sua

Figura 4 – Le diverse fasi del processodi guarigione di una ferita (secondovan der Berg)

Page 26: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

26

durata ed intensità dipendono dal carico edallo stato dell’atleta.

L’allungamento muscolareProprio le tecniche di allungamentomuscolare rappresentano materia ampia didiscussione e troviamo molti approcciterapeutici e di allenamento. Comunque,cercheremo di illustrare le diverse tecnichee le diverse opinioni:- anzitutto, occorre distinguere, tra metodi

di allungamento passivo ed attivo, dina-mico e statico;

- il contract-release method (contrazione-rilassamento-allungamento): il muscoloviene cautamente contratto per tre-quattro secondi e quindi, nella fase dirilassamento, viene allungato per circacinque-sei secondi. Questo ciclo vieneripetuto da quattro a cinque volte. Permantenere bassa la sollecitazione e nonaffaticare ulteriormente il muscolo,occorre evitare di raggiungere la sogliadel dolore, contrazioni statiche prolunga-te e carichi di grado estremo;

- gli allungamenti passivi e l’allungamentopost-isometrico sono molto adatti quan-do le limitazioni del movimento sonocausate dalle strutture fasciali (strutturepassive, tessuto connettivo e di soste-gno). Si produce una grande sollecitazio-ne del muscolo con i corrispondentifenomeni di affaticamento. Allungamentipassivi (troppo) intensi possono portaread uno squilibrio tra strutture attive epassive e ad una diminuzione di rendi-mento (lacerazioni della fasce, perdita ditessuto di sostegno);

- l’impiego di strutture nervose corticali esubcorticali nell’allungamento muscolareporta ad un’azione di allungamento piùintensa e duratura. Si ottiene anche unastabilizzazione della posizione di massi-ma escursione articolare individuale rag-giungibile senza oltrepassare la soglia deldolore. Grazie all’impegno di strutturecorticali, oltre ad un’armonizzazione deltono si produce un miglioramento dellamobilità, un’eliminazione degli squilibrimuscolari ed un rafforzamento dellacatena motoria;

- l’allungamento in condizioni eccentriche(cosiddetto “allungamento a pompa”) haun’azione di mobilitazione e rafforza-mento notevole. Il muscolo viene note-volmente sollecitato (coordinazione).

Le regole auree per applicare l’allunga-mento di rigenerazione sono:- fare un lavoro leggero, senza raggiunge-

re la soglia del dolore;- evitare allungamenti prolungati, altri-

menti si producono affaticamento ediminuzioni di tono troppo intensi (peri-colo di traumi);

- elaborare obbligatoriamente un pro-gramma (prefissato nelle modalità disvolgimento, riscaldamento e defatica-mento);

- dopo l’allungamento, la nuova ampiezzadi movimento raggiunta deve esseresempre stabilizzata.

Ginnastica funzionale/ginnastica per il dorso/addominali-gambe-gluteiQuesti esercizi di ginnastica si pongono loscopo di:- eliminare squilibri e stereotipi motori

specifici dello sport praticato;- migliorare il movimento della muscola-

tura accorciata;- stabilizzare le zone sollecitate;- rafforzare la muscolatura del tronco;- armonizzare la propriocezione e la coor-

dinazione. Questi esercizi debbono essere inseriti nelprogramma due-tre volte alla settimana.

L’allenamento di resistenza aerobicaIl senso di questo allenamento consiste nelmigliorare il rifornimento di O2 e nell’acce-lerare il metabolismo. In questo modovengono favoriti i processi di recupero.Inoltre l’allenamento aerobico provoca:- un aumento dell’increzione di ormoni

che incrementano la prestazione; - una migliore demolizione dei prodotti

finali del metabolismo;- un recupero più rapido, anche dopo un

carico anaerobico;- un’increzione di endorfine ed di altri

ormoni;- una sedazione del sistema immunitario.

Questo tipo di allenamento può esseresvolto facendo jogging, andando in bici-

cletta, usando un ergometro, ma anchesotto forma di leggero allenamento dellaforza, di ginnastica aerobica o di step.Soprattutto quest’ultima forma di allena-mento dovrebbe trovare maggiore consi-derazione nello sport di alto livello. Infatti,oltre a quello “aerobico”, produce anchediversi altri effetti positivi:- miglioramento della coordinazione grazie

al ritmo ed ai cambiamenti di ritmo;- eliminazione di stereotipi motori;- utilizzazione di leggeri carichi eccentrici

nel settore della resistenza;- divertimento.Non va poi dimenticato l’allenamentoaerobico svolto in acqua (Aquajogging,nuoto), che però richiede una tecnica“pulita” in quanto lavorare in acqua puòalterare i movimenti fini dello sport prati-cato (figura 5).

Esercizi di coordinazione, danza terapeutica ed altri metodi basati sul ritmoQueste forme di esercizio sono eccezionaliproprio per ottenere un’armonizzazionedel tono muscolare e dei processi motori.Vengono rimossi squilibri muscolari e ner-vosi a livello centrale. La concentrazione ei vari processi coordinativi richiesti daqueste forme di esercizio hanno un effettovivificante e provocano un miglioramentodella capacità di apprendimento motorioche si riflette anche su altre forme diapprendimento. Però occorre eliminare resistenze e pregiu-dizi iniziali, dovute al fatto che questo tipodi unità di allenamento può essere moltodivertente.Comunque, è sicuramente sbagliato consi-derare tutte le tipologie di esercizio cheabbiamo citato – ginnastica funzionale,allenamento aerobico, esercizi di coordina-zione, ecc. – solo come unità di allena-mento a carattere rigenerativo. Invecedebbono essere considerate allenamentovero e proprio e/o allenamento compensa-tivo ed essere integrate come tali nel pro-gramma di allenamento stesso.Per eliminare squilibri e contratturemuscolari vengono utilizzati metodi dimiofeedback e di biofeedback. Per primacosa, agli atleti viene fatta prenderecoscienza delle loro contratture e dei lorosquilibri, che successivamente vengonoeliminati ed infine sostituiti da nuovi pro-cessi motori.

La terapia manuale (chiroterapia)

La terapia manuale è una tecnica specialenella quale le superfici articolari vengonoallontanate (trazione) e/o vengono mosseparallelamente tra loro (traslazione). Con la trazione si ottiene:

Figura 5 – La corretta posizionedel corpo in acqua è di enorme importanzanell’Acquajogging

Page 27: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

- un allungamento meccanico;- l’inibizione dei recettori del dolore e la

facilitazione dei recettori del movimento;- il miglioramento del metabolismo delle

strutture articolari e periarticolari;- la riduzione della compressione articolare;- l’armonizzazione delle tensioni muscolari.Inoltre, con la traslazione si ottiene unmiglioramento del movimento in terminidi economizzazione. Vengono migliorati imovimenti di rotazione e scivolamentodei capi articolari. Queste tecniche vengono combinate contrattamenti delle parti molli, esercizi distabilizzazione e programmi di allenamen-to propriocettivo.

Osteopatia e terapia cranio sacrale

Nei trattamenti per la rigenerazione vieneattribuita sempre maggiore importanzaall’utilizzazione di queste tecniche, basatesu un concetto di trattamento globale. Conesse si interviene sulle strutture connetti-vali, nell’intento di correggere processiinformazionali errati e di rimuovere eccessidi sollecitazione nell’organismo. Sononecessari corsi speciali di formazione.

La terapia fisica

La balneoterapiaNe fanno parte queste misure:- docce e frizioni con guanti o spazzole;- bagni terapeutici/bagni rilassanti;- idromassaggi con ultrasuoni, che posso-

no essere molto utili grazie all’azionedella temperatura, della pressione e del-l’azione di massaggio dell’acqua, maanche molto stancanti e possono rappre-sentare una sollecitazione elevata perl’organismo. Questa terapia non dovrebbe essere maiutilizzata a meno di 48 ore da un’unitàd’allenamento faticosa o da una gara.Questo trattamento va usato con cautelaanche in caso di esaurimento intenso.

- Bagno galvanico (trattamento sedativo)- Sauna (attenzione: può avere un effetto

affaticante);- Movimenti settoriali in acqua (senza

bagno completo).

L’elettroterapiaL’efficacia dell’elettroterapia è indiscussanei casi di indurimenti muscolari, di altera-zioni croniche dei tendini d’inserzione, dimiogelosi. Vengono usate applicazioni abassa, media ed alta frequenza.

La termoterapiaLe applicazioni di calore, fondamental-mente, hanno un’azione sedativa, maanche affaticante (locale e centrale). In unprogramma terapeutico può essere inte-

grato efficacemente l’uso di rotoli, bagnicaldi e impacchi caldi.Sono invece controindicate applicazioniprolungate di freddo, in quanto portanoad alterazioni del metabolismo e dellacoordinazione neuromuscolare. Sono utilisoltanto le frizioni con ghiaccio moltorapide, in quanto hanno un effetto rinfre-scante e tonificante. Queste frizioni conghiaccio, semplici da applicare e moltoefficaci, si prestano ad essere utilizzatenelle pause brevi.L’alternanza caldo-freddo nelle docce e neibagni produce un miglioramento delmetabolismo e delle reazioni vascolari. Sipossono usare escursioni termiche diverse(a seconda dello stato di affaticamento,dell’afflusso locale di sangue, ecc.).

I “metodi alternativi”

Ne fanno parte la magnetoterapia, l’ago-puntura e l’agopressione.

L’assunzione di fluidi e di nutrienti

Nella rigenerazione l’assunzione di cibi ebevande è molto importante, ma trattaredettagliatamente questo argomento vaoltre i limiti di questo articolo.

6. Un’unità di rigenerazione: un esempio nella scherma

Anzitutto, occorre affermare che nella rea-lizzazione di un trattamento di rigenera-zione svolgono un ruolo molto importantele preferenze dell’atleta (ma sicuramenteanche del fisioterapista).

Come esempio viene esposto il piano diallenamento-rigenerazione per il periododi una settimana di uno schermitore(tabella 2). L’atleta si trova esattamente asette giorni dalla sua partecipazione aiCampionati mondiali.Ciò comporta:- che l’allenamento deve essere ridotto da

due a tre unità di allenamento quotidia-ne (dal lunedì al sabato), a una o dueunità al giorno a scopo di mantenimento(ad esempio, allenamento di compensa-zione della resistenza);

- che gli stereotipi motori devono esserestabilizzati e non essere modificati ecces-sivamente;

- che devono essere trattati e risolti even-tuali stati dolorosi;

- che devono essere considerati seriamen-te anche i più piccoli cambiamenti;

- che la sicurezza tecnica deve esseregarantita fin nell’ultimo dettaglio;

- che occorre tenere conto del timore del-l’atleta di infortunarsi e di ammalarsi(cosa che in questa fase dell’allenamentosignificherebbe la sua esclusione);

- che le tensioni che ne risultano vannoaffrontate con estrema cautela (ulteriorestress per il suo sistema immunitario).

Traduzione di M. Gulinelli, da Leistungssport, 3,2002, 42-48. Titolo originale: Gezielte Regenera-tion als Leistungsförderer. Revisione tecnica di C.Pesce.L’Autore, R. Valk, fisioterapista, componente delgruppo docenti della Federazione tedesca deglisport per il tema “Fisioterapia dello sport”. Indi-rizzo dell’Autore: R. Valk, Herrenwiesenstrasse,30, 97980, Bad Mergentheim (Germania)

27

Lunedì• Riscaldamento (programma).• Unità aerobica al cicloergometro (1h).• Leggero allungamento della muscolatura

specifica della scherma.• 20 minuti di lavoro di gambe.• Cooling down.• 30 minuti di pausa.• Massaggio rigenerativo combinato con

esercizi leggeri d’allungamento (70 min).

Martedì• Riscaldamento.• 60 minuti di ginnastica funzionale;• 15 minuti di pausa.• Leggero allenamento coordinativo (15

minuti) per le estremità inferiori su unmaterassino morbido.

• Cinque ore di pausa.• Riscaldamento, lavoro di gambe e cinque

combattimenti (circa 90 min).• Quindi massaggio di defaticamento delle

zone sollecitate e leggeri esercizi attivi.

Mercoledì• 120 minuti d’allenamento specifico di

scherma.• Massaggio sott’acqua e bagno galvanico

sedativo.• Passeggiata

Giovedì• Libero (breve presentazione e diagnosi)

Venerdì e sabato • Leggero programma di ginnastica.• Leggero lavoro di gambe.• Massaggio di scioglimento ed allunga-

mento.• Ginnastica funzionale (20 minuti).

Domenica• Libera, ma esame per palpazione, massag-

gio ed anamnesi (molto importante!)

Lunedì• Gara

Tabella 2 – Il piano del carico di allenamento di uno schermitore sette giorni prima della suapartecipazione ai Campionati mondiali

Page 28: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

28

Robert M. Malina, Ph.,Collegio americano di medicina dello sport

Crescita e maturazione

nella ginnastica artistica

Crescita e maturazione di atleti ed atlete

praticanti ginnastica artistica: stato,

evoluzione, problemi

Vengono passati in rassegna i pro-blemi relativi alla crescita ed allamaturazione dei ginnasti e delleginnaste di alto livello, sulla basedegli studi più attendibili sui criteridi selezione, l’allenamento ed altrecomponenti dell’ambiente dellaginnastica artistica. La pratica diquesto sport è un’esperienza soddi-sfacente per la maggior parte deigiovani atleti. Però essa varia, inquanto dipende da una serie di fat-tori. Tra i quali debbono esserecitati la qualità dell’allenamento, ilsostegno dei genitori, l’organizza-zione sportiva, il livello delle com-petizioni, la motivazione, le aspet-tative, ecc. Se nell’allenamentodella ginnastica vi sono rischipotenziali per la crescita e la matu-razione, normalmente essi sonodovuti a carenze nell’alimentazione;ad un clima di dipendenza dall’alle-natore che provoca continui stresspsicologici, emotivi e richieste edaspettative non realistiche, normal-mente associate con una notevoleattività competitiva; al tipo di inte-razioni atleta-allenatore e, in alcunicasi, genitori-atleta.

Foto Vision

Page 29: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

29

Introduzione

Molto spesso, per la loro giovane età moltiatleti praticanti ginnastica artistica, spe-cialmente le ginnaste, sono al centro del-l’attenzione degli ambienti medici, special-mente per ciò che concerne i possibilieffetti di un allenamento sistematico nel-l’inibire la crescita in statura e la matura-zione biologica. Infatti, la minore staturaed il ritardo della maturazione che si rile-vano nelle atlete praticanti ginnastica arti-stica rispetto ai valori di riferimento dellenon praticanti spesso vengono attribuiteall’allenamento intensivo. Lo stesso model-lo di crescita e maturazione è evidente neigiovani ginnasti, sebbene siano di costitu-zione più muscolosa (mesomorfi), mentrele ginnaste, anche se muscolose, sono piùsnelle (ectomorfe-mesomorfe). Però la cre-scita e la maturazione dei giovani ginnastinon godono della stessa attenzione daparte dell’opinione pubblica e dei medici.Alcuni argomenti correlati con queste pro-blematiche sono anche i cambiamentinelle aspettative nei riguardi dello sportche si producono a livelli competitivimolto elevati, alle quali si aggiungono gliallenamenti che vengono richiesti e il con-trollo esercitato sui giovani atleti da partedegli allenatori di alto livello, spesso conl’approvazione dei genitori. Tutto ciò hacontribuito ad aumentare le preoccupazio-ni dell’opinione pubblica rispetto al coin-volgimento e le aspettative dei genitori,alle richieste ed agli stili di allenamento,alla manipolazione dei giovani atleti edalla possibilità di loro abuso e sfruttamen-to da parte degli allenatori e del sistemasportivo. Queste preoccupazioni nonriguardano solo la ginnastica, ma affiora-no, regolarmente, in quasi tutti gli sportdove esiste un’attività giovanile.Quando si valutano la crescita e la matu-razione degli atleti e delle atlete praticantiginnastica artistica, emergono due temifondamentali: la loro scarsa statura ed ilritardo della maturazione. Un terzo proble-ma riguarda le proporzioni del corpo.Spesso viene affermato che i ginnasti e leginnaste hanno arti inferiori corti rispettoallo loro età.

Lo stato della crescita

Le prime informazioni sulla statura (statodella crescita) dei praticanti ginnasticaartistica risalgono a circa cinquanta annifa. Tra gli atleti dei vari sport, i praticantiginnastica artistica di ambo i sessi presen-tano costantemente una tipologia di bassastatura. I ginnasti hanno anche un pesocorporeo minore, che è adeguato alla lorobassa statura. Come normale, vi sonovariazioni tra i dati delle ricerche, comun-

que nei campioni più recenti di ginnasti dialto livello troviamo atleti ed atlete piùbassi e più leggeri e, tranne scarse eccezio-ni, quelli americani non sono così bassiquanto gli europei ed in generale quantoquelli del resto del mondo. Nelle ginnastedi alto livello si è evidenziata una tendenzasecolare verso stature e pesi corporeiminori. Anche se i dati sono meno ampi, siipotizza la stessa tendenza anche nei gin-nasti.

Lo stato di maturazione

Le informazioni sullo stato biologico dimaturazione dei ginnasti sono menoampie rispetto a quelle sulla statura ed ilpeso corporeo. In parte ciò è un problemadi valutazione. Infatti, prima dello sviluppodei caratteri sessuali secondari, il solometodo per valutare la maturazione è l’etàscheletrica. Alcuni dati indicano che, neipraticanti ginnastica di ambedue i sessi,durante l’infanzia (da 6 a 10 anni) l’età

scheletrica va di pari passo con l’età cro-nologica. Successivamente, negli anni del-l’adolescenza, specialmente dopo i quat-tordici anni, essa tende a restare indietrorispetto a quella cronologica. Questa ten-denza deve essere interpretata tenendoconto dei metodi di valutazione. Infatti, instudi nei quali è stato usato il metodo diGreulich-Pyle vengono riferite differenzemaggiori tra età scheletrica e cronologica.Nel metodo di uso più comune (Tanner-Whitehouse) la maturazione nelle ragazzeviene raggiunta a sedici anni. Gli atleti che hanno raggiunto la matura-zione vengono semplicemente classificati

come adulti e non vengono inclusi nei cal-coli. L’età scheletrica delle ginnaste conetà superiore ai sedici anni tende a restareindietro rispetto all’età cronologica (cioèsono soggetti con ritardo di maturazione),ma le statistiche di gruppo sono influen-zate dall’esclusione di quelle ginnaste chesono già scheletricamente mature e dall’e-sclusione selettiva dallo sport delle ragazzeche maturano precocemente o nella media(“al momento giusto”).Nelle femmine, i dati della maturazionescheletrica nell’adolescenza vengono inte-grati da altri indicatori della maturazione,specificamente dall’età del menarca (tabel-la 1). In media, nei campioni di ginnaste leetà del menarca sono ritardate rispetto aquelle della popolazione generale delleadolescenti, che, come mostrato nel qua-dro sinottico delle caratteristiche dello svi-luppo importanti per la capacità di caricodell’apparato locomotore e di sostegnodella figura 1, si collocano intorno ai 14anni, e si sovrappongono a quelle delle

atlete di altri sport “estetici” (pattinaggiodi figura, tuffi, balletto). Anche le osserva-zioni sui caratteri sessuali secondari (svi-luppo delle mammelle e della peluria pubi-ca) indicano un ritardo della maturazionesessuale, ma i dati sono meno ampi espesso sono limitati ai primi stadi dellapubertà. Lo stesso avviene per i maschi. Anche l’etàdi picco di velocità staturale (Peak HeigtVelocity, PHV), o quella della massima cre-scita staturale durante lo spurt adolescen-ziale, è ritardata sia nei ginnasti che nelleginnaste, ma i dati su questo problemasono limitati.

Studi in prospettiva

Ginnastica artistica Polonia 15,1±0,9Ginnastica artistica Svizzera 14,5±1,2Ginnastica artistica Svezia 14,5±1,4Ginnastica artistica Regno Unito1 14,3±1,4

Studi sullo status quo

Ginnastica artistica nel mondo2 15,6±2,1Ginnastica artistica Ungheria 15,0±0,6

(1) Il 13% delle atlete britanniche non aveva ancora avuto il menarca per cui le età medie calcolatepotrebbero essere leggermente più elevate di quelle reali. Anche un numero scarso di ginnastesvedesi e svizzere non aveva ancora avuto il menarca nel momento delle varie ricerche.

(2) Questo Campione è rappresentato dalle atlete partecipanti ai Campionati mondiali di Rotterdamdel 1987. Non comprende soggetti di età inferiore a 13 anni per cui l’età riportata potrebbeessere stata calcolata in eccesso.

Tabella 1 – Età del menarca (anni) in alcuni campioni di adolescenti praticanti ginnasticaartistica. Adattato da Malina (1998) che include anche i dati bibliografici dei diversi studi. I datidegli studi in prospettiva sono dati medi, mentre quelli degli studi sullo status quo sono mediane

Page 30: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

30

La valutazione della crescita e della maturazione

Nella discussione ci concentreremo,soprattutto, su vari problemi che riguarda-no la valutazione della crescita, dellamaturazione e delle proporzioni del corpodelle ginnaste. Come abbiamo osservatoprecedentemente, vi sono pochi dati sulla

possibile influenza negativa dell’allena-mento sulla crescita e la maturazione deiginnasti e su questo argomento, vi sonoscarsi dati anche per quanto riguarda igiovani atleti di vari altri sport. Comunque,se disponiamo di dati rilevanti, tratteremoanche dei giovani ginnasti.

Bassa statura prima dell’inizio dell’allenamento

La ginnastica artistica è uno sport nelquale troviamo criteri estremamente selet-tivi nei quali l’accento viene posto sullabassa statura, sul ritardo della maturazio-

ne ed su una corporature snella e musco-losa, oltre che sull’abilità motorie e lacoordinazione. L’identificazione e la sele-zione spesso avvengono precocemente acinque-sette anni e generalmente, in que-sto processo, sono coinvolti anche i geni-tori. Di interesse specifico per la valutazio-ne dello stato di maturazione è il fatto chele ginnaste sono più basse, rispetto ai dati

medi di riferimento, molto prima che inizi-no a praticare sport. Le ginnaste nell’in-fanzia hanno stature che sono molto aldisotto di quelle della popolazione genera-le dei bambini di due-tre anni d’età, ed aqueste età molte ginnaste selezionate alivello nazionale erano già più basse diquelle selezionate a livello regionale e diquelle praticanti ginnastica a livello nonagonistico. Vi sono dati sulla prima infanzia cheriguardano un piccolo campione di ginna-sti, che fanno pensare ad una tendenzasimile anche per i maschi (Damsgaard etal. 2000).

Il ritardo della maturazione

Una caratteristica che, evidentemente,sembra essere oggetto di valutazione daparte degli allenatori delle ginnaste è unritardo della maturazione sessuale. Agliallenatori è stato addirittura suggerito dirichiedere la foto da adolescente dellamadre di una potenziale ginnasta. Ed alcu-

ni allenatori si concentrano su questa“finestra d’opportunità” per la percezionedel talento ed il successo. La pubertà vieneconsiderata un’indicazione della chiusuradi questa opportunità.Quale significato assumono per la presta-zione di gara i cambiamenti associati allamaturazione? Nel 1987, le ginnaste parte-cipanti ai 24i. Campionati mondiali di gin-nastica artistica che si sono svolti a Rot-terdam sono state classificate in due cate-gorie, “atlete pre-menarca” e “atlete post-menarca” e ne sono stati confrontati irisultati. Le ginnaste che ancora non ave-vano avuto il menarca, in media, tendeva-

Figura 1 – Quadro sinottico delle caratteristiche dello sviluppo importanti per la capacità di carico dell’apparato locomotore e di sostegno in soggettinormali di sesso maschile e femminile. Legenda = quasi costante; comparsa delle caratteristiche della maturazione; freccia in basso = diminuzio-ne; freccia in alto = aumento; E = eccitazione; I = inibizione; S = simpatico; P = parasimpatico; Pn; Bn; Gn indicano gli stadi della maturazionesecondo Tanner (da Hesse 1982, modificato e completato in Fröhner 1993)

Page 31: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

31

no ad ottenere punteggi più elevati delleginnaste post-menarca della stessa etàcronologica. Tale tendenza nei punteggimedi pone due domande: le ginnaste pre-menarca eseguono gli esercizi meglio diquelle post-menarca? Oppure, i giudicidella ginnastica artistica mostrano unapreferenza per l’aspetto e le proporzionidel corpo delle ginnaste pre-menarca, chesi esprime sotto forma di punteggi più ele-vati? Considerate sotto un’altra prospetti-va, le ginnaste dei 24i Campionati mondialiche avevano ottenuto punteggi di livellopiù elevato presentavano un’età media delmenarca di 16;1 anni rispetto ai 15;4 e14;1 anni di quelle che avevano ottenuto,rispettivamente, punteggi di livello mediood inferiore. Sebbene limitati ad una solacompetizione internazionale, i risultatifanno supporre che vi sia un’associazionetra ritardo della maturazione e punteggipiù elevati.

