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TRIMESTRALE DI DOTTRINA, GIURISPRUDENZA, LEGISLAZIONE E PRATICA PROFESSIONALE IN QUESTO NUMERO 4 /2020 Anno XX ottobre - dicembre POSTE ITALIANE S.P.A. – SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – AUT. N° 382/2019 PERIODICO ROC – ISSN 1722-3792 € 77,00 Le modifiche alla legge 241/1990 sul procedimento amministrativo Il contratto di albergo Atti comunali e tutela della concorrenza

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TRIMESTRALE DI DOTTRINA, GIURISPRUDENZA, LEGISLAZIONE E PRATICA PROFESSIONALE

IN QUESTO NUMERO

4/2020Anno XX

ottobre - dicembrePOSTE ITALIANE S.P.A. –

SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE – AUT. N° 382/2019

PERIODICO ROC –ISSN 1722-3792

€ 77,00

Le modifiche alla legge 241/1990

sul procedimento amministrativo

Il contratto di albergo

Atti comunali e tutela della concorrenza

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MANUALE DI POLIZIA AMMINISTRATIVA

Il Manuale di Polizia amministrativa costituisce un punto di riferimento bi-bliografico ed operativo per la gestione professionale delle attività di polizia amministrativa e dei procedimenti ad esse collegati. L’opera tiene conto non solo delle novità normative nazionali e regionali, ma anche della giurispru-denza del Consiglio di Stato, della Corte Costituzionale e della Corte di Giu-stizia europea in materia, per fornire ai lettori un quadro d’insieme completo e chiaro delle varie attività illustrate e commentate. Approccio professionale, competenza giuridico-legale e linguaggio chiaro consentono al lettore e allo studioso un pieno coinvolgimento e l’acquisizione di competenze che nel set-tore della polizia amministrativa costituiscono il vero punto di forza per quanti vogliano avere risposte certe nel lavoro o nello studio quotidiano. Una specifica ed ampia trattazione viene dedicata alla disciplina del pubblico spettacolo e trattenimento ed alla collegata verifica di incolumità dei locali e delle attivi-tà temporanee, prevista dall’articolo 80 TULPS. Nel volume sono esaminate e commentate anche le attività di gestione degli eventi temporanei, con le collegate e necessarie misure di safety e security, la disciplina dei giochi, vi-deogiochi e lotterie varie, la normativa sulla somministrazione di alcolici, la gestione dei prodotti pirotecnici e fuochi d’artificio, le attività svolte dagli sta-bilimenti balneari, dalle agenzie d’affari, dai compro-oro, i noleggi con e senza conducente, le attività di palestra e piscina con i risvolti di sicurezza e sanità collegati, e tante altre attività. Contribuiscono alla chiarezza dell’esposizione le utili tabelle riassuntive sinottiche che, con taglio pratico e linguaggio sem-plice, rendono facilmente comprensibili, anche a chi non possiede una speci-fica formazione giuridica, concetti giuridici e discipline normative di assoluta importanza e ricaduta. Tutta la normativa e la prassi richiamata nel testo è inoltre disponibile nella sezione online collegata al volume.

SAVERIO LINGUANTILibero professionista, consulente giuri-dico di direzione e organizzazione per gli enti locali, esperto di diritto amministra-tivo, legislazione sanitaria e legislazione del commercio. Come consulente di im-portanti amministrazioni pubbliche ed aziende sanitarie, svolge attività di do-cente formatore a livello nazionale per conto dei maggiori istituti di formazione regionali e nazionali, collabora con quoti-diani e periodici specializzati ed è autore di numerosi saggi e pubblicazioni.

BANCA DATI ONLINEL’acquisto del volume include l’accesso all’area riservata del sito www.maggiolieditore.it contenente la banca dati online (normativa e prassi) e gli aggiornamenti fino al 30 aprile 2021.

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Fronte Disc Comm (Convertito)-1 28-06-2006 16:03 Pagina 1

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L’Indis ha sede a Roma, Piazza Sallustio, 21tel. 06·4704502 • fax 06·4704526 • e-mail: [email protected]

sito web: www.indisunioncamere.it

L’Indis, Istituto nazionale distribuzione e servizi, è l’organismo tecnico dell’Unione italiana delle Camere di commercio (Unioncamere) al quale

è demandata l’attività di studio e promozione del settore distributivo-commerciale e dei servizi.

L’Istituto assolve a tale compito istituzionale promuovendo, o eseguendo direttamente, studi e ricerche; organizzando

conferenze, convegni e seminari di studi; divulgando, attraverso proprie pubblicazioni, informazioni statistico-economiche

e giuridiche sul settore commerciale.In quest’ambito si colloca la rivista “Disciplina del commercio e dei

servizi” che si propone quale strumento d’informazione, per gli operatoripubblici e privati, relativamente alla produzione legislativa, giuridica

e giurisdizionale, con riferimento anche all’ambito comunitario, inerente al composito mondo delle attività commerciali.

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Direttore ResponsabilePaolo Maggioli

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Comitato ScientificoFrancesco Barbolla, Giuseppe Caia, Mario Chiti, G. Paolo Cirillo, Marcello Clarich, Carlo Emanuele Gallo, Potito Jascone, Marco Maceroni, Fabio Merusi, Daniela Paradisi, Fabio A. Roversi-Monaco, Enzo Santucci, Alessandro Selmin, Federico Tedeschini, Riccardo Varaldo, Andrea Zanlari

Direzione, Amministrazione e DiffusioneMaggioli Editore via del Carpino, 8 – 47822 Santarcangelo di Romagna (RN)[email protected]. 0541.628111 – fax 0541.622100Maggioli Editore è un marchio Maggioli s.p.a.

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Titolo Disc Commercio 29-06-2006 13:54 Pagina 1

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Progetto graficoNiki Caragiulo

CollaborazioniPer l’invio di articoli: [email protected] Redazione Disciplina del commercio e dei servizi via del Carpino, 847822 Santarcangelo di Romagna (RN)

Le opinioni espresse negli articoli appartengono ai singoli autori,dei quali si rispetta la libertà di giudizio, lasciandoli responsabili dei loro scritti. Gli autori garantiscono la paternità dei contenuti inviati all’Editore manlevando quest’ultimo da ogni eventuale richiesta di risarcimento danni proveniente da terziche dovessero rivendicare diritti su tali contenuti.

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Tutti gli articoli sono disponibili anche online, in formato PDF, sul sito www.periodicimaggioli.it.

Dottrina

Procedimento amministrativo, SCIA e modifiche della legge n. 120/2020Saverio Linguanti ............................................................................... » 9La notificazione delle sanzioni amministrative pecuniarie (Parte I)Domenico trombino ........................................................................... » 21Il contratto di albergo. Elementi generali e profili tutelarienzo maria tripoDi ............................................................................ » 45

Come agire

Contrasto all’indebito aumento dei prezzi di mascherine protettive e altri prodotti per la tutela della saluteanDrea gireLLa .................................................................................. » 87

CronaChe Comunali

Installazione di targhe professionali sulla stradamarco maSSaveLLi .............................................................................. » 93

rassegna

commenti

Ondata di modifiche alla legge 241/1990 sul procedimento am-ministrativoLuigi oLiveri ..................................................................................... » 105Commercio su aree pubbliche: le Linee guida per il rinnovo delle con-cessioni di posteggio in scadenza entro il 31 dicembre 2020miranDa corraDi ............................................................................... » 123Regolamento comunale di attività economiche alla prova del Giudi-ce amministrativoSaverio Linguanti ............................................................................... » 129Decreto Semplificazioni: le novità per l’organizzazione degli spettacolimarco maSSaveLLi .............................................................................. » 133

SOMMARIO 4/2020

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giuriSpruDenza

Consiglio di Stato, sez. I, 10 luglio 2020, n. 1279 ............................. » 141Consiglio di Stato, sez. II, 27 luglio 2020, n. 4774 ............................ » 142Consiglio di Stato, sez. III, 2 novembre 2020, n. 6755 ...................... » 146Consiglio di Stato, sez. III, 2 novembre 2020, n. 6745 ...................... » 146TAR Lazio, sez. III-quater, 23 novembre 2020, n. 7265 .................... » 152

DiScipLina DeLLa concorrenza e DeLLa tuteLa Dei conSumatori

Atti comunali e tutela della concorrenzaFranceSca SebaStio ............................................................................. » 153

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hanno Collaborato a questo numero:

MIRANDA CORRADI Capo Servizio Interventi Economici del Comune di Mirandola

ANDREA GIRELLA Tenente Colonnello Guardia di Finanza

SAVERIO LINGUANTI Consulente giuridico di enti locali, già Consulente dell’Ufficio legislativo del MISE, docente universitario a c. di Legislazione professionale sanitaria

MARCO MASSAVELLI Vice Comandante Polizia Locale Giaveno (TO)

LUIGI OLIVERI Dirigente Veneto Lavoro

FRANCESCA SEBASTIO Funzionaria dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

ENZO MARIA TRIPODI Ufficio legale e Servizio DPO di Unioncamere

DOMENICO TROMBINO Responsabile coordinamento SUAP, supporto giuridico e sanzioni amministrative del Comune di Firenze

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Dottrina

Procedimento amministrativo, SCIA e modifiche della legge n. 120/2020 Saverio Linguanti

Appare di fondamentale importanza qualificare ed individuare correttamente cosa sia il procedimento amministrativo, proprio per dimostrare che la SCIA

non configura né origina un procedimento amministrativo. Al tempo stesso esaminiamo come e dove la gestione del procedimento ammi-nistrativo abbia subìto modifiche con la conversione in legge n. 120/2020 del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76.

Sommario: 1. I principi del procedimento amministrativo – 2. Le fasi del procedimento – 3. Come qualificare la SCIA? – 4. Le novità della legge n. 120/2020.

1. I principi del procedimento amministrativoL’articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 stabilisce i principi cui

deve informarsi l’azione amministrativa e tali principi rappresentano l’e-splicazione dei principi costituzionali di legalità, imparzialità e buon an-damento della pubblica amministrazione contenuti nell’articolo 97 del-la Costituzione.

Essi sono:• economicità;• efficacia;• imparzialità;• pubblicità;• trasparenza.

Con l’approvazione della legge n. 120/2020, articolo 12, comma 1, lettera 0a, l’articolo 1 della legge n. 241/1990 è stato integrato con l’ag-giunta del comma 2-bis che ha introdotto il principio di collaborazione e buona fede.

Il nuovo comma, infatti, afferma che “I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazio-ne e della buona fede”.

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DisCiplina Del CommerCio e Dei servizi 4/2020

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Il principio di economicità sta a significare il perseguimento dello scopo con il minor costo possibile, mentre quello dell’efficienza indica il perseguimento del risultato qualitativamente migliore; tali due principi sono ulteriormente rafforzati nella loro finalità dal secondo comma del-lo stesso articolo 1 secondo il quale il procedimento non può essere ag-gravato se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svol-gimento dell’istruttoria.

I principi di imparzialità, pubblicità e trasparenza sono tra di loro strettamente collegati in quanto l’imparzialità deve essere intesa non solo come parità di trattamento a parità di situazioni, ma anche come obbligo di contemperamento degli interessi coinvolti; il principio di pubblicità è finalizzato a che l’azione amministrativa sia sempre co-noscibile all’esterno della P.A., dunque garantita da un’azione in cui il cittadino interessato ha la facoltà di seguire e controllare con facilità tutte le fasi del procedimento; il principio di trasparenza infine sanci-sce che il controllo alle fasi del procedimento avvenga mediante l’isti-tuto dell’accesso agli atti del procedimento amministrativo, nei limi-ti imposti dalla legge.

2. Le fasi del procedimentoIl procedimento amministrativo tradizionalmente in dottrina è suddi-

viso in 4 fasi: iniziativa, istruttoria, costitutiva, integrativa dell’efficacia. A) LA FASE DELL’INIZIATIVA. Le possibilità di iniziativa sono due in

quanto se l’iniziativa del procedimento giunge dal privato il procedimento inizia su domanda di parte, mentre l’iniziativa è d’ufficio esso può essere attivato su iniziativa di un organo diverso da quello competente all’ema-nazione dell’atto finale o su istanza della medesima autorità competen-te a emanare l’atto: in questo caso l’atto propulsivo coincide con il pri-mo atto del procedimento amministrativo instaurato.

B) LA FASE ISTRUTTORIA. Questa fase è caratterizzata dall’acquisi-zione da parte della P.A. dei dati necessari per predisporre l’atto come per esempio le condizioni di ammissibilità e i requisiti di legittimazione, eventuali pareri ad altri organi o uffici. Si tratta di una fase nella quale opera la più ampia libertà per il compimento di attività ed atti propedeu-tici e necessari. Nella fase istruttoria pertanto l’amministrazione, prima di adottare il provvedimento, procede con l’acquisizione di tutti gli elementi utili all’emanazione dell’atto. La legge n. 241/1990 impone alla pubblica amministrazione di individuare un soggetto, denominato ‘responsabile del procedimento’, che ha il compito di agire al fine di garantire un’adegua-ta e celere istruttoria (articolo 6 della l. n. 241/1990). Nello svolgimento

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proCeDimento amministrativo, sCia e moDifiChe Della legge n. 120/2020

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dell’istruttoria è ammessa la partecipazione dei destinatari del provvedi-mento finale e di qualunque altro soggetto portatore di interessi pubblici o privati, nonché dei soggetti costituiti in associazioni o comitati porta-tori di interessi diffusi, ai quali possa derivare un pregiudizio dall’emana-zione dell’atto (art. 9 della l. n. 241/1990). Tali soggetti hanno il diritto di accedere agli atti del procedimento e possono allegare documenti non-ché presentare memorie che l’amministrazione ha l’obbligo di valutare ove pertinenti all’oggetto del procedimento (art. 10 della l. n. 241/1990).

C) LA FASE COSTITUTIVA. Terminata l’istruttoria e sulla base delle ri-sultanze di essa, il responsabile del procedimento adotta, ove ne abbia la competenza, il provvedimento finale, ovvero trasmette gli atti all’organo competente per l’adozione il quale non può discostarsi dalle risultanze dell’istruttoria condotta dal responsabile del procedimento se non indi-candone la motivazione nel provvedimento finale. Si tratta dunque del-la fase in cui viene deciso il contenuto dell’atto e conseguentemente si provvede alla formazione ed emanazione del medesimo. Possono essere presenti in questa fase atti come accordi preliminari, qualora l’atto deb-ba essere emanato di concerto tra più autorità, deliberazioni preparatorie, designazioni, autorizzazioni, proposte, pareri. Al termine di tale fase l’at-to è formato e perfetto pur mancando ancora di efficacia verso l’esterno.

D) LA FASE INTEGRATIVA DELL’EFFICACIA. Questa fase si caratteriz-za per due momenti: quello del controllo dell’atto e quello della comu-nicazione agli interessati. Questa fase è solo eventuale perché, in genere, il provvedimento amministrativo è efficace già all’atto della sua emana-zione che si ha con la sottoscrizione e data dell’atto medesimo. Vi so-no tuttavia casi in cui la legge prevede che siano necessari ulteriori at-ti o adempimenti affinché il provvedimento diventi efficace. È il caso, ad esempio, degli atti c.d. recettizi che acquistano efficacia dal momento in cui vengono comunicati ai destinatari.

La legge n. 241/1990 prevede che pubbliche amministrazioni debba-no determinare per ogni tipo di procedimento il termine entro cui deve concludersi e qualora non provvedano a indicarlo il termine generale di conclusione del procedimento è fissato in 30 giorni dalla data del suo ini-zio. Con d.P.C.M. sono individuati i termini non superiori a novanta gior-ni entro i quali devono concludersi i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali, mentre gli enti pubblici nazionali stabiliscono, secondo i propri ordinamenti, i termini non superiori a novanta giorni entro i quali devono concludersi i procedimenti di propria competenza.

In tema di conclusione del procedimento amministrativo l’art. 12, com-ma 1, lett. a) della legge n. 120/2020 ha introdotto il nuovo comma 4-bis

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dell’articolo 2 della legge n. 241/1990 secondo il quale le pubbliche ammi-nistrazioni misurano e pubblicano nel proprio sito internet istituzionale, nel-la sezione “Amministrazione trasparente”, i tempi effettivi di conclusione dei procedimenti amministrativi di maggiore impatto per i cittadini e per le im-prese, comparandoli con i termini previsti dalla normativa vigente. Si tratta di una disposizione non ancora operativa in quanto con decreto del Presiden-te del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica ammi-nistrazione, previa intesa in Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del de-creto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, saranno definiti modalità e criteri di misurazione dei tempi effettivi di conclusione dei procedimenti, nonché le ulteriori modalità di pubblicazione sui siti internet istituzionali.

Principio cardine del procedimento amministrativo in funzione di ga-ranzia del richiedente nonché della trasparenza ed imparzialità dell’a-gire, è che tutti i provvedimenti amministrativi devono essere motivati.

L’articolo 2 della legge n. 241/1990 prevede in particolare che:

Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di conclu-derlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso. Se ravvisano la manife-sta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimen-to espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo.

Per chiarire le figure giuridiche sopra elencate nell’articolo 2 si con-sideri che:• IRRICEVIBILITÀ

La definizione si riferisce ad una istanza o ad un ricorso che non può essere preso in esame dall’autorità amministrativa a cui è destinato perché non ha i requisiti formali necessari. L’irricevibilità consiste nell’assoluta carenza della possibilità stessa di ricevere l’istanza. Per la SCIA potreb-be essere riferita alla incompetenza dell’ente che riceve o alla mancan-za della sottoscrizione del segnalante, o alla mancata legittimazione del delegato all’invio o alla compilazione.

Ad esempio: assoluta carenza di competenza da parte dell’ente (ipotesi prevista dal d.P.R. 160/2010 sull’istanza inviata ad una amministrazione diversa dal SUAP).

• INAMMISSIBILITÀNel diritto processuale, è un vizio dell’atto che impedisce al giudice di

esaminare la richiesta avanzata da una parte del processo non presentan-

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do essa i requisiti stabiliti dalla legge. Nella SCIA potremmo definire inam-missibilità la situazione nella quale sono mancanti i requisiti e presuppo-sti previsti dalle singole leggi di settore per l’inizio ed esercizio dell’attività.• IMPROCEDIBILITÀ

Diversamente dall’inammissibilità, l’improcedibilità non è riconduci-bile al contenuto dell’atto, ma ad un’attività successiva rispetto a tale atto.

Nel processo civile, l’improcedibilità costituisce la ragione che impe-disce l’esame dell’atto introduttivo del giudizio da parte del magistrato, sia in primo grado sia nelle fasi di impugnazione.

In genere, la causa dell’improcedibilità è sempre legata ad un’omessa attività della parte proponente. Qualora si volesse cercare una similitudi-ne nella gestione di una SCIA, questa potrebbe essere riferita all’ipotesi di conformazione prevista dal comma 3 dell’art. 19 qualora il segnalante non adempia alle prescrizioni imposte dall’amministrazione.

Ad esempio: il mancato deposito dell’atto nei termini prescritti, oppure una cessata materia del contendere.

• INFONDATEZZAViene definita tale, la assoluta mancanza di consistenza e di giustifi-

cazione. L’infondatezza è propria di una domanda/istanza.Queste fattispecie giuridiche proprie del procedimento amministrati-

vo potrebbero essere utilizzate in fase di ricevimento di una SCIA, sen-za per questo qualificare la SCIA come un procedimento amministrativo.

Come qualificare la SCIA?Secondo quanto previsto dall’articolo 19, comma 6-ter, la segnala-

zione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili.

LA SCIA, secondo la Corte Costituzionale (sentenza 26 giugno 2012, n. 164), rappresenta

“un modello ad efficacia legittimante immediata, che attiene al principio di semplificazione dell’azione amministrativa ed è finalizzata ad agevolare l’inizia-tiva economica (art. 41, primo comma, Cost.), tutelando il diritto dell’interes-sato ad un sollecito esame, da parte della pubblica amministrazione competen-te, dei presupposti di diritto e di fatto che autorizzano l’iniziativa medesima”.

La SCIA è qualificata dalla giurisprudenza amministrativa, sia sogget-tivamente che oggettivamente, come un atto di natura privata e non un atto amministrativo tacito di assenso.

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In questo senso, il Consiglio di Stato:

“L’attività dichiarata (segnalata) può, quindi, essere intrapresa senza il biso-gno di un consenso dell’amministrazione, surrogato dall’assunzione di auto-responsabilità del privato, insito nella denuncia di inizio attività, costituen-te, a sua volta, atto soggettivamente ed oggettivamente privato (Cons. Stato, sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717 e 15 aprile 2010, n. 2139; sez. IV, 13 maggio 2010, n. 2919)”.

Ed ancora,

“In questo assetto legislativo non c’è quindi spazio, sul piano concettuale e strutturale, per alcun potere preventivo di tipo ampliativo (autorizzatorio, con-cessorio e, in senso lato, di assenso), sostituito dall’attribuzione di un pote-re successivo di verifica della conformità a legge dell’attività denunciata me-diante l’uso degli strumenti inibitori e repressivi”.

Il Consiglio di Stato nell’Adunanza plenaria 29 luglio 2011, n. 15 rin-viene nella legge “il fondamento giuridico diretto dell’attività privata”, e configura la SCIA come “atto di auto-amministrazione del privato inte-grante esercizio privato di pubbliche funzioni”.

La SCIA è, in pratica, un atto privato di autoresponsabilità, concepi-ta e redatta nella sfera giuridica dell’imprenditore che si assume la piena responsabilità di dichiarare, attraverso le autocertificazioni, che l’attività è normativamente corretta; secondo il Consiglio di Stato, Adunanza Ple-naria, si tratta di un’autoresponsabilità temperata dalla “persistenza del potere amministrativo di verifica dei presupposti richiesti dalla legge per lo svolgimento dell’attività denunciata”.

Le novità della legge n. 120/2020Sempre in riferimento alla conclusione del procedimento amministra-

tivo, il comma 6 dell’articolo 2 stabilisce che i termini per la conclusione del procedimento decorrono dall’inizio del procedimento d’ufficio o dal ricevimento della domanda, se il procedimento è ad iniziativa di parte.

Il successivo comma 7 invece stabilisce che, fatto salvo quanto pre-visto dall’articolo 17, i termini di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 dell’articolo 2 (cioè i termini di conclusione del procedimento) possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l’ac-quisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qua-lità non attestati in documenti già in possesso dell’amministrazione stes-sa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.

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proCeDimento amministrativo, sCia e moDifiChe Della legge n. 120/2020

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È a questo punto che ritornano altre novità della legge n. 120/2020, la quale, all’articolo 12, comma 1, lettera a), introduce il nuovo comma 8-bis dell’articolo 2 della legge n. 241/1990. In esso il legislatore nazio-nale ha sancito che le determinazioni relative ai provvedimenti, alle au-torizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque deno-minati, adottate dopo la scadenza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, articolo 20, comma 1, ovvero successivamente all’ultima riunione di cui all’articolo 14-ter, comma 7, nonché i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimo-zione degli eventuali effetti emanati in relazione al controllo della SCIA, anche edilizia, e previsti dall’articolo 19, commi 3 e 6-bis, primo perio-do, qualora adottati dopo la scadenza dei termini ivi previsti, sono inef-ficaci; resta fermo quanto previsto dall’articolo 21-nonies in materia di annullamento d’ufficio (che per la SCIA si traduce in un provvedimento di inefficacia degli effetti) ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni.

Altra novità apportata dalla legge n. 120/2020 riguarda l’uso della te-lematica, avendo espressamente il legislatore stabilito all’articolo 3-bis che per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministra-zioni pubbliche agiscono mediante strumenti informatici e telematici, nei rapporti interni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati.

Il richiamo all’uso della telematica si traduce anche nell’obbligo san-cito dal comma 3 dell’articolo 7 di comunicare ai soggetti destinatari del provvedimento ed ai controinteressati, oltre all’unità organizzativa com-petente e il nominativo del responsabile del procedimento anche il do-micilio digitale.

Nulla cambia, invece, per quanto riguarda l’avvio del procedimento e dunque, secondo l’articolo 7 della legge n. 241/1990, ove non sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento, l’avvio del procedimento stesso è comunicato dall’ammi-nistrazione, con le modalità previste dall’articolo 8, ai soggetti nei con-fronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti di-retti ed a quelli che per legge debbono intervenirvi.

Cambia, invece, il contenuto e le disposizioni dell’articolo 8 della leg-ge n. 241/1990 in relazione alle modalità e contenuti della comunica-zione di avvio procedimento, dopo le modifiche apportate dall’articolo 12, comma 1, lettera d), della legge n. 120/2020.

Premesso che l’amministrazione deve provvedere a dare notizia dell’av-vio del procedimento mediante comunicazione personale, la legge stabi-lisce che nella comunicazione debbono essere indicati:a) l’amministrazione competente;

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b) l’oggetto del procedimento promosso;c) l’ufficio, il domicilio digitale dell’amministrazione e la persona re-

sponsabile del procedimento;c-bis) la data entro la quale, secondo i termini previsti dall’articolo 2,

commi 2 o 3, deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibi-li in caso di inerzia dell’amministrazione; (ultima modifica ex art. 12, comma 1, lett. d), l. n. 120/2020);

c-ter) nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione del-la relativa istanza.Le novità interessano anche l’introduzione delle lettere d) e d-bis)

nell’articolo 8, secondo cui: nella comunicazione di avvio devono es-sere indicate anche le modalità con le quali, attraverso il punto di ac-cesso telematico di cui all’articolo 64-bis del d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell’amministrazione digitale) o con altre modalità telematiche, è possi-bile prendere visione degli atti, accedere al fascicolo informatico di cui all’articolo 41 del medesimo Codice, ed esercitare in via telematica i di-ritti previsti dalla legge. La comunicazione dovrà indicare anche l’uffi-cio dove è possibile prendere visione degli atti che non sono disponibili o accessibili con le modalità di cui alla lettera d).

Sempre a garanzia del soggetto richiedente, la legge n. 241/1990, all’art. 10-bis,  sancisce l’obbligo di comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza. L’articolo dispone che nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’autorità compe-tente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, co-munica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimen-to della domanda.

Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti.

A questo punto, l’art. 12, comma 1, lett. e), della legge n. 120/2020 introduce una significativa modifica procedurale.

La comunicazione di cui al primo periodo sospende i termini di con-clusione dei procedimenti, che ricominciano a decorrere dieci giorni do-po la presentazione delle osservazioni o, in mancanza delle stesse, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Qualora gli istanti ab-biano presentato osservazioni, del loro eventuale mancato accoglimen-to il responsabile del procedimento o l’autorità competente sono tenu-ti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conse-guenza delle osservazioni.

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proCeDimento amministrativo, sCia e moDifiChe Della legge n. 120/2020

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Ulteriori modifiche, ad opera della legge n. 120/2020, le subisce l’ar-ticolo 16 relativo all’attività consultiva, in quanto gli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni sono tenuti a rendere i pareri ad essi ob-bligatoriamente richiesti entro venti giorni dal ricevimento della richie-sta. Qualora siano richiesti di pareri facoltativi, sono tenuti a dare imme-diata comunicazione alle amministrazioni richiedenti del termine entro il quale il parere sarà reso, che comunque non può superare i venti gior-ni dal ricevimento della richiesta.

In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere o senza che l’organo adito abbia rappresentato esigenze istrutto-rie, l’amministrazione richiedente procede indipendentemente dall’e-spressione del parere.

Prima delle modifiche ricordiamo che era facoltà dell’amministrazio-ne richiedente di procedere indipendentemente dall’espressione del pa-rere. Salvo il caso di omessa richiesta del parere, il responsabile del pro-cedimento non può essere chiamato a rispondere degli eventuali danni derivanti dalla mancata espressione dei pareri suddetti.

Cambia anche l’articolo 17-bis della legge n. 241/1990, modificato dall’articolo 12, comma 1, lettera g), della legge n. 120/2020. Premes-so che il nuovo titolo dell’articolo è “effetti del silenzio e dell’inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici”, il comma 1 prevede che nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque de-nominati di amministrazioni pubbliche e di gestori di beni o servizi pub-blici, per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di com-petenza di altre amministrazioni pubbliche, le amministrazioni o i gestori competenti comunicano il proprio assenso, concerto o nulla osta entro trenta giorni dal ricevimento dello schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, da parte dell’amministrazione procedente.

Le novità riguardano la circostanza che, esclusi i casi di cui al com-ma 3, quando per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrati-vi è prevista la proposta di una o più amministrazioni pubbliche diverse da quella competente ad adottare l’atto, la proposta stessa è trasmessa entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta da parte di quest’ulti-ma amministrazione.

Il termine è interrotto qualora l’amministrazione o il gestore che de-ve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigen-ze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo pun-tuale nel termine stesso. In tal caso, l’assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istrutto-

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ri o dello schema di provvedimento; lo stesso termine si applica qualora dette esigenze istruttorie siano rappresentate dall’amministrazione pro-ponente nei casi di cui al secondo periodo.

Non sono ammesse ulteriori interruzioni di termini.Anche il comma 2 dell’articolo 17-bis è modificato e la nuova formu-

lazione prevede che decorsi i termini di cui al comma 1 senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito. Esclusi i casi di cui al comma 3, cioè i casi di acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni cultu-rali e della salute dei cittadini, qualora la proposta non sia trasmessa nei termini di cui al comma 1, secondo periodo, l’amministrazione compe-tente può comunque procedere. In tal caso, lo schema di provvedimen-to, corredato della relativa documentazione, è trasmesso all’amministra-zione che avrebbe dovuto formulare la proposta per acquisirne l’assenso.

In caso di mancato accordo tra le amministrazioni statali coinvolte nei procedimenti di cui al comma 1, il Presidente del Consiglio dei Ministri, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, decide sulle modifiche da apportare allo schema di provvedimento.

L’articolo 18, in tema di autocertificazioni, subisce modifiche in quan-to la legge n. 120/2020, articolo 12, comma 1, lettera h), introduce il comma 3-bis.

Tale nuovo comma stabilisce che nei procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto l’erogazione di benefici economici co-munque denominati, indennità, prestazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, finanziamenti, prestiti, agevolazio-ni, da parte di pubbliche amministrazioni ovvero il rilascio di autorizza-zioni e nulla osta comunque denominati, le dichiarazioni di cui agli ar-ticoli 46 e 47 del d.P.R. n. 445/2000 (autocertificazioni e dichiarazioni sostitutive di atto notorio), ovvero l’acquisizione di dati e documenti di cui ai commi 2 e 3, sostituiscono ogni tipo di documentazione compro-vante tutti i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla normativa di ri-ferimento, fatto comunque salvo il rispetto delle disposizioni del Codice delle legge Antimafia e delle misure di prevenzione del d.lgs. 6 settem-bre 2011, n. 159.

In materia di annullabilità del provvedimento si riscontra l’aggiunta operata al comma 2, dall’articolo 12, comma 1, lettera i), laddove pre-vede che la disposizione del secondo periodo del comma 2 stesso non si applica al provvedimento adottato in violazione dell’articolo 10-bis. Ricordiamo che la disposizione del secondo periodo citata prevede che

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proCeDimento amministrativo, sCia e moDifiChe Della legge n. 120/2020

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non sia comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazione dimostri in giudizio che il con-tenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Ecco dunque che la violazione dell’articolo 10-bis prevederà sempre l’annullabilità del provvedimento.

Nessuna modifica, invece, per il primo comma dell’articolo 21-oc-ties, secondo cui è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza. Allo stesso tempo resta inalterato che non sia annullabile il provvedimen-to adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

La gestione del procedimento amministrativo subisce un’ultima modi-fica ad opera dell’articolo 12, comma 1, lettera i), della legge n. 120/2020 in quanto, dopo l’articolo 21-nonies della legge n. 241/1990, viene inse-rito l’articolo 21-decies titolato “Riemissione di provvedimenti annullati dal giudice per vizi inerenti ad atti endoprocedimentali”.

La nuova disposizione prevede che in caso di annullamento di un prov-vedimento finale in virtù di una sentenza passata in giudicato, derivan-te da vizi inerenti ad uno o più atti emessi nel corso del procedimento di autorizzazione o di valutazione di impatto ambientale, il proponente può richiedere all’amministrazione procedente e, in caso di progetto sottopo-sto a valutazione di impatto ambientale, all’autorità competente ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l’attivazione di un procedi-mento semplificato, ai fini della riadozione degli atti annullati.

Qualora non si rendano necessarie modifiche al progetto e fermi re-stando tutti gli atti e i provvedimenti delle amministrazioni interessate resi nel suddetto procedimento, l’amministrazione o l’ente che abbia adottato l’atto ritenuto viziato si esprime provvedendo alle integrazioni necessa-rie per superare i rilievi indicati dalla sentenza. A tal fine, entro quindici giorni dalla ricezione dell’istanza del proponente, l’amministrazione pro-cedente trasmette l’istanza all’amministrazione o all’ente che ha emana-to l’atto da riemettere, che vi provvede entro trenta giorni. Ricevuto l’atto ai sensi del presente comma, o decorso il termine per l’adozione dell’at-to stesso, l’amministrazione riemette, entro i successivi trenta giorni, il provvedimento di autorizzazione o di valutazione di impatto ambienta-le, in attuazione, ove necessario, degli articoli 14-quater e 14-quinquies della legge n. 241/1990 e dell’articolo 25, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

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La notificazione delle sanzioni amministrative pecuniarieParte IDomenico Trombino

La consegna al soggetto legittimato a ricevere l’atto è certificata, con indicazione del luogo e della data, nella relata di notifica, che fa fede fino a querela di falso,

in quanto redatta da un pubblico ufficiale.Dalla “lettura” della relata possono scaturire determinazioni della P.A. procedente e/o competente, come il ritiro del provvedimento emesso in via di autotutela, ove la medesima ravvisi una grave violazione della procedura o, meglio, delle norme che la disciplinano, dettate dal codice di procedura civile e dal codice di procedura penale, alle quali occorre attenersi, se non diversamente disposto.

Sommario: 1. La notificazione delle sanzioni amministrative in generale – 2. La relata trac-cia il campo delle responsabilità fra notificatore e richiedente – 3. La relata di notifica a mezzo PEC secondo il decreto interministeriale 18 dicembre 2017 – 4. Le responsabilità penali e non del notificatore: excursus normativo fondamentale.

1. La notificazione delle sanzioni amministrative in generaleL’etimologia palesa chiaramente il significato del termine notificare,

dal latino tardo nòtus, participio passato di noscere, conoscere, e ficàre, da fàcere, fare... far conoscere.

Più estensivamente e tecnicamente, portare a conoscenza della popo-lazione o delle istituzioni o delle persone interessate, da parte di un’auto-rità, una situazione di fatto, una dichiarazione di volontà, un atto ammi-nistrativo, mediante pubblico avviso o mediante comunicazione diretta1, nel rispetto delle norme che ne stabiliscono le modalità.

Siffatte modalità integrano il procedimento di notificazione, volto all’ef-fettuazione di una determinata consegna al suo destinatario, o ad altro soggetto legittimato a ricevere l’atto, debitamente certificata, con indica-zione del luogo e della data, quest’ultima termine essenziale, sia per il

(1) Da Treccani.it.

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notificante, ai fini del rispetto del termine decadenziale, sia per il desti-natario, ai fini della proposizione di un eventuale ricorso.

La certificazione è la relata di notifica, che fa fede fino a querela di fal-so, dalla regolarità della quale dipendono in parte rilevante le sorti dell’at-to e del relativo procedimento.

La relata (dal lat. relatus, part. pass. di referre, riferire, riportare) è ap-posta sia sull’originale, restituito all’interessato, sia sulla copia, consegna-ta al destinatario. Ivi il messo dichiara di aver notificato l’atto in un de-terminato giorno, mediante consegna della sua copia all’interessato o ad altra persona abilitata a riceverla, in ragione di un suo rapporto con l’in-teressato, espressamente indicato (rapporto di legame fiduciario) e sotto-scrive la medesima relata, insieme con il destinatario, sempre che questi non si rifiuti di ricevere l’atto. Tale ultima circostanza è menzionata dal messo in relata, così come tutti i fatti avvenuti in sua presenza, le moda-lità di notifica e le eventuali dichiarazioni del destinatario.

Nel caso di notifica a mezzo posta, la relata è semplificata nella rice-vuta di ritorno.

Dalla “lettura” della relata possono scaturire determinazioni della P.A. procedente e/o competente, come il ritiro del provvedimento emesso in via di autotutela, ove la medesima ravvisi una grave violazione della pro-cedura o, meglio, delle norme che la disciplinano, dettate dal codice di procedura civile e dal codice di procedura penale, alle quali occorre at-tenersi, se non diversamente disposto.

Un tale accertamento può conseguire anche a una richiesta d’annul-lamento del provvedimento, da parte dell’interessato, ciò che favorireb-be il buon andamento dell’agire amministrativo, principio costituzional-mente sancito e ribadito nello Statuto del contribuente, legge 27 luglio 2000, n. 212, Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuen-te, segnatamente all’art. 10.

Art. 10Tutela dell’affidamento e della buona fede. Errori del contribuente1. I rapporti tra contribuente e amministrazione finanziaria sono improntati al principio della collaborazione e della buona fede. 2. Non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori al contribuen-te, qualora egli si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’ammi-nistrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate dall’ammini-strazione medesima, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni od errori dell’am-ministrazione stessa. 3. Le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da

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la notifiCazione Delle sanzioni amministrative peCuniarie

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obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazio-ne della norma tributaria o quando si traduce in una mera violazione forma-le senza alcun debito di imposta; in ogni caso non determina obiettiva condi-zione di incertezza la pendenza di un giudizio in ordine alla legittimità della norma tributaria. Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tribu-tario non possono essere causa di nullità del contratto.

Ove l’interessato non lo facesse, quando ve ne fossero le condizio-ni, evitando attività amministrativa superflua, come nel caso in cui que-sti avesse contezza dell’irregolarità della notificazione del verbale d’ac-certamento e contestazione, ma attendesse l’adozione del provvedimento ingiuntivo o della cartella esattoriale per eccepirla in sede di ricorso, la P.A. ben potrebbe richiedere al giudice adito di esentarla, se non altro, dall’addebito delle spese di giudizio.

Teniamo in ogni caso presente che, in materia di procedimento san-zionatorio, quale disciplinato dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, in epigrafe Modifiche al sistema penale, rileva principalmente la notifica-zione del verbale d’accertamento e contestazione e dell’ordinanza d’in-giunzione.

Le norme di riferimento sono rintracciabili agli artt. 14, 16, comma 1, 18, commi 1 e 4-6.

Art. 14Contestazione e notificazioneLa violazione, quando è possibile, deve essere contestata immediatamente tanto al trasgressore quanto alla persona che sia obbligata in solido al paga-mento della somma dovuta per la violazione stessa.Se non è avvenuta la contestazione immediata per tutte o per alcune delle persone indicate nel comma precedente, gli estremi della violazione debbo-no essere notificati agli interessati residenti nel territorio della Repubblica en-tro il termine di novanta giorni e a quelli residenti all’estero entro il termine di trecentosessanta giorni dall’accertamento.Quando gli atti relativi alla violazione sono trasmessi all’autorità competente con provvedimento dell’autorità giudiziaria, i termini di cui al comma prece-dente decorrono dalla data della ricezione.Per la forma della contestazione immediata o della notificazione si applicano le disposizioni previste dalle leggi vigenti. In ogni caso la notificazione può essere effettuata, con le modalità previste dal codice di procedura civile, an-che da un funzionario dell’amministrazione che ha accertato la violazione.Per i residenti all’estero, qualora la residenza, la dimora o il domicilio non si-ano noti, la notifica non è obbligatoria e resta salva la facoltà del pagamento in misura ridotta sino alla scadenza del termine previsto nel secondo comma dell’art. 22 per il giudizio di opposizione.

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L’obbligazione di pagare la somma dovuta per la violazione si estingue per la persona nei cui confronti è stata omessa la notificazione nel termi-ne prescritto.

Art. 16Pagamento in misura ridottaÈ ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più fa-vorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al dop-pio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dal-la notificazione degli estremi della violazione.(...)

Art. 18Ordinanza-ingiunzioneEntro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all’autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell’art. 17 scritti difensivi e documenti e pos-sono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.(...)Il pagamento è effettuato all’Ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nell’ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazio-ne di detto provvedimento, eseguita nelle forme previste dall’art. 14; del pa-gamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell’ufficio che lo ha ricevuto, all’autorità che ha emesso l’ordinanza.Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l’interessato risiede all’e-stero.La notificazione dell’ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall’uffi-cio che adotta l’atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890.(...)

Dai codici di rito, di cui sopra, invece, si stagliano, più in generale, le fasi e i soggetti rilevanti della notificazione, muovendo, in particolare, dall’art. 148 c.p.c., per quanto riguarda la relata, e dall’art. 357 c.p., che ne integra la disposizione.

Codice di procedura civileArt. 148Relazione di notificazioneL’ufficiale giudiziario certifica l’eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale e alla copia dell’atto.

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La relazione indica la persona alla quale è consegnata la copia e le sue quali-tà, nonché il luogo della consegna, oppure le ricerche, anche anagrafiche, fat-te dall’ufficiale giudiziario, i motivi della mancata consegna e le notizie rac-colte sulla reperibilità del destinatario.

Codice penaleArt. 357 Nozione del pubblico ufficiale Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da nor-me di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.

Quanto alle fasi, sono distinguibili le seguenti2:• impulso (la parte istante dà inizio al procedimento su propria iniziativa);• intermediazione (trasmissione o consegna dell’atto);• documentazione (che consiste nelle certificazioni annotate, al fine di

determinare l’effetto giuridico proprio della notificazione).

I soggetti della vicenda in esame, individuabili dalle disposizioni nor-mative di riferimento, invece, sono:• il notificante, che è colui che dà causa alla notificazione e che ha in-

teresse a trasmettere l’atto a un determinato soggetto;• il destinatario dell’atto;• il notificatore (o medium), che opera per consentire al destinatario la

conoscenza legale dell’atto (ufficiale giudiziario, messo notificatore, messo comunale3, ecc.).

Con riferimento a quest’ultimo, si evidenzia che, ai sensi dell’art. 14, comma 4, secondo periodo, può effettuare la notificazione, con le modalità previste dal codice di procedura civile, anche un funziona-

(2) Da https://www.commercialistatelematico.com/articoli/2012/11/la-conoscenza-le-gale-degli-atti-i-soggetti-e-le-fasi-della-notifica.html.(3) Il messo notificatore nasce dalla legge finanziaria del 2007, a integrare la figura dei messi con competenza limitata al territorio della propria amministrazione; il messo co-munale ha competenza, limitatamente ad alcuni atti, su territorio più ampio, corrispon-dente all’ambito di competenza di altre amministrazioni.

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rio dell’amministrazione che ha accertato la violazione, rispondendo-ne personalmente.

Nondimeno, nella lettura della disposizione da ultimo citata, occorre tener conto dell’assunto organizzativo relativo all’ufficio interessato, per poter comprendere il grado di responsabilità di detto funzionario: eviden-temente, questo risulta vieppiù sfumato ove la fase d’accertamento dell’in-frazione non inerisca al centro d’imputazione della competenza ad assu-mere il provvedimento ingiuntivo avente ad oggetto l’importo di sanzione.

Di là, dunque, dal funzionario che accerta l’infrazione, la notificazio-ne deve essere effettuata dall’ufficiale giudiziario del tribunale, dal mes-so comunale o comunque notificatore del comune e da parte del sogget-to esterno notificante abilitato alle notifiche.

Sono configurabili altre figure, per così dire “speciali”, di agenti notifi-catori, seppur privi di particolari abilitazioni, ove la notificazione si con-noti come un mero adempimento.

È il caso dell’art. 143, comma 2, del codice di procedura civile.

Art. 143Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciutiSe non sono conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio del destinatario e non vi è il procuratore previsto nell’articolo 77, l’ufficiale giudiziario ese-gue la notificazione mediante deposito di copia dell’atto nella casa comunale dell’ultima residenza o, se questa è ignota, in quella del luogo di nascita del destinatario, e mediante affissione di altra copia nell’albo dell’ufficio giudizia-rio davanti al quale si procede. Se non sono noti né il luogo dell’ultima resi-denza né quello di nascita, l’ufficiale giudiziario consegna una copia dell’at-to al pubblico ministero. Nei casi previsti nel presente e nel precedente articolo la notificazione si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte.

Andando oltre il riferimento al solo ufficiale giudiziario, soggetto fi-siologico inquadrato nella procedura de qua per il codice di rito civile, è da rilevare che, a differenza delle modalità dettagliate al primo com-ma, espressamente integranti l’esecuzione della notificazione, al secon-do comma si parla di mera consegna di una copia dell’atto al pubblico ministero, ciò che, a parere di chi scrive, rende possibile la legittima ef-fettuazione della stessa da parte di qualsivoglia funzionario.

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2. La relata traccia il campo delle responsabilità fra notificatore e richiedente

La consegna al destinatario o ad altro soggetto legittimato a riceve-re l’atto è certificata, con indicazione del luogo e della data, nella rela-ta di notifica, che fa fede fino a querela di falso, essendo stata redatta da un pubblico ufficiale.

Di massima, si presenta così.

RELATA DI NOTIFICA

L’anno........... il giorno............... del mese di ............................... Ad istanza come in atti, io sottoscritto................................................................................................ in qualità di.......................................................................................................................................... ho notificato l’atto che precede come segue:

Persona giuridicaAlla ..........(denominazione società, ditta individuale, ecc.)........, in persona del lega-le rappresentante pro tempore .............................................................................................................., con sede in ...................................................................................................................................... ivi recandomi e consegnandone copia a mani di .......................................................................................................................................

Persona fisicaAl Sig. .......................................................................................................... residen-te/domiciliato in ............................................................................................................................................................ portandone copia conforme all’originale all’indiriz-zo anzidetto ed ivi consegnandolo in mani di ................................................................................................................................................................................................

oppure

inviandone copia a mezzo servizio postale, nei termini di legge.

Firme.......................................... ..............................(destinatario) (notificatore)

Nel caso di notifica a mezzo posta, la relata è semplificata nella rice-vuta di ritorno.

La notifica dell’atto è fatta a un determinato soggetto, che è l’intesta-tario dell’atto, individuato con il proprio nome e cognome e con l’indi-rizzo di residenza, se persona fisica, o, se è persona giuridica, con l’in-dirizzo della sede legale.

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Deve essere sottoscritta sia sull’originale che sulla copia, sia dal desti-natario che dall’agente notificatore4.

La relata deve necessariamente indicare la data e la sottoscrizione del notificatore.

Non è necessario che sia scritta interamente di suo pugno, essendo sufficiente che l’ufficiale attesti l’attività compiuta, attraverso la sotto-scrizione.

La mancanza della data rende la notificazione insanabilmente nulla, la mancanza della sottoscrizione la rende inesistente5.

Si tenga sul punto presente, altresì, la disposizione di cui all’art. 168 c.p.p., benché riferita alla notificazione in ambito penale6.

(4) Per un’eventuale azione di recupero forzato di un credito è possibile procedere sol-tanto con l’originale, non con la copia.(5) Sulla patologia della relata di notificazione v’è una ricca giurisprudenza. Riportia-mo qui di seguito i seguenti pronunciamenti, tratti dal sito www.brocardi.it: “In caso di discordanza fra la data di consegna emergente dalla relata di notifica apposta sull’atto restituito al notificante e quella riportata sulla copia consegnata al destinatario, si veri-fica un conflitto tra due atti pubblici, dotati di piena efficacia probatoria, risolvibile so-lo mediante proposizione di querela di falso ad opera della parte interessata a prova-re l’inesattezza di una delle due date; in mancanza, per stabilire se si sia verificata una decadenza, deve aversi riguardo all’originale restituito al notificante, ovvero alla copia in possesso del destinatario, a seconda che tale decadenza riguardi il primo o il secon-do. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto che il controricorrente, che aveva contestato la tardività del deposito del ricorso sulla base della data risultante dalla relata di notifica apposta sulla copia notificatagli, fosse tenuto a proporre querela di falso per accerta-re la falsità, ‘in parte qua’, della relata unita all’originale dell’atto restituito al ricorren-te). [Cassazione civile, sez. II, sentenza n. 14781 del 14 giugno 2017]. L’erronea indi-cazione, nella relazione di cui all’art. 148 c.p.c., di una qualifica non corrispondente a quella reale del consegnatario è irrilevante, e non incide sulla validità della notifica-zione, qualora sia univocamente identificabile la persona consegnataria attraverso la sola indicazione del vincolo – familiare convivente o domestica – con il destinatario, non sussistendo, di conseguenza, incertezza assoluta circa la persona che ha ricevuto la copia dell’atto e non venendo meno la presunzione che il consegnatario porterà a conoscenza del destinatario l’atto ricevuto. [Cassazione civile, sez. VI-5, ordinanza n. 10030 del 8 maggio 2014]”. (6) V. sentenza n. 30485 del 10 luglio 2014 della sez. IV della Cassazione, secondo la quale in tema di opposizione a decreto penale di condanna, nel caso in cui la data di notificazione del decreto penale risultante sulla copia consegnata all’imputato sia diver-sa rispetto a quella indicata nell’originale, deve applicarsi la disposizione del secondo comma dell’art. 168 c.p.p.

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Codice di procedura penaleArt. 168(...)2. Quando vi è contraddizione tra la relazione scritta sulla copia consegnata e quella contenuta nell’originale, valgono per ciascun interessato le attesta-zioni contenute nella copia notificata.(...)

Per il destinatario prevalgono evidentemente le attestazioni della co-pia in suo possesso, poiché di quella soltanto ha conoscenza7.

La relata è apposta sia sull’originale, restituito all’interessato, sia sulla copia, consegnata al destinatario. Ivi il notificatore dichiara di aver noti-ficato l’atto in un determinato giorno, mediante consegna della sua co-pia all’interessato o ad altra persona abilitata a riceverla, in ragione di un suo rapporto con l’interessato, espressamente indicato (rapporto di lega-me fiduciario) e sottoscrive la medesima relata, insieme con il destinata-rio, sempre che questi non si rifiuti di ricevere l’atto.

Tale ultima circostanza deve essere in ogni caso menzionata in relata dal notificatore, così come tutti i fatti avvenuti in sua presenza, le modalità di effettuazione della notifica e le eventuali dichiarazioni del destinatario.

Come anticipato nel precedente paragrafo8, dalla “lettura” della re-lata possono scaturire determinazioni della P.A. procedente e/o compe-tente, come il ritiro del provvedimento emesso, in via di autotutela, ove la medesima ravvisi una grave violazione della procedura o, meglio, del-le norme che la disciplinano, dettate dal codice di procedura civile e dal codice di procedura penale, alle quali occorre attenersi, se non diversa-mente disposto.

(7) È interessante, per quanto riferita all’ambito civilistico, l’ordinanza della Cassazione civile, sez. lavoro, 29 ottobre 2019, n. 27722, secondo la quale “Ai fini dell’individua-zione del dies a quo per la decorrenza del termine breve per l’impugnazione, quando emerga una difformità di date tra la relata di notifica della sentenza in possesso del noti-ficante e quella consegnata al destinatario, la tempestività dell’impugnazione deve esse-re valutata con riguardo alla data risultante dalla relata di notifica redatta sull’atto conse-gnato a quest’ultimo, il quale non è tenuto a provare l’esattezza delle risultanze dell’atto ricevuto, su cui solo poteva fare affidamento per computare il termine utile per l’impu-gnazione, mentre spetta al notificante, secondo gli ordinari criteri di distribuzione dell’o-nere probatorio, provare mediante querela di falso – trattandosi di contrasto fra due atti pubblici – la corrispondenza della relata stilata sull’atto in suo possesso all’effettivo svol-gimento quoad tempus delle formalità di notifica”.(8) La notificazione delle sanzioni amministrative (I).

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La relata, dunque, ha l’efficacia dell’atto pubblico, cioè fa piena prova sino a querela di falso della provenienza del documento da un pubblico ufficiale che lo ha firmato, nonché delle dichiarazioni rese dalle parti e di qualsivoglia comportamento tenuto dalle stesse, in sua presenza, oltre che di tutte le attività poste in essere.

Ciò che il pubblico ufficiale attesta è ritenuto vero sino a querela di falso del destinatario.

Quest’ultimo, tuttavia, deve essere in grado di dimostrare, ad esem-pio, che quel giorno non era in casa, che non ha firmato lui la relata, chi al posto suo l’ha firmata, e via dicendo... una prova spesso ardua, se non diabolica.

L’art. 148 c.p.c. riepiloga didascalicamente ciò che la relata certifica.

Codice di procedura civileArt. 148Relazione di notificazioneL’ufficiale giudiziario certifica l’eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all’originale e alla copia dell’atto.La relazione indica la persona alla quale è consegnata la copia e le sue quali-tà, nonché il luogo della consegna, oppure le ricerche, anche anagrafiche, fat-te dall’ufficiale giudiziario, i motivi della mancata consegna e le notizie rac-colte sulla reperibilità del destinatario.

La relata, scritta in calce sia all’originale che alla copia dell’atto, pro-va, dunque, l’avvenuta notifica.

“In calce” è una dicitura che deve essere intesa in senso ampio: può essere ai piedi dell’atto, sul retro, ma anche in un foglio allegato che lo fa ritenere integrato all’atto da notificare, ove sia adottata una numera-zione onnicomprensiva (es. pag. 4 di 4) e/o sia apposto un timbro di con-giunzione.

Nel caso in cui la copia dell’atto sia notificato a un consegnatario, nella relata devono essere indicate le generalità della persona che riceve la copia le sue qualità, ossia la posizione che riveste in relazione al rap-porto che intercorre con il destinatario (es.: familiare, convivente, portie-re dello stabile, ecc.).

