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23 luglio 2013 Le Pagine Disegnate Come piegare il listelli Botta & Risposta Restauro del Cutty Sark Museo del Mare Napoli Storia di una Nave Gli U-BOAT Cultura Navale La decorazione della Nave Atrezzatura modellistica Rastrelliera per Microutensili in questo numero

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23luglio

2013

Le Pagine DisegnateCome piegare il listelli

Botta & RispostaRestauro del Cutty Sark

Museo del MareNapoli

Storia di una NaveGli U-BOAT

Cultura NavaleLa decorazione della Nave

Atrezzatura modellisticaRastrelliera per Microutensili

in questo numero

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In viaggio con Magellano n. XXIII - Luglio 2013In viaggio con Magellano n. XXIII - Luglio 20132

2 Editoriale 4 Storia di una nave Gli U-BOAT 7 Cultura Navale La decorazione della nave 14 Attrezzature Modellistiche Rastrelliera per Microutensili 18 Le Pagine Disegnate Come piegare i listelli 21 Botta & Risposta Restauro del Cutty Sark 26 Museo del Mare Napoli

Sommario

Redazione

In questo numero

Contatti

Andrea Vassallo Antonio Uboldi Germano Oss Luciano Bragonzi Marco Topa Roberto Venturin Rodolfo Mattavelli

Grafica ed impaginazione : Adriano Antonini

Capo Redazione : Andrea Moia

Responsabile : Presidente AMN Roberto Venturin

Redazione di [email protected] AMN MagellanoVia Paravisi, 120092 Cinisello Balsamo (Milano)C.F. [email protected]

Foto in copertina “Nave di Oseberg” modello di Sergio Bellabarba

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In viaggio con Magellano n. XXIII - Luglio 2013

Roberto Venturin (Shark)

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Nell’editoriale apparso sull’ultimo numero della nostra rivista erano state promesse a tutti i nostri associati due cose: la prima era l’avvicinarsi dell’As-semblea Annuale dei soci dell’AMN Magellano e la seconda la ormai prossima data della pubblicazio-ne del volume sulla Vela Quadra a cura della Reda-zione.Purtroppo, per motivi interni allo Staff ed alla re-

dazione, queste due date sono state procrastinate nel tempo e ancora siamo qui ad aspettare le sca-denze. Problemi di tempo legati alle professioni di alcuni

addetti e di rilassamento forse dovuto anche alla stagione non proprio propizia, hanno fatto si che la stesura di bilanci, relazioni e tutte quelle faccende burocratiche legate al corretto svolgimento dell’As-semblea di un’Associazione come la nostra subis-se un forte ritardo. Siamo ormai a luglio quindi ci rendiamo perfettamente conto di quanto in ritardo siamo e di questo ci scusiamo con tutti i nostri as-sociati. La promessa è che, davvero stavolta, entro pochi giorni verrà indetta formalmente la nostra Assemblea con tutti gli adempimenti svolti nel più corretto dei modi.Per quanto riguarda il libro al quale così alacre-

mente hanno lavorato alcuni componenti lo Staff il ritardo rispetto al ruolino che tutti ci eravamo im-posti è dovuto unicamente alla mole di lavoro che nessuno si prefigurava tale, non ultimo il lavoro di correzione delle bozze, unito al tragico lutto familia-re che ha colpito il nostro grafico Adriano, al quale tutti siamo vicini in queste giornate di tragico dolore.Fatte queste doverose precisazioni vogliamo anche

qui ricordare la figura di un Grande del modellismo navale che tante opere ci ha lasciato per mezzo della sua Casa Editrice Ancre. Monsieur Hubert Berti, Socio onorario di AMN Magellano fin dal lon-tano 2005, è morto all’età di 85 anni lasciando però dietro di se numerose opere che sono e saran-no pietre miliari per i modellisti di tutto il mondo