Ritardo della maturazione ed allenamento

Spesso, la diversa età media del menarcadelle ginnaste (e delle atlete di molti altrisport) viene attribuita all’inizio dell’allena-mento sportivo in età precoce. E da ciò sene ricava che l’allenamento “ritarda’” que-sto punto di riferimento della pubertà.Sebbene, in media, il menarca, si presentipiù tardi nelle atlete che nelle non prati-canti sport, vi è accordo sul fatto che nonesiste un rapporto da causa ad effetto traallenamento e menarca. Purtroppo, lericerche sulle atlete non prendono in con-siderazione fattori che notoriamenteinfluiscono sul menarca, tra i quali trovia-

mo la dieta (vedi più avanti); la tendenzaereditaria ad una maturazione ritardata lastatura e la composizione della famiglia elo stress. Inoltre andrebbe specificata piùchiaramente la natura dell’allenamento:parlare soltanto di ore settimanali è asso-lutamente inadeguato se non si chiariscecosa viene fatto durante queste ore.

Le ginnaste presentano un spurt di crescita?

Dati longitudinali sulle ginnaste, che vada-no dall’infanzia all’adolescenza, sonomolto scarsi. I risultati dello studio longi-tudinale a breve termine sulle ginnastesvizzere, che vengono così spesso citati,hanno portato ad affermare che: “...nelleginnaste la pubertà avviene senza un nor-male spurt di crescita puberale” (Theintz etal. 1993, 238). La ricerca ha preso in consi-derazione, in soggetti praticanti sport, soloun periodo di durata da 2;0 a 3;7 anni, condurata media di solo 2;3 anni. La curvamedia del tasso di crescita in altezza, trac-ciata relativamente all’età scheletrica, indi-cava l’esistenza di uno spurt di crescitaabbastanza ridotto, che però rientrava nel-l’intervallo riportato per i valori di riferi-mento. L’appiattimento della curva, inparte, è in funzione del modo in cui eranopresentati i dati. I risultati di studi a brevetermine (due anni) più recenti sono simili,cioè evidenziano un spurt meno intenso(Bass et al. 2000). Ziemilska riporta i datisull’altezza di nove ginnaste polacche cheerano state seguite per sei anni a partireda 10-12 anni. Le stature delle singole gin-naste sono state sottoposte a calcolimatematici per stabilire l’età al picco di

velocità staturale (Peak Height Velocity,PHV) ed al picco di velocità di crescita, for-nendo per la PHV un’età di 13±0,8 annicon un picco di velocità stimata in 5,6±O,5cm/anno. Questi risultati sono assoluta-mente confrontabili con il massimo incre-mento di 5,5±0,3 cm/anno all’età cronolo-gica di 13,0 anni ed un’età scheletrica di12,5 anni del campione longitudinale delleginnaste svizzere, citato precedentemente.Le due età alla PHV, calcolate per le ginna-ste si trovano circa un anno in ritardorispetto a quelle delle non-atlete. Sebbenei tassi di crescita massima calcolati sianoinferiori alla media, comunque rientranonel range della variabilità normale (circa5-10 cm/anno).I dati su 16 ginnasti polacchi, che sonostati anche essi seguiti per sei anni, a par-tire dall’età di 10-13 anni, mostrano un’etàmedia alla PHV di 14,9±1,1 anni, ed unpicco di velocità di crescita di 7,8±1,4cm/anno (calcolati in base a dati di Ziemil-ska 1981). Queste stime sono in ritardo diun anno e leggermente inferiori ai dati deinon praticanti sport.

I ginnasti hanno arti inferiori sproporzionatamente corti?

Dei ginnasti di ambo i sessi si dice cheabbiano arti inferiori relativamente cortiper la loro statura, o che siano stati sele-zionati per i loro arti corti. È stato ancheipotizzato che l’allenamento della ginna-stica riduca la crescita potenziale degli artiinferiori, portando così ad arti inferioricorti in proporzione al resto del corpo e aduna bassa statura. La proporzione tra lunghezza degli artiinferiori e statura, normalmente, vienevalutata attraverso il rapporto tra altezzacranio-ischiatica e statura, cioè tra l’altez-za da seduti e quella nella stazione eretta.La prima comprende la testa, il collo ed iltronco e si tratta di una misura particolar-mente valida quando viene usata insiemealla statura. La statura meno l’altezza cranio-ischiaticafornisce una valutazione della lunghezzadelle estremità inferiori (lunghezza sub-ischiale o lunghezza degli arti inferiori).Per definizione, la lunghezza delle estre-mità inferiori è la distanza tra l’articola-zione dell’anca ed il terreno, misurata conla persona nella stazione eretta. Localizza-re precisamente dove si trovi l’articolazio-ne dell’anca in una persona in vita è diffi-cile, altre misurazioni delle estremità infe-riori hanno dei limiti (ed alcune ricerchenon indicano come sia stata derivata ovalutata). Il rapporto tra altezza cranio-ischiaticastatura fornisce una valutazione della lun-ghezza relativa del tronco e di conseguen-

Page 32: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

32

za di quella relativa degli arti inferiori. Unrapporto elevato indica arti inferiori relati-vamente corti ed un rapporto basso il con-trario, arti inferiori relativamente lunghi.Dati trasversali di vari campioni di ginnastiindicano l’esistenza di rapporti altezza cra-nio-ischiatica/statura che sono simili aivalori di riferimento dei bambini e degliadolescenti statunitensi ed europei. Sebbe-ne i ginnasti siano in assoluto più bassi equindi abbiano, in assoluto, arti inferioripiù corti, hanno però rapporti di propor-zioni tra arti inferiori e tronco simili aquelli dei non-atleti.

Non tutte le ginnaste presentano ritardi della maturazione: la variazioneassociata alla maturazione

Sebbene, in media, le ginnaste presentinoritardi della maturazione, non tutte le gin-naste di alto livello mostrano questo ritar-do. Nello studio (già citato) sulle 201 par-tecipanti ai 24i Campionati mondiali diginnastica artistica del 1987, 112 avevanogià avuto il menarca. Di queste ginnaste diclasse mondiale otto (7%) avevano avuto ilmenarca prima dei 13 anni e tredici (il12%) tra 13;O e 13;9 anni. Così, alcuneginnaste di alto livello raggiungevano lapubertà al momento giusto (cioè medio) oprecocemente. Se si confrontano ginnastedella stessa età cronologica, ma che pre-sentano un diverso stato di maturazione,appaiono varie tendenze. Nello stesso gruppo d’età, le ginnaste chesi trovavano in uno stato di maturazionepiù avanzato erano più pesanti ed il rap-porto altezza cranio-ischiatica/statura eramaggiore (arti inferiori più corti, in pro-porzione). Invece, non vi erano differenzenotevoli nella statura. Ginnaste di altolivello con un diverso stato di maturazionemostrano tendenze simili nella corporatu-ra e nelle proporzioni a quelle che si evi-denziano nella popolazione generale delleadolescenti. Non esistono dati corrispondenti per i gin-nasti.

Ereditarietà della bassa statura e del ritardo della maturazione

La bassa statura e il ritardo della matura-zione nei ginnasti e nelle ginnaste di altolivello, in parte, sono ereditari. I genitoridei ginnasti e delle ginnaste di alto livellotendono ad essere più bassi della media.Per quanto riguarda la statura dei genitori,normalmente si prende in considerazionela media delle stature della madre e delpadre (statura parentale). Tale media, neigenitori dei ginnasti e delle ginnaste di trestudi condotti in vari Paesi, era inferiore aivalori dei genitori dei non praticanti sport:

olandesi 167,8±4,8 cm vs 170,8±6,0 cm;polacchi 1,66,4±3,4 (femmine) 163,9±1,7(uomini) vs 167,8±4,6 cm e svizzeri1,66±5,0 cm vs 170,2±3,9 cm. Però, nonera così in uno studio più recente condot-to su praticanti ginnastica e nuoto danesi:172,3 vs 173,0 cm (Damsgaard et al.2000). Però, la valutazione delle stature deigenitori presentano limitazioni, special-mente quando si tratta di stature riferite enon misurate direttamente (alcuni rapportidi ricerca non indicano se la statura siastata misurata o riferita). È ormai benaccertato che gli adulti tendono a stimarein eccesso l’altezza ed a stimare in difettoil peso!I dati sull’età al momento del menarcasono scarsi. Nella figura 2 vengono ripor-

tati dati tratti di Theinz (Theintz et al.1989). Le madri delle ginnaste polaccheavevano avuto il menarca più tardi, rispet-to al resto della popolazione (13,8±1,8anni), ma non così tardi come le loro figlie(15,1±0,9 anni). Da notare che la tendenzaal ritardo della maturazione può essereereditata anche per via paterna.

Confronto tra i ginnasti e gli altri adolescenti di bassa statura e con ritardi della maturazione

I ginnasti di ambedue i sessi mostrano unatipologia di bassa statura, ritardo dellamaturazione e bassa statura parentalemedia. Un problema interessante è vedere:come si rapportino i ginnasti agli altri ado-

Figura 2 – A) Età (riferita) del menarca nelle madri di nuotatrici, ginnaste e di ragazze del gruppodi controllo. Nelle madri delle ginnaste è stata osservata una percentuale significativamente piùelevata di ritardi del menarca rispetto alle madri degli altri gruppi (** P = 0,01). B) Sviluppopuberale delle loro figlie la cui età era tra 12 e 14 anni all’inizio della ricerca, cioè ±1 annorispetto all’età media del menarca della popolazione generale delle adolescenti svizzere. P1 =stadio prepuberale; P2 = prima pubertà; P3-4 media e tarda pubertà, pre-menarca; P5 = post-menarca. La percentuale delle ginnaste agli stadi P1-P2 era significativamente più elevata rispet-to agli altri gruppi (** P = 0,01) (da Theintz et al. 1989, modificato)

Page 33: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

33

lescenti non praticanti sport di bassa sta-tura con ritardo della maturazione od agliadolescenti con ritardo della maturazionecon genitori bassi. Nella popolazionegenerale, è stato stabilito che i bambini ele bambine di bassa statura con matura-zione lenta (short normal low maturing,SNSM) hanno una statura inferiore al 10°percentile ed un’età scheletrica di almenouna deviazione standard inferiore rispettoall’età cronologica (Khamis, Roche 1995).Questi bambini sono già bassi a tre annid’età e ciò è simile a quanto osservato neiginnasti e nelle ginnaste. Le medie dellestature dei genitori di questo tipo di bam-bini e bambine sono, rispettivamente167,3 e 165,4, simili a quelle dei genitoridei campioni di ginnasti e ginnaste svizzericitati precedentemente.In alcuni dati longitudinali condotti suadolescenti polacchi sono stati identificatiquei maschi e quelle femmine che presen-tano ritardi della maturazione con genitoridi bassa statura (later maturing girls andboys with short parent, LMSP). Le femmineche presentano ritardi della maturazionecon genitori bassi presentavano il menarcain un’età successiva a 13;7 anni e la mediadelle stature dei genitori era < 162,5 cm. Imaschi con ritardi della maturazione pre-sentavano a 14 anni una età scheletrica inritardo e la media delle stature dei genitoriera di 165,4 cm. I ginnasti polacchi e gliadolescenti con ritardo della maturazionee genitori bassi sono perfettamente con-frontabili per quanto riguarda l’età al PHVe la media delle stature dei genitori. L’etàal PHV dei bambini e delle bambine ameri-cane con le stesse caratteristiche è piùprecoce, ma le adolescenti americane, inmedia, tendono a maturare prima di quellepolacche. Il picco di velocità stimata neiginnasti è leggermente minore rispetto airagazzi LMSP e SNSM, ma rientra nell’am-bito della variazione normale. Perciò, come gruppo, i praticanti ginnasti-ca artistica di ambedue i sessi tendono adpresentare uno spurt adolescenziale, il cuimomento coincide con quello degli altriadolescenti LMSP, ma è leggermente menointenso.

Altri fattori che meritano attenzione

Diversità nell’abbandono della praticasportiva (drop-out)

Non tutti i ginnasti continuano a praticaresport. È legittimo chiedersi quali siano lastatura e lo stato di maturazione di coloroche ne hanno abbandonato la pratica,rispetto a coloro che l’hanno continuata.In due ricerche longitudinali su ginnastepolacche e svizzere di alto livello, quelle

che avevano smesso la pratica della ginna-stica in ciascuna fascia d’età erano piùalte, più pesanti e presentavano uno statodi maturazione biologica più avanzato diquelle che avevano continuato. La stessatendenza si notava nei ginnasti polacchi.Sarebbe interessante indagare se la deci-sione di cessare la pratica della ginnasticadipenda dalla percezione individuale dellapropria altezza e del proprio stato dimaturazione, rispetto alle esigenze dellaginnastica, degli allenatori e/o dei giudici. Tra l’altro, è interessante notare che circala metà del campione di tuffatrici junioresd’interesse olimpico statunitense avevarealizzato la sua prima esperienza sportivanella ginnastica artistica. Le tuffatrici dialto livello presentano stature che sonovicine a quelle della popolazione normale esono più alte delle ginnaste. Dunque, èlegittimo chiedersi se la statura non sia unfattore che spinge a passare dalla ginna-stica ai tuffi. Invece, le prime esperienzesportive dei tuffatori erano state realizzatein sport di squadra (calcio, baseball). I tuf-fatori sono più bassi della media: per cui cisi chiede se non fossero troppo bassi perquesti sport di squadra.

Controllo e manipolazione della dieta

L’alimentazione, potenzialmente, rappre-senta il fattore più importante che influi-sce sulla crescita e la maturazione dei gin-nasti di alto livello. I ginnasti d’alto livellocinesi (6 per ogni sesso) da sei a nove annipresentano nei maschi un deficit giorna-liero di energia di - 0,35±2,09 MJ/ al gior-no, e nelle femmine uno di - 1,83±1,49MJ/al giorno (Davies et al. 1997). Le atletee le praticanti attività fisiche che comeloro caratteristica presentano età piùavanzate del menarca (ginnastica artisticae balletto) spesso mostrano livelli diassunzione di energia che sono notevol-mente minori del loro dispendio energeti-co, cioè mostrano un deficit cronico dienergia e, talvolta, questo deficit è inten-zionale. Ad esempio, le giovani ginnastedella ex-Rdt, erano obbligate ad un regimedietetico: “...che mirava a mantenere ilpeso corporeo ottimale, cioè un bilancioenergetico leggermente negativo, per cuipresentavano una riserva limitata di ener-gia per lungo tempo” (Francke, Berendonk1997, 98). Si stima che le assunzioni dienergia dei bambini e degli adolescentipraticanti ginnastica siano minori di quelleche sarebbero necessarie. Deficit costantidi energia e di nutrienti per periodi signifi-cativi possono rappresentare una formacronica di sotto-alimentazione in unperiodo nel quale, invece, i bambini hannobisogno di energia e nutrienti per farefronte alle necessità della crescita, della

maturazione e dell’attività sportiva. Sequeste carenze iniziano nell’infanzia, pos-sono influenzare i processi di crescita ematurazione in bambini ed adolescentialtrimenti “sani”.

L’ambiente d’allenamento e lo stress

Vi sono altri fattori, che interagiscono conuno stato d’alimentazione al limite dell’n-dispensabile e forse con l’alterazione delleabitudini alimentari (cioè con i disturbi ali-mentari), che meritano di essere conside-rati più attentamente. Tali fattori possonocomprendere gli stress psicologici ed emo-tivi legati al dovere mantenere un datopeso corporeo quando il corso normaledella crescita sarebbe il suo aumento; adun allenamento pluriennale (spesso svoltoprima e dopo la scuola); a gare frequenti;all’alterazione dei rapporti con i coetanei eforse ad allenatori oppressivi ed esigenti.Può essere interessante rilevare che tre deigiovani ginnasti svizzeri sottoposti ad alle-namento notevoli e quattro dei sedici nuo-tatori mediamente allenati, della ricercache abbiamo già citato (Theintz et al.1994) erano considerati a “rischio di mani-festi disordini mentali a lungo termine”. Vanotato comunque che la maggioranza diquesti giovani atleti non presentava pro-blemi (Theintz et al. 1994). Sebbene sia difficile identificare qualisiano le influenze dello stress sulla cresci-ta, vi sono prove che fanno supporre chenelle adolescenti un trascorso di statid’ansia fosse associato con una statura piùbassa da giovani adulte. Associazione chenon esisteva nei maschi.

Manipolazioni farmacologiche

Le manipolazioni farmacologiche dei gio-vani atleti possono assumere varie forme:diuretici per perdere peso; steroidi anabo-lizzanti per costruire la muscolatura edaumentare la forza; vari farmaci per impe-dire la maturazione ed anche integratorialimentari (creatina, sostanze “brucia gras-si” il cui ingrediente comune è la caffeina).Viene anche affermato che per impedire lamaturazione sessuale si ricorre all’uso difarmaci (“farmaci frenanti”): “Mentre ètipico che i ginnasti maschi ricorrano aglisteroidi per aumentare la forza, si dice chealcune ginnaste ritardino intenzionalmen-te la loro crescita assumendo farmaci ingrado di fermarla, come l’acetato di cipro-terone...” (Bamberg, Yeager 1997, 62). Però,questa affermazione non è stata docu-mentata con certezza. A qualsiasi livello, uno dei problemi mag-giori degli atleti è l’uso di steroidi anabo-lizzanti. I rischi potenziali dell’uso deglisteroidi sono ben documentati. Se vengo-

Page 34: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

34

no somministrati ai bambini, gli steroidianabolizzanti possono alterare i processinormali di maturazione (accelerazionedella maturazione sessuale e scheletrica) edi crescita (minore statura da adulto) oltrea produrre effetti dannosi a breve e lungotermine. Nel sistema sportivo dell’ex-Repubblica democratica tedesca furonosomministrati steroidi ad alcuni ginnasti:“...nella ginnastica artistica femminile, lasquadra nazionale ed olimpica (nel 1979)fu sistematicamente trattata con mesta-nolone ...che si pensava...fosse più psico-tropo, producendo un’aggressività positivaed una più elevata capacità di carico diallenamento senza incrementare eccessi-vamente il peso corporeo...” (Francke,Berendonk 1997). Il mestanolone era unandrogeno con elevati rischi di virilizzazio-ne ed arresto della crescita.La creatina è un integratore alimentarecomunemente usato dai giovani atleti, manon sono disponibili dati sui ginnasti. Èstato ipotizzato che alcuni atleti fin dal-l’età di 11 anni abbiano assunto regolar-mente integratori contenenti creatina(Popke 2000). Di fatto la creatina incre-menta a breve termine la potenza e contri-buisce all’incremento della forza. Però, nonsono documentati i suoi effetti a lungotermine.

Né sono note quale siano le interazioni traqueste sostanze ed i cambiamenti ormo-nali che accompagnano la crescita e lamaturazione. Dato che è documentata lasomministrazione di farmaci e di integra-tori alimentari chimici ai giovani atleti,coloro ai quali sono affidati il benessere ela salute dei giovani atleti debbono esserecoscienti di questo problema. Nel loroarticolo sulla ex-Rdt, Francke, Berendonk(1997) avvertono che: ”In tutto il mondo igenitori dovrebbero sapere cosa succede ailoro figli di talento nelle scuole e nellesocietà sportive e debbono essere critici esospettosi”. La salute ed il benessere deigiovani atleti non debbono essere compro-messi dal sistema sportivo.

Altre forme di manipolazione

I problemi che tratteremo ora riguardanotutti i giovani atleti di alto livello e nonsoltanto i praticanti ginnastica. In alcuni sport, il processo di selezione ini-zia precocemente, è abbastanza sistemati-co e spesso avviene senza che il bambinosia in grado di prendere una decisione, oche gli sia permesso di decidere di pratica-re o meno sport. Un importante corollariodella selezione è l’esclusione. Purtroppo,un aspetto dei programmi di identificazio-

ne del talento è che nei mass media nazio-nali ed internazionali che si occupano disport si parla solo di coloro che riescono,che sono un numero incredibilmentebasso. Ma non si parla, o si parla solo rara-mente, del numero, estremamente mag-giore, di coloro che non riescono.L’identificazione e la selezione di un/unaginnasta che potenzialmente è un talentoè il primo passo di un processo, relativa-mente a lungo termine, che prevede varieforme di intervento sociale, come un trat-tamento preferenziale, un diverso accessoalle risorse finanziarie e di impianti, ecc. Un’altra forma di manipolazione è l’ecces-siva dipendenza dei giovani dall’allenatoree dall’organizzazione sportiva. È facileosservare lo stretto controllo che allenato-re ed organizzazione sportiva possonoesercitare sui giovani atleti, specie quandoquesti sono impressionabili e possonoanche non comprendere completamente ilsignificato del loro successo sportivo. Que-sto controllo può alterare il rapporto tral’atleta ed i genitori fino a tal punto chealcuni allenatori non riescono a capire (oforse non vogliono capire) dove terminal’allenamento e comincia la vita dei giova-ni che vengono a loro affidati. D’altronde,purtroppo, ci sono genitori che si concen-trano al massimo sul successo sportivo dei

Foto Digitalvision

Page 35: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

35

loro figli e partecipano volentieri a questoprocesso di manipolazione. Tra le forme di manipolazione vi sonoanche gli abusi sessuali sui giovani atleti.In molti casi, gli atleti ed i loro genitoriripongono una fiducia cieca negli allena-tori. Un effetto secondario di questa fidu-cia sono gli abusi sessuali, dei quali parla-no sempre più i media in tutto il mondo.Infatti, alcuni allenatori hanno abusato delloro potere e superato i limiti di un com-portamento etico e professionale. Genitori,organizzazioni sportive e tutti coloro chesono interessati al benessere dei giovanidebbono restare vigili ed attenti. Ma, è tri-ste vedere che alcuni atleti ed alcuni geni-tori tollerano volontariamente questi alle-natori perché ottengono risultati!Anche lo sfruttamento commerciale deigiovani atleti si sta sempre più diffonden-do. Che lo sport venga commercializzato è

scontato. Ma, spesso, si trascura che la“merce” talvolta è rappresentata propriodai giovani atleti di talento. Un’altra formadi manipolazione commerciale è la forma-zione di società disposte ad accollarsi ilcosto di un programma di allenamento dialto livello, con l’accordo che i futuri gua-dagni delle giovani speranze sportivesaranno divisi tra tutti gli investitori. In uncerto senso, i giovani atleti di talento ven-gono considerati soprattutto come unaproprietà che permette ampie possibilità diguadagni da parte di genitori, allenatori edorganizzazioni sportive.In questo modo, il “sistema sportivo” pren-de l’aspetto di uno dei massimi manipola-tori dei giovani atleti. Sebbene siano invigore molte regole e limitazioni sulle garee gli allenamenti, troppo spesso vengonoalla luce casi nei quali giovani atleti ven-gono “allevati” in questo sistema, sacrifi-

cando salute, benessere ed educazione innome del successo sportivo. Alcuni bambi-ni ed alcuni adolescenti vengono statisfruttati dall’istituzione dei big time sports.

L’articolo è la rielaborazione in vista della pubbli-cazione di una relazione dell’Autore pubblicatain Lenoir M., Philippaerts (a cura di), Science inartistic gymnastics, Proceedings of the 6th Inter-national Sportwetenschappelijk Symposium,Gand, Publicatiefonds voor LichmamelijkeOpvoeding.Traduzione di M. Gulinelli, P. Sodani. Titolo originale: Growth and maturity of youngartistic gymnasts: status, progress, and issue.

Le figure 1 e 2 sono state aggiunte al testo dallaRedazione a fini ilustrativi ed informativi.

Indirizzo dell’Autore: Robert M. Malina, Route 2Box 140, Bay City, TX, 77414 (Usa).

Questo lavoro si basa su due rewiew e tre articoli, pubblicati in John-ston F. E., Zemel B., Eveleth (a cura di), Human growth in context, Lon-dra, Smith-Gordon, 1999, Atti dell’8° meeting dell’International Asso-ciation of Human Auxology.Questi sono gli articoli che contengono, i riferimenti principali sullacrescita e la maturità dei/delle giovani ginnasti/e:Malina R. M., Growth and maturation of young athletes: is training forsport a factor?, in: Chan K. M., Micheli L. J. (a cura di), Sports and Chil-dren, Hong Kong, Williams & Wilkins, 1998, 133-161.Malina R. M., Physical growth and biological maturation of young

athletes, Exercise and Sport Sciences Rewiews, 22, 1994, 389-433.Claessens A. L., Elite female gymnasts: a kinanthropometric overwiev,in: Johnston F. E., Zemel B., Eveleth (a cura di) Human growth in con-text, Londra, Smith-Gordon, 1999.Beunen G., Malina R. M., Thomis M., Physical growth and maturation offemale gymnasts, in: Johnston F. E., Zemel B., Eveleth (a cura di) Humangrowth in context, Londra, Smith-Gordon, 1999.Malina R. M., Growth and maturation of female gymnasts: is training afactor?, in: Johnston F. E., Zemel B., Eveleth (a cura di) Human growthin context, Londra, Smith-Gordon, 1999.