Quanto alle ricerche anagrafiche, il dovere di effettuarle è circoscritto dalla buona fede e della diligenza del buon padre di famiglia.

Sicuramente è richiesto che siano effettuate sulle banche dati a dispo-sizione dell’ufficio, ma non di dotarsi di ulteriori strumenti per effettuar-le, magari onerosi.

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Deve, piuttosto, rilevarsi l’interessamento effettivo a rintracciare il de-stinatario, attraverso l’indicazione puntuale di ciò che è stato posto in es-sere a tal fine, delle eventuali informazioni raccolte e da chi.

In altri termini, rileva l’effettuazione delle ricerche fattuali, più di quel-le effettuate su tutte le banche dati possibili e immaginabili9.

Ad ogni modo, il centro d’imputazione e di responsabilità principale di tali accertamenti anagrafici è il notificatore.

Siamo nel momento della notificazione, non in quello dell’adozione dell’atto ingiuntivo da notificare, ergo, tutto ciò che inerisce a questa fa-se, in termini di negligenza, non è comunque imputabile a chi ha forma-to l’atto. Ad esempio, non può mai gravare su quest’ultimo l’aver il noti-ficatore proceduto ai sensi dell’art. 143 c.p.c.10, quand’anche ne avesse avuto mandato da quello, senza aver prima diligentemente e adeguata-mente proceduto ai sensi dell’art. 140 c.p.c.

In caso di attestazioni false circa le attività e i fatti attestati, poi, il no-tificatore risponderà del reato di falso ideologico, ex art. 479 c.p.

(9) Si tenga presente che la fonte principale resta l’anagrafe e i suoi derivati. Una ban-ca dati quale SiateL, ad esempio, molto utilizzata negli uffici competenti per le sanzio-ni, avendo tempi d’adeguamento più dilatati, in quanto attinge agli adempimenti di na-tura fiscale, non ha la stessa attendibilità. Nella specie, il SIATEL (acronimo di Sistema interscambio anagrafe tributarie enti locali) è un sistema di collegamento telematico vo-luto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze che consente lo scambio di informa-zioni anagrafiche e tributarie fra la pubblica amministrazione italiana centrale e locale. (10) Art. 143 – Notificazione a persona di residenza, dimora e domicilio sconosciuti.Se non sono conosciuti la residenza, la dimora e il domicilio del destinatario e non vi è il procuratore previsto nell’articolo 77, l’ufficiale giudiziario esegue la notificazione me-diante deposito di copia dell’atto nella casa comunale dell’ultima residenza o, se questa è ignota, in quella del luogo di nascita del destinatario, e mediante affissione di altra co-pia nell’albo dell’ufficio giudiziario davanti al quale si procede. Se non sono noti né il luogo della ultima residenza né quello di nascita, l’ufficiale giudi-ziario consegna una copia dell’atto al pubblico ministero.Nei casi previsti nel presente articolo e nei primi due commi dell’articolo precedente, la notificazione si ha per eseguita nel ventesimo giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescritte.Art. 140 – Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia.Se non è possibile eseguire la consegna per irreperibilità o per incapacità o rifiuto delle persone indicate nell’articolo precedente, l’ufficiale giudiziario deposita la copia nella casa del comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso del deposito in bu-sta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinata-rio, e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento.

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Codice penaleArt. 479 Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubbliciIl pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avve-nuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque atte-sta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell’articolo 476.

Perché possa configurarsi siffatto reato, in tutte le modalità di realizzazio-ne quivi ipotizzate, è indispensabile che la falsificazione (immutatio veri) ri-guardi, in tutto o in parte, i fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.

In materia di notificazioni, nondimeno, si può incorrere nel falso ma-teriale, di cui all’art. 476.

Codice penaleArt. 476 Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubbliciIl pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in par-te, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni.Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a quere-la di falso, la reclusione è da tre a dieci anni.

È il caso, per esempio, del notificatore che appone sulla relata la fir-ma del destinatario.

Il riferimento alle pene di cui all’art. 476, contenuto in chiusura dell’art. 479, fa ritenere che il delitto ivi previsto sia aggravato se la falsità concer-na un atto o parte di atto che faccia fede fino a querela di falso.

Di là dai casi della falsità in atti, reati caratterizzati dalla violazione del-la c.d. fede pubblica documentale, ossia la sicurezza e la fiducia che l’ordi-namento giuridico attribuisce a determinati documenti, sono già le condot-te colpose riconducibili a un’applicazione disinvolta delle disposizioni dei codici di rito che spesso pregiudicano la legittimità della notificazione, alla pari di una insufficiente indagine volta a effettuare la consegna del “plico”.

Ne abbiamo fatto cenno sopra, con il richiamo agli artt. 143 e 140 c.p.c. e agli accertamenti anagrafici.

L’ufficio richiedente la notificazione, solitamente coincidente con quel-lo che ha formato l’atto che ne è oggetto, non può essere mai chiamato a rispondere di tali mancanze, se non nella misura in cui non le rilevi, evi-tando ulteriori attività amministrative, o anche una fase processuale ulte-riore, quale quella della riscossione dei crediti (da sanzione).

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3. La relata di notifica a mezzo PEC secondo il decreto interministeriale 18 dicembre 2017

Il decreto interministeriale 18 dicembre 2017, Notifica violazioni co-dice della strada, come espressamente stabilito all’art. 2, “si applica al procedimento di notificazione dei verbali di contestazione, redatti dagli organi di polizia stradale, di cui all’art. 12 del codice della strada, a se-guito dell’accertamento di violazioni del codice della strada”.

Un ambito d’applicazione, a ben vedere, vieppiù ristretto, sia sotto il profilo soggettivo (gli organi di polizia stradale), sia sotto il profilo og-gettivo (i verbali di contestazione per violazioni del codice della strada). Nondimeno, in un panorama normativo ancora sterile di disposizioni ge-nerali in materia di notificazioni di natura telematica – tenuto conto del-le notevoli possibilità tecniche di effettuarle e, comunque, dell’uso ormai diffuso – quelle contenute in detto provvedimento possono risultare uti-li se non altro per scoraggiare le impugnazioni di atti, per vizi di notifi-ca, seppur venuti alla conoscenza dei medesimi ricorrenti, sì da relegar-li nell’alveo della mera temerarietà.

In altri termini, il decreto nasce, sì, nell’ambito sanzionatorio del co-dice della strada, ove rende obbligatario la notifica via PEC, ma le sue di-sposizioni possono trovare applicazione anche oltre, come nell’ambito delle sanzioni il cui procedimento è disciplinato dalla legge 24 novem-bre 1981, n. 689, Modifiche al sistema penale, data la fisiologica trasver-salità di tale sistema di notifica “non cartaceo”.

Segnatamente, le indicazioni per come compilare la relata in una tra-smissione via posta elettronica certificata le ritroviamo all’art. 4, comma 1, del decreto interministeriale sopra citato.

Art. 4.Contenuto del documento informatico da notificare1. Il messaggio di PEC inviato al destinatario del verbale di contestazione di cui all’art. 211 del presente decreto deve contenere nell’oggetto la dizione “di

(11) Art. 2 – Ambito di applicazione e norme applicabili.1. Il presente decreto si applica al procedimento di notificazione dei verbali di contesta-zione, redatti dagli organi di polizia stradale, di cui all’art. 12 del codice della strada, a se-guito dell’accertamento di violazioni del codice della strada. 2. La notificazione mediante PEC avviene secondo le disposizioni del CAD e del decreto del Presidente della Repubblica n. 68/2005, e successive modificazioni.L’ultimo citato è il decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68 Re-golamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell’articolo 27 della legge 16 gennaio 2003, n. 3.

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atto amministrativo relativo ad una sanzione amministrativa prevista dal co-dice della strada” ed in allegato: a) una relazione di notificazione su documento informatico separato, sotto-scritto con firma digitale, in cui devono essere riportate almeno le seguen-ti informazioni:a1) la denominazione esatta e l’indirizzo dell’amministrazione e della sua ar-ticolazione periferica che ha provveduto alla spedizione dell’atto; a2) l’indicazione del responsabile del procedimento di notificazione nonché, se diverso, di chi ha curato la redazione dell’atto notificato; a3) l’indirizzo ed il telefono dell’ufficio presso il quale è possibile esercitare il diritto di accesso; a4) l’indirizzo di posta elettronica certificata a cui gli atti o provvedimenti ven-gono notificati e l’indicazione dell’elenco da cui il predetto indirizzo è stato estratto ovvero le modalità con le quali è stato comunicato dal destinatario; b) copia per immagine su supporto informatico di documento analogico del verbale di contestazione di cui all’art. 2 del presente decreto, se l’originale è formato su supporto analogico, con attestazione di conformità all’originale a norma dell’art. 22, comma 2, del CAD12, sottoscritta con firma digitale, ov-vero un duplicato o copia informatica di documento informatico del verbale di contestazione con attestazione di conformità all’originale a norma dell’art. 23-bis del CAD, sottoscritta con firma digitale; c) ogni altra comunicazione o informazione utile al destinatario per eserci-tare il proprio diritto alla difesa ovvero ogni altro diritto o interesse tutelato. 2. Ferme restando le disposizioni del comma 1, gli allegati o i documenti in-formatici che contengono degli allegati devono essere sottoscritti con firma digitale e trasmessi con formati aperti, standard e documentati.

La relata, dunque, deve essere contenuta su un documento separato; quindi, mentre la tradizionale relata ex art. 148 c.p.c. avveniva in cal-ce, comunque unitamente, quella in parola è un “word”, trasformato in

(12) Il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD) è un testo unico che riunisce e orga-nizza le norme riguardanti l’informatizzazione della Pubblica Amministrazione nei rap-porti con i cittadini e le imprese. Istituito con il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, è stato successivamente modificato e integrato prima con il decreto legislativo 22 agosto 2016, n. 179 e poi con il decreto legislativo 13 dicembre 2017, n. 217 per promuovere e rendere effettivi i diritti di cittadinanza digitale.Con l’ultimo intervento normativo il CAD è stato ulteriormente razionalizzato nei suoi contenuti. Si è proceduto a un’azione di deregolamentazione, sia semplificando il lin-guaggio, sia sostituendo le precedenti regole tecniche con linee guida, a cura di AgID, la cui adozione risulterà più rapida e reattiva rispetto all’evoluzione tecnologica.[Da https://www.agid.gov.it/it/agenzia/strategia-quadro-normativo/codice-amministrazio-ne-digitale].

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“pdf”, sottoscritto con firma digitale, ed allegato alla PEC con cui si tra-smette la notifica e deve riportare l’indicazione della pubblica ammini-strazione procedente e della sua articolazione periferica, in altri termini, di chi è l’organo istante.

Bisogna indicare, altresì, il responsabile che cura la notifica o colui che ha curato la redazione del verbale d’accertamento o dell’ordinan-za d’ingiunzione.

Devono essere indicati, poi, l’indirizzo, ossia, dove di trova l’ufficio della pubblica amministrazione presso il quale si può esercitare l’accesso agli atti, l’indirizzo di posta elettronica certificata di destinazione e l’in-dicazione dell’elenco (ufficiale) dal quale l’indirizzo PEC è stato estratto.

A tale ultimo proposito, sono sicuramente ufficiali INI-PEC13 e il Regi-stro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE)14.

(13) “INI-PEC è l’Indice Nazionale degli Indirizzi di Posta Elettronica Certificata istituito dal Ministero dello sviluppo economico. INI-PEC raccoglie tutti gli indirizzi di PEC delle Imprese e dei Professionisti presenti sul territorio italiano ed è pensato per chiunque abbia la necessità di ottenere l’indirizzo di PEC di un professionista o di un’impresa che desidera contattare.Senza bisogno di autenticazione o di programmi aggiuntivi, chiunque può accedere alla sezione di ricerca del portale e cercare l’indirizzo di posta elettronica certificata di pro-prio interesse.Se l’azienda o il professionista cercato è presente nell’indice, INI-PEC fornisce all’utente l’indirizzo richiesto, semplificando la vita di tutti.L’indice viene puntualmente aggiornato con i dati provenienti dal Registro Imprese e da-gli Ordini e dai Collegi di appartenenza, nelle modalità stabilite dalla legge.Il reperimento delle informazioni di tutti gli operatori economici che per legge devo-no possedere un proprio indirizzo PEC è ora più agevole ed efficace grazie ad INI-PEC.INI-PEC è uno strumento innovativo e fondamentale allo sviluppo del paese realizzato da InfoCamere in attuazione del decreto legge del 18 ottobre 2012, n. 179” [Così da https://www.inipec.gov.it/come-funziona-ini-pec]. (14) “In accordo con quanto regolamentato dal d.m. 44/2011, il Registro Generale degli Indirizzi Elettronici (ReGIndE), gestito dal Ministero della giustizia, contiene i dati identi-ficativi nonché l’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) dei soggetti abilitati ester-ni, ovverossia:1. appartenenti ad un ente pubblico2. professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge3. ausiliari del giudice non appartenenti ad un ordine di categoria o che appartengono ad ente/ordine professionale che non abbia ancora inviato l’albo al Ministero della giu-stizia (questo non si applica per gli avvocati, il cui specifico ruolo di difensore impli-ca che l’invio dell’albo deve essere sempre fatto dall’ordine di appartenenza o dall’en-te che si difende).Il ReGIndE non gestisce informazioni già presenti in registri disponibili alle PP.AA., nell’ambito dei quali sono recuperati, ad esempio ai fini di eseguire notifiche ex art. 149-

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Ai fini della validità della notifica, l’indirizzo deve essere comunque estratto da elenchi ufficiali15, sui quali è opportuno verificarne la corri-spondenza, anche ove fosse stato indicato dall’interessato, in una sorta di elezione di domicilio (elettronico).

Ricordiamo che la posta elettronica certificata, di per sé, è equipara-ta alla raccomandata con ricevuta di ritorno, mentre altro resta l’effetto notifica.

La differenza risiede fondamentalmente nella conoscenza qualifica-ta garantita dalla notifica, attraverso finzione giuridica, ove non ricevu-ta materialmente. Quello che riferisce il messo notificatore o l’ufficiale giudiziario si assume come vero sino a prova del contrario, dato che egli è pubblico ufficiale, con conseguente inversione dell’onere della prova. Se l’atto è consegnato in mano a un soggetto, ma questi si rifiuta di rice-verlo, ergo, di firmare, pur ammettendo di esserne il destinatario, la no-tifica si è comunque perfezionata.

Il mero ricevimento di una PEC, nella casella del destinatario, con rila-scio della ricevuta di consegna, può far ben presumere la lettura dell’atto alla medesima allegato, anche se realmente la mail non fosse mai aperta, ma l’effetto notifica si produce soltanto se è allegata la relata.

Ciononostante, ove un atto arrivi alla conoscenza del destinatario e non rispetti alcune formalità, che però non sono inficianti, come il non aver impostato la relata secondo quanto sin qui esposto, ma tutti gli estre-mi di cui all’art. 4 del decreto interministeriale sopra riportato si possono in ogni caso agevolmente evincere dall’atto, così risalendo a tutte le co-municazioni della relata, di là dal poter presumere che l’atto sia comun-que pervenuto alla conoscenza del destinatario medesimo, è possibile comunque difendersi da chi impugni il vizio di notifica.

Certo, gli interrogativi che sorgono relativamente alla relata di notifica via PEC non sono pochi, posto che le regole circa la notificazione degli atti, consolidate sul “cartaceo”, anche attraverso una serie di prassi che hanno generato, ove replicate quasi pedissequamente in ambiente tele-matico, trovano evidentemente difficile applicazione e maggiori compli-cazioni, contraddicendo il principio stesso della semplificazione delle procedure, che tali nuove modalità fisiologicamente perseguono.

bis c.p.c., gli indirizzi di PEC delle imprese o le CEC-PAC dei cittadini” [Così da https://pst.giustizia.it/PST/en/pst_1_0.wp?previousPage=pst_1&contentId=SPR355].(15) Si deve far riferimento sempre alla fonte base, quand’anche si attinga a banche da-te mediate, come, ad esempio Telemaco.

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Basti pensare già solo a quanto richiesto alla lettera a) del comma 1 dell’art. 4, secondo il quale “a) una relazione di notificazione su documen-to informatico separato, sottoscritto con firma digitale (...)”, in combinato disposto con quanto richiesto alla lettera b): “attestazione di conformità all’originale a norma dell’art. 22, comma 2, del CAD, sottoscritta con fir-ma digitale, ovvero un duplicato o copia informatica di documento infor-matico del verbale di contestazione con attestazione di conformità all’o-riginale a norma dell’art. 23-bis del CAD, sottoscritta con firma digitale”.

Il “plico” va a essere composto, così, dal documento informatico di-gitalmente firmato, contenente il provvedimento, che deve restare sepa-rato dalla relazione di notificazione – a sua volta riportata in un ulteriore documento informatico, pure sottoscritto digitalmente – dall’attestazio-ne di conformità – anch’essa sottoscritta digitalmente – e da eventuali al-tri atti, il tutto allegato alla PEC, inviata in momento comunque antece-dente rispetto a quello in cui il notificatore ordinario compila la notifica.

Questa ultima si perfeziona soltanto con l’accettazione del sistema, per il notificante, mentre per il destinatario con la consegna.

In caso di esiti diversi, sarebbero state poste in essere attività inutili e si do-vrebbe in ogni caso procedere con l’ordinaria notificazione, ex art. 148 c.p.c.

Come detto, i dubbi sono tanti.Si tenga in ogni caso conto della circostanza che, essendo recente co-

me normativa, non si è formata alcuna giurisprudenza utile, per cui gli interrogativi in ordine all’applicazione in concreto delle disposizioni sul-la notifica via PEC, se non anche in ordine alle stesse notifiche via PEC, non possono trovare ancora risposte esaustive.

4. Le responsabilità penali e non del notificatore: excursus normativo fondamentale

La responsabilità del notificatore, quale pubblico ufficiale, ex art. 357 del codice penale16, può essere, oltre che penale:

(16) Art. 357 – Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali eserci-tano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi, e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri au-toritativi o certificativi.È qui specificata la nozione di pubblico ufficiale, fondamentale ai fini della configurabilità di quei reati ove, in dipendenza delle circostanze, tale qualifica assurge a elemento essen-ziale, oppure a circostanza aggravante, come soggetto attivo, così come soggetto passivo.

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• civile• disciplinare• contabile.

Quanto alla responsabilità civile, si fa innanzitutto e fondamentalmen-te riferimento alla responsabilità del cancelliere e dell’ufficiale giudizia-rio, di cui all’art. 60 del codice di procedura civile.

Art. 60Responsabilità del cancelliere e dell’ufficiale giudiziarioIl cancelliere e l’ufficiale giudiziario sono civilmente responsabili:1) quando, senza giusto motivo, ricusano di compiere gli atti che sono loro le-galmente richiesti oppure omettono di compierli nel termine che, su istanza di parte, è fissato dal giudice dal quale dipendono o dal quale sono stati delegati;2) quando hanno compiuto un atto nullo con dolo o colpa grave.

Tutti i casi elencati in questa disposizione sono riconducibili alla re-sponsabilità da inadempimento, di cui all’art. 2043 del codice civile17, estensibile allo Stato, ai sensi dell’art. 28 della Costituzione18.

Il focus è dunque posto sull’esercizio di una pubblica funzione, ossia sulla finalità pub-blicistica dell’attività, non sull’esistenza di un rapporto di pubblico impiego, dato di per sé irrilevante.Si precisa, poi, su www.brocardi.it, alla voce corrispondente a detta disposizione, che “per quanto riguarda il parametro di delimitazione esterna, viene assoggettata allo sta-tuto penale della P.A. quell’attività retta da norme di diritto pubblico e da atti autorita-tivi (...). Per quanto concerne invece il parametro di delimitazione interna, esso delimi-ta la nozione in esame da quella dell’incaricato di pubblico servizio (art. 358) e descrive quelle attività rette da: • poteri deliberativi, che si sostanziano nella manifestazione all’esterno della volontà

dell’ente pubblico;• poteri autoritativi, caratterizzati dall’attività che permette alla P.A. di portare a termi-

ne i propri fini istituzionali, tramite il c.d. potere d’imperio;• poteri certificativi, i quali attestano, certificano, documentano fatti e valutazioni in

modo da garantire la sicurezza dei traffici giuridici (ad es. scritture private autenticate)” [https://www.brocardi.it/codice-penale/libro-secondo/titolo-ii/capo-iii/art357.html].

(17) Art. 2043 (Risarcimento per fatto illecito) – Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno. È questa norma la fondamentale espressione civilistica del principio del neminem laedere, in base al quale ciascuno è tenuto ad astenersi dal ledere l’altrui sfera giuridica.(18) Art. 28 Cost. – I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono diretta-mente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in vio-lazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. È necessario che l’inadempimento che ha dato causa alla nullità dell’atto scaturisca da dolo o colpa grave. Esclusa la colpa lieve, ciò che avrebbe verosimilmente paralizzato

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Configura sempre responsabilità civile per danni anche la mancata no-tifica degli atti tributari19.

È questa una fattispecie vieppiù delicata per i messi comunali, poiché non è remota l’eventualità che l’amministrazione d’appartenenza sia chia-mata a risarcire il danno cagionato dai medesimi, ove questi non abbia-no notificato tempestivamente.

Una tale condotta, paradigmatica per le forme di responsabilità in pa-rola, ove connotata da negligenza e dolo, può essere in ogni caso san-zionata sul piano disciplinare e lo stesso messo può rispondere altresì di danno erariale nei confronti della propria amministrazione, se chiama-ta a risarcire il danno.

Quanto al più “corposo” ambito penale, il notificatore, in caso di omis-sione o violazione dei doveri connessi alla qualifica rivestita, è sogget-to a particolari responsabilità penali, tipiche o aggravate rispetto ai reati comuni, fermo restando l’obbligo di denunciare in ogni caso all’autorità giudiziaria i reati di cui venga a conoscenza nell’esercizio e a causa del-le proprie funzioni. Tra i delitti in cui può più ricorrentemente incappa-re si segnalano l’art. 326, l’art. 328, l’art. 361, l’art. 476 e l’art. 479, tut-ti del codice penale.

Art. 326Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, vio-lando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando del-la sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. Se l’agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno. Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per

l’attività in parola, dato il timore che avrebbe pervaso gli organi interessati di poter esse-re perseguiti per qualsivoglia errore, foriero di danno. (19) Utile la sintesi, sul punto, di Ateneoweb.com: “Come regola generale ci si riferisce al codice di procedura civile, a cui rimanda anche la normativa che regola gli accerta-menti fiscali (d.P.R. 600/73, art. 60), apportando alcune modifiche. La norma di notifica della cartella esattoriale (d.P.R. 602/73, art. 26) rimanda a sua volta all’art. 60 del d.P.R. 600/1973 intrecciando di fatto tra loro le regole di notifica degli atti giudiziari e di quelli tributari, con alcune differenze per questi ultimi. Anche il codice della strada, per la no-tifica dei verbali delle multe, rimanda al codice di procedura civile e alle normative di notifica postale (d.lgs. 285/92, art. 201) così come la legge sulle sanzioni amministrative rimanda al codice di procedura civile (legge 689/81, art. 14)” [https://www.ateneoweb.com/approfondimenti-fiscali/notifica-degli-atti-tributari-legge-e-giurisprudenza.html].

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procurare a sé o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittima-mente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

Qui, l’ordinamento giuridico tutela indirettamente il buon andamen-to e l’imparzialità della P.A., tutelando direttamente la segretezza delle notizie in suo possesso20.

Art. 328Rifiuto di atti d’ufficio. OmissioneIl pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pub-blica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia in-teresse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragio-ni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 1.032. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.

Trovano tutela, in questa disposizione, l’efficace attuazione delle funzioni istituzionali della P.A., con particolare riferimento, in termi-ni temporali, a quelli aventi finalità di giustizia, di sicurezza pubbli-ca, di ordine pubblico, di igiene e sanità, nonché il diritto della per-sona ad essere informata sui procedimenti di proprio interesse, sì da consentirne la partecipazione oltre che un fattivo controllo sull’ope-rato della stessa P.A.21.

(20) Secondo la giurisprudenza amministrativa, è irrilevante che gli atti o i fatti segre-ti siano già conosciuti in un ambito limitato di persone, quando comunque la condotta dell’agente abbia provocato la divulgazione degli stessi a settori ben più vasti di pubbli-co (TAR Lazio, Roma, sez. I bis, 26 aprile 2018, n. 4616).(21) La disposizione di cui all’art. 328 è volta a fornire riscontro all’istanza che il privato rivolge formalmente alla pubblica amministrazione, in ordine a quanto di suo interesse e, dunque, non si estende ai rapporti tra pubbliche amministrazioni (v. Cass. pen., sez. VI, sent. 13 febbraio 2019, n. 10110). Il reato di omissione di atti d’ufficio è un reato di pe-ricolo la cui fattispecie astratta riguarda un atto dovuto che deve essere compiuto tempe-stivamente, sì da consentire all’istante il conseguimento degli effetti voluti (v. Cass. pen., sez. VI, 26 settembre 2018, n. 54426).

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Art. 361Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficialeIl pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all’autorità giu-diziaria, o ad un’altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un rea-to di cui ha avuto notizia nell’esercizio o a causa delle sue funzioni, è puni-to con la multa da euro 30 a euro 516. La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto. Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa.

La norma di cui all’art. 361 c.p. mira a garantire che la notizia di un reato sia portata a conoscenza dell’autorità giudiziaria preposta all’eser-cizio dell’azione penale.

Tale reato può essere commesso solo dal pubblico ufficiale, nell’eser-cizio o a causa delle sue funzioni (reato proprio).

L’obbligo di denuncia permane anche in presenza solo di un fumus di reato, di possibili cause di estinzione o di non punibilità, competen-do in ogni caso all’autorità giudiziaria la definitiva valutazione della sus-sistenza del reato22.

Art. 476Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni.Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a quere-la di falso, la reclusione è da tre a dieci anni.

Il legislatore qui ha inteso tutelare innegabilmente la genuinità dei do-cumenti, ma anche la funzione e la finalità dell’atto oggetto di reato, ga-rantite dall’identità e dall’integrità dello stesso.

Si tratta di reato di pericolo, per cui non rileva l’eventuale effetto danno-so, analogamente al reato del falso ideologico, di cui al successivo art. 479.

(22) Il delitto di omessa denuncia di reato ricorre ove il pubblico ufficiale ometta, ovve-ro ritardi, la denuncia di un reato perseguibile d’ufficio, essendo in grado di individuar-ne gli elementi costitutivi e, comunque, nelle condizioni di formulare fondatamente la denuncia (v. Cass. pen., sez. VI, 8 maggio 2019, n. 27715). Non si configura, invece, an-corché nella forma del ritardo, ove il pubblico ufficiale ritenga di disporre opportuni ac-certamenti circa l’effettivo fondamento della notitia criminis, all’interno della medesima struttura di appartenenza (Cass. pen., sez. VI, 23 gennaio 2019, n. 16577).

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Il delitto di falsità materiale, che punisce la falsa formazione di un at-to o l’alterazione di un atto vero, tale da determinare una divergenza tra autore apparente e autore materiale del documento, si differenzia tutta-via dal delitto di falsità ideologica, in cui incorre il pubblico ufficiale, per falsa attestazione23.

Art. 479Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubbliciIl pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell’esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avve-nuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque atte-sta falsamente fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell’articolo 476.

La norma tutela la fiducia nei riguardi degli atti pubblici, specificata-mente in ordine alla garanzia di veridicità e genuinità delle attestazioni, punendo il delitto di falsità ideologica posta in essere dal pubblico uffi-ciale, attraverso le condotte ivi indicate. Si tratta di reato di pericolo, per cui non rileva l’eventuale effetto dannoso24.

(23) Le due seguenti sentenze, fra le più recenti, ci aiutano a inquadrare maggiormente la fattispecie di reato del falso materiale. La prima: “In tema di falso ideologico in atto pubbli-co aggravato ex art. 476, comma 2, c.p., sono documenti dotati di fede privilegiata quelli che, emessi da pubblico ufficiale autorizzato dalla legge, da regolamenti oppure dall’ordi-namento interno della P.A. ad attribuire all’atto pubblica fede, attestino quanto da lui fatto e rilevato o avvenuto in sua presenza. Ne consegue che la natura di atto pubblico di fede privilegiata necessita del concorso di un duplice requisito: a) la provenienza da un pubbli-co ufficiale autorizzato dalla legge, da regolamenti oppure dall’ordinamento interno del-la p.a. ad attribuire all’atto pubblica fede; b) l’attestazione del p.u. di verità circa i fatti da lui compiuti o avvenuti in sua presenza e della formazione dell’atto nell’esercizio del pote-re di pubblica certificazione” (Cass. pen., sez. V, 2 luglio 2019, n. 47241). La seconda: “la formazione di un atto inesistente non integra il reato di falsità materiale, salvo che la co-pia assuma l’apparenza di un atto originale. Per la sussistenza del reato è necessario, infat-ti, che la copia si presenti o venga esibita con caratteristiche tali, di qualsiasi guisa, da voler sembrare un originale, ed averne l’apparenza, ovvero la sua formazione sia idonea e suffi-ciente a documentare nei confronti dei terzi l’esistenza di un originale conforme; in tal ca-so, la contraffazione si ritiene sanzionabile ex artt. 476 o 477 c.p., secondo la natura del documento che mediante la copia viene in realtà falsamente formato o attestato esistente”. (24) Precisa la giurisprudenza che “in tema di falso ideologico commesso dal pubblico uf-ficiale in atti pubblici, l’accertamento circa la falsità del contenuto della attestazione non riguarda solo la formulazione espressa, ma anche i suoi presupposti necessari, e cioè le c.d. “attestazioni implicite”, quando una determinata attività, non menzionata nell’atto,

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La qualifica di pubblico ufficiale, dunque, qualifica determinate figu-re di reato e maggiora le sanzioni, a fronte della medesima condotta an-tigiuridica posta in essere da chi non lo sia.

Nella seconda parte della presente trattazione approfondiremo, in par-ticolare, la notifica alle persone fisiche e alle persone giuridiche e il com-puto dei termini.

costituisce indefettibile presupposto di fatto o condizione normativa dell’attestazione stes-sa (...) ne consegue che, qualora il pubblico ufficiale adotti un provvedimento a contenuto descrittivo o dispositivo, dando atto in premessa, anche implicitamente, dell’esistenza del-le condizioni richieste per la sua adozione, desunte da atti o attestazioni non veri prodotti dal privato, il provvedimento del p.u. è ideologicamente falso, in quanto adottato sulla ba-se di un presupposto inesistente, ma del falso non risponde il p.u. tratto in inganno, ben-sì il soggetto che lo ha indotto in errore” (Cass. pen., sez. II, 21 novembre 2019, n. 383).

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Il contratto di albergo. Elementi generali e profili tutelariEnzo Maria Tripodi (*)

Il contratto di albergo – fattispecie non disciplinata compiutamente dal nostro codice civile – costituisce, per così dire, la “matrice” disciplinare di una serie

molto ampia di contratti legati alla “ricezione” ed “ospitalità” (ed anche alla ri-storazione, come per gli obblighi di custodia). Conseguentemente, il complesso delle regole ad esso applicabili, tratte dal lavoro degli interpreti (specie i giudici, dei quali viene fornito un quadro esplicativo), assume un connotato rilevante e, periodicamente, è il caso di richiamarne sinteticamente l’evoluzione.Il presente contributo, tiene conto di alcuni sviluppi riferiti alla contrattazione su piattaforme telematiche (che hanno generato valutazioni, non proprio lusinghiere, da parte della nostra Autorità garante della concorrenza e dei giudici di Palazzo Spada) nonché, da ultimo, sugli effetti – ancora non compiutamente definiti – derivanti dalla pandemia da Coronavirus.

Sommario: 1. Il contratto di albergo. Elementi generali – 1.1. Definizione e oggetto – 1.2. Le parti – 1.3. La forma – 1.4. Perfezionamento del contratto – 1.5. La prenotazione al-berghiera – 1.6. Obblighi delle parti – 1.7. Recesso dal contratto – 1.8. Risoluzione del contratto – 1.9. La valutazione del danno – 2. Alcune responsabilità ‘tipiche’ dell’alber-gatore – 2.1. Responsabilità dell’albergatore per le cose dei clienti – 2.2. La responsabilità civile e penale – 2.3. Adempimenti di pubblica sicurezza – 3. Adempimenti relativi al trattamento dei dati personali – 4. Le prenotazioni “telematiche”: a proposito di Booking e TripAdvisor – 4.1. Booking – 4.2. TripAdvisor – 5. Contratti di soggiorno e conseguenze della pandemia da Coronavirus (Covid-19).

1. Il contratto di albergo. Elementi generali Il contratto di albergo non è regolato da una specifica disciplina normati-

va, per cui rientra nel novero dei contratti atipici, seppur socialmente tipici1.

(*) Ufficio legale e Servizio DPO di Unioncamere. Le opinioni sono espresse a titolo per-sonale.(1) Sul contratto di albergo, per restare alle indicazioni più recenti, v. M. La torre, I con-tratti di ospitalità, in V. FranceScheLLi, F. moranDi, Manuale di diritto del turismo, VII ed., Torino, 2019, p. 306 ss., spec. p. 318 ss. In precedenza v. F.M. D’ettore, D. maraSciuLo, Il

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La tipizzazione “sociale” implica che il contratto abbia, nel tempo, conseguito una sua stratificazione comportamentale e che, pertanto, an-che in termini tutelari, si abbia una idea abbastanza precisa su cosa sia tale contratto e cosa comporti. Ovviamente, data la sua atipicità, la ri-costruzione delle regole si deve all’attività dell’interprete con prevalenza per quello che svolge funzioni giurisdizionali2.

1.1. Definizione e oggettoIl contratto di albergo è definito – dalla prevalente giurisprudenza e

dottrina – come quel contratto atipico attraverso il quale un soggetto (l’al-bergatore), si impegna, dietro corrispettivo, a fornire alla controparte (il cliente) una serie di prestazioni di dare e facere, caratterizzate dall’uso dell’alloggio cui si accompagnano altri servizi necessari o eventuali, qua-li la pulizia dell’alloggio, l’uso di servizi, il vitto, il parcheggio dell’auto-veicolo, ecc.

La Cassazione ha indicato infatti che “Il contratto d’albergo è un ne-gozio atipico a prestazioni molteplici di dare e di facere, dovute dall’al-bergatore, che si incentrano nella concessione dell’uso di un alloggio, cui si accompagnano altri servizi diretti a rendere possibile e confortevo-le il soggiorno al cliente”3.

L’attività alberghiera “richiede non solo la cessione del godimento di locale ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua, ecc.), ma anche la prestazione di servizi personali, quali il riasset-to del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno”4.

La prestazione dell’alloggio e delle forniture ad esso strettamente fun-zionali è elemento fondamentale del contratto. Senza le prestazioni ed i servizi collegati la fattispecie rientrerebbe nel contratto di locazione.

L’albergatore non è tenuto a compiere anche le altre prestazioni ac-cessorie, se non richieste, così, come il cliente non è obbligato ad avva-lersi di tutti quei servizi che la struttura ricettiva gli offre (ristorante, bar, uso del telefono, ecc.). Va, tuttavia, fatto presente che un certo numero

contratto di albergo. Profili civilistici, Milano, 2008; G. ciurneLLi, Il contratto di albergo, in I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale (a cura di P. Cendon), VIII, Tempo libero (coordinato da G. Zuddas), Torino, 2003, p. 243; G. ciurneLLi, S. monticeLLi, g. zuDDaS, Il contratto d’albergo. Il contratto di viaggio. I contratti del tempo libero, Milano, 1994.(2) Per una rassegna v. E. Fratto roSi grippauDo, Il contratto di albergo e la responsabilità civile, penale e contabile dell’esercente l’attività ricettiva, in Corr. giur., 2019, p. 1405 ss.(3) Cass. 14 febbraio 1976, n. 479, in Giust. civ., 1976, I, p. 704 ss.(4) Cass. 23 dicembre 2003, n. 19769, in Corr. giur., 2004, p. 161 ss.

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di servizi accessori (così come la posizione e la “qualità” degli alloggi), costituisce – secondo la diversa previsione contenuta nelle discipline re-gionali – metro per l’applicazione del sistema delle “stelle” che si riflet-tono sul costo dei servizi.

Come sottolinea la Corte di Cassazione in alcune sue sentenze, il contratto di albergo, “ha per oggetto una molteplicità di prestazioni che si estendono dalla locazione dell’alloggio alla fornitura di servizi, sen-za che la preminenza da riconoscere alla locazione dell’alloggio possa valere a fare assumere alle altre prestazioni carattere accessorio sotto il profilo causale”5.

All’uso dell’alloggio – come detto – si accompagnano altri servizi, stru-mentali e accessori al primo, i quali, peraltro, cessano di essere tali al-lorché rivestano, per la loro natura ed entità, un carattere eccezionale ri-spetto a quelli comunemente forniti da alberghi della stessa categoria e assumano, per il loro costo, un’importanza di gran lunga prevalente ri-spetto al prezzo dell’alloggio. In tal caso, i predetti servizi acquistano una propria autonomia, potendo essere utilizzati anche da chi non è ospite dell’albergo e potendo, comunque, formare oggetto di un negozio giu-ridico separato, quale l’appalto di servizio. Ne consegue che, in siffatte ipotesi, correttamente si ravvisa un contratto misto, avente ad oggetto sia le prestazioni alberghiere, sia le altre prestazioni, la cui disciplina giuri-dica va individuata, in base alla teoria dell’assorbimento, che privilegia

(5) Cass. 22 ottobre 2008, n. 25584, in Imm. e propr., 2009, 2, p. 120 ss.; Cass. 22 gen-naio 2002, n. 707, in Giust. civ., 2002, I, p. 2817 ss.; Cass. 28 novembre 1994, n. 10158, in Giust. civ., 1995, I, p. 2179 ss.La Corte di Cassazione ha poi sottolineato la natura di contratto atipico misto, specifi-cando che le prestazioni cui si obbliga l’albergatore sono molteplici ed eterogenee (an-dando dalla locazione dell’alloggio alla prestazione di servizi ed anche al deposito) e che la preminenza che in generale deve riconoscersi alla locazione dell’alloggio non va-le, sotto il profilo causale, a fare assumere alle altre prestazioni carattere meramente ac-cessorio: “il contratto di albergo costituisce un contratto atipico o misto, con il quale l’albergatore si impegna a fornire al cliente, dietro corrispettivo, una serie di prestazioni eterogenee, quali la locazione di alloggio, la fornitura di servizi, il deposito, senza che la preminenza riconoscibile alla locazione d’alloggio possa valere, sotto il profilo cau-sale, a dare carattere accessorio alle altre prestazioni. Pertanto, secondo i principi ap-plicabili in tema di contratto misto, il negozio deve essere assoggettato alla disciplina unitaria dell’uno o dell’altro contratto in base alla prevalenza degli elementi, salva l’ap-plicazione degli elementi del contratto non prevalente se regolati da norme compatibi-li con quelle del contratto prevalente” (così, Cass. 20 gennaio 2005, n. 1150, in Dir. tu-rismo, 2005, p. 267 ss.).

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la disciplina dell’elemento in concreto prevalente, in quella predisposta per l’appalto di servizi6.

Rispetto alla locazione dove l’oggetto della prestazione è il solo go-dimento dell’immobile, nel contratto d’albergo il godimento dell’allog-gio si integra con serie di servizi aggiuntivi di tipo alberghiero; ed anzi la giurisprudenza sottolinea che è irrilevante che il cliente faccia un uso parziale di tali servizi, ovvero che il godimento abbia carattere stabile e non temporaneo7.

Il Codice del turismo, non trattando del contratto, definisce l’“albergo” come un esercizio ricettivo aperti al pubblico, a gestione unitaria, che fornisce alloggio, eventualmente vitto ed altri servizi accessori, in came-re ubicate in uno o più stabili o in parti di stabile (art. 9, comma 2, d.lgs. n. 79/2011).

I servizi accessori sono quelli costitutivi delle strutture ricettive8 e, se-condo quanto indicato nell’art. 8, comma 2, del Codice del turismo, vi rientrano “altresì, unitamente alla prestazione del servizio ricettivo, la somministrazione di alimenti e bevande alle persone alloggiate, ai loro ospiti ed a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva in occasione di manifestazioni e convegni organizzati, nonché la fornitura di giornali, riviste, pellicole per uso fotografico e di registrazione audiovisiva o stru-menti informatici, cartoline e francobolli alle persone alloggiate, nonché la gestione, ad uso esclusivo di dette persone, attrezzature e strutture a carattere ricreativo, per le quali è fatta salva la vigente disciplina in ma-

(6) Cass. 24 luglio 2000, n. 9662, in Contratti, 2001, p. 118 ss.(7) “Il contratto d’albergo, e quello affine di residence, si differenziano dal contratto di lo-cazione d’immobile arredato (...) perché in quest’ultimo l’oggetto della prestazione si esau-risce nel godimento del bene (ancorché il concedente possa eventualmente fornire presta-zioni accessorie rientranti comunque nel novero dei normali servizi condominiali), mentre nel contratto di albergo e di residence il godimento dell’immobile, avente di regola carat-tere temporaneo e transitorio, si accompagna e si integra con una serie di servizi, di natura genericamente alberghiera, riconducibili sinallagmaticamente al contratto di somministra-zione od al contratto di opera, che assumono una rilevanza paritetica rispetto alla presta-zione dell’alloggio” (Cass. 4 febbraio 1987, n. 1067, in Foro it., 1988, I, c. 1662).Proprio con riferimento al contratto di residence si è indicato che, seppur anche il con-tratto di alloggio in residence sia da considerarsi atipico, questo si differenzia dal contrat-to tipico di locazione in quanto al godimento dell’immobile si accompagna la fornitura di servizi di natura genericamente alberghiera, nella specie, pulizia periodica dell’ap-partamento, cambio periodico della biancheria, tintoria, ecc. (Cass. 14 maggio 1999, n. 4763, in Giur. it., 2000, p. 718 ss.).(8) L. righi, Le strutture ricettive, in V. FranceScheLLi, F. moranDi, Manuale di diritto del tu-rismo, op. cit., p. 147 ss.

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teria di sicurezza. Nella licenza di esercizio di attività ricettiva è ricom-presa anche la licenza per la somministrazione di alimenti e bevande per le persone non alloggiate nella struttura nonché, nel rispetto dei requisi-ti previsti dalla normativa vigente, per le attività legate al benessere del-la persona o all’organizzazione congressuale”.

Proprio l’accenno all’organizzazione congressuale determina una va-riazione dello schema del contratto di albergo verso un ulteriore contratto atipico costituito da un contratto di albergo a cui si accompagnano servi-zi ulteriori rispetto all’alloggio che assumono un’importanza di gran lun-ga prevalente rispetto all’alloggio, e che pertanto acquistano una propria autonomia, potendo essere utilizzati anche da chi non è ospite dell’alber-go, e potendo, in forma separata, formare oggetto di un contratto, quale l’appalto di servizio. Si pensi ad esempio ad un convegno che si svolge in albergo; l’alloggio in albergo dei partecipanti può avere una funzione non prevalente, anche a livello di costi, rispetto ai servizi congressuali (utilizzo delle sale, noleggio delle attrezzature tecniche, servizi di segrete-ria, ecc.) e dei servizi ristorativi (colazioni di lavoro, coffee breaks, ecc.).

È l’ipotesi affrontata da una decisione in cui l’albergo si era obbligato sia all’esecuzione di prestazioni alberghiere propriamente dette (centodie-ci camere d’albergo e servizi accessori relativi) sia a concedere la disponi-bilità del Centro Congressi esistente presso l’albergo (tre sale congressuali attrezzate con strumenti audiovisivi, servizi telefonici, locali per uffici, sa-le per riunioni, zona espositiva per stand, servizio bar, ristorante, discoteca, servizi igienici, parcheggio); ed ha ritenuto che quello intercorso tra le parti fosse un contratto misto, di albergo e di appalto di servizi, la cui disciplina giuridica doveva essere individuata in quella dell’appalto di servizi, data la prevalenza anche dal punto di vista economico della causa di quest’ultimo.

La Corte ha pertanto concluso che “il contratto intercorso tra le parti è stato giustamente qualificato come un contratto misto (o complesso) avente ad oggetto sia le prestazioni alberghiere sia i servizi del Centro Congressi allestito presso l’albergo, la cui disciplina giuridica va individuata, in ba-se alla teoria dell’assorbimento che predilige la disciplina dell’elemento prevalente, in quella predisposta per l’appalto di servizi; considerato al-tresì che anche nel contratto d’albergo la concessione in uso dell’allog-gio non è altro che un mezzo per prestare il relativo servizio”9.

(9) Cass. 24 luglio 2000, n. 9662, in Contratti, 2001, p. 118 ss., con commento di V. tim-pano, Disciplina applicabile al contratto misto e in Nuova giur. civ. comm., 2002, I, p. 20 ss., con nota di iorio.

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1.2. Le partiMentre da una parte vi è un “professionista” (l’albergatore) dall’altra

parte vi è un cliente che può essere o meno un consumatore. Il cliente è colui che beneficia dei servizi di ospitalità offerti dall’al-

bergatore e non sempre coincide con il contraente, dal momento che il contratto può essere concluso da una persona fisica o giuridica che non corrisponde al fruitore del servizio (si pensi all’ipotesi di prenotazione al-berghiera e conclusione del contratto effettuata da una agenzia di viaggio).

Ai fini della responsabilità dell’albergatore, “rientrano nell’ampia ac-cezione di “cliente”, come indicata all’art. 1783 cod. civ., non solo co-loro che abbiano stipulato un contratto con l’albergatore per godere per-sonalmente dei beni e dei servigi, ma anche loro ospiti o invitati che, a differenza del semplice visitatore o accompagnatore, hanno la posizio-ne di terzi beneficiari della prestazione assunta dall’albergatore, a nor-ma dell’art. 1411 cod. civ.”10.

Quando la controparte dell’albergatore è un consumatore, anche ai fini dell’azione in giudizio, trovano applicazione le disposizioni del Co-dice del consumo (d.lgs. n. 206/2005): “Se coloro che hanno stipulato il contratto quali fruitori dei servizi alberghieri lo hanno fatto al di fuori di qualunque attività professionale da loro esercitata, non potendosi seria-mente dubitare della qualifica di professionista in capo alla società ge-strice dell’albergo, trova de plano applicazione la disciplina generale sui contratti dei consumatori o, quanto meno, la normativa sulla competen-za esclusiva e inderogabile, da quella prevista in favore del luogo di re-sidenza (o di domicilio) del consumatore”11.

1.3. La formaIl contratto di albergo è a forma libera che può concludersi in qualun-

que forma: per iscritto tramite telegramma, fax, lettera cartacea o elet-tronica, ovvero verbalmente, di persona o telefonicamente o, infine, at-traverso un comportamento concludente. In questo ultimo caso, non è sufficiente l’ingresso nei locali dell’albergo, ma occorre, invece, che sia formulata la richiesta di alloggio e che vi sia la relativa disponibilità, indi-pendentemente dalla concreta assegnazione e, a maggior ragione, dell’oc-cupazione dell’alloggio12.

(10) Cass. 8 luglio 1981, n. 4468, in Foro it., 1981, I, c. 2950.(11) Cass. 18 settembre 2013, n. 21419, in Resp. civ. prev., 2014, I, p. 129 ss.(12) Cass. 22 gennaio 2002, n. 707, in Giust. civ., 2002, I, p. 2817 ss.

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Il contratto può, anche, concludersi per via telematica, ovvero me-diante la compilazione degli appositi moduli reperibili sui siti internet degli alberghi. In tal caso trovano applicazione le disposizioni del d.lgs. n. 70/2003 di attuazione della direttiva sul commercio elettronico che prevedono, tra l’altro, che il cliente debba ricevere una conferma scritta dell’ordine13. Rispetto a questo tema si segnala l’art. 1, comma 166, della l. 4 agosto 2017, n. 124 (Legge annuale per il mercato e la concorrenza) che prevede la nullità di “ogni patto con il quale l’impresa turistico-ricet-tiva si obbliga a non praticare alla clientela finale, con qualsiasi modali-tà e qualsiasi strumento, prezzi, termini e ogni altra condizione che siano migliorativi rispetto a quelli praticati dalla stessa impresa per il tramite di soggetti terzi, indipendentemente dalla legge regolatrice del contratto”. Si tratta delle c.d. clausole “MFN” (Most Favoured Nation clause) il cui di-vieto è stato esaminato – in termini anche concorrenziali oltre che quale “pratica abusiva” – da parte dell’Autorità garante della concorrenza, per es., nei casi “Expedia” e “Booking” (di cui si dirà più avanti). La formu-lazione della disposizione, nella sua apparente linearità, desta più di un interrogativo, soprattutto perché assume come “universale” solo una del-le possibili tipologie di clausole MFN, come illustrato da un commento14.

(13) E.M. tripoDi, E-Commerce. Dal comparative shopping, al cloud computing, all’inter-net delle cose, agli acquisti e pagamenti tramite smartphone, Milano, 2015.(14) “Va segnalato che esiste una rilevante differenza, tra la clausola generalmente uti-lizzata dalle OTAs (nonché quella oggetto del procedimento condotto dall’AGCM) e quella normata dalla legge sulla concorrenza. A ben vedere, questa differenza segue la distinzione già operata dalla dottrina giuseconomica tra clausola MFN c.d. pura e MFN c.d. indiretta. La prima tipologia – quella contemplata dal comma 166 – prevede l’ob-bligo per la controparte di non contrattare con parti terze a condizioni migliori. La se-conda – quella inserita da Booking nelle condizioni generali di contratto – non proibisce alla controparte di contrattare con parti terze a condizioni migliori, bensì obbliga la con-troparte ad offrire le migliori condizioni a chi beneficia della previsione di una clausola MFN. In altre parole, la clausola MFN passata al vaglio dell’Antitrust non implichereb-be un’obbligazione a contenuto negativo (come invece sembrerebbe indicare il testo le-gislativo, “si obbliga a non praticare”), bensì una prestazione attiva in quanto impone al soggetto che abbia offerto prezzi e condizioni più favorevoli tramite il proprio canale di vendita diretto o tramite canali alternativi di vendita indiretti, di accordare tali condizio-ni anche al soggetto beneficiario della clausola MFN. La differenza tra le due pattuizio-ni non è irrilevante poiché essa si traduce in una differente entità della limitazione posta alla libertà economica dell’impresa alberghiera di offrire i propri servizi turistici secon-do le modalità e i prezzi ritenuti più appropriati”. Così – giustamente – F. gaLLi, La nulli-tà della clausola “MFN” nei contratti tra agenzie di intermediazione telematiche e impre-se alberghiere (art. 1, comma 166, l. 4 agosto 2017, n. 124), in Nuove leggi civ. comm., 2018, p. 1387 ss., cui si rinvia per una completa trattazione.

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1.4. Perfezionamento del contrattoLa questione inerente il perfezionamento del contratto di albergo non

è pacifica15. Secondo una prospettazione, ciò avverrebbe con la “prenotazione”,

atto attraverso il quale si accetta la proposta della controparte (il contrat-to è quindi concluso nel momento in cui l’albergatore ha avuto cono-scenza della prenotazione).

Secondo altra lettura, invece, la prenotazione non è che un atto pro-dromico alla conclusione del contratto che avviene quando il cliente si presenti all’albergo e prenda “possesso” dell’alloggio, accettando, in que-sto caso, la proposta fatta dall’albergatore. Quest’ultima situazione è, pe-raltro, quella che si verifica nell’ipotesi in cui non sia stata fatta alcuna prenotazione.

La Suprema Corte ha individuato il momento conclusivo del contratto con l’accettazione da parte del cliente o dell’agenzia di viaggio dell’of-ferta dell’albergatore; si tratta di “un contratto consensuale a effetti ob-bligatori, che nella prassi ordinaria si perfeziona verbalmente con la conferma, da parte dell’albergatore, della disponibilità dell’alloggio, in-dipendentemente dall’assegnazione e, a maggiore ragione, dall’occupa-zione della camera”16.

Alle stesse conclusioni giunge la seguente pronuncia. Il contratto di albergo si può concludere anche fra persone lontane nel momento in cui l’albergatore stesso (che, nella gestione dell’impresa alberghiera nelle for-me d’uso, compie un’offerta al pubblico, che si attua con l’esposizione di insegne ovvero la trasmissione di messaggi pubblicitari) viene a co-noscenza dell’accettazione del cliente, assumendo rilievo, quale accet-tazione dell’offerta, anche la c.d. prenotazione per periodo futuro, effet-tuata (anche) tramite telefono17.

Il contratto di albergo “si conclude nel momento in cui l’accettazione del cliente, formulata in modo espresso o per comportamento concluden-te, è conosciuta dall’albergatore. Ed anche la c.d. prenotazione compiuta da un cliente lontano per epoca futura integra manifestazione di volon-tà di accettazione da parte del predetto, anche se, non iniziando conte-

(15) G. ciurneLLi, La conclusione del contratto di albergo, in Dir. turismo, 2006, p. 15 ss.(16) Cass. 22 gennaio 2002, n. 707, cit.(17) Cass. 3 dicembre 2002, n. 17150, in Giust. civ., 2003, I, p. 36 ss.

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stualmente ad essa lo svolgimento del rapporto, il contratto deve ritener-si sottoposto alla condizione dell’effettiva disponibilità della camera”18.