negli anni a venire.Il figlio di Hubert, Monsieur Didier Berti ha comun-

que voluto rassicurare tutti i cultori del Modellismo d’Arsenale che l’opera del padre continuerà anche continuando la collaborazione sua e di Monsieur Boudriot. A riprova di ciò Ancre ha diffuso una nuo-va monografia su una Corvetta leggera, l’ Aurore del 1697, uno scafo molto accattivante che stimolerà le fantasie di non pochi modellisti.Si è svolto recentemente il consueto ritrovo per

festeggiare il compleanno dell’Associazione e anche quest’anno all’organizzazione ha pensato l’esper-to nel settore ristorazione e svaghi A. Moia. Ci ha portati in un agriturismo davvero incantevole con vista sulle colline piacentine dove abbiamo potuto degustare alcune delizie locali annaffiate da ottimo vino del posto. Le tradizionali doti di ospitalità e ricreazione della gente piacentina si sono ancora una volta dimostrate all’altezza permettendoci di trascorrere una giornata in assoluto relax e piacevo-lissima compagnia. Purtroppo il numero dei parte-cipanti era alquanto ridotto anche per l’improvvisa defezione di Adriano al quale tutti abbiamo rivolto un pensiero di vicinanza e di cordoglio per la grave perdita che ha subito proprio in quei giorni.Altro evento da segnalare e svoltosi recentemente

è la mostra di modellismo organizzata dal GMS, Gruppo Modellistico Sestese, in occasione del 45° anno di attività al quale Magellano ha voluto par-tecipare esponendo due modelli. Un grande rico-noscimento al GMS per il prestigioso traguardo di longevità e un ringraziamento al Presidente ed ami-co Albino Benedetto per i sempre cordiali rapporti intrattenuti con AMN Magellano.Con questo numero della rivista ci avviciniamo an-

che quest’anno alle vacanze che tutti noi auguria-mo possano portare serenità e riposo e, perché no, stimolanti idee modellistiche da concretizzare col riprendere della stagione lavorativa.

Editoriale

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U-BOAT - TYPE I

Ci eravamo lasciati dopo una veloce panoramica sullo sviluppo degli U-Boat. Come già accennato nel precedente articolo

(VM 20) la mia idea è quella di entrare più nello specifico andando a presentare le varie tipologie di U-Boat che furono prodotte. Partiamo ovviamente dagli U-Boat denominati,

ovviamente (essendo i primi), Type I.In termini di volume

di produzione, questo è stato uno dei proget-ti di U-boat di minor successo: furono rea-lizzate, infatti, solo due unità del Type I; scelta dettata più da intrecci politici che da motivi strutturali od operati-vi del progetto, anche se l’ammiraglio Godt avrebbe successiva-mente ammesso che, nonostante le barche fossero dei buoni bat-

telli, erano però difficili da governare. Il loro design è basato sull’unità turca Gur, co-

struita in Spagna da progetti sviluppati nelle basi olandesi di proprietà tedesca dell’Ufficio per lo sviluppo sottomarino. Con 860 tonnellate di stazza, le unità Type I era-

no un terzo più piccole di quelle sviluppate in altri paesi e che avrebbero composto la flotta dei sot-tomarini oceanici.Costruiti nei cantieri Deschimag, l’U-25 e l’U-26

sarebbero state le uniche unità di questa classe, nonostante gli ingegnieri del Reicht si basarono su questo progetto per produrre il successivo e di molto più successo Type IX.UTILIZZO OPERATIVOLe due unità sopra citate furono utilizzate pre-

valentemente con compiti di formazione fino al 1940 quando, per fronteggiare la carenza genera-le di unità disponibili, fu richiesto il loro uso in combattimento dove entrambe le barche ebbero abbastanza “successo”.L’U-25 ha effettuato un totale di cinque crociere di

guerra, affondando otto navi nemiche per un totale di

circa 50.250 tonnellate. Il suo primo comandante era capitano di corvet-

ta Eberhardt Godt