Bamberger M., Yaeger D., Over the edge, Sport Illustrated, 1997, 86 (14aprile), 60-70.Bass S., Bradney M., Pearce G., Hendrich E., Inge K. Stuckey S., Lo S. K.,Seeman E., Short stature ande delayed puberty in gymnasts: influenceof selection bias on leg lenght and the duration of training on trunklenght, Journal of Pediatrics, 136, 149-155.Claessens A. L.., Malina R. M., Lefevre J., Beunen B., Stijnen V., Maes H.,Veer F. M., Growth and menarcheal status of elite female gymnasts,Medicine and Science in Sports and Exercise, 24, 1992, 755-763.Claessens A. L., Beunen G., Levefre J., Stijnen V., Maes H., Veer F. M.,Relation between physique and performance in outstanding femalegymnasts, in: Hermans G. P. H. (a cura di), Sports, Medicine and Healt,Elsevier, Amsterdam, 1990, 725-731.Damsgaard R., Bencke J., Matthiesen G., Petersen J. H., Muller J., Is pre-pubertal growth adversely affected by sport?, Medicine and Science inSports and Exercise, 32, 2000, 1698-1703.Davies P. S. W., Feng J. Y., Crisp J. A., Day J. M. E., Laidlaw A., Chen J., LiuX. P., Total energy expenditure and physical activity in young Chinesgymnasts, Pediatric Exercise Science, 9, 1997, 243-252.Fröhner G., Die Belastbarkeit als zentrale Grösse im Nachwuchstraining,Sportverlag, Berlino, 1993.Franke W. W., Berendonk B., Hormonal doping and androgenization ofathletes: a secret program of the German Democratic Republic govern-

ment, Clinical Chemestry, 1997, 43, 1262-1279.Jahreis G., Kauf E., Frõhner G., Schmidt H. E., Influence of intensiveexercise on insuline-like growth factor I, thyroid and steroid hormonesin female gymnasts, Growth Regulation, 1991, 95-99.Khamis H. J., Roche A. F., Growth outcome of “normal” short childrenwho are retarded in skeletal maturation, Journal of pediatric Endocri-nology and Metabolism, 1995, 8, 85-96.Popke M., A bitter pill?, Athletic Business, 24, 2000, 75-87.Theintz G. E., Howald H., Allemann Y., Sizonenko P. C., Growth andpubertal development of young female gymnasts and swimmers: a cor-relation with parental data, Int. J. Sports Med., 10, 1989, 87-91.Theintz G. E, Howald H., Weiss U., Sizonenko P. C., Evidence for a reduc-tion of growth potential in adolescent female gymnasts, Journal ofPediatrics, 1993, 122, 306-313.Theintz G.E., Ladame F., Kehre E., Plichta C., Howald H., Sizonenko P. C,Prospective study of psychological development of adolescent female ath-letes: initial assessment, Journal of Adolescent Health, 15, 1994, 258-262.Tönz O., Stronski S. M., Gmeiner C. Y. K., Wachstum und Pubertät bei 7-bis 16 jahrigen Kunstturnerinnen: eine prospektive Studie, Schweiz.Med. Zeitschr., 1990120, 1990, 10-20.Ziemilska A., Wplyw intensywnego treningu gimnastycznego na rozwojsomatyczny i dojrzewanie dzieci, Varsavia, Akademia WychowaniaFizycznego, 1981.

Bibliografia citata nel testo

Bibliografia e letture consigliate

Page 36: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

36

Alberto Cei, Dipartimento di psicologia, Istituto di scienza dello sport, Roma

Il coaching come sistema per l’autosviluppo dell’allenatoreIl coaching per l’allenatore

Il coaching è un sistema per l’autosviluppo del poten-ziale dell’allenatore. L’approccio centrato sul continuomiglioramento richiede una abilità sempre più efficacenel guidare i propri atleti nell’affrontare le nuove sfideche pone lo sport. L’autosviluppo diventa quindi unaprospettiva che va alimentata continuamente senza maipensare di essere giunti a un punto di arrivo finale. L’al-

lenatore deve costruire il proprio programma di miglio-ramento e i piani di azione corrispondenti, stabilendoanche i criteri che lo avvertiranno di aver raggiunto irisultati attesi. Si acquisisce in tal modo l’uso di unsistema, di un modo di procedere che dovrebbe accom-pagnare l’allenatore lungo la sua esperienza professio-nale nello sport.

Foto Vision

Page 37: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

37

1. Introduzione

Il termine coaching richiama alla mentedella maggior parte delle persone lo sporte tende ad essere identificato con la parolaitaliana allenamento. L’allenatore in alcunisport viene chiamato coach, ad esempio,nel tennis, mentre nel calcio viene chiama-to mister e nel baseball manager. Da qual-che anno, però, il termine coaching è statopreso a prestito e si è diffuso anche all’in-terno del mondo aziendale, intendendocon esso il processo con il quale si realizzal’idea del continuo miglioramento. Infatti,la globalizzazione dei mercati, la necessitàdi fornire prodotti e servizi in tempi sem-pre più brevi, di avere organizzazioni chediventano sempre più snelle e caratteriz-zate da un forte dinamismo interno e larichiesta che viene posta ai manager didecidere rapidamente, di essere in grado diassumere dei rischi e di guidare in manierasempre più efficace i collaboratori, hannorichiesto un ripensamento del ruolo mana-geriale.A questo punto obiettivi come: orienta-mento al cambiamento e miglioramentocontinuo esprimono in maniera specifica,anche se sintetica, quale tipo di atteggia-mento le aziende si aspettano dai loromanager.Il problema è che non si intende affattomettere in discussione la qualità e l’effica-cia del lavoro già svolto, più semplicemen-te si sostiene che bisogna fare ancorameglio o fare di più con meno. Laddovecon meno ci si riferisce alla riduzione diqualcuna delle risorse sinora utilizzate(tempo, denaro, persone).L’approccio basato sul continuo migliora-mento prevede che il manager ragionidicendosi: “L’azienda mi riconosce compe-tenze tecniche e manageriali per mezzodelle quali abbiamo raggiunto determinatiobiettivi. Nello stesso tempo le sfide attua-li mi spingono a migliorare continuamenteper ottimizzare il più possibile le mie pre-stazioni manageriali.” Come migliorare? Il sistema che ancoraoggi è più utilizzato è quello dei corsi resi-denziali su temi specifici. Ma quanti sonoquei manager che in seguito ad un corso,ad esempio sulla delega, ritornati in ufficiohanno realmente applicato quanto appre-so? E quanti sono coloro che si sono fer-mati ai primi problemi insorti oppure,essendosi resi conto di aver ecceduto nelladelega fornita, hanno fatto marcia indietroe sono ritornati al buon vecchio metododel voler controllare tutto in prima perso-na? Quanti entusiasmi iniziali, dovuti allaconsapevolezza che se fosse possibile rea-lizzare nell’attività quotidiana quanto spe-rimentato in aula si lavorerebbe più effica-cemente, si sono spenti? Quanta delusione

ha generato nei manager questa illusionedi poter cambiare quando si è scontratacon la realtà? Un notevole passo in avanti nella direzionedel progettare e sostenere il cambiamentoè stato realizzato attraverso l’introduzionedell’approccio del coaching, che nella suaessenza significa sviluppare il potenziale diuna persona al fine di massimizzarne laprestazione e si attua nell’aiutarla adimparare piuttosto che nell’insegnargliqualcosa (Whitmore, 2002, 3a ed). Infatti, il coaching consiste in un allena-mento personalizzato, mirato a perfezio-nare al più alto livello possibile le compe-tenze manageriali ed a permettere adognuno di diventare il miglior manager

possible rispetto alle proprie capacità.Muoversi lungo un percorso di migliora-mento continuo consente così di soddisfa-re l’esigenza delle aziende di avere leadersempre più efficaci e pronti a rispondere aicambiamenti imposti dal mercato. Il coa-ching è un approccio al cambiamento per-sonale che parte da un apprezzamentototalmente positivo delle prestazioni pro-fessionali. Frasi quali ad esempio: “Nonbisogna dormire sugli allori” o “Chi siferma è perduto” esprimono in manieraforse anche banale il concetto che da sem-pre i leader hanno sostenuto e cioè chesolo un continuo rinnovamento può per-mettere di continuare a ripetere i successiottenuti fino a quel momento.

Venendo allo sport, così come avviene peri manager nel settore aziendale, è certoche abbiamo bisogno di allenatori efficacie che la complessità sempre maggiore delmondo sportivo e la competitività crescen-te obbligano i tecnici e le stesse organizza-zioni ad attuare cambiamenti e modificarele loro priorità con tempi di attuazionesempre più ridotti. Nelle competizioni piùimportanti non sono solo gli atleti cheaffrontano enormi tensioni, ma anche gliallenatori. Però, chediamoci se questi ulti-mi le sappiano affrontare o semplicementeseguano il sistema che utilizzavano quan-do erano atleti.Quando una squadra va male, la soluzioneconsiste nel mandare via l’allenatore,

anche se è stato dimostrato che, abitual-mente, il cambio di panchina non determi-na risultati migliori. Allora, non sarebbe più fruttuoso sostene-re il tecnico con un programma di coa-ching, magari orientato a potenziare la suaabilità nel gestire le dinamiche di gruppo?O ancora, ad esempio, negli sport di preci-sione e in atletica, nei salti e nei lanci, neiquali la concentrazione è un elemento chedetermina la qualità della prestazione, l’al-lenatore ha la certezza che sta facendo ilmassimo per allenare questo aspetto o, senon è così, perché non segue un program-ma di coaching con un esperto di questocampo? Talvolta, al termine della carriera,gli atleti migliori vengono scelti come

•Sentirsi impegnati ad acquisire e amplia-re nuove tattiche e strategie da inserirenel proprio repertorio di allenamento.

•Non smettere mai di autovalutarsi e direalizzare i necessari aggiustamentiquando è necessario.

•Maturare come allenatore richiedetempo. È necessario essere pazienti eonesti con se stessi.

•Essere coscienti che solo perché qualco-sa ha funzionato negli ultimi tre anninon è una garanzia che continui a farlonel prossimo futuro. È necessario saperevalutare e adattare il proprio approccioe le proprie strategie.

•È importante saper lavorare duro e biso-gna saperlo accettare.

•Si deve avere la consopevolezza che perdiventare esperti ci vorranno molte piùore di quelle previste.

•Non si deve emulare lo stile di allena-mento di altri, solo perché hanno avutosuccesso.

•Bisogna saper aiutare gli atleti a identi-ficare e raggiungere i loro obiettivi.

•Bisogna trovare uno stile di allenamentoche rispetti la propria personalità e con-senta di esprimersi al proprio massimo.

•Bisogna essere sinceramente interessatiallo sviluppo sportivo e personale deipropri atleti.

•Occorre conquistare il rispetto degliatleti, essendo di esempio nel rispettarli.

•Con gli atleti occorre mostrare unatteggiamento professionale.

•Bisogna saper creare un ambiente chesia percepito dagli atleti come educati-vo, di sostegno, divertente e sfidante.

•Bisogna comunicare agli atleti inmaniera chiara le proprie aspettative, ipropri pensieri e le proprie convinzioni.

•Bisogna saper pianificare in anticipo lereazioni e le risposte, così da potercomunicare con gli atleti più efficace-mente.

•Bisogna permettere agli atleti di espri-mere le loro opinioni senza che si senta-no intimiditi.

•Bisogna sapere che la decisione finalespetta all’allenatore.

Tabella 1 – Competenze, abilità e comportamenti che si riconoscono gli allenatoridi alto livello (Salmela 1996)

Page 38: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

38

Direttori tecnici di squadre nazionali per laloro indiscussa competenza tecnica e perla loro rappresentatività all’interno diquell’ambiente. Ma perché non affiancareloro, nella fase iniziale, un programma dicoaching che consenta di avere un con-fronto con un esperto nella gestione digruppi altamente competitivi e di ottimiz-zare la sua capacità di relazionarsi e divalorizzare il suo bagaglio di competenzetecniche?Quelli riportati sono solo alcuni fra i tantiesempi di situazioni nelle quali una attivitàdi coaching rappresenterebbe una moda-lità positiva di sviluppo professionale. Percompletare questa visione più complessi-va, riguardante le competenze relative allagestione delle risorse, nella tabella 1 ven-gono riportate le competenze, le abilità edi comportamenti che gli allenatori di altolivello si riconoscono (Salmela 1996) edalle quali ogni tecnico potrebbe iniziareuna prima riflessione per identificare quel-le che percepisce come suoi punti di forzarispetto a quelle che avverte come menosviluppate (tabella 1).

2. La consapevolezza

Senza essersene resi conto questa primariflessione dell’allenatore sulle proprie abi-lità ci riporta al “Conosci te stesso” diSocrate, la cui attualità consiste nell’averaffermato già più di duemila anni fa che ilsapere e, quindi, la consapevolezza, nasceda una riflessione razionale dell’individuoed è trasferibile all’allievo attraverso unprocesso d’insegnamento. Infatti, proprio su queste basi poggia ilprocesso di coaching: migliorare il gradodi consapevolezza personale per agiremeglio e produrre risultati più efficaci. Ilprocesso di attuazione di questa strategiasi articola sui seguenti punti:

1. sapere cosa si vuole ottenere;2. conoscere i vantaggi che comporta rag-

giungere questi obiettivi;3. conoscere i costi che implica; 4. valutare se per l’organizzazione sportiva

in cui si opera i benefici sono decisa-mente superiori ai costi;

5. decidere e agire;6. valutare i risultati.

Una strategia efficace per migliorare laconsapevolezza personale consiste nelripensare ai risultati migliori e più signifi-cativi che sono stati ottenuti nella propriavita professionale e nel ritornare, attraver-so un percorso inverso, alle azioni effet-tuate per renderli possibili, per risalire poialle decisioni dalle quali quei comporta-menti sono scaturiti e al contesto organiz-zativo nel quale tali scelte erano inserite.

Nella figura 1 viene mostrato un esempiodi schema da seguire per questa analisiretrospettiva. In tal modo l’allenatorediventa più cosciente delle caratteristichedel suo modo di pensare e decidere,ponendolo in relazione con le azioni chene sono derivate, verificandone l’efficaciasulla base dei risultati ottenuti. Resta evi-dente che – anche se altri fattori determi-nano il successo professionale – è certoche uno dei più importanti è rappresenta-to da una leadership consapevole ed effi-cace, senza la quale è difficile vincere lecompetizioni e realizzare i propri obiettivi.Alla fine di questa valutazione si può pas-sare a domandarsi: “Questi modi di faresono ancora validi oggi, in questa situazio-ne e con questa attività?” Lo scopo di que-

sta riflessione è evitare di continuare adagire in una determinata maniera soloperché in passato si è dimostrata valida.Ciò che conta, al contrario, è riconoscerese, anche per l’occasione in cui ci si trovaattualmente, l’uso di queste modalità diazione sarà altrettanto efficace o se, inve-ce, è necessario adottarne delle altre. Inaltri termini, è fondamentale conoscere leproprie abilità e sapere quando, come equali risultati sono stati raggiunti con illoro utilizzo. Nel contempo è altrettantonecessario adottare un atteggiamentoflessibile che permetta di verificare l’effet-tiva utilità di un determinato modo diagire nella situazione attuale, non serven-dosene solo perché si è dimostrato validoin passato.

leadership

Figura 1 – Schema da seguire per l’analisi retrospettiva

Page 39: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

39

3. Assumere responsabilità

Sentirsi responsabili significa, innanzittut-to, essere consapevoli del proprio modo diprocedere e comporta, in secondo luogo,accettare di essere valutato in base airisultati ottenuti tramite le proprie azioni eda quelle altrui (gli atleti). In questo caso,l’opposto di responsabile non è compor-tarsi in maniera irresponsabile, poiché ciòavviene raramente in un contesto organiz-zativo. La questione è invece più articolata.Infatti, un allenatore può lavorare abba-stanza bene, sentirsi impegnato nelle atti-vità che svolge e ottenere risultati abba-stanza buoni, ma non per questo sentirsitotalmente responsabilizzato. La domandaa cui rispondere è infatti un’altra: “Hofatto proprio tutto quello che era in miopotere fare, con la necessaria scrupolositàe tempestività ?”Se la risposta è affermativa significa cheera stato accettato pienamente l’incaricoricevuto, che lo si condivideva, che si eramotivati a portarlo a termine nel modomigliore, servendosi delle risorse necessa-rie e che ci si sentiva responsabili di quan-to ottenuto. Difficilmente ci si percepirà in questomodo se qualcuno di questi elementi vienea mancare. Qualora non si condivida o nonsi accetti pienamente l’incarico ricevuto elo si debba svolgere principalmente perdovere o perché non si può rifiutare, certa-mente sarà meno facile servirsi di tutte leproprie risorse psicologiche e professionali.Un allenatore che si assume la responsabi-lià dei risultati della propria squadra nonpensa: “Abbiamo perso perché non hannofatto quello che avevo detto loro nellospogliatoio” ma: “Abbiamo perso perchénon sono riuscito a essere convincentequando ho dato loro le istruzioni tatticheper la partita”. Nel primo caso, l’allenatorefa come Ponzio Pilato, se ne lava le mani,intendendo con ciò che non si consideraresponsabile di ciò che è successo perchésono i giocatori che non hanno seguito lesue istruzioni. Ma, prima di fornire le con-segne, si è chiesto in che misura i giocatorifossero realmente in grado di affrontarequella situazione, che miglioramento stes-se chiedendo loro rispetto ad analoghesituazioni passate, quali segnali i giocatoriavessero fornito durante gli allenamentiche lo avevano convinto di quella even-tualità? Questo è il modo in cui dovrebbeagire un allenatore che si assume in pienole responsabilità tipiche del suo ruolo.Infatti, non basta attribuire incarichi, biso-gna essere certi che gli atleti abbiano lecompetenze necessarie per condurli a ter-mine in maniera efficace e che si sianoallenati per un periodo sufficientementelungo.

4. Le competenze dell’allenatore

Per allenarsi a migliorare le proprie com-petenze nell’ambito della gestione dellerisorse umane è necessario identificare leabilità che dovrebbero essere patrimoniodi ogni bravo tecnico ed base ad esse iden-tificare i propri punti di forza e di debolez-za. Per realizzare questo processo ci si puòservire di uno strumento di valutazionerappresentato dal Test of Attentional andInterpersonal Style di Nideffer (per una piùrecente informazione vedi Nideffer, Sagal2001) che consente di evidenziare seicompetenze principali, articolate a lorovolta in successive abilità specifiche. Ser-virsi di un questionario consente allo psi-cologo di ottenere informazioni standar-dizzate sulla persona e di poter utilizzare irisultati così ottenuti per formulare delleipotesi sull’individuo, da discutere inseguito con l’allenatore.Le competenze così identificate sono:

La gestione di sé

Se si analizzano le competenze che unallenatore dovrebbe sviluppare per soddi-sfare le esigenze poste dalla sua posizioneprofessionale, fra di esse ne sono stateidentificate alcune di base, che riguardanola gestione di se stessi e la gestione delruolo di allenatore. La gestione di sé siriferisce alla fiducia, all’impegno e all’o-rientamento al miglioramento e riguardatre tipi di competenze che sono tra loroestremamente correlate. Infatti, la fiduciasi basa sulla convinzione che tramite l’im-pegno si possono affrontare con successoanche le situazioni più difficili e i risultatipositivi ottenuti spingono le persone amantenere vivo in loro questo processo diautomiglioramento. A queste tre abilità èstata aggiunta la capacità di delegarecompiti, a voler sottolineare che la gestio-ne di se stessi non riguarda solo le proprieprestazioni, ma che queste sono inscindi-bilmente unite alle prestazioni del propriogruppo e dei collaboratori del propriostaff.In un allenatore il processo di delega simanifesta essenzialmente in azioni chefavoriscono l’autonomia dei singoli o delgruppo e nella capacità di far assumeredelle responsabilità adeguate al propriolivello di competenza. Inoltre queste modalità di agire ostacolanol’evolversi di un fenomeno di riduzionedell’impegno personale. Questo fenomenochiamato pigrizia sociale (Harkins, Latané,Williams 1980) determina ricadute negati-ve sulle prestazioni del gruppo e diversesono le ragioni che ne determinano l’affer-marsi in un contesto sportivo. La primariguarda la convinzione personale di un

atleta di allenarsi meglio da solo che ingruppo, sapendo anche che il lavoro indi-viduale potrebbe essere riconosciuto epremiato con maggior facilità. La secondariguarda quelle persone il cui scopo è dispendere il minimo dell’energia in situa-zioni di lavoro di gruppo, senza correre ilrischio di essere percepiti come individuipigri. La terza ragione riguarda, invece,quegli atleti che diminuiscono il loroimpegno perché non lo ritengono essen-ziale all’ottenimento del risultato finale.Infine, la quarta riguarda coloro che ridu-cono il loro impegno perché non voglionoche altri approfittino di esso per sottrarsi,a loro volta, alle loro responsabilità. I sug-gerimenti efficaci per combattere questofenomeno essenzialmente fanno riferi-mento alla necessità di coinvolgere mag-giormente gli atleti, di migliorarne la con-sapevolezza e il senso di responsabilità e diattribuire ad ognuno di essi compiti e ruolispecifici (Cei 1998).

La gestione del ruolo di allenatore

L’altra classe di abilità di base riguardainvece la competenza nel saper gestire ilproprio ruolo. Gli aspetti più significativi dicui si compone comprendono il pensierostrategico, il saper decidere, il saper rap-presentare l’organizzazione sportiva diriferimento e i valori etici riguardanti lasportività. Il pensiero strategico non è un’abilità che èappannaggio solo degli allenatori dellesquadre professionistiche o degli atleti dilivello internazionale, ma riguarda tutti.Questa forma di pensiero consente di pre-dire ciò che potrebbe accadere a breve-medio termine qualora s’intraprendesserodeterminati percorsi e permette di rilevareconnessioni ed effetti, sino a quel momen-to sconosciuti. Saper rappresentare l’orga-nizzazione sportiva è un’altra componenteessenziale, infatti è attraverso i suoi alle-natori che l’organizzazione realizza i suoiobiettivi. Non è affatto un compito buro-cratico, ma dinamico, poiché richiede unastretta interazione fra l’allenatore e la diri-genza nella fase in cui si deve comprende-re quale messaggio s’intende fornire agliatleti (e/o ai genitori).Decidere, assumendosi la totale responsa-bilità degli esiti futuri, è ciò che vienerichiesto agli allenatori e maggiore è laconvinzione dei dirigenti della Societàsportiva alla quale appartengono nelsostenere con coerenza questo approccio,maggiore sarà la pressione che l’allenatoreavverte su di sé ad agire in tal senso. Infi-ne, saper trasmettere i valori etici dellosport è diventato un aspetto fondamentaledel ruolo dell’allenatore che deve insegna-re a “giocare” pulito.

Page 40: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

40

La gestione delle informazioni

La capacità di gestire molte informazioniin tempi ben definiti è una dimensioneimportante per un allenatore. Abitualmen-te le persone dotate di questo tipo di com-petenza imparano rapidamente dallesituazioni e sono in grado di lavorare con-temporaneamente su più compiti. Infatti,agiscono, come dei giocolieri che gestisco-no molte palle contemporaneamente.L’information processing consiste proprionel saper mantenere l’attenzione su piùcompiti, nello scoprire nuove connessionie nella capacità di discriminare tra loro gliaspetti salienti di un progetto o di un’atti-vità. La focalizzazione su queste compo-nenti permette anche di elaborare e dicomunicare i passaggi specifici che devo-no essere realizzati per raggiungere undeterminato obiettivo. Per queste personequei compiti che pongono delle sfide, nonrappresentano mai un problema, anzi liricercano perché le situazioni di routine liannoiano.Un’altra componente saliente di questadimensione è la gestione delle informazio-ni ambientali, che non riguardano il conte-nuto tecnico dell’attività, ma si riferisconopiuttosto alla comprensione di quantoavviene nell’ambiente fisico e degli statid’animo delle persone con cui si entra incontatto. Quest’ultimo aspetto è moltorilevante in quei contesti organizzativi incui viene richiesto alle persone di fornire

con continuità prestazioni di alto livello enelle situazioni di forte pressione/tensionedovuta ad esempio all’importanza dellacompetizione alle quali si parteciperà. Inqueste situazioni la consapevolezza daparte dell’allenatore dello stato d’animo odell’umore che viene manifestato rivelal’atteggiamento che le persone hanno neiconfronti della fase sportiva/agonisticache stanno attraversando. È importanteraccogliere queste informazioni al fine didecidere quali interventi dovranno esseremessi in campo, ad esempio, per ridurresul nascere il pessimismo o la negatività dialcuni gruppi rispetto a una situazioneproblematica, anziché lasciar dilagare que-sto atteggiamento.Seguendo questo approccio il tecnico sitrova ad essere costantemente orientatoalla soluzione dei problemi. In effetti nondeve spendere troppo tempo a rifletteresul chiedersi: “Perché fanno così? Perchésono pessimisti?”, piuttosto deve sostituirela ricerca delle cause con l’azione, cam-biando il perché in cosa e, quindi, doman-darsi “Cosa posso insegnargli? Cosa devo-no fare per essere ottimisti?”