Non essendo un contratto formale, l’accettazione da parte del clien-te può avvenire verbalmente; è ammessa l’accettazione anche mediante l’uso del mezzo telefonico. Ma l’albergatore può richiedere espressamen-te per l’accettazione la forma scritta e, pertanto, l’accettazione del clien-te non ha effetto se data in forma diversa (art. 1326, comma 4, cod. civ.). Va osservato che nulla vieta all’albergatore di rinunciarvi, accontentan-dosi dell’adesione manifestata in forma diversa.

L’accettazione del cliente non conforme alla proposta equivale a nuo-va proposta (art. 1326, comma 5, cod. civ.); questo si verifica soprattutto con le agenzie di viaggio per la prenotazione di gruppi, la cui negozia-zione può essere molto complessa.

La proposta può essere revocata finché il contratto non sia concluso.

1.5. La prenotazione alberghieraAttraverso la prenotazione alberghiera la struttura ricettiva si obbliga

a tenere a disposizione di una persona un alloggio della propria struttu-ra per un determinato periodo di tempo, alle condizioni e alle modali-tà stabilite19.

La prenotazione si distingue a seconda che sia accompagnata o meno dal versamento di una somma che può corrispondere ad una parte (c.d. “acconto”) od all’intero costo prospettato (al netto della tassa di soggiorno).

La prenotazione è detta “pura” o “semplice” quando non sia accom-pagnata dal versamento di una caparra o dalla garanzia di una carta di credito.

Si è in presenza, in questo caso, di una prenotazione che genera ob-blighi solo in capo all’albergatore, il quale rimane obbligato a conclude-re il contratto definitivo. Il cliente, viceversa, rimane libero di avvalersi o meno della prenotazione effettuata. Nel caso di mancato pernottamen-to, quindi, la struttura alberghiera non può chiedere il pagamento di al-cuna somma di denaro a titolo di risarcimento.

Nella prenotazione “semplice” è spesso indicato un “tempo limite” in cui l’albergatore si impegna a rendere disponibile la camera (al prez-

(18) Cass. 18 luglio 1997, n. 6633, in Nuova giur. civ. comm., 1998, I, p. 619 ss., con nota di G. orLanDa, Il contratto d’albergo: profili problematici.(19) Per tutti V. FranceScheLLi, Prenotazione, in V. FranceScheLLi, F. moranDi, Manuale di di-ritto del turismo, op. cit., p. 256 ss.

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zo indicato), decorso il quale, il contratto si risolve di diritto ex art. 1467 cod. civ.

La prenotazione è detta “rafforzata” se è accompagnata dal versamen-to di una caparra o dalla garanzia di una carta di credito. In questo ca-so si crea a carico di entrambe le parti un vincolo giuridico di caratte-re bilaterale che comporta inadempimento contrattuale nel caso in cui non venga rispettato; pertanto, l’albergatore ha l’obbligo di tenere la ca-mera a disposizione e il cliente ha l’obbligo di presentarsi o disdire en-tro i termini fissati.

La disdetta di una della parti deve essere considerata inadempimento contrattuale, a meno che non sia stabilito diversamente.

L’importo della caparra è stabilito dall’accordo delle parti, ovvero fissa-to dall’albergatore. Questo importo può corrispondere alla penale dovuta dal cliente – se stabilita – in caso di mancata cancellazione della preno-tazione ovvero di mancato arrivo, al fine di rendere indenne l’albergato-re dalla indisponibilità dell’alloggio per altri potenziali clienti. Normal-mente non viene indicato se con il termine “caparra” si intenda un mero acconto ovvero la caparra confirmatoria o penitenziale, previste rispetti-vamente agli artt. 1385 e 1386 cod. civ.20.

(20) Bisogna distinguere nettamente le ipotesi. L’acconto è un versamento anticipato di parte del prezzo di vendita di un bene o di un servizio che precede la formazione del vincolo contrattuale. La sua funzione è quella di comprovare la serietà dell’impegno as-sunto dall’acquirente. Nel caso di adempimento andrà imputato alla prestazione quale definita dalle parti; nel caso di inadempimento, invece, l’acconto andrà restituito, restan-do in ogni caso possibile chiedere il risarcimento del danno provando il danno sofferto.La caparra è, al contrario, una somma versata a garanzia di un contratto. Nel caso del-la caparra confirmatoria – ex art. 1385 cod. civ. – la somma è versata, con finalità di ga-ranzia, per confermare la prenotazione. Nell’eventualità in cui il cliente dovesse disdire la prenotazione, l’albergatore ha diritto a trattenere la caparra versata e può chiedere al cliente di risarcire interamente il mancato guadagno.Nel caso in cui l’albergatore si rivelasse inadempiente a fornire i servizi di alloggio stabi-liti, il cliente potrà richiedere il doppio di quanto versato, fatto salvo che il cliente accetti di essere ricollocato presso una struttura ricettiva limitrofa di uguale o superiore catego-ria. In caso di ricollocamento, le spese per il trasferimento ad altra struttura e l’eventua-le differenza di prezzo della stessa sono a carico dell’albergo che non è in grado di for-nire i servizi confermati.La caparra penitenziale – ex art. 1386 cod. civ. – è una somma versata dal cliente che va a confermare la prenotazione e che costituisce una “penale” anticipata rispetto all’e-sercizio del recesso. Nel caso in cui il cliente disdica la prenotazione, l’albergatore trat-terrà la somma che il cliente ha versato, senza però poter chiedere il risarcimento posto che detta somma assolve, per l’appunto, la funzione di costituire integrale ristoro del ri-schio dell’albergatore.

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Non mancano tuttavia ipotesi in cui l’inadempimento della prenota-zione determina l’obbligo per il cliente all’integrale pagamento del costo dell’alloggio se si accede alla prospettazione in cui il contratto di alber-go è considerato concluso a seguito della prenotazione. Sul punto, sulla base di questa impostazione, la Suprema Corte ha indicato che “La revo-ca della prenotazione consiste in una unilaterale sottrazione da parte del cliente al vincolo contrattuale, che determina l’obbligazione del cliente di tenere indenne l’albergatore per la perdita subita”21.

La prenotazione può essere anche in favore di terzi. Secondo la Cas-sazione, “nel contratto in favore di terzi, che può essere costituito da un contratto di albergo, purché lo stipulante vi abbia un interesse, che può essere economico, istituzionale o anche morale, lo stipulante rimane par-te contrattuale, mentre il terzo non è parte né in senso sostanziale né in senso formale e deve limitarsi a ricevere gli effetti di un rapporto già vali-damente costituito ed operante, senza che a suo carico possano discen-dere obbligazioni verso il promittente. Ne consegue che è sempre lo sti-pulante ad essere obbligato nei confronti del locatore alla restituzione della cosa locata da parte del terzo e, in caso di ritardo, alla correspon-sione di quanto dovuto ai sensi del disposto dell’art. 1591 cod. civ.”22.

1.6. Obblighi delle partiQuanto agli obblighi che l’albergatore assume con questo contratto,

questo sono:– la fornitura dell’alloggio e dei servizi accessori necessari (es. la puli-

zia e il riassetto della camera) e degli altri servizi indicati nel contrat-to (ad es. somministrazione dei pasti);

– l’utilizzo degli spazi comuni e di tutti i servizi offerti dalla struttura dell’albergo (es. alberghi con piscina o con centro benessere);

Vale la pena, infine, di fare presente che l’anticipato versamento di una somma di dena-ro – e denominarla formalmente “caparra” – non ha l’effetto voluto se non sia chiaramen-te ravvisabile l’intenzione delle parti di conseguire gli scopi indicati nell’art. 1385 cod. civ., “cosicché, per il positivo riscontro della predetta qualificazione, il giudice di merito è tenuto ad indagare in ordine alla effettiva intenzione delle parti attraverso l’esame del complessivo regolamento contrattuale da esse divisato” (Cass. 7 luglio 2004, n. 12472, in Mass. Giust. civ., 2004).(21) Cass. 3 dicembre 2002, n. 17150, in Giust. civ., 2003, I, p. 36 ss.(22) Cass. 20 gennaio 2005, n. 1150, in Dir. turismo, 2005, p. 267 ss., con nota di C. tin-cani, Contratto di albergo e negozio a favore di terzi e in Contratti, 2006, p. 57 ss., con commento di R. marSegLia, Contratto di albergo a favore di terzi.

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– la consegna dell’alloggio in buono stato di manutenzione e il manteni-mento della stessa in stato tale da servire all’uso convenuto (artt. 1575 e 1576 cod. civ.), garantendo per la mancanza di vizi che ne diminui-scono in modo apprezzabile l’idoneità all’uso pattuito (art. 1578 cod. civ.);

– l’obbligo di custodia delle cose appartenenti ai clienti portate o con-segnate in albergo (art. 1783 ss. cod. civ.);

– il divieto di apportare variazioni al contratto e alle modalità convenu-te se il cliente non le ha autorizzate (art. 1659 cod. civ.);

– gli obblighi di protezione, che possono farsi risalire agli articoli 1175 cod. civ. (comportamento secondo correttezza) e 1375 cod. civ. (buo-na fede contrattuale).L’albergatore ha poi l’obbligo di contrarre con chiunque ne faccia ri-

chiesta, con esclusione di qualsiasi comportamento discriminatorio. Il rifiuto è legittimo solo in mancanza di alloggi disponibili e, nel caso, di mancanza, da parte del cliente, di documenti idonei all’identificazione. L’albergatore, infatti, ha l’obbligo di conservare una scheda riportante le generalità del cliente e di trasmettere copia all’autorità di pubblica sicu-rezza (art. 109 Tulps).

L’albergatore deve garantire la sorveglianza, l’igiene e la sicurezza dei luoghi ove si svolge il servizio, nel rispetto delle normative vigenti ga-rantendo l’incolumità fisica del cliente23. Si ritiene così, ad esempio, re-sponsabile l’albergatore per i danni subiti dal cliente a causa dell’illumi-nazione non funzionante e della mancanza di punti di appoggio lungo le scale; per i danni causati da un pavimento sconnesso; o, ancora, per i danni subiti dal cliente scivolato nel vano doccia privo di box, maniglie e tappetini antisdrucciolo. L’albergatore è esonerato, in tutto o in parte, da tale responsabilità se l’evento dannoso è riconducibile alla condotta negligente del cliente o se a tale negligenza vi ha concorso.

La ratio della responsabilità dell’albergatore in parola va individuata nel fatto che il cliente entra in una struttura all’interno della quale non può, di regola, esercitare alcuna forma di controllo. Egli ha, pertanto, di-ritto al risarcimento poiché non è in grado di salvaguardare da pericoli sé stesso e i propri beni. Il cliente non si trova nella propria abituale abi-tazione dove ha eventualmente collocato dispositivi idonei a preservarlo da eventuali furti e danneggiamenti. In sostanza il cliente si è completa-

(23) Trib. Larino, 7 settembre 2015, in Danno e resp., 2016, p. 434 ss.

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mente affidato ad un altro soggetto, l’albergatore, il quale sarà tenuto in ogni modo a garantirgli un soggiorno sicuro.

Quanto agli obblighi del cliente questi sono:– l’obbligo di pagare il corrispettivo, a meno che il pagamento non av-

venga tramite agenzia o tramite altra azienda o persona;– l’obbligo di occupare e rilasciare i locali nel termine stabilito. Se rila-

scia la camera in ritardo dovrà corrispondere il corrispettivo, anche, per il periodo di ritardo, salva la possibilità di risarcire all’albergato-re il maggior danno consistente nella più alta tariffa che l’albergatore avrebbe ottenuto da altra persona (art. 1591 cod. civ.);

– il rispetto dei locali nei quali è alloggiato, che non vanno danneggia-ti (artt. 1587 e 1588 del cod. civ.) utilizzando la struttura con diligen-za nel rispetto dei regolamenti interni;

– il rispetto degli spazi comuni (hall, bar, ristorante);– custodire le cose con la diligenza del buon padre di famiglia a lui con-

segnate o che trova in camera (si pensi ad es. alla chiave della stanza o agli asciugamani da usare in piscina o agli apparecchi radiotelevisivi che trova in camera) e può servirsene solo per l’uso a cui sono desti-nati (art. 1804 cod. civ.), restituendole al momento del rilascio dell’al-loggio (art. 1809 cod. civ.);

– restituire l’alloggio all’albergatore nello stato medesimo in cui l’ha ri-cevuto (art. 1590 cod. civ.). Per quanto riguarda il pagamento, se non è stabilito diversamente, può

essere immediato (art. 1183 cod. civ.) o, comunque, non oltre il rilascio dell’alloggio. Tuttavia, le parti possono accordare un termine per il paga-mento (per i c.d. pagamenti a sospeso). L’albergatore non può allora esi-gere la prestazione prima della scadenza (art. 1206 cod. civ.), salvo che il termine sia stabilito esclusivamente a suo favore (art. 1185 cod. civ.).

Rispetto al pagamento va ricordato che, secondo quanto disposto dall’art. 2760 cod. civ. per i crediti verso i clienti, l’albergatore gode di un privilegio sulle cose portate in albergo (per esempio il bagaglio, l’au-tovettura introdotta nel parcheggio dell’albergo, i valori consegnati in de-posito, ecc.), sulle quali può esercitare un diritto di ritenzione anche in pregiudizio di eventuali diritti vantati da terzi. Su di esse ha il diritto ad essere preferito agli altri eventuali creditori del cliente. Tale credito, tut-tavia, si prescrive con il decorso di sei mesi (art. 2954 cod. civ.). Si tratta di prescrizione relativa: l’albergatore può sempre dimostrare che il paga-mento non è avvenuto. Naturalmente l’onere della prova, in questo ca-so, è a suo carico.

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Talvolta accade che l’albergatore possa ospitare il cliente solo per un numero di notti inferiori a quelle prenotate o che il cliente all’arrivo di-minuisca il numero dei suoi pernottamenti: in questo caso si verifica un adempimento parziale.

1.7. Recesso dal contrattoNei contratti di albergo è generalmente prevista una clausola di reces-

so ossia una data entro la quale il cliente può cancellare la camera sen-za incorrere nella applicazione di penale (nella prassi per prenotazioni individuali in genere non oltre 24 ore prima dell’arrivo).

Nei contratti di durata, come il contratto d’albergo, tale facoltà può essere esercitata anche successivamente, ma il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione (art. 1373, comma 2, cod. civ.). Pertanto, nel caso di riduzione del numero dei pernottamenti o di altri servizi accessori (ad es. servizi di ristorazione) il cliente ha l’obbli-go di pagare per i servizi usufruiti e l’albergatore di fornire quelli in cor-so. In tali casi si configura però un inadempimento, ancorché parziale.

Vale la pena di ricordare che quando la conclusione del contratto av-venga a distanza, il Codice del consumo prevede il diritto di recesso del consumatore nel termine di 14 giorni, “senza dover fornire alcuna mo-tivazione e senza dover sostenere costi (...)” (art. 52, comma 1, d.lgs. n. 206/2005)24.

Il diritto di recesso – ex art. 59, comma 1, lett. n), cod. cons. – non trova applicazione nei casi di “fornitura di alloggi per fini non residen-ziali, il trasporto di beni, i servizi di noleggio di autovetture, i servi-zi di catering o i servizi riguardanti le attività del tempo libero qualo-ra il contratto preveda una data o un periodo di esecuzione specifici”. Ciò significa che per i servizi alberghieri il cui contratto sia stato con-cluso attraverso un mezzo di comunicazione a distanza, per l’esercizio del diritto di recesso può essere previsto il pagamento di una specifica penalità, ovvero, quale inadempimento, anche l’intero ammontare del prezzo del servizio25.

(24) Il comma si conclude con la seguente frase “(...) diversi da quelli previsti all’artico-lo 56, comma 2, e all’articolo 57”. Si tratta dei costi legati alla restituzione dei beni rice-vuti che, va da sé, non trova applicazione ad un servizio di ospitalità.(25) Per un quadro completo v. E.M. tripoDi, La vendita fuori dei locali commerciali ed a distanza. La nuova disciplina del Codice del consumo, Milano, 2014.

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1.8. Risoluzione del contrattoCausa di risoluzione tipica del contratto è l’inadempimento. Tra gli inadempimenti più comuni da parte del cliente si possono in-

dicare:– il mancato arrivo;– l’arrivo ritardato o la partenza anticipata, che comporta per l’alberga-

tore l’impossibilità di destinare ad altri clienti le camere di cui era sta-ta effettuata la prenotazione;

– il mancato pagamento del conto da parte del cliente.Tra gli inadempimenti più comuni dell’albergatore vanno menzionati:

– il cliente, che ha effettuato la prenotazione dell’hotel, non trova dispo-nibile l’alloggio;

– il cliente è alloggiato in una stanza di tipologia inferiore a quella pre-notata;

– il cliente è alloggiato per un numero di notti inferiori a quelle origina-riamente prenotate.Il mancato arrivo del cliente e la mancata predisposizione della came-

ra configurano un inadempimento totale; mentre si configura come ine-satto quando il cliente soggiorna per un numero di notti inferiori a quelle prenotate, oppure quando l’albergatore sistema il cliente in un alloggio di categoria inferiore rispetto alla camera prenotata.

1.9. La valutazione del dannoNel caso di inadempimento del cliente (mancata cancellazione o man-

cato arrivo), l’entità del danno è in genere già preventivamente fissato dall’albergatore con la previsione di apposita clausola penale (per le pre-notazioni individuali è in genere pari alla tariffa di una notte).

Se, invece, è stata versata una caparra confirmatoria, l’albergatore ha diritto di trattenerla a titolo di risarcimento, fatta salva la possibilità di ri-chiedere il risarcimento del danno effettivo.

Nel caso in cui manchi una preventiva determinazione dell’entità del risarcimento, non c’è uniformità di soluzioni. In questo caso è pras-si dell’attività alberghiera, quantificare il risarcimento al costo di un per-nottamento.

Secondo la Cassazione il quantum di tale risarcimento non può am-montare all’intero costo del soggiorno per i rinunzianti: dallo stesso de-vono essere detratte, quantomeno, le spese che l’albergatore avrebbe do-vuto sostenere in caso di corretta esecuzione del rapporto e che, invece, non ha sostenuto. Appare pertanto immotivata “(...) la quantificazione del rimborso in misura corrispondente alle pretese dell’albergatore (costo

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dell’intero soggiorno per i rinunciatari) (...) se non previa detrazione del prezzo del soggiorno dall’importo dei servizi non resi. Non può per con-tro aderirsi all’assunto della ricorrente, che vorrebbe limitato l’indenniz-zo ad una sola giornata di soggiorno, poiché nel caso in esame è pacifico che la prenotazione era stata fatta per un maggiore periodo, in relazione al quale doveva conseguentemente essere commisurato l’indennizzo”26.

Anche secondo un successivo pronunciamento “la revoca della pre-notazione da parte del cliente integra unilaterale sottrazione al vincolo contrattuale e determina l’obbligazione di tenere indenne della perdita subita l’albergatore. È comunque escluso che, se debbano essere fornite anche prestazioni accessorie, quali ad es. di somministrazione di pasti, le dette perdite possano coincidere con il prezzo del mancato soggiorno, dovendo detrarsi da questo l’importo dei servizi non resi”27.

La revoca non deve danneggiare neppure l’intermediario: “ove la pre-notazione sia stata effettuata tramite un mandatario, quale un’agenzia di viaggi, il rinunziante deve tenere indenne quest’ultimo di quanto pagato all’albergatore per le perdite subite, purché tale pagamento possa consi-derarsi effettuato in esecuzione dei doveri di diligenza del mandatario, e cioè previa informazione del rinunziante circa le richieste dell’alberga-tore e previo accertamento della mancata utilizzazione della stanza da parte del medesimo”28.

2. Alcune responsabilità ‘tipiche’ dell’albergatore

2.1. Responsabilità dell’albergatore per le cose dei clientiLa responsabilità dell’albergatore si configura diversamente, a seconda

che si tratti di cose “consegnate in custodia” ovvero di cose solo “porta-te” in albergo; mentre in quest’ultimo caso la responsabilità – limitata – è basata soltanto sulla circostanza dell’introduzione nell’albergo, nel pri-mo, invece, la responsabilità – illimitata – è fondata su un tipico contrat-to di deposito, distinto da quello di albergo, pur se ad esso accessorio29.

(26) Cass. 18 luglio 1997, n. 6633, cit.(27) Cass. 3 dicembre 2002, n. 17150, in Studium juris, 2003, p. 785 ss., con commen-to di roma e in Contratti, 2003, p. 697 ss., con nota di A. Forchino. (28) Cass. 3 dicembre 2002, n. 17150, cit.(29) Cass. 25 giugno 1977, n. 2730, in Arch. civ., 1977, p. 1114 ss.Si consideri, peraltro, che “nel contratto di deposito, soggetto attivo dell’obbligazione di restituzione insita nel contratto è il depositante, senza che il depositario possa esigere la prova della proprietà della cosa depositata. Anche in riferimento all’obbligazione so-

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Un caso di questo tipo è stato ravvisato nella consegna delle chiavi e della vettura all’albergatore. In questa situazione “fra le parti si conclu-de un ordinario contratto di deposito, disciplinato dall’art. 1766 ss. c.c.,

stitutiva, avente ad oggetto l’equivalente pecuniario della cosa depositata, che incombe al depositario nel caso di perdita a lui imputabile e che, derivando ugualmente dal con-tratto, egli non può esimersi dall’adempiere, eccependo che la cosa non era di proprietà dell’altro contraente” (Cass. 12 marzo 2010, n. 6048, in Contratti, 2010, p. 596 ss. e in Danno e resp., 2011, p. 177 ss., con nota di C. baLDaSSarre).La responsabilità dell’albergatore ex recepto per le cose portate in albergo dal cliente è estesa a tutte le fattispecie che prevedono attività analoga all’ospitalità o un servizio per un periodo più o meno lungo durante il quale è presente l’esigenza di poter far ‘sor-vegliare’ le proprie cose, come nel caso dei campeggi (Cass. 8 febbraio 1990, n. 882, in Mass. Giur. it., 1990), delle carrozze letto nel trasporto ferroviario (Cass. 19 dicem-bre 2014, n. 26887, in Danno e resp., 2015, p. 685 ss., nota di A. Fabrizio-SaLvatore) e nei teatri, fattispecie implicitamente richiamata ex art. 1786 cod. civ. (Cass. 7 novembre 1992, n. 12051, in Resp. civ. e prev., 1993, p. 544 ss., con commento di Joriatti). Situazione leggermente diversa riguarda la prestazione di servizi. Nel caso di un parruc-chiere, un giudice ha stabilito che il titolare dell’attività “è responsabile ex art. 1784 cod. civ. della sottrazione della pelliccia di una cliente ove tale sottrazione sia stata compiu-ta nel tempo necessario per il compimento del servizio ed il bene sottratto, al momento dell’accesso nel locale, sia stato preso in consegna da personale interno per essere cu-stodito in un apposito vano annesso a quello in cui veniva prestato il servizio” (Trib. Mi-lano, 2 marzo 1998, in Gius, 1998, p. 3079 ss.). Per l’attività di ristorazione, la Suprema Corte ha chiarito che “Ancorché l’art. 1786 c.c. ha previsto l’estensione ad altre categorie di imprenditori della disciplina della responsabilità “ex recepto” dell’albergatore, l’ob-bligo di sorveglianza per la tutela delle cose portate in albergo dal cliente e non conse-gnate in custodia è più esteso (anche in senso spaziale) di quello, analogo, incombente al ristoratore od al trattore, ai sensi degli artt. 1786 e 1783 c.c., stanti le differenze strut-turali delle due imprese nonché le diverse modalità di esecuzione è correlativamente, di godimento delle rispettive prestazioni. Ne consegue che mentre per l’albergatore sussi-ste la responsabilità “ex recepto” per tutte le cose portate dal cliente in albergo, per il ri-storatore o trattore tale responsabilità, per le cose non consegnategli in custodia, deve ritenersi limitata a quelle di cui è opportuno liberarsi per il miglior godimento della pre-stazione (ad esempio, cappotto, cappello, ombrello, ecc.), restando sotto la diretta vigi-lanza del cliente le altre cose che porta addosso e che non costituiscono intralcio alla consumazione del pasto e della cui sottrazione, perdita o deterioramento, ove il cliente se ne sia liberato, il ristoratore non deve quindi rispondere” (Cass. 9 novembre 1987, n. 8268, in Nuova giur. civ. comm., 1988, I, p. 546 ss., con nota di giacobbe). Lo stesso vale per la borsetta sottratta da terra nei pressi del tavolo del ristorante per la quale non è sta-to ritenuto responsabile il ristoratore (Giud. pace Milano, 21 maggio 1997, in Rep. Foro it., 1997, voce Albergo, n. 9).In dottrina cfr. A. ScaLiSe, Il contratto di deposito. Del deposito in generale, del deposito in albergo, del deposito nei magazzini generali. Artt. 1766-1797, ne Il codice civile. Com-mentario fondato da P. Schlesinger e diretto da F.D. Busnelli, Milano, 2011.

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che si perfeziona con la consegna della cosa e che non necessita di un previo scambio espresso dei consensi, potendo lo stesso ritenersi integra-to dalla traditio o, anche, da una ficta traditio; contratto dal quale scatu-riscono le relative obbligazioni a carico delle parti del rapporto. Con la consegna delle chiavi al vetturiere dell’albergo il contratto di deposito in esame deve ritenersi perfezionato nei suoi elementi costitutivi, posto che, proprio attraverso tale consegna, è intervenuta la traditio, alla quale con-segue l’obbligo di custodia e, quindi, la restituzione”30.

L’albergatore che consenta ai propri ospiti di posteggiare i propri mezzi nel parcheggio di pertinenza dell’hotel, assume, al ricorrere di determina-te circostanze, taluni obblighi del depositario, tra cui l’obbligo di custodia dei mezzi, in forza di un contratto atipico di posteggio di autoveicoli31.

La responsabilità non riguarda tuttavia i danni subiti per il contenuto dell’autovettura32.

La responsabilità dell’albergatore, per le cose dei clienti, sorge per il solo fatto dell’introduzione – da parte del cliente – delle cose nell’alber-go, indipendentemente da qualsiasi consegna, poiché essa inerisce di-rettamente al contenuto del contratto alberghiero, dovendo essere riferita all’obbligo accessorio dell’albergatore di garantire alla clientela, contro eventuali perdite, danni e furti, la sicurezza delle cose portate in albergo33.

(30) Cass. 12 marzo 2010, n. 6048, in Giust. civ., 2010, I, p. 2785 ss.(31) Ciò accade nel caso in cui l’albergatore metta a disposizione dei propri ospiti un’a-rea custodita ove questi possano lasciare i propri veicoli, senza avvertirli nelle forme de-bite che il parcheggio non è custodito. In ogni caso, tuttavia, quand’anche le parti addi-vengano alla conclusione di un contratto atipico di posteggio, l’obbligo di custodire e restituire un autoveicolo posteggiato nello stato in cui è stato consegnato non si esten-de, di per sé, alle cose in esso contenute che non siano pertinenze. Tale obbligo, pertan-to, non si estende alla bicicletta contenuta nel mezzo posteggiato, non potendosi questa certamente considerare pertinenza dello stesso (Trib. Padova, sez. II, 22 maggio 2014, De Agostini prof., 2014).(32) Trib. Roma, sez. XI, 24 febbraio 2016, in Danno e resp., 2016, p. 906 ss.Peraltro, il solo contratto di pernottamento non può fondare alcuna responsabilità dell’al-bergatore, così Trib. Nola, 30 ottobre 2007, in Contratti, 2008, p. 444 ss., con nota di L. gaSSo, secondo cui non sussiste responsabilità dell’albergatore in ordine ad un denun-ciato furto con effrazione dei beni contenuti in un veicolo parcheggiato in un’area di per-tinenza dell’albergo, laddove il cliente non dimostri che sia stato pattuito uno specifico contratto di posteggio e che questo preveda, a sua volta, esplicitamente, un obbligo di sorveglianza delle cose contenute nel mezzo.(33) Cass. 4 marzo 2014, n. 5030, in Guida dir., 2014, fasc. 22, p. 61 ss.“L’art. 1783 cod. civ. prevede, al primo comma, che gli albergatori sono responsabili di ogni deterioramento, distruzione o sottrazione delle cose portate dal cliente in albergo

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Il cliente non ha l’obbligo di affidare gli oggetti di valore di sua proprie-tà in custodia all’albergatore, mancando una specifica previsione norma-tiva in tale senso “tuttavia, se non si avvalga di tale facoltà, corre il rischio di non poter ottenere, in caso di sottrazione, l’integrale risarcimento del danno, come disposto dall’art. 1783 c.c., a meno che non provi la colpa dell’albergatore o degli altri soggetti a lui legati da rapporto di parentela o collaborazione, ai sensi dell’art. 1785-bis c.c. In assenza di tale riscon-tro probatorio, la determinazione del quantum entro il limite massimo stabilito nell’ultimo comma dell’art. 1783 c.c. rientra nel potere discre-zionale del giudice di merito, il quale è libero di determinare la somma da liquidare secondo il suo prudente apprezzamento”34.

Il giudice di merito, onde affermare la responsabilità illimitata dell’al-bergatore ai sensi dell’art. 1784 cod. civ. – o dei soggetti ad esso equipa-rati – deve accertare se il cliente, indipendentemente da una specifica di-chiarazione negoziale, per le modalità e il contesto in cui ha consegnato la cosa al gestore dell’esercizio o ai suoi dipendenti, ha inteso affidarlo alla loro custodia o, invece, se essi si sono limitati a prestargli una cor-tesia conforme agli usi, nel qual caso la responsabilità è quella limitata, prevista dall’art. 1783 cod. civ.35.

La colpa dell’albergatore – che giustifica la responsabilità per l’intero valore degli oggetti rubati – va individuata “tenendo conto che, in relazio-ne alle attività di impresa, costituiscono colpa anche le carenze di carat-tere organizzativo che abbiano esposto i beni dei clienti a rischi ai qua-li non sarebbero stati esposti, ove l’imprenditore avesse affrontato i costi necessari a fornire uno standard di sicurezza più elevato, in relazione ai rischi ordinariamente prevedibili ed evitabili e tenuto conto della natura e del valore della prestazione alberghiera”36.

e, al secondo comma, precisa che sono considerate cose portate in albergo le cose che vi si trovano durante il tempo nel quale il cliente dispone dell’alloggio (n. 1), le cose di cui l’albergatore, un membro della sua famiglia o un suo ausiliario assumono la custo-dia, fuori dell’albergo, durante il periodo di tempo in cui il cliente dispone dell’alloggio (n. 2), le cose di cui l’albergatore, un membro della sua famiglia o un suo ausiliario assu-mono la custodia sia nell’albergo, sia fuori dell’albergo, durante un periodo di tempo ra-gionevole, precedente o successivo a quello in cui il cliente dispone dell’alloggio (n. 3). L’ultimo comma dell’art. 1783 c.c. limita (nel quantum) il danno risarcibile in tali casi a un valore massimo pari a cento volte il prezzo giornaliero dell’alloggio” (Così, Trib. Mi-lano, sez. VII, 24 aprile 2019, n. 4074, in www.iusexplorer.it).(34) Cass. 4 marzo 2014, n. 5030, in CED Cassazione, 2014.(35) Cass. 19 febbraio 1997, n. 1537, in Danno e resp., 1997, p. 510 ss.(36) Cass. 7 maggio 2009, n. 10493, in Giust. civ., 2010, I, p. 2274 ss.

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L’esonero di responsabilità dell’albergatore è previsto, invece, dall’art. 1785 cod. civ. “nei casi in cui il deterioramento, la distruzione o la sottra-zione dei beni del cliente siano dovuti al cliente stesso, alle persone che l’accompagnano, che sono al suo servizio o che gli rendono visita, ovve-ro dipendano da forza maggiore e dalla natura della cosa”37.

Del pari è stato ritenuto di configurare il caso di forma maggiore, con l’esenzione dell’albergatore da responsabilità, l’illecito doloso realizza-to da uno sconosciuto pochi metri dopo l’inizio della rampa di accesso al garage ai danni del cliente che abbia incautamente deciso di entrare a piedi dal passo carraio, posto che non era previsto un obbligo di diligen-za da parte dell’albergatore che gli imponesse di dover predisporre un

(37) Cass. 22 febbraio 1994, n. 1684, in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, p. 173 ss.“Il direttore di una struttura alberghiera, al fine di liberarsi dalla responsabilità cui è gra-vato, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1783 c.c., relativamente alle cose portate dal cliente in albergo, deve fornire la prova che la distruzione delle cose in questione sia ascrivibile al cliente, ovvero dovuta a forza maggiore, oppure dipesa dalla natura delle cose stesse (art. 1785 c.c.)” (App. Roma, 4 maggio 2012, n. 2373).In analogia a quanto si verifica in tema di responsabilità del vettore per la perdita delle cose consegnategli per il trasporto qualora le stesse vengano sottratte a causa di una rapi-na, anche la sottrazione con violenza o minaccia delle cose depositate dal cliente in al-bergo può imputarsi alla forza maggiore, idonea ad escludere la responsabilità dell’alber-gatore, solo quando le comprovate circostanze di tempo e di luogo in cui la sottrazione stessa ebbe a verificarsi siano state tali da renderla assolutamente imprevedibile ed ine-vitabile (Cass. 5 dicembre 2003, n. 18651, Contratti, 2004, p. 469 ss., nota di L. caSteLLi, Rapina in albergo e forza maggiore: un’analogia col trasporto terrestre). Posto che il va-lore della cosa sottratta non influisce sul regime di responsabilità legale applicabile al-la fattispecie, l’albergatore risponde illimitatamente della sottrazione ove il cliente provi che l’evento è imputabile alla colpa di quest’ultimo (nella specie, fu ravvisata colpa gra-ve dell’albergatore poiché il cliente aveva dimostrato che le camere dell’albergo poteva-no essere aperte con una qualsiasi delle chiavi a disposizione dei clienti).La responsabilità dell’albergatore per la sottrazione dei beni portati dal cliente nell’alber-go, e rimasti nella disponibilità di quest’ultimo presso la stanza, è illimitata nell’ipotesi in cui sia avvenuta a causa di una rapina effettuata nella notte da alcuni malviventi, pene-trati nell’albergo dalla porta di ingresso che sia stata loro aperta da un dipendente dell’al-bergatore senza alcuna cautela nell’accertare l’identità di coloro che chiedevano di en-trare (Trib. Milano, 23 luglio 1996, in Gius, 1996, p. 3237 ss.). Caso analogo quando il fatto dipenda dalla mancata custodia del quadro chiavi della portineria (Cass. 27 aprile 1984, n. 2633, in Giust. civ., 1985, I, p. 136 ss.).Sul furto avvenuto in camera di albergo si segnala quello (di un orologio e del denaro) avvenuto ad opera di ignoti che avevano narcotizzato il cliente (Cass. 23 dicembre 2003, n. 19769, in Corr. giur., 2004, p. 161 ss.), oppure, per la rapina di gioielli (Cass. 2003, n. 18651, cit.). Per un commento v. G. guLLetta, Rapina in albergo: contenuto e limiti dell’e-simente per forza maggiore, in Dir. turismo, 2004, p. 327 ss.

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servizio di vigilanza privata anche in prossimità di un ingresso interno e di servizio che collega il garage all’hotel38.

2.2. La responsabilità civile e penaleL’albergatore è soggetto, inoltre alla responsabilità civile ed a quella

penale nei confronti dei clienti.La responsabilità dell’albergatore per i danni causati a un cliente dal-

le dotazioni di una camera della struttura ricettiva “si inquadra nella re-sponsabilità da custodia prevista dall’art. 2051 c.c., con la conseguenza che, ai fini della sua configurabilità, è sufficiente che il danneggiato for-nisca la prova della sussistenza del nesso causale tra la cosa che ha pro-vocato l’incidente e l’evento dannoso, indipendentemente dalla perico-losità attuale o potenziale degli oggetti e della condotta dell’albergatore, sul quale incombe, ai fini dell’esclusione di detta responsabilità, l’onere di provare il caso fortuito”39.

Il direttore d’albergo è inoltre “titolare di una posizione di garanzia per i rischi che possono derivare dalla fruizione dei servizi prestati e non può trasferirla al cliente attraverso il contratto stipulato con il medesimo, nemmeno in relazione a quei pericoli connessi a un utilizzo non corret-to da parte del garantito degli stessi servizi, ma prevedibili dal garante. Integra il reato di omicidio colposo la condotta del direttore di un alber-go che non inibisca materialmente ai clienti l’accesso alla piscina negli orari in cui non è garantito il servizio di salvataggio, ma si limiti a espor-re il regolamento di utilizzo della medesima, contenente un divieto in tal senso, qualora degli ospiti vi anneghino facendo il bagno nell’orario non consentito”40.

Il direttore di una struttura ricettiva è tenuto a garantire la incolumi-tà fisica degli utenti mediante idonea organizzazione dell’attività di vigi-lanza, in tal modo prestando osservanza oltre alle regole legali, anche a quelle imposte dalla comune prudenza. In tal senso, incorre in penale re-sponsabilità in ordine alle conseguenze derivanti dallo sviluppo in piena notte di un incendio colposo, causa altresì del decesso di alcuni ospiti, riconducibili all’assenza in loco della prevista squadra di emergenza, il direttore dell’hotel, nonché responsabile del coordinamento della squa-dra suddetta, per non avere il medesimo provveduto ad assicurare la vigi-

(38) Trib. Milano, sez. VII, 24 aprile 2019, in De Agostini prof., 2019.(39) Cass. 8 febbraio 2012, n. 1769, in Danno e resp., 2012, p. 755 ss.(40) Cass. pen., sez. IV, 22 ottobre 2008, n. 45698, in Cass. pen., 2010, p. 175 ss.

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lanza antincendi nella struttura ricettiva nell’arco dell’intera giornata me-diante la predisposizione dei relativi turni diurni e notturni41.

Quanto alla responsabilità penale, rileva nelle attività di “ospitalità” alberghiera, l’incidenza della prostituzione.

Nel delitto di tolleranza abituale della prostituzione, previsto dall’art. 3, comma 1, n. 3, della legge n. 75/1958, “la condotta tipica è costituita dalla abitualità e dalla conoscenza della qualità delle donne che eserci-tano il meretricio, anche mediante fuggevoli contatti con i clienti, all’in-terno della struttura recettiva, tale che l’albergatore non può giustificarsi asserendo di non poter rifiutare l’alloggio a chi dimostri la propria iden-tità personale e di aver adempiuto a tutte le formalità previste dalla legge di pubblica sicurezza, in quanto la disciplina dei reati contro la prostitu-zione, integrando i preesistenti divieti di pubblica sicurezza, fa obbligo all’albergatore di rifiutarsi di accogliere nel proprio esercizio le donne che intendono abitualmente esercitarvi l’attività di meretricio”42.

Il reato di tolleranza abituale dell’altrui prostituzione commesso dal ti-tolare di un esercizio alberghiero “non esige la continuità della condotta, ma implica la sola reiterazione, per un tempo apprezzabile, del compor-tamento permissivo del gestore, idoneo a consentire che le persone allog-gianti nell’albergo svolgano attività di meretricio, dovendosi, per contro, configurare il reato di favoreggiamento della prostituzione nel caso in cui il suddetto comportamento si presenti come occasionale”43.

Restando nell’ambito di disposizioni contenute nel codice penale, si rappresenta la situazione dell’alloggio destinato ad attività ricettiva. L’art. 614 cod. pen., che disciplina il reato di violazione di domicilio, ed il successivo art. 615, per la violazione commessa da un pubblico ufficia-le, parifica l’“abitazione” con “altro luogo di privata dimora”. Ciò ha ri-chiesto alla giurisprudenza di chiarire quale sia il concetto di “privata di-mora” dato che costituisce elemento per l’applicazione della fattispecie.

Per “privata dimora” – concetto più ampio di quello di “abitazione” – s’intende il “luogo, ove, pur non realizzandosi una vera propria vita do-mestica, l’individuo svolge una attività di natura privata”44. Con una de-cisione a Sezioni unite, la Suprema Corte ha stabilito che “costituiscono privata dimora esclusivamente i luoghi nei quali si svolgono non occa-

(41) Cass. pen., sez. IV, 7 aprile 2011, n. 22334.(42) Cass. pen., sez. III, 14 dicembre 2017, n. 8834.(43) Cass. pen., sez. III, 18 gennaio 2019, n. 18003, in Quotid. giur., 2019.(44) Cass. pen, sez. fer., 27 agosto 2013, n. 41646; Cass. 24 marzo 2005, n. 6361, in Mass. Giur. it., 2005.

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sionalmente atti della vita privata (riconducibili al lavoro, al commercio, allo studio, allo svago), e che non siano aperte al pubblico né accessibi-li ai terzi senza il consenso del titolare, compresi quelli destinati ad atti-vità lavorativa o professionale”45.

I locali destinati ad attività ricettiva (o servizi di ospitalità) – quali una stanza di albergo – in cui il cliente svolge, anche di breve durata, una sua attività privata, sono tutelati dalle indicate disposizioni penalistiche. Il di-ritto di salvaguardia (e di esclusione dell’accesso altrui) non è però asso-luto, posto che l’art. 51 cod. pen., esclude la punibilità nel caso di eser-cizio di un diritto ovvero l’adempimento di un dovere imposto da una disposizione o da un legittimo ordine della pubblica autorità.

2.3. Adempimenti di pubblica sicurezzaPer effetto delle modifiche apportate all’art. 109 Tulps, da parte dell’art.

8 della legge n. 135/2001, “integra tuttora reato – punibile, ex art. 17 del medesimo t.u., con l’arresto sino a tre mesi o con l’ammenda sino a eu-ro 206 – la mancata comunicazione da parte del gestore di una struttu-ra ricettiva alla locale autorità di pubblica sicurezza delle generalità del-le persone alloggiate”46.

(45) Cass. pen., sez. un., 23 marzo 2017, n. 31345, in Giur. it., 2017, p. 2478 ss., con nota di S. Larizza, Furto in abitazione: le Sezioni unite chiariscono la nozione di “priva-ta dimora”; in Dir. pen. e processo, 2017, p. 1571 ss., con commento di E. mezzetti, Fur-to in abitazione: nozione di privata dimora e luogo di lavoro. La questione riguardava un furto commesso in un ristorante durante l’orario di chiusura, di cui non è stata però rav-visata la fattispecie ex art. 624-bis cod. pen. In questa disposizione si parla, per l’appun-to, di “altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora”.(46) Cass. pen., sez. III, 7 luglio 2005, n. 37145, in Arch. loc., 2006, p. 25 ss.La Corte costituzionale, in relazione alla modifica del citato art. 109 del Tulps, ha dichia-rato manifestamente infondato il rilievo secondo cui “nella parte in cui prevede la san-zione penale per l’omessa o ritardata comunicazione dei nominativi degli ospiti di un albergo, laddove gli artt. 86 e 108 del medesimo r.d. n. 733/1931 stabiliscono la mera sanzione amministrativa in caso di esercizio dell’attività senza licenza, senza previa di-chiarazione all’autorità di pubblica sicurezza o in spregio del divieto del questore”. Pre-messo – continua la Corte – che rientra nella discrezionalità del legislatore sia l’indivi-duazione delle condotte punibili sia la scelta e la quantificazione delle relative sanzioni – discrezionalità che può essere oggetto di censura, in sede di scrutinio di costituziona-lità, soltanto ove il suo esercizio ne rappresenti un uso distorto o arbitrario, così da con-fliggere in modo manifesto con il canone della ragionevolezza – “la scelta del legislatore del 2001 di ripristinare la sanzione penale rispetto alla violazione del censurato art. 109, già oggetto di depenalizzazione in forza dell’art. 7, comma 3, del d.l. 29 marzo 1995, n. 97, conv., con modificazioni, in legge 30 maggio 1995, n. 203, dopo che l’art. 4, del

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La comunicazione delle persone alloggiate, oltre che rilievo ammini-strativo, ha anche una portata inerente il trattamento dei dati personali, come si dirà appresso.

3. Adempimenti relativi al trattamento dei dati personaliL’albergatore è tenuto all’osservanza delle disposizioni in materia di

trattamento dei dati personali con ciò comportando, tra le altre cose, l’ob-bligo di informare l’interessato dei trattamenti che saranno effettuati sui suoi dati personali. Il contenuto dell’informativa è indicato nell’art. 13 del GDPR (Reg. UE n. 679/2016).

L’acquisizione dei dati inizia sin dalla prenotazione e prosiegue in tut-te le attività che l’interessato svolge nell’ambito del suo soggiorno. Secon-do i principi generali, il titolare del trattamento deve trattare unicamente i dati personali essenziali allo svolgimento dei compiti per cui i dati sono utilizzati. Può conservarli – fatti salvi gli obblighi di conservazione stabi-liti dalla legge (si pensi alle norme fiscali e tributarie) – per un periodo di tempo strettamente funzionale al trattamento.

Il trattamento dei dati personali richiesto per le attività precontrattuali e contrattuali non richiedono il consenso. Questo è invece richiesto per ulteriori trattamenti (ad esempio lo svolgimento di attività di marketing), nonché quando i dati sono di tipo “particolare” (ex art. 9 del GDPR), co-me, ad esempio, la religione, le preferenze alimentari, ecc.

d.lgs. 13 luglio 1994, n. 480 aveva previsto specificamente la sanzione penale dell’arre-sto o dell’ammenda, non può dirsi manifestamente irrazionale o arbitraria sulla base del mero raffronto della condotta ivi descritta rispetto a quelle previste dagli artt. 86 e 108 Tulps, assunti a tertia comparationis, la cui violazione è punita con sanzione ammini-strativa in base all’art. 17-bis del medesimo Tulps, in quanto tali disposizioni si riferisco-no ai presupposti per l’esercizio stesso dell’attività alberghiera – che è espressione di li-bera iniziativa economica –, mentre l’obbligo di comunicazione delle generalità delle persone alloggiate, imposto dall’art. 109, comma 3, investe una modalità di svolgimen-to di tale attività d’impresa che si correla, con immediatezza, a specifiche esigenze di si-curezza pubblica, essendo detto obbligo volto a consentire all’autorità di polizia la più rapida cognizione dei nominativi degli ospiti dell’albergo, al fine di garantire la sicurez-za pubblica nell’ambito dei compiti d’istituto individuati dall’art. 1 Tulps, sicché, risul-tando evidente la disomogeneità delle fattispecie poste a raffronto, non può dirsi frutto di scelta arbitraria o manifestamente irragionevole l’aver il legislatore, con la novella re-cata dall’art. 9 della l. n. 135 del 2001, ristabilito, in vista della esigenza di tutela della collettività, un differente e più rigoroso trattamento sanzionatorio in relazione alla viola-zione dell’obbligo previsto dalla norma censurata” (Corte Cost. 1 luglio 2005, n. 262, in Giur. cost., 2005, p. 4 ss.).

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Sulla “schedatura” – a fini di marketing dei clienti – attività di per sé non illecita, il Garante ha avuto modo di affrontarla con un provvedimen-to del 9 marzo 200647.

Nel caso di specie la catena alberghiera Jolly Hotels attribuiva ad ogni ospite un codice identificativo, che le consentiva di trattare con mezzi in-formatici le informazioni personali che il cliente forniva o direttamente con la compilazione di moduli, o indirettamente con la permanenza (pe-riodo di arrivo, durata del soggiorno, tariffa applicata) e l’utilizzo dei ser-vizi che l’albergo offre. Da tutti questi elementi la società alberghiera era in grado di orientare il proprio piano promozionale per attirare i clienti, offrendo vantaggi sotto forma di sconti, bonus, premi, servizi. Inoltre ave-va predisposto una speciale “carta di servizi”, i cui dati dei clienti pote-vano essere poi comunicati ad altre società operanti nel campo turistico (agenzie viaggio, noleggi auto, pubblicitarie).

Questa attività di trattamento però era illecita, innanzitutto per viola-zione della mancata notificazione al Garante ai sensi dell’art. 37 del Co-dice della privacy (ipotesi ora abrogata), che prevedeva tale adempimen-to quando il trattamento dei dati personali riguardava “dati trattati con l’ausilio di strumenti elettronici volti a definire il profilo o la personalità dell’interessato, o ad analizzare abitudini o scelte di consumo, ovvero a monitorare l’utilizzo di servizi di comunicazione elettronica con esclu-sione dei trattamenti tecnicamente indispensabili per fornire i servizi me-desimi agli utenti”.

Predisporre il profilo di un cliente è una operazione che implica l’e-splicita indicazione dei trattamenti che si intende effettuare.

Le informative presentate ai clienti dei Jolly Hotels non specificavano in modo dettagliato di quale uso sarebbe stato fatto dei loro dati, né che gli stessi potevano essere ceduti a terzi. Il consenso era poi troppo gene-rico per potersi dire consapevolmente fornito.

Il Garante nella dichiarazione di illegittimità di tale comportamento ha poi imposto alla catena alberghiera una serie di prescrizioni collegate alla riformulazione dei modelli di informativa e di consenso, che dovranno:

a) identificare i tempi massimi di conservazione dei dati trattati alla lu-ce delle finalità in concreto perseguite dalla società mediante il trattamen-to dei dati raccolti, nonché delle scelte effettuate dall’interessato in ordi-ne al loro trattamento (ad esempio nel caso di restituzione della carta);

(47) Provv. 9 marzo 2006, Profilazione della clientela di alberghi, doc. web n. 1252220.

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b) indicare dettagliatamente le finalità, anche quando i dati vengano trasformati in dati anonimi;

c) esplicitare chiaramente e direttamente che i dati saranno utilizza-ti per scopi di marketing, e che possono essere ceduti a terzi e ciò senza usare perifrasi sibilline;

d) predisporre autonome dichiarazioni di consenso per ciascuna fina-lità esplicitata nella informativa.

Si tratta di indicazioni pienamente in linea con quanto previsto dal GDPR.

Nell’ambito degli alberghi – e delle strutture ricettive in genere – sono di solito attivi dei sistemi di videosorveglianza per i quali vanno rispettate le indicazioni contenute in un provvedimento del Garante (del 2010), al quale – di recente – si aggiunge anche quanto disposto nelle Linee Gui-da del Comitato europeo dei garanti48.

Il trattamento, quando effettuato per la tutela della proprietà, è comun-que lecito, senza necessità di consenso, trattandosi del perseguimento di un legittimo interesse del titolare.

Uno dei trattamenti necessari è quello relativo alla comunicazione al-le autorità di p.s. dei dati dei soggetti alloggiati49.

Ai sensi dell’art. 109 Tulps e del d.m. 7 gennaio 2013, i gestori di eser-cizi alberghieri e di tutte le altre strutture ricettive, entro le 24 ore succes-sive all’arrivo, devono comunicare alle questure territorialmente compe-tenti, esclusivamente via web, per il tramite del “Servizio Alloggiati”, le generalità delle persone alloggiate. Se il soggiorno è inferiore alle 24 ore le generalità vanno inviate all’arrivo stesso.

Sulle problematiche inerenti le “schede alloggiati”, il Garante si è pro-nunciato con il parere del 1 giugno 200550, molto critico su una prima ipotesi di regolamentazione. Parere positivo è stato poi reso – sul nuovo schema di decreto – il 12 ottobre 201251.

I dati che devono essere trasmessi sono le generalità degli alloggiati (nome, cognome, sesso, data di nascita, luogo di nascita, cittadinanza), il tipo di documento di identità, il numero e il luogo di rilascio, la data di arrivo e il numero di giorni di permanenza.

(48) EDPB, Linee guida n. 3/2019 del 29 gennaio 2020, sul trattamento dei dati perso-nali attraverso dispositivi video.(49) Per un quadro delle questioni v. M. maSSaveLLi, Le disposizioni operative per l’appli-cazione dell’art. 109 TULPS, in Discipl. comm. e servizi, n. 1/2020, p. 91 ss.(50) Doc. web n. 1138725.(51) Doc. web n. 2099252.

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I dati in questione sono conservati (logicamente separati per questu-ra) in una struttura informatica del Centro Elettronico Nazionale della Po-lizia di Stato.

Titolare del trattamento dei dati è il Ministero dell’interno (Dipartimento della pubblica sicurezza); responsabile del trattamento è la Direzione cen-trale per gli affari generali della Polizia di Stato del predetto Dipartimento.

Le informazioni sono tenute in linea per soli 15 giorni e sono consul-tabili da parte degli agenti ed ufficiali della Polizia di Stato espressamen-te autorizzati per finalità di prevenzione, accertamento e repressione dei reati, nonché di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica; decorso il predetto periodo temporale, l’accesso ai dati è permesso ai soli ufficiali della Polizia di Stato addetti ai servizi investigativi con profilo di acces-so di livello nazionale.

Infine, i gestori delle strutture ricettive cancellano o distruggono i dati digitali o cartacei trasmessi dopo aver ricevuto le relative ricevute, e con-servano queste ultime per 5 anni; coerentemente, i dati raccolti nel siste-ma sono definitivamente distrutti dopo 5 anni dall’inserimento.

La raccolta dei dati identificativi degli ospiti non esaurisce gli adempi-menti dei gestori, i quali hanno, altresì, l’obbligo di compilare le schede di rilevazione per fini statistici di cui all’art. 6-bis del d.lgs. n. 322/1989 (c.d. MOD ISTAT C/59), che vanno trasmesse agli uffici provinciali del tu-rismo territorialmente competenti in relazione all’ubicazione della strut-tura ricettiva.

Trattasi di un obbligo normativo, che impone ai gestori un ulteriore trattamento dei dati, effettuato in forma anonima, in quanto è sufficiente comunicare il numero dei clienti arrivati e di quelli partiti nella giornata, i quali vanno poi suddivisi tra ospiti stranieri, con l’indicazione del loro Stato estero di provenienza, e ospiti italiani individuati col loro comune di residenza o provincia di provenienza, così come risulta dai documen-ti d’identità presentati al momento dell’arrivo.

4. Le prenotazioni “telematiche”: a proposito di Booking e TripAdvisor

Fermo restando il rinvio a trattazioni più specifiche per quanto attiene alla tutela del consumatore in relazione alla contrattazione con strumen-ti informatici e telematici, in questa limitata sede non si può omettere un

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cenno alle questioni emerse con riferimento alle implicazione circa l’u-so di “piattaforme” (o “app”) per la prenotazione di servizi alberghieri52.

Si segnala sulla questione, la recente decisione del giudice ammini-strativo che – accogliendo le risultanze dell’Autorità garante – ha ritenuto ingannevole la pratica di trasmettere i dati degli utenti Facebook da que-sta “piattaforma” a siti (web o app) di soggetti terzi, ai fini di profilazio-ne commerciale, senza il preventivo assenso espresso dell’interessato. La condotta – della quale, in questo contesto, si omettono le valutazioni in termini di violazione delle norme del GDPR – è stata considerata in gra-do di impedire la formazione della consapevole scelta da parte del con-sumatore non in grado di valutare il valore economico del suo “profilo”53.

4.1. BookingUna prima vicenda ha riguardato il noto operatore “Booking”.L’Autorità garante della concorrenza, nel 2018, ha aperto una indagi-

ne al fine di verificare l’esistenza di pubblicità ingannevoli o comparati-ve illecite a danno dei consumatori (PS10769). La società, appartenente ad un gruppo multinazionale facente capo a Booking Holding Inc., ope-ra attraverso una “piattaforma”, costituita dal sito web Booking.com e da un’app, attraverso la quale i consumatori possono effettuare la prenotazio-ne online di alloggi presso strutture ricettive di tutto il mondo. Gli utenti sono indirizzati automaticamente alla versione del sito Booking.com nel-la propria lingua sulla base della localizzazione dei propri IP.

Secondo le informazioni acquisite d’ufficio dell’Autorità e le segnala-zioni di numerosi consumatori, Booking, nell’ambito dell’attività di of-ferta di alloggi sulla propria piattaforma di prenotazione, avrebbe fornito informazioni incomplete e fuorvianti in merito:– al prezzo degli alloggi, indicando nei risultati di ricerca un “prezzo”

che non comprendeva tutte le voci di costo inevitabili e ragionevol-mente calcolabili ex ante; in conseguenza di ciò, l’ordinamento dei risultati sulla base di tale “prezzo” non rifletteva l’effettiva convenien-za relativa degli alloggi mostrati;

– ai criteri e alle modalità di ordinamento dei risultati di ricerca, che non sono chiaramente spiegate. In particolare al peso che le commissioni

(52) Per alcuni elementi di riflessione cfr. E. capobianco, La diffusione e la circolazione delle informazioni nel mercato turistico, in Europa e dir. priv., 2020, p. 513 ss.; M. co-LangeLo, v. zeno-zencovich, La intermediazione on-line e la disciplina della concorrenza: i servizi di viaggio, soggiorno e svago, in Dir. inf., 2015, p. 43 ss.(53) TAR Lazio, sez. I, 10 gennaio 2020, n. 260, in www.dirittoegiustizia.it.

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pagate a Booking dalle strutture ricettive hanno sul posizionamento delle strutture stesse nell’ordinamento dei risultati di ricerca (denomi-nato “le nostre scelte top” sul sito) e negli altri ordinamenti seleziona-bili dal consumatore;

– alla presentazione come “sconti” delle differenze usualmente esisten-ti nei prezzi praticati dalla struttura ricettiva in diversi periodi dell’an-no;

– all’effettiva scarsità di alloggi in una certa località per certe date, for-nendo indicazioni generiche sulla domanda per gli alloggi in una cer-ta struttura, non correlate con le date e la tipologia di camera indica-te dal consumatore;

– alla procedura di pre-autorizzazione delle carte di credito date in ga-ranzia per le prenotazioni senza pagamento immediato. In particola-re riguardo al fatto che essa comporta un costo implicito legato all’in-disponibilità di parte del denaro della carta di credito per un periodo non specificato e il rischio che la prenotazione decada se la carta non è valida o ha fondi insufficienti.Inoltre, Booking avrebbe ostacolato l’esercizio dei diritti contrattuali

dei consumatori in presenza di overbooking (cioè eccedenza di prenota-zioni rispetto alla disponibilità dei posti) e di reclami riguardanti la man-cata corrispondenza tra le caratteristiche della struttura ricettiva e i servi-zi pubblicizzati, da un lato, e le effettive condizioni e servizi riscontrati al momento del soggiorno, dall’altro lato.

All’inizio del 2019 Booking.com ha offerto al Consumer Protection Cooperation Network (CPC Network) un insieme di impegni, proponen-done l’applicazione a livello di Unione Europea. Il contenuto degli im-pegni proposti e successivamente implementati hanno portato l’Autorità garante a chiudere l’istruttoria accogliendo una serie di impegni (di cui alla versione dell’8 gennaio 2020)54.

(54) Booking, “Al fine di evitare che i consumatori incorrano in errore circa l’ammonta-re da pagare” a causa della mancata inclusione di alcuni elementi di costo che i consu-matori sarebbero tenuti inevitabilmente a pagare, “si impegna dunque affinché sulla Piat-taforma, laddove sia mostrato un prezzo, sia mostrato il prezzo totale”. Il “prezzo totale” è definito negli Impegni come “il prezzo comprendente tutte le spese non evitabili (e.g., spese di pulizia, tasse di soggiorno e altre imposte) che sono ragionevolmente calcolabi-li in anticipo sulla base dei criteri di ricerca e che il consumatore sarà obbligato a pagare al momento della prenotazione o direttamente presso l’Alloggio”.Booking si impegna inoltre affinché:- per i prezzi espressi in valuta estera (rispetto al paese del consumatore), sia indicato an-che un valore stimato in valuta nazionale, indicando il modo in cui è stata ottenuta ta-

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le stima (e, in particolare, il tasso di cambio applicato), prima del completamento del-la prenotazione;- il prezzo totale sia sempre indicato, anche quando è mostrata una scomposizione del prezzo;- nel caso in cui il consumatore scelga – come criterio di ordinamento dei risultati di ri-cerca – il prezzo o una combinazione del prezzo con un altro elemento (star rating, re-censioni dei clienti), il “prezzo” utilizzato sarà sempre il “prezzo totale”;- qualora il consumatore abbia scelto nel corso del processo di prenotazione dei servizi opzionali, essi saranno inclusi nel prezzo totale mostrato.Booking, “[a]l fine di garantire che i consumatori non siano fuorviati e siano in grado di distinguere i diversi Annunci presenti nella pagina dei risultati di ricerca” si impegna a for-nire ai consumatori “un’adeguata informativa circa (i) il criterio utilizzato per ordinare i risultati di ricerca, nonché (ii) la potenziale influenza dell’ammontare della commissione pagata dalle strutture partner sul loro posizionamento”.Booking, “[n]el caso i pagamenti effettuati dalle Strutture Partner [possano] avere un im-patto sul posizionamento” di un annuncio, si impegna “a informare di ciò il consumato-re attraverso un testo statico mostrato in modo chiaro e prominente” che potrà essere po-sizionato (a) nella medesima pagina web o schermata dei risultati di ricerca, oppure (b) su una qualunque pagina web o schermata dove il consumatore possa effettuare una ri-cerca per un alloggio, oppure (c) su una pagina web o schermata da mostrare nel perio-do intercorrente tra l’effettuazione di una ricerca e la presentazione dei relativi risultati. Booking si impegna inoltre a fornire ulteriori dettagli sulle modalità con cui il pagamen-to delle commissioni potrebbe influenzare il ranking dei risultati di ricerca, attraverso un appropriato link di accesso. Infine, Booking si impegna ad assicurare che l’annuncio di un alloggio “sia mostrato in uno Slot Predefinito in ragione della commissione extra paga-ta dalla rispettiva struttura Partner”, sia “a) etichettato come tale in modo chiaro e promi-nente e b) indicato in modo da distinguerlo dagli altri”.Rispetto alla presentazione degli sconti Booking si impegna “a non creare l’impressione che la comparazione tra il Prezzo di Offerta e il prezzo richiesto per il medesimo Alloggio in circostanze diverse rispetto a quelle selezionate dal consumatore (e.g. di Prezzo di Of-ferta richiesto per date di soggiorno diverse) indichi uno Sconto” e a tal fine si impegna:- a indicare e differenziare i due elementi della comparazione “in modo chiaro e promi-nente”, attraverso un testo statico permanente adiacente alla comparazione;- a non presentare la comparazione barrando il prezzo o con qualsiasi altra modalità equivalente usualmente utilizzata per indicare degli sconti;- non utilizzare frasi che presentino il risultato della comparazione – come uno sconto – quale, ad esempio, “sconto del X %”, “ribassato” o “super affare” o altre espressioni nor-malmente utilizzate per indicare uno sconto;- non accompagnare la comparazione con specifici claim di valore (p. es. “super affare”) nor-malmente utilizzati per indicare uno sconto, a meno che la formulazione dei suddetti claim non faccia espresso riferimento alla comparazione (p. es. “super affare se confrontato con...”).Booking si è impegnato ad assicurare che le diciture circa la “popolarità e la disponibili-tà degli alloggi” siano “chiare”, corredate dalle informazioni necessarie circa i presuppo-sti, le limitazioni e le circostanze sulla base delle quali vengono fatte, e sostanziate dai dati in possesso del professionista.

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In particolare: - se l’affermazione non si basa su dati in tempo reale, Booking renderà noto il periodo di tempo cui l’annuncio si riferisce (p. es. “negli ultimi X minuti”), almeno nello stesso for-mato dell’annuncio e in modo chiaro e prominente;- se le indicazioni riguardanti il numero di utenti che stanno guardando, prenotando o ef-fettuando una ricerca per una destinazione, un alloggio o un tipo di stanza non sono atti-nenti alla destinazione, alle date di soggiorno o al tipo di stanza per i quali il consumato-re ha effettuato la ricerca, Booking provvederà almeno ad indicarlo nello stesso formato utilizzato per le affermazioni in questione e in modo parimenti chiaro e prominente;- le affermazioni relative alla disponibilità delle stanze devono essere chiaramente riferi-te alla disponibilità sulla piattaforma Booking;- le affermazioni riguardo al numero di stanze disponibili in una struttura devono inclu-dere tutte le qualificazioni necessarie (p. es. che l’affermazione si riferisce soltanto alle stanze offerte ad un certo prezzo o di un particolare tipo e non a tutte le stanze).Booking si è impegnata anche all’esplicitazione della natura di privato o la veste di pro-fessionista di colui che offre l’alloggio.In particolare, “[i]n tutti i casi in cui la natura di privato o professionista della Struttura Partner che offre l’Alloggio non sia già ovvia o evidente (e.g. dal nome o da altre caratteri-stiche esplicite dell’Alloggio), Booking si impegna ad adottare tutte le misure più adegua-te al fine di distinguere, fin dal primo momento in cui gli Alloggi sono presentati ai consu-matori e In Modo Chiaro e Prominente, se questi sono offerti da privati o professionisti”.Per le prenotazioni (effettuate da un IP italiano) che non prevedono il pagamento antici-pato, Booking (i) modificherà gli attuali messaggi “non serve alcun pagamento anticipa-to – paga in struttura” aggiungendo la precisazione che la struttura, al fine di garantire la prenotazione, potrebbe temporaneamente bloccare una somma di danaro sulla carta di credito del consumatore prima dell’arrivo in struttura e (ii) trasferirà ai consumatori, in modo chiaro e evidente durante il processo di prenotazione, le informazioni inserite nel-la Extranet dalla struttura ricettiva riguardo alla pre-autorizzazione. Le informazioni in questione verranno inserite, in particolare, nella pagina relativa alle “Condizioni di pre-notazione” dello specifico alloggio e nella pagina dove si inseriscono i dati della carta di credito data in garanzia.Particolare attenzione è stata riservata anche alla questione dell’overbooking.La Società si è impegnata a porre in essere una serie di azioni volte ad informare i con-sumatori delle procedure esistenti in caso di overbooking e dei diritti spettanti ai consu-matori stessi.In particolare, Booking si è impegnato a fornire ai consumatori l’informazione (i) che le strutture partner sono tenute ad onorare le prenotazioni effettuate dai consumatori e che sono le sole responsabili della gestione dei casi di overbooking e (ii) che Booking ha pre-disposto delle Linee Guida per risolvere i casi di overbooking e che presta supporto per la risoluzione di tale situazioni. Booking informerà altresì i consumatori che la risoluzione dei casi di overbooking può consistere nella cancellazione gratuita della prenotazione originaria (con rimborso di quanto eventualmente pagato), oppure nella scelta di una sistemazione alternativa (al-meno di categoria simile e stesso prezzo di quella originaria), se disponibile. Tali infor-mazioni saranno rese disponibili nella sezione “Come lavoriamo” e nella sezione “Trova

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Gli Impegni proposti riguardano la piattaforma Booking.com e si ap-plicano quindi al sito accessibile all’indirizzo www.booking.com e a tut-ti i servizi Internet (tra cui le versioni mobile del sito e l’App) gestiti da o per conto di Booking.com. Essi riguardano ogni tipo di “Alloggio” (per es. camere di hotel, ostelli, B&B, case vacanza, appartamenti) offerto dalle strutture ricettive partner di Booking. Gli impegni hanno durata illimita-ta e sono resi operativi dal 16 giugno 2020.

A fronte di questa serie di impegni, l’Autorità garante, con il provv. 17 marzo 2020, n. 28176 (PS10769 – Booking Servizi turistici online), ha ri-

informazioni” della pagina “Aiuto e assistenza clienti”. In tali pagine sarà inserito anche un link alle informazioni relative alla tempistica dei rimborsi. Per quanto riguarda la tempistica di rimborso, Booking ha offerto impegni diversificati a seconda del soggetto al quale sono stati fatti i pagamenti.Nel caso di pagamenti fatti direttamente a Booking, il professionista si è impegnato ad informare i consumatori che effettuerà il 90% dei rimborsi entro 5 giorni lavorativi dalla cancellazione della prenotazione, oppure dal ricevimento della prova dell’avvenuto sog-giorno presso una struttura alternativa.Nel caso di prenotazioni pagate direttamente alle strutture ricettive, Booking si è impe-gnato ad informare i consumatori del fatto che esso si adopera affinché le strutture part-ner procedano al rimborso in tempi brevi.Infine, rispetto alla gestione dei reclami Booking si è impegnato ad informare i consuma-tori dell’esistenza di procedure di trattazione dei reclami da parte di Booking e dei cana-li attraverso i quali tali reclami possono essere presentati. Tali informazioni saranno repe-ribili nella sezione “Come lavoriamo” e nella sezione “Trova informazioni” della pagina “Aiuto e assistenza clienti”, dove verranno anche inseriti dei collegamenti ipertestuali al-le informazioni sulla tempistica di risoluzione dei reclami.Booking si è inoltre impegnato ad informare i consumatori che i reclami saranno presi in carico il prima possibile sulla base della priorità della richiesta e che per il 75% una pri-ma risposta sarà fornita entro 72 ore dal ricevimento del reclamo ed entro 10 giorni per il 95% dei reclami. Per quanto riguarda le discrasie tra le descrizioni della struttura e dei servizi e quanto ef-fettivamente riscontrato dal consumatore, Booking informerà i consumatori, attraverso la sezione “Come lavoriamo”, che la società verifica le discrasie segnalate, chiede ai Part-ner di modificare le informazioni sulla piattaforma e, nei casi gravi ed inequivocabili di ripetute discrasie informative ed inerzia della struttura, si riserva la possibilità di sospen-dere il partner dalla piattaforma. Infine, con riferimento ai reclami relativi alla richiesta, da parte delle strutture ricettive, di prezzi diversi da quelli ai quali era stata effettuata la prenotazione, a causa del cari-camento di tariffe errate sulla piattaforma, Booking comunicherà ai consumatori che la struttura ricettiva è tenuta ad informare i consumatori dell’errore il più presto possibile ed entro un tempo ragionevole prima della data del soggiorno e che Booking interverrà per facilitare l’interlocuzione tra i consumatori e le strutture partner.

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tenuto di poter concludere il procedimento senza accertare l’infrazione, ai sensi dell’art. 27, comma 7, del Codice del consumo.

In precedenza, una sorte analoga ha riguardato l’altrettanto noto opera-tore Expedia, rispetto al quale, l’Autorità garante – con il provv. 18 settem-bre 2019, n. 2791155 – ha chiuso il procedimento istruttorio n. PS10770, accettando la proposta di impegni formulata dal professionista56.

4.2. TripAdvisorIl noto sito “TripAdvisor” che originariamente si occupava unicamen-

te di recensioni, di recente presenta anche le funzionalità per effettuare prenotazioni (acquisendo una serie di operatori poi riorganizzati con la denominazione “The fork”).

Valgono, quindi, anche per TripAdvisor le risultanze di quanto acca-duto a Booking.

Sul suo originario “core business” – ossia le recensioni – si segnalano due interessanti decisioni.

Il Tribunale di Venezia ha statuito che “Qualora il gestore di un sito internet non operi come mero intermediario di dati ed informazioni, ma agisca quale erogatore di un servizio integrato, che offre consigli di viag-gio e contiene link di prenotazione delle strutture turistiche, sul sogget-to sussiste, in ragione di quanto stabilito in via generale dall’art. 2043 c.c., l’obbligo, prim’ancora di risarcire il danno, di prevenirlo e, quanto-meno, di vagliare le recensioni postate dagli utenti ed escludere quelle apertamente diffamatorie ovvero quelle che non appaiono postate da ve-ri viaggiatori”57. Il giudice – accogliendo il ricorso d’urgenza dell’attore – ha pertanto ordinato a TripAdvisor la cancellazione di un post pubbli-

(55) In Boll. n. 42/2019.(56) Per altri precedenti di pratiche scorrette in tema di viaggi ed alberghi v., per es., AGCM 24 luglio 2019, n. 27875 (PS11372), in Boll. n. 32/2019, per le pratiche scorrette di Hotels Click Srl; AGCM 15 ottobre 2019, n. 27960 (PS11335), in Boll. n. 2/2020, sul-la politica di prezzo per le prenotazioni ed acquisti di camere in hotel da parte della so-cietà Amoma Srl; AGCM 29 novembre 2018, n. 27441 (PS11133), in Boll. n. 47/2018, Easy Market (e il sito www.lol.travel/it); AGCM 20 dicembre 2017, n. 26915 (PS10766), in Boll. n. 2/2018, per l’agenzia di viaggi online Bravonext (ed il proprio sito www.vola-gratis.com); AGCM 16 febbraio 2011, n. 22118 (PS513), in Boll. n. 8/2011 e AGCM 20 dicembre 2017, n. 26916 (PS10767), in Boll. n. 2/2018 (entrambe sul caso dell’agenzia online Opodo Italia Srl).(57) Trib. Venezia, sez. III, ord. 24 febbraio 2015, in Corr. giur., 2016, p. 78 ss., con no-ta di R. geLLi, False recensioni su Tripadvisor: accolta l’azione promossa dal ristoratore diffamato.

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cato da un utente sul portale di consigli di viaggio, in quanto avente ad oggetto una recensione di contenuto diffamatorio, che riportava un giu-dizio altamente negativo sulla struttura turistica, riferendosi a circostan-ze di fatto inverosimili.

La decisione si segnala in virtù dell’affermazione di una responsabili-tà in capo agli Internet service provider fuori della “irresponsabilità”, in via di principio, stabilita (ex artt. 16 e 17) dal d.lgs. n. 70/2003 (di attua-zione della direttiva 31/2000 sul commercio elettronico).

Com’è noto vige un principio di esonero da responsabilità del fornito-re di servizi internet, il quale, da una parte, non è soggetto all’obbligo ge-nerale di sorveglianza sui contenuti che veicola, dall’altra, non risponde dei danni cagionati dalla sua attività di memorizzazione delle informazio-ni, salvo che abbia effettiva conoscenza dell’illiceità dell’informazione. In altre parole, per legge, il fornitore di servizi internet non è tenuto a co-noscere le informazioni trasmesse e memorizzate dagli utenti e, qualora non ne conosca il contenuto, non risponde della loro eventuale illiceità58.

Nel caso di specie, tuttavia, TripAdvisor nell’ambito delle “condizio-ni” di utilizzo del sito/servizio – e nelle “note legali” – si è chiaramente riservato un ruolo di “supervisione” dei contenuti presenti sul sito, facen-do cessare quella “neutralità” che è l’indefettibile presupposto per l’eso-nero di responsabilità.

Il giudice ha poi compiuto un ulteriore passo, ritenendo che la re-sponsabilità in capo a TripAdivisor risponda al canone generale conte-nuto nell’art. 2043 cod. civ., in cui risulta responsabile per il danno in-giusto cagionato al soggetto danneggiato dalla recensione non veritiera, peraltro rimasta “visibile” nonostante la conseguita conoscenza della di-versa realtà dei fatti59.

TripAdvisor è stato protagonista anche di una questione direttamen-te inerente i suoi “compiti” di “supervisore” dei risultati complessivi che emergono dalle recensioni inserite nel sito. Queste sarebbero in grado di “attribuire” – con la loro “ricorrenza” in un senso o nell’altro – un va-lore di “accertamento” della qualità degli esercizi ai quali si riferiscono le recensioni.

(58) V. Trib. Roma, 27 aprile 2016, commentata da M. Simoni, La responsabilità degli ho-sting provider quali prestatori “automatici, tecnici e passivi” della società dell’informazio-ne, in Dir. ind., 2017, p. 455 ss.(59) Sul tema, in relazione alla violazione di diritti d’autore, v. C. marvaSi, Onere di atti-vazione autonoma del provider se “al corrente” dell’illecito ed ammissibilità di un ordine inibitorio pro futuro, in Dir. ind., 2015, p. 455 ss.

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Nel 2014, l’Autorità garante ha irrogato una sanzione amministrativa di 500.000 euro ritenendo che la società abbia posto in essere pratiche commerciali scorrette, diffondendo nel mercato informazioni ingannevo-li sulla fonte presumibilmente autentica delle informazioni che vengono rese nel suo database di consigli di viaggio. “In conclusione, le condot-te contestate a TripAdvisor, con riferimento alla diffusione delle informa-zioni relative al carattere autentico, veritiero e genuino delle recensioni pubblicate sul proprio sito, integrano gli estremi di una pratica commer-ciale scorretta in violazione degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del consu-mo, risultando idonee a indurre in errore una vasta platea di consuma-tori, in ordine alla natura e alle caratteristiche principali del prodotto e ad alterarne il comportamento economico. In particolare, questi affida-no le proprie determinazioni economiche ad un sito comparatore basato su giudizi asseritamente veridici, genuini e autentici sulle strutture turisti-che ricercate, in presenza di un apparato sistemico di controllo gestito dal professionista inefficace a soddisfare le aspettative dei consumatori, forma-tesi proprio sulla base dei claim pubblicati sul sito www.tripadvisor.it”60.

Ad avviso dell’Autorità, “TripAdvisor offre ai consumatori un servizio di comparazione di strutture turistiche, promuovendolo mediante il ricor-so a slogan finalizzati ad aumentare il grado di attendibilità e affidabili-tà delle recensioni pubblicate sul sito www.tripadvisor.it. I claim conte-stati, infatti, lasciano intendere ai consumatori che possono fidarsi delle recensioni di hotel, ristoranti e attrazioni pubblicate sul sito, in quanto le stesse sono vere, autentiche e corrispondono alle opinioni più since-re di milioni di viaggiatori. Veridicità ed autenticità vengono più volte ri-marcate dal professionista, il quale afferma di offrire consigli di viaggio affidabili, precisando che gli stessi sono pubblicati da veri viaggiatori. Le condotte e le comunicazioni commerciali di TripAdvisor assumono, quin-di, un ruolo centrale nelle decisioni dei consumatori, i quali, affidando-si all’asserito carattere genuino e autentico, le utilizzano per orientare le proprie preferenze e scegliere tra i servizi offerti dalle strutture turistiche presenti sul database”.

All’esito dell’istruttoria eseguita nell’ambito di tale procedimento, l’Au-torità ha, inoltre, appurato che, da un lato, la questione delle false recen-sioni sul sito rappresenta un fenomeno tutt’altro che isolato e margina-

(60) AGCM, 19 dicembre 2014, n. 25237 (PS9345 – TripAdvisor – False recensioni on line), in Boll., n. 50/2014, p. 86 ss. Per un commento v. B. bLaSco, Falsità della recensio-ne in Internet, astroturfing e scorrettezza delle pratiche commerciali, in Contratti, 2017, p. 231 ss.

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le; dall’altro, gli strumenti adottati dal provider, per cercare di arginare il problema, sarebbero assolutamente inidonei a contrastarlo.

Alla luce di tali presupposti, l’Autorità ha, dunque, ritenuto che le fal-se attestazioni del provider sull’autenticità delle recensioni, rese in assen-za degli opportuni controlli, siano una pratica commerciale ingannevole, in grado di alterare il comportamento economico e condizionare le scel-te del consumatore, a scapito del medesimo e delle imprese che opera-no nel settore turistico alberghiero, soprattutto perché il “meccanismo” che rende agevole l’acquisizione del risultato può prescindere dalla let-tura integrale di tutti i “post”. L’algoritmo di TripAdvisor “combina” infat-ti il numero di recensioni con il numero di “pallini” del giudizio espres-so in forma sintetica.

La decisione dell’Autorità garante è stata annullata dal TAR61.La decisione di prime cure è stata poi impugnata al Consiglio di Stato.L’Autorità garante ha fatto presente, tra l’altro, l’elevata capacità di con-

dizionamento delle affermazioni dell’operatore laddove se, da una par-te dichiara di non poter svolgere i controlli sulle recensioni, dall’altro ne afferma la sostanziale attendibilità basata sul loro numero e sulla capaci-tà di discernimento del soggetto interessato.

L’Autorità ha poi contestato la posizione del TAR che ha affermato l’as-senza di un danno per i consumatori, facendola discendere dall’esiguo numero di segnalazioni ricevute direttamente da questi ultimi. Trattandosi di un illecito di pericolo il contenuto ingannevole di una comunicazione commerciale sussiste comunque anche se riguarda un solo consumatore.

Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso, condannando TripAdvisor a pagare 100.000 euro di sanzione per aver esercitato una pratica commer-ciale scorretta in danno dei consumatori.

I giudici hanno rilevato, in particolare, che i claim, alcuni presenti già sulla home page del sito, a prescindere dal fatto che non sia garantita la veridicità del contenuto e della fonte, se letti complessivamente sono ido-nei ad ingenerare in un utente medio il falso convincimento circa l’atten-dibilità e genuinità delle recensioni pubblicate.

A nulla vale obiettare che sia stato predisposto un apposito disclai-mer dato che, come appurato dall’Autorità, non è immediatamente vi-sualizzabile.

(61) TAR Lazio, Roma, sez. I, 13 luglio 2015, n. 9355, in www.giustizia-amministrati-va.it.

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Richiamando una propria precedente pronuncia il Consiglio di Stato ha affermato quindi che le conclusioni rassegnate dal Tribunale contra-stano con il consolidato principio giurisprudenziale secondo il quale il consumatore medio dev’essere messo in condizione di autodeterminarsi sin dal primo contatto pubblicitario62.

Violazione in questo caso resa palese dal fatto che il professionista ha operato in deroga alla prescritta diligenza professionale, tenendo la con-dotta contestata pur consapevole dei limiti del proprio sistema di control-lo circa le fonti delle recensioni63.

5. Contratti di soggiorno e conseguenze della pandemia da Coronavirus (Covid-19)

Non si può chiudere questo contributo senza un cenno all’incidenza della pandemia da Coronavirus sui contratti di ospitalità e soggiorno64.

La Commissione europea, all’indomani della dichiarazione di pande-mia da parte dell’OMS (11 marzo 2020), ha diffuso delle FAQ sugli an-nullamenti di alloggi prenotati individualmente, del noleggio di automo-bili e di eventi dovuti alla Covid-1965.

Con riferimento alla cancellazione di viaggi e modifiche, fa presente che la normativa europea in materia di protezione dei consumatori non disciplina le condizioni e le conseguenze della cancellazione di singoli servizi, come le prenotazioni di alloggio. Pertanto, i diritti del consuma-tore “dipendono dal diritto contrattuale nazionale, comprese le norme relative alle circostanze straordinarie, e dal tipo e dalle condizioni pre-viste dal tuo contratto, compresa la politica di cancellazione del presta-tore di servizi (ad es. se si tratta di una prenotazione rimborsabile a fon-do perduto)”.

Gli operatori professionali (i “professionisti” secondo la nomenclatu-ra consumeristica) sono comunque tenuti – ricorda la Commissione – ad agire:

(62) Cons. Stato, sez. VI, 22 luglio 2014, n. 3896, in www.giustizia-amministrativa.it.(63) Cons. Stato, sez. VI, 15 luglio 2019, n. 4976, in www.dirittoegiustizia.it.(64) Il tema è, ovviamente, ben più ampio anche se si consideri il solo contesto ineren-te la sorte delle obbligazioni contrattuali. Per una panoramica utili spunti sono contenu-ti nei fascicoli monografici di “Giustizia civile”, disponibili on line al seguente indirizzo: http://giustiziacivile.com/editoriali/speciale-emergenza-covid-19-.(65) https://ec.europa.eu/info/live-work-travel-eu/consumers/resolve-your-consumer-complaint/european-consumer-centres-network-ecc-net/faq-cancellations-individually-booked-accommodations-car-rental-and-events-due-covid-19_it.

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a) secondo la diligenza professionale;b) senza ingannare i consumatori in merito ai loro diritti ed al loro

esercizio;c) fornendo (o rendendo disponibili) – per esempio attraverso le piat-

taforme web per la prenotazione – le informazioni relative alle “possibili conseguenze della loro prenotazione qualora dovessero annullare il viag-gio o il fornitore debba disdire la disponibilità dell’alloggio”.

Il diritto nazionale può prevedere che, in caso di cancellazione o limi-tazione delle prestazioni dovute a cause di forza maggiore, come la pan-demia di Covid-19, i consumatori non siano tenuti a pagare il servizio, ma non abbiano il diritto di chiedere un risarcimento per i costi aggiun-tivi o i danni che possono derivare dalla situazione. Il diritto nazionale può anche prevedere che, in tali situazioni, ai consumatori possa essere offerto, e anche che essi debbano accettarlo, un buono per una successi-va prestazione del servizio da essi pagato anticipatamente (compresi gli anticipi versati per garantire la prenotazione)66.

La Commissione fa esplicito riferimento alle hardship clauses, ossia alle clausole che soprattutto nei contratti internazionali, disciplinano il radicale cambiamento delle condizioni delle parti (sulla eccessiva one-rosità delle prestazioni) e, molto spesso, anche specifiche ipotesi di “for-za maggiore”67.

(66) La Commissione conclude che “Le cause di forza maggiore o altre clausole di an-nullamento nei termini e nelle condizioni utilizzati dagli operatori, non dovrebbero creare, per quanto riguarda i diritti e gli obblighi delle parti, uno squilibrio significativo a danno del consumatore, tenuto conto del diritto contrattuale nazionale applicabile. Di conseguenza, qualsiasi clausola contrattuale che imponga ai consumatori che non pos-sono viaggiare né usufruire dell’alloggio prenotato a causa della pandemia di Covid-19, di pagare ciononostante il prezzo pieno al fornitore dell’alloggio, potrebbe essere con-siderata abusiva ai sensi della direttiva 93/13/CEE sulle clausole abusive e pertanto non vincolante per i consumatori”.V. inoltre, la Comunicazione della Commissione UE, Orientamenti interpretativi relati-vi ai regolamenti UE sui diritti dei passeggeri nel contesto dell’evolversi della situazione connessa al Covid-19 (2020/C 89 I/01), in G.U.U.E., n. C 89 del 18 marzo 2020. La Co-municazione non riguarda la disciplina dei pacchetti turistici e dei servizi turistici ad es-si collegati (direttiva (UE) 2015/2302) ma riguarda i diritti dei passeggeri che viaggia-no in aereo (Reg. CE n. 261/2004), treno (Reg. CE n. 1371/2007), autobus (Reg. UE n. 181/2011) o nave (Reg. UE n. 1177/2010), come pure in merito ai corrispondenti obbli-ghi dei vettori.(67) M. garDenaL, Il principio di forza maggiore: la disciplina nazionale e internazionale a confronto, in https://www.mglobale.it/.

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Mentre il codice penale indica la “forza maggiore” quale esimente (cfr. l’art. 45 c.p.)68, il codice civile non ne fa parola e questo concetto viene normalmente ricondotto a quanto previsto dagli artt. 1467 e 1256 cod. civ.

L’art. 1467 cod. civ. prevede che, se la prestazione è divenuta eccessi-vamente onerosa a causa di fatti straordinari ed imprevedibili, il debitore ha la possibilità di chiedere la risoluzione del contratto. Secondo la giuri-sprudenza la “straordinarietà” va ricondotta ad un fatto oggettivo mentre l’“imprevedibilità” si riferisce alla possibilità per il debitore – quale per-sona mediamente assennata – di poter conoscere il fatto69.

L’art. 1256 cod. civ. prevede che, qualora, per una causa non imputa-bile al debitore, la prestazione dedotta in contratto diventi definitivamen-te impossibile, l’obbligazione si estingue, e quindi il debitore è liberato.

La decretazione governativa con la quale è stata gestita l’incidenza del Coronavirus, in alcune ipotesi, ha determinato l’impossibilità della presta-zione (e, quindi, un caso di “forza maggiore” ravvisabile nell’ordine dell’au-torità), in altre situazioni ha invece determinato un aggravamento circa la conduzione delle attività (es.: la sanificazione), incidendo sui costi. In que-sti ultimi casi si tratta di una maggiore onerosità sopravvenuta in cui non è semplice, in generale, individuare i confini della sua “eccessività”.

L’articolo 28 del d.l. 2 marzo 2020, n. 9 aveva previsto l’applicabili-tà del rimedio della risoluzione del contratto per impossibilità sopravve-nuta della prestazione (con conseguente obbligo alla restituzione della prestazione eventualmente già eseguita, vale a dire il rimborso dei paga-menti già effettuati), ex art. 1463 cod. civ., ai contratti di trasporto aereo, ferroviario, marittimo, nelle acque interne o terrestre stipulati da sogget-ti interessati da provvedimenti di restrizione della libertà di circolazione, come individuati nel medesimo decreto.

L’articolo 88 del decreto Cura Italia (d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conver-tito dalla l. 24 aprile 2020, n. 27) estende l’applicabilità di tale rimedio anche ai contratti di soggiorno per i quali si sia verificata l’impossibilità sopravvenuta della prestazione a seguito dei provvedimenti di restrizio-ne della libertà di circolazione, adottati ai sensi ed a seguito dell’entrata in vigore del d.l. n. 6/2020 (convertito dalla legge 5 marzo 2020, n. 13).

(68) Una ipotesi è la seguente: “È configurabile il caso della forza maggiore idonea a suffragare istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza nella malattia invalidante del difensore di fiducia (nel caso di specie un ictus) che gli abbia impedito di allontanarsi dal proprio domicilio e di nominare un sostituto per la presentazione dei motivi di impugnazione” (Cass. pen., 22 dicembre 2014, n. 53399).(69) Cass. 23 febbraio 2001, n. 2662, in Giur. it., 2001, p. 1824 ss.

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L’articolo 88 del decreto Cura Italia prevede inoltre l’applicabilità, a decorrere dalla data di adozione del d.P.C.M. 8 marzo 2020, della risolu-zione per impossibilità sopravvenuta della prestazione anche ai contrat-ti di acquisto di titoli di accesso ad eventi, spettacoli, musei e/o altri luo-ghi di cultura, la cui esecuzione è preclusa per effetto della sospensione di tali eventi/attività introdotta con il richiamato d.P.C.M. dell’8 marzo 2020, e ciò sino alla data del prossimo 3 aprile 2020, ovvero quella dif-ferente eventualmente stabilita con provvedimenti successivi.

Viene riconosciuto a tutti i soggetti beneficiari di tali misure il diritto, da esercitarsi nel termine di decadenza di trenta giorni dall’emanazio-ne del decreto Cura Italia, di richiedere al vettore, all’agenzia viaggi o al venditore, il rimborso di quanto corrisposto, previa allegazione del titolo di acquisto e del ricorrere delle condizioni previste dalla norma.

Inoltre, per espressa previsione normativa il rimborso della prestazio-ne eseguita (cioè il pagamento del prezzo) potrà avvenire tramite emis-sione di voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emis-sione e senza che tali misure possano comportare per lo Stato ulteriori spese od oneri70.

(70) La legge di conversione del decreto ha sostituito l’art. 88 ed introdotto un artico-lo 88-bis, di seguito riportati. “Art. 88 (Rimborso di titoli di acquisto di biglietti per spet-tacoli, musei e altri luoghi della cultura). – 1. A seguito dell’adozione delle misure di cui all’articolo 2, comma 1, lettere b) e d), del decreto del Presidente del Consiglio dei Mini-stri 8 marzo 2020 e a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 1463 del codice civile, ricorre la sopravvenuta impossi-bilità della prestazione dovuta in relazione ai contratti di acquisto di titoli di accesso per spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, e di biglietti di ingresso ai musei e agli altri luoghi della cultura. 2. I soggetti acquirenti presentano, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero dalla diversa data di cui al secondo periodo del comma 3, ap-posita istanza di rimborso al soggetto organizzatore dell’evento, anche per il tramite dei canali di vendita da quest’ultimo utilizzati, allegando il relativo titolo di acquisto. L’or-ganizzatore dell’evento, verificata l’impossibilità sopravvenuta della prestazione e, con-seguentemente, l’inutilizzabilità del titolo di acquisto oggetto dell’istanza di rimborso, provvede alla emissione di un voucher di pari importo al titolo di acquisto, da utilizzare entro un anno dall’emissione. 3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano fino alla data di efficacia delle mi-sure previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 8 marzo 2020 e da eventuali ulteriori decreti attuativi emanati ai sensi dell’articolo 2, commi 1 e 2, del de-creto-legge 25 marzo 2020, n. 19. In tali ultimi casi, il termine utile alla presentazione dell’istanza di cui al primo periodo del comma 2 decorre dalla data di entrata in vigore dei provvedimenti successivamente adottati”. “Art. 88-bis (Rimborso di titoli di viaggio, di soggiorno e di pacchetti turistici). – 1. Ai sen-

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si e per gli effetti dell’articolo 1463 del codice civile, ricorre la sopravvenuta impossibili-tà della prestazione dovuta in relazione ai contratti di trasporto aereo, ferroviario, marit-timo, nelle acque interne o terrestre, ai contratti di soggiorno e ai contratti di pacchetto turistico stipulati: a) dai soggetti nei confronti dei quali è stata disposta la quarantena con sorveglianza atti-va ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva da parte dell’au-torità sanitaria competente, in attuazione dei provvedimenti adottati ai sensi dell’artico-lo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e dell’articolo 2 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, con ri-guardo ai contratti da eseguire nel medesimo periodo di quarantena o permanenza do-miciliare; b) dai soggetti residenti, domiciliati o destinatari di un provvedimento di divieto di allon-tanamento nelle aree interessate dal contagio, come individuate dai decreti adottati dal Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbra-io 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e dell’arti-colo 2 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, con riguardo ai contratti da eseguire nel periodo di efficacia dei predetti decreti; c) dai soggetti risultati positivi al virus Covid-19 per i quali è disposta la quarantena con sorveglianza attiva ovvero la permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva da parte dell’autorità sanitaria competente ovvero il ricovero presso le strutture sanita-rie, con riguardo ai contratti da eseguire nel medesimo periodo di permanenza, quaran-tena o ricovero; d) dai soggetti che hanno programmato soggiorni o viaggi con partenza o arrivo nel-le aree interessate dal contagio come individuate dai decreti adottati dal Presidente del Consiglio dei Ministri ai sensi dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e dell’articolo 2 del de-creto-legge 25 marzo 2020, n. 19, con riguardo ai contratti da eseguire nel periodo di ef-ficacia dei predetti decreti; e) dai soggetti che hanno programmato la partecipazione a concorsi pubblici o proce-dure di selezione pubblica, a manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, a eventi e a ogni forma di riunione in luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludi-co, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico, annullati, so-spesi o rinviati dalle autorità competenti in attuazione dei provvedimenti adottati ai sen-si dell’articolo 3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e dell’articolo 2 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, con riguardo ai contratti da eseguire nel periodo di efficacia dei predetti provvedi-menti; f) dai soggetti intestatari di titolo di viaggio o acquirenti di pacchetti turistici, acquistati in Italia, aventi come destinazione Stati esteri, dove sia impedito o vietato lo sbarco, l’ap-prodo o l’arrivo in ragione della situazione emergenziale epidemiologica da Covid-19. 2. I soggetti di cui al comma 1 comunicano al vettore o alla struttura ricettiva o all’orga-nizzatore di pacchetti turistici il ricorrere di una delle situazioni di cui al medesimo com-ma 1 allegando la documentazione comprovante il titolo di viaggio o la prenotazione di soggiorno o il contratto di pacchetto turistico e, nell’ipotesi di cui alla lettera e) del com-ma 1, la documentazione attestante la programmata partecipazione ad una delle mani-

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La disciplina indicata sembra porre una differenza non secondaria tra l’art. 88 ed il successivo 88-bis.

Nel primo ambito, si tratta di una disciplina che si sovrappone sosti-tuendosi – almeno temporaneamente – all’art. 1463 cod. civ., nel sen-so che per i biglietti pagati, il voucher si configura quale unico rimedio.

Nell’art. 88-bis, al contrario, nel citare l’art. 1463, pone una possibile alternativa tra il diritto al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio e per il soggiorno, ovvero all’emissione di un voucher di pari im-porto da utilizzare entro un anno dall’emissione. La scelta delle opzioni appare rimessa ad una sorta di “concertazione” (o, meglio, di “dialogo”) tra le parti e l’esito può dipendere dalle circostanze concrete e dal tipo di prestazione che è stata – ex Covid-19 – disattesa.

festazioni, iniziative o eventi indicati nella medesima lettera e). Tale comunicazione è ef-fettuata entro trenta giorni decorrenti: a) dalla cessazione delle situazioni di cui al comma 1, lettere da a) a d); b) dall’annullamento, sospensione o rinvio del concorso o della procedura selettiva, del-la manifestazione, dell’iniziativa o dell’evento, nell’ipotesi di cui al comma 1, lettera e); c) dalla data prevista per la partenza, nell’ipotesi di cui al comma 1, lettera f). 3. Il vettore o la struttura ricettiva, entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al com-ma 2, procedono al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio e per il sog-giorno ovvero all’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un anno dall’emissione. 4. In relazione ai contratti stipulati dai soggetti di cui al comma 1, il diritto di recesso può essere esercitato dal vettore, previa comunicazione tempestiva all’acquirente, quan-do le prestazioni non possono essere eseguite in ragione di provvedimenti adottati dalle autorità nazionali, internazionali o di Stati esteri, a causa dell’emergenza epidemiologi-ca da Covid-19. In tali casi il vettore ne dà tempestiva comunicazione all’acquirente e, entro i successivi trenta giorni, procede al rimborso del corrispettivo versato per il titolo di viaggio oppure all’emissione di un voucher di pari importo da utilizzare entro un an-no dall’emissione. 5. Le strutture ricettive che hanno sospeso o cessato l’attività, in tutto o in parte, a cau-sa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 possono offrire all’acquirente un servi-zio sostitutivo di qualità equivalente, superiore o inferiore con restituzione della differen-za di prezzo, oppure procedere al rimborso del prezzo o, altrimenti, possono emettere un voucher, da utilizzare entro un anno dalla sua emissione, di importo pari al rimbor-so spettante.

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Contrasto all’indebito aumento dei prezzi di mascherine protettive e altri prodotti per la tutela della saluteAndrea Girella

Nei Paesi occidentali vige un’economia di mercato in cui ogni com-merciante può agire secondo le proprie logiche di guadagno. Ma lo deve fare sempre rispettando le leggi e alcune regole nate a difesa dei consu-matori, soprattutto quando si parla di prodotti legati alla produzione far-maceutica o alla salute in genere.

In queste settimane di emergenza sanitaria è, purtroppo, una costan-te giornalistica quella di evidenziare il comportamento di alcuni com-mercianti consistente nello sproporzionato e ingiustificato aumento dei prezzi di vendita di mascherine protettive, gel igienizzanti e disinfettan-ti o di altri prodotti utili per una maggiore tutela della propria salute, con rincari anche oltre il 1.000% approfittando dell’aumento della doman-da degli stessi.

La stessa Federazione dell’Ordine dei Farmacisti Italiani ha richiama-to l’attenzione dei propri iscritti sulle scorrette procedure di alcuni asso-ciati, diffidandoli dal continuare1.

L’operatore di polizia, e non solo chi è in servizio nella funzione di annonaria2, può contrastare fenomeni come quelli riportati nella casi-stica appena accennata contestando3 – al ricorrere delle condizioni di

(1) Circolare n. 11993 del 27 febbraio 2020.(2) Nella sua macro definizione, l’attività di polizia annonaria si concreta nel controlla-re e garantire il rispetto delle normative sul corretto svolgimento delle attività produttive e sulla libera concorrenza, a tutela soprattutto del cittadino-consumatore.(3) Cui può affiancarsi l’accertamento e la contestazione delle violazioni di cui al d.lgs. n. 114/1998 in materia di disciplina del commercio, con specifico riguardo all’art. 14 relativo all’obbligo di indicazione dei prezzi di vendita dei prodotti esposti al pubblico, che prevede la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da € 516,00 a € 3.098,00.

Come agire

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cui si darà cenno nel prosieguo – l’art. 501-bis c.p. (Manovre speculati-ve su merci)4 che, fuori dei casi previsti dal precedente art. 501 c.p. (Ri-alzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio)5, punisce chiunque6, nell’esercizio di qualsiasi attività pro-duttiva o commerciale:a) compie manovre speculative,b) determina la rarefazione o il rincaro sul mercato interno di:

• materie prime;• generi alimentari di largo consumo;• prodotti di prima necessità,

occultando, accaparrando od incettando le stesse;c) sottrae all’utilizzazione o al consumo rilevanti quantità delle predet-

te merci, quando vi siano fenomeni di rarefazione o rincaro sul mer-cato interno.Le sanzioni previste per tali illeciti comportamenti sono la reclusio-

ne e la multa.Tale forma di contrasto alle condotte speculative su merci, pur se ha

origini antiche7, non deve sembrare simbolica o irrealizzabile, perché di norma non ci si confronta con i fatti ivi descritti.

Da quando, però, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato a marzo 2020 che il Covid-19 è un fenomeno pandemico, l’attuale situazione ha reso concreto il teorico, facendo così riemerge-re questo delitto.

(4) Articolo aggiunto nel codice penale, all’interno del Titolo VIII [Delitti contro l’eco-nomia pubblica, l’industria e il commercio] del Libro II, con d.l. 15 ottobre 1976, n. 704 (conv. in l. 27 novembre 1976, n. 787) allo scopo dichiarato di colpire i fenomeni di ac-caparramento di generi alimentari di largo consumo verificatisi in seguito alla grave crisi petrolifera dei primi anni Settanta.(5) Vista la clausola di riserva il reato è alternativo al rialzo e ribasso fraudolento dei prezzi sul mercato, escludendo così il concorso formale.(6) Soggetto attivo è chiunque, atteso che l’inciso all’inizio della norma (“nell’esercizio di qualsiasi attività produttiva o commerciale”) non indica che si è di fronte a un reato proprio ma – piuttosto – a un mero presupposto soggettivo della condotta. Rientra, per-tanto, fra i destinatari del precetto anche colui che svolga le predette attività in modo del tutto occasionale, anche fuori dalla qualifica formale di imprenditore (ex art. 2082 c.c.) prescindendo dalla professionalità ed abitualità che la normativa civilistica richiede.(7) A partire dagli antichi romani (il primo testo citati dagli storici del diritto romano è l’Edictum de pretiis rerum venalium di Diocleziano, 301 d.C.), ogni ordinamento giuri-dico ha previsto sanzioni contro i comportamenti vòlti a provocare un rialzo pericoloso dei prezzi o un’anomala rarefazione delle merci.

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Come agire

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La ratio della disposizione può individuarsi nello “scoraggiare gli ope-ratori meno sensibili al rispetto di riconosciute esigenze sociali dal por-re in essere comportamenti capaci di arrecare gravi turbative al mercato” (Atti Camera, VII Legislatura, stampato n. 605).

In altri termini, il legislatore ha inteso punire i comportamenti più al-larmanti che, per il contesto emergenziale in cui vengono adottati, pos-seggono una pericolosità superiore all’ordinario.

Ne deriva la (comprensibile) esigua casistica applicativa in quanto il reato deve ritenersi configurabile solo in casi eccezionali.

È l’ipotesi di una situazione considerata critica, ancorché non com-promessa (come è il caso dell’attuale emergenza sanitaria), la cui condot-ta rivesta un significato di concreto pericolo per la pubblica economia.

La norma mira, pertanto, a tutelare (solo) in contesti d’urgenza, quale può essere – appunto – l’emergenza epidemiologica da Covid-19, l’eco-nomia pubblica8 qui da identificare negli interessi patrimoniali di un nu-mero indeterminato di soggetti nel mercato interno dei beni e delle merci9.

Per «economia pubblica» s’intende l’interesse dello Stato al manteni-mento dell’ordine economico nazionale ovvero l’interesse economico dello Stato al mantenimento delle fonti della ricchezza nazionale.

In altri termini, la tutela è indirizzata alla protezione dell’efficienza del sistema di produzione, al potenziale della Nazione incorporato nei be-ni materiali che rappresentano il frutto dell’attività presente e lo svilup-po di quella futura.

L’esigenza di tutelare i mezzi di produzione, non come beni patrimo-niali, ma come strumenti della vita produttiva del Paese è stata ribadita dal progetto di legge delega per la riforma del codice penale, redatto dal-la Commissione Pagliaro.

Nella Costituzione il riferimento è costituito dal comma 2 dell’art. 42.Per ben inquadrare la condotta, sono utili alcune sintetiche definizio-

ni circa le azioni svolte sui beni e che integrano la fattispecie in rassegna:

(8) Viene anche considerato [azzaLi] una sorta di esercizio abusivo del proprio diritto, poiché indirizzato al solo scopo di danneggiare gli altri soggetti del mercato, senza una reale o quanto meno corrispondente utilità per il titolare.(9) Alcuni Autori hanno ritenuto che resti escluso il reato qualora il fatto realizzato inte-ressi un’area economica più circoscritta, ad esempio di dimensione esclusivamente lo-cale. Invece, per la giurisprudenza è configurabile la fattispecie criminosa “(...) anche quando la manovra speculativa non si rifletta sul mercato nazionale, ma soltanto su di un mercato locale, però il pericolo della realizzazione degli eventi dannosi deve riguardare una zona abbastanza ampia del territorio dello Stato, in modo da poter nuocere la pub-blica economia” (cfr. Cass., sez. VI, 15 maggio 1989).

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DisCiplina Del CommerCio e Dei servizi 4/2020

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• occultare significa nascondere una cosa di cui si ha la disponibilità;• accaparrare vuol dire procurarsi una res oltre il necessario, in misura

smodata rispetto al reale bisogno;• l’incetta è la raccolta di qualche cosa nella maggiore quantità possi-

bile e da più parti, quindi su larga scala, attuata con lo scopo del defi-nitivo esaurimento delle fonti di approvvigionamento delle merci, nel proprio vantaggio e a danno altrui.La nozione di manovre speculative, invece, va ricavata per differen-

za10 rispetto al consentito intento speculativo sotteso alle ordinarie atti-vità commerciali lucrative lecite, le quali godono, come noto, di tutela costituzionale11.

Il giudizio sull’attitudine di ogni condotta sopra descritta (compiere manovre speculative, occultare, accaparrare, fare incetta) a provocare l’insufficienza nel garantire i bisogni della collettività o il rialzo dei prez-zi deve essere effettuato ex ante.

Invece, con riferimento alla sottrazione all’utilizzo/consumo di rile-vanti quantità12 di merci, il termine sottrazione qui non va inteso nel ‘so-lo’ significato fisico (che si ha, ad es., nel furto)13 ma nel senso più am-pio in conseguenza dell’esplicito richiamato rapporto con l’utilizzazione o il consumo14.

Questa condotta ha come necessario presupposto la rarefazione o il rincaro, così perseguendo il contrasto anche di condotte di tipo omissivo, al fine di evitare vuoti di tutela tali da potere aggravare la situazione di penuria di beni o di rialzo dei prezzi, che invece si vorrebbe scongiurare.

Anche se certe azioni potrebbero essere di per sé inidonee a creare la predetta situazione di pericolo, tuttavia, possono facilmente aggravarla quando questa sia già in atto.

Con riferimento all’oggetto materiale del reato esso è individuato ne:

(10) Secondo una certa dottrina, l’operazione interpretativa è complicata dalla funzio-ne sussidiaria della condotta in esame rispetto alle altre alternativamente previste dal-la norma: punire il compimento di manovre speculative servirebbe, infatti, a colpire tut-ti quei comportamenti che, pur non realizzando in senso stretto forme di occultamento, accaparramento o incetta, costituiscano tuttavia un grave pericolo per il mercato interno.(11) Art. 41 Costituzione: “L’iniziativa economica privata è libera”.(12) Nozione che va colta in relazione alla normale presenza del bene sul mercato (cfr. Cass., sez. VI, 2 marzo 1983)(13) La c.d. amòtio rèi, ovvero quella modalità della condotta del reo consistente nell’impossessamento della cosa e nella rimozione della stessa dal luogo in cui si trova.(14) Per il commerciante, si tratterà di una sottrazione al consumo, consistente nell’o-mettere di porre in vendita le cose acquistate in relazione alla sua attività commerciale.