La gestione dello stress

Ottimisti, in tensione, soddisfatti e deter-minati o pessimisti, insoddisfatti, insicuri estanchi: non c’è alcun dubbio che dovendoscegliere quale condizione psicologicavivere fra queste due, sceglieremmo la

prima. Ora la domanda è la seguente:“Come mantenere questo atteggiamentonei momenti di stress, quando i risultatinon vengono? Quando si è sottoposti acritiche?” In realtà solo chi sta seduto inpoltrona non corre rischi, ma già nelmomento in cui ci si alza da essa si comin-cia a correre rischi, inizialmente minimi,ma che aumenteranno man mano siaccrescono le nostre aspettative e l’am-piezza della nostra area di azione. L’obiettivo primario nella gestione dellostress è accettare le nostre reazioni, sianoesse di paura, di rabbia o d’impotenza.Tutti le provano e non si deve nasconderle.Ciò che differenzia un individuo che legestisce da un altro che le subisce consistenel modo di fronteggiare le situazioni chepercepisce come stressanti. È abbastanzaevidente che i rivolgimenti che sono inatto in questi anni, non solo nel mondosportivo, richiedono individui capaci diguidare se stessi e gli altri, fornendo nonsolo strategie e strutture, ma anche svi-luppo delle risorse umane, rendendolesempre più adeguate ad agire in un conte-sto di competitività e di difficoltà crescen-ti. Una domanda che spesso si pongono imanager è la seguente: “Come faccio amostrarmi convinto che ce la faremo auscire da questa crisi, se io stesso non nesono certo?” Nello sport si dice che sequando entri in campo non sei convintoche hai tutto ciò che ti serve per riuscire araggiungere il tuo obiettivo, è quasi sicuroche non lo raggiungerai. È come dire aipropri avversari: “Tenete, oggi vi regaliamoun po’ della nostra convinzione di vincere,noi preferiamo restare insicuri.” Perciò l’in-segnamento è il seguente: accettare lasfida e giocare sino al fischio finale con laconvinzione di farcela. Ad esempio, neglisport di squadra, s’insegna ai giocatori arincorrere anche le palle impossibili daprendere, perché non si deve mai abban-donare l’idea che, al contrario, sia possibileprenderle; infatti alcune volte il loro recu-pero riesce e ciò aiuta molto i giocatori asentirsi forti, perché la squadra avversariaresta impressionata dalla carica agonisticadei suoi avversari, perché il successo siconquista minuto per minuto per tutta ladurata della partita. Per trasmettere questa mentalità ai gioca-tori, l’allenatore deve essere il primo adimostrare apertamente un atteggiamentodi questo tipo. Qualcuno potrebbe obiettare che non èaffatto facile vivere in questo modo. D’ac-cordo, quindici minuti di sconforto sonoaccettabili, ma dopo bisogna cambiareregistro, abbandonare completamentequesta condizione e impegnarsi a realizza-re le decisioni prese con convinzione epositività.

Foto Gigante

Page 41: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

41

La gestione dei rapporti interpersonali

Strettamente collegata alla capacità digestione dello stress è la competenza nellostabilire rapporti interpersonali efficaci.Saper comunicare obiettivi e compiti è unacomponente necessaria in coloro chedevono guidare altre persone e diventauna competenza irrinunciabile, in partico-lare, nelle situazioni stressanti o in cui èrichiesto un forte coinvolgimento di tuttele persone. La questione essenziale riguar-da, pertanto, la modulazione della comu-nicazione interpersonale: quando ascoltaree quando essere direttivi, quando mostrar-si aperti alla discussione e all’emergere dipiù alternative e quando invece converge-re rapidamente su una soluzione; quandoincoraggiare e sostenere un individuo odun gruppo e quando avere un confrontoanche duro. Nelle fasi di stress questa èuna delle prime abilità che viene persa, sidice che non c’è tempo per queste cose,che gli atleti devono capire il momentodifficile, che si devono adeguare all’allena-tore che diventa brusco, incostante,depresso o arrabbiato a seconda dellegiornate. Immaginiamo una situazioneassurda, in cui un allenatore prima di unapartita decisiva dicesse ai suoi giocatori:“Dobbiamo solo sperare in un miracolo perbatterli.” È probabile che l’umore della squadradiventerebbe un ostacolo alla prestazione,poiché alcuni si deprimerebbero, altri sisentirebbero confusi e altri ancora sareb-bero arrabbiati con l’allenatore. In ognicaso, senza raggiungere la sfiduciamostrata da questo allenatore si possonocomunque commettere errori dovuti alladifficoltà di gestire le proprie insicurezze egestire questi momenti è assolutamentenecessario per non trascinare in questobaratro d’insicurezza anche gli atleti. A questo riguardo, in un’intervista realiz-zata al mitico allenatore di nuoto, JamesCounsilman, è emerso che spesso era ner-voso durante le competizioni più impor-tanti, ma che aveva lavorato duro per farsi che i suoi atleti non si accorgessero delsuo stress. Counsilman sentiva che questoera di estrema importanza perché avevaimparato che se gli atleti assumono illivello di ansia dell’allenatore, diventanopiù nervosi del normale e forniscono pre-stazioni negative (Gould, Guinan, Green-leaf, Chung 2002).L’atteggiamento che, invece, spesso si pri-vilegia si fonda sull’idea che l’attenzione airapporti interpersonali sia qualcosa cheappartiene al tempo delle vacche grasse oquando non c’è stress, quando i problemipossono riguardare solo la quantificazionedei premi o aspetti secondari delle sedutedi allenamento.

La gestione del tempo

Una buona gestione del tempo richiedel’uso di quelle abilità analitiche che sononecessarie a stabilire priorità fra i compitie a identificare responsabilità da affidare.In tal senso, la metodologia dell’allena-mento potrebbe anche essere consideratacome l’arte di saper organizzare il tempo alfine di permettere l ’acquisizione e ilmiglioramento continuo delle abilità cheservono a determinare prestazioni efficaci.La questione di come viene gestito iltempo è centrale nell’allenamento e, inparticolare, è prioritario tentare di avere laconsapevolezza di cosa fanno realmentegli atleti, quelli esperti e quelli meno abili,durante l’allenamento e quindi collegare lastima dell’importanza di certe attività, conil tempo speso nel praticarle. Poche ricer-che hanno misurato cosa viene addestratoe come le persone si addestrano. Questotipo di analisi è stato chiamato “micro-struttura della pratica” e in diversi studi(Starkes 2000) sono state riscontrate cor-relazioni negative fra ciò che è consideratocome maggiormente rilevante dall’atleta eciò che viene realmente effettuato. Adesempio, uno studio (Deakin, Starkes,Allard 1998) ha esaminato atleti di élite,gruppi competitivi e atleti di livello amato-riale praticanti pattinaggio artistico perdeterminare quali elementi dell’allenamen-to fossero riportati come più importantirispetto a quelli che venivano realmentepiù eseguiti. È stata riscontrata una rela-zione significativa negativa fra il ricordodegli atleti di ciò che è più importante per

l’allenamento e ciò che realmente fanno.Inoltre, è stato riscontrato che nel patti-naggio di figura la quantità di tempo atti-vo che veniva spesa poteva differire signi-ficativamente in base al livello di abilitàdell’atleta. I membri del gruppo di élite(squadra nazionale) spendevano il 68,4%del tempo lavorando sui salti, i pattinatoridi livello competitivo il 59,3% e quelli dilivello ricreativo il 42,9%. “In termini diquantità di tempo speso attivamente nel-l’allenamento c’è molto tempo perso. Ciòha implicazioni importanti nello studiodell’allenamento. Quando gli atleti o imusicisti ricordano retrospettivamente ches’impegnano per un’ora al giorno, quantotempo viene realmente speso in una prati-ca intenzionale? I tempi ricordati dai patti-natori esperti sono probabilmente più vici-ni al reale, rispetto a quelli ricordati dagliatleti meno esperti. Questo suggerisceanche che le valutazioni effettuate daimeno esperti comportino un certo gradodi sovrastima. In altri sport, come la lotta el’hockey su ghiaccio, il tempo perso èsignificativo, ma non sembra essereinfluenzato dal variare dei livelli di abilità.Analisi preliminari hanno anche messo inluce che, mentre i pattinatori consideranocerti nuovi salti come critici per l’allena-mento e per il successo della prestazione,la maggior parte del tempo di allenamentoviene spesa nell’effettuare salti che sonogià stati ben imparati. I pattinatori sovra-stimano anche la loro costanza nell’effet-tuare con successo i salti e ...sovrastimanoil numero di salti che effettuano durantel’allenamento” (Starkes 2000) (figura 2).

Figura 2 – Confronto tra il numero di salti realmente eseguiti in allenamento e quelli che vienericordato di avere eseguito in tre gruppi di atleti praticanti pattinaggio di figura (atleti di élite,atleti di medio livello e atleti a livello ricreativo) (da Deakin, Starkes, Allard 1998, modificata)

Page 42: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

42

Sono emerse queste variabili :

(a) Un anno prima:

• la data delle competizioni per la selezione della squadra che eratroppo vicina ai Giochi olimpici;

• i metodi di selezione della squadra;• le esercitazioni di team building.

b) Novanta giorni prima

• L’allenamento nel luogo dove si sarebbe svolta la competizioneolimpica.

• La partecipazione a competizioni internazionali.

c) Durante i Giochi olimpici

• Prestazioni- Fiducia.- Conservazione della freddezza.- Abilità di adattarsi tatticamente alle diverse situazioni che si

producono durante le gare.- Avere un piano ed essere preparati ad affrontare gli elementi

di disturbo.- Credere che sia realistico pensare di poter vincere una meda-

glia.

• Squadra- Avere un team leader positivo.- Manifestare una forte intesa e coesione di squadra.- Avere una relazione allenatore-atleta positiva.

• Famiglia- Famiglia e amici sono una fonte positiva di supporto.- Procurare biglietti per amici e famigliari può essere un ele-

mento di disturbo.- Spendere tempo con loro è distraente.

• Ambiente- La presenza entusiasmante di spettatori statunitensi e della

folla.- Cerimonia d’apertura troppo vicina alle gare.- Villaggio olimpico con troppe distrazioni (alimentazione

eccessiva, feste, mancanza di privacy).- Opportunità positiva di un accesso alla consulenza in psico-

logia dello sport.

Successivamente agli allenatori è stato chiesto d’identificare qualierano state le variabili che avevano influenzato l’efficacia dellaloro prestazione prima e durante le Olimpiadi:

a) Un anno prima

• La partecipazione della squadra a sessioni di team building.• La presenza di una forte intesa e coesione fra i membri del

coaching staff.• Il notevole aiuto da parte del NGB nel facilitare la preparazione e

l’organizzazione in vista della partecipazione ai Giochi olimpici.• Il notevole aiuto da parte dello staff del Comitato olimpico sta-

tunitense (Usoc) nel facilitare la preparazione e l’organizzazio-ne in vista della partecipazione ai Giochi olimpici.

• I metodi di selezione della squadra corretti ed efficaci neldeterminare quali erano gli atleti migliori.

• L’avere avuto la responsabilità della selezione degli atleti.• Le buone possibilità di allenarsi per i Giochi olimpici offerte alla

squadra.• Il fatto che gli atleti si erano allenati tramite programmi svolti

in sede o in un luogo comune.• Il fatto che gli atleti avevano seguito un programma di allena-

mento delle abilità mentali.• Il fatto che gli atleti avevano usufruito di servizi effettuati da

psicologi dello sport per uno sviluppo personale delle abilitàmentali.

b) Durante le Olimpiadi

• L’opportunità di frequentare la USOC High Performance Coa-ches House.

• L’opportunità d’interagire con psicologi dello sport.• L’avere mantenuto semplicità nelle azioni ed essere restati con-

centrati sui Giochi olimpici.• Avere avuto aspettative realistiche nei confronti degli atleti. • Il fatto che gli atleti avevano seguito il piano preparato per i

Giochi olimpici.• La grande utilità dello staff dell’Usoc e del NGB ed il supporto

avuto da loro.• L’abilità nell’affrontare situazioni di crisi e nel prendere decisio-

ni importanti in modo corretto. • La fiducia degli atleti nelle idee e nell’esperienza dell’allenatore.• L’influenza negativa sull’efficacia dell’allenatore dei conflitti fra

atleti e staff o familiari.• I problemi di trasporto che rendevano più difficili gli sposta-

menti sui campi

In uno studio recente (Gould, Guinan, Greenleaf, Chung 2002) è stato richiesto a quarantasei allenatori statunitensi che avevano parte-cipato ai Giochi olimpici di Atalanta ed a diciannove allenatori che avevano partecipato a quelli di Nagano, quali fossero state, secondoloro, le variabili che avevano influenzato le prestazioni dei loro atleti. In particolare, in una prima fase è stato chiesto loro in qualemisura ciò che era accaduto un anno prima, novanta giorni prima e durante i Giochi olimpici poteva avere influito sui risultati ottenutidai loro atleti. L’analisi delle risposte fornite ha così permesso di identificare quali siano gli elementi che essi ritengono importanti intre diverse fasi della preparazione ai Giochi olimpici stessi. Inoltre l’identificazione delle variabili che secondo loro avevano influito sul-l’efficacia della loro prestazione come allenatori, rispettivamente un anno prima e durante i Giochi olimpici, permette di ottenere indi-cazioni sugli interventi necessari per agevolarne il lavoro. Va notato che tra tali variabili viene citato il fatto che gli atleti avevanoseguito un programma di allenamento delle abilità mentali, che avevano avuto la possibilità di usufruire di servizi realizzati da psicologidello sport per uno sviluppo personale di tali abilità, e che agli allenatori era stata data l’opportunità di interagire con psicologi dellosport, che sono una dimostrazione della sempre maggiore importanza che la psicologia dello sport sta assumendo nella preparazionealle grandi manifestazioni sportive internazionali.

Le variabili che influenzano le prestazioni nei Giochi Olimpici

Page 43: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

43

Come si realizza un programma di coaching

Il programma si articola in quattro parti:definizione del piano di autosviluppo,attuazione del programma di azione for-mulato, valutazione dei risultati raggiuntie follow-up finale.La definizione del piano di autosviluppopersonale viene realizzata in due fasi. Laprima comporta l’illustrazione dei risultatiemersi dal Test of Attentional and Interper-sonal Style e la formulazione di un Pianodi Autosviluppo Personale centrato suipunti seguenti:

• descrizione delle principali aree dimiglioramento da parte dell’allenatore;

• descrizione di quali sono le cause chehanno determinato uno sviluppo limita-to o insoddisfacente in questi ambiti;

• descrizione di quali sono le situazionispecifiche che con più probabilità con-tribuiscono a mantenere queste diffi-coltà/limitazioni;

• identificazione di quali sono le abilitàche l’allenatore vuole sviluppare persuperare queste difficoltà;

• identificazione di quali sono i parametriche vuole usare per valutare il propriomiglioramento;

• identificazione delle azioni che vuoleeffettuare per migliorare queste compe-tenze;

• identificazione di chi potrebbe fornirgliun supporto esterno di fiducia con cuiconfrontarsi e verificare se il suo com-portamento sta cambiando.

Nel successivo incontro s’identifica unobiettivo specifico di miglioramento e siformula un Piano di Azione. Questo ripren-de quanto descritto nel foglio relativo alPiano di Autosviluppo Personale, ma moltopiù operativo. Partendo da un obiettivo dimiglioramento specifico, l’allenatore indi-vidua e descrive per punti come abitual-mente agisce e quali risultati ha ottenutoche sono per lui negativi. Giunto a questopunto stabilisce, insieme al consulente,

quali sono le azioni che intende intrapren-dere per cambiare questa situazione, qualisono i risultati che si aspetta di ottenere.Questo incontro conduce alla definizionedi un piano di azione, così come è riporta-to nell’esempio del Riquadro 1 che riguar-da il caso di un allenatore che vuolemigliorare la sua abilità nell’essere direttocon gli atleti. A seconda delle esigenze del-l’allenatore possono essere attuati anchedue piani d’azione nello stesso periodo. A questi primi due incontri ne seguonoaltri quattro con una cadenza mensile cheservono a monitorare questo processo diautosviluppo personale. Ad essi segue unincontro a distanza di due mesi da quellofinale, il cui scopo è quello di fornire unavalutazione del percorso effettuato sino aquel momento, ed anche quello di soste-nere la motivazione personale a non arre-stare questo processo di automigliora-mento che deve diventare parte integrantedella professionalità dell’allenatore. Infine,a distanza di altri quattro mesi, vieneeffettuato un incontro di follow-up cheserve a rinforzare ulteriormente quanto èstato svolto sino a quel momento, con-frontandosi sugli ostacoli che si sono pre-sentati, fornendo una prospettiva ulteriorea questo processo dinamico e continuo diaffinamento di se stessi.

L’Autore: dott. Alberto Cei è collaboratore delDipartimento di psicologia dell’Istituto di scienzadello sport del Coni di Roma

Indirizzo dell’Autore: dott. Alberto Cei, Diparti-mento di psicologia, Istituto di scienza dellosport, Largo Giulio Onesti 1, 00197, Roma.

Bibliografia

Cei A., Psicologia dello sport, Bologna, IlMulino, 1998.Deakin J. M., Starkes J. L., Allard F., Themicrostructure of pratice in sport, SportCanada Technical Report, 1998.Gould D., Guinan D., Greenleaf C., Chung Y.,A survey of U.S. olympic coaches: Variablesperceived to have influenced athleteperformances and coaches effectiveness,The Sport Psychologist, 16, 2002, 229-250.Harkins S. G., Latané B., William K.D., Socialloafing: Allocating effort or taking it easy,Journal of Experimental Social Psychology,16, 1980, 457-465.Nideffer R. M., Sagal M. S., Assessment insport psychology, Morgantown, FitnessInformation Technology, 2001.Salmela J., Great job coach: Getting theedge from proven winners, Ottawa, Poten-tium, 1996.Starkes J. L., The road of expertise: Is practicethe only determinant?, International Journalof Sport Psychology, 31, 2000, 431-451.Whitmore J., Coaching for performance,Londra, 3a ed., Brealey, 2002.

Obiettivo: apprendere ad esprimere le proprie idee inmaniera diretta e in funzione degli obiettivida raggiungere

Abitualmente:• per evitare il giudizio degli atleti s’impe-

gna a mantenere una buona relazioneanche quando non è il caso di farlo.

• è troppo orientato a ricercare il consen-so degli atleti

Effetti:• difficoltà a esprimere opinioni in manie-

ra diretta, soprattutto quando possonourtare i sentimenti delle altre persone,come nel caso di feedback negativi;

• difficoltà a fornire feedback negativi-cri-tici

Azioni: • essere consapevole che l’espressione del

dissenso è determinata dalla prestazioneprofessionale e non comporta un giudi-zio sulla persona e riguarda:- cosa va;- cosa non va.

• essere consapevole che questo atteggia-mento limita la crescita sportiva e l’e-spressione delle competenze;

• prendere in considerazione uno o dueproblemi che si stanno trascurando ulti-mamente (settimane/mesi) e torvare ilmodo di affrontarle con la persona o

le persone coivolte.• preparare una lista di probemi che

riguardano il proprio gruppo di atleti;includendo anche se stesso nell’elenco econsiderare cosa si potrebbe fare peraffrontare ciascuna questione;

• riconoscere che essere diretti significa:1. esprimere un’opinione sulle attività in

corso: è quanto gli atleti si aspettanodal loro allenatore;

2. essere specifici e puntuali nelle spie-gazioni;

3. esprimere valutazioni su quanto si èfatto e non sulla persona;

4. servirsi dei dati necessari a sostenerela propria opinione;

5. evidenziare quanto stato fatto bene,ma anche le insufficienze o gli errori,sapendo che attraverso questi ultimisi può migliorare.

Esercitarsi in queste attività e riportaresu un quaderno, almeno una volta lasettimana, i risultati ottenuti, le diffi-coltà che incontri e le reazioni dei tuoiatleti

• Ridefinire il confronto con gli atleti intermini di opportunità di miglioramentodelle proprie prestazioni

Effetto atteso• Aumento della sicurezza nel ruolo e in

particolare nell’espressione di valutazio-ni e nel confronto con gli atleti

Piano di Azione

Nome: ________________________

Riquadro 1 – Esempio di Piano di Azione

Page 44: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

44

siano adeguate rispetto alle diverse dire-zioni dei carichi di allenamento, ma ancherispetto ad un processo completo di rige-nerazione ed alle reazioni di adattamentodell’organismo, necessarie ad una pienaefficacia dell’allenamento stesso. La solu-zione di questo problema è realizzabile perdue strade, strettamente collegate tra loro,che sono, da un lato, il continuo migliora-mento della pianificazione delle diversestrutture del processo di allenamento edall’altro una programmazione mirata deidiversi mezzi di ristabilimento e rigenera-zione che, ormai, debbono diventare com-ponenti indispensabili dell’allenamentomoderno e della sua programmazione. Talimezzi svolgono un ruolo sia come misurevere e proprie di rigenerazione, ma anchecome mezzi per il miglioramento dellacapacità di prestazione. Pur essendo cono-sciuti da alcuni decenni, non avevanoancora il ruolo che essi hanno assunto inquesti ultimi anni con l’enorme incremen-to dei volumi di allenamento e dell’attivitàdi gara nei vari sport.Sulla base di queste considerazioni, V. Pla-tonov dedica alla problematica del recupe-ro e della rigenerazione dopo i carichisportivi il 20° capitolo del suo libro dedi-cato alla teoria generale della preparazio-

ne degli atleti degli sport olimpici (V. N.Platonov, Obshaja teorija podgatovkisportsmenov v olimpijskom sporte, Kiev,Olimpiiskaja Literatura, pagg. 583) cheattualmente rappresenta la più ampia sin-tesi esistente in lingua russa (e forse nonsolo in essa) di tutti gli aspetti della pre-parazione di un atleta olimpico. In talecapitolo, dopo avere descritto quali sianole caratteristiche dei mezzi pedagogici,psicologici, medico-biologici, fisioterapeu-tici, farmacologici e dietetici utilizzabiliper la rigenerazione e con essa per la sti-molazione della capacità di prestazione(parte si tratta degli stessi argomenti trat-tati nell’articolo di Valk pubblicato in que-sto numero – ma considerati nell’otticadel metodologo dell’allenamento), Plato-nov espone quali siano i criteri che debbo-no essere seguiti nell’utilizzazione e nellaprogrammazione delle misure e dei mezzidi rigenerazione e regolazione della capa-cità di prestazione. Secondo Platonov i diversi mezzi che ven-gono utilizzati nelle misure di rigenerazio-ne e di stimolazione della capacità di pre-stazione possono essere classificati in tregruppi: mezzi ad azione tonificante globa-le, mezzi ad azione tonificante generale emezzi ad azione tonificante specifica.