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Come agire

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A. le materie prime, cioè tutto ciò che in modo determinante partecipa ai più frequenti processi produttivi e di trasformazione (es. petrolio, gomma, ferro, ecc.);

B. i generi alimentari di largo consumo, con ciò riferendoci a quelli che costituiscono le basi dell’alimentazione della popolazione (es. pane, olio, pasta e simili);

C. i prodotti di prima necessità vale a dire quei prodotti che, sebbene non alimentari, sono comunque da ritenersi indispensabili per la vi-ta quotidiana (es. indumenti, sapone, ecc.; in questo contesto: le ma-scherine e i biocidi).Sotto il profilo dell’elemento psicologico, la fattispecie in commento

è punibile soltanto a titolo di dolo generico, in quanto nella commissio-ne si sono rappresentati e si sono voluti realizzare tutti gli elementi del fatto tipico; è riconosciuto come pacifico che esso sia anche configura-bile nella forma del tentativo.

Sotto l’aspetto sanzionatorio la norma prevede la reclusione da sei me-si a tre anni e la multa da euro 516 a euro 25.822.

La condanna importa la pena accessoria interdittiva dall’esercizio di attività commerciali o industriali per le quali sia richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza da parte dell’autorità e la pubblicazione della sentenza (comma 4).

Se il reato è commesso in danno o a vantaggio di una attività impren-ditoriale, o comunque in relazione ad essa, determina l’incapacità di con-trattare con la Pubblica Amministrazione (art. 32-quater c.p.).

In caso di flagranza di reato, la polizia giudiziaria procede al seque-stro delle merci al fine di impedire, che il reato produca conseguenze ul-teriori e l’eventuale deterioramento delle stesse.

In tali ipotesi, l’Autorità Giudiziaria competente dispone la vendita co-attiva immediata delle merci stesse.

AREA: commercio in sede fissaDETTAGLIO: compimento di manovre speculative, occultamento, accaparramento o incetta di merci

NORMA VIOLATA SANZIONESANZIONI

ACCESSORIEcodice penaleArt. 501-bis

Reclusione (da sei mesi tre anni)Multa (da € 516,00 a € 25.822,00)

Sì (1) (2)

Sequestro della merce in caso di flagranza di reato.(1) È applicabile l’interdizione dall’esercizio di attività commerciali.(2) Determina l’incapacità a contrattare con la P.A.

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Installazione di targhe professionali sulla stradaMarco Massavelli

La pubblicità sulle strade o in vista di esse è disciplinata, come è no-to, dall’articolo 23, codice della strada.

L’articolo 47, regolamento di esecuzione, c.d.s., in riferimento alla norma del codice della strada, detta le definizioni dei mezzi pubblicita-ri: in particolare, il comma 8 definisce “impianto di pubblicità o propa-ganda” qualunque manufatto finalizzato alla pubblicità o alla propagan-da sia di prodotti che di attività e non individuabile secondo definizioni precedenti, né come insegna di esercizio, né come preinsegna, né come cartello, né come striscione, locandina o stendardo, né come segno oriz-zontale reclamistico, né come impianto pubblicitario di servizio. Può es-sere luminoso sia per luce propria che per luce indiretta.

Tra gli impianti di pubblicità concernenti alcune particolari attività, si devono ricomprendere le c.d. targhe professionali.

Come considerare tali targhe dal punto di vista normativo, e quindi, dal punto di vista, eventualmente autorizzativo?

Definizione e caratteristiche delle targhe professionaliSi definiscono targhe professionali le insegne indicative, prevalente-

mente, di attività professionali, in corrispondenza di ingressi ed andro-ni; in pratica, la targa professionale è una particolare insegna di eserci-zio che identifica la sede di uno studio professionale.

In generale, per poter collocare una targa professionale è necessario rispettare le regole del codice della strada, dell’eventuale regolamento condominiale e dei regolamenti comunali in materia di installazione di impianti pubblicitari e relativa imposta sulla pubblicità.

Dal punto di vista del codice della strada, le targhe professionali de-vono essere installate in modo da resistere all’azione degli agenti atmo-sferici, in modo da garantire la stabilità e non costituire pericolo per la pubblica incolumità.

Le targhe non devono, per dimensioni, forma, colori, disegno e ubica-zione, ingenerare confusione con la segnaletica stradale, arrecare distur-bo visivo agli utenti della strada o distrarne l’attenzione.

Cronache comunali

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DisCiplina Del CommerCio e Dei servizi 4/2020

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Se la targa viene installata su edificio o in area tutelata come bene culturale o nell’ambito e in prossimità dei beni paesaggistici, è necessa-rio ottenere apposita autorizzazione (articoli 49 e 153, decreto legislati-vo n. 42/2004).

Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42

Articolo 49Manifesti e cartelli pubblicitari1. È vietato collocare o affiggere cartelli o altri mezzi di pubblicità sugli edifi-ci e nelle aree tutelati come beni culturali. Il collocamento o l’affissione pos-sono essere autorizzati dal soprintendente qualora non danneggino l’aspetto, il decoro o la pubblica fruizione di detti immobili. L’autorizzazione è trasmes-sa, a cura degli interessati, agli altri enti competenti all’eventuale emanazio-ne degli ulteriori atti abilitativi.2. Lungo le strade site nell’ambito o in prossimità dei beni indicati al com-ma 1, è vietato collocare cartelli o altri mezzi di pubblicità, salvo autorizza-zione rilasciata ai sensi della normativa in materia di circolazione stradale e di pubblicità sulle strade e sui veicoli, previo parere favorevole della soprin-tendenza sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo di pubblicità con l’aspetto, il decoro e la pubblica fruizione dei beni tutelati.3. In relazione ai beni indicati al comma 1 il soprintendente, valutatane la compatibilità con il loro carattere artistico o storico, rilascia o nega il nulla osta o l’assenso per l’utilizzo a fini pubblicitari delle coperture dei ponteggi predisposti per l’esecuzione degli interventi di conservazione, per un perio-do non superiore alla durata dei lavori. A tal fine alla richiesta di nulla osta o di assenso deve essere allegato il contratto di appalto dei lavori medesimi.

Articolo 153Cartelli pubblicitari1. Nell’ambito e in prossimità dei beni paesaggistici indicati nell’articolo 134 è vietata la posa in opera di cartelli o altri mezzi pubblicitari se non previa au-torizzazione dell’amministrazione competente, che provvede su parere vin-colante, salvo quanto previsto dall’articolo 146, comma 5, del soprintenden-te. Decorsi inutilmente i termini previsti dall’articolo 146, comma 8, senza che sia stato reso il prescritto parere, l’amministrazione competente procede ai sensi del comma 9 del medesimo articolo 146.2. Lungo le strade site nell’ambito e in prossimità dei beni indicati nel comma 1 è vietata la posa in opera di cartelli o altri mezzi pubblicitari, salvo autoriz-zazione rilasciata ai sensi della normativa in materia di circolazione stradale e di pubblicità sulle strade e sui veicoli, previo parere favorevole del soprinten-dente sulla compatibilità della collocazione o della tipologia del mezzo pub-blicitario con i valori paesaggistici degli immobili o delle aree soggetti a tutela.

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CronaChe Comunali

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È obbligo del titolare della targa verificare il buono stato di conserva-zione del manufatto e della eventuale struttura di sostegno, effettuare tut-ti gli interventi necessari al suo buon mantenimento, procedendo alla ri-mozione nel caso di insussistenza delle condizioni di sicurezza.

Regolamenti condominiali e comunaliDal punto di vista delle regole condominiali, l’articolo 1102, codi-

ce civile, prevede, in generale che ciascun condomino può servirsi del-la cosa comune, come, nel caso di specie, la facciata dell’edificio, pur-ché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di servirsene parimenti.

In generale, è sufficiente presentare una comunicazione di installazio-ne all’amministratore del condominio, anche se alcuni regolamenti con-dominiali richiedono come obbligatorio il preventivo consenso dell’as-semblea condominiale.

Anche i regolamenti comunali, spesso, ai fini del rilascio del titolo autorizzativo per l’installazione delle targhe, richiedono di allegare alla domanda il verbale dell’assemblea condominiale contenente il consen-so del condominio.

Tribunale di Roma 23 marzo 2011, n. 6130... l’utilizzazione del muro perimetrale comune da parte del singolo condomi-no mediante l’apposizione di cartelli, targhe insegne costituisce normale eser-cizio del diritto di usare la cosa comune, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1102 c.c., sempre che non impedisca l’esercizio concorrente del diritto de-gli altri partecipanti di fare uguale uso del muro e sempre che, nel contempo, non rechi pregiudizio alla stabilità ed alla sicurezza dell’edificio e non ne al-teri il decoro architettonico. 

Corte di Cassazione civile 24 ottobre 1986, n. 6229Ciascuno dei condomini può servirsi dei muri perimetrali dell’edificio condo-miniale per quelle utilità accessorie che ineriscono al godimento della sua pro-prietà esclusiva, qual è l’utilità dal risalto pubblicitario dell’attività professiona-le o commerciale svolta, che si realizza normalmente mediante l’apposizione di insegne, targhe, cartelli e simili. 

Le targhe degli studi mediciAnalizziamo, in particolare, le targhe degli studi medici, in quanto esi-

ste una specifica normativa di riferimento.

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DisCiplina Del CommerCio e Dei servizi 4/2020

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La disposizione di riferimento è sempre stata la legge 5 febbraio 1992, n. 175 concernente ”Norme in materia di pubblicità sanitaria e di repres-sione dell’esercizio abusivo delle professioni sanitarie” che disciplinava il tema dei messaggi di pubblicità sanitaria limitandoli soltanto alla men-zione dei titoli di studio, dei titoli accademici, dei titoli di specializza-zione e di carriera, prevedendo come mezzi di comunicazione soltanto le targhe, le inserzioni sui giornali e le emittenti radiotelevisive. Il mes-saggio era comunque soggetto ad autorizzazione comunale previo nulla osta dell’Ordine provinciale di appartenenza.

La legge n. 175/1992 è stata parzialmente abrogata dalla legge 4 ago-sto 2006, n. 248 (c.d. Legge Bersani): la giurisprudenza ha però chiarito che tale abrogazione riguardava soltanto i primi tre articoli della legge n. 175/1992 con particolare riferimento alla eliminazione della procedura autorizzativa preventiva del messaggio pubblicitario.

Corte di Cassazione civile, sez. III, 15 gennaio 2007, n. 652La legge 5 febbraio 1992, n. 175, recante norme in materia di pubblicità sani-taria e di repressione dell’esercizio abusivo delle professioni sanitarie, stabili-sce, con riferimento all’ipotesi in cui il professionista intenda apporre una tar-ga pubblicitaria sull’edificio in cui svolge la sua attività professionale, che la stessa debba contenere determinate indicazioni (specificate nell’art. 1) e che debba essere autorizzata dal Sindaco previo nulla-osta dell’ordine professiona-le presso cui è iscritto il richiedente, attraverso il quale il professionista stesso deve inoltrare domanda (art. 2). Pertanto, al fine del rilascio del predetto nul-la-osta, il competente collegio professionale deve solo verificare l’osservanza delle disposizioni concernenti il contenuto della targa nonché la rispondenza delle caratteristiche estetiche della medesima a quelle stabilite dall’apposito regolamento, senza che, a questo scopo, sia necessario lo svolgimento dell’at-tività ispettiva dello studio professionale, indicata nell’art. 8 della richiamata legge, la quale è finalizzata alla diversa ed autonoma finalità di esercitare la vigilanza sul rispetto dei doveri inerenti alla professione sanitaria allo scopo di reprimerne l’esercizio abusivo. Peraltro, a decorrere dall’entrata in vigore del d.l. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, sono state abrogate (ai sensi dell’art. 2 della legge appena cita-ta) le disposizioni legislative e regolamentari che prevedevano, con riguardo alle attività libero-professionali ed intellettuali, tra l’altro, il divieto di svolgere pubblicità informativa e, di conseguenza, anche le norme che limitavano il di-ritto di apporre targhe aventi, appunto, scopo pubblicitario.

Il decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito nella legge 14 set-tembre 2011, n. 148, all’articolo 3 ha stabilito la legittimità della pubbli-cità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l’attività professio-

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CronaChe Comunali

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nale, le specializzazioni, i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, inganne-voli, denigratorie.

Legge 14 settembre 2011, n. 148

Articolo 3Abrogazione delle indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle profes-sioni e delle attività economiche...5. Fermo restando l’esame di Stato di cui all’articolo 33, quinto comma, della Costituzione per l’accesso alle professioni regolamentate secondo i princìpi della riduzione e dell’accorpamento, su base volontaria, fra pro-fessioni che svolgono attività similari, gli ordinamenti professionali devo-no garantire che l’esercizio dell’attività risponda senza eccezioni ai prin-cipi di libera concorrenza, alla presenza diffusa dei professionisti su tutto il territorio nazionale, alla differenziazione e pluralità di offerta che garan-tisca l’effettiva possibilità di scelta degli utenti nell’ambito della più ampia informazione relativamente ai servizi offerti. Con decreto del Presidente della Repubblica emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, gli ordinamenti professionali dovranno essere ri-formati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per recepire i seguenti principi:...g) la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l’attività pro-fessionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni devo-no essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, in-gannevoli, denigratorie. 

Successivamente con il decreto Presidente della Repubblica 7 agosto 2012, n. 137 veniva adottato il Regolamento recante riforma degli ordi-namenti professionali.

In particolare, l’articolo 4 prevede:

Articolo 4Libera concorrenza e pubblicità informativa1. È ammessa con ogni mezzo la pubblicità informativa avente ad oggetto l’at-tività delle professioni regolamentate, le specializzazioni, i titoli posseduti at-tinenti alla professione, la struttura dello studio professionale e i compensi ri-chiesti per le prestazioni.

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DisCiplina Del CommerCio e Dei servizi 4/2020

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2. La pubblicità informativa di cui al comma 1 dev’essere funzionale all’og-getto, veritiera e corretta, non deve violare l’obbligo del segreto professiona-le e non dev’essere equivoca, ingannevole o denigratoria. 3. La violazione della disposizione di cui al comma 2 costituisce illecito di-sciplinare, oltre a integrare una violazione delle disposizioni di cui ai decreti legislativi 6 settembre 2005, n. 206, e 2 agosto 2007, n. 145.  

Infine, la Legge di Bilancio 2019 (legge 30 dicembre 2018, n. 145), all’articolo 1, commi 525 e 536, ha stabilito che:

Articolo 1, comma 525Le comunicazioni informative da parte delle strutture sanitarie private di cura e degli iscritti agli albi degli Ordini delle professioni sanitarie di cui al capo II della legge 11 gennaio 2018, n. 3, in qualsiasi forma giuridica svolgano la loro attività, comprese le società di cui all’articolo 1, comma 153, della legge 4 agosto 2017, n. 124, possono contenere unicamente le informazioni di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari, escluso qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo, nel rispetto della libera e consapevole determi-nazione del paziente, a tutela della salute pubblica, della dignità della perso-na e del suo diritto a una corretta informazione sanitaria.

Articolo 1, comma 536In caso di violazione delle disposizioni sulle comunicazioni informative sani-tarie di cui al comma 525, gli ordini professionali sanitari territoriali, anche su segnalazione delle rispettive Federazioni, procedono in via disciplinare nei con-fronti dei professionisti o delle società iscritti e segnalano tali violazioni all’Au-torità per le garanzie nelle comunicazioni ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti sanzionatori di competenza. Tutte le strutture sanitarie private di cura sono tenute a dotarsi di un direttore sanitario iscritto all’albo dell’or-dine territoriale competente per il luogo nel quale hanno la loro sede operati-va entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

In particolare, per quanto qui di interesse, dalla lettura del comma 525, si evidenzia chiaramente come la legge distingua la comunicazio-ne informativa dalla pubblicità commerciale che diviene sostanzialmen-te vietata in campo sanitario, proibendo qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo, nel rispetto della libera e consapevole deter-minazione del paziente a tutela della salute, della dignità della persona e del suo diritto a una corretta informazione sanitaria.

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CronaChe Comunali

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Resta, ovviamente, l’obbligo, per l’installazione di tali targhe, del ri-spetto delle disposizioni della regolamentazione comunale, in materia di pubblicità.

Il pagamento dell’imposta sulla pubblicitàPer quanto riguarda l’imposta sulla pubblicità, la targa professionale

è esente se serve a contraddistinguere la sede ove si svolge l’attività del professionista e se è di dimensione inferiore ai 5 mq.

Per essere esente da imposta, la targa deve contenere solo il luogo di esercizio, nome e cognome e la professione del professionista, con l’e-sclusione di elementi ulteriori, quali ad esempio, i settori trattati dallo studio professionale, i loghi che lo identificano, affiliazioni ad altri studi.

In particolare, la Corte di Cassazione, sezione tributaria, con la sen-tenza 16 luglio 2010, n. 16722, sulla scorta della giurisprudenza comu-nitaria, ha interpretato estensivamente il disposto di cui al comma 1-bis, dell’articolo 17, decreto legislativo n. 507/1993. 

Decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507

Articolo 17 (stralcio)Esenzioni dall’imposta1-bis. L’imposta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commercia-li e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svol-ge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati. Con regolamento del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, da emanare, d’intesa con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, entro il 31 marzo 2007, possono essere indivi-duate le attività per le quali l’imposta è dovuta per la sola superficie ecceden-te i 5 metri quadrati. I comuni, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, possono prevedere l’esen-zione dal pagamento dell’imposta per le insegne di esercizio anche di superfi-cie complessiva superiore al limite di cui al primo periodo del presente comma.

La Corte di Cassazione, in conformità ad un indirizzo interpretativo già espresso in passato con riferimento al previgente d.P.R. n. 639/1972, ha ribadito, in generale, con riguardo alla disciplina di cui al decreto le-gislativo 15 novembre 1993, n. 507, il principio secondo il quale sono da considerare mezzi pubblicitari, e sono quindi assoggettate al tributo, le targhe e le insegne che rechino dei messaggi pubblicitari tali da solle-citare la domanda di beni e servizi, con la conseguenza che il presuppo-sto d’imponibilità, di cui all’articolo 5, decreto legislativo n. 507/1993, va ricercato nell’astratta possibilità che il messaggio, in rapporto all’ubi-

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cazione del mezzo, possa avere un numero indeterminato di destinatari, che diventano tali solo perché vengono a trovarsi in un luogo determinato.

L’articolo 10, comma 1, lett. c), legge 28 dicembre 2001, n. 448 ha ag-giunto, all’articolo 17, decreto legislativo n. 507/1993, dopo il comma 1, il comma 1-bis, il quale stabilisce, per quanto qui interessa, che “l’impo-sta non è dovuta per le insegne di esercizio di attività commerciali e pro-duzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’at-tività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati”.

Inoltre, in tema di canone per l’installazione di mezzi pubblicitari, che i comuni, ai sensi dell’articolo 62, decreto legislativo n. 446/1997, posso-no istituire in sostituzione dell’imposta sulla pubblicità, e che costituisce una mera variante di quest’ultima e conserva, quindi, la qualifica di tri-buto propria di essa, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, con le sen-tenze n. 23195 del 2009 e n. 11090 del 2010), ha stabilito che analoga-mente a quanto previsto dall’articolo 10, legge n. 448/2001, una identica fattispecie di esenzione, precisando ulteriormente, con disposizione di evidente natura interpretativa anche di quest’ultima norma, che “si defi-nisce insegna di esercizio la scritta di cui al regolamento di cui all’artico-lo 47, comma 1, d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, che abbia la funzione di indicare al pubblico il luogo di svolgimento dell’attività economica”.

Infine, la Circolare del Ministero dell’economia e delle finanze, Di-partimento per le politiche fiscali, n. 3 del 3 maggio 2002 ha ritenuto che “devono essere ricomprese tra le fattispecie che godono del benefi-cio in questione (...) i mezzi pubblicitari esposti dai professionisti (me-dici, avvocati, commercialisti, architetti, ingegneri, ecc.), che possono ri-entrare nella definizione di cui al citato d.P.R. n. 495 del 1992, art. 47, in quanto assolvono al compito di individuare la sede dove si svolge un’at-tività economica”.

È pur vero che la norma di esenzione in esame, richiamando le “atti-vità commerciali” e quelle di “produzione di beni o servizi”, sembra ri-feribile, in senso letterale, alle attività esercitate dall’imprenditore e non anche a quelle svolte dal libero professionista.

Tuttavia, deve considerarsi che, secondo la consolidata giurispruden-za della Corte di Giustizia, nell’ambito del diritto della concorrenza, la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che eserciti un’attività eco-nomica, a prescindere dallo status giuridico della detta entità e dalle sue modalità di finanziamento (cfr., ad es., sentenze 23 aprile 1991, causa C-41/90, Hofner e Elser; 11 dicembre 1997, causa C-55/96, Job Centre), e costituisce un’attività economica qualsiasi attività consistente nell’of-frire beni o servizi su un mercato determinato (sentenze 16 giugno 1987,

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CronaChe Comunali

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causa 118/85, Commissione/Italia; 18 giugno 1998, causa C-35/96, Com-missione/Italia, sugli spedizionieri doganali). Si è, pertanto, in particola-re, ritenuto che “gli avvocati offrono, dietro corrispettivo, servizi di assi-stenza legale consistenti nella predisposizione di pareri, di contratti o di altri atti, nonché nella rappresentanza e nella difesa in giudizio. Inoltre, essi assumono i rischi finanziari relativi all’esercizio di tali attività poiché, in caso di squilibrio tra le spese e le entrate, l’avvocato deve sopportare direttamente l’onere dei disavanzi”. E si è concluso che gli avvocati “svol-gono un’attività economica e, pertanto, costituiscono imprese ai sensi de-gli artt. 85, 86 e 90 del Trattato, senza che la natura complessa e tecnica dei servizi da loro forniti e la circostanza che l’esercizio della loro profes-sione è regolamentato siano tali da modificare questa conclusione” (sen-tenza 19 febbraio 2002, causa C-309/99, Wouters).

Ne deriva che, in ossequio ai richiamati principi del diritto comunita-rio, non è ammissibile che l’avvocato, e il libero professionista in genere, possa essere soggetto, nella materia de qua, ad un regime fiscale differen-ziato, e più gravoso, rispetto a quello riservato a coloro che svolgono una qualsiasi altra attività economica, in regime concorrenziale.

Va aggiunto che l’anzidetta conclusione è anche conforme ad una in-terpretazione costituzionalmente orientata della normativa in esame: pre-messo, infatti, che, secondo la giurisprudenza della Corte costituziona-le e della Corte di Cassazione, anche le norme concernenti agevolazioni e benefici tributari, pur essendo frutto di scelte discrezionali del legisla-tore, possono essere oggetto di interpretazione estensiva quando ciò sia imposto dalla ratio legis (cfr., da ult., Corte cost. n. 202 del 2003 e Cass. n. 8361 del 2002), non può non osservarsi che l’esclusione dall’ambito applicativo della norma de qua delle targhe degli studi professionali, le quali resterebbero assoggettate ad imposta, a meno che non superino la superficie di trecento centimetri quadrati, ai sensi dell’articolo 7, com-ma 2, decreto legislativo n. 507/1993, risulterebbe in contrasto con la fi-nalità, perseguita dalla legge, di sottrarre ad imposizione, entro i previsti limiti dimensionali, le indicazioni aventi lo scopo prevalente, proprio in considerazione delle ridotte dimensioni, di identificare il luogo di eser-cizio di una attività economica, distinguendolo da quelli concorrenti.

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RASSEGNA

• Commenti• Giurisprudenza• Disciplina della concorrenza

e della tutela dei consumatori

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Commenti

Ondata di modifiche alla legge 241/1990 sul procedimento amministrativoLuigi Oliveri

Il d.l. 76/2020, convertito in legge 120/2020 ha portato con sé una no-vellazione parziale, a tratti anche rilevante, della legge 241/1990.

Trattandosi di una riforma teoricamente rivolta alla semplificazione, era inevitabile che coinvolgesse la legge sul procedimento amministrati-vo, anche se, oggettivamente, elementi di semplificazione propriamente detta non se ne riscontrano moltissimi.

Rapporti tra cittadino e P.A.Una prima modifica concerne l’introduzione nell’articolo 1 del se-

guente nuovo comma 2-bis:

“I rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”.

Si tratta del tentativo, ennesimo, di provare a configurare l’esercizio dell’azione amministrativa alla stregua delle regole del diritto “comune”, cioè del diritto civile.

La norma, quindi, va correlata:• col comma 1 dell’articolo 1 della medesima legge 241/1990:

“L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza, secondo le mo-dalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai princípi dell’ordinamento comunitario”.

Il rigoroso rispetto dei princìpi di buona fede e correttezza rappre-senta una modalità espressa, prevista dalla legge sul procedimento, di condurre il procedimento amministrativo stesso. L’arroccamento sul do-vere d’ufficio non basta. Occorre che la P.A. spieghi, accompagni alla decisione, ascolti. Al di là dei mezzi ordinari e vincolanti stabiliti dal-la norma stessa nel regolare il procedimento. La “buona fede” impone

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di elevare il livello di trasparenza e contatto disponibile e non conflit-tuale coi cittadini;• col comma 1-bis del medesimo articolo 1:

“La pubblica amministrazione, nell’adozione di atti di natura non autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge disponga diversamente”.

Si tratta proprio del completamento di tale disposizione. Negli spazi entro i quali la P.A. agisce non adottando atti autoritativi, l’agire secon-do le regole del diritto privato non può non conformarsi al principio di buona fede.

Gli effetti di semplificazione ed avvicinamento dell’operare pubblico a quello privato, tuttavia, restano apparenti ed enunciati.

Infatti, gli spazi per attività non autoritative sono e restano molto bassi, per lo più legati all’attuazione dell’articolo 11 della legge 241/1990, che in linea teorica consente accordi di collaborazione per definire i conte-nuti o sostituire i provvedimenti. Ma, si tratta di una fattispecie rarissima.

Pertanto, il margine per un’operatività rispettosa dei canoni del diritto comune è molto ristretto e la novellazione del 2020 non l’ha certo am-pliato.

TempiIl legislatore è ossessionato dai termini di conclusione dei procedimen-

ti amministrativi. È comprensibile: poiché non è mai stata fatta un’inda-gine, né campionaria, né selettiva, né, tanto meno, onnicomprensiva, sui prodotti dell’azione amministrativa (cosa che di fatto rende impossibile o quasi una seria valutazione della produttività), in fondo il tempo di ge-stione dei procedimenti è l’unico elemento oggettivamente misurabile.

La riforma introduce nell’articolo 2 della legge 241/1990 il seguen-te nuovo comma 4-bis:

“Le pubbliche amministrazioni misurano e pubblicano nel proprio sito inter-net istituzionale, nella sezione “Amministrazione trasparente”, i tempi effet-tivi di conclusione dei procedimenti amministrativi di maggiore impatto per i cittadini e per le imprese, comparandoli con i termini previsti dalla norma-tiva vigente. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su propo-sta del Ministro per la pubblica amministrazione, previa intesa in Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono definiti modalità e criteri di misurazione dei tempi effettivi di conclu-sione dei procedimenti, nonché le ulteriori modalità di pubblicazione di cui al primo periodo”.

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La disposizione ha ben poco di innovativo e forse chi l’ha introdotta non era perfettamente al corrente di quanto contenuto nell’articolo 35, comma 1, lettera f), del d.lgs. 33/2013, ai sensi del quale le pubbliche amministrazioni debbono già pubblicare su Amministrazione Trasparen-te il termine fissato in sede di disciplina normativa del procedimento per la conclusione con l’adozione di un provvedimento espresso e ogni altro termine procedimentale rilevante.

Il relativo quid pluris introdotto dalla novella del 2020 sta in due elementi:• nella pubblicazione non solo dei tempi massimi previsti dalla legge,

ma anche dei “tempi effettivi di conclusione”;• nella comparazione tra tali tempi effettivi con i termini previsti dalla

normativa vigente.Nella sostanza, si passa dalla trasparenza sulla astratta tempistica pre-

vista, alla verifica del concreto rispetto di tale tempistica.Le amministrazioni sono indotte a specificare se e in che misura ri-

spettano i tempi dei procedimenti amministrativi, confrontandosi con es-si. Ma, ovviamente, si introduce una forma di confronto anche “tra ammi-nistrazioni”: i cittadini potranno verificare chi risulti più puntuale di altri.

Vi sono, tuttavia, delle incognite. Questa specificazione non riguar-derà tutti i procedimenti amministrativi, ma solo quelli di “maggiore im-patto” per cittadini e imprese. Quali sono?

Inoltre, come si misureranno i tempi effettivamente utilizzati dalle am-ministrazioni, soprattutto se manchino (come in modo largamente diffu-so avviene) applicativi informatici di gestione, capaci di tracciare senza possibilità di manomissione la cronologia delle attività?

Il mistero dovrebbe essere risolto dall’ennesimo decreto attuativo, sul-la cui puntualità di adozione e, soprattutto, concreta efficacia sia consen-tito di dubitare e molto.

Inefficacia dei provvedimenti adottati dopo i terminiUn malvezzo della P.A. consiste nel lasciar scadere i termini che com-

portano la formazione di provvedimenti taciti per silenzio-assenso, per poi adottarli successivamente a detta formazione, anche in contrasto con essi.

Il silenzio-assenso è un rimedio contro l’inerzia della pubblica ammi-nistrazione, finalizzato a dare, comunque, certezza dell’esito del proce-dimento amministrativo. Chi presenta domande in procedimenti con ini-ziativa ad istanza di parte, può contare sulla circostanza che comunque una decisione verrà prodotta: espressa, di diniego o accoglimento, en-tro i termini finali; oppure tacita, necessariamente di accoglimento, sca-duti i termini.

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È da ricordare che trattandosi di un rimedio all’inerzia della P.A., gli uffici pubblici non possono decidere di organizzare la propria attività in modo che sistematicamente non si pronuncino, sì da far produrre in via generale i provvedimenti in forma tacita, attraverso il silenzio-assenso.

Va tenuta in debita considerazione la disposizione contenuta nell’ar-ticolo 2, comma 1, primo periodo, della legge 241/1990:

“Ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba esse-re iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo me-diante l’adozione di un provvedimento espresso”.

La legge sul procedimento amministrativo, quindi, impone di conclu-dere il procedimento con un provvedimento, non col silenzio-assenso, che quindi rimedia ad una mancanza della P.A. Infatti, ai sensi del com-ma 9 dell’articolo 2, menzionato prima:

“La mancata o tardiva emanazione del provvedimento nei termini costituisce elemen-to di valutazione della performance individuale, nonché di responsabilità disciplinare e amministrativo-contabile del dirigente e del funzionario inadempiente”.

Ad ogni silenzio-assenso, quindi, dovrebbe corrispondere una segna-lazione interna, finalizzata ad incidere sulle responsabilità indicate dal comma 9. Tuttavia, appare evidente che praticamente nessuna ammini-strazione sanziona il silenzio-assenso, al contrario, tutte accettano pas-sivamente che interi procedimenti amministrativi (l’esempio delle prati-che edilizie è eclatante) si concludano praticamente sempre e solo col silenzio-assenso.

A questa, che è una disfunzione qualificata espressamente come tale dalla norma, si aggiunge un’altra disfunzione: la delibazione tardiva e la conseguente adozione del provvedimento, una volta scaduti i termini e, quindi, una volta formatosi l’atto di accoglimento per via tacita.

Si tratta di un’evidente violazione del principio di buona fede vi-sto prima e di un’ulteriore violazione del principio di affidamento dei cittadini.

L’articolo 20, comma 3, della legge 241/1990 sulle conseguenze della formazione tacita del provvedimento per silenzio-assenso è molto chiaro:

“Nei casi in cui il silenzio dell’amministrazione equivale ad accoglimento della do-manda, l’amministrazione competente può assumere determinazioni in via di autotu-tela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies”.

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La norma non ammette, quindi, un intervento tardivo, ma consente solo di valutare se vi siano i presupposti per la revoca o l’annullamento del provvedimento formatosi tacitamente.

Nonostante questo, la prassi dell’adozione di un provvedimento tar-divo, spesso dai contenuti contrastanti con quello tacito, è estremamen-te diffusa.

Per questa ragione, la novella introduce nell’articolo 2 il nuovo com-ma 8-bis:

“Le determinazioni relative ai provvedimenti, alle autorizzazioni, ai pareri, ai nulla osta e agli atti di assenso comunque denominati, adottate dopo la sca-denza dei termini di cui agli articoli 14-bis, comma 2, lettera c), 17-bis, commi 1 e 3, 20, comma 1, ovvero successivamente all’ultima riunione di cui all’ar-ticolo 14-ter, comma 7, nonché i provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti, di cui all’articolo 19, com-mi 3 e 6-bis, primo periodo, adottati dopo la scadenza dei termini ivi previsti, sono inefficaci, fermo restando quanto previsto dall’articolo 21-nonies, ove ne ricorrano i presupposti e le condizioni”.

Niente ripensamento tardivo, quindi. Gli atti espressi adottati succes-sivamente alla scadenza dei termini che permettono la formazione taci-ta dei provvedimenti o dei titoli giuridici, sono inutiliter dati, inefficaci ex lege. L’unico modo per rimediare a loro possibili vizi di merito o legitti-mità, come già indicato dalla legge, è revocarli o annullarli, al ricorrere dei necessari presupposti.

L’esplicitazione maggiore della tutela dell’affidamento (in realtà già im-manente nella legge 241/1990) riguarda i seguenti procedimenti:• il termine di 45 giorni per rendere le determinazioni relative alla con-

ferenza di servizi semplificata;• gli assensi o concerti o nulla osta, da rendere entro 30 giorni dalla ri-

chiesta, ex art. 17-bis, comma 1; • l’espressione dei pareri di amministrazioni preposte alla tutela ambien-

tale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali e della salute dei cit-tadini, da rendere ordinariamente entro 90 giorni;

• il silenzio-assenso di cui all’articolo 20, comma 1;• il silenzio-assenso in esito alla conferenza simultanea, che si forma

decorsi 90 giorni, ai sensi dell’articolo 14-ter, comma 7;• i provvedimenti inibitori, da adottare entro 60 giorni dalla SCIA ed en-

tro 30 giorni nel caso della SCIA edilizia.

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Riduzione della durata dei procedimentiLe disposizioni sui termini dei procedimenti si completano con un

onere imposto dal d.l. 76/2020, convertito in legge 120/2020, che non ha novellato direttamente il testo della legge 241/1990.

Si tratta dell’articolo 12, comma 2, del d.l. citato, ai sensi del quale:

“Entro il 31 dicembre 2020 le amministrazioni e gli enti pubblici statali prov-vedono a verificare e a rideterminare, in riduzione, i termini di durata dei procedimenti di loro competenza ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 ago-sto 1990, n. 241”.

La norma impone, quindi, alle amministrazioni statali di effettuare un’indagine serie sui tempi dei procedimenti, tenendo conto proprio di quelli effettivamente gestiti, per:• “verificare” la capacità di rispettare i termini massimi;• ridurli.

L’operazione è molto più complessa di quanto non si possa credere. A parte l’enorme problema, evidenziato prima, della mancanza di applica-tivi informatici capaci di tracciare gli iter e verificarne la durata, occorre-rebbe capire come effettuare la verifica.

I tempi da tenere in considerazione sono “medi”? In questo caso, le amministrazioni, una volta acquisiti (non si sa come)

dati aggregati sui tempi di conclusione dei procedimenti (escluderemmo di considerare, per valutarli, il 2020, caratterizzato dalle lunghe sospen-sioni del periodo del lockdown), dovrebbero ponderarli, per giungere ad un tempo medio di effettiva chiusura dei procedimenti. Laddove questo termine fosse inferiore a quello legale (30, 90 o 180 giorni a seconda del-la tipologia, come da articolo 2, commi 2, 3, 4 e 5, della legge 241/1990, ma ricordando che molte altre leggi prevedono termini diversi per spe-cifici procedimenti, tra tutte ricordiamo le norme sull’espropriazione per pubblica utilità), l’ente dovrebbe stabilire, quindi, che il tempo utile per concludere i procedimenti sia quello medio rilevato.

Ma, se questo tempo medio risultasse inferiore ai massimi previsti dal-la legge? E se, come rilevato prima, i procedimenti vengono gestiti e con-clusi senza adottare provvedimenti, lasciando sempre formare il silen-zio assenso?

Riterremmo, comunque, che il criterio migliore sia proprio quello del-la valutazione dei tempi medi.

Certo, il Legislatore, con questa previsione, dimostra:

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• che i termini fissati a suo tempo nei commi 2, 3, 4 e 5, dell’articolo 2 della legge 241/1990 sono stati determinati davvero “a casaccio”, sen-za un’analisi effettiva della loro sostenibilità e adeguatezza;

• infatti, a distanza di moltissimi anni, chiede alle amministrazioni di verificare appunto se tali termini siano congrui e se non sia il caso di ridurli;

• peraltro, la riduzione avverrebbe necessariamente con regolamenti in-terni, la cui preventiva conoscibilità appare impossibile;

• di non essere del tutto consapevole dell’assenza di un puntuale cen-simento dei procedimenti e dei loro tempi e, soprattutto, della circo-stanza che i pochi mesi a disposizione delle PP.AA. per effettuare la rideterminazione lasciano presagire con facilità un ampio inadempi-mento.A proposito: il citato articolo 12, comma 2, del d.l. 76/2020, conver-

tito in legge 120/2020, cita espressamente le amministrazioni statali. Gli enti locali, allora, possono ritenersi esentati?

In termini di stretta applicazione della norma, sì. In termini di oppor-tunità, no.

La misurazione dei tempi effettivi di conclusione dei procedimenti di-viene livello essenziale delle prestazioni che la P.A. è tenuta ad assicu-rare a tutti, ai sensi dell’articolo 29, comma 2-bis, della legge 241/1990, come novellato dal d.l. 76/2020, convertito in legge 120/2020.

TelematicaL’articolo 3-bis, della legge 241/1990 dispone, nel testo novellato:

“Per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, le amministrazioni pub-bliche agiscono mediante strumenti informatici e telematici, nei rapporti in-terni, tra le diverse amministrazioni e tra queste e i privati”.

Il lockdown ha dimostrato che questi strumenti informatici e telemati-ci esistono, sono efficaci e possono consentire la remotizzazione di mol-tissime pratiche.

Il problema che si pone, però, è sempre lo stesso: la norma, a ben ve-dere, non è per nulla innovativa, perché il d.lgs. 82/2005 lo prevede da anni ed anni. Se non si attivano le sanzioni previste dal CAD nei confron-ti della dirigenza riottosa all’informatizzazione e degli amministratori che ritengono un lusso inutile investirvi, la continua riconferma di questi pre-cetti non fa altro se non confermare l’abitudine a violarli, senza conse-guenze. Se non contro cittadini e imprese.

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Domicilio digitaleLa novellazione dell’articolo 5 della legge impone di comunicare ne-

gli atti del procedimento amministrativo non solo l’unità organizzativa competente e il nominativo del responsabile del procedimento, ma an-che il domicilio digitale dell’amministrazione.

Ai sensi dell’articolo 3 del codice dell’amministrazione digitale:

“Al fine di facilitare la comunicazione tra pubbliche amministrazioni e cittadini, è fa-coltà di ogni cittadino indicare alla pubblica amministrazione un proprio indirizzo di posta elettronica certificata quale suo domicilio digitale”.

Il domicilio digitale, quindi, è l’indicazione della pec come sostituti-vo del domicilio fiscale, per l’inoltro di documenti ufficiali.

Il domicilio digitale dal 2021 è imposto a tutti gli imprenditori e an-che ai lavoratori autonomi. La legge 241/1990 novellata lo impone an-che alla P.A., come appare corretto.

Comunicazione di avvio del procedimento. Quanto visto poco sopra, trova riscontro nelle modifiche apportate all’articolo 8, comma 2, così novellato:

“Nella comunicazione debbono essere indicati:a) l’amministrazione competente;b) l’oggetto del procedimento promosso;c) l’ufficio, il domicilio digitale dell’amministrazione e la persona responsa-bile del procedimento;c-bis) la data entro la quale, secondo i termini previsti dall’articolo 2, commi 2 o 3, deve concludersi il procedimento e i rimedi esperibili in caso di iner-zia dell’amministrazione;c-ter) nei procedimenti ad iniziativa di parte, la data di presentazione della relativa istanza;d) le modalità con le quali, attraverso il punto di accesso telematico di cui all’articolo 64-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 o con altre mo-dalità telematiche, è possibile prendere visione degli atti, accedere al fasci-colo informatico di cui all’articolo 41 dello stesso decreto legislativo n. 82 del 2005 ed esercitare in via telematica i diritti previsti dalla presente legge;d-bis) l’ufficio dove è possibile prendere visione degli atti che non sono dispo-nibili o accessibili con le modalità di cui alla lettera d)”.

Art. 64-bisAccesso telematico ai servizi della Pubblica Amministrazione1. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, rendono fruibili i propri servizi in rete, in con-formità alle Linee guida, tramite il punto di accesso telematico attivato presso la Presi-denza del Consiglio dei Ministri, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.1-bis. Al fine di rendere effettivo il diritto di cui all’articolo 7, comma 01, i soggetti di

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cui all’articolo 2, comma 2, i fornitori di identità digitali e i prestatori dei servizi fidu-ciari qualificati, in sede di evoluzione, progettano e sviluppano i propri sistemi e servi-zi in modo da garantire l’integrazione e l’interoperabilità tra i diversi sistemi e servizi e con i servizi di cui ai commi 1 e 1-ter espongono per ogni servizio le relative inter-facce applicative e, al fine di consentire la verifica del rispetto degli standard e livel-li di qualità di cui all’articolo 7, comma 1, adottano gli strumenti di analisi individua-ti dall’AgID con le Linee guida (comma così modificato dall’art. 24, comma 1, lettera f), legge n. 120 del 2020).1-ter. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a), rendono fruibili i propri servi-zi in rete tramite applicazione su dispositivi mobili anche attraverso il punto di acces-so telematico di cui al presente articolo, salvo impedimenti di natura tecnologica atte-stati dalla società di cui all’articolo 8, comma 2 del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 febbraio 2019, n. 12.1-quater. I soggetti di cui all’articolo 2, comma 2, lettera a), rendono fruibili tutti i loro servizi anche in modalità digitale e, al fine di attuare il presente articolo, avviano i re-lativi progetti di trasformazione digitale entro il 28 febbraio 2021.1-quinquies. La violazione dell’articolo 64, comma 3-bis e delle disposizioni di cui al presente articolo, costituisce mancato raggiungimento di uno specifico risultato e di un rilevante obiettivo da parte dei dirigenti responsabili delle strutture competenti e comporta la riduzione, non inferiore al 30 per cento della retribuzione di risultato e del trattamento accessorio collegato alla performance individuale dei dirigenti competen-ti, oltre al divieto di attribuire premi o incentivi nell’ambito delle medesime strutture.

Il punto di accesso digitale altro non è se non un applicativo in rete, accessibile via web da pc o da smartphone con specifiche app, median-te il quale i cittadini possono usufruire di servizi resi disponibili dalle va-rie amministrazioni.

Di applicativi in rete ve ne sono tanti. Troppi. I cittadini debbono dispor-re di tante user id e password e di molteplici interfacce e regole operative.

L’obiettivo è far confluire i servizi verso un unico punto di accesso di-gitale, identificato nell’app IO (il difetto attuale è che il servizio funziona solo attraverso app telefonica), in modo che con un unico punto di ac-cesso il cittadino possa utilizzare i servizi delle amministrazioni che deb-bono far confluire verso questa piattaforma i vari servizi da esse gestiti.

È bene ricordare che da anni l’articolo 1, comma 30, della legge 190/2012 dispone:

“Le amministrazioni, nel rispetto della disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui al capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modifi-cazioni, in materia di procedimento amministrativo, hanno l’obbligo di rendere acces-sibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica di cui all’articolo 65, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, le informazioni relative ai provvedimenti e ai pro-cedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato del-la procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase”.

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Il punto di accesso telematico dovrebbe essere il canale anche per con-sentire, finalmente, ai cittadini di seguire, come un tracking di spedizio-ni, l’andamento della pratica di proprio interesse e di esercitare da remo-to, con accessi diretti, il diritto di accesso. Ma, oggettivamente, per ora è ancora fantascienza per troppe amministrazioni.

Motivi ostativiIl preavviso di rigetto di un’istanza non interromperà più ma sospen-

derà i termini del procedimento.Occorre quindi capire cosa si intenda per interruzione e per sospen-

sione dei termini di un procedimento amministrativo.L’interruzione chiude il decorso dei termini. Per esempio, se un proce-

dimento dura 30 giorni e al ventesimo giorno si avvera un fatto interrutti-vo, il procedimento ricomincerà da zero, durando altri 30 giorni.

La sospensione, invece, non causa il decorso da zero di un nuovo ter-mine, perché come una parentesi temporale: se il procedimento deve con-cludersi entro 30 giorni e al ventesimo si determina la sospensione, chiu-sa questa i termini ricominceranno a computarsi dal ventunesimo giorno.

L’articolo 10-bis della legge 241/1990 disponeva, prima della novella-zione, che “nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del pro-cedimento o l’autorità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negativo, comunica tempestivamente agli istanti i moti-vi che ostano all’accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comunicazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo interrompe i termi-ni per concludere il procedimento che iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla sca-denza del termine di cui al secondo periodo”.

Il preavviso di rigetto, così concepito, allungava di molto la durata dei procedimenti. Per tale ragione, la novella modifica gli effetti della comu-nicazione, stabilendo che essa non interrompe, bensì sospende i termi-ni di conclusione dei procedimenti, che, di conseguenza, ricominciano a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni da par-te del soggetto che ha presentato l’istanza o, in mancanza di osservazio-ni, dalla scadenza del termine per presentarle.

Sempre il vecchio testo dell’articolo 10-bis aggiungeva che “dell’even-tuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella mo-tivazione del provvedimento finale”.

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È accaduto molto di frequente, tuttavia, che in caso di accoglimen-to di ricorsi al TAR avverso i provvedimenti di rigetto, le amministrazio-ni abbiano nuovamente rigettato l’istanza, adducendo nuove motivazio-ni, non evidenziate al momento dell’adozione del primo provvedimento annullato in sede giudiziale.

Per evitare il protrarsi all’infinito di un iter kafkiano, la novella impe-disce alle pubbliche amministrazioni questi atteggiamenti vessatori. Sic-ché, qualora chi ha presentato l’istanza abbia anche prodotto osservazio-ni nei confronti del preavviso di rigetto, il responsabile del procedimento o l’autorità competente, laddove non accolgano tali osservazioni avranno l’obbligo di dare ragione nella motivazione di tale decisione nel provve-dimento finale di diniego indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguenza delle osservazioni. Qualora il provvedi-mento così adottato venga annullato in giudizio, la pubblica amministra-zione, nell’esercitare nuovamente il suo potere, non potrà addurre per la prima volta motivi ostativi che sarebbero già dovuti emergere dall’istrut-toria del provvedimento annullato.

A completamento dell’opera, il decreto Semplificazioni stabilisce che nel caso del preavviso di rigetto non si applica la previsione contenuta nell’articolo 21-octies, secondo periodo, della legge 241/1990, ai sensi del quale “il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’ammi-nistrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”. Di conse-guenza, la mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, prima dell’adozione del provvedimento finale, costituisce vio-lazione procedurale tale da determinare l’illegittimità di tale provvedimen-to, anche se il contenuto di esso non poteva essere diverso dal diniego.

Il nuovo testo dell’articolo 10-bis è il seguente:

“Nei procedimenti ad istanza di parte il responsabile del procedimento o l’au-torità competente, prima della formale adozione di un provvedimento negati-vo, comunica tempestivamente agli istanti i motivi che ostano all’accoglimento della domanda. Entro il termine di dieci giorni dal ricevimento della comuni-cazione, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazio-ni, eventualmente corredate da documenti. La comunicazione di cui al primo periodo sospende i termini di conclusione dei procedimenti, che ricominciano a decorrere dieci giorni dopo la presentazione delle osservazioni o, in man-canza delle stesse, dalla scadenza del termine di cui al secondo periodo. Qua-lora gli istanti abbiano presentato osservazioni, del loro eventuale mancato accoglimento il responsabile del procedimento o l’autorità competente sono

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tenuti a dare ragione nella motivazione del provvedimento finale di diniego indicando, se ve ne sono, i soli motivi ostativi ulteriori che sono conseguen-za delle osservazioni. In caso di annullamento in giudizio del provvedimen-to così adottato, nell’esercitare nuovamente il suo potere l’amministrazione non può addurre per la prima volta motivi ostativi già emergenti dall’istrut-toria del provvedimento annullato. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle procedure concorsuali e ai procedimenti in materia pre-videnziale e assistenziale sorti a seguito di istanza di parte e gestiti dagli enti previdenziali. Non possono essere addotti tra i motivi che ostano all’accogli-mento della domanda inadempienze o ritardi attribuibili all’amministrazione”.

La novella all’articolo 10-bis si salda con quella introdotta nell’artico-lo 21-octies, comma 2. Tale disposizione stabilisce che il provvedimen-to amministrativo non è annullabile quando sia adottato “in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natu-ra vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto disposi-tivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per manca-ta comunicazione dell’avvio del procedimento qualora l’amministrazio-ne dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Ebbene, questa non annullabilità connessa alla violazione di regole di mera forma, inutili ai fini della formazione della decisione finale, non si applichi nel caso di mancato invio del preavviso di rigetto disciplinato dall’articolo 10-bis. Il provvedimento risulta annullabile anche laddove la motivazione risulti carente della specificazione delle ragioni per le quali le osservazioni eventualmente presentate dall’interessato non siano accolte.

Attività consultivaIl nuovo comma 2 dell’articolo 16 della legge 241/1990 dispone:

“In caso di decorrenza del termine senza che sia stato comunicato il parere o senza che l’organo adito abbia rappresentato esigenze istruttorie, l’ammi-nistrazione richiedente procede indipendentemente dall’espressione del pa-rere. Salvo il caso di omessa richiesta del parere, il responsabile del procedi-mento non può essere chiamato a rispondere degli eventuali danni derivanti dalla mancata espressione dei pareri di cui al presente comma”.

Nel testo precedente, la prosecuzione dell’iter procedimentale era con-figurata come semplice facoltà. Pertanto, la richiesta di un parere pote-va innescare notevoli allungamenti dei termini ed improprie sospensioni.

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Anzi, la richiesta di pareri era spesso utilizzata proprio come strumento per perdere/prendere tempo.

Come abbiamo più volte messo in rilievo, il Legislatore ritiene di do-ver agire in via di “semplificazione” tenendo in particolare considerazio-ne appunto i tempi dei procedimenti amministrativi.

La nuova formulazione dell’articolo 16, comma 2, della legge 241/1990 elimina la possibilità di utilizzare le richieste di parere come strumento dilatorio, ed impone al responsabile del procedimento di chiudere il pro-cedimento, anche in assenza del parere, se non pervenga entro i termini.

Effetti dell’inerzia tra P.A.L’articolo 17-bis della legge 241/1990 viene novellato sempre nella

chiave della riduzione dei tempi e della maggiore responsabilizzazione a carico dell’amministrazione procedente.

Nel comma 1 si introduce il seguente nuovo periodo:

“Esclusi i casi di cui al comma 3, quando per l’adozione di provvedimen-ti normativi e amministrativi è prevista la proposta di una o più amministra-zioni pubbliche diverse da quella competente ad adottare l’atto, la proposta stessa è trasmessa entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta da parte di quest’ultima amministrazione”.

Si cerca di sollecitare, quindi, le amministrazioni a relazionarsi con gli organi competenti ad adottare norme ed atti amministrativi, entro ter-mini definiti. Il comma 1 dell’articolo 17-bis conclude con ultimo perio-do anch’esso oggetto di novellazione, secondo il quale il termine di 30 giorni visto prima “è interrotto qualora l’amministrazione o il gestore che deve rendere il proprio assenso, concerto o nulla osta rappresenti esigen-ze istruttorie o richieste di modifica, motivate e formulate in modo pun-tuale nel termine stesso. In tal caso, l’assenso, il concerto o il nulla osta è reso nei successivi trenta giorni dalla ricezione degli elementi istruttori o dello schema di provvedimento; lo stesso termine si applica qualora det-te esigenze istruttorie siano rappresentate dall’amministrazione propo-nente nei casi di cui al secondo periodo. Non sono ammesse ulteriori in-terruzioni di termini”.

Il comma 2 dell’articolo 17 è stato, per coerenza, completato con la previsione secondo cui:

“qualora la proposta non sia trasmessa nei termini di cui al comma 1, secon-do periodo, l’amministrazione competente può comunque procedere. In tal

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caso, lo schema di provvedimento, corredato della relativa documentazione, è trasmesso all’amministrazione che avrebbe dovuto formulare la proposta per acquisirne l’assenso ai sensi del presente articolo”.

Insomma, alla proposta preventiva si sostituisce un assenso successi-vo, nella speranza che non si inneschi un circolo vizioso.

AutocertificazioneL’articolo 18 della legge 241/1990 viene modificato in modo signifi-

cativo con l’introduzione del comma 3-bis: “Nei procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto

l’erogazione di benefici economici comunque denominati, indennità, pre-stazioni previdenziali e assistenziali, erogazioni, contributi, sovvenzioni, fi-nanziamenti, prestiti, agevolazioni, da parte di pubbliche amministrazioni ovvero il rilascio di autorizzazioni e nulla osta comunque denominati, le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero l’acquisizione di dati e do-cumenti di cui ai commi 2 e 3, sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla normativa di riferimento, fatto comunque salvo il rispetto delle disposizioni del co-dice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159”.

La norma appare volta a rafforzare i precetti già fissati dal d.P.R. 445/2000. Il che non è un buon segno: ribadire o rafforzare norme vi-genti non è mai positivo, perché è la conferma che dette norme sono sta-te sistematicamente violate o non funzionano.

La riforma riguarda con particolare attenzione i procedimenti avviati su istanza di parte, che hanno ad oggetto l’erogazione di:• benefici economici comunque denominati,• indennità,• prestazioni previdenziali e assistenziali, • erogazioni, • contributi, • sovvenzioni,• finanziamenti,• prestiti,• agevolazioni • sospensioni,

da parte di pubbliche amministrazioni.

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Si tratta di una varietà e quantità vastissima di procedimenti ammini-strativi particolarmente delicati. Rientrano, infatti, con buona approssi-mazione nella generale categoria dei procedimenti di “concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché at-tribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati” considerati per propria natura a particolare e rilevante rischio di corruzione, ai sensi dell’articolo 1, comma 16, lettera c), del-la legge 190/2012.

Dal 2001 il d.P.R. 445/2000 impone alle amministrazioni pubbliche di emettere il provvedimento finale o di dare accesso al beneficio sul-la base di quanto risulti dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni o dell’atto di notorietà.

L’obbligo di concludere i procedimenti (tutti, non solo quelli dell’elen-co visto prima) sulla sola base delle autocertificazioni, poggia sulle se-guenti norme del d.P.R. 445/2000:• articolo 43, comma 1: “Le amministrazioni pubbliche e i gestori di pub-

blici servizi sono tenuti ad acquisire d’ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47, nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministra-zioni, previa indicazione, da parte dell’interessato, degli elementi in-dispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti, ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall’interes-sato”. La norma, quindi pone due alternative:– acquisire d’ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sosti-

tutive, nel corso della procedura;– accettare la dichiarazione sostitutiva come elemento probatorio de-

finitivo, salvo verifica successiva;• articolo 74, comma 1: “Costituisce violazione dei doveri d’ufficio la

mancata accettazione delle dichiarazioni sostitutive di certificazione o di atto di notorietà rese a norma delle disposizioni del presente te-sto unico”. La norma, saldandosi con quella precedente, foggia l’ob-bligo delle PP.AA. di accettare le dichiarazioni sostitutive come fonte di prova ai fini dell’emanazione dei provvedimenti finali;

• articolo 71, comma 1: “Le amministrazioni procedenti sono tenute ad effettuare idonei controlli, anche a campione in misura proporzionale al rischio e all’entità del beneficio, e nei casi di ragionevole dubbio, sul-la veridicità delle dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47, anche suc-cessivamente all’erogazione dei benefici, comunque denominati, per i quali sono rese le dichiarazioni”.

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Dunque, precisare con il nuovo comma 3-bis dell’articolo 18 della leg-ge 241/1990 quanto già indicato da ben prima dal d.P.R. 445/2000 non dà certo il senso di una “semplificazione”, quanto, piuttosto, la testimo-nianza che il sistema fin qui non ha funzionato, con evidente particola-re riferimento ai procedimenti di erogazioni di sussidi, per i quali molte amministrazioni insistono nel richiedere documenti e certificati, invece di recuperare direttamente le informazioni dalle banche dati di altre PP.AA. o di accettare le autocertificazioni.

Il nuovo comma 3-bis dell’articolo 18 precisa che nel caso dell’attri-buzione di contributi e benefici economici:• le dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47 del decreto del Presiden-

te della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, ovvero l’acquisizione di dati e documenti di cui ai commi 2 e 3, sostituiscono ogni tipo di documentazione comprovante tutti i requisiti soggettivi e oggettivi ri-chiesti dalla normativa di riferimento. È qui che si ribadiscono gli ef-fetti già normati dal d.P.R. 445/2000;

• resta comunque salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leg-gi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislati-vo 6 settembre 2011, n. 159, non oggetto di autocertificazioni.È bene notare che il d.l. 34/2020, convertito in legge 77/2020 ha no-

vellato l’articolo 71, comma 1, del d.P.R. 445/2000 nel testo visto prima, introducendo due novità. La prima è di proporzionare il campione dei controlli al rischio e all’entità del beneficio economico concesso, oltre che all’ipotesi di ragionevole dubbio. In teoria, quindi, maggiore è l’en-tità delle erogazioni finanziari, maggiori dovrebbero essere, numerica-mente, i controlli.

La seconda è la precisazione che i controlli si effettuino “anche suc-cessivamente all’erogazione dei benefici”. Ma, in realtà, come visto pri-ma, i controlli andrebbero sempre effettuati dopo l’erogazione dei bene-fici, visto che le dichiarazioni sostitutive impongono all’amministrazione di erogare comunque il beneficio.

Allo scopo di rafforzare la responsabilità di chi rilascia dichiarazioni sostitutive si inaspriscono le sanzioni per il caso di dichiarazione men-dace. Le conseguenze sono la revoca degli eventuali benefici già eroga-ti nonché il divieto di accesso a contributi, finanziamenti e agevolazio-ni per un periodo di 2 anni decorrenti da quando l’amministrazione ha adottato l’atto di decadenza (fermi restando, però, interventi, anche eco-nomici, in favore dei minori e per le situazioni familiari e sociali di par-ticolare disagio). Inoltre, la sanzione ordinariamente prevista dal codice penale è aumentata da un terzo alla metà.

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Il decreto, inoltre, prevede che nell’ambito delle verifiche, delle ispe-zioni e dei controlli comunque denominati sulle attività dei privati, la pubblica amministrazione non richiede la produzione di informazioni, atti o documenti in possesso della stessa o di altra pubblica amministra-zione (ma anche questo è già previsto dal d.P.R. 445/2000). E sanziona con la nullità ogni sanzione disposta nei confronti dei privati per omessa esibizione di documenti già in possesso dell’amministrazione proceden-te o di altra amministrazione.

È da ricordare, ancora, che ai sensi dell’articolo 264, comma 2, lette-ra d), del d.l. 34/2020, convertito in legge 77/2020:

“nell’ambito delle verifiche, delle ispezioni e dei controlli comunque deno-minati sulle attività dei privati, la pubblica amministrazione non richiede la produzione di informazioni, atti o documenti in possesso della stessa o di al-tra pubblica amministrazione. È nulla ogni sanzione disposta nei confronti dei privati per omessa esibizione di documenti già in possesso dell’amministra-zione procedente o di altra amministrazione”.

È anche questo un “rafforzativo” del divieto di acquisire certificati, già da tempo posto dall’articolo 40, commi 01 e 02, sempre del d.P.R. 445/2000 (commi a suo tempo introdotti dal d.l. 16/2012, convertito in legge 44/2012).

Provvedimenti annullati per vizi endoprocedimentaliInfine, si introduce nella legge 241/1990 il seguente articolo 21-decies:

“Art. 21-decies (Riemissione di provvedimenti annullati da giudice per vizi inerenti ad atti endoprocedimentali)1. In caso di annullamento di un provvedimento finale in virtù di una senten-za passata in giudicato, derivante da vizi inerenti ad uno o più atti emessi nel corso del procedimento di autorizzazione o di valutazione di impatto am-bientale, il proponente può richiedere all’amministrazione procedente e, in caso di progetto sottoposto a valutazione di impatto ambientale, all’autorità competente ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l’attivazione di un procedimento semplificato, ai fini della riadozione degli atti annullati. Qualora non si rendano necessarie modifiche al progetto e fermi restando tut-ti gli atti e i provvedimenti delle amministrazioni interessate resi nel suddet-to procedimento, l’amministrazione o l’ente che abbia adottato l’atto ritenu-to viziato si esprime provvedendo alle integrazioni necessarie per superare i rilievi indicati dalla sentenza. A tal fine, entro quindici giorni dalla ricezione dell’istanza del proponente, l’amministrazione procedente trasmette l’istan-za all’amministrazione o all’ente che ha emanato l’atto da riemettere, che vi

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provvede entro trenta giorni. Ricevuto l’atto ai sensi del presente comma, o decorso il termine per l’adozione dell’atto stesso, l’amministrazione riemet-te, entro i successivi trenta giorni, il provvedimento di autorizzazione o di va-lutazione di impatto ambientale, in attuazione, ove necessario, degli articoli 14-quater e 14-quinquies della presente legge e dell’articolo 25, commi 2 e 2-bis, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

È una norma di settore, finalizzata a consentire alle amministrazioni competenti in tema di autorizzazione o valutazione dell’impatto ambienta-le a correggere propri provvedimenti annullati dal giudice amministrativo.

Articolo tratto da “La Gazzetta degli Enti Locali”

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Commercio su aree pubbliche: le Linee guida per il rinnovo delle concessioni di posteggio in scadenza entro il 31 dicembre 2020Miranda Corradi

Il 27 novembre 2020 è stato pubblicato sul sito del Ministero dello svi-luppo economico il decreto ministeriale del 25 novembre 2020, che ap-prova le “Linee guida per il rinnovo delle concessioni di aree pubbliche, in scadenza entro il 31.12.2020, ai sensi dell’art. 181, comma 4-bis, del Decreto-legge n. 34/2020, convertito dalla legge n. 77/2020”.

Il decreto è entrato in vigore il 28 novembre 2020, giorno successivo alla sua pubblicazione sul sito istituzionale del Ministero dello sviluppo economico, come previsto dall’art. 2 dello stesso decreto, ai sensi dell’ar-ticolo 32, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69.

Procedimenti disciplinati dal decretoIl decreto disciplina i procedimenti di rinnovo o di attribuzione delle

concessioni per l’esercizio del commercio su aree pubbliche aventi sca-denza entro il 31 dicembre 2020, ai sensi dell’art. 181, comma 4-bis, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, come convertito dalla legge 17 lu-glio 2020, n. 77.

Secondo quanto stabilito dal punto 7 delle Linee guida, non sono og-getto di rinnovo le concessioni in scadenza al 31 dicembre 2020 “rela-tive a posteggi o aree già riassegnati ai sensi dell’Intesa sancita in sede di Conferenza unificata il 5 luglio 2012, con atti ad efficacia differita. In tal caso le concessioni in scadenza il 31 dicembre 2020 non sono oggetto di rinnovo, divenendo efficaci, a partire dal 1° gennaio 2021, i nuovi titoli abilitativi rilasciati in esito alle suddette procedure di riassegnazione per la durata prevista dai rispettivi bandi di gara”.

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Attività a cui si applica questa proceduraLe procedure delineate nelle Linee guida si applicano alle concessio-

ni di aree pubbliche che scadono entro il 31 dicembre 2020 per l’eser-cizio di attività:• commerciali su aree pubbliche in fiere e mercati e posteggi isolati;• artigianali;• di somministrazione di alimenti e bevande;• di rivendita di quotidiani e periodici;• di vendita da parte di “produttori agricoli”.

Attenzione: il punto 2 dell’allegato “A” del d.m. 25 novembre 2020 fa riferimento alla vendita effettuata “da produttori agricoli”. Tuttavia con l’entrata in vigore del d.lgs. 228/2001 l’attività di vendita su area pubblica può essere svolta soltanto dagli imprenditori agricoli iscritti al registro im-prese della Camera di Commercio: l’art. 4, comma 3 del d.lgs. 228/2001, nel delineare il contenuto della comunicazione necessaria per l’agricol-tore per poter esercitare l’attività di vendita fuori dall’azienda agricola, prevede espressamente “l’iscrizione nel registro delle imprese”.

Trattandosi di concessioni per esercitare la vendita su area pubblica, occorre fare riferimento anche al primo periodo del comma 15 dell’art. 28 del d.lgs. 114/1998, modificato dall’art. 2-bis, comma 3, del d.l. 9 set-tembre 2005, n. 182, come convertito dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, che oggi recita:

“Il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla regione, stabilisce l’am-piezza complessiva delle aree da destinare all’esercizio dell’attività, nonché le modalità di assegnazione dei posteggi, la loro superficie e i criteri di asse-gnazione delle aree riservate, in misura congrua sul totale, agli imprenditori agricoli che esercitano la vendita diretta ai sensi dell’articolo 4 del Decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228”.

Non solo: la l. 9 febbraio 1963, n. 59 “Norme per la vendita al pub-blico in sede stabile dei prodotti agricoli da parte degli agricoltori pro-duttori diretti”, citata dall’art. 4, comma 2, lett. d) del d.lgs. 114, è stata abrogata dal combinato disposto dell’art. 24 “taglia-leggi” e della voce 1947 dell’allegato A, del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, come converti-to dalla l. 6 agosto 2008, n. 133. Per tale motivo si ritiene che non pos-sano essere rinnovate, salvo esplicita previsione normativa regionale, eventuali concessioni ancora in essere rilasciate prima del 12 novem-bre 2005 a produttori agricoli che nell’ambito di questa procedura per la riassegnazione dei posteggi non risultino essere iscritti al registro im-prese della CCIAA.

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Durata delle concessioni rilasciate nell’ambito di queste procedure

Le concessioni rilasciate hanno la durata di 12 anni, come previsto dall’articolo 181, comma 4-bis, del d.l. 34/2020 come convertito dalla l. 77/2020, quindi sono valide fino al 31 dicembre 2032.

Chi può ottenere le concessioni Nell’ambito delle procedure di rinnovo le concessioni possono essere

rilasciate al “soggetto titolare dell’azienda intestataria della concessione, a prescindere dalla forma giuridica prescelta, sia che la conduca diretta-mente sia che l’abbia conferita in gestione temporanea”.

Questo il testo del punto 3 delle Linee guida, che ricalca con pochis-sime modifiche la previsione dell’art. 181, comma 4-bis, del decreto-leg-ge 19 maggio 2020, n. 34, come convertito dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, che prevede “l’assegnazione al soggetto titolare dell’azienda, sia che la conduca direttamente sia che l’abbia conferita in gestione temporanea”.

Occorre, tuttavia, ricordare che, nella prassi amministrativa, per tutte le attività interessate dalla riassegnazione delle concessioni, l’“azienda intestataria della concessione”, oltre che del titolo abilitativo previsto dal-le norme per l’esercizio dell’attività, è quella che materialmente ne ha la gestione; l’esercizio dell’attività per commercio, somministrazione di alimenti e bevande, rivendita di quotidiani e periodici e vendita effettua-ta dagli agricoltori è sempre subordinato alla presenza di un titolo au-torizzatorio o di una SCIA che legittimano l’esercizio dell’attività in ca-po all’impresa che la gestisce e che, quindi, ha il possesso dell’azienda o del ramo d’azienda, a prescindere dal soggetto che può averne mante-nuto la proprietà.

Si può presumere che il legislatore abbia ritenuto che, in caso di “con-ferimento in gestione temporanea” (cioè in presenza di azienda gestita sulla base di atti quali l’affitto, il comodato, ecc.), la concessione deb-ba essere reintestata all’impresa che ne ha la proprietà pur non avendo-ne il possesso. Se questo è l’intento del legislatore per questa tornata di riassegnazioni, l’attuale previsione normativa si discosta completamente dalla precedente procedura di riassegnazione che faceva riferimento alle imprese titolari di autorizzazione o SCIA per l’esercizio dell’attività, an-che se non proprietarie dell’azienda che gestivano. Sarebbe, quindi, op-portuno un intervento delle Regioni per fare chiarezza e fornire una in-terpretazione risolutiva su questa questione.

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Requisiti richiestiPer ottenere il rinnovo/l’attribuzione delle concessioni, sia le impre-

se individuali che le società, associazioni od organismi collettivi devo-no essere in possesso di una serie di requisiti indicati dal comma 4-bis dell’art. 181 del d.l. 34/2020 come convertito dalla l. 77/2020 (requisiti di onorabilità e professionalità prescritti, compresa l’iscrizione ai registri camerali quale ditta attiva ove non sussistano gravi e comprovate cause di impedimento temporaneo all’esercizio dell’attività) e più dettagliata-mente individuati nel decreto.

Onorabilità e professionalitàI requisiti di onorabilità e, ove richiesti, i requisiti professionali, so-

no quelli previsti per il commercio su aree pubbliche dalle Regioni con proprie leggi o, in mancanza, dall’art. 71 del decreto legislativo 26 mar-zo 2010, n. 59.

Il fatto che le Linee guida al punto 3 ed al punto 11 prevedano l’ap-plicazione dell’art. 71 del d.lgs. 59/2010 in assenza di specifiche norme regionali per la verifica dei requisiti morali e professionali per l’esercizio del commercio su aree pubbliche ha risolto, almeno per queste proce-dure, la situazione di vacatio legis provocata dall’art. 1, comma 686 del-la l. 145/2018; le modifiche al d.lgs. 59/2010 introdotte per escludere il commercio su aree pubbliche dall’applicazione della direttiva Bolkestein ha fatto sì che, a partire dal 1 gennaio 2019, anche l’art. 71 dello stesso d.lgs. 59/1010 non fosse più applicabile al commercio su aree pubbliche.

Regolarità contributivaIl punto 12 delle Linee guida prevede anche “la verifica della sussisten-

za e della regolarità del DURC al 30 giugno 2021 o di altra documenta-zione comprovante la regolarità contributiva”, “nel rispetto delle disposi-zioni regionali”. L’autorizzazione all’esercizio dell’attività, contestuale alla concessione di posteggio, potrà essere rilasciata anche ai soggetti che, a tal data, saranno in grado di dimostrare di aver ottenuto dall’INPS la ra-teizzazione del debito contributivo.

Iscrizione ai registri della Camera di Commercio, Industria, Artigianato, Agricoltura

Le linee guida, nel ribadire che l’impresa deve possedere il requisito dell’iscrizione ai registri camerali quale impresa attiva nella tipologia di attività per cui è stata rilasciata la concessione oggetto di rinnovo, al pun-to 4 definisce i casi di “gravi e comprovate cause di impedimento tempo-

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raneo all’esercizio dell’attività” che consentono all’impresa di dimostrare il possesso di questo requisito in un momento successivo rispetto all’av-vio del procedimento di rinnovo.

“Per gravi e comprovate cause di impedimento devono intendersi le seguenti: a) malattia certificata comunicata al Comune prima della data di avvio del pro-cedimento di rinnovo e, comunque, prima del 31 dicembre 2020;b) gravidanza e puerperio certificati comunicati al Comune prima della data di avvio del procedimento di rinnovo e, comunque, prima del 31 dicembre 2020;c) assistenza a figli minori con handicap gravi come previsto dall’art. 33 della legge n. 104/1992 e dall’art. 42 del d.lgs. n. 151/2001; d) successione mortis causa in corso di definizione”.

L’ultimo periodo del punto 4, tuttavia, delimita l’ambito di applica-zione di questa norma dilatoria: possono avvalersi delle cause di impe-dimento soltanto le imprese individuali e le società di persone che rie-scano a dimostrare che “le cause di sospensione riguardino tutti i soci”.

Il punto 5 affronta, invece, una delle maggiori problematiche appli-cative di questa procedura, cioè il caso dell’impresa che ha ceduto inte-gralmente a terzi la gestione dell’azienda e che successivamente ha ces-sato l’attività cancellandosi dal registro imprese.

Il decreto prevede la possibilità di comprovare il possesso del requi-sito “dell’iscrizione ai registri camerali quale ditta attiva... mediante pre-sentazione di istanza per la reiscrizione secondo le norme vigenti, entro il termine di sei mesi dalla data di avvio del procedimento di rinnovo e, comunque, entro e non oltre il 30 giugno 2021”.

Cosa si intende per “reiscrizione secondo le norme vigenti”? L’impresa che presenta alla Camera di Commercio l’istanza per reiscri-

versi al registro imprese potrà ottenere di nuovo il numero REA che ave-va prima della cessazione e della cancellazione?

L’impresa che si reiscrive potrà riottenere la partita IVA che aveva pri-ma di cessare l’attività e cancellarsi dal registro imprese o otterrà una nuova partita IVA?

Ma se l’impresa che aveva dato in gestione l’azienda è cessata, come può oggi un’impresa diversa (perché diversa è la sua partita IVA rispet-to a quella dell’impresa che aveva dato in gestione l’azienda) tornare in possesso di un’azienda che non ha mai posseduto perché non ne ha mai avuto la proprietà?

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E nel caso l’impresa possa “reiscriversi” soltanto con nuova posizione al registro imprese e nuova partita IVA, dovrà comunque esercitare ma-terialmente l’attività prima di cederla nuovamente?

Qualora si vogliano introdurre nuove modalità per la “reiscrizione” dei commercianti su aree pubbliche il Ministero dello sviluppo econo-mico dovrà fornire indicazioni alle Camere di Commercio con le speci-fiche tecniche da adottare.

Occorre, però, ricordare che proprio il Ministero dello sviluppo eco-nomico con la risoluzione n. 226100 del 7 luglio 2016, tuttora visiona-bile sul suo sito istituzionale, aveva precisato di ritenere “che un soggetto che non si è limitato a registrare la propria impresa quale inattiva presso il Registro Imprese, bensì ha provveduto a denunciare la cessazione dell’at-tività e la conseguente chiusura della Partita IVA, non è più qualificabile quale imprenditore e pertanto non può cedere un’attività della quale non ha la titolarità all’esercizio”.

E questo vale anche per l’impresa individuale che ha cessato comple-tamente l’attività d’impresa: secondo quanto stabilito dalla Suprema Cor-te di Cassazione con l’ordinanza n. 98 del 7 gennaio 2016, sono inap-plicabili agli imprenditori individuali, ma con riferimento alla fase della loro liquidazione, i principi previsti per le società di capitali e coopera-tive di cui all’art. 2495 cod. civ. secondo la quale l’iscrizione della can-cellazione delle società di capitali e delle cooperative dal registro delle imprese, avendo natura costitutiva, estingue le società, anche se soprav-vivono rapporti giuridici dell’ente. La Cassazione ha ritenuto, cioè, che l’imprenditore individuale non si distingua dalla persona fisica che com-pie l’attività imprenditoriale, per cui la fine della qualità di imprendito-re non è subordinata alla realizzazione di formalità – qual è la cancel-lazione dal registro delle imprese come disposta dall’art. 2495 cod. civ. – ma dall’effettivo svolgimento o al reale venir meno, da parte dello stes-so, dell’attività d’impresa.

Per poter dare attuazione all’art. 5 del decreto il Ministero dello svi-luppo economico e/o le Regioni dovranno, quindi, precisare se, almeno per le imprese individuali, possa essere considerata attività d’impresa an-che la completa cessione a terzi della gestione di un’azienda o di tutti i rami d’azienda che la compongono.

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Regolamento comunale di attività economiche alla prova del Giudice amministrativoSaverio Linguanti

Il TAR Toscana, Firenze, sez. II, con sentenza del 19 marzo 2020, n. 350 è intervenuto su un caso di regolamento comunale delle attività eco-nomiche del settore alimentare e della sua eventuale legittimità.

Infatti, alcuni esercenti del settore della somministrazione di alimen-ti e bevande hanno inteso impugnare tale nuovo regolamento, recante tra l’altro cautele e limiti applicabili ad alcune aree da tutelare, e ciò con particolare riferimento a 2 articoli del medesimo, eccependo in sintesi:A. la mancanza del previo parere dell’AGCOM sui regolamenti che in-

troducono restrizioni all’accesso e all’esercizio di attività economiche, parere che non risulta nella specie richiesto ed ottenuto;

B. l’incompetenza comunale all’intervento sugli orari di somministrazio-ne, ciò spettando semmai al Questore o in ipotesi al Sindaco, ex art. 50, comma 7-bis, del Tuel;

C. l’illegittimità della limitazione oraria di cui all’art. 9 del regolamen-to comunale gravato, e che ad avviso di parte ricorrente non indiche-rebbe le “comprovate esigenze di prevalente interesse pubblico” che devono giustificare le restrizioni medesime e le ragioni per le quali gli interventi realizzati siano giustificati solo con riferimento a determi-nate zone cittadine;

D. l’illegittimità della limitazione del regolamento nella parte in cui lo stesso prevede che “la somministrazione di bevande alcoliche su spa-zi e aree pubbliche, comprese quelle a servizio degli esercizi pubbli-ci, deve cessare alle ore 24:00 e non può essere ripresa fino al le ore 7:00”, norma che quindi anticipa la chiusura alle ore 24.00 anche ai dehor degli esercizi pubblici di somministrazione;

E. l’illegittimità delle previsioni per le quali, da un lato, per potere dif-fondere musica nei locali di somministrazione, occorre il rilascio da parte dell’Amministrazione comunale del nulla-osta alle emissioni so-

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nore prodotte dall’attività musicale anche quando l’esercente autocer-tifichi che le stesse rispettano i valori consentiti dalla legge, e dall’al-tro impongono che i locali si dotino di appositi limitatori temporizzati agli impianti elettroacustici di diffusione sonora.In via preliminare si deve evidenziare come solo alcune censure si-

ano state accolte dai giudici amministrativi, con la conseguenza che ri-mane sostanzialmente valido ed efficace il generale impianto program-matorio comunale.

Ciò in quanto le eccezioni di cui alle precedenti lettere a), b), c) ed in parte di cui alla lettera e), sono state rigettate poiché ritenute infondate, evidenziando il Giudice amministrativo che:• quanto alle censure di cui alla sopracitata lettera a), la norma di riferi-

mento e cioè l’art. 34, comma 5 del d.l. n. 201 del 2011 (convertito in l. n. 241 del 2011) dispone che “l’Autorità garante della concorrenza e del mercato è tenuta a rendere parere obbligatorio, da rendere nel termine di trenta giorni decorrenti dalla ricezione del provvedimento, in merito al rispetto del principio di proporzionalità sui disegni di leg-ge governativi e i regolamenti che introducono restrizioni all’accesso e all’esercizio di attività economiche”. Di conseguenza il TAR Toscana ha ritenuto che il fatto che la norma effettui un congiunto richiamo a “disegni di legge governativi e regolamenti” lascia supporre che si ri-ferisca a norme sempre di derivazione statale e quindi solo ai regola-menti emessi da organi dello Stato e non degli enti locali, come nella specie si rileva;

• quanto alle censure di cui alla sopracitata lettera b), la mancanza di un potere comunale in materia risulta in sintesi non solo smentita dal-la disciplina di cui all’art. 64 del d.lgs. n. 59 del 2010, ma trova al-tresì conferma nella l.r. Toscana n. 62 del 2018, con la conseguenza che tali disposizioni normative escludono senza dubbio la fondatez-za dell’eccezione in esame, disponendo sicuramente le Amministra-zioni comunali di poteri di intervento in materia, i quali si aggiungo-no a quelli posti dalle norme statali e tra cui rientra anche l’art. 50 del d.lgs. n. 267 del 2000;

• quanto alle censure di cui alla sopracitata lettera c), il Giudice le ha rigettate dando atto di quanto ampiamente illustrato nella deliberazio-ne consiliare di approvazione del regolamento in questione e quindi delle motivazioni sottese al medesimo;

• quanto alle censure di cui a parte della sopracitata lettera e), e quindi con riferimento a quelle inerenti l’asserita illegittimità del previsto rila-scio da parte dell’Amministrazione comunale del nulla-osta alle emis-

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sioni sonore prodotte dall’attività musicale anche quando l’esercente autocertifichi che le stesse rispettano i valori consentiti dalla legge, il TAR Toscana ha invece ritenuto che, in applicazione dell’art. 8, com-ma 6, della l. n. 447 del 26 ottobre 1995, lo stesso sia esplicito nel prevedere il rispetto dei limiti acustici previsti per la zona e nello sta-bilire che a tal fine l’esercente deve presentare “apposita autocertifi-cazione”, certamente sufficiente e sostituta del nulla-osta. È solo con riferimento alla diversa ipotesi in cui si superino i limiti della pianifi-cazione acustica comunale che è necessario il nulla-osta.Al contrario, il TAR Toscana ha invece ritenuto di accogliere 2 ulterio-

ri profili di censura, rispetto ai quali appare interessante richiamare l’at-tenzione poiché attinenti e fonte di riflessione giuridico-procedimentale:• quanto al primo, alla circostanza che l’articolo del regolamento im-

pugnato di fatto stabiliva un diverso regime orario per la somministra-zione di bevande alcoliche tra i locali ed i rispettivi “dehor”; ciò in particolare per la considerazione dell’irrazionale risultato conseguen-te e per il quale l’esercizio pubblico dovrebbe cessare al suo inter-no la somministrazione alle ore 01.00, mentre nell’area esterna a suo servizio (cioè nel dehor dello stesso locale) la somministrazione do-vrebbe cessare anticipatamente alle ore 24.00, con una situazione di irrazionalità più precisamente fatta coincidere nel creare due distinti regimi orari per due ambienti dell’unico esercizio di somministrazio-ne. Su questo punto c’è chi osserva che, attualmente, stante la nota si-tuazione conseguente al diffondersi del virus Covid-19, potrebbe ap-parire illogico adottare disposizioni come quella censurata, se solo si considera il favor riconosciuto dalla normativa emergenziale alle atti-vità commerciali svolte all’esterno dei locali di esercizio, che addirit-tura attualmente possono essere condotte senza dover versare i con-seguenti tributi, e ciò evidentemente al fine non solo di rilanciare le condizioni economiche del settore, ma anche di evitare assembramen-ti in luoghi chiusi ben più pericolosi proprio in chiave anti Covid-19; è tuttavia opinione di chi scrive osservare che al contrario una diver-sificazione degli orari di attività tra esterno ed interno dell’esercizio contribuisce ad un razionale controllo delle attività disturbanti even-tualmente provenienti proprio dalle aree esterne;

• quanto al secondo profilo, al fatto che la previsione regolamentare di dotarsi di appositi limitatori temporizzati agli impianti elettroacusti-ci di diffusione sonora determina uno specifico “facere” non previsto dalla legge; circostanza condivisa dal Collegio, che ha pertanto rite-nuto che, in mancanza di specifica previsione in norma primaria rife-

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rita alla suddetta dotazione tecnologica, una imposizione dell’obbligo degli esercenti di una certa zona comunale di dotarsi di siffatti dispo-sitivi appare priva di specifica base legale e risulta pertanto discrimi-natoria rispetto agli altri esercenti in aree contigue. Certamente ciò non significa che una tale prescrizione non possa esse-

re imposta per regolamento a tutte le categorie di esercenti che effettua-no attività acustiche potenzialmente disturbanti verso i cittadini, in virtù di una tutela dovuta ai cittadini in virtù dell’articolo 659, comma 1, del codice penale, ed in virtù di altrettanto consolidato orientamento dei giu-dici amministrativi di tutelare la quiete ed il riposo delle persone nonché la sicurezza pubblica (si veda di recente anche TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, del 31 gennaio 2020, n. 34).

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Decreto Semplificazioni: le novità per l’organizzazione degli spettacoliMarco Massavelli

La conversione in legge del c.d. “Decreto Semplificazioni” ha portato alcune importanti novità in materia di organizzazione di eventi e manife-stazioni pubbliche, che meritano particolare attenzione, per l’attività de-gli uffici comunali interessati all’istruttoria dei procedimenti autorizzativi.

In sede di conversione del decreto legge 16 luglio 2020, n. 76, è sta-to inserito, con la legge 11 settembre 2020, n. 120, l’articolo 38-bis, che così recita:

Art. 38-bis – Semplificazioni per la realizzazione di spettacoli dal vivo1. Fuori dei casi di cui agli articoli 142 e 143 del regolamento di cui al regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, al fine di far fronte alle ricadute economiche negative per il settore dell’industria culturale conseguenti alle misure di con-tenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, in via sperimentale fino al 31 dicembre 2021, per la realizzazione di spettacoli dal vivo che com-prendono attività culturali quali il teatro, la musica, la danza e il musical, che si svolgono in un orario compreso tra le ore 8 e le ore 23, destinati ad un mas-simo di 1.000 partecipanti, ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, richiesto per l’organizzazione di spettacoli dal vivo, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti am-ministrativi a contenuto generale, è sostituito dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241,presen-tata dall’interessato allo sportello unico per le attività produttive o ufficio ana-logo, fermo restando il rispetto delle disposizioni e delle linee guida adotta-te per la prevenzione e il contrasto della diffusione del contagio da Covid-19 e con esclusione dei casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali nel luogo in cui si svolge lo spettacolo in oggetto.2. La segnalazione di cui al comma 1indica il numero massimo di partecipan-ti, il luogo e l’orario in cui si svolge lo spettacolo ed è corredata dalle dichia-razioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del te-sto unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000,

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n. 445, nonché da una relazione tecnica di un professionista iscritto nell’al-bo degli ingegneri o nell’albo degli architetti o nell’albo dei periti industriali o nell’albo dei geometri che attesta la rispondenza del luogo dove si svolge lo spettacolo alle regole tecniche stabilite con decreto del Ministro dell’interno.3. L’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data della pre-sentazione della segnalazione all’amministrazione competente.4. L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti di cui al comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevi-mento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provve-dimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventua-li effetti dannosi di essa. In caso di dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà false o mendaci, l’amministrazione, ferma restando l’ap-plicazione delle sanzioni penali di cui al comma 5, nonché di quelle di cui al capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, può adottare i provvedimenti di cui al primo periodo anche dopo la scadenza del termine di sessanta giorni.5. Ogni controversia relativa all’applicazione del presente articolo è devolu-ta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Ove il fatto non co-stituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni, attestazioni o asseve-razioni che corredano la segnalazione certificata di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Analizziamo la nuova disposizione per capire quali sono le incom-benze per gli uffici comunali.

La clausola di salvezzaLa norma si apre con una c.d. clausola di salvezza: la disposizione,

infatti, si applica fuori dei casi di cui agli articoli 142 e 143, r.d. 6 mag-gio 1940, n. 635, recante “Regolamento per l’esecuzione del TU 18 giu-gno 1931, n. 773, delle leggi di pubblica sicurezza”.

L’articolo 142, Regolamento di esecuzione Tulps, prevede e disciplina le competenze della commissione provinciale di vigilanza.

Per cui, stante il disposto dell’articolo 38-bis, decreto legge n. 76/2020, come convertito con legge n. 120/2020, le nuove regole non si applica-no nel caso in cui debba intervenire la commissione provinciale di vigi-lanza e cioè:

a) nella composizione di cui al primo comma dell’articolo 142, eventualmente integrata con gli esperti di cui al secondo comma, per i locali cinematografici o teatrali e per gli spettacoli viaggianti di capienza superiore a 1.300 spettato-ri e per gli altri locali o gli impianti con capienza superiore a 5.000 spettatori;

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b) con l’integrazione di cui all’articolo 141-bis, terzo comma, per i parchi di divertimento e per le attrezzature da divertimento meccaniche o elettromec-caniche che comportano sollecitazioni fisiche degli spettatori o del pubbli-co partecipante ai giochi superiori ai livelli indicati con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro della sanità.

La commissione provinciale di vigilanza è nominata ogni tre anni dal prefetto ed è composta:a) dal prefetto o dal vice prefetto con funzioni vicarie, che la presiede;b) dal questore o dal vice questore con funzioni vicarie;c) dal sindaco del comune in cui si trova o deve essere realizzato il lo-

cale o impianto o da un suo delegato;d) dal dirigente medico dell’organo sanitario pubblico di base compe-

tente per territorio o da un medico dallo stesso delegato;e) da un ingegnere dell’organismo che, per disposizione regionale, svol-

ge le funzioni del genio civile;f) dal comandante provinciale dei Vigili del fuoco o suo delegato;g) da un esperto in elettrotecnica.

Possono essere aggregati, ove occorra, uno o più esperti in acustica o in altra disciplina tecnica, in relazione alle dotazioni tecnologiche del locale o impianto da verificare.

Ne possono altresì far parte, su loro richiesta, un rappresentante de-gli esercenti locali di pubblico spettacolo e un rappresentante delle orga-nizzazioni sindacali dei lavoratori designati dalle rispettive organizzazio-ni territoriali, tra persone dotate di comprovata e specifica qualificazione professionale.

Per ogni componente possono essere previsti uno o più supplenti, an-che al fine di istituire, all’occorrenza, due o più sezioni della commis-sione provinciale.

L’articolo 143, Regolamento di esecuzione Tulps, invece, si riferisce al progetto per la costruzione o la sostanziale rinnovazione di un teatro o di un locale di pubblico spettacolo che deve essere presentato al pre-fetto per l’approvazione.

Al di fuori di questi casi, è, quindi, applicabile la nuova disposizione prevista dall’articolo 38-bis, decreto legge n. 76/2020, come convertito con legge n. 120/2020, nel rispetto degli altri criteri previsti, di cui si dirà ora.

La semplificazione della procedura autorizzatoriaInnanzitutto, da evidenziare che la norma interviene nell’ottica della

direzione presa dal Legislatore nell’approvazione della recente legislazio-ne volta a far fronte alle ricadute economiche negative, nello specifico,

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per il settore dell’industria culturale, conseguenti alle misure di conteni-mento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19: per cui, il Legisla-tore ha stabilito un termine massimo di sua applicazione, e cioè il 31 di-cembre 2021, proprio perché si tratta di una legislazione di emergenza, e, quindi, limitata nel tempo.

Per la realizzazione di spettacoli dal vivo, che comprendono attività culturali quali il teatro, la musica, la danza e il musical, che si svolgono in un orario compreso tra le ore 8 e le ore 23, destinati ad un massimo di 1.000 partecipanti, ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta comunque denominato, richiesto per l’organizzazione di spettacoli dal vivo, il cui rilascio dipenda esclusiva-mente dall’accertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, è sostituito dalla segnalazio-ne certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, presentata dall’interessato allo sportello unico per le atti-vità produttive o ufficio analogo, fermo restando il rispetto delle dispo-sizioni e delle linee guida adottate per la prevenzione e il contrasto del-la diffusione del contagio da Covid-19 e con esclusione dei casi in cui sussistono vincoli ambientali, paesaggistici o culturali nel luogo in cui si svolge lo spettacolo in oggetto.

Le caratteristiche degli spettacoli Deve trattarsi, innanzitutto, di spettacoli dal vivo: la norma esemplifi-

ca citando il teatro, la musica, la danza e il musical, ma, a parere di chi scrive, tale elencazione non può ritenersi tassativa, stante il fatto che an-che altre tipologie di spettacoli dal vivo costituiscono attività culturali, quali, ad esempio, il cabaret o simili.

Da escludere, invece, qualsiasi spettacolo che non sia dal vivo, qua-le, ad esempio, il cinema o simili.

La norma non specifica il luogo ove tali spettacoli dal vivo si svolga-no, e cioè all’aperto o al chiuso: resta, però, il riferimento all’articolo 143, Regolamento di esecuzione Tulps, che sembrerebbe escludere l’applica-zione della norma nel caso in cui lo spettacolo dal vivo si realizzi in un teatro o in un locale di pubblico spettacolo, lasciando, quindi, pensare che la norma di cui all’articolo 38-bis sia applicabile esclusivamente nel caso in cui lo spettacolo dal vivo si realizzi all’aperto,

Lo spettacolo deve svolgersi in un orario compreso tra le 8 e le 23 del giorno di inizio, e, quindi, non può svolgersi oltre tale orario, se si in-tende usufruire delle agevolazioni previste dalla norma; diversamente, nel caso in cui lo spettacolo si protraesse oltre le ore 23, ovvero facesse

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parte di un evento di più ampio respiro, perché organizzato su più date, tornano in vigore le regole generali previste dagli articoli 68 e 69 Tulps.

Deve essere prevista una capienza massima di 1.000 partecipanti, non importa se seduti e/o in piedi.

Il Ministero dell’interno, con circolare prot. 11992, del 16 settembre 2020, sulla scorta di quanto previsto dall’articolo 38-bis, decreto legge n. 76/2020, ha specificato che deve essere presentata da parte dell’inte-ressato al SUAP apposita SCIA indicante il numero massimo di parteci-panti (non più di 1.000), il luogo e l’orario dello spettacolo (compreso tra le ore 8 e le ore 23), corredata dalle previste dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonché da una relazione tecnica di un professionista iscritto nell’al-bo degli ingegneri o nell’albo degli architetti o nell’albo dei periti indu-striali o nell’albo dei geometri che attesta la rispondenza del luogo dove si svolge lo spettacolo alle regole tecniche stabilite con decreto del Mi-nistro dell’interno, fermo restando il rispetto delle disposizioni e delle li-nee guida adottate per la prevenzione e il contrasto della diffusione del contagio da Covid-19, e con esclusione dei casi in cui sussistono vinco-li ambientali, paesaggistici o culturali nel luogo in cui si svolge lo spet-tacolo in oggetto.

Licenza e SCIACome è noto, tale semplificazione autorizzativa, finora, era prevista

dagli articoli 68 e 69 Tulps, per eventi fino ad un massimo di 200 parte-cipanti e che si svolgono entro le ore 24 del giorno di inizio: in tale ca-so, la licenza è sostituita dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive mo-dificazioni, presentata allo sportello unico per le attività produttive o uf-ficio analogo.

Al fine di semplificare e far fronte alle ricadute economiche negative per il settore dell’industria culturale, conseguenti alle misure di conteni-mento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, fino al 31 dicembre 2021, tale semplificazione autorizzativa (licenza sostituita da SCIA), con i limiti stabiliti dall’articolo 38-bis, che sono parzialmente diversi da quel-li previsti dagli articoli 68 e 69 Tulps, è stata prevista anche per gli spet-tacoli dal vivo entro i 1.000 partecipanti.

L’attività oggetto della segnalazione può essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competen-

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te: per cui la SCIA può essere presentata fino allo stesso giorno in cui si svolge lo spettacolo dal vivo, con tutte le consuete problematiche ope-rative, dal punto di vista del controllo dell’evento da parte degli organi di vigilanza, relative alla conoscibilità della presentazione della SCIA al SUAP territorialmente competente in orari di chiusura degli uffici, nel caso in cui l’organizzatore non abbia con sé né la copia della SCIA tra-smessa, né la ricevuta di invio della PEC al SUAP, contenente l’indica-zione degli allegati.

I controlli e le sanzioniL’amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei re-

quisiti e dei presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrati-vi a contenuto generale, nel termine di sessanta giorni dal ricevimen-to della SCIA, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi di essa. È ov-vio, quindi, che stante la possibilità di trasmissione della SCIA al SUAP nella medesima giornata di svolgimento dello spettacolo, risulta parti-colarmente di difficile applicazione l’adozione dei suddetti provvedi-menti, che potranno essere adottati solo successivamente come prov-vedimenti sanzionatori nel caso in cui si accertino delle violazioni alla normativa di riferimento.

Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiara-zioni, attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione certifi-cata di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenu-to generale è punito con la reclusione da uno a tre anni.

In caso di dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di noto-rietà false o mendaci, l’amministrazione, ferma restando l’applicazione delle sanzioni penali suindicate, nonché di quelle di cui al capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicem-bre 2000, n. 445, ed in particolare l’articolo 76, può adottare i motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione de-gli eventuali effetti dannosi di essa, anche dopo la scadenza del termine di sessanta giorni.

Art. 76 (L) – Norme penali1. Chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dal presente testo unico è punito ai sensi del codice penale e delle leggi speciali in materia. La sanzione ordinariamente prevista dal codice pe-nale è aumentata da un terzo alla metà.

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Commenti

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ConclusioneLa disposizione dell’articolo 38-bis, decreto legge n. 76/2020, ha si-

curamente introdotto delle interessanti semplificazioni per l’organizza-zione di alcune tipologie di eventi, gli spettacoli dal vivo, facilitando le incombenze burocratiche per gli organizzatori, ma, con una norma po-co chiara, per certi aspetti, ha reso molto più difficile l’attività di control-lo da parte degli uffici competenti e degli organi di vigilanza, non solo in termini di sicurezza, dal punto di vista della Safety e della Security, che rimangono, comunque, impregiudicate, per cui sarà sempre necessario il rispetto delle vigenti regole per garantire l’incolumità delle persone, ma soprattutto in termini di numero di eventi che potranno essere organizzati, soprattutto nel periodo estivo: la semplificazione amministrativa consen-te una più facile organizzazione di eventi di vario genere, e un maggior carico di lavoro per gli uffici comunali, come spesso accade in relazione ad una normativa poco chiara.

Si spera che i Ministeri competenti intervengano prontamente per for-nire i necessari chiarimenti.

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Giurisprudenza

Consiglio di Stato, sez. I, 10 luglio 2020, n. 1279

• Gioco• Centri raccolta dati/scommesse• Regime autorizzatorio• Comunicazione al Questore• Art. 1, comma 644, legge 190/2014

Il comma 644 dell’art. 1, l. 23 dicembre 2014, n. 190 deve interpretarsi nel senso che la comunicazione al Questore ivi pre-vista, se non può considerarsi alla stregua di una domanda di rilascio dell’autoriz-zazione di polizia prevista dall’art. 88 del TULPS, dà comunque origine, ove sussista-no i requisiti soggettivi e oggettivi in capo al soggetto che l’ha effettuata, a un rappor-to di controllo autorizzatorio nel corso del quale l’Autorità di pubblica sicurezza può in qualunque momento esercitare tutti i poteri di controllo previsti dal TULPS e da ogni altra norma speciale applicabile alla fattispecie, non potendo la suddetta comu-nicazione essere equiparata a una SCIA e dovendosi pertanto escludere la sussisten-za di termini perentori e decadenziali per l’esercizio dei poteri di controllo e repres-sivi del Questore.

Con importante sentenza del 10 lu-glio 2020, n. 1279, il Consiglio di Stato, Sezione I, ha affrontato e chiarito il pro-blema dei soggetti terzi, anche esteri, non collegati al totalizzatore nazionale dell’A-genzia delle dogane e dei monopoli che effettuano attività di raccolta delle scom-messe sul territorio nazionale per conto di soggetti terzi.

Come noto la questione nasce dall’art. 1, comma 644, della legge n. 190 del 2014 e dall’esigenza di porre rimedio a un am-pio contenzioso che si era in precedenza generato riguardo alla possibilità di ope-rare in Italia da parte di primari bookma-ker e gestori di case da gioco stabiliti in altri paesi dell’Unione, che agivano nel mercato italiano tramite l’intermediazio-ne di numerose agenzie, comunemente

denominate “centri di trasmissione dati” (“CTD”). Tali Centri intendevano offrire i loro servizi in locali aperti al pubblico in cui mettono a disposizione degli scommet-titori un percorso telematico che consente di accedere al server del bookmaker este-ro, al di fuori, dunque, del collegamento al totalizzatore nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Il comma 644 dell’art. 1 della legge di stabilità per l’anno 2015 (l. 23 dicem-bre 2014, n. 190) ha consentito anche ai soggetti che non hanno aderito alla rego-larizzazione prevista dal precedente com-ma 643 la prosecuzione, a determinate condizioni, dell’attività di raccolta del-le scommesse per conto di soggetti terzi, anche esteri, non collegati al totalizzato-re nazionale dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

Tuttavia, secondo il Consiglio di Stato tale comma è applicabile solo ai sogget-ti che già svolgevano l’attività di raccolta delle scommesse (così “centri di trasmis-sione dati”) alla data del 31 ottobre 2014, con esclusione dei soggetti che abbiano iniziato tale attività successivamente.

Le linee interpretative vincolanti in questa materia sono state dettate dalle note sentenze della Corte di giustizia del Lussemburgo 6 marzo 2007, nelle cause riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04 (Placanica), 16 febbraio 2012, nelle cause riunite C-72/10 e C-77/10 (Costa-Cifone) e 12 settembre 2013, nelle cause C-660/11 e C-8/12 (Biasci), con le quali è stato af-fermato che gli artt. 43 CE e 49 CE con-trastano con la normativa nazionale che escludeva dal settore dei giochi di azzar-do gli operatori costituiti sotto forma di società di capitali le cui azioni sono quo-tate nei mercati regolamentati (per difet-to di identificabilità dei soci), contrastano anche alla successiva normativa nazionale che ha imposto l’obbligo per i nuovi con-cessionari (chiamati in esecuzione della sentenza “Placanica”) di insediarsi ad una distanza minima da quelli già esistenti, ed

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ostano inoltre a una normativa naziona-le che impedisca di fatto qualsiasi attività transfrontaliera nel settore del gioco indi-pendentemente dalla forma di svolgimento della suddetta attività e, in particolare, nei casi in cui avviene un contatto diretto fra il consumatore e l’operatore ed è possibi-le un controllo fisico, per finalità di pub-blica sicurezza, degli intermediari dell’im-presa presenti sul territorio.

Ma la medesima giurisprudenza co-munitaria ha peraltro chiarito (sentenza Biasci, cause riunite C-660/11 e C-8/12, cit.) che “l’obiettivo attinente alla lotta contro la criminalità collegata ai giochi d’azzardo è idoneo a giustificare le restri-zioni alle libertà fondamentali derivanti da tale normativa, purché tali restrizioni soddisfino il principio di proporzionalità e nella misura in cui i mezzi impiegati si-ano coerenti e sistematici”.

In questo modo la giurisprudenza del-la Corte di Giustizia europea ha ricono-sciuto ed ammesso sancito il sistema del-la c.d. doppia autorizzazione, affermando che gli articoli 43 CE e 49 CE devono es-sere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che imponga alle società interessate a esercitare attività collegate ai giochi d’azzardo l’obbligo di ottenere un’autorizzazione di polizia, in aggiunta a una concessione rilasciata dal-lo Stato al fine di esercitare simili attività, poiché viene in evidenza l’obiettivo della lotta contro la criminalità collegata ai gio-chi d’azzardo che in quanto tale è idoneo a giustificare quelle misure restrittive che soddisfino il principio di proporzionalità.

La Corte del Lussemburgo ha altresì escluso l’obbligo dello Stato, nel cui ter-ritorio si intende svolgere l’attività di rac-colta delle scommesse, di riconoscere i titoli concessori/autorizzatori rilasciati dallo Stato di stabilimento dell’operato-re economico non esistendo allo stato at-tuale un “obbligo di mutuo riconoscimen-to delle autorizzazioni rilasciate dai vari Stati membri”.

Il principio comunitario sopra detto coincide con quanto affermato dalla Cor-te Costituzionale secondo la quale la di-sciplina dei giochi d’azzardo incide anche sulla materia dell’ordine pubblico, e giu-stifica la vigenza del regime autorizzato-rio previsto dagli artt. 86 e 88 del regio de-creto 18 giugno 1931, n. 773; infatti con la sentenza 27 febbraio 2019, n. 27 la Su-prema Corte ha affermato che la discipli-na dei giochi leciti deve essere ricondotta alla competenza legislativa esclusiva del-lo Stato in materia di “ordine pubblico e sicurezza” per le modalità di installazione e di utilizzo degli apparecchi da gioco le-citi e per l’individuazione dei giochi leciti.

Nota di Saverio Linguanti

Consiglio di Stato, sez. II, 27 luglio 2020, n. 4774

• Commercio• Esercizi di vicinato• Pianificazione commerciale• Integrazione con pianificazione ur-

banistica• Agibilità dei locali dell’attività com-

merciale• Requisiti igienico-sanitari• Notifica sanitaria• Competenze di ASL e Comune

La riforma della disciplina delle atti-vità commerciali attuata con il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114, ha l’innegabile me-rito di avere tentato di superare la gestione frammentata dei procedimenti ad istanza di parte per l’insediamento o la gestione delle stesse, provando a ricondurre ad uni-tà i profili oggettivi di compatibilità urba-nistico edilizia riguardanti i locali e quelli soggettivi, concernenti gli operatori.

Con riferimento agli esercizi di vici-nato, ciò è avvenuto imponendo di in-serire tra le dichiarazioni da rendere al momento dell’inoltro della “comunica-zione ad efficacia differita” di cui all’art.

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7 anche il rispetto della destinazione d’u-so dei locali (1).

La disciplina transitoria contenu-ta nell’art. 25 del richiamato d.lgs. n. 114/1998, con riferimento alle attività già in essere non prevede un tempo di adegua-mento, preoccupandosi solo di “conver-tire” automaticamente i titoli preesistenti, basati sul sistema delle tabelle merceolo-giche, alle nuove modalità di assenso, che distinguono solo il settore alimentare da quello non alimentare. Anche in caso di subingresso, inter vivos o mortis causa, la comunicazione deve comprendere il ri-spetto della destinazione urbanistica. Ciò comporta una sorta di differimento dell’en-trata in vigore delle nuove disposizio-ni urbanistiche, senza con ciò legittima-re un cambio di destinazione urbanistica di fatto, che finirebbe per risolversi in una inammissibile sanatoria generalizzata (2).

La c.d. “agibilità urbanistica” discipli-nata dagli artt. 24 e seguenti del d.P.R. n. 380/2001, implica anche la valutazione della sussistenza dei requisiti igienico-sa-nitari dei locali ed ha pertanto una portata che assorbe, ma non esaurisce, quella in passato riconducibile all’art. 220 del r.d. 27 luglio 1934, n. 1265. L’agibilità dei ma-nufatti o dei locali dove si intende svolgere un’attività commerciale rappresenta il ne-cessario ponte di collegamento fra la situa-zione urbanistico-edilizia e quella com-merciale nel senso che la non conformità dei locali per il versante urbanistico-edi-lizio si traduce nella non agibilità dei pre-detti manufatti o locali sul versante com-merciale. All’inverso, ai fini dell’agibilità, è necessario che il manufatto o il locale sia assistito dallo specifico titolo edilizio abilitativo e, più in generale, che lo stesso non rivesta carattere abusivo, esigendosi, in tal modo, una corrispondenza biunivo-ca tra conformità urbanistica dei beni ospi-tanti l’attività commerciale e l’agibilità de-gli stessi (sul punto cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 maggio 2018, n. 3212; TAR per la Cam-pania, sez. III, 9 marzo 2020, n. 1035). La

notifica sanitaria, invece, che ha sostituito la vecchia autorizzazione sanitaria di cui all’art. 2 della l. n. 283/1962, è anch’essa una forma di comunicazione del posses-so dei requisiti igienico-sanitari ma in re-lazione all’attività in concreto esercitata, che costituisce una specificazione correla-ta a verifiche più stringenti di quella com-merciale del settore alimentare (3).