L’utilizzazione e la programmazionedelle misure e dei mezzi di rigenerazione e di regolazione della capacità di prestazione

Gli elevati volumi e le elevate intensitàdegli allenamenti attuali , ai quali siaggiunge il numero crescente di competi-zioni che si riscontra in quasi tutti glisport, pongono a coloro che debbono pro-grammare l’allenamento problemi notevo-li, specialmente per quanto riguarda unrapporto ottimale tra i carichi di allena-mento e di gara. Tali problemi interessanoin particolare le unità di allenamento (UA)ed i microcicli, creando difficoltà non solonel garantire condizioni di lavoro che

a cura di Olga Iourtchenko, Mario Gulinelli

Complessi con azione globale Complessi con azione specifica

dopo l’allenamento dopo un carico dopo un caricodella velocità anaerobico aerobico

I complessoSauna Bagno caldo con essenza Bagno molto caldo Bagno caldo

di eucalipto con essenza di pino con sale marino

Massaggio manuale Irradiazione con i raggi visibili Irradiazione con Frizioni tonificantiglobale delle spettro blu della luce raggi ultravioletti

Aeroionizzazione Massaggio parziale Massaggio parziale Aeroionizzazione

II complessoMassaggio segmentario Sauna Bagno ossigenante Bagno con anidride carbonica

Massaggio manuale Irradiazione Irradiazione Idromassaggioglobale con raggi ultravioletti con raggi ultravioletti

Irradiazione Aeroionizzazione Irradiazione con Irradiazione con i raggicon raggi ultravioletti con raggi infrarossi visibili dello spettro rosso

III complessoBagno caldo Doccia calda Bagno molto caldo Doccia caldacon essenza di pino con essenza di pino

Idromassaggio Irradiazione con raggi Procedure iperossiche Frizioniultravioletti tonificanti

Aeroionizzatione Massaggio parziale Massaggio parziale Irradiazione con raggiultravioletti

Tabella 1a – Varianti dei complessi di mezzi di ristabilimento a seconda delle varie direzioni dell’allenamento

TRAINER’SDIGEST

Page 45: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

45

I mezzi ad azione tonificante globale inte-ressano le principali funzioni e sistemi del-l’organismo e sono rappresentati dallasauna finlandese (grado d’umidità moltobasso) e dalla sauna russa (con elevatogrado di umidità), dal massaggio manualeglobale o dall’idromassaggio; i mezzi adazione tonificante generale sono tuttiquelli che non influiscono profondamentesull’organismo (raggi ultravioletti, alcunimetodi elettroterapeutici; aeroionizzazio-ne) mentre i mezzi ad azione tonificantespecifica sono tutti quelli che influenzano,prevalentemente singoli sistemi funzionalio loro componenti. Secondo Platonov,sono proprio quest’ultimi i più importantiper l’allenamento. Infatti, vengono utiliz-zati nei microcicli, nel caso di carichi didirezione e grandezza allenante diversa epermettono di regolare la capacità di pre-stazione degli atleti e delle atlete da un’UA all’altra. Secondo Platonov, la formamigliore di utilizzazione di tutti i mezzi dirigenerazione è la loro applicazione in suc-cessione o parallela, unendoli in complessidi mezzi, in quanto ciò aumenta l’effettoglobale di ciascuno di essi, rafforzandonereciprocamente l’azione specifica (cfr.tabella 1a). Un aspetto sul quale pone espressamentel’accento è che non si deve pensare chel’utilizzazione di questi mezzi, diretti a sti-molare la capacità di prestazione ed adaccelerare la rigenerazione, sia una sempli-ce procedura per ridurre l’affaticamento,

oppure accelerare la rigenerazione e sti-molare la capacità di prestazione: ognunodi essi rappresenta un ulteriore carico perl’organismo che pone determinate richie-ste, che possono anche essere elevate.Ignorarlo - ed su questo punto confermaquanto afferma Valk nell’articolo cheabbiamo ricordato - può produrre effetticontrari, cioè aumentare l’affaticamento,ridurre la capacità di prestazione ed altera-re i processi di adattamento. L’utilizzazionedi questi mezzi è indirizzata alla rimozione,più rapida possibile, dei fenomeni prodottidalla fatica dopo i carichi di allenamento edi gara. In questo modo si riesce ad incre-

mentare il volume totale del lavoro nelleUA l’intensità dei singoli esercizi di allena-mento, a rafforzare l’effetto delle pause tragli esercizi e le serie e, nei microcicli, adaumentare il numero delle UA con carichidi volume elevato (figura 1). Ad esempio, nei microcicli d’urto, l’utilizza-zione mirata dei mezzi di recupero - colle-gata organicamente con la grandezza ed ilcarattere dei carichi nelle UA - permettesia di incrementare d’oltre il 10% il volumedell’attività di allenamento, sia di miglio-rarne la qualità. Inoltre viene anchemigliorato il potenziale energetico deisistemi funzionali e con esso il continuosviluppo delle capacità organico-muscolarie della prestazione. Però, secondo Plato-nov, occorre che l’accelerazione dei pro-cessi di rigenerazione dopo le UA sia diffe-renziata, intendendo con ciò che si devesempre tenere conto della loro azione e delsuccessivo adattamento. Per cui, ad esem-pio, non è opportuno intensificare la rige-nerazione dopo UA che sono dirette all’in-cremento del potenziale energetico dell’or-ganismo, in quanto, proprio la profonditàdello stato di affaticamento e la durata delperiodo di rigenerazione determinano inmisura decisiva l’ampiezza ed il caratteredei cambiamenti adattativi nei corrispon-denti organi e sistemi di organi. Invece érazionale l’utilizzazione di mezzi per inten-sificare la rigenerazione dopo esercizi e UAdiretti allo sviluppo di quei sistemi funzio-nali dell’organismo che vengono immedia-tamente migliorati durante l’attività diallenamento stessa, come, ad esempio,nelle UA dirette a perfezionare la tecnicadi esercizi coordinativamente difficili, inquelle finalizzate ad apprendere elementitattici od a migliorare la rapidità. Tutti casinei quali l’efficacia dell’allenamento nondipende dall’intensità dell’affaticamento,ma dal livello ottimale dell’attività di alle-namento, nel suo complesso.

Figura 1 – Cambiamento del carico e dinamica della capacità di prestazione con (a) e senzaimpiego di mezzi di rigenerazione (b). C: carico delle unità di allenamento; R: complesso di mezzidi rigenerazione

Figura 2 – Rigenerazione finalizzata di quelle componenti della capacità di prestazione che deb-bono essere mobilitate nel lavoro successivo d’allenamento. AN: carico anaerobico; AE: caricoaerobico; R: complesso di mezzi di rigenerazione; capacità di prestazione condizionata per via1. anaerobica; 2. aerobica; 3. dalla rapidità

Page 46: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

46

Le opportunità offerte dai mezzi di rigene-razione vengono sfruttate sopratuttodurante le grandi manifestazioni sportive,specie in quegli sport che sono caratteriz-zati da gare che durano a lungo e nellequali l’atleta deve impegnarsi più volte,come nella pesistica, in tutti gli sport dicombattimento, nei giochi sportivi, neldecathlon, nell’eptathlon, ecc. In questicasi, l’utilizzazione razionale dei mezzi dirigenerazione è molto importante perrimuovere rapidamente fenomeni di affa-ticamento e per la normalizzazione dellostato psico-fisico degli atleti, riuscendocosì a migliorarne l’attività di gara. Tra i mezzi che permettono di regolare lacapacità di prestazione vi sono anche larigenerazione speciale di quelle compo-nenti che non debbono essere sollecitateintensamente in una UA od in una suaparte: se, ad esempio, la prima UA di alle-namento della giornata serve allo sviluppodella rapidità e la seconda allo sviluppodella resistenza anaerobica-glicolitica,dopo la prima UA è meglio impiegare uncomplesso di mezzi per la rigenerazionedelle funzioni interessate dal successivolavoro di resistenza. In tale modo si ottieneun miglioramento quantitativo e qualitati-vo dell’attività di allenamento nella secon-da UA (figura 2, tabella 2a). Anche la stimolazione preliminare dellacapacità di prestazione prima dell’iniziodell’attività di allenamento può servire dasuo mezzo di regolazione, in quanto cosìvengono attivati i sistemi funzionali chedebbono essere immediatamente impe-gnati. Ciò permette di aumentare volumeed intensità del lavoro. Si tratta di unmetodo particolarmente opportuno primadi UA che sono prevalentemente diretteallo sviluppo della forza rapida, al miglio-ramento della coordinazione motoria edalla formazione di elementi tecnico-tatticimolto difficili. Ma è un metodo che hadato buoni risultati anche prima di gareimportanti. Per quanto riguarda la pianifi-cazione in allenamento dell’impiego dimezzi per la rigenerazione e per la stimo-lazione della capacità di prestazione,secondo Platonov tale pianificazione deveessere sintonizzata con i compiti concretidel processo di allenamento. I mezzi chevengono previsti possono essere utilizzatia tre livelli: nella tappa o periodo di allena-mento, nell’allenamento corrente (cioèdurante i meso-microcicli e tra le singolegare) ed operativamente (cioé duranteun’UA o durante una gara).Nella tappa o periodo di allenamento, imezzi di rigenerazione e di stimolo dellacapacità di prestazione svolgono il compi-to di normalizzare lo stato funzionale del-l’atleta e di ottenere una rigenerazionepsicofisica più rapida possibile dopo la

Finalizzazione Mezzi di rigenerazione Finalizzazionedella prima UA della seconda UA

Forza rapida • Massaggio parziale Aerobica• Bagno caldo con eucalipto

• Irradiazione con i raggi visibilidello spettro blu della luce

Aerobica • Bagno ossigenato Anaerobica• Frizioni tonificanti• Aeroionizzazione

Anaerobica • Ossigenazione iperbarica Aerobica• Bagno con anidride carbonica• Idromassaggio

Tabella 2a – Pianificazione delle misure di rigenerazione che tiene conto della direzione del cari-co in due successive UA di allenamento

Figura 3 – Mezzi pedagogici di rigenerazione

Page 47: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

47

realizzazione del programma di macrocicliche terminano con gare importanti, maanche dopo periodi o tappe di allenamentomolto faticose. In questo caso, le misure diristabilimento presentano un caratterecomplesso e comprendono diversi mezzi dinatura pedagogica, metodologica, psicolo-gica e bio-medica collegate con la pianifi-cazione di speciali microcicli di rigenera-zione (figure 3, 4) I mezzi che vengono impiegati a livellodell’allenamento corrente mirano all’otti-mizzazione dello stato dell’organismo del-l’atleta durante i meso- microcicli e le sin-gole gare. Le misure per la rigenerazione ela stimolazione della capacità di prestazio-ne presentano un carattere relativamentelocale, e sono strettamente legate allagrandezza ed al carattere dei carichi diallenamento. Il problema principale è rap-presentato dalla necessità di una continuaanalisi di quei fattori che nelle misureapplicate determinano la prestazione, l’af-faticamento e la rigenerazione. Nellatabella 3a viene mostrato l’esempio di unasoluzione razionale di questo problemaattraverso il modello di un microciclo d’ur-to, nel quale carichi di allenamento, misuredi rigenerazione e di stimolazione vengonopresentate sotto forma di un programmaunico. Comunque l’applicazione dellamisure di rigenerazione e stimolazione

Giorno del microciclo Effetto di stimolazione Carico di allenamento Effetto di rigenerazione

Allenamento mattutino

Lunedì Doccia calda Aerobico Bagno caldo in acqua salata(entità: media)

Martedì Doccia molto calda Anaerobico(entità: media) –

Mercoledì Doccia calda/fredda Velocità (entità: media) Bagno con essenza di eucaliptoGiovedì Doccia calda Anaerobico

(entità: scarsa) –Venerdì Doccia calda/fredda Velocità Bagno con essenza di eucalipto

(entità: media)Sabato Doccia molto calda Complesso

(entità: scarsa) –

Allenamento pomeridiano

Lunedì Sauna Velocità Bagno caldo con essenza(entità: elevata) di eucalipto

Martedì Frizioni tonificanti Aerobico (entità: elevata) Bagno caldo in acqua salataMercoledì Bagno caldo in acqua Complesso Bagno caldo con essenza di abete,

poco salata (entità: elevata) idromassaggioGiovedì Bagno caldo con essenza Anaerobico Bagno caldo in acqua poco salata

di abete (entità: notevole)Venerdì Frizioni tonificanti Aerobico Bagno caldo in acqua salata

(entità: notevole)Sabato Doccia calda Complesso Sauna, massaggio manuale generale

(entità: scarsa)

Tabella 3a – Pianificazione complessa delle UA e delle misure di ristabilimento in un microciclo d’urto della 2° tappa del periodo di preparazione(Platonov 1986)

Figura 4 – Mezzi psicologici di rigenerazione

Page 48: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

48

della capacità di prestazione va accordatacon le particolarità specifiche di ciascunosport come mostra l’esempio della tabella4a (tabella 4a). Tra i compiti dell’utilizzazione operativadei mezzi per la rigenerazione e la stimola-zione della capacità di prestazione trovia-mo l’accelerazione dei processi di recuperoo la stimolazione della capacità di presta-zione, dirette alla riuscita dell’esecuzionedi un programma di allenamento, di uncomplesso di esercizi in una UA, alla rea-lizzazione di un’elevato risultato della pre-stazione in una singola gara, in un com-battimento, in una partita. A questi scopivengono utilizzati mezzi con un’azionemolto specifica, ma di volume scarso acausa del poco tempo che è disponibile incondizioni di allenamento ed ancora di piùdi gara. A conclusione del capitolo, Platonov ricor-da, ancora una volta, che stimoli di allena-mento, partecipazione alle gare e misure dirigenerazione rappresentano un processounitario e vanno considerati come unsistema globale: solo in questo modo sipuò disporre di uno strumento sicuro per ilcontrollo e la regolazione della capacità diprestazione, delle reazioni di rigenerazionee degli adattamenti, nell’attività di allena-mento e di gara degli atleti e delle atlete.

L’allenamento della resistenza negli sport di combattimento

Negli sport di combattimento, come delresto avviene anche nei giochi sportivi, ilproblema dell’allenamento dei presuppostienergetico-condizionali della prestazione,in particolare quello dell’allenamento dellecapacità di resistenza, è, da tempo, ogget-to di discussioni e ricerche. Infatti, in essitali capacità assumono un’importanzaparticolare, in quanto rappresentano il piùimportante presupposto energetico-condi-zionale per potere affrontare, in modo vin-

cente, un confronto con l’avversario, che aseconda dei vari sport, ha una durataeffettiva da due a dieci minuti, periododurante il quale l’atleta deve combattere,in modo tecnicamente e tatticamente effi-cace, opponendosi ai fenomeni di affatica-mento che potrebbero influire negativa-mente sulle sue azioni, e quindi sulle suepossibilità di vittoria. Come per le altrecapacità fisiche, anche per le capacità diresistenza ci si chiede, come si esprimanoin ogni singola disciplina, quale sia il loropeso tra i vari fattori che compongono lastruttura della prestazione, ed infine comevadano allenate e con quali mezzi. Questi temi vengono affrontati nel 35°volume della serie Trainerbibliothek(Biblioteca dell’allenatore), la collana editadalla Direzione per lo sport di alto livellodella Federazione tedesca degli sport,dedicato alla resistenza negli sport di com-battimento (Gerhard Lehmann, Ausdauer-training in Kampfsportarten, Münster, Phi-lippka Sportverlag, 2000, pagg. 143). Il suoAutore , Gerhard Lehmann (5° Dan di Judo,1° Dan di karate e 1° Dan di taekwondo)che, dopo avere insegnato sport di com-battimento ed essere stato dal 1987 al1990 Rettore dell’Istituto superiore diLipsia, dal 1991, lavora in Austria pressol’Istituto di consulenza per la medicina e lascienza dello sport a Maria Enzendorf e nelsettore della formazione degli allenatoridegli sport di combattimento di quelPaese, ha voluto con questo testo riassu-mere i risultati della sua esperienza plu-riennale di allenatore, insegnante e sopra-tutto ricercatore. Così nei dieci capitoli incui si articola il libro – che ha il pregio dinon limitarsi ad esporre riflessioni teorichee risultati di ricerche, ma di prendere lemosse da essi per fornire consigli pratici emetodologici concreti - vengono trattati,nell’ordine, quali sono i carichi richiestidalle gare degli sport di combattimento; isistemi di trasformazione dell’energia in

gara; le capacità condizionali e la strutturadelle capacità di resistenza specifiche deglisport di combattimento; la valutazionedell’allenamento delle capacità di resisten-za; l’allenamento generale e specifico dellaresistenza; la capacità di carico e di rige-nerazione; l’allenamento della resistenza ela riduzione del peso corporeo; l’unità traallenamento tecnico-tattico e condiziona-le; l’impostazione dei macrocicli nell’alle-namento della resistenza. Su quest’ultimoargomento, che non viene trattato cosìspesso nella letteratura specializzata, Leh-mann, anche se indirettamente, si inseriscenella discussione attualmente in atto sullaperiodizzazione dell’allenamento. Infatti fanotare come la prassi dello sport di altolivello degli ultimi quindici anni ed i pro-gressi in essa realizzati, richiedano chevenga esaminato continuamente fino ache punto la teoria dell’allenamento attua-le corrisponda alle esigenze della praticastessa. Per quanto riguarda la discussionetra metodologi dell’allenamento (ad esem-pio, Verchoshanskij e Platonov) sulla perio-dizzazione di Matveev, Lehmann esprimedei dubbi sulla sua validità in quanto,secondo lui, viene condotta nell’ottica discuole accademiche e modi di affrontare ilproblema non esenti da fattori personali-stici diversi, mentre al suo centro non cisono quei problemi sui quali, invece, lapratica attende dalla teoria dell’allena-mento risposte che la facciano progredire,se non addirittura nuove. Secondo Leh-mann, in generale, gli specialisti non vedo-no alcuna necessità di rinunciare allaperiodizzazione dell’allenamento comemodello del sistema di allenamento per gliatleti di alto livello o di sostituirlo con unsistema che usi altri concetti o tenga mag-giormente conto dei processi di adatta-mento (la polemica con Verchoshanskij èevidente). Invece, secondo lui si dovrebbepartire da un continuo perfezionamentodel concetto di periodizzazione dell’allena-

Giorno del microciclo Unità di allenamento

Prima Seconda

Lunedì Doccia Doccia, massaggio vibratorio del dorso e degli arti inferioriMartedì Doccia, massaggio delle avambraccia, Doccia, bagno con acqua minerale effervescente

del dorso, degli arti inferioriMercoledì Doccia, bevanda con elevato contenuto Doccia, bagno ipertermico per gli arti inferiori

di carboidratiGiovedì Doccia, sauna con da 1 a 2 entrate Doccia, idromassaggioVenerdì Doccia, massaggio vibratorio Doccia, massaggio manuale generaleSabato Doccia, bevanda con elevato contenuto Sauna, bagno aromatico, massaggio segmentario

contenuto di carboidrati

Tabella 4 – Misure di rigenerazione in un microciclo del periodo di preparazione in alcuni giochi sportivi (handball, pallavolo, pallacanestro(da Dubrovskij 1991)

Page 49: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

49

mento che tenga conto dei problemi chepongono continuamente la prassi dell’alle-namento e delle gare, come ad esempio, ilcontinuo aumento di quest’ultime. Però,afferma anche che qualsiasi proposta disoluzione sarà poco efficace se non sifonda su solide ed omnicomprensive basimetodologiche che tengano conto sia delleleggi dell’adattamento (sviluppo dei pre-supposti energetico-condizionali) sia diquelle dell’organizzazione delle informa-

zioni (sviluppo dei presupposti tecnico-tattici) e delle loro interrelazioni nel pro-cesso di sviluppo della prestazione. Neglisport di combattimento, secondo Leh-mann, in linea di principio, nell’imposta-zione dell’allenamento e della stagione digara si parte da una doppia periodizzazio-ne, diretta alla preparazione a due punticulminanti della stagione. E nota che inquesti ultimi anni si è rilevata una tenden-za ad un aumento delle gare durante l’an-

no – osservabile sopratutto nella scherma– che ha portato ad un’ulteriore sviluppodella struttura dell’organizzazione e deicontenuti della stagione di allenamento edi gara. Eccone alcuni esempi:

- il cambiamento dell’impostazione deimicrocicli per la preparazione a compe-tizioni importanti (ad esempio, breviperiodi di allenamento “d’urto” per losviluppo della capacità aerobica, o l’or-

Capacità energetico- Capacità di resistenza Presupposti della prestazione Periodi di allenamentocondizionali complesse tecnico-tattico-strategici Mesocicli

Sviluppo di un livello di base Costruzione delle basi Sviluppo di un ampio repertorio 1° periodo energetico-condizionale aerobiche e anaerobiche tecnico-tattico di preparazionedella prestazione specifica 1° mesociclodello sport praticato (circa 4 settimane)

Ulteriore sviluppo del livello Miglioramento del livello Stabilizzazione del repertorio 2° Mesociclodi base generale, multilaterale di resistenza di base, grazie tecnico-tattico; lavoro diretto (circa 4 settimane)energetico-condizionale all’allenamento a livello nella al controllo rapido e precisospecifico della prestazione zona di transizione aerobica- delle azioni di gara; e sviluppo di capacità anaerobica, miglioramento soluzione di problemienergetico-condizionali delle basi alattacide, sviluppo semplici e complessilegate alla tecnica. della resistenza alla forza rapida. di gara.

Stabilizzazione del livello Miglioramento del livello Stabilizzazione 2° periododi base generale multilaterale di resistenza di base del repertorio di preparazioneenergetico-condizionale e di resistenza tecnico-tattico; 3° mesociclospecifico della prestazione; alla forza alla soglia lavoro sul controllo (circa 4 settimane)stabilizzazione del livello anaerobica; miglioramento adeguato alla situazione delle capacità energetico- delle capacità alattacide; delle azioni di gara; condizionali legate alla tecnica; sviluppo della resistenza soluzione di compitisviluppo di capacità complesse alla forza rapida complessi di gara;.energetico-condizionali e della capacità conduzione variabileadeguate alla gara. di mobilitazione. del combattimento.

Mantenimento del livello Mantenimento del livello Stabilizzazione ulteriore Periodo di garadi base generale multilaterale di resistenza di base; del repertorio 4° mesocicloenergetico-condizionale ulteriore sviluppo tecnico-tattico; (circa 4 settimane)specifico della prestazione; del livello aerobico controllo stabile ulteriore stabilizzazione ed anaerobico ed adeguatodel livello delle capacità di resistenza alla forza; rispetto alla situazione energetico-condizionali miglioramento della resistenza delle azioni di gara;legate alla tecnica; stabilizzazione alla forza rapida continuo perfezionamentodel livello delle capacità e della capacità di mobilitazione; di una conduzioneenergetico-condizionali sviluppo della capacità del combattimentocomplesse adeguate alla gara. di superarsi. variabile e vincente.

Mantenimento del livello Mantenimento del livello Stabilizzazione ulteriore 5° mesociclodi base generale multilaterale di resistenza di base; ulteriore del repertorio (circa 4 settimane)energetico-condizionale sviluppo del livello aerobico tecnico-tattico; specifico della prestazione; ed anaerobico di resistenza controllo stabile ed adeguatoulteriore consolidamento alla forza; miglioramento rispetto alla situazione del livello delle capacità della capacità alattacida; delle azionienergetico-condizionali miglioramento della resistenza di gara;legate alla tecnica; alla forza rapida e della capacità continuo perfezionamentostabilizzazione delle capacità di mobilitazione; miglioramento di una conduzione energetico-condizionali della capacità di superarsi e del combattimentoadeguate alla gara. resistenza per un torneo. variabile e vincente.

Tabella 1b – Lo sviluppo delle capacità energetico-condizionali complesse e delle capacità di resistenza in un macrociclo negli sportdi combattimento secondo Lehmann

Page 50: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

50

ganizzazione di un adeguato regime dicarico-recupero tra gare importanti chesi susseguono a breve distanza ditempo);

- il superamento delle discrepanze tra laprestazione di allenamento e quella digara, grazie ad allenamenti nei qualivengono poste le stesse richieste postedalle gare ( cioè allenamenti in condizio-ni di stress od allenamenti nei qualiviene riprodotto il modello della gara);

- l’incremento della percentuali di mezzidi allenamento complessi e specifici perpotere sollecitare in condizioni di allena-mento soprattutto quei sistemi di con-trollo e regolazione che debbono funzio-nare in modo ottimale in condizioni digara;

- lo sviluppo della capacità di carico e dirigenerazione, grazie all’utilizzazionemirata di mezzi di allenamento sia gene-rali sia specifici ed alla realizzazione di

misure attive e passive di rigenerazione;- un’individualizzazione dell’allenamento

che tenga conto delle reazioni di adatta-mento e dell’anzianità di allenamento diciascun atleta.