La mancata registrazione della notifi-cazione sanitaria implica la necessità di in-tervenire sull’attività sia da parte della ASL che ha effettuato i controlli, onde garan-tire la tempestività dell’intervento a tutela della salute pubblica; sia dal Sindaco cui la ASL abbia dato notizia dei fattori osta-tivi riscontrati, ove sussistano gli estremi dell’ordinanza contingibile ed urgente ex art. 50 del d.lgs. n. 267/2000; ovvero in-fine dal Dirigente del Comune competen-te per materia, giusta la previsione sanzio-natoria di chiusura contenuta nell’art. 22, comma 6 del d.lgs. n. 114/1998 (e le omo-loghe previsioni regionali), che comporta la cessazione dell’attività “abusiva”, inten-dendosi per tale quella comunque svolta in assenza, anche sopravvenuta, dei requi-siti di legge (4).

1) Il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114 ha cercato di armonizzare la disciplina del commercio con quella di sviluppo del ter-ritorio, riconducendo a sistema una gestio-ne in passato caratterizzata da frammenta-rietà. Ciò è avvenuto con riferimento agli esercizi di vicinato imponendo in termi-ni generali e non rimettendone la richie-sta all’autonomia istruttoria di ogni singo-lo Ente, con la previsione dell’obbligo di indicare la regolarità a tutto tondo dei lo-cali da utilizzare per l’insediamento di at-tività produttive, compresa la compatibi-lità urbanistica. Sul piano organizzativo, è avvenuto imponendo la creazione di un’interfaccia unico per il cittadino deno-minato Sportello unico delle attività pro-duttive (SUAP), non a caso istituito con il coevo art. 24 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, anche se la disciplina regolamentare

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di dettaglio è intervenuta solo a distanza di molti anni (si veda da ultimo il d.P.R. 7 settembre 2010, n. 160). Nel contempo, la disciplina urbanistica si è sempre più svi-luppata in un’ottica onnicomprensiva, tale da assorbire in una visione di insieme tut-ti i possibili elementi di sviluppo armoni-co del territorio, da ultimo e più moderna-mente in chiave di generale valorizzazione della sicurezza urbana intesa come miglio-ramento della qualità della vita nell’urbe. Per quanto qui di specifico interesse, ad una pianificazione commerciale ispirata solo ad esigenze di sviluppo contingenta-to, ha fatto seguito un innesto della valu-tazione delle esigenze dell’imprenditoria, in un’ottica europeistica di valorizzazio-ne della concorrenza, in comparazione con altre esigenze pubblicistiche, in pri-mis l’impatto con la residenzialità (sulla finalità di “buon governo del territorio” in accezione globale, comprensiva di istan-ze ambientali lato sensu intese, della pia-nificazione commerciale, v. Cons. Stato, sez. II, 14 novembre 2019, n. 7839; id., 6 novembre 2019, n. 7560; sez. IV, 25 giu-gno 2019, n. 4343; id., 1° agosto 2018, n. 4734). Appare dunque ormai chiaro, ben diversamente dal passato, che le Ammi-nistrazioni non possono autorizzare l’in-sediamento di un’attività commerciale in contrasto con la disciplina urbanistica; egualmente tuttavia deve essere afferma-to che oggi, nel definire la pianificazione commerciale, i Comuni possono integrare quella urbanistica evitando di dar luogo ad una duplicazione degli atti di programma-zione. Ciò ha portato al consolidarsi dell’o-rientamento recentemente manifestato se-condo cui il contrasto tra pianificazione urbanistica e commerciale “non può che essere risolto nel senso che il piano com-merciale integrasse e completasse la pia-nificazione urbanistica” (Cons. Stato, sez. II, 18 novembre 2019, n. 7853).

2) Il passaggio dal previgente sistema all’attuale, sempre più orientato al supe-ramento dei precedenti disallineamenti

settoriali, non è stato privo di traumi, con riferimento alle difficoltà di garantire una transizione verso le scelte di localizzazio-ne delle attività produttive ritenute compa-tibili con i disegni di sviluppo del territorio del Comune di riferimento e nel contem-po il miglioramento qualitativo dell’offer-ta, resa all’altezza degli standard europei, mediante un rafforzamento dei requisiti igienico-sanitari, peraltro diversificati in ra-gione della tipologia dell’attività (si pensi, a mero titolo di esempio, alle difficili de-marcazioni che caratterizzano la sommi-nistrazione di alimenti e bevande, rispetto alla realizzazione di pietanze in laborato-ri artigiani, ovvero alla vendita per il con-sumo sul posto, ma senza il c.d. servizio assistito, dei prodotti alimentari, consen-tita anche agli esercizi di vicinato). L’art. 25 del d.lgs. n. 114/1998, recante la disci-plina transitoria della riforma, ha pertanto previsto una conversione automatica dei titoli di legittimazione previgenti per l’e-sercizio dell’attività di vendita dei prodot-ti appartenenti alle tabelle merceologiche di cui all’allegato 5 al decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375, e all’articolo 2 del decreto ministeriale 16 settembre 1996, n. 561, “fatto salvo il rispetto dei requisi-ti igienicosanitari”. La disciplina transito-ria si completa poi con le previsioni, ap-parentemente asistematiche, di cui all’art. 26, recante “Disposizioni finali”, laddove nell’assoggettare a mera “comunicazione” anche il trasferimento della gestione o del-la proprietà per atto tra vivi o per causa di morte, si richiama comunque l’applicabi-lità del comma 2 dell’art. 7, concernente, come già detto, anche i requisiti dei loca-li. In sostanza, attraverso una fotografia ini-ziale dello stato di fatto, ma nel contempo il suo adeguamento al nuovo quadro giu-ridico a mano a mano che venissero re-gistrati mutamenti, si è inteso garantire il graduale recepimento della nuova impo-stazione. Ciò si è tradotto in una sostan-ziale e protratta tolleranza degli insedia-menti commerciali in essere, cui non è

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stato richiesto un immediato adeguamen-to alla nuova disciplina, ovvero una tem-pistica di adeguamento, di fatto rimetten-do ai singoli Comuni l’individuazione del percorso effettivo di attuazione della rifor-ma, in assenza di specifiche indicazioni di legge regionale al riguardo.

3) Dopo l’abrogazione del comma 1 dell’art. 7 del d.lgs. n. 114/1998 ad opera del d.lgs. 26 marzo 2010, n. 59, la origi-naria “comunicazione ad efficacia differi-ta” è stata parificata alla DIA (oggi SCIA) di cui all’art. 19 della l. n. 241/1990. Uni-tamente alla stessa, l’ordinamento richie-de il possesso di due distinte tipologie di requisiti igienico-sanitari: il primo attiene comunque ai locali e dunque ne “certifi-ca” in maniera statica la funzionalità, ed è cristallizzato nella c.d. agibilità urbani-stica, che assolve anche al distinto com-pito di asseverare la regolarità degli stessi sotto tale profilo; il secondo invece è le-gato più propriamente all’effettivo utiliz-zo, tanto da implicare diversificazioni in ragione dello stesso, e trova consacrazio-ne in un documento che è l’operatore a “notificare” all’autorità competente che ne riscontra la correttezza formale e sostan-ziale, giusta le previsioni, immediatamen-te applicative, di cui al Regolamento CEE 852/2004. Esso riguarda pertanto il solo settore alimentare. L’agibilità dell’immobi-le, dunque, costituisce il presupposto del-la successiva notifica, in quanto ove man-chi la destinazione commerciale, neppure può immaginarsene l’utilizzo per una sin-gola tipologia della stessa afferente al set-tore alimentare. Il buon esito della notifica, pertanto, proprio perché correlata a tale destinazione in concreto, implica valuta-zioni più stringenti, comprensive, ad esem-pio, delle strutture utilizzate, dei materiali, della lavabilità delle superfici di appoggio, della areazione, ecc.

4) Non è sempre agevole individua-re l’autorità competente a disporre la ces-sazione, anche temporanea, delle attività commerciali, ove insorgano criticità nel

procedimento di registrazione della noti-fica sanitaria. Con d.lgs. 6 novembre 2007, n. 193, recante “Attuazione della direttiva 2004/41/CE relativa ai controlli in mate-ria di sicurezza alimentare e applicazione dei regolamenti comunitari nel medesimo settore” si è inteso colmare la rilevata lacu-na riferita al regime sanzionatorio, tra gli altri, del Regolamento CEE n. 852/2004, qui di interesse. Nel chiarire il concetto di “autorità competenti” (art. 2), si è forni-to una mera elencazione che tuttavia non contempla i Comuni. Un’analisi sistemati-ca del regime sanzionatorio riveniente da ultimo dal d.lgs. n. 193/2007, nonché dal portato testuale dell’art. 54 del Regolamen-to CEE n. 882/2004, relativo ai controlli uf-ficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di ali-menti e alle norme sulla salute e sul benes-sere degli animali, che tuttavia è specifica-mente riferito all’ambito dei prodotti per il consumo animale, induce a ritenere che un intervento cauterizzante della ASL sarebbe addirittura auspicabile, al fine di garanti-re l’effettività del rimedio, spesso connes-so all’immediatezza della sua applicazio-ne, che postula il minor passaggio di carte possibile. Resta tuttavia la competenza co-munale alla luce da un lato dell’art. 50 del TUEL; dall’altro, dell’art. 22, comma 6, del d.lgs. n. 114/1998. Sia l’agibilità che la no-tifica sanitaria sono egualmente necessarie perché l’attività sia considerata regolare e non “abusiva”: tale aggettivazione riferita alla fase dinamica dell’esercizio consente infatti un’interpretazione ampia della pre-visione del comma 6 dell’art. 22 del d.lgs. n. 114/1998 che ne ricollega la chiusura all’avvenuto riscontro di qualsivoglia ca-renza, anche sopravvenuta, dei requisiti, oggettivi e soggettivi, richiesti per lo svol-gimento dell’attività. Il che rende necessa-rio sul piano della competenza uno scru-tinio delle ragioni sottese alla scelta del provvedimento in concreto adottato, non potendosene comunque escludere, in tut-te le prospettazioni avanzate (sospensione

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a firma del dirigente ASL, ovvero a firma Sindaco, ovvero a firma del dirigente co-munale del settore), la astratta legittimi-tà. Appare caso mai sempre opportuno, nell’ottica della leale collaborazione, evi-tare una duplicazione di “sanzioni” per la medesima fattispecie.

Consiglio di Stato, sez. III, 2 novembre 2020, n. 6755

• Procedimento amministrativo• Attività amministrativa obbligatoria• Ritardo dell’azione amministrativa• Danno ingiusto• Risarcibilità

L’ingiustizia del danno e, quindi, la sua risarcibilità per il ritardo dell’azione ammi-nistrativa è configurabile solo ove il prov-vedimento favorevole sia stato adottato, sia pure in ritardo, dall’autorità competen-te ovvero sarebbe dovuto essere adottato, sulla base di un giudizio prognostico effet-tuabile sia in caso di adozione di un prov-vedimento negativo sia in caso di inerzia reiterata, in esito al procedimento.

Il giudizio prognostico sulla spettanza del bene della vita si presenta come un’ap-plicazione particolare dei principi genera-li in tema di nesso di causalità materiale e mira a stabilire quale sarebbe stato il cor-so delle cose se il fatto antigiuridico non si fosse prodotto e, cioè, se l’amministra-zione avesse agito correttamente.

Il riferimento al danno ingiusto, conte-nuto nell’art. 2-bis della l. n. 241 del 1990, secondo cui può essere chiesta la condan-na al risarcimento del danno ingiusto deri-vante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal “mancato esercizio di quella obbligatoria”, induce a ritenere che per poter riconoscere la tutela risarci-toria in tali fattispecie, come in quelle in cui la lesione nasce da un provvedimen-to espresso, non possa in alcun caso pre-scindersi dalla spettanza di un bene del-la vita, atteso che è soltanto la lesione di

quest’ultimo che qualifica in termini di in-giustizia il danno derivante tanto dal prov-vedimento illegittimo e colpevole dell’am-ministrazione quanto dalla sua colpevole inerzia e lo rende risarcibile.

Consiglio di Stato, sez. III, 2 novembre 2020, n. 6745

• Commercio prodotti agricoli• Prodotti vitivinicoli• Etichettatura• Denominazioni IGP e DOP• Disciplina• Normativa comunitaria• Finalità• Tutela dei consumatori

Dall’esame del quadro normativo, emerge chiaramente come gli acronimi DOC e IGT non individuano un marchio, poiché si tratta di denominazioni comuni ad una varietà di prodotti; si tratta, inve-ce, di denominazioni utilizzate in enolo-gia per certificare la zona di origine della raccolta delle uve utilizzate per la produ-zione del prodotto sul quale è poi appo-sto il marchio del produttore.

Gli acronimi designano entrambi un prodotto di qualità, per la cui produzione deve essere rispettato uno specifico disci-plinare di produzione approvato con de-creto ministeriale.

L’indicazione geografica è un diritto di proprietà intellettuale collettivo, in or-dine all’uso e sfruttamento del quale i sin-goli produttori godono di interesse legitti-mo; IGP o DOP, inoltre, sono condizione per rivendicare in etichetta il nome del vi-tigno utilizzato.

I prodotti IGT e DOC non si equival-gono. È bene che l’etichetta non induca confusioni nel consumatore.

Lo scopo dell’applicazione di norme di commercializzazione settoriali è quello di garantire l’agevole approvvigionamen-to del mercato con prodotti di qualità nor-malizzata e soddisfacente ed è importan-te che le norme riguardino in particolare

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la definizione tecnica, le classificazioni, la presentazione, la marchiatura e l’etichetta-tura, il condizionamento, il metodo di pro-duzione, la conservazione, ecc.

Dato l’interesse dei produttori a comu-nicare le caratteristiche dei prodotti e della produzione e l’interesse dei consumatori a ricevere informazioni adeguate e traspa-renti sui prodotti, è opportuno per il Legi-slatore europeo che sia possibile stabilire il luogo di produzione e/o il luogo di origi-ne, caso per caso, al livello geografico ade-guato, tenendo conto delle peculiarità di determinati settori, soprattutto nel caso di prodotti agricoli trasformati.

Quadro normativo

La disciplina delle Denominazioni di origine e delle Indicazioni geografi-che dei vini è dettata da Regolamenti dell’Unione Europea e da atti nazionali, nel rispetto dei principi fissati dal TFUE - Trattato sul Funzionamento dell’Unio-ne Europea, che all’art. 4.2.d) indivi-dua “agricoltura e pesca” come settori di competenza concorrente dell’Unio-ne e degli Stati membri, e all’art. 2.2 di-spone: “Quando i trattati attribuiscono all’Unione una competenza concorren-te con quella degli Stati membri in un determinato settore, l’Unione e gli Sta-ti membri possono legiferare e adotta-re atti giuridicamente vincolanti in tale settore. Gli Stati membri esercitano la loro competenza nella misura in cui l’Unione non ha esercitato la propria.”.Come si legge ai paragrafi 92 e 93 del Preambolo del Regolamento UE 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 (recante organizzazione comune dei mercati dei prodotti agricoli e che abroga i regolamenti (CEE) n. 922/72, (CEE) n. 234/79, (CE) n. 1037/2001 e (CE) n. 1234/2007 del Consiglio, ap-plicabile alla fattispecie ratione tempo-ris), nell’Unione il concetto di vino di

qualità si fonda, tra l’altro, sulle speci-fiche caratteristiche attribuibili all’ori-gine geografica del vino. I consumatori possono individuare tali vini grazie alle denominazioni di ori-gine protette e alle indicazioni geogra-fiche protette. Per permettere l’istituzione di un quadro trasparente e più completo che corrobo-ri l’indicazione di qualità di tali prodot-ti, si prevede un sistema che permetta di esaminare le domande di denominazio-ne di origine o di indicazione geografi-ca in linea con l’impostazione seguita nell’ambito della normativa trasversa-le della qualità applicata dall’Unione ai prodotti alimentari diversi dal vino e dalle bevande spiritose. Per preservare le particolari caratteri-stiche di qualità dei vini a denomina-zione di origine protetta o a indicazio-ne geografica protetta, gli Stati membri vengono autorizzati ad applicare nor-me anche più rigorose di quelle detta-te a livello europeo.Le Denominazioni di origine e le Indi-cazioni geografiche dei vini sono defi-nite all’art. 93 del Regolamento UE n. 1308/2013 e prevedono entrambe l’a-dozione di un disciplinare di produzio-ne che regola detti prodotti. Per “denominazione di origine” si in-tende il nome di una regione, di un luo-go determinato o, in casi eccezionali e debitamente giustificati, di un pae-se che serve a designare un prodotto di cui all’articolo 92, paragrafo 1 (pro-dotti vitivinicoli specificati all’allegato VIII, parte II, punto 1, punti da 3 a 6 e punti 8, 9, 11, 15 e 16, vino, vino in fer-mentazione, vino liquoroso, spuman-te ecc.) conforme ai seguenti requisiti: i) la qualità e le caratteristiche del pro-dotto sono dovute essenzialmente o esclusivamente a un particolare am-biente geografico e ai suoi fattori na-turali e umani; ii) le uve da cui è ottenuto il prodotto

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provengono esclusivamente da tale zona geografica; iii) la produzione avviene in detta zona geografica e iv) il prodotto è ottenuto da varietà di viti appartenenti alla specie Vitis vi-nifera.L’“indicazione geografica” è l’indica-zione che si riferisce a una regione, a un luogo determinato o, in casi ecce-zionali e debitamente giustificati, a un paese, che serve a designare un pro-dotto vitivinicolo conforme ai seguen-ti requisiti: i) possiede qualità, notorietà o altre pe-culiarità attribuibili a tale origine geo-grafica; ii) le uve da cui è ottenuto provengo-no per almeno l’85% esclusivamente da tale zona geografica; iii) la produzione avviene in detta zona geografica e iv) è ottenuto da varietà di viti apparte-nenti alla specie Vitis vinifera o da un incrocio tra la specie Vitis vinifera e al-tre specie del genere Vitis.Attraverso i disciplinari di produzione è possibile verificare le condizioni di produzione relative alla denominazio-ne di origine o all’indicazione geogra-fica (art. 94, comma 2).Difatti, il disciplinare contiene almeno: a) il nome di cui è chiesta la protezione; b) una descrizione del vino o dei vini: i) per quanto riguarda una denomina-zione di origine, la descrizione delle principali caratteristiche analitiche e organolettiche; ii) per quanto riguarda una indicazione geografica, la descrizione delle princi-pali caratteristiche analitiche e la valu-tazione o indicazione delle caratteristi-che organolettiche; c) se del caso, le pratiche enologiche specifiche utilizzate nell’elaborazio-ne del vino o dei vini nonché le rela-tive restrizioni applicabili a detta ela-borazione;

d) la delimitazione della zona geogra-fica interessata; e) le rese massime per ettaro; f) un’indicazione della o delle varietà di uve da cui il vino o i vini sono ottenuti; g) gli elementi che evidenziano il lega-me con l’ambiente e i fattori umani – di cui al paragrafo 1, lettera a), punto i) – oppure, nel caso dei vini IGT, il lega-me con la zona geografica – di cui al paragrafo 1, lettera b), punto i) dell’ar-ticolo 93; h) le condizioni applicabili previste dalla legislazione unionale o naziona-le oppure, se così previsto dagli Stati membri, da un’organizzazione che ge-stisce la designazione di origine protet-ta o l’indicazione geografica protetta, tenendo conto del fatto che tali condi-zioni devono essere oggettive, non di-scriminatorie e compatibili con il dirit-to dell’Unione; i) il nome e l’indirizzo delle autorità o degli organismi che verificano il ri-spetto delle disposizioni del discipli-nare di produzione, nonché le relati-ve attribuzioni.Gli articoli da 95 a 106 del Regolamen-to UE disciplinano il procedimento per il conferimento della protezione delle DOP o IGP e per la modifica dei disci-plinari, articolato in una doppia fase:a) una “procedura nazionale prelimi-nare” per verificare se la domanda sia conforme alle condizioni stabilite dal diritto dell’Unione e consentire trami-te adeguata pubblicità della domanda e del disciplinare che gli interessati pos-sano opporsi alla protezione proposta, e, in caso affermativo, inoltrare la do-manda alla Commissione; b) una procedura comunitaria di veri-fica che si conclude con l’adozione da parte della Commissione degli atti di esecuzione che conferiscono la prote-zione alla denominazione di origine o all’indicazione geografica e danno cor-so alla pubblicazione nella Gazzetta

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Ufficiale dell’Unione europea del do-cumento unico riepilogativo del disci-plinare di produzione, oppure che si conclude con il rigetto della doman-da, se le condizioni stabilite dal Rego-lamento non sono soddisfatte.L’art. 95 prevede che la domanda per il riconoscimento di una DOP o IGP possa essere presentata “da qualunque gruppo di produttori” ed esclusivamen-te per i vini che producono.L’art. 105 prevede che “ogni richieden-te che soddisfi le condizioni previste all’articolo 95 può chiedere l’appro-vazione di una modifica del discipli-nare di una denominazione di origine protetta o di un’indicazione geogra-fica protetta, in particolare per tener conto dell’evoluzione delle conoscen-ze scientifiche e tecniche o per rivede-re la delimitazione della zona geogra-fica di cui all’articolo 94, paragrafo 2, secondo comma, lettera d). La doman-da descrive le modifiche che ne costi-tuiscono l’oggetto e illustra le relative motivazioni”.Le relative norme nazionali sono con-tenute nella legge 12 dicembre 2016 n. 238, recante la disciplina organica della coltivazione della vite, della pro-duzione e commercializzazione del vino, e in alcuni decreti ministeriali, fra i quali il d.m. 7 novembre 2012, tuttora in vigore, che disciplina la “Procedu-ra a livello nazionale per la presenta-zione e l’esame delle domande di pro-tezione delle DOP e IGP dei vini e di modifica dei disciplinari, ai sensi del Regolamento (CE) n. 1234/2007 e del decreto legislativo n. 61/2010” (riferi-menti normativi superati dalle più re-centi normative). Per quanto riguarda, in particolare, la modifica dei disciplinari DOP e IGP, l’art. 36 della legge n. 238/2016 ri-chiama le disposizioni concernenti l’individuazione dei soggetti legittima-ti alla presentazione della domanda e

il contenuto della domanda stessa di cui all’art. 32, il rispetto della procedu-ra nazionale preliminare e della proce-dura dell’Unione europea previste dal Regolamento UE n. 1308/2013 per il riconoscimento. La procedura preliminare naziona-le, ai sensi dell’art. 32 della citata leg-ge n. 238, è regolata con decreto del Ministro, adottato previa intesa con la Conferenza stato-regioni, non ancora adottato; sicché trova applicazione il precedente d.m. del 7 novembre 2012. L’art. 33, comma 3, della legge 238/2016 dispone che il riconosci-mento dell’IGT (e così pure la modi-fica del disciplinare) è riservato ai vini provenienti dalla rispettiva zona vitico-la a condizione che la relativa richie-sta sia rappresentativa di almeno il 20 per cento, inteso come media, dei viti-coltori interessati e di almeno il 20 per cento della superficie totale dei vigne-ti oggetto di dichiarazione produttiva a IGP nell’ultimo biennio. L’art. 10 del d.m. 7 novembre 2012 prevede, quanto alle domande di mo-difica dei disciplinari: “1. Per la proce-dura nazionale relativa all’esame delle domande di modifica del disciplina-re, che comportano una o più modifi-che del documento unico di cui all’art. 118-quater, par. 1, lettera d) del Reg. (CE) n. 1234/2007, si applicano, mu-tatis mutandis, le disposizioni previste dal presente decreto per l’esame delle domande di protezione, fatte salve le opportune differenziazioni di cui ai se-guenti comma (omissis)”.Tranne ipotesi particolari di modifi-che, la domanda deve essere avallata (in caso di vini IGP) dalla percentuale di cui al richiamato art. 33, comma 3, della legge 238/2016. Quanto al conferimento della protezione delle DOP e IGP (o secondo le menzio-ni specifiche tradizionali DOCG, DOC e IGT, ex art. 28 della legge n. 238/2016),

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l’art. 32 dispone che avviene contestual-mente all’accoglimento della rispettiva domanda di protezione da parte della Commissione europea (comma 1). Una volta espletata la procedura na-zionale, a decorrere dalla data di pre-sentazione alla Commissione europea della domanda di protezione o della domanda di modifica del disciplina-re, i vini della relativa DO o IG posso-no essere etichettati in conformità alle vigenti norme dell’Unione europea, a condizione che il soggetto richiedente sia a ciò preventivamente autorizzato dal Ministero, d’intesa con la compe-tente regione (comma 3). Analogamente avviene nel caso di mo-difica del Disciplinare.Va precisato ulteriormente, per com-pletare il quadro della protezione ac-cordata ai vini di qualità, che a sensi dell’art. 103 del Regolamento UE, le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette posso-no essere utilizzate da qualsiasi opera-tore che commercializza vino prodotto in conformità con il relativo disciplina-re di produzione (par. 1).Le denominazioni di origine protette e le indicazioni geografiche protette e i vini che usano tali denominazioni pro-tette in conformità con il relativo disci-plinare sono protette contro: a) qualsiasi uso commerciale diretto o indiretto del nome protetto (per prodot-ti comparabili non conformi al discipli-nare del nome protetto, o nella misu-ra in cui tale uso sfrutti la notorietà di una denominazione di origine o di una indicazione geografica);b) qualsiasi usurpazione, imitazione o evocazione, anche se l’origine vera del prodotto è indicata o se il nome protetto è una traduzione, trascrizione o traslit-terazione o è accompagnato da espres-sioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, “gusto”, “come” o espressioni simili;

c) qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla provenienza, all’origine, alla natura o alle qualità es-senziali del prodotto usata sulla confe-zione o nella pubblicità o in conteni-tori che possono indurre in errore sulla sua origine; d) qualsiasi altra pratica che possa in-durre in errore il consumatore sulla vera origine del prodotto.L’art. 117 del Regolamento definisce l’etichettatura, precisando che si in-tendono per “etichettatura” i termini, le diciture, i marchi di fabbrica o di commercio, le immagini o i simboli fi-guranti su qualsiasi imballaggio, do-cumento, cartello, etichetta, nastro o fascetta che accompagnano un dato prodotto o che ad esso si riferiscono.L’etichettatura deve contenere obbli-gatoriamente l’espressione “denomi-nazione di origine protetta” o “indi-cazione geografica protetta” e il nome della denominazione di origine protet-ta o dell’indicazione geografica protet-ta (art. 119, par. I); mentre può con-tenere altre indicazioni facoltative, quali l’annata, il nome di una o più varietà di uve da vino, ecc. (art. 120).Inoltre, l’art. 31 della l. 238/2016 pre-vede che “i vini a DO e i vini a IG pos-sono utilizzare nell’etichettatura nomi di vitigni o loro sinonimi, menzioni tra-dizionali, riferimenti a particolari tec-niche di vinificazione e qualificazioni specifiche del prodotto (comma 11) e che “le specificazioni, menzioni e indi-cazioni di cui al presente articolo, fat-ta eccezione per la menzione “vigna”, devono essere espressamente previste negli specifici disciplinari di produzio-ne, nell’ambito dei quali possono esse-re regolamentate le ulteriori condizioni di utilizzazione nonché definiti para-metri maggiormente restrittivi rispetto a quanto indicato nel presente artico-lo” (comma 13).Quanto ai controlli e alla vigilanza sui

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giurispruDenza

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prodotti vitivinicoli, ai sensi dell’ar-ticolo 146 del Regolamento UE n. 1308/2013, il Ministero è designato quale autorità nazionale competen-te incaricata di controllare l’osservan-za delle norme dell’Unione europea nel settore.Oltre alle norme nazionali contenute nella legge n. 238/2016, trovano ap-plicazione le disposizioni del d.m. n. 7552 del 2 agosto 2018. L’art. 64 della legge n. 238 dispone che la verifica annuale del rispetto del di-sciplinare nel corso della produzione e durante e dopo il confezionamento del vino è effettuata da Autorità pub-bliche e da organismi di controllo pri-vati, che operano come organismi di certificazione dei prodotti, accreditati e iscritti presso apposito elenco tenuto dal Ministero.La scelta dell’organismo di controllo è effettuata, tra quelli iscritti nell’elenco, dai soggetti proponenti le registrazio-ni, contestualmente alla presentazio-ne dell’istanza di riconoscimento del-la DO o dell’IG. I controlli comportano l’esecuzione degli esami chimico-fisici e organo-lettici (questi ultimi previsti solo per i vini DOC) a cura dell’organismo di controllo autorizzato per la specifica IGP o DOP.L’organismo di controllo verifica la con-formità ai requisiti stabiliti nel discipli-nare di produzione e assicura l’eviden-za documentale delle azioni e delle attività previste dal piano dei control-li approvato, mettendo a disposizione delle autorità competenti tale docu-mentazione (art. 8 d.m. 2 agosto 2018).Ai sensi dell’art. 5, Allegato 2 al citato d.m., il Comitato di certificazione de-gli organismi di controllo – coerente-mente ai requisiti previsti al punto 6.1 della UNI CEI EN ISO/IEC 17065:2012 – deve valutare la conformità de-gli esiti analitici rispetto ai parametri

chimico-fisici e, quando previsti (per i DOC), a quelli organolettici stabiliti dal disciplinare.Tutti i soggetti partecipanti alla filie-ra delle produzioni a DOP o IGP sono automaticamente inseriti nel sistema di controllo al momento della rivendica-zione di ciascuna produzione tutelata.In particolare, l’art. 65 della legge n. 238/2016, ai fini della rivendicazio-ne dei vini a DOCG e DOC, prescri-ve che la verifica a cui devono essere sottoposte le relative partite da parte del competente organismo di control-lo comporta l’esecuzione dell’analisi chimico-fisica e organolettica che atte-sti la corrispondenza alle caratteristiche previste dai rispettivi disciplinari, con le modalità stabilite dallo stesso articolo. La positiva attestazione è condizione per l’utilizzazione della denominazio-ne ed ha validità di centottanta gior-ni per i vini a DOCG, di due anni per i vini a DOC, di tre anni per i vini a DOC liquorosi. Per la rivendicazione dei vini a IGT è, invece, previsto solo l’esame analitico, comune peraltro anche ai vini DOCG e DOC, esame che deve riguardare alme-no i valori degli elementi stabiliti dal-la vigente normativa dell’Unione euro-pea e quelli caratteristici propri di cui al rispettivo disciplinare di produzione. L’esame organolettico, previsto solo per i vini a DOCG e DOC, è effettuato da apposite Commissioni di degustazione, tra cui quelle istituite presso le came-re di commercio, industria, artigianato e agricoltura, indicate dal competente organismo di controllo per le relative DOCG e DOC. Tale esame è suscettibi-le di appello da parte di apposita Com-missione, incaricata della revisione del-le risultanze degli esami organolettici.Il d.m. del 2 agosto 2018 stabilisce le procedure e le modalità per l’esecuzio-ne degli esami analitici e organolettici mediante controlli sistematici per i vini

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a DOCG e per le DOC con produzione annuale certificata superiore a 10.000 ettolitri; mediante controlli a campio-ne per le DOC con produzione annua-le certificata inferiore a 10.000 ettolitri, sebbene anche in tale ipotesi, le singo-le DOC possano optare per esami orga-nolettici mediante controlli sistematici.

TAR Lazio, sez. III-quater, 23 novembre 2020, n. 7265

• Emergenza Covid-19• Commercio• Grande struttura di vendita• Ordinanza regionale di chiusura• Legittimità

Deve essere respinta la domanda, pre-sentata da una grande struttura di vendita, di sospensione, con decisione monocrati-ca, dell’ordinanza del Presidente della Re-gione Lazio del 13 novembre 2020, ret-tificata con ordinanza del 14 novembre 2020, che prevede che nei giorni festivi e prefestivi sono chiuse le grandi struttu-re di vendita di cui all’art. 15, comma 1, lett. l), l. reg. Lazio 6 novembre 2019, n. 22 (Testo Unico del Commercio), indi-pendentemente dalla tipologia di attività svolta, fatte salve le attività commerciali dirette alla vendita di generi alimentari, le farmacie, parafarmacie, le tabaccherie ed edicole; è, infatti, prevalente la tutela del-la salute pubblica, assicurata anche con la limitazione dell’accesso alle grandi strut-ture di vendita e dalla conseguente ridu-zione di movimentazione di popolazione.

Pur accedendo alla affermata tesi del giudice costituzionale sulla insussisten-za di un interesse tiranno, vale a dire di un interesse che sia sempre e comunque

prevalente sugli altri interessi in gioco, dovendosi invece valutare caso per caso quale esso sia alla luce delle circostanze, nella valutazione comparata del pregiu-dizio dedotto, di carattere economico e per definizione ristorabile, e di carattere sanitario, è stata costantemente affermata la prevalenza dell’interesse pubblico alla tutela della salute.

L’ordinanza del Consiglio di Stato n. 4323/2020, esattamente rileva come la prevalenza debba essere riconosciuta al principio di precauzione, che prevale an-che su quello della libera determinazione dell’iniziativa economica.

L’ordinanza del Presidente della Re-gione Lazio è stata assunta nel quadro di numerose e diverse decisioni rimesse a plurime autorità e con natura e rango nor-mativo differenti a partire dall’inizio del-la fase emergenziale sanitaria Covid-19. Il fondamento comune, di tutti i provve-dimenti – di natura e finalità diverse – sin qui adottati da autorità politiche governa-tive, nazionali, territoriali e tecniche, è sta-to, ed è anche nel caso in esame, quello di assicurare, secondo il principio di mas-sima precauzione, la salute dei cittadini, in quanto valore costituzionale primario e non negoziabile, tanto da comprimere – nei limiti e modi di volta in volta rite-nuti indispensabili – anche l’esercizio di diversi diritti o libertà dei cittadini, primo fra tutti il diritto alla libera circolazione.

Il parametro cui la valutazione di le-gittimità in questa fase di sommaria deli-bazione si deve conformare, non può che essere anzitutto il diritto alla salute, e alla luce di questo si devono esaminare ulte-riori, e diverse, posizioni di interesse e diritto anch’esse costituzionalmente rile-vanti, quale la libera iniziativa economi-ca privata in regime di piena concorrenza.

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Disciplina della concorrenza e della tutela dei consumatori

Francesca Sebastio (*)

Atti comunali e tutela della concorrenza

Sommario: 1. Premessa – 2. Gli interventi dell’Autorità Garante della Concorrenza – 3. I settori interessati – 4. Le separazioni societarie e la preventiva comunicazione all’Autorità Antitrust – 5. Rassegna sulle recenti segnalazioni dell’Autorità Antitrust su atti comunali – 6. Considerazioni conclusive.

1. PremessaLa presente rassegna è finalizzata a mettere in relazione le delibe-

re comunali con il diritto a tutela della concorrenza, evidenziandone i principi espressi dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, i cui provvedimenti sono stati pubblicati nel Bollettino Ufficiale, nonché sul sito istituzionale1.

Nell’ottica di coniugare i principi della concorrenza e della tutela del mercato, con le delibere di enti locali sono evidenziate in tale sede le criticità che taluni provvedimenti adottati dai comuni sono suscettibili di segnare il libero gioco della concorrenza. Al riguardo, si tratta di con-temperare gli interessi diffusi dei cittadini con quegli interessi superiori co-stituzionalmente garantiti, quali: la salute (art. 32 Cost.), l’istruzione (art. 34 Cost.) o il lavoro (art. 4 Cost.), l’agricoltura e le relative politiche agri-cole (art. 44 Cost.), la libertà di stampa, come l’editoria (art. 21 Cost.), o come il commercio locale o, anche, il turismo (articoli 9, 16, 32 e 36)2, riconducibili nella libertà d’iniziativa economica privata (art. 41 Cost.), e che in ogni caso, assumono particolare rilevanza generale e sociale, qua-li la sicurezza o la materia ambientale3.

(*) Ogni opinione espressa è a titolo personale e non coinvolge l’istituzione di apparte-nenza.(1) www.agcm.it. (2) Il turismo è una materia di interesse generale in quanto coinvolge un numero ele-vato di individui, pertanto trova disciplina nella Costituzione italiana in vari punti del-la Costituzione italiana: art. 9, della Cost. “tutela del paesaggio, del patrimonio artistico e culturale”, art. 16 “libertà di circolazione, soggiorno ed espatrio”, art. 36 “diritto al ri-poso e alle ferie”. (3) Si fa riferimento agli interessi diffusi e/o collettivi, osservando che la dottrina preva-

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DisCiplina Del CommerCio e Dei servizi 4/2020

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Sotto quest’ultimo aspetto, al livello di ordinamento europeo e nazio-nale sussiste una preferenza per favorire la protezione dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile a diversi livelli d’intervento normativo e rego-lamentare e attraverso il ricorso a diversi strumenti, inclusa l’adozione di misure “indirette” per la valorizzazione nel tessuto socio-economico di determinati interessi pubblici ritenuti meritevoli non soltanto di tutela ma anche di promozione o incentivo.

Si fa riferimento, a titolo di esempio, in ambito legislativo di fonte pri-maria, a strumenti di natura fiscale o finanziaria volti ad incentivare o di-sincentivare (es. sugar tax o plastic tax) determinate produzioni di beni o servizi4. Analoghe logiche si riscontrano in ambito amministrativo, a pre-scindere dagli interessi direttamente perseguiti dall’azione pubblica; si as-siste infatti sempre più al ricorso a misure volte a tutelare indirettamen-te e contestualmente interessi ulteriori e diversi. Ciò si verifica, a titolo di esempio, in ambito dei cosiddetti “appalti strategici” o “socialmente responsabili”5. Le gare pubbliche rappresentano, infatti, sempre più l’oc-casione per dare ingresso a forme di promozione e di tutela di interessi diffusi ritenuti particolarmente meritevoli, anche a prescindere dalla ti-pologia di beni o servizi oggetto dell’acquisizione.

Appartiene alla sfera ‘politica’ la scelta di quali siano gli interessi pub-blici da tutelare e con quale determinazione e, come tale non sindaca-

lente rimarca l’eventuale distinzione solo sotto il profilo del diverso ambito processua-listico, per la quale cfr., tra i molti, B. caravita, Interessi diffusi e collettivi, in Dir. soc., 1982, 187; aa.vv., Rilevanza e tutela degli interessi diffusi: modi e forme di individuazio-ne e protezione degli interessi della collettività, Milano, 1978; S. caSSeSe, Gli interessi dif-fusi e la loro tutela, in L. LanFranchi (a cura di), La tutela degli interessi collettivi e diffusi, Torino, 2003, p. 569 ss.; M. nigro, Le due facce dell’interesse diffuso: ambiguità di una formula e mediazioni della giurisprudenza, in Foro it., 1987, V, 9; A. oreStano, Interessi seriali, diffusi e collettivi: profili civilistici di tutela, in S. menchini (a cura di), Le azioni se-riali, Napoli, 2008, 24.(4) Si fa riferimento ad esempio, agli ecobonus, ossia detrazioni fiscali per acquisti di mezzi di trasporto ecosostenibili, oppure alla sugar o plastic tax per disincentivare l’uso di determinati prodotti. (5) Si richiama al riguardo la Direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Con-siglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, in base alla quale la normativa sugli appalti dovrebbe permettere ai committenti “di far-ne un miglior uso per sostenere il conseguimento di obiettivi condivisi a valenza sociale” (considerando n. 2): si pensi, ad esempio, all’inserimento nei bandi di gara di taluni di-vieti (uso di determinate sostanze chimiche nella fabbricazione) o obblighi (impiego di macchine efficienti dal punto di vista energetico o riduzione al minimo dei rifiuti).

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bile se non nei limiti del rispetto dei principi costituzionali e del quadro normativo nazionale ed europeo.

Tuttavia, le “modalità” concretamente attuate dagli apparati locali per tutelare gli interessi dei cittadini, possono e devono essere esaminate per accertare la compatibilità con i principi di concorrenza, ugualmente me-ritevoli di tutela, sia per garantire la sopra accennata iniziativa economica individuale e sia al fine di tutelare il mercato da possibili abusi da parte di operatori particolarmente aggressivi, sia per promuovere la presenza di una pluralità di operatori nei settori interessati, a beneficio dei consu-matori, in ragione del fatto che gli interessi da dover bilanciare sulla ba-se dei principi di equità e di proporzionalità sono funzionalmente colle-gati all’ottimizzazione del benessere collettivo, come già rilevato dalla Corte Costituzionale6.

L’attività di repressione di accordi concordati, abuso di posizione do-minante, del monitoraggio di atti normativi o delibere di Enti locali, ai sensi degli articoli 21, 21-bis e 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, è espressione del ruolo strategico svolto dall’istituzione nel reprimere da un lato condotte distorsive della concorrenza e dall’altro, nell’avocare a sé quei provvedimenti anche di natura normativa suscettibili di crea-re alterazioni o distorsioni della concorrenza nei settori di cui molti or-ganismi locali si occupano, sebbene non sempre le indicazioni contenu-te nelle segnalazioni vengono accolte dai destinatari delle segnalazioni a cui sono indirizzate.

2. Gli interventi dell’Autorità Garante della ConcorrenzaL’attività di advocacy dell’Autorità Garante della Concorrenza e del

Mercato, concerne l’attività di segnalazione agli organismi legislativi cen-trali, come il Parlamento e il Goveno, ai sensi dei poteri di segnalazione assegnati dall’art. 21, nonché di advocacy ossia d’impugnare atti norma-tivi di fonte primaria e secondaria, inclusi quelli deliberati da autonomie locali, ai sensi dell’art. 21-bis e di attività consultiva, ai sensi dell’art. 22,

(6) Secondo la Corte cost. 22 luglio 2010, n. 270/2010 la libertà di concorrenza “ha «una duplice finalità: da un lato, integra la libertà di iniziativa economica che spetta nella stessa misura a tutti gli imprenditori e, dall’altro, è diretta alla protezione della collettività, in quanto l’esistenza di una pluralità di imprenditori, in concorrenza tra loro, giova a mi-gliorare la qualità dei prodotti e a contenerne i prezzi» (cit. sentenza 16 dicembre 1982 n. 223); in secondo luogo, (...) la concorrenza costituisce un «valore basilare della liber-tà di iniziativa economica [...] funzionale alla protezione degli interessi dei consumatori» (cit. sentenza 15 maggio n. 241)” (punto 8).

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legge n. 287/1990. I principi proporzionalità e di ragionevolezza, sanci-ti a livello comunitario dalla Giurisprudenza della Corte di Giustizia7 e dalla Corte Costituzionale, sono peraltro sostenuti nei pareri e segnala-zioni stabilite dall’Autorità.

Secondo i principi stabiliti dalla Corte di Giustizia, gli atti provvedi-mentali nazionali, di ostacolo all’esercizio delle libertà fondamentali ga-rantite dal Trattato devono soddisfare quattro condizioni: “devono appli-carsi in modo non discriminatorio, essere giustificati da motivi imperativi di interesse pubblico, essere idonei a garantire il conseguimento dello scopo perseguito e non andare oltre quanto necessario per il raggiungi-mento di questo”8. Le restrizioni al libero esercizio di attività economi-che, per soddisfare il requisito della proporzionalità, devono essere “ido-nee a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non eccedere quanto è necessario per il suo raggiungimento” e “una normativa nazio-nale è idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo invocato solo se essa soddisfa effettivamente l’esigenza di conseguirlo in modo coerente e sistematico”9. La scelta tra più misure appropriate deve basarsi sul princi-pio della proporzione: “si deve ricorrere alla meno restrittiva e (...) gli in-convenienti in tal modo causati non devono essere sproporzionati rispet-to agli scopi perseguiti”10.

L’attività di segnalazione e consultiva dell’Autorità Garante della Con-correnza e del Mercato si svolge tenendo in considerazione i principi espressi dalla Corte Costituzionale in una sentenza non recentissima, ma che pone le basi dei criteri da seguire nella valutazione di fattispecie di-storsive della concorrenza, secondo cui la “libertà di concorrenza” costitui-sce manifestazione della libertà d’iniziativa economica privata, che, ai sensi del 2° e del 3° comma dell’art. 41 Cost., ed è suscettibile di limita-

(7) Corte Giust., 17 gennaio 2008, cause riunite C-37/06 e C-58-06, punto 33, in cui si precisa che il criterio di proporzionalità “costituisce un principio generale del diritto co-munitario”.(8) Corte Giust., 30 novembre 1995, causa C-55/94, punto 37; cfr. anche Corte Giust., 7 luglio 2005, causa C-514/2003, punto 51; Corte Giust., 31 marzo 1993, causa C-19/92, punto 32.(9) Corte Giust., 11 giugno 2015, causa C-98/14, punto 64; cfr. anche Corte Giust., 12 luglio 2012, causa C-176/11, punto 22; Corte Giust., 10 febbraio 2009, causa C-110-05, punto 59; Corte Giust., 20 settembre 2007, causa C-297/05, punto 75; Corte Giust., 15 marzo 2007, causa C-54/05, punto 38; Corte Giust., 20 settembre 2007, causa C-297/05, punto 75.(10) Corte Giust., 17 gennaio 2008, cause riunite C-37/06 e C-58-06, punto 35; cfr. an-che Corte Giust., 9 marzo 2010, cause riunite C-379/08 e C-380/08, punto 86.

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zioni giustificate da ragioni di “utilità sociale” e da “fini sociali” (punto 8). Pertanto, “l’attenzione per interessi diversi si può tradurre in un potere di valutazione, in sostanza di regolazione generale, comunque non tecnica, demandato normalmente all’autorità politica” (punto 8.5)11. Dunque, al-la luce dei suindicati criteri, l’attività di advocacy tiene in considerazio-ne i principi stabiliti dagli organismi giurisdizionali comunicati e costi-tuzionali, come nel caso di un atto di regolametario che va assoggettato ad una valutazione secondo un criterio di ragionevolezza, che secondo quanto prospettato dalla Corte, richiede un duplice accertamento preli-minare, sulla (i) identificazione in un atto o delibera emanata da un Ente locale di quegli interessi in grado di giustificare la regolazione “desumi-bili anche in via interpretativa, e se sia stata realizzata una scelta propor-zionata ed adeguata” (punto 9); (ii) gli interessi generali siano identifica-ti e ritenuti sussistenti come riconducibili alle clausole generali di «utilità sociale» e «fini sociali» di cui all’art. 41, secondo e terzo comma, Cost. e che detta l’individuazione non appaia arbitraria (punto 8.1). In senso analogo quegli interessi che attengono prevalentemente alla sfera econo-mica12 possono essere ricondotti nella sfera della “utilità sociale” e “fini sociali” quando vengano a impattare sugli stessi in ragione della gravità della situazione economica e della particolarità del comparto economi-co di riferimento (punto 8.1)13.

3. I settori interessatiL’intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato

su atti e o provvedimenti emanati dai Comuni, ha riguardato quei setto-ri che controllano l’attività amministrativa di gestione della cosa pubbli-ca locale. I poteri d’intervento pubblico dell’Autorità Garante della Con-correnza e del Mercato conferiti dalla legge n. 287/1990, riguardando da un lato all’aspetto ‘repressivo’ dell’attività nei confronti delle condot-te poste in essere dalle imprese idonee a creare distorsioni nei mercati sotto il profilo concorrenziale mentre dall’altro lato, la natura dell’attivi-

(11) Corte cost. 22 luglio 2010, n. 270/2010, cit. (12) Nel caso di specie si trattava di “fronteggiare una situazione di gravissima crisi di un’impresa (...), che svolgeva un servizio pubblico essenziale del quale doveva essere garantita la continuità (...), peraltro in un settore particolare, notoriamente di importan-za strategica per l’economia nazionale, meritevole di distinta considerazione, che esige-va di scongiurare distorsioni ed interruzioni suscettibili di ricadute sistemiche in ulterio-ri comparti” (punto 9).(13) Corte cost. 22 luglio 2010, n. 270/2010, cit.

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tà di Segnalazione e consultiva su atti degli Enti locali è qualificabile co-me ‘promozionale’, ossia diretta a ‘promuovere’ i principi del diritto del-la concorrenza, con conseguente beneficio dei consumatori, in termini di efficienza e di costi dei servizi pubblici resi ai cittadini.

Secondo una classificazione generale sono stati suddivisi gli interventi dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora in poi indi-viduata come AGCM) per grandi aree di settori merceologici, a loro volta suddivisi in interventi repressivi avverso comportamenti di imprese rite-nuti distorsivi della concorrenza che hanno originato da atti o provvedi-menti provenienti da taluni Enti comunali, in violazione delle norme an-titrust e di atti o delibere comunali che sono stati oggetto di segnalazione o di attività di advocacy da parte dell’Autorità antitrust. Le principali gran-di aree d’intervento hanno riguardato: 1) i servizi pubblici; 2) i servizi fi-nanziari e intermediazione monetaria; 3) ambiente e smaltimento dei ri-fiuti solidi, delle acque di scarico e simili; 4) comunicazioni e dei servizi postali; 5) il commercio; 6) lavoro e occupazione e corsi di formazione; 7) servizi cimiteriali; 8) il trasporto pubblico locale (TPL); 9) sport, turi-smo e attività ricettive.

Infine, si richiamano le recenti osservazioni espresse dall’AGCM at-traverso la segnalazione del 5 novembre 2020, indirizzata al Presidente dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani, oltre che al Presiden-te del Consiglio dei Ministri, riguardo all’incerto quadro giuridico nor-mativo che disciplina delle modalità di pagamento alle Amministrazioni Pubbliche, in ordine alle modalità ed ai soggetti che devono essere effet-tivamente coinvolti nel sistema di pagamento verso le Amministrazioni pubbliche attraverso la piattaforma PagoPA14.

Dal punto di vista dell’attività di segnalazione e consultiva, svolta ai sensi degli articoli 21, 21-bis e 22, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, i principali settori d’intervento da parte dell’Autorità Garante della Con-correnza e del Mercato hanno riguardato le problematiche concorrenzia-li sulle “limitazioni all’esercizio dell’attività di impresa”, fra le quali spic-cano le restrizioni relative a “leggi o provvedimenti amministrativi che alterano le condizioni di concorrenza”. Posizione altrettanto preminente ricoprono le segnalazioni e i pareri in materia di “gare e appalti”15, fra i

(14) S4007- S4007 – Non solo PagoPA per il pagamento alle amministrazioni pubbliche, Comunicato Stampa del 5 novembre 2020, in www.agcm.it.(15) Alla luce della Direttiva 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE. Nell’ambito dell’attività di Advocacy, numerose sono state le segnalazioni sulle gare Consip.

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quali, numerosi sono stati gli interventi relativi ad “affidamenti (di appalti, subappalti e concessioni) senza gara”, quelli diretti a segnalare “rinnovi automatici e proroghe di concessioni”, mentre in via residuale le restri-zioni alla concorrenza segnalate hanno riguardato le caratteristiche del-la gara (in cui sono stati messi in rilievo le problematiche legate ai requi-siti di partecipazione e/o aggiudicazione, all’ampiezza dei lotti di gara, alle ATI, e via discorrendo).

4. Le separazioni societarie e la preventiva comunicazione all’Autorità Antitrust

Il rapporto tra gli interventi dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e le attività d’impresa legate allo svolgimento di attività eco-nomiche che impattano a livello locale, hanno implicato poche fattispecie per le quali è stata riscontrata la violazione dell’articolo 8, comma 2-se-xies, circa l’inottemperanza agli obblighi ex art. 8, commi 2-bis e 2-ter, della legge n. 287/1990, in merito all’istituto della separazione societaria.

L’obbligo di separazione societaria disciplinato dalla norma suindica-ta è finalizzato principalmente ad escludere il rischio che le imprese ti-tolari di diritti speciali o esclusivi possano beneficiare di vantaggi con-correnziali ingiustificati riconducibili alla possibilità di attuare pratiche di sussidio incrociato tra attività riservate e altri servizi forniti in regime di libero mercato.

Il suindicato articolo 8, comma 2-bis, della legge n. 287/1990 dispo-ne che le imprese che per disposizione di legge esercitano la gestione di servizi di interesse economico generale, qualora intendano svolgere atti-vità in mercati diversi da quelli in cui agiscono per l’adempimento degli specifici compiti loro affidati, debbano operare mediante società sepa-rate. In base al successivo comma 2-ter, la costituzione di società e l’ac-quisizione di posizioni di controllo in società operanti nei mercati diversi di cui al comma 2-bis sono soggette a preventiva comunicazione all’Au-torità. La ratio della norma è quella di impedire azioni di forza/potere su risorse/vantaggi ottenuti dall’affidamento di servizi di interesse economi-co generale in mercati diversi da quelli relativi a tali servizi, in cui sono presenti altri operatori in concorrenza16.