Per quanto riguarda lo sviluppo dellecapacità energetico-condizionali comples-se ed in particolare delle capacità di resi-stenza nel macrociclo, Lehmann ricordache, negli sport di combattimento, le pre-

Fase Durata Mezzi principali di allenamento Volume Intensità FC

Recupero attivo 4-6 giorni Giochi, ginnastica, jogging, nuoto medio scarsa 110-130Rigenerazione psicofisica

Costruzione delle basi 3 settimanecondizionali, tecnico-coordinative, tecnico-tattiche

• rapidità/precisione/reazione Mezzi di allenamento specifici, medio media 140-160ma non tipo gara

• resistenza di base/ Jogging, nuoto, esercizi medio/elevato scarsa 120-140azioni legate a situazioni tecnico-tattici

• resistenza alla forza/ Allenamento con i pesi, medio/elevatoforza massima/ mezzi di allenamento tipo garaazioni legate a situazioni (allenamento situazionale)

• forza rapida/ Mezzi di allenamento non specifici medio/elevato scarsa 140-160resistenza alla forza rapida/ e specifici tipo gara 150-170azioni legate a situazioni (allenamento situazionale)

Sviluppo della prestazione 2 settimanecomplessa di gara

• perfezionamento Colloqui con l’allenatoredelle concezioni del combattimento

• combattere con successo Mezzi di allenamento tipo gara medio/elevato elevata 150-170contro tipi diversi di avversari/resistenza di base intensiva/resistenza alla forza rapida

• conduzione del combattimento Mezzi di allenamento tipo gara medio elevata > 180diretta a vincere/resistenzaalla forza rapida/resistenza di gara

• Resistenza di gara/resistenza Combattimento, modellazione medio molto > 180ad un torneo/capacità del combattimento, unità elevatadi rigenerazione tra carico e rigenerazione

Stabilizzazione

• Stabilizzazione della capacità 1 settimana Giochi, jogging, esercizi medio scarsa 120-140complessa di prestazione tecnico-tattici

Spostamento sul luogo da 4 a 6della gara giorni

• Rigenerazione Ginnastica, passeggiate, scarso medio 110-130• Preparazione a brevissimo esercizi tecnico-tattici 120-140

termine alla gara

Tabella 2b – Struttura di una preparazione immediata alla gara negli sport di combattimento secondo Lehmann

Page 51: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

51

stazioni di gara in primo luogo dipendonoda una regolazione e da un controllo ade-guato, rispetto alle esigenze di gara, diquei processi di natura nervosa centraleche permettono di condurre con successo(cioé in modo tale da ottenere la vittoria) ilcombattimento e di realizzare azioni effi-caci, ma contemporaneamente sonodeterminate dal ricorso alle diverse capa-cità energetico-condizionali. Infatti, se iprogrammi motori e d’azione che debbonoessere richiamati ed attivati durante uncombattimento, a causa del continuo erapido cambiamento delle situazioni deb-bono realizzare un controllo nervosoestremamente differenziato delle contra-zioni muscolari, la muscolatura deve ancheessere in grado di riuscire a reagire effica-cemente per tutta la durata del combatti-mento a questi impulsi nervosi centrali,altrimenti le azioni di gara perdono la loroefficacia. Ne deriva che le capacità di resi-stenza hanno un’importanza particolareper l’efficacia delle azioni di gara. Duranteun macrociclo diretto alla preparazione adun momento culminante della stagione laloro formazione, collegata a quella di altrecapacità energetico-condizionali quali larapidità, la forza rapida e la forza massima,contribuisce, in particolare, allo sviluppo dipresupposti generali e specifici energetico-condizionali della prestazione, allo svilup-po di quelli, sempre energetico-condizio-nali legati alla tecnica di gara e di quelli dinatura complessa propri della gara. Perottenere ciò, secondo Lehman, occorre chei compiti legati allo sviluppo delle capacitàdi resistenza e più in generale di tutte lecapacità energetico-condizionali venganostrettamente legati ai compiti della prepa-razione tecnico-tattica (cfr. tabella 1b). Ipresupposti generali e specifici energetico-condizionali della prestazione, soprattuttodurante il periodo di preparazione, hannola funzione di sviluppare la capacità dicarico e di recupero, attraverso un amplia-mento delle capacità funzionali generali especifiche; di preparare ai carichi specificiintensivi del periodo di gara, ed in que-st’ultimo periodo di compensare tali cari-chi intensivi specifici attraverso la solleci-tazione di settori funzionali che non sonostati interessati da essi. Invece, i presuppo-sti energetico-condizionali specifici legatialla tecnica di gara servono soprattuttoall’aumento dell’economia dei movimenti,allo sviluppo della velocità ed alla stabiliz-zazione dei processi coordinativi delleazioni di gara, nelle condizioni variabilidella gara stessa. Questo compito deveessere realizzato senza soluzioni di conti-nuità dal periodo di preparazione a quellodi gara fino al momento principale dellastagione, ponendo esigenze crescenti allaqualità dell’esecuzione dei movimenti con

un carico energetico-condizionale sem-pre maggiore. I presupposti energetico-condizionali complessi propri della garasono importanti per potere riuscire arealizzare una condotta del combatti-mento diretta alla vittoria, che abbiacarattere offensivo e possa essere impo-stata in modo variabile da ogni punto divista. Essi vengono formati sistematica-mente ricorrendo a forme di allenamen-to sempre più complesse ed intensive,dal periodo di preparazione a quello digara fino al momento principale dellastagione. Dunque, riassumendo, secondo Lehman,lo sviluppo dei presupposti energetico-condizionali e quindi anche delle capa-cità di resistenza, in un macrociclo deveavvenire seguendo queste regole: 1. crescente specificità dell’allenamento

ottenuta aumentando i mezzi di alle-namento specifici;

2. passaggio da forme estensive a formeintensive di carico;

3. aumento sistematico ed a trattiimprovviso dell’intensità dell’allena-mento;

4. aumento della complessità dell’alle-namento ottenuta utilizzando mezzidi allenamento riferiti ad un compito,non affini alla gara, affini alla gara edadeguati alla gara;

5. organizzazione dell’allenamento rea-lizzata attraverso l’unità tra carico erecupero, soprattutto dopo fasi d’alle-namento d’intensità elevata.

Per quanto riguarda la durata di unmacrociclo essa, a seconda del momen-to dell’impegno più importante dellastagione, può andare da dodici a ventisettimane. I macrocicli si distinguonotra loro in quanto nel primo ciclo vienesviluppato un potenziale di prestazione,ulteriormente ampliabile per l’allena-mento più intensivo e speciale delsecondo ciclo. All’interno di un macrociclo, troviamouna struttura particolare, rappresentatadalla preparazione immediata alla gara(PIG). Riprendendo quanto affermato daaltri Autori, secondo Lehman, la PIGrappresenta un ciclo di allenamentorelativamente indipendente e chiuso inse stesso, nel quale avviene la prepara-zione immediata all’impegno principaledella stagione. Il suo scopo è portare l’a-tleta alla massima espressione possibiledella sua capacità di prestazione, prose-guendo nello sviluppo della prestazioneottenuto nel macrociclo precedente.Quindi, il livello della prestazione rag-giunto alla fine della serie di gare delprecedente macrociclo deve essere ulte-riormente aumentato e stabilizzato, per

raggiungere un optimum individuale del-l’interazione di tutte i sistemi funzionaliche partecipano alla realizzazione dellaprestazione di gara nel giorno della com-petizione decisiva. Ciò vuole dire che, in unarco di tempo che va da cinque a settesettimane, l’allenamento di quegli atletiche si sono qualificati per partecipare allagara più importante della stagione vienesvolto come una sorta di “macrociclo com-presso” che presenta un ritmo del caricocaratteristico od una successione tipica difasi (recupero attivo, costruzione dellaprestazione, sviluppo della prestazione esua stabilizzazione) (tabella 2). Il picco delcarico è collocato circa 10-14 giorni primadella competizione principale. Nelle setti-mane di costruzione delle basi e dello svi-luppo della prestazione complessa di gara,vengono realizzati un carico crescente finoa raggiungere il picco del carico, cui segueuna rigenerazione secondo un rapportotemporale equilibrato. Di regola, il caricoaumenta con un ritmo da 3 a 5 giorni daun livello scarso ad un livello medio finoad un livello elevato, dopo di che intervie-ne la rigenerazione, che viene eseguita informa sia attiva sia passiva. Lehman ricor-da che poichè durante la PIG gli atleti rea-lizzano carichi massimali, il processo diadattamento ai carichi di allenamento vacontrollato continuamente. I parametriche si sono rivelati più utili sono la fre-quenza cardiaca a riposo, il peso corporeo,la creatinchinasi e l’urea. Inoltre è impor-tante osservare il comportamento degliatleti. L’allenamento delle capacità di resi-stenza nella PIG deve condurre ad unmiglioramento dei processi di trasforma-zione dell’energia tale che all’atleta siapossibile riuscire a ripetere con successo laprestazione di gara durante i combatti-menti dei giorni decisivi di un torneo. Ciòvuole dire, in particolare:- raggiungere un elevato livello di capa-

cità anaerobiche, collegate con ben svi-luppate basi aerobiche della prestazione,per essere in grado di affrontare qual-siasi ritmo di combattimento e riuscire,se necessario, ad incrementarlo ulterior-mente, nelle fasi decisive;

- un ottimo sviluppo dei presupposti alat-tacidi della prestazione, per essere ingrado di agire continuamente rapida-mente ed in modo esplosivo;

- uno sviluppo ottimale delle capacitàaerobiche, che permetta un recuperorelativamente rapido durante e dopocarichi elevati.

Per lo sviluppo di questi presupposti ener-getico-condizionali, durante la preparazio-ne immediata alla gara vengono utilizzati,prevalentemente mezzi d’allenamentocomplessi riassunti nella tabella 2b.

Page 52: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

52

Panagiotis Fotinakis, Costas Laparidis, Alexandros Karipidis, Kiriakos Taxildaris Università Democrito di Tracia, Dipartimento di Educazione fisica e Scienza dello sport, Komotini

Analisi delle differenze tecniche e tattichetra il Campionato NBAe le competizioni europee di pallacanestro,realizzata tramiteun programma avanzato di codificazione

Due pallacanestro a confronto

Vengono analizzate quali sono le differen-ze negli elementi di base della prestazionee nelle caratteristiche tattiche tra il Cam-pionato statunitense di pallacanestro(NBA) e le competizioni europee. A talescopo sono state esaminate sedici partitedi competizioni europee (Euroleague eSuproleague) ed altrettante dell’NBA. Lavalutazione delle variabili è stata realizzatatramite Basket AS, un software specificoper la pallacanestro. L’analisi della varianza(ANOVA) ha consentito di individuare diecivariabili, selezionate tra gli elementi dellaprestazione e le caratteristiche tecniche,statisticamente rilevanti fra le competizio-ni europee e quelle dell’NBA. In particola-re, variazioni significative sono stateriscontrate nelle azioni di attacco in con-tropiede, nelle azioni d’attacco manovrate,nelle azioni di attacco di durata compresatra 0-8 secondi e 8-16 secondi, nella per-centuale dei cambi palla e di tiri da duepunti e anche nella posizione dalla qualeviene realizzato l’attacco (pivot basso ealto, ala sinistra e guardia). Inoltre, l’analisidella discriminante ha consentito di indivi-duare all’interno delle variabili tre discri-minanti significative tra le competizioniNBA e quelle europee. Ciò permette diaffermare che la valutazione della presta-zione di una squadra richiede informazionidi tipo quantitativo con l’impiego di unmetodo affidabile di registrazione e codifi-cazione. Comunque si ritiene necessariaun’ulteriore indagine delle caratteristichetecniche che differenziano la pallacanestrostatunitense da quella europea. Foto Vision

Page 53: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

53

1. Introduzione

Quello della National Basketball Associa-tion (NBA) statunitense è giustamenteconsiderato il migliore campionato di pal-lacanestro del mondo. Si tratta di un cam-pionato assolutamente sui generis, che, siasul piano organizzativo sia su quello tecni-co non ha nulla in comune con le altrecompetizioni al mondo.Ma anche in Europa la pallacanestro èdiventata uno degli sport più popolari e leprestazioni degli atleti raggiungono livellidi eccellenza assoluta. Negli ultimi anni, ilnumero delle partite trasmesse in televi-sione è cresciuto enormemente, ed è ormaievidente che questo sport è riuscito a cat-turare il cuore e la mente degli appassio-nati europei. Era pertanto prevedibile che,parallelamente a questo fenomeno, si svi-luppassero una serie di ricerche, diretteall’analisi delle partite (a livello tecnico etattico) e dell’efficacia dei vari giocatori. Iservizi offerti dalle società di indagine sta-tistica si sono sempre più perfezionati e gliallenatori di pallacanestro ormai conside-rano le statistiche sulle partite uno stru-mento di lavoro molto utile e necessario. Anche se i dati statistici possono indicarela validità di un giocatore o di una squa-dra, i punti deboli e i punti di forza di unsquadra, oppure spiegare perché si è vintao persa una data partita, spesso, se nonvengono lette attentamente, possono for-nire informazioni fuorvianti . C’è daaggiungere che la valutazione di una pre-stazione nel pallacanestro è complicatadalla quantità e dalla varietà delle azioni digioco possibili nonché dalla complessitàdella prestazione stessa (Eom, Schutz1992).Grazie ai progressi della tecnologia, oltrealla televisione, attualmente abbiamo adisposizione videocamere, videoregistrato-ri e computer, il cui uso si è rapidamentediffuso in ambito sportivo, rivelandosiquanto mai utile. Attualmente esistonosoftware in grado di fornire all’allenatoresoluzioni e risposte in tempi sempre piùbrevi (Franks, Goodman 1986; Franks, Wil-son, Goodman 1987; Mullen 1992).Oltre a fornire informazioni preziose all’al-lenatore, l’analisi delle partite ha datonotevole impulso alla ricerca nel settoredel pallacanestro. Per le sue molteplicipossibilità di impiego e gli importantirisultati che derivano da studi aggiornati,l’analisi assistita da computer e videoregi-stratori promette molto per il futuro. Nel mondo, la pallacanestro si è sviluppatain modi diversi, riflettendo carattere e filo-sofia di ogni paese e, pertanto, si sonoprodotti molteplici stili di gioco. Con que-sto studio ci siamo proposti di valutare edanalizzare le differenze esistenti tra gli ele-

menti base della prestazione e le caratteri-stiche tattiche della pallacanestro giocatonegli Stati Uniti e in Europa.

2. Metodo

Soggetti

In questa ricerca, in totale sono state ana-lizzate trentadue partite, sedici di competi-zioni europee (Euroleague e Suproleague)e sedici giocate nell’NBA. Sono state sceltepartite giocate da squadre diverse, conrisultati con un margine inferiore ai diecipunti tra le due squadre.

Misurazione

La valutazione delle variabili della presta-zione è stata realizzata tramite il metododell’osservazione indiretta (Hagedorn,Niedlich, Schmidt 1980) utilizzando iseguenti strumenti:1. Un apparecchio VCR-TV per la registra-

zione e l’osservazione delle partite.2. Un telecomando, che veniva utilizzato

dall’osservatore per visionare sul moni-tor ogni azione di gioco a varie velocitàe più volte.

3. Il software di analisi video Basket AS. Talesoftware è dotato di queste funzioni:a) determinazione delle variabili delle

prestazione. In questo modo l’allena-tore ha la possibilità di creare variabilidella prestazione, a seconda delle esi-genze della ricerca;

b) codificazione e classificazione delleimmagini nelle variabili della presta-zione definite. Durante il processo dicodificazione, l’osservatore classifica

le immagini registrate secondo levariabili della prestazione e preparauna serie di dati.

Le caratteristiche della prestazione e delgioco sono state valutate tramite la classi-ficazione di queste variabili:• percentuale di tiri da tre punti;• percentuale di tiri da due punti;• percentuale di tiri liberi;• punti segnati per possesso di palla

(media dei punti per ciascun possesso dipalla);

• punti segnati al minuto (produttività);• percentuale di cambio palla (percentuale

di perdita di possesso della palla);• percentuale di azioni della durata tra 0-8

secondi, 8-16 secondi e 16-24 secondi;• percentuale di azioni d’attacco in con-

tropiede;• percentuale di azioni d’attacco mano-

vrate;• percentuale di azioni eseguite dalla

posizione di pivot basso, centrale e alto,dalla posizione di ala sinistra, di aladestra e di guardia (figura 1).

Attendibilità (interna) dell’osservatore

Per stabilire l’attendibilità dell’osservatoreincaricato del processo di codificazione èstata utilizzata una procedura di test e re-test con un intervallo di cinque giorni trale due operazioni di codificazione (Eom,Schutz 1992). Tutte le partite del campioneerano state codificate in base a variabilidella prestazione predeterminate. Dopocinque giorni, la procedura veniva stataripetuta dalla stessa persona. L’analisi del-l’attendibilità è stata utilizzata per deter-

Figura 1 – Schema delle posizioni dei giocatori sul campo. AS, ala sinistra; AD, ala destra;PB, PC, PA, pivot basso, centrale, alto; G, guardie

Page 54: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

54

minare l’attendibilità dell’osservatore perogni variabile della prestazione (tabella 1). Tutti i coefficienti di attendibilità sonorisultati superiori a 0,90, indicando pertan-to un alto livello di validità della proceduradi codifica.

2. Analisi dei dati

Per confrontare le caratteristiche tattichee le variabili della prestazione selezionatetra NBA e competizioni europee, è stataeseguita l’analisi della varianza (One WayAnova). Inoltre, per esaminare quali com-binazioni delle variabili analizzate avrebbe-

ro potuto discriminare precisamente traloro i due tipi , è stata condotta un’analisidella Discriminante di tipo progressivo.

3. Risultati

I risultati di questa ricerca hanno dimo-strato che dieci tra le variabili della presta-zione e la caratteristiche tattiche selezio-nate erano statisticamente rilevanti ai finidel confronto tra competizioni europee eNBA.L’analisi ha rilevato che esistono differenzestatisticamente rilevanti tra NBA e compe-tizioni europee per quanto riguarda la per-

centuale di azioni di attacco in contropie-de (F=4,79, p<0,05) e azioni d’attaccomanovrate (F=4,79, p<0,05). Questi risul-tati sono riportati nella figura 2.I risultati dell’analisi della varianza hannoinoltre mostrato differenze significativetra NBA e competizioni europee per quan-to riguarda la durata delle azioni di attac-co (figura 3). In particolare, differenze rile-vanti sono state individuate nelle azioni didurata tra 0 e 8 s (F=18,57, p<0,01) e tra 8e 16 s (F=16,34, p<0.01).Per quanto riguarda la percentuale di tirida tre punti, due punti e tiri liberi, i risultatihanno evidenziato differenze statistica-

Variabili della prestazione 1° prova 2° prova Attendibilitàe caratteristiche del gioco media ds media ds aff.

Tiri da tre punti, % 34,01 13,44 33,95 13,12 0,97Tiri da due punti, % 48,35 8,18 47,96 8,19 0,97Tiri liberi, % 73,68 11,33 74,4 11,32 0,98Punti per possesso di palla 0,78 0,11 0,789 0,119 0,97Punti al minuto 0,354 0,052 0,359 0,051 0,93Cambi palla, % 13,79 4,32 13,53 4,38 0,97Azioni d’attacco di durata da 0 a 8 s, % 30,1 7,08 29,64 6,96 0,95Azioni d’attacco di durata da 8 a 16 s, % 32,27 5,38 32,1 5,36 0,99Azioni d’attacco di durata da 16 a 24 s, % 37,6 7,1 38,2 6,87 0,94Azioni d’attacco in contropiede, % 11,76 4,25 11,8 4,15 0,99Azioni d’attacco manovrate, % 88,06 4,17 88,2 4,15 0,99Azioni d’attacco dalla posizione di pivot basso, % 36,1 7,24 36,49 7,34 0,98Azioni d’attacco dalla posizione di pivot centrale, % 14,66 4,92 14,32 4,9 0,92Azioni d’attacco dalla posizione di pivot alto, % 5,9 3,65 6 3,66 0,97Azioni d’attacco dalla posizione di ala sinistra, % 12,47 5,04 12,66 5,12 0,96Azioni d’attacco dalla posizione di ala destra, % 10,74 4,29 10,62 4,11 0,97Azioni d’attacco dalla posizione di guardia, % 20,08 10,16 19,87 10,36 0,99

Variabili della prestazione NBA Europae caratteristiche del gioco media ds media ds F p

Azioni d’attacco in contropiede, % 10,69 3,68 12,9 4,34 4,79 0,032Azioni d’attacco manovrate, % 89,3 3,68 87,09 4,34 4,79 0,032Azioni d’attacco di durata da 0 a 8 s, % 26,32 6,31 32,96 5,99 18,57 0,000Azioni d’attacco di durata da 8 a 16 s, % 34,55 4,44 29,69 5,15 16,34 0,000Azioni d’attacco di durata da 16 a 24 s, % 39,1 7,01 37,34 6,73 1,061 0,307Punti per possesso di palla 0,769 0,10 0,808 0,132 1,757 0,190Punti al minuto 0,353 0,05 0,345 0,388 0,536Cambi palla, % 12,31 3,38 14,75 4,96 5,29 0,025Tiri liberi, % 76,74 10,12 72,19 12,14 2,64 0,109Tiri da due punti, % 45,54 7,02 50,38 8,66 6,007 0,017Tiri da tre punti, % 33,9 14,08 34,01 12,32 0,001 0,973Azioni d’attacco dalla posizione di pivot basso, % 38,8 5,94 33,47 7,52 9,854 0,003Azioni d’attacco dalla posizione di pivot centrale, % 15,74 4,31 13,57 5,31 3,213 0,78Azioni d’attacco dalla posizione di pivot alto, % 6,93 3,41 4,87 3,65 5,399 0,023Azioni d’attacco dalla posizione di ala sinistra, % 14,75 5,22 10,19 3,68 16,3 0,000Azioni d’attacco dalla posizione di ala destra, % 10,94 3,34 10,53 5,12 0,142 0,708Azioni d’attacco dalla posizione di guardia, % 12,82 4,43 27,34 0,02 66,7 0,000

Tabella 2 – Medie e deviazioni standard delle variabili della prestazione e delle caratteristiche del gioco

Tabella 1 – Risultati dell’analisi dell’attendibilità

Page 55: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

55

mente rilevanti soltanto per la percentualedi tiri da due punti (F=6,007, p<0,05). Neitiri liberi (F=2,64, p>0,05) ed in quelli da trepunti (F=0,001, p>0,05) non si manifesta-vano differenze statisticamente rilevanti.Inoltre, i test F relativi alle variabili dellaprestazione e alle caratteristiche tecnichehanno prodotto differenze significative perquanto riguarda la percentuale di cambipalla (F=5,29, p<0,05). Invece, non sonostate individuate differenze rilevanti perquanto riguarda i punti per possesso dipalla (F=1,575, p>0,005) e per minuto(F=0,0388, p>0,05).L’analisi della posizione delle azioni diattacco ha evidenziato differenze rilevantiper quattro delle sei posizioni osservate.Tali differenze riguardano l’attacco dallaposizione di pivot basso (F=9,854, p>0,05);di pivot alto (F=5,399, p<0,05); di ala sini-stra (F=16,3, p<0,001) e di guardia(F=66,7, p<0,001). I risultati sono illustratinella figura 4.Inoltre è stata realizzata un’analisi dellafunzione discriminante per determinarequale combinazione di variabili della pre-stazione e delle caratteristiche tatticheconsente di distinguere con precisionel’NBA dalle competizioni europee. L’analisidella funzione discriminante canonica haindividuato tre variabili rilevanti rappre-sentate nella tabella 3.Questa analisi ha evidenziato una correla-zione canonica di 0,0798 con un lambda(λ) di Will pari a 0,364 e un chi quadrato(χ2) di 61,165 a 3 gradi di libertà, p<0,001.I risultati della classificazione derivantidall’analisi della funzione discriminanteindicano che il 95,35% dei casi originaria-mente raggruppati è stata classificata cor-rettamente, meglio di una classificazione

Figura 2 – Percentuali delle azioni d’attacco in contropiedeed azioni d’attacco manovrate nel campionato NBAe nelle competizioni europee

Figura 4 – Percentuali delle posizioni d’attacco nel campionato NBA e nelle competizioni europee

Variabili Funzionediscriminante

Attacchi dalla posizione di guardia 0,785

Percentuale degli attacchi di durata da 8 a 16 sec 0,388

Percentuale di cambi palla 0,221

Tabella 3 – Matrice della struttura delle tre variabili che distinguono la prestazione tra NBAe competizioni europee

Figura 3 – Percentuali della durata delle azioni di attacco nel campionato NBAe nelle competizioni europee

Page 56: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

56

casuale (50%). Le partite NBA sono stateclassificate esattamente nel 93,8% deicasi, mentre quelle dei campionati europeinel 96,9% dei casi.

4. Discussione

In Europa, il pallacanestro sta diventandoun fenomeno sempre più popolare e pub-blicizzato. La crescente popolarità di que-sto sport come avvenimento sportivo haindotto allenatori e ricercatori ad unosforzo intenso e continuo, diretto a perfe-zionare la qualità di valutazione della pre-stazione di una squadra. A questo punto ilconfronto con l’NBA è divenuto inevitabile.Partendo dal presupposto che manca unachiara comprensione delle caratteristichedi gioco e delle variabili della prestazioneche distinguono NBA e campionati euro-pei, l’analisi delle loro differenze ha fornitola base logica del presente studio.I risultati di questa ricerca hanno eviden-ziato che il contropiede rappresenta il12,9% del totale delle azioni di attacconelle squadre europee, mentre le azionimanovrate sono l’87,09%. Le percentualiper l’NBA sono rispettivamente 10,69% e89,3%. Effettuare un contropiede efficaceconsente di esercitare un’enorme pressio-ne sull’avversario di influenzarne il tempodi risposta e di spingere l’allenatore amodificare la difesa. Comunque negli ulti-mi anni le squadre statunitensi tendonopiuttosto a rallentare il ritmo e a cercare laposizione di tiro migliore (Smith 1981). Ciòsi verifica soprattutto in occasione deiplay-off, nelle fasi cruciali della partita equando le squadre sono di pari livello diprestazione. I risultati relativi alla durata degli attacchimostrano differenze significative tra lapallacanestro NBA e quella europea. Lesquadre europee sembrano realizzare piùazioni di durata da 0 a 8 s e questa diffe-renza non è dovuta ai contropiede. Lesquadre della NBA, invece, preferisconorallentare il gioco, controllando il ritmodella partita quando un contropiede nonriesce. Controllare il ritmo significa nonforzare un tiro veloce, dopo avere fallitoun contropiede. Secondo Hoppenstedt(1989), nel caso di contropiede non riusci-to è preferibile rallentare l’azione. Rallen-tando il gioco, le squadre isolano i proprimigliori tiratori permettendo loro di tirarealla velocità loro più congeniale. Riguardo alla percentuale di tiri liberi e dadue e tre punti, differenze significative, afavore delle squadre europee, sono stateindividuate soltanto per i tiri da due punti.Ciò potrebbe essere spiegato con la piùelevata percentuale di contropiedi che,nella maggior parte dei casi porta ad untiro vincente per la squadra. Perciò, la

superiorità delle squadre europee nel tiroda due punti potrebbe essere dovuta alfatto che le squadre NBA hanno unamigliore difesa. Va tenuto conto anche delfatto che le regole NBA per la difesa nonsono così rigide come in Europa.Inoltre, differenze rilevanti tra pallacane-stro europea e quella americana sonostate individuate nella percentuale di cam-bio palla. Le squadre europee si costringo-no al cambio palla più volte di quelle ame-ricane. Una ragione potrebbe risiederenella maggiore velocità delle partite euro-pee (da quando la durata delle azioni ècambiata). Con un ritmo veloce ed i con-tropiede che ne derivano, si prevede unapercentuale di cambio palla tra il 15 e il20% (Smith, 1981).Il miglior modo di valutare la qualità del-l’attacco e della difesa è rappresentato daipunti ottenuti per possesso palla. Quandouna squadra è in possesso della palla, equindi attacca, il suo unico scopo è otte-nere il maggior numero di punti possibile,prima di diventare la squadra che difende.Il miglior modo di farlo è segnare duepunti ogni volta che entra in area. I puntiper possesso di palla indicano l’attacco chesegna di più e la difesa più forte. Anche ipunti segnati al minuto (produttività)costituiscono una statistica molto utile inquanto consentono di valutare la qualitàdei punti segnati, mentre i punti per pos-sesso di palla misurano la quantità (Man-ley 1988/89). Una squadra con un ritmolento non segnerà molti punti, ma puòcomunque giocare bene. I risultati di que-sto studio mostrano che non esistono dif-ferenze significative riguardo ai punti perpossesso di palla e punti al minuto traNBA e squadre europee. In ogni caso varilevato che, mentre le squadre europeerealizzano un maggior numero di punti perpossesso di palla, le squadre NBA hannouna produttività superiore. Apparente-mente le squadre NBA sanno approfittaremeglio delle loro possibilità d’attaccorispetto alle squadre europee.Riguardo la posizione di attacco sulcampo, i risultati indicano differenze rile-vanti. È stato notato che le squadre NBAriescono a realizzare un maggior numerodi attacchi partendo da una posizione dipivot basso ed alto, mentre le europeesferrano più azioni di attacco dalla posi-zione di guardia (tiri da tre punti). A quan-to pare, le squadre NBA preferiscono piùdelle europee il “gioco interno” (insidiegame). Forzando la palla all’interno, lesquadre cercano il tiro vincente, il tiro adalta percentuale di riuscita ed il tiro libero.Il gioco interno inoltre crea più opportu-nità all’esterno perché la difesa è impe-gnata (Frohmann 1993). Secondo Trupin,Conzens (1989), dal punto di vista dell’at-

tacco è meglio contare sul gioco internoperché il tiro da tre punti è una strategiarischiosa e potrebbe facilmente portare lesquadre in una posizione di svantaggio.Infine, l’analisi della funzione discriminan-te ha messo in luce che, per quantoriguarda le azioni d’attacco dalla posizionedi guardia, la durata delle azioni d’attaccoche va da 8 a 16 secondi e la percentualedi cambio palla si tratta di variabili discri-minanti significative. Inoltre occorre sotto-lineare che due delle tre variabili discrimi-nanti si riferiscono a caratteristiche digioco e non soltanto a variabili della pre-stazione. Ciò vuole dire pertanto che lavalutazione della prestazione di una squa-dra richiede informazioni di tipo quantita-tivo e un metodo di registrazione e codifi-cazione affidabile. Si ritiene comunquenecessaria un’ulteriore indagine dellecaratteristiche tecniche che differenzianola pallacanestro statunitense da quellaeuropea.

Articolo originale. Traduzione di N. Viscillo. Titolooriginale: A coaching approach to technical andtactical differences between NBA and Europeanbasketball game by use of an advanced codingprogram.Indirizzo degli autore: Democritus University ofThrace, Dpt. of Physical education, Komotini69100 (Grecia).

Bibliografia

Eom H., Schutz R., Statistical analyses ofteam performance, Coaching Volleyball,April/May, 1992, 12-19. Franks I. M., Goodman D., Computer assi-sted technical analysis of sport, CoachingReview, 9, 1986, 58-64.Franks I. M., Wilson G. E., Goodman D.,Analyzing a team sport with the aid ofcomputers, Canadian Journal of Sportsciences, 12, 1987, 120-125. Frohman D., Shooting to win, Scholastic-coach, 63, 1993, 5, 66, 68-69.Hagedorn G., Niedlich D., Schmidt G., Com-puterünterstutzte Spielanalyse im Basket-ball. Ein Zwischenbericht, Leistungssport,10, 1980, 5, 363-372.Hoppenstedt B., A continuity fast-breakoffense, Scholastic Coach, 59, 1989, 2, 54-56. Manley M., Martin Manley’s Basketball Hea-ven, New York, Bantam Doubleday DellPublishing Group, 1988/89. Mullen M., Basketball’s newest ‘sixth man’. Bythe 21st century or sooner basketball coachesare going to need a lot of close encounters ofthe first kind with computer analysis, Schola-stic Coach, 61, 1992, 9, 80-81. Smith D., Basketball Multiple Offense andDefense, Englewood Cliffs, N.J, Prentice-Hall, 1981.Trupin J., Couzens G., Hoopstats: The Basket-ball Abstract, New York, Bantam Books, 1989.

Page 57: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

Bernd Wolfarth, Clinica medica universitaria, Friburgo

Utilità e rischi dell’ingegneria genetica nello sport

57

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

Le tecniche dell’ingeneria genetica, loro limiti e possibilità

Le discussioni sull’utilità e i rischi delle tecniche geneti-che coinvolgono anche lo sport. Previsioni più o menooscure e più o meno giustificate sul futuro dello sportspesso danno l’impressione che, in futuro, le scene dellosport saranno dominate solo da atleti geneticamentemanipolati. Si tratta di una visione del futuro che vatarata alla luce dei dati della ricerca attuale, anche se

non si può escludere che in futuro vi saranno sicura-mente tentativi che andranno in questo senso. Perquesta ragione è indispensabile già oggi mettere apunto strategie che siano dirette a prevenire ed impe-dire un simile futuro che però si debbono basare suuna corretta informazione su cosa siano le tecnichedell’ingegneria genetica, e sui loro limiti e possibilità.

Page 58: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

58

1. Introduzione

In questi ultimi anni non esiste un settoredella scienza e della ricerca scientifica cheabbia provocato discussioni così accese econtroverse come l’ingegneria genetica.Infatti, se da un lato, essa ha offerto,soprattutto in campo medico, nuove, inso-spettate possibilità nel campo della ricercae della terapia di malattie che finora veni-vano considerate incurabili, dall’altro tro-viamo preoccupazioni, in parte giustificate,su quali possano essere le conseguenze diuna manipolazione o di una modificazionedel patrimonio genetico dell’uomo. Oltre aiproblemi fondamentali di natura etica,restano ancora completamente ignotiquali potranno essere gli effetti a lungotermine.Inoltre, da molti anni, nel quadro delladiscussione sulle possibilità di interveniresui materiali genetici, si fanno speculazionisu quali potranno essere le possibilità chequeste tecniche vengano utilizzate inmodo abusivo ed illegale per aumentare leprestazioni sportive. Gli articoli finorapubblicati su questo tema contengonovisioni più o meno pessimistiche di unosport del futuro dominato da mutanti fab-bricati in provetta. In questi articoli vengo-no mescolate realtà e fantasia e, in parte,viene data l’impressione che già ora negliimpianti dello sport d’alto livello domininoatleti manipolati geneticamente. Perciò, con questo articolo, ci proponiamodi fornire un quadro sintetico sullo statoattuale della ricerca sul quale basarsi perintavolare discussioni future.

2. Le tecniche

Nella discussione in merito alla manipola-zione genetica nel campo dello sport ven-gono continuamente citati metodi mutuatida campi molto diversi delle biotecnologie(figura 1) senza una chiara suddivisione aseconda se si tratti di metodi utilizzati outilizzabili in vivo (su organismi viventi) oin vitro (in provetta).Fin dal 1982, grazie a metodi d’ingegneriagenetica, vengono prodotti su scala indu-striale alcuni farmaci (cfr. Riquadro: Letappe fondamentali nella storia dellagenetica). Il primo di essi fu l’insulina, e,dal 1988, tra i farmaci prodotti medianteingegneria genetica troviamo anche l’eri-tropoietina. In questo, come anche in altri casi, siamodi fronte allo sfruttamento industriale del-l’ingegneria genetica per produrre farmaciimportanti dal punto di vista clinico. Sitratta di una metodica utilizzata esclusiva-mente in vitro e che, in quanto tale, vadistinta dalla vera e propria manipolazionedel patrimonio genetico umano (figura 2).

Figura 1 – I campi della biotecnologia applicata. Nel 1885 Roux dimostrò che le cellule di unembrione di pollo potevano essere mantenute in vita fuori dal corpo dell’animale. Nei successivicento anni i progressi compiuti nel campo della cultura di tessuti cellulari ha permesso di studia-re aree come gli orologi biologici e le terapie antitumorali. Gli anticorpi mononucleati sono unostrumento nuovo che permette di reperire e localizzare molecole biologiche specifiche. Essi ven-gono impiegati prevalentemente a scopi diagnostici e per l’isolamento e la purificazione di protei-ne, sia a fini di ricerca che industriali. Potenzialmente potrebbero distruggere una molecola, adesempio come farmaco anti tumorale. La biologia molecolare è utile in molti settori, mentre latecnologia del DNA viene usata, ad esempio, in campo legale, e permette ai ricercatori di produr-re banche di DNA, RNA e proteine, mentre viene stabilita la mappa del genoma umano. I traccian-ti vengono utilizzati per sintetizzare sonde specifiche di DNA o RNA, essenziali per localizzaresequenze coinvolte in alterazioni genetiche. Con l’ingegneria genetica vengono sintetizzate nuoveproteine, che possono essere introdotte nel genoma di piante ed animali, per produrre nuovi tipidi piante che resistono alle malattie, riescono a vivere in ambienti inospitali (con temperatureelevate, scarse precipitazioni, ecc.). Le tecniche di clonazione possono essere usate per produrregrandi quantità di proteine umane, che possono essere utilizzate per la cura di alcune malattie.In futuro, sarà possibile avere una banca di proteine umane rare o di altre molecole. Ad esempiosi possono conservare sequenze modificate di DNA per correggere una mutazione, per aumentarela produzione di una proteina specifica o per produrre un nuovo tipo di proteina. Si tratta di unatecnica che probabilmente svolgerà un ruolo chiave nella terapia genica

Page 59: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

59

Al contrario, la cosiddetta terapia genicasomatica postnatale e la terapia genica sucellule staminali (modificazione geneticasistemica prenatale: clonazione e modifi-cazione dei gameti sessuali maschili o dellacellula uovo fecondata) rappresentano unamanipolazione diretta del patrimoniogenetico umano (tabella 1). Di regola laterapia genica somatica viene eseguitacome intervento localizzato successivo allanascita. Nel caso della terapia genica sucellule staminali (modificazione geneticaeffettuata sui gameti sessuali maschili osulla cellula uovo fecondata), invece, sitratta di un intervento eseguito primadella nascita. Dal punto di vista dell’utiliz-zazione pratica di questi metodi o del lorovalore terapeutico, la terapia genica sucellule staminali è finalizzata al trattamen-to di malattie notoriamente di originegenetica e, in particolare, di quelle malat-tie genetiche di cui è nota anche la localiz-zazione del difetto genetico sui cromoso-mi. La terapia genica somatica ha uncampo di applicazione notevolmente piùampio ed in futuro potrà essere applicataper la cura di malattie sia ereditarie, siaacquisite. In genere tale terapia consistenell’introdurre dall’esterno geni manipolatio modificati allo scopo di provocare lasoppressione, o viceversa un aumento diproduzione, di quelle sostanze endogeneche sono geneticamente responsabili dellerelative malattie.

3. Mutazioni genetiche naturali – un doping genetico naturale?

Quando si discute su persone di straordi-nario talento affiora sempre la domandase non esistano realmente dei geni che,grazie a mutazioni genetiche naturali, pre-dispongano a prestazioni di eccellenza incampi particolari. A questo proposito, incampo sportivo, vengono continuamentecitati i casi dello sciatore di fondo finlan-dese Eero Mäntyranta e del culturista sta-tunitense Flex Wheeler.In quest’ultimo è stata descritta la presen-za di una variazione del gene della miosta-tina, che è un gene che regola il trofismomuscolare. Da esperimenti condotti suanimali si è visto che anomalie di questogene possono provocare una crescitamuscolare illimitata (Grobet et al. 1997).Però non è stata eseguita una valutazionescientificamente approfondita delle muta-zioni presenti nel genoma di Wheeler, néesiste una pubblicazione con i parametri dimisura biologici espressione di tali muta-zioni (ad esempio, la concentrazione dellamiostatina in culture in vitro). In questocaso, non si può affermare con certezza seesista o meno un rapporto tra la variazio-

1865 Gregor Mendel scopre le leggi dell’ereditarietà

1869 Friedrich Miescher scopre l’acido desossiribonucleico (DNA)

1953 Watson e Crick descrivono la struttura della molecola a doppia elica del DNA

1973 Produzione del primo batterio geneticamente modificato

1977 Per la prima volta in un batterio vengono introdotte informazioni genetiche dicellule umane.

1982 Viene messo in produzione il primo farmaco creato attraverso l’ingegneriagenetica (l’insulina)

1990 Parte il progetto Human Genoma diretto a decodificare l’intero patrimoniogenetico dell’uomo

1997 Ricercatori scozzesi presentano la pecora Dolly

2001 Due gruppi diversi di ricercatori arrivano parallelamente alla pubblicazione dellasequenza del genoma umano nelle riviste Nature e Science.

Le tappe fondamentali nella storia della genetica

Figura 2 – Ingegneria genetica e metodi per provarne l’uso

Ingegneria genetica Utilizzazione di metodologie proprie della biologia,della biologia molecolare, della chimica e dellafisica per analizzare e modificare il genoma.

Terapia genica Correzione di difetti genetici a scopo terapeutico

Terapia genica su cellule staminali Modificazione di singoli frammenti di DNA (geni)delle cellule seminali o della cellula uovo feconda-ta con conseguente trasmissione della modifica-zione genetica alle generazioni successive.

Clonazione Riproduzione di interi organismi, cellule o geni daun solo precursore allo scopo di generare copieidentiche dello stesso.

Terapia genica somatica Modificazione di singoli frammenti di DNA di cel-lule dell’organismo umano, senza trasmissionedella modificazione genetica alle generazioni suc-cessive.

Tabella 1 – Spiegazione di termini e concetti dell’ingegneria genetica

Page 60: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

60

ne genetica descritta e l’ipertrofia dellamassa muscolare.Invece, il caso dello sciatore di fondo fin-landese Eero Mäntyranta è stato ampia-mente studiato dal punto di vista scientifi-co. In questo caso, il gene candidato èquello responsabile dello sviluppo deirecettori dell’eritropoietina (EPOR), che èlocalizzato sul cromosoma 19p1.3 e con-tiene numerosi micro unità d’informazione(Noguchi et al. 1991). All’inizio degli anni‘90, il gruppo di lavoro di Juvonen hadescritto una famiglia con eritrocitosiautosomica dominante, causata da unamutazione specifica dell’EPOR (De La Cha-pelle et al. 1993a; Juovonen et al. 1991). Sitratta di una patologia benigna ed i com-ponenti della famiglia che ne sono affettihanno una speranza di vita normale. Se siconsidera che Mäntyranta, che appartieneappunto a questa famiglia, malgrado oproprio a causa di questa patologia e dellaconseguente concentrazione di emoglobi-na pari a circa 22 g/dl a è stato più volteCampione del mondo e vincitore olimpiconello sci di fondo, Longmore, in un suoeditoriale pubblicato in Nature genetics, haavanzato l’ipotesi che questa variazionedell’EPOR probabilmente potesse esserealla base di straordinarie capacità di pre-stazione di resistenza (Longomore 1993).Proseguendo nelle sue ricerche il gruppodi lavoro finlandese è riuscito a localizzareil “difetto” genetico che, di fatto, porta adun aumento della sensibilità dei recettoridell’eritropoietina verso l’eritropoietinastessa (De La Chapelle et al. 1993). Perciò, in questo caso si può parlare di unchiaro background biologico, perché l’E-POR, in quanto elemento fondamentaledel circuito regolatore dell’eritropoietina,influisce notevolmente sui processi fun-zionali e, d’altro canto, è ben noto chemaggiori quantità d’emoglobina influisco-no positivamente sulla capacità di presta-zione di resistenza.

4. I risultati della geneticamolecolare

Attualmente, grazie alle tecniche esistenti,sembra che la ricerca dei marker del DNAche caratterizzano fenotipi ad alta capa-cità di prestazione fisica apra grandi pro-spettive.La pubblicazione più sensazionale su que-sta tematica è rappresentata dallo studiodi Montgomery et al., comparso nel 1998su Nature. In questo articolo, un polimor-fismo nel gene che codifica l’enzima con-vertitore dell’angiotensina (ACE) viene pre-sentato come il fattore genetico cheinfluenzerebbe notevolmente il livello dicapacità di prestazione dell’uomo (Mont-gomery et al. 1998). Nella ricerca di Mont-

gomery, tra l’altro, tenendo conto deigenotipi dell’ACE, era stato studiato qualefosse stato l’incremento della prestazionein un gruppo di reclute dell’esercito dopoun allenamento fisico generale di diecisettimane. Prima e dopo il programmad’allenamento, ottantasette soggetti del-l’originario gruppo di cento ventitré reclu-te furono sottoposti a numerosi test diforza e di resistenza. In uno di questi testveniva misurata la durata massima per ilquale i soggetti erano in grado di sollevareed abbassare con una flessione dell’avam-braccio sul braccio un peso di 15 kg. Nellaprestazione rilevata nel test in entrata,prima dell’allenamento, non si evidenzia-vano differenze tra soggetti con genotipidiversi responsabili del polimorfismo del-l’ACE. Invece, al termine del programmad’allenamento, venne rilevata una correla-zione molto stretta fra genotipo ed incre-mento della prestazione: i portatori omo-zigoti dell’allele dominante mostravano unincremento della prestazione undici voltemaggiore in confronto ai portatori omozi-goti dell’allele recessivo. Attualmente èancora completamente oscuro quale sia ilbackground fisiologico di questi risultati,anche se appare assolutamente ipotizzabi-le che questa variazione genetica siaresponsabile di una variante dell’ACE, sco-perta recentemente, che ha una particola-re incidenza a livello muscolare. Contrariamente alle ricerche del gruppo dilavoro londinese, né nel progetto di ricercaHERITAGE, né in quello GENATHLETE, è

stato possibile trovare un rapporto traparametri diversi della capacità di resi-stenza e questo polimorfismo enzimatico.Perciò è da ritenersi improbabile che talepolimorfismo abbia una qualche impor-tanza per il settore delle capacità di resi-stenza (Rankinen et al. 2000 a, b). Però, acausa della divergenza dei risultati esisten-ti in proposito, per chiarire questa proble-matica sono necessarie ulteriori ricercheaventi per oggetto questi geni e quelli chesi trovano su regioni adiacenti dello stessocromosoma.I risultati preliminari delle ricerche sulgene che codifica il recettore dell’eritro-poietina, che abbiamo realizzato nell’ambi-to del progetto di ricerca GENATHLETE (cfr.più sopra), mostrano la possibile esistenzadi un’associazione tra singole variantigenetiche ed il V

.O2max (Wohlfarth et al.

1998). Infatti, è stato possibile trovare unadifferenza significativa tra il gruppo origi-nario di duecentoquindici atleti praticantisport di resistenza ed un gruppo di con-trollo, composto da duecentodieci soggettinon praticanti. Nel gruppo degli atleti, rispetto al gruppodi controllo, fu rilevato che una determi-nata forma allelica (185bp) era presentenella micro unità del gene che codifica ilrecettore dell’eritropoietina con una fre-quenza 3,5 volte maggiore che nel gruppodi controllo. Però, questi risultati nonhanno ricevuto conferme da ulteriori studieffettuati allargando il campione fino aseicento persone.

Rappresentazione schematica di un gene

Page 61: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

61

Infine, sono stati pubblicati molti dati sulgene che codifica la creatinchinasi(CKMM), localizzato sul cromosoma19q13.2-13.3 (Echegaray et al. 2001).Rivera et al., nelle loro ricerche condottenell’ambito del progetto di ricerca HERI-TAGE, hanno dimostrato che esiste un’as-sociazione tra i genotipi della CKMM ed ilV.O2max che si sviluppa nel corso di un

programma d’allenamento della resisten-za (Rivera et al. 1997). Si tratta del primostudio che è riuscito a provare, in unampio gruppo di soggetti (n=160), unrapporto tra l’incremento del V

.O2max a

seguito di allenamento ed un singolopolimorfismo genetico. Nell’analisi stati-stica, il genotipo responsabile del poli-morfismo CKMM NcoI spiegava fino al10% della varianza nell’aumento delV.O2max verificatosi con un allenamento

della resistenza della durata di 20 setti-mane. Lo stesso gruppo di lavoro, semprenell’ambito del progetto HERITAGE, è riu-scito a presentare una conferma di questirisultati con studi correlazionali sempreinerenti a questo gene. Conducendo ana-lisi sib-pair si trova un abbinamento tra ilsuddetto gene, responsabile della produ-zione di creatinchinasi e l’aumento delV.O2max (corretto per i fattori età, sesso,

BMI e V.O2max precedente all’allenamen-

to) (Rivera et al. 1998). Uno dei geni can-didati per la capacità di prestazione diresistenza è il gene che codifica il recet-tore alfa-2-adrenergico (ADRA 2A), graziealla funzione che svolge nel controllodella lipolisi. All’interno del progettoGENATHLETE è stata rilevata una diversafrequenza di occorrenza delle diverseforme alleliche del gene responsabile delpolimorfismo del suddetto recettore neidue diversi campioni di soggetti conside-rati (Wohlfarth et al. 2000). In base airisultati di questo studio si può postularel’esistenza di una discreta associazionetra un gene polimorfico e la capacitàaerobica. Però, poiché la capacità di pre-stazione di resistenza è una caratteristicamolto complessa, è estremamente impro-babile che si riesca a provare che essa èdeterminata dall’azione di un solo gene.Piuttosto, la capacità di resistenza è unfenotipo complesso, i cui parametri sonoa determinante poligenica, cioè vengonoinfluenzati da più geni. Per questa ragio-ne ci si deve attendere un grande numerodi risultati analoghi a quelli descritti per ilpolimorfismo dell’ADRA 2A. Quindi si puòipotizzare che, nel giro di pochi anni,verrà identificato un sempre maggiornumero di geni che, interagendo fra loropiù o meno direttamente, spiegherannoquali sono le determinanti genetiche del-l’attività e della capacità di prestazionefisica (Wolfarth 2001).

5. I risultati della biologia molecolare

Fin dagli anni ‘90 gli scienziati, servendosidelle tecniche della biologia molecolare,cercano di modificare i geni ed aprire cosìla strada a nuove possibili terapie perdiverse malattie. Questi metodi, originaria-mente messi a punto per il trattamento divari quadri patologici, in parte potrebberoessere utilizzati, abusandone, per manipo-lare le caratteristiche fisiologiche alloscopo di migliorare le prestazioni sportive.Già fin dal 1996, il gruppo di lavoro di Jef-frey Leiden è riuscito a dimostrare cheintroducendo nell’organismo di topi, abbi-nato ad un gene “vettore”, il materialegenetico che codifica l’eritropoietina, ilvalore dell’ematocrito di questi topi potevaessere elevato dell’80% (Tripathy et al.1996). In ulteriori ricerche questa tecnicaha dato analoghi risultati anche con dellescimmie (Svennson et al. 1997). Più omeno parallelamente, Aebischer et al. sonoriusciti a dimostrare che è possibile intro-durre, nel patrimonio genetico, il materialeche codifica l’eritropoietina anche in modopiù semplice, cioè servendosi di mioblastiincapsulati. Applicando questo metodocon i topi, in sette giorni è stato possibileottenere un incremento dell’85% del valo-re dell’ematocrito (Regulier et al. 1998).Nell’ambito delle ricerche sulle patologiemuscolari vengono studiati diversi fattoridella crescita che sono direttamente odindirettamente associati con la crescitamuscolare. Geoffrey Goldspink parla di unMechano Growth Factor (MGF) che, essen-do una forma secondaria del fattore di cre-scita Insuline Like Growth Factor (IGF-1), èresponsabile della riparazione e del ripristi-no della muscolatura dopo una stimolazio-ne meccanica (Goldspink 1999). Goldspinkdescrive un esperimento, i cui risultati fino-ra non sono stati pubblicati, ma del qualeha riferito in alcune relazioni: abbinandoquesto fattore di crescita a dei cosiddettivettori genetici (generalmente vettori virali)lo ha introdotto direttamente nella musco-latura di topi, provocando un’evidente cre-scita muscolare locale. Notevolmente piùconcreti sono i lavori pubblicati dal labora-torio di Nadia Rosenthal e Lee Sweeney,che, attraverso l’iniezione di una variantegeneticamente modificata dell’IGF-1 hannoprovocato un’iperproduzione di questo fat-tore della crescita e, in conseguenza, sonoriusciti ad ottenere nei topi un aumentodella massa muscolare e della forza pari,rispettivamente, al 15% e al 14%. Inoltre,sono riusciti ad arrestare la diminuzionedella massa muscolare in topi d’età avanza-ta e, rispetto agli animali non trattati, fuottenuta una crescita della massa muscola-re del 27% (Barton-Davis et al. 1998).

6. Discussione

Attualmente è difficile ipotizzare qualevalore abbiano questi dati e, soprattutto,quale sia la loro importanza pratica. Perquanto riguarda i risultati della geneticamolecolare, la loro portata è stata certa-mente ridimensionata e, se si consideranoi dati che sono stati finora pubblicati suquesto tema complesso, si è ancora benlungi dal potere identificare, solo appros-simativamente, geni che controllino l’e-spressione fenotipica della capacità diprestazione fisica. Gli articoli pubblicati finora generalmentehanno carattere provvisorio e descrivono irisultati di ricerche condotte su piccoligruppi (Rankinen et al. 2001). Allo statoattuale delle nostre conoscenze si suppo-ne che molti geni, singolarmente o ininterazione fra loro, costituiscano ladeterminante genetica della capacità diprestazione fisica (Wolfarth 2001). Ècomunque certo che si deve partire dalpresupposto che la regolazione geneticadella capacità di prestazione fisica è unfenomeno estremamente complesso, percui la possibilità di manipolazioni in que-sto settore appare piuttosto improbabile.La situazione appare completamentediversa se si considerano i risultati dellabiologia molecolare. In questo campo,negli anni passati sono stati descritti moltitentativi promettenti di terapia genica didiverse patologie (Barton-Davis et al.1998; Triphaty et al. 1996). Comunque, aquesto proposito si deve tenere conto che,da oltre un decennio, nella medicina clini-ca viene annunciato che la terapia genicarappresenterà la soluzione di molti proble-mi medici. Tuttavia, tutti i risultati finorapubblicati in questo campo sono statiricavati da esperimenti condotti su anima-li e, fino ad oggi, non esistono dati pro-banti di una terapia genica che funzioninell’uomo. Inoltre, fino ad oggi, nessuna diqueste forme di terapia è clinicamentepermessa ed è difficile valutare se e quan-do verranno risolti i problemi tecnici edanche etici che esse comportano.Però, se si guarda l’evolversi storico dellamanipolazione delle prestazioni nellosport, è indubbio che vi saranno atletiche, senza tenere conto degli immensirischi per la loro salute, ricorrerannoall’utilizzazione di questi metodi, nonappena essi saranno disponibili. Attual-mente non è possibile indicare il momen-to esatto nel quale la terapia genica saràintrodotta nella pratica clinica. Però sipuò presumere che entro il prossimodecennio saranno messe a punto delleterapie geniche almeno per quelle patolo-gie che sono attualmente oggetto di stu-dio e sperimentazione.

Page 62: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

62

Allele - una delle forme alternative che un gene può assumerenel medesimo sito cromosomico, la cui espressione provocavariazioni, anche rilevanti sul carattere fenotipico che controllaed infine può mutare l’una nell’altra. In una normale celluladiploide, che cioè possiede due set completi di cromosomi omo-loghi, non può esistere più di una coppia di alleli per ogni gene espesso l’effetto di uno dei due alleli (dominante) è predominate aifini dell’espressione del carattere rispetto a quello dell’altro(recessivo). In genere, nell’uomo vi sono due alleli per ogni gene,uno da ciascun genitore.

Cromosoma - filamento presente nel nucleo delle cellule animalie vegetali, visibile solamente durante la fase di divisione cellulare(mitosi). È costituito da una sola lunghissima molecola di DNAche contiene i geni responsabili della trasmissione dei caratteriereditari, avvolti da un nucleo proteico e rappresenta l’unitàessenziale di ogni cellula. Ha una tipica forma a bastoncino ed ècomposto da due cromatidi tenuti insieme da un neutromero. Ilnumero, la forma e la grandezza dei cromosomi sono costantiper ogni specie di animali e piante. Il corredo cromosomicodiploide è rappresentato da coppie di elementi analoghi. Nell’uo-mo, ogni cellula contiene 46 cromosomi; 22 coppie di autosomied una coppia di cromosomi sessuali (uguali nelle femmine: xx;diversi nei maschi: xy). Batteri e virus contengono un solo cromo-soma, privo di proteine, costituito da un filamento semplice odoppio di DNA. Il termine cromosoma deriva dalla possibilità dievidenziare questi corpuscoli mediante particolari colorazioni.

DNA - sigla formata dalle iniziali dell’espressione inglese D(eoxy-ribo N(ucleic) A(cid), usata in biochimica ed in biologia molecolareper indicare l’acido desossiribonucleico, presente nei cromosomidi quasi tutti gli organismi viventi. La molecola del DNA, formata,come è noto, da due filamenti avvolti a spirale in modo da for-mare una doppia elica, è responsabile della trasmissione deicaratteri ereditari, in quanto controlla la sintesi delle proteinenelle cellule attraverso il meccanismo del codice genetico. Radia-zioni e sostanze chimiche possono interagire con il DNA, provo-cando alterazioni dell’informazione genetica (mutazioni).

Esone (sinonimo: sequenza codificante) - sequenza di DNA di ungene discontinuo che, a differenza dagli introni rimane semprepresente nel trascritto del gene stesso, anche dopo che questo hasubito lo splicing per dare RNA maturo.

Fenotipo – l’insieme delle caratteristiche morfologiche e funzio-nali di un’organismo considerate come espressione dell’attivitàdel suo genotipo. È possibile che due organismi abbiano il mede-simo genotipo, ma presentino differenti fenotipi a causa di varia-zioni indotte dall’ambiente, oppure che presentino lo stesso feno-tipo, ma possiedano genotipi differenti.

Gene (sinonimo: fattore ereditario) - unità ereditaria, che è pre-sente in una posizione definita e fissa (locus) di un particolarecromosoma. Dal punto di vista biochimico si tratta di unasequenza polinucleotidica presente nel DNA cromosomico odextracromosomico che codifica una sequenza specifica di ammi-noacidi in una sequenza polipeptidica. La manifestazione deicaratteri fenotipici che sono codificati dalle informazioni conte-nuto nel materiale genico (genotipo) dipende dalla capacità dei

geni di dirigere la sintesi delle proteine. I geni sono ancheresponsabili dell’ereditarietà dei caratteri, per lo loro capacità diautoriprodursi. Ciò permette che vengano trasmesse, in formapraticamente inalterata, alle generazioni successive le informa-zioni in essi contenute. Possono essere soggetti, spontaneamenteo per azione di agenti chimici, fisici o virali, a modificazioni chi-miche o strutturali definite mutazioni. Queste hanno una gran-dissima importanza biologica essendo alla base delle possibilità diadattamento insite nel processo di selezione naturale e quindinell’evoluzione della specie.

Gene discontinuo - gene la cui sequenza di DNA è interrotta dauno o più segmenti polinucleotidici che non codificano alcunaproteina (introni). La maggior parte dei geni degli eucarioti sonodiscontinui.

Genoma - l’intera informazione genetica presente in una cellulao nell’organismo.

Genotipo – il complesso dell’informazione genetica presente inun organismo, corrispondente all’insieme degli alleli presentinelle sue cellule, che presiede all’espressione dei caratteri somati-ci (fenotipo).

Introne - sequenza di DNA che, in un gene discontinuo, è delimi-tata da due esoni (cfr. figura a pagina 60) e che, pur essendo tra-scritta in RNA, non è più presente nel RNA maturo, dopo chequesto ha subito lo splicing.

RNA - sigla formata dalle iniziali dell’espressione inglese R(ibo)N(ucleic) A(cid), usata in biochimica ed in biologia molecolare perindicare l’acido ribonucleico, molecola che prende parte alla sin-tesi delle proteine nelle cellule animali e vegetali; è costituita daun’elica singola di nucleotidi contenenti ribosio e viene sintetiz-zata da una delle due catene di DNA, che serve da stampo.

RNA messaggero - quello che trasferisce l’informazione geneticadal DNA alle proteine che vengono sintetizzate sui ribosomi.

Splicing - termine inglese utilizzato per indicare quella partedella maturazione dei precursori delle molecole di RNA nuclearein RNA messaggero consistente nell’allontanamento dellesequenze introniche da quelle esoniche e nel legame di questeultime in sequenza.

Sonda - termine che viene utilizzato nell’ingegneria genetica perindicare una sequenza, generalmente breve di DNA o RNA com-plementare ad un tratto della molecola di DNA o RNA che inte-ressa e resa radioattiva per la presenza di 32P. Le sonde trovanoimpiego nello screening di una genoteca per riconoscere la pre-senza di sequenze complementari attraverso tecniche di ibrida-zione.

Traccianti - qualsiasi atomo o molecola facilmente rilevabile emisurabile, introdotta in un sistema biologico a scopo sperimen-tale o diagnostico. Generalmente si tratta di analoghi di metabo-liti, metaboliti o farmaci marcati con atomi radioattivi o con iso-topi pesanti e vengono impiegati per seguire il destino metaboli-co del metabolita fisiologico o del farmaco.

Glossario

Page 63: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XXI

n. 5

5

63

7. Le prospettive

Un nuovo approccio allo studio delle basigenetiche dell’attività fisica e della capa-cità di prestazione è la ricerca diretta deimarker genetici. I campi d’applicazionepratica dei risultati di questo tipo di ricer-ca sono diversi. Da un lato si affaccia lapossibilità di appurare precocementeeventuali potenzialità di raggiungere risul-tati di rilievo nel settore degli sport di resi-stenza; dall’altro lato si aprono prospettivenel settore della terapia motoria preventi-va e riabilitativa per realizzare una miglio-re e più efficace pianificazione delle tera-pie e, eventualmente, per individuare pre-cocemente quali programmi sono i piùindicati e quali sono le loro potenzialità diriuscita. Inoltre, grazie alle tecniche della biologiamolecolare sarà possibile definire nuovitipi di terapie, che forniscano possibilità di

trattamento, finora inesistenti, per un grannumero di patologie gravi in vari campimedici. Ma non si può escludere che infuturo, in conseguenza di questo sviluppo,nel settore dello sport possa essere fattoabuso di queste tecniche, manipolandomateriale genetico allo scopo di migliorarele prestazioni. Tuttavia una tale prospetti-va negativa non deve portare a credereche si debba frenare o limitare la ricerca,in quanto, prima o poi, queste conoscenzeverranno sviluppate anche in altri campidella ricerca medica e di qui potrebberopassare ad essere applicate nello sport.Invece occorre affrontare attivamente,apertamente e con un grande senso diresponsabilità etica, questa tematica com-plessa, in quanto ogni possibile abuso puòessere prevenuto solo se si possiede unlivello eccellente di nozioni specifiche eviene garantita la trasparenza dell’infor-mazione.

La foto d’apertura mostra le apparecchiatureinformatiche che vengono utilizzate per lo stu-dio del genoma umano nel DOE’s Joint GenomeInstitute che opera presso l ’Università diCalifornia per conto dell’US Departement ofEnergy Biological and Environmental Research.

Traduzione di M. Gulinelli, revisione tecnica diC. Pesce, da Leistungssport 1, 2001 pagg. 5-9.Titolo originale: Nutzen und Risiken der Gente-chnologie für den Sport.

L’autore: Dr. Bernd Wolfarth è assistente medi-co della Clinica medica universitaria di Friburgo,Reparto medicina riabilitativa e preventiva dellosport, ed è medico federale della Federazionetedesca di sci.

Indirizzo dell’Autore: Medizinische Universita-etsklinik, Abt. Rehabilitative und PraeventiveSportmedizin, Hugstetter Str . 55, 79106Freiburg.

Barton-Davis E. R., Shoturma D. I, Musaro A. et al., Viral mediated expres-sion of insuline-like-growth factor I blocks the aging-related Ioss of ske-letal muscle function, Proc. Natl. Acad. Sci. USA, 95 1998, 15603-15607.De La Chapelle A., Sistonen P., Lehvaslaiho H. et al., Familial erythrocy-tosis genetically Iinked to erythropoietin receptor gene, Lancet, 341,1993a, 82-84.De La Chapelle A., Traskelin, A. L., Juvonen, E., Truncated erythropoietinreceptor causes dominantly inherited benign human erythrocytosis,Proc. Natl. Acad. Sci. USA, 90, 1993b, 4495-4499.Echegaray M., Rivera, M. A., Role of creatine kinase isoenzymes onmuscular and cardiorespiratory endurance genetic and molecular evi-dence, Sports Medicine, 31, 2001, 919-934.Goldspink G., Changes in muscle mass and phenotype and the expres-sion of autocrine and systemic growth factors by muscle in responseto stretch and overload, J. Anat., 194 (Pt 3), 1999, 323-334.Grobet L., Martin I. J., Poncelet D. et al., A deletion in the bovine myo-statin gene causes the double-muscled phenotype in cattIe, Nat.Genet.,17, 1997, 71-74.Juvonen E., Ikkala E., Fyhrquist F. et al., Autosomal dominant eryth-rocytosis caused by increased sensitivity to erythropoietin, Blood 78,1991, 3066-3069.Longmore G. D., Erythropoietin receptor mutations and Olympic glory(news), Nature Genetics, 4, 1993, 108 -110. Montgomery H. E., Marshall R., Hemingway H. et al., Human gene forphysical performance [Ietter], Nature 393, 1998, 221-222.Noguchi C. T., Bae K. S., Chin K. et al., Cloning of the human erythro-poietin receptor gene, Blood, 78, 1991, 2548-2556.Rankinen T., Perusse L., Gagnon J. et al., Angiotensin-converting enzy-me ID polymorphism and fitness phenotype in the HERITAGE FamilyStudy, J. Appl. Physiol., 88, 2000b, 1029-1035.Rankinen T., Perusse L., Rauramaa R. et al., The human gene map forperformance and health-lated fitness phenotypes, Medicine & Sciencein Sports & Exercise 33, 2001, 855-867.

Rankinen T., Wolfarth B, Simoneau J. A. et al., No association betweenthe angiotensin-converting enzyme ID polymorphism and elite endu-rance athlete status, Appl. Physiol., 88, 2000a, 1571-1575.Regulier E., Schneider B. L., Deglon, N. et al., Continuous delivery ofhuman and mouse erythropoietin in mice by genetically engineeredpolymer encapsulated myoblasts, Gene Ther., 5, 1998, 1014-1022.Rivera M. A., Dionne F. T., Simoneau J. A. et al., Muscle-specific crea-tine kinase gene polymorphism and V

.O2max in the HERITAGE Family

Study, Medicine & Science in Sports & Exercise, 29, 1997, 1311-1317.Rivera M. A., Perusse L., Simoneau, J. A. et al., Linkage between amuscle-specific creatine kinase gene poiymorphism and V

.O2max in the

HERITAGE Family Study, Medicine & Science in Sports & Exercise,1998.Svensson E. C., Black H. B., Dugger D. L. et al., Longterm erythropoietinexpression in rodents and non-human primates following intramuscu-lar injection of a replication defective adenoviral vector, Human GeneTherapy, 8, 1997, 1797-1806.Tripathy S. K., Svensson E. C., Black H. B. et al., Longterm expression oferythropoietin in the systemic circulation of mice after intramuscularinjection of a plasmid DNA vector, Proc. Natl. Acad. Sci. U.S.A, 93,1996, 10876-10880.Vaghy P. L., Russeli J. S., Lantry L. E. et al., Angiotensin and bradykininmetabolism by peptidases identified in cultured human skeIetal musclemyocytes and fibroblasts, Peptides, 16, 1995, 1367-1373.Wolfarth B., Polymorphism and Exercise Performance, European Jour-nal of Sport Science, 1, 2001.Wolfarth B., Kaiser T., Gagnon J. et al., Erythropoietin receptor genevariants and endurance performance, 15° Puijo Symposium, Kuopio,Finland, 1998.Wolfarth B., Rivera M. A., Oppert I. M. et al., A polymorphism in theaIpha2a-adrenoceptor gene and endurance athlete status, Medicine &Science in Sports & Exercise, 32, 2000,1709-1712.

Bibliografia

Page 64: In questo numero - Università degli Studi di Ferrara

SdS/

Rivi

sta

di c

ultu

ra s

port

iva

Anno

XX

n. 5

4

64

Sports professionsA. MadellaA brief summary is given of the current stateof job opportunities in the sporting sphere inItaly and principal ongoing trends on the basisof surveys and analyses conducted by theObservatory of sports professions and workersof CONI’s School of Sport, adopting method-ologies formulated at an European level.Despite the long history of sport, the labourmarket in the sporting sector has only recentlybeen studied, owing to the intense growth indemand for sport and to the professionalisa-tion of sports workers and organisations. Inaddition to purely sports-related economicactivities (running of facilities and perfor-mance of sports), a host of sports-relatedactivities have developed around core activi-ties, including organisations working in fieldssuch as sports journalism, sports medicine,physiotherapy, the construction of sportsfacilities, manufacture of sports materials,important educational establishments (univer-sities and schools), etc. In Italy approximately70,000 people are employed in the sports sec-tor in a strict sense, while an estimated 270-320,000 people work in sport-related activi-ties, amounting to a total of 340-390,000workers. The employment growth rate in thesector is higher than the national average, andwas calculated at about 13% in the period1990-1998. Despite this apparently positivepicture, it is an economic sector with very spe-cific traits. Professionalisation and career con-ditions are very variable, unstable, flexible,uncertain, seasonal and atypical, and cannotreadily be compared with traditional employ-ment models. In addition to traditional profes-sions (coach, professional sportsman, facilitysupervisor), in recent years a number of spe-cialist professional figures have come on tothe scene, the quantitative aspects of whichare analysed and assessed. Finally, the wayentry is gained to professions and the impactof worker training processes on entry into thelabour market are analysed, also with regardto career prospects.

Prescriptive teaching or heuristic learning? C. PesceThe ability to take correct methodological-teaching decisions is a basic skill for personsteaching motor and sporting activities. Themost rational criteria for taking such deci-sions are offered by movement theories basedon scientific results. What should be donehowever when different scientific resultsendorse different movement theories, as isthe case for the two main approaches tomotor control and learning. The cognitiveapproach and the ecological-dynamicapproach, which are based on different theo-retical disciplines, explain partially differentaspects of motor control and learning andlead to basically different methodological-

didactic conclusions. The cognitive approachentails a basically prescriptive type of teach-ing/learning, while the ecological approachadopts heuristic principles. Faced by this diver-sity, one should attempt to understand theextent to which the two approaches offersolutions to problems specific to motor teach-ing/learning, and also whether it is possible tointegrate the two approaches. In other words:from a practical viewpoint, persons teachingmovement should evaluate the usefulness ofthe two approaches on a case-by-case basis,according to the characteristics of the stu-dents being taught, the motor skill to be learntand the context in which learning takes place.From a theoretical viewpoint, the mostpromising prospect for integrating the twoapproaches is given by neurosciences. Study-ing how motor control and learning processesare implemented in the brain, neurosciencesmake it possible to verify the validity of cogni-tive metaphors and single out which centralnervous structures work, and how to managethe peripheral dynamics of human movement.Because of its potential, the neuroscientificapproach may have important applicativeimplications in the future for optimising thelearning of functional and sporting motorskills.

Target-oriented regeneration as a measureof performance supportR. ValkWithin the context of performance optimisa-tion, and performance stabilisation in high-performance sport in particular, special impor-tance must be attached to regeneration. Inthis paper the following questions are dealtwith: what is regeneration?What are the general objectives of regenera-tion measures? What are the different effectlevels of regeneration and regeneration mea-sures? When should different regenerationmeasures be applied and what should theirdosage be?

Growth and maturity of young artistic gymnasts: status, progress, and issuesR. M. MalinaIssues related to the growth and maturation ofelite gymnasts are reviewed. The data empha-sise a primary role for constitutional factors inthe selection of young gymnasts. A systematicstudy of selective criteria, gymnastics trainingand other components of the gymnastics envi-ronment, in the context of growth and matu-ration, is recommended.Participation in gymnastics is a satisfyingexperience for the majority of youngsters.Experiences vary, however, with a number offactors, including quality of coaching, parentalsupport, sporting organisation, level of compe-tition, motivation, expectations, and so on. Ifthere are potential risks in gymnastics trainingfor growth and maturation, they usuallyinvolve risky nutritional status, a coach-dependent motivational climate that fosterschronic psychological and emotional stressand unrealistic demands or expectations usu-ally associated with highly intensive sportcompetition, coach-athlete interaction, andperhaps parent-athlete interaction.

Coaching for coachesA. CeiCoaching is a system to develop the coach’spotential. The approach centring on continu-ous improvement requires a great ability toguide the athletes under one’s supervision infacing up to the challenges thrown up bysport. Self-development is thus a goal thatneeds to be pursued all the time, without everbelieving that one has reached the finishingline. The coach must construct his ownimprovement programme and correspondingplans of action, also setting the criteria bywhich results can be measured. In this way thecoach acquires a system, a way of moving for-ward, that should accompany him throughouthis professional life in sport.

Two kinds of basketballF. Panagiotis, L. Costas, K. Alexandros, T. KiriakosThe purpose of the present study was toanalyse basic performance elements and tacti-cal characteristics of the basketball game,which are different between NBA and Euro-pean competitions. Sixteen basketball gamesfrom the European leagues (Euroleague andSuproleague) and sixteen from the NBA wereevaluated. The evaluation of variables wasobtained using a computerised basketball pro-gram called Basket AS. Analysis of variance(ANOVA) showed that ten of the selected per-formance variables and tactical characteristicswere statistically significant between theEuropean leagues and the NBA. Specifically,significant differences were found in the fastbreak and set play offences, in the duration ofoffences between 0-8 seconds and 8-16 sec-onds, in the turnovers and two point shootingpercentage and also in the position where theoffence was executed (low and high post, for-ward left and guard position). Discriminantanalysis also identified three of the variablesas significant discrimination variables betweenNBA and European championships. It was con-cluded that the type of information requiredto assess a team’s performance is quantitative,with the use of a reliable recording and codingmethod. Thus, a further investigation of tacti-cal characteristics, differentiating Europeanand NBA basketball, seems to be necessary.

The usefulness and dangers of genetic engineering in sportB. WolfarthDiscussions on the usefulness and dangers ofgenetic techniques have spilled over into theworld of sport. Forecasts are generally bleak,justifiably or otherwise, as to the future ofsport. The impression one gains is that in thefuture sport will be dominated by geneticallymanipulated sportsmen. This vision of thefuture should be weighted up against theresults of recent research, although it is notpossible to rule out the possibil ity thatattempts will in the future be made in thisdirection. For this reason it is essential for usto immediately draw up strategies aimed atpreventing such a future from becoming reali-ty. Strategies should however be based on cor-rect information about genetic engineeringtechniques, their limits and potential.

Summaries