(16) La ratio dell’obbligo di separazione societaria, introdotto dall’art. 11 della legge n. 57/2001, che ha novellato sul punto l’art. 8 della legge n. 287/1990, consiste nell’avver-tita necessità, a tutela della concorrenza, di operare una divisione più netta, attraverso un intervento di carattere organizzativo strutturale, tra le attività in convenzione soggette a obblighi di servizio pubblico e le altre attività in concorrenza in cui operano o possono

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Sotto tale aspetto, è stata accertata la violazione dell’obbligo di comu-nicare all’Autorità la separazione societaria da parte di una società attiva nell’autotrasporto di linea locale su gomma che aveva esteso la propria attività anche nel servizio di autotrasporto di persone su gomma in am-bito interregionale e, nonostante l’accertata violazione dell’obbligo del-la separazione societaria e di notifica all’Autorità con la delibera stabili-ta nel 201417, ha continuato a effettuare il servizio oggetto di censura18. Nel medesimo settore dell’autotrasporto, si ricorda una decisione di ac-certata mancata comunicazione dell’obbligo di comunicazione preven-tiva all’Autorità nella laguna di Venezia, in base alla quale la società affi-dataria di servizi aggiuntivi di trasporto pubblico locale effettuava alcune linee commerciali di trasporto passeggeri via mare nell’ambito della la-guna di Venezia senza avere operato una separazione societaria tra le su-indicate attività di traporto e quelle relative al TPL19.

potenzialmente operare una pluralità di imprese. Il legislatore, infatti, valutando insuffi-ciente il vincolo della sola separazione contabile, ha introdotto una ulteriore misura pro-concorrenziale di portata generale e applicabile a tutti i settori economici, che integra le normative settoriali, al fine di evitare che l’impresa in monopolio o titolare di un diritto speciale approfitti della propria posizione di vantaggio nei mercati in cui sono presen-ti altri operatori. La previsione dell’obbligo di separazione societaria di cui all’articolo 8 della legge n. 287/1990 assolve dunque a finalità di tutela della concorrenza, cui viene riconosciuto un ruolo centrale nella costituzione economica, riportando in una posizio-ne di parità le imprese che competono o possono competere in un determinato mercato. (17) AGCM 9 aprile 2014, n. 24878, caso SP151 – A.I.R autoservizi irpini-servizi di tra-sporto interregionali di competenza statale, in Boll. n. 17/2014. L’impresa sanzionata ha gestito 4 autolinee bi-regionali che collegano la provincia di Avellino con la Capitale e la provincia di Campobasso, autorizzate dalla Regione Campania, senza contribuzione pubblica, ai sensi degli artt. 5 e 39 della legge regionale 3/2002.(18) AGCM 23 maggio 2018, n. 27185, in Boll. n. 24/2018, caso SP151B – A.I.R auto-servizi irpini-servizi di trasporto interregionali di competenza statale, procedura d’inot-temperanza. Nella procedura di accertamento d’inottemperanza alla decisione del 2014, la società pubblica affidataria dei servizi minimi di TPL di interesse provinciale e regio-nale, sulla base di contratti conclusi con gli Enti locali competenti, dopo la notifica della delibera n. 24878 del 9 aprile 2014, avvenuta il 30 aprile 2014, ha continuato a svolge-re direttamente, in regime di concorrenza e in assenza di separazione societaria, anche l’attività di trasporto di persone su gomma su tratte bi-regionali e statali autorizzate dalla Regione Campania e dal Ministero dei trasporti.(19) AGCM 23 novembre 2016, n. 26252, SP158 – Alilaguna-servizi di trasporto pubbli-co locale nella Laguna di Venezia, in Boll. n. 44/2016. In base a tale decisione, Alilaguna (la società affidataria dal Comune di Venezia) aveva posto in essere le seguenti condot-te in contrasto con la normativa a tutela della concorrenza: i) la violazione dell’articolo 8, comma 2-bis della legge n. 287/1990, in quanto Alilaguna – affidatario in regime di

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Si aggiunge anche che non vale a esimere dal rispetto degli obblighi di separazione societaria e, dunque, dell’omessa comunicazione all’Au-torità, la previsione di una mera separazione contabile, anche laddove rispondente alla normativa comunitaria applicabile al settore interessato, poiché il legislatore nazionale ha ritenuto necessaria una divisione più netta tra attività in convenzione e attività liberalizzate, poiché si stabili-sce insufficiente il vincolo della sola separazione contabile. Ulteriori set-tori interessati dall’accertata violazione dell’obbligo di separazione socie-taria e omessa comunicazione all’Autorità Antitrust hanno riguardato il comparto dei servizi di carico scarico nelle aree aeroportuali, le cui con-dotte da parte della Società concessionaria per la gestione totale dell’ae-roporto di Venezia, svolgendo direttamente, in regime di concorrenza, le attività relative ai servizi di assistenza a terra passeggeri e merci, rispet-tivamente presso l’aerostazione di aviazione generale e presso l’aerosta-zione cargo dell’aeroporto di Venezia Tessera20. Anche il settore portuale è stato coinvolto nella verifica dell’omessa separazione societaria e della preventiva comunicazione all’Autorità21, secondo cui la società Coopera-tiva affidataria in regime di esclusiva dei servizi tecnico-nautici di interes-se generale di ormeggio e battellaggio nel porto e nella rada di Piombino e Tor del Sale sulla base del “Regolamento per il servizio di ormeggio e battellaggio nel porto e nella rada di Piombino e Tor del Sale”, approvato con ordinanza n. 19/09 del 7 aprile 2009, emanata dall’Ufficio Circon-dariale Marittimo di Piombino e di quanto previsto dall’articolo 14, com-ma 1-bis della legge n. 84/1994, avrebbe esteso la propria attività, anche

esclusiva dei servizi di interesse pubblico di TPL sulle linee di navigazione lagunare “Li-nea Blu”, “Linea Rossa” e “Linea Arancio” – ha svolto e continua a svolgere il servizio di trasporto “commerciale” sulla linea di navigazione “Linea Verde” e i servizi “atipici” so-pra descritti; ii) la violazione dell’articolo 8, comma 2-ter della medesima legge, in quan-to Alilaguna, non avendo proceduto ad alcuna separazione societaria, ha violato gli ob-blighi di comunicazione preventiva previsti dalla norma.(20) AGCM 22 aprile 2015, n. 25449, SP156 – Save-servizi di handling nell’aeroporto di Venezia, in Boll. n. 16/2015. SAVE ha posto in essere le seguenti condotte in violazione della normativa a tutela della concorrenza: i) una condotta in violazione dell’articolo 8, comma 2-bis della legge n. 287/1990, in quanto ha offerto servizi di assistenza a terra di passeggeri e merci, senza operare tramite una società distinta, bensì secondo la sola mo-dalità di separazione contabile; ii) una condotta in violazione dell’articolo 8, comma 2-ter della legge n. 287/1990, in quanto SAVE, non avendo proceduto ad alcuna separazione so-cietaria, ha violato gli obblighi di comunicazione preventiva previsti dalla norma.(21) AGCM 25 febbraio 2015, n. 25358, SP155 – Gruppo Ormeggiatori e Barcaioli di Piombino-Operazioni e Lavori Portuali, in Boll. n. 10/2015.

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sulle attività di: a) allestimento e posa passerelle per i traghetti; b) apertu-ra e chiusura varchi e cancelli e assistenza agli scivoli; c) manutenzione di parabordi e strutture di ormeggio; d) interventi subacquei; e) assisten-za e recupero di unità da diporto; f) trasporto merci e provviste di bordo; g) altri servizi c.d. “accessori”.

5. Rassegna sulle recenti segnalazioni dell’Autorità Antitrust su atti comunali

Il maggior coinvolgimento degli atti emanati dai comuni trova riscon-tro nelle segnalazioni espresse dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato attraverso l’attività cosiddetta di Advocacy dell’Istituzione, ai sensi degli articoli 21, 21-bis e 22, della legge 10 ottobre 1990, n. 287.

Nell’ambito dei rapporti tra atti degli Enti comunali e l’attività di advo-cacy dell’Autorità Antitrust, si registra la segnalazione ai sensi dell’art. 21, legge n. 287/1990, in merito alla disciplina delle modalità di pagamento alle Amministrazioni Pubbliche per quanto riguarda l’identificazione dei metodi di versamento veicolati attraverso la piattaforma PagoPA, essen-do stata oggetto di modifiche, deroghe e proroghe normative che hanno creato incertezza nei soggetti coinvolti22.

1) I servizi pubbliciLe delibere comunali nei cui riguardi sono state deliberate talune se-

gnalazioni ai sensi dell’art. 21, legge n. 287/1990, nel settore dei servizi pubblici, l’Autorità Garante ha formulare alcuni rilievi riguardo ai possibili effetti restrittivi della concorrenza derivanti dalla deliberazione del Consi-

(22) AGCM 3 novembre 2020, Rif. AS1706 – Comune di Faenza (Ra) – Disciplina delle modalità di Pagamento alle Amministrazioni Pubbliche, in Boll. n. 9/2020. Nella segna-lazione è stato rilevato che, nonostante il Codice dell’amministrazione digitale preveda un obbligo generalizzato di utilizzo esclusivo della piattaforma PagoPA, le relative Linee Guida precisano che si possano affiancare anche altri metodi di pagamento, tra cui la domiciliazione bancaria (Sepa Direct Debit o SDD). Allo stesso tempo il d.l. n. 34/2020 (c.d. decreto Rilancio) prevede che gli enti territoriali possano addirittura “premiare” i cittadini che per i pagamenti s’avvalgano della domiciliazione bancaria, applicando una riduzione fino al 20% dell’aliquota. Inoltre, ci sono state deroghe e proroghe relative al giorno di decorrenza dell’obbligo, che è stato dapprima prorogato al 30 giugno 2020 e poi al 28 febbraio 2021. Il disomogeneo quadro normativo, secondo l’Autorità, ha gene-rato incertezza nelle Amministrazioni Pubbliche, tanto che alcune, anche importanti dal punto di vista demografico, hanno ristretto al solo sistema PagoPA le modalità ammes-se per i pagamenti (escludendo, ad esempio, la domiciliazione bancaria per il pagamen-to di tasse come la TARI).

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glio Comunale di Lucca n. 17 del 31.3.2015 con la quale è stato appro-vato il “Piano operativo di razionalizzazione delle società e delle parteci-pazioni societarie direttamente o indirettamente detenute dal Comune di Lucca e relazione tecnica”. In particolare, il piano medesimo prevedeva un riassetto delle partecipazioni della società Gesam Spa, società attiva nella distribuzione di gas e – sia direttamente che indirettamente – in al-tre attività tra cui lo svolgimento di alcuni servizi pubblici, della quale il Comune di Lucca, attraverso la capogruppo Lucca Holding Spa, ha una partecipazione di maggioranza. L’assetto societario era sottoposto al pre-vio consenso degli altri soci di Gesam Spa (rappresentati dalla società To-scana Energia Spa e dal Comune di Capannori (LU)), affinché il Comune intendeva procedere al riassetto attraverso una scissione asimmetrica di Gesam. Con la approvazione del Piano, pertanto, la delibera comunale dava mandato alla Lucca Holding di attuare la scissione mediante “un’op-portuna sequenza di operazioni straordinarie”, che di fatto implicavano la ricerca di un accordo con gli altri soci di Gesam. Sotto tale profilo, è stato ricordato dall’Autorità che “un ente pubblico come il Comune di Lucca, al fine di preservare la concorrenza e la parità di trattamento con sogget-ti privati tra loro in competizione sui rispettivi mercati, deve aver cura di garantire, nella esecuzione di operazioni suscettibili di comportare la ces-sione di partecipazioni pubbliche, la più ampia partecipazione possibile per la presentazione di eventuali offerte, laddove le stesse siano pratica-bili, assicurando comunque, in ogni caso, la massima pubblicità, traspa-renza e non discriminazione”. L’Autorità, nel richiamare i principi, pun-tualmente ribaditi nell’articolo 10 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante “Testo Unico in materia di società a partecipazione pub-blica”, ha invitato il Comune di Lucca a rispettare scrupolosamente nella esecuzione di tutte le operazioni, attraverso le quali avesse inteso opera-re, il riassetto delle proprie partecipazioni societarie23. Il principio stabi-lito nella prassi decisionale è assicurare la trasparenza e la parità di trat-tamento per il maggior numero di partecipanti all’assegnazione di attività economiche per la gestione di servizi pubblici. In materia di concessio-ni è stato espresso un parere in merito alla legge n. 205/2017 (c.d. legge di Bilancio 2018) che ha trasferito alla competenza legislativa esclusiva delle Province Autonome la suindicata disciplina in esame, mentre il de-creto legge n. 135/2018 (c.d. decreto Semplificazioni 2) ha attribuito la

(23) AGCM 9 novembre 2016, Rif. AS1327 – Comune Di Lucca – Affidamento Servizi Pubblici, in Boll. n. 45/2016.

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materia alla competenza legislativa concorrente delle Regioni, dettando una normativa di principio e rimettendo quella di dettaglio ad apposite leggi regionali da adottare entro il 31 marzo 2020, termine prorogato dal decreto legge n. 18/2020 (c.d. decreto Cura Italia) al 31 ottobre 2020 ed ulteriori sette mesi per le Regioni interessate dalle elezioni amministrati-ve regionali. I principi espressi in tale parere riguardano, in primo luogo, il fatto che nella materia della “tutela della concorrenza”, attribuita alla competenza legislativa esclusiva statale, di cui all’articolo 117, comma 2, lett. e) Cost., rientra l’intera disciplina delle procedure di gara, com-prensiva della tempistica delle gare, della definizione del contenuto dei bandi, nonché dell’onerosità delle concessioni messe a gara nel settore idroelettrico, in quanto volta a garantire e promuovere la concorrenza in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. Infatti, la frammentazio-ne normativa derivante dall’adozione di discipline regionali non omoge-nee, innalzando i costi di partecipazione alle gare, è idonea ad alterare il contesto concorrenziale, penalizzando in particolar modo gli operato-ri di minori dimensioni24.

2) I servizi finanziari e intermediazione monetariaNell’ambito dei servizi d’Intermediazione monetaria e finanziaria, la

segnalazione effettuata ai sensi dell’art. 21-bis della legge n. 287/1990, ha riguardato l’Avviso Pubblico di manifestazione di interesse da parte dei Consorzi di garanzia collettiva dei fidi di cui all’articolo 106 del Te-sto Unico Bancario (di seguito anche “TUB”) per “l’adesione ad un pro-tocollo di intesa volto ad agevolare e sostenere l’accesso al credito delle imprese del territorio in attuazione alla delibera del Consiglio Comunale n. 13 del 27 maggio 2020 e successiva della Giunta Comunale n. 73 del 3 giugno 2020”, che prevedeva tra i “Requisiti di partecipazione” quel-lo di “essere consorzio di garanzia collettiva dei fidi (CONFIDI) iscritto nell’Elenco Speciale degli Intermediari Finanziari, previsto dall’articolo 106 del TUB, in grado di intermediare con gli Istituti Bancari al fine di of-frire alle imprese condizioni agevolate di accesso al credito”. In questo modo, è stato rilevato che era preclusa, di fatto, ai Confidi minori, di cui agli artt. 112 e 112-bis, la possibilità di manifestare interesse per l’adesio-ne al protocollo di intesa con il Comune di Villorba. Tale discriminazio-ne è apparsa idonea a determinare consequenziali limitazioni anche sul

(24) AGCM 3 settembre 2020, Rif. AS1697 – Disciplina in materia di rilascio delle con-cessioni di grande derivazione idroelettrica, in Boll. n. 37/2020.

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numero di piccole e medie imprese che possono accedere a tali servizi e sulle relative condizioni concorrenziali. Il requisito di partecipazione soggettivo previsto nell’Avviso Pubblico si poneva in contrasto con i prin-cipi a tutela della concorrenza, della libertà di stabilimento e della libe-ra circolazione dei servizi, riconosciuti dagli artt. 45, 49 e 56 Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea e dagli articoli 41 e 117, comma 2, lett. e) della Costituzione25. Il Comune di Villorba, all’esito della segna-lazione comunicata, non ha più dato seguito a tale atto amministrativo che nel frattempo era scaduto e non più efficace, senza avere proceduto ad alcuna approvazione di finanziamenti.

3) Ambiente e smaltimento dei rifiuti solidi, delle acque di scarico e simili

Sotto il profilo dei servizi ambientali, nell’ambito del sistema gestio-ne rifiuti urbani, della filiera del c.d. “CSS” (Combustibile Solido Se-condario), in un altro parere espresso ai sensi dell’art. 22, della legge n. 287/1990, è stato ribadito che nella filiera del CSS esistono profili discri-minatori, nella misura in cui risultavano idonei a favorire alcune catego-rie di operatori a danno di altre26.

(25) AGCM 7 agosto 2020, Rif. AS1704 – Comune di Villorba (Tv) – Accesso al Credi-to delle Imprese del Territorio Comunale, in Boll. n. 44/2020, alla luce della segnalazio-ne inviata, il Comune di Villorba è tenuto a “comunicare all’Autorità, entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione del presente parere, le iniziative adottate per rimuovere le violazioni della concorrenza sopra esposte. Laddove entro il suddetto termine tali inizia-tive non dovessero risultare conformi ai principi concorrenziali sopra espressi, l’Autorità potrà presentare ricorso entro i successivi trenta giorni”. Ciò in base al potere d’impugna-re delibere di Enti pubblici assegnato all’Autorità (c.d. Advocacy).(26) AGCM 14 settembre 2020, Rif. AS1699 – Regione Lazio – Sistema Gestione Rifiu-ti Urbani e Conferimento del Combustibile Solido Secondario (Css), in Boll. n. 38/2020. Nella Regione Lazio lo smaltimento in discarica dei rifiuti indifferenziati, nonché il loro conferimento ad impianti di trattamento meccanico-biologico, avviene dietro pagamen-to, da parte dei Comuni conferitori, di una tariffa definita dalla Regione sulla base del-la dichiarazione dei costi (a preventivo e a consuntivo) presentata dalla società che ge-stisce l’impianto. Viceversa, le condizioni economiche dei termovalorizzatori laziali per il ritiro del CSS sono definite autonomamente dai gestori degli impianti stessi. Tale asset-to regolamentare della filiera del recupero energetico dei rifiuti risulta “asimmetrico”, at-teso che impone una tariffa solo a una parte degli impianti, ovvero a quelli finalizzati al trattamento dei rifiuti indifferenziati per la produzione di CSS, generando, per questi ul-timi, rilevanti distorsioni concorrenziali e di mercato, aggravatesi negli ultimi anni, dato il costante aumento dei prezzi loro richiesti dai gestori di impianti di termovalorizzazio-ne per il trattamento del CSS.

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Sempre in materia ambientale e riciclaggio di materiali plastici, in una procedura di infrazione alle norme propriamente definite antitrust, l’Au-torità Garante ha accertato un’abuso di posizione dominante nel mercato italiano dei servizi di avvio a riciclo e recupero degli imballaggi plastici in Pet ad uso alimentare (bottiglie di plastica per acqua e bibite), che ven-gono offerti ai produttori chiamati a ottemperare agli obblighi ambientali. La sanzione irrogata è stata di oltre 27 milioni di euro dopo che, a otto-bre 2019, l’Antitrust aveva adottato misure cautelari perché fossero eli-minate tempestivamente le pretese esclusive di Corepla sui materiali rin-venienti dalla raccolta differenziata urbana. In tal senso, è stata verificata la grave violazione dell’art. 102 del Trattato sul Funzionamento dell’U-nione Europea, in quanto Corepla ha attuato un’articolata strategia volta a ostacolare l’operatività di Coripet, il consorzio costituito dai produtto-ri di bottiglie in plastica per liquidi alimentari, in precedenza aderenti a Corepla, autorizzato ad operare in via provvisoria dal Ministero dell’am-biente da aprile 2018 sulla base di un progetto innovativo di avvio a re-cupero e riciclo del Pet27.

In materia di servizi di smaltimento dei rifiuti solidi, delle acque di scarico e simili, l’Autorità è intervenuta in una segnalazione, ai sen-si dell’art. 22 della legge n. 287/1990, in merito ai diritti e agli obblighi dei Comuni (o dei loro delegati), gestori della raccolta urbana e titolari in esclusiva, tra l’altro, della raccolta differenziata della plastica sul pro-prio territorio, nei rapporti con i consorzi di filiera incaricati di ottempe-rare gli obblighi di EPR (Extended Producer Responsibility) che gravano sui produttori loro associati. I principi stabiliti concernono alcuni quesi-ti formulati dall’ANCI: è stato chiesto all’Autorità (a) “se [..] i limiti mas-simi di gestione in capo a ciascun consorzio debbano essere necessaria-mente garantiti individuando corrispondenti obblighi di conferimento in capo ai Comuni, chiarendone le relative basi giuridiche, o se i medesimi limiti possano essere soddisfatti anche mediante accordi tra i singoli con-sorzi, essendo sul piano concorrenziale rilevante il risultato e non il me-todo per raggiungerlo”; (b) se i Comuni abbiano facoltà di collocare sul mercato le frazioni da raccolta differenziata ove rilevino una convenien-za economica; (c) se i Comuni abbiano l’obbligo di sottoscrivere accor-di volontari con i consorzi di filiera al fine di vedersi riconoscere i previ-sti corrispettivi; (d) se i Consorzi siano legittimati al ritiro dei materiali da

(27) AGCM comunicato stampa del 10 novembre 2020, in https://www.agcm.it/pubbli-cazioni/bollettino-settimanale.

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raccolta differenziata pur in assenza di una specifica convenzione con i Comuni/delegati. Sotto il primo profilo, è stato ritenuto che i limiti mas-simi di gestione in capo a ciascun consorzio debbano essere necessa-riamente garantiti, individuando corrispondenti obblighi di conferimen-to in capo ai Comuni. La ripartizione, ai sensi l’articolo 221 del d.lgs. n. 152/2006 (Testo Unico dell’Ambiente), richiede “un necessario raccor-do con il gestore locale pur in caso di coesistenza di più sistemi di com-pliance cui i produttori possono attribuire mandato ad assolvere agli ob-blighi di Extended Producer Responsibility (EPR) in via alternativa (ogni produttore individua uno tra i consorzi esistenti per l’adempimento de-gli obblighi su di esso incombenti)”. In sintesi, il parere è nel senso che i “Comuni/delegati che desiderino incassare i corrispettivi della raccolta, a fronte della consegna dei rifiuti ai consorzi, devono stipulare accordi con i consorzi esistenti (allo stato per la plastica COREPLA e CORIPET), conferendo agli stessi pro quota i rifiuti da raccolta differenziata e rice-vendo i relativi corrispettivi”28.

4) Le comunicazioni e i servizi postaliNell’ambito delle comunicazioni e dei servizi postali, si sono registrati

alcuni pareri espressi ai sensi dell’art. 22, della legge n. 287/1990, riguar-do al profilo della liberalizzazione dei servizi di notificazione a mezzo posta di atti giudiziari e multe per violazioni del Codice della strada, in cui sono state ribadite le criticità che impedivano e impediscono ancora il pieno sviluppo delle dinamiche concorrenziali nel mercato sopra in-dicato, con specifico riferimento alle lacune di natura informativa e or-ganizzativa che non consentono l’espletamento della procedura forma-tiva prevista dall’articolo 9 dell’Allegato A alla Delibera n. 77/18/CONS dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, così come delineata dalle Linee Guida del Ministero della giustizia del marzo 2019. Al riguar-

(28) AGCM 4 agosto 2020, Rif. AS1690 – ANCI – Rapporti tra i Comuni o loro delegati e i consorzi autorizzati per l’avvio a riciclo dei rifiuti da imballaggi in plastica, in Boll. n. 33/2020. La ripartizione secondo il parere espresso dall’Autorità, non può che essere at-tuata applicando la percentuale basata sul volume totale sulla base delle quote di com-petenza di ogni consorzio (calcolate in percentuale sui volumi di imballaggi immessi al consumo dai rispettivi produttori associati sul totale degli imballaggi immessi al consu-mo nel territorio nazionale) alla raccolta di ogni ambito territoriale locale, determinando corrispondenti obblighi in capo ai gestori della raccolta, non potendo questi ultimi attri-buire la totalità della raccolta ad un solo consorzio che, in base alla normativa vigente, non avrebbe titolo a effettuare la ripartizione dei volumi tra gli altri consorzi.

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do, è stato osservato che “nonostante l’approvazione delle nuove Linee Guida del Ministero della giustizia – che appaiono risolvere le criticità che ostacolavano l’organizzazione dei corsi di formazione richiesti dalla normativa secondaria di settore da parte degli operatori postali alterna-tivi – nelle more dell’implementazione dei suddetti corsi, che potrebbe non essere di immediata attuazione, sussiste un vantaggio non replicabi-le per l’unico operatore postale attualmente in grado di dare esecuzione al servizio, segnatamente Poste Italiane Spa nella sua qualità di fornitore del servizio postale universale”. Nel medesimo parere è stato rappresen-tato che l’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni, deputata istitu-zionalmente a emanare la normativa secondaria formativa, è stata solleci-tata con altro parere espresso sempre ai sensi dell’art. 22, l. n. 287/1990 di adottare “misure suscettibili di estendere anche a Poste Italiane Spa gli obblighi formativi in parola, onde garantire a tutti gli operatori postali pa-rità di trattamento in relazione ai citati obblighi ed evitare, in tal modo, il permanere di vantaggi a favore del fornitore del servizio postale univer-sale non replicabili da parte degli operatori postali alternativi”29. Inoltre, tenuto conto del processo di liberalizzazione del servizio di notifiche di atti giudiziari, in altro parere è stato ribadito il principio che “il ricorso a procedure di gara ad evidenza pubblica è sempre auspicabile in quanto esse rappresentano uno strumento idoneo a consentire il pieno esplicarsi delle dinamiche concorrenziali di mercato”. Ciò al fine di assicurare la piena contendibilità del mercato e la parità di trattamento tra operatori. In altra segnalazione, è stata rilevata l’opportunità di prevedere la “ripar-tizione del servizio in più lotti funzionali e geografici, onde consentire la più ampia partecipazione di operatori postali, anche in possesso di licen-ze individuali regionali o in possesso dei requisiti professionali ed opera-tivi per lo svolgimento dei servizi a monte e a valle all’attività di notifica in senso proprio”. È stata richiamata, altresì, l’attenzione “sulla necessi-tà di tenere in debita considerazione i parametri dimensionali adeguati e minimi, individuati dall’AGCom nella Delibera n. 77/18/CONS, riguar-do, rispettivamente, al numero di addetti richiesti per lo svolgimento dei servizi di notifica a mezzo posta e al numero di punti giacenza”, ricor-rendo anche a “strumenti alternativi ai punti di giacenza, idonei ad evita-re il rischio della mancata consegna, quali, a titolo esemplificativo, nuovi e ulteriori tentativi di recapito da parte degli operatori, gli appuntamenti

(29) AGCM 9 marzo 2020, Rif. AS1656 – Liberalizzazione Servizi di notificazione a mezzo posta di atti giudiziari e violazioni al codice della strada – parere al Comune di Genova, in Boll. n. 16/2020.

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telefonici e le consegne concordate con il destinatario”, in quanto stru-menti più favorevoli ai consumatori per limitare “al minimo i disagi deri-vanti dall’inesitato sia per il mittente che per il destinatario”30. In materia di servizi liberalizzati di recapito di notifiche giudiziarie e multe, inoltre, si evidenzia un altro parere espresso invece, ai sensi dell’art. 21-bis, nei confronti un bando di gara per le Amministrazioni Pubbliche della Re-gione Emilia-Romagna pubblicato il 15 maggio 2020 sulla piattaforma SATER dall’Agenzia regionale di sviluppo dei mercati telematici – Inter-cent-ER, avente ad oggetto l’affidamento dei servizi di notificazione tra-mite posta di verbali per violazioni al Codice della strada e servizi di no-tificazione tramite posta diversi da quelli relativi a violazioni al Codice della strada. L’atto oggetto della segnalazione e quelli ad esso correlati, con riferimento particolare al capitolato tecnico e al disciplinare di gara, con i quali l’Agenzia aveva definito i requisiti, le condizioni e le modali-tà di partecipazione alla selezione nonché i criteri di valutazione appli-cabili presentavano alcuni aspetti suscettibili di confliggere con i princi-pi di libera concorrenza e parità di trattamento e non discriminazione.

Nello specifico, si trattava di previsioni nel bando di gara di requisiti particolari che rivestivano carattere discriminatorio per gli operatori po-stali privati a favore del fornitore del Servizio Universale, Poste Italiane Spa. A seguito dell’avvenuta ricezione del paree dell’Antitrust, l’Agenzia regionale di sviluppo dei mercati telematici Intercent-ER, con determi-nazione dirigenziale n. 335 del 17.7.2020, ha disposto la soppressione delle previsioni – contenute nel capitolato tecnico e, pertanto, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha deciso che “non impugnerà davanti al TAR competente la documentazione adottata dall’Agenzia re-gionale di sviluppo dei mercati telematici Intercent-ER per l’affidamento del servizio di notificazione tramite posta per le Amministrazioni Pubbli-che della Regione Emilia-Romagna, in considerazione di quanto rilevato a seguito del parere trasmesso ai sensi dell’articolo 21-bis della legge n. 287/1990 circa della procedura di gara in questione”31.

(30) AGCM 15 giugno 2020, Rif. AS1685 – Roma Capitale – Liberalizzazione dei servi-zi di notificazione a mezzo posta degli atti giudiziari e delle violazioni del codice della strada, in Boll. n. 29/2020.(31) AGCM 14 luglio 2020, Rif. AS1702 – Regione Emilia-Romagna – Bando di gara per l’affidamento del servizio di notificazione tramite posta per le amministrazioni pubbli-che, in Boll. n. 42/2020. Nello stesso senso, AGCM 14 luglio 2020, Rif. AS1693 – Prefet-tura di Roma – Bando per l’affidamento del servizio di gestione integrata delle notifiche degli atti giudiziari, in Boll. n. 35/2020.

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5) Il commercioTra i settori d’interesse a livello locale figura il commercio come set-

tore particolarmente importante per l’economica di un Ente locale. Con riferimento particolare alla disciplina di apertura e di chiusura degli eser-cizi commerciali, l’AGCM è recentemente intervenuta, ai sensi dell’art. 22, legge n. 287/1990, su una richiesta di parere formulata dal Dipar-timento in merito alla proposta di schema di norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Trentino-Alto Adige, recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1978, n. 1017 (Nor-me di attuazione dello statuto speciale della Regione Trentino-Alto Adi-ge in materia di artigianato, incremento della produzione industriale, ca-ve e torbiere, commercio, fiere e mercati), in materia di orari di apertura e chiusura degli esercizi commerciali. In tale parere è stato affermato il principio della libertà di apertura degli esercizi commerciali, senza limi-ti territoriali o vincoli di qualsiasi altra natura, compresi quelli in mate-ria di orari di apertura. Sul punto, infatti, l’articolo 31 del d.l. 6 dicembre 2011, n. 2011 (decreto Salva Italia) ha novellato l’articolo 3, comma 1, lett. d-bis, del d.l. 4 luglio 2006, n. 2232 (decreto Bersani), il quale, così come modificato, dispone che “le attività commerciali, come individuate dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, e di somministrazione di alimenti e bevande, sono svolte, tra l’altro, senza i seguenti limiti e pre-scrizioni: (...) d) il rispetto degli orari di apertura e di chiusura, l’obbligo della chiusura domenicale e festiva, nonché quello della mezza giornata di chiusura infrasettimanale dell’esercizio”. Al riguardo, è stato ribadito che “le restrizioni alla libertà degli operatori economici in materia di ora-ri e di giornate di apertura e di chiusura degli esercizi commerciali osta-colano il normale dispiegarsi delle dinamiche competitive, riducendo la possibilità degli operatori di differenziare il servizio adattandolo alle ca-ratteristiche della domanda. Tali restrizioni sono, pertanto, suscettibili di peggiorare le condizioni di offerta e la libertà di scelta per i consumatori, senza che abbiano una valida giustificazione in termini di efficienza dal punto di vista degli operatori, né tanto meno di tutela di particolari inte-ressi pubblici”. Ciò premesso, il reinserimento di limiti e vincoli in mate-ria di orari e di apertura e chiusura degli esercizi commerciali in una nor-mativa di una Regione a Statuto Speciale, costituisce, secondo il parere espresso, un ostacolo al libero dispiegarsi delle dinamiche concorrenzia-li voluto dalla disciplina nazionale e eurounitario. Una norma restrittiva di tal genere, ha concluso l’AGCM, “potrebbe presentare profili di inco-stituzionalità nei limiti in cui risulta in contrasto con la normativa statale di liberalizzazione, così invadendo la potestà legislativa esclusiva dello

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Stato in materia di tutela della concorrenza e violando, quindi, l’articolo 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione”32.

6) Lavoro e occupazione e corsi di formazionePer quanto concerne le libere professioni, con riguardo particolare al

reclutamento di professionisti in ambito locale, nella specie di una ASL presso un Comune di Frosinone, l’AGCM ha esercitato le competenze consultive in merito ad un “Avviso pubblico per l’affidamento di incari-chi ad avvocati esterni della ASL di Frosinone” (di seguito, Avviso), ap-provato dalla Azienda Sanitaria di Frosinone (ASL Frosinone) con Deli-berazione n. 2016 del 7 novembre 2019, nell’esercizio dei poteri di cui all’articolo 22 della legge 10 ottobre 1990, n. 287. Le osservazioni sol-levate hanno riguardato i requisiti richiesti per partecipare alla selezione che, concerneva, nello specifico, la dimostrazione “di aver patrocinato negli ultimi 5 anni in aziende sanitarie pubbliche o private in almeno 10 procedimenti di qualunque natura (civile, lavoristica, tributaria, ammini-strativa e penale), indicando il numero di RG ed il foro adito”. Il requisito richiesto dall’azienda sanitaria locale, secondo quanto si legge nel pare-re, è stato ritenuto limitativo e discriminatorio nei confronti di altri pro-fessionisti interessati alla selezione e non assicurava una più ampia par-tecipazione. È stato rilevato nel parere che: “se è giustificabile richiedere una qualificata esperienza professionale nel settore sanitario”, dall’altro lato non appariva necessario “aver patrocinato unicamente in strutture sanitarie e per un numero predeterminato di procedimenti negli ultimi 5 anni”. Una tale lunga esperienza, si sarebbe potuta rinvenire in “un pro-fessionista esperto del settore sanitario che, pur non avendo patrocinato aziende sanitarie in 10 procedimenti di varia natura negli ultimi 5 anni, si sia comunque occupato per diversi anni di assistenza legale a favore di soggetti privati o di attività di consulenza legale nella medesima mate-ria, acquisendo quindi le competenze richieste”. Sotto tale profilo, è stato stabilito il principio di non discriminazione in materia di selezione pro-fessionale: in una procedura selettiva di avvocati, non dovrebbero essere previsti taluni requisiti quantitativi restrittivi della concorrenza, quali i li-miti numerici non proporzionati all’accesso all’albo da parte di soggetti

(32) AGCM 2 ottobre 2020, Rif. AS1705 – Regione Trentino-Alto Adige – Modificazioni al d.P.R. 1017/1978 in materia di orari degli esercizi commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande, in Boll. n. 44/2020. Nello stesso senso AGCM 4 agosto 2020, Rif. AS1694 – Provincia Autonoma di Trento – Disciplina delle aperture nei giorni domenica-li e festivi, in Boll. n. 35/2020.

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che potrebbero essere adeguatamente qualificati in termini di esperien-za nel settore sanitario, oltre che in termini generali di esperienza profes-sionale. In quest’ottica, dunque, è stato auspicato che l’ASL di Frosinone rivedesse i requisiti richiesti nell’Avviso e nel Regolamento in modo da superare i rilievi formulati dall’Autorità33.

7) Servizi cimiteriali L’Autorità ha più volte evidenziato, nell’ambito della propria attività di

segnalazione e consultiva (advocacy), i profili di criticità concorrenziale delle normative (nazionali e locali) che disciplinano il settore dei servizi cimiteriali. Si fa riferimento, in particolare, alle modalità di affidamen-to della gestione dei servizi cimiteriali e alla incompatibilità tra tale ulti-ma attività e l’esercizio delle attività funebri, incluse quelle marmoree e lapidee. I principi espressi nei pareri emessi riguardano da un lato l’esi-genza di garantire livelli di servizio minimi nei confronti di soggetti par-ticolarmente vulnerabili e dall’altro non introdurre requisiti sproporzio-nati per lo svolgimento e la prestazione di tali servizi. Si fa riferimento a normative che prevedono a livello normativo locale: a) una Programma-zione territoriale stringente e modalità e procedure per ottenere l’auto-rizzazione; b) requisiti dimensionali, di formazione e di esercizio dell’at-tività non giustificabili e onerosi, oltre che sproporzionati.

In una recente segnalazione è stata affrontata la questione di gestione separata per le società a cui un Comune affida l’espletamento dei servizi d’interesse pubblico generale – quali sono i servizi cimiteriali e l’attività d’impresa funebre. È stato rilevato che “L’obbligo di costituire una nuo-va società per lo svolgimento di attività in regime di concorrenza, infat-ti, implicando l’onere di produrre contabilità separata (a prescindere dal fatto che la nuova società sia controllata o meno dalla prima) crea la ne-cessaria trasparenza suscettibile di neutralizzare il rischio di possibili di-storsioni della concorrenza”. Il gestore del servizio pubblico dovrebbe essere individuato all’esito di una procedura competitiva. In tale ipote-si, infatti, non può ritenersi sussistente il rischio che il soggetto che svol-ga attività gestione dei servizi cimiteriali possa esportare nel mercato in concorrenza (attività d’impresa funebre), la posizione di privilegio acqui-sita in virtù dell’aggiudicazione34.

(33) AGCM 23 aprile 2020, Rif. AS1657 – Asl di Frosinone – Avviso pubblico per l’affi-damento di incarichi ad avvocati esterni, in Boll. n. 18/2020.(34) AGCM 16 luglio 2020, Rif. AS1692 – Comune di Melzo (Mi) – Gestione dei servizi cimiteriali, in Boll. n. 34/2020.

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8) Trasporto pubblico localeIl comparto del Trasporto pubblico locale (TPL) è stato oggetto di in-

tervento di segnalazione riguardo a talune norme di livello regionale, che però impattano anche a livello dei singoli Comuni serviti dal servizio. Al riguardo, l’AGCM è intervenuta nei confronti della legge regionale Molise n. 22/2019, che prevedeva l’affidamento dei servizi di trasporto pubbli-co extraurbano all’interno del territorio regionale in un unico lotto. Sotto tale aspetto la previsione di un solo lotto, si poneva in contrasto coi prin-cipi della concorrenza, in quanto le modalità e i criteri per l’affidamen-to del TPL extraurbano e il disegno delle relative procedure di gara, ivi inclusa l’individuazione dei lotti su cui articolare la procedura, non pos-sano essere fissati per legge – come nel caso di specie con l’individua-zione di un lotto unico – ma debbano piuttosto essere basati sulle condi-zioni concrete di domanda e di offerta del servizio e della scala minima efficiente delle imprese, con l’obiettivo di condurre procedure di affida-mento competitive e tali da minimizzare i costi del servizio pubblico35.

Sempre in tema di gare per l’affidamento da parte di un Comune di ser-vizi di pubblica utilità nel settore delle attività connesse alle concessioni demaniali sono state evidenziate le medesime criticità in alcune segna-lazioni espresse dall’AGCM in ordine a taluni bandi di gara per “l’asse-gnazione di nuove concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreativa (CdS n. 11 – CdS n. 22)”. In particolare, è stato rappresentato che, in merito alla Concessione Demaniale Marittima (di seguito, CDM), Concessione Demaniale Semplice (di seguito, CdS) n. 11, l’articolo 11 dell’Avviso Pubblico prevedeva, tra i criteri di valutazione per l’assegna-zione delle concessioni di cui alla Tabella 1, quello della “Residenza nel Comune almeno per due anni antecedenti alla pubblicazione del ban-do” conferendo 0,5 punti per ogni mese per un massimo di 7 punti. Sotto tale aspetto, è stato ritenuto nella segnalazione stabilita ai sensi dell’art. 21-bis, che impone all’AGCM il potere d’impugnare atti lesivi della nor-mativa a tutela della concorrenza, che tale previsione fosse discrimina-toria nei confronti della platea dei contendenti, con effetti distorsivi del-la concorrenza, in quanto “la disposizione che conferisce un punteggio maggiore ai soli operatori residenti nel Comune appare suscettibile di in-trodurre una ingiustificata discriminazione tra i soggetti partecipanti, nel-la misura in cui determina un ingiustificato vantaggio a favore di coloro

(35) AGCM 14 maggio 2020, Rif. AS1675 – Regione Molise – Affidamento dei servizi di trasporto pubblico locale extraurbano, in Boll. n. 25/2020.

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che nel Comune risiedono”. A seguito del ricevimento del parere moti-vato dell’Autorità, il Comune di Trinità d’Agultu e Vignola, ha comuni-cato di aver eliminato dalla documentazione di gara la discriminazione basata sulla residenza; inoltre, il Comune ha giustificato la limitazione presente nella medesima documentazione a vantaggio delle strutture ri-cettive, sulla base della normativa regionale36. Inoltre, in materia di con-cessioni demaniali l’AGCM è intervenuta nei riguardi di un’altra deter-mina dirigenziale del 21 maggio 2020, n. 408 del Comune di Piombino, avente ad oggetto le “concessioni demaniali marittime aventi finalità tu-ristico ricreative. Legge 30 dicembre 2018, n. 145, articolo 1, commi n. 682, n. 683, n. 684. Determinazione in esecuzione delle disposizioni le-gislative per l’estensione della scadenza al 31/12/2033”. In particolare, nella segnalazione è stato rilevato che “il Comune di Piombino, median-te suddetta determina, ... laddove ha previsto la prosecuzione dell’atti-vità in favore dei concessionari esistenti di beni del demanio marittimo, ha deliberato l’attivazione del procedimento per l’estensione della dura-ta delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative in favore dei concessionari esistenti. In tale parere l’AGCM ha ricorda-to che “in materia di affidamenti riguardanti l’uso di beni pubblici (rien-tranti nel demanio o nel patrimonio indisponibile dello Stato o degli enti locali), l’individuazione del privato affidatario deve sempre avvenire me-diante l’espletamento, da parte della Pubblica Amministrazione, di pro-cedure ad evidenza pubblica”. La proroga automatica delle concessioni demaniali ad uso turistico e ricreativo, secondo la suindicata segnalazio-ne, non è neppure in linea con le norme del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, ai sensi degli articoli 49 e 56 del TFUE, in quanto impongono agli Stati membri l’abolizione delle restrizioni ingiustificate alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi, ossia di tutte le misure che vietano, ostacolano o, comunque, sono idonee a com-primere l’esercizio di tali libertà. Secondo la Corte di Giustizia, una nor-mativa nazionale che consente la proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico-ricreative deve consi-derarsi in violazione di dette disposizioni37. Inoltre, la direttiva 2006/123/CE (c.d. direttiva Servizi) prevede all’articolo 12 che “qualora il numero

(36) AGCM 22 gennaio 2020, Rif. AS1653 – Comune di Trinità d’Agultu e Vignola (Ot) – Gara concernente l’assegnazione di nuove Concessioni demaniali marittime per finalità turistico ricreative, in Boll. n. 13/2020.(37) Corte di Giustizia UE, sez. V, sentenza del 14 luglio 2016, cause riunite C-458/14 e C-67/15, in Raccolta 2016, p. 558.

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di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizza-bili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candida-ti potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e pre-veda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento” (par. 1) e che, in tali casi, “l’au-torizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può pre-vedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano parti-colari legami” (par. 2). Si conclude nella segnalazione che “l’affidamen-to delle concessioni deve comunque avvenire mediante procedure con-corsuali trasparenti e competitive, al fine di attenuare gli effetti distorsivi della concorrenza, connessi alla posizione di privilegio attribuita al con-cessionario”. Inoltre, si evidenzia che “La concessione di proroghe in fa-vore dei precedenti concessionari, infatti, rinvia ulteriormente il confron-to competitivo per il mercato, così impedendo di cogliere i benefici che deriverebbero dalla periodica concorrenza per l’affidamento attraverso procedure ad evidenza pubblica”. Pertanto, l’Autorità ha ritenuto che il Comune “avrebbe dovuto disapplicare la normativa posta a fondamen-to della determina dirigenziale n. 408/2020 per contrarietà della stes-sa ai principi e alla disciplina eurounitaria sopra richiamata”. Le dispo-sizioni relative alla proroga delle concessioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative contenute nel provvedimento amministrativo, integrano, infatti, specifiche violazioni dei principi concorrenziali nella misura in cui impediscono il confronto competitivo che dovrebbe esse-re garantito in sede di affidamento ad evidenza pubblica dei servizi de-maniali già di per sé di carattere scarso, in un contesto di mercato in cui le dinamiche concorrenziali sono già particolarmente affievolite a causa della lunga durata delle concessioni attualmente in essere. L’Autorità An-titrust ha impugnato la determina dirigenziale n. 408/2020 adottata dal Comune di Piombino e concernente la proroga automatica delle conces-sioni demaniali marittime con finalità turistico ricreative. Infatti lo stes-so Comune, ha ritenuto legittimo il proprio operato, in quanto la proro-ga automatica della concessione demaniale, interesserebbe “un numero limitato di concessioni balneari marittime con finalità turistico ricreati-ve rispetto a quelle attualmente assegnate e il provvedimento si fonde-rebbe comunque su motivi imperativi di interesse generale, nonché sulla necessità di tutelare il legittimo affidamento degli attuali concessiona-ri, trattandosi di concessioni assegnate prima dell’adozione della diret-tiva 2006/123/CE (c.d. “direttiva Servizi”) e del suo recepimento nell’or-

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dinamento italiano”38. Recentemente la Corte Costituzionale nell’ambito di una diversa questione di legittimità costituzionale ha dichiarato l’ille-gittimità costituzionale di alcuni commi dell’articolo 54, della legge Re-gione Veneto 4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di turismo), che prevedono l’affidamento diretto delle conces-sioni demaniali per uso turistico-ricreativo, dietro un congruo indenniz-zo al concessionario uscente, in quanto si tratta di competenza esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., ed “in siffat-ta competenza esclusiva, le pur concorrenti competenze regionali trova-no così un limite insuperabile”39.

9) Sport, turismo e attività ricettiveLe norme deliberate dagli Enti locali, con riferimento particolare al-

le deliberazioni comunali, hanno riguardato principalmente il comparto delle attività delle guide turistiche nelle parti in cui introducono limiti e requisiti stringenti per l’accesso alla professione, con possibile alterazione delle dinamiche concorrenziali ed alla libera circolazione delle persone nel mercato interno. L’attività di segnalazione dell’AGCM nello specifico ha riguardato il Comune di Mantova che, con delibera di Giunta n. 46 del 19 febbraio 2020, sulla “Riduzione delle tariffe di sosta degli autobus turistici i cui passeggeri si avvalgono di una guida o di un accompagna-tore turistico abilitati alla professione”, aveva approvato, a decorrere dal 1° marzo 2020, modifiche ad una precedente delibera, “prevedendo, in via sperimentale, una riduzione del 25% delle tariffe per gli autobus turi-stici i cui passeggeri si avvalgono di una guida o accompagnatore turisti-co abilitati alla professione iscritti negli elenchi redatti dalla Provincia di Mantova, di cui all’articolo 52 della legge Regione Lombardia 1.10.2015, n. 27”. Gli sconti previsti dalla suindicata delibera comunale, applicati alle prenotazioni di bus turistici svolte attraverso le guide turistiche loca-li, risultavano discriminatori per le guide turistiche abilitate in altri ambiti geografici, in quanto, “per effetto dello sconto loro precluso, i tour ope-rator o i gruppi di turisti sono incentivati ad avvalersi delle guide locali al fine di beneficiare di un prezzo più basso”. La segnalazione è nel sol-

(38) AGCM 4 agosto 2020, Rif. AS1701 – Comune di Piombino (Li) – Concessioni dema-niali marittime con finalità turistico ricreative, in Boll. n. 41/2020.(39) Corte Costituzionale 23 ottobre 2020, n. 222: si tratta dell’art. 54, commi 2, 3, 4 e 5, della legge della Regione Veneto 4 novembre 2002, n. 33 (Testo unico delle leggi re-gionali in materia di turismo), dichiarato illegittimo sotto il profilo costituzionale.

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co di altre precedenti e numerose segnalazioni emesse dall’AGCM40. Al riguardo, è stato sottolineato che il “trattamento preferenziale non risul-ta giustificato da particolari esigenze di tutela di interessi della collettivi-tà, determinando un’ingiustificata segmentazione del mercato nazionale che contrasta con il principio di liberalizzazione introdotto dal legislato-re statale con l’articolo 3 della legge 6 agosto 2013, n. 97, recante “Di-sposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013”, il quale prevede: «L’abilitazione alla professione di guida turistica è valida su tutto il terri-torio nazionale»”41. Sempre in tema di tariffe agevolate che in via indi-retta hanno creato delle preferenze a favore delle guide turistiche alloca-te in ambito locale, anziché porre sullo stesso piano quei professionisti attivi in altri ambiti geografici, l’AGCM, nell’esercizio dei poteri conferi-ti dall’art. 21 delle legge n. 287/1990, ha segnalato alcune delibere dei Comuni di Pisa, Lucca e Carrara42.

6. Considerazioni conclusiveIl confine che separa le valutazioni tecniche dell’Autorità Garante del-

la Concorrenza e del Mercato dalle scelte principalmente “politiche” de-gli enti comunali e locali in genere, è spesso sottile e pone pertanto il tema delle modalità secondo cui in concreto si svolge tale valutazione. Secondo la scarsa giurisprudenza amministrativa resa in materia, quan-do l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato esplica i suoi in-terventi di segnalazione, consultivi o di advocacy, opera in un contesto di “rapporto di collaborazione tra soggetti pubblici” (TAR Lazio, sez. I, 3 febbraio 2009, n. 1027). Tale relazione delineata dai giudici amministra-

(40) Si vedano, anche, le segnalazioni: AGCM 14 gennaio 2020, Rif. AS1635 – Comu-ni di Pisa, Lucca e Carrara – Limiti allo svolgimento dell’attività professionale delle Gui-de Turistiche, in Boll. n. 5/2020; AGCM 31 luglio 2019, Rif. AS1607 – Comune di Bo-logna – tariffe agevolate per bus turistici con guide locali, in Boll. 33/2019. Sempre in tema, si ricordano anche AGCM 6 dicembre 2018, Rif. AS1549 – disposizioni che deter-minano disparità di trattamento delle guide turistiche in funzione dell’ambito regiona-le in cui hanno conseguito l’abilitazione, in Boll. n. 48/2018; AGCM 6 dicembre 2018, Rif. AS1584, Regione Lazio – Legge 7/2018 – Disposizioni relative alle Guide Turistiche, in Boll. 48/2018; nonché AGCM 21 dicembre 2016, Rif. AS1339 – Ostacoli all’esercizi o della professione delle guide turistiche in Italia, in Boll. n. 48/2016.(41) AGCM 5 giugno 2020, Rif. AS1673 – Comune di Mantova – Agevolazioni Guide Tu-ristiche, in Boll. n. 24/2020.(42) AGCM 22 gennaio 2020, Rif. AS1643 – Comuni di Pisa, Lucca e Carrara – Limi-ti allo svolgimento dell’attività professionale delle Guide Turistiche, in Boll. n. 5/2020.

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tivi, pur non integrando un “obbligo” in senso tecnico-giuridico43, appa-re, tuttavia, coerente e funzionale rispetto a quell’azione di promozione della concorrenza accennata all’inizio di tale contributo.

Nell’ottica della tutela degli interessi pubblici, lo stesso giudice ammi-nistrativo, nel qualificare quale extrema ratio lo strumento di cui all’art. 21-bis della legge n. 287/1990, valorizza il ricorso a “modalità preventi-ve di perseguimento dell’obiettivo di garanzia della libertà concorrenzia-le riconducibili ... al rapporto di leale collaborazione fra pubbliche am-ministrazioni” (TAR Lazio, 15 marzo 2013, n. 2720; nello stesso senso, TAR Lazio, 27 maggio 2015, n. 7546; Cons. Stato 28 gennaio 2016, n. 323). Sotto l’aspetto del labile confine tra l’interesse di assicurare – sotto il profilo concorrenziale – da un lato la parità di trattamento e la presen-za di una pluralità di contendenti e, dall’altro quello politico assegnato agli Enti locali di perseguire il fine pubblico, si evidenzia che anche la Corte Costituzionale, con sentenza n. 137 del 2018, ha affermato che la nozione di concorrenza, di cui all’articolo 117, comma 2, della Costitu-zione, non può non riprodurre quella adottata a livello europeo, anche con riguardo alle norme di promozione della concorrenza (oltre che a quelle di tutela del mercato), e ha sostenuto che la normativa nazionale, rientra a pieno nelle misure legislative volte a promuovere la concorren-za di competenza esclusiva statale.

Infine, si consideri che l’emergenza epidemiologica e la conseguente crisi socio-economica in atto, hanno aperto a nuove forme di interlocuzio-ne tra autorità di concorrenza e imprese44, in modo da rendere ancor più importante l’esigenza di un confronto fra le diverse istituzioni pubbliche coinvolte, a vario titolo, a fronteggiare la situazione pandemica in atto.

(43)  La Corte Costituzionale, con sentenza 15 marzo 2013, n. 41 ha, infatti, dichiara-to non sussistente, in capo alle Autorità indipendenti, che sono chiamate ad operare ‘in piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione’, un “obbligo” di leale collaborazione strettamente inteso, quale quello attinente ai rapporti tra Governo, o Mi-nisteri, e Regioni.(44)  Cfr. la Comunicazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato su-gli accordi di cooperazione e l’emergenza Covid-19 (22 aprile 2020) e la Comunicazio-ne della Commissione recante il Quadro temporaneo per la valutazione delle questioni in materia di antitrust relative alla cooperazione tra imprese volta a rispondere alle situa-zioni di emergenza causate dall’attuale pandemia di Covid-19 (2020/C 116 I/02, 8 apri-le 2020).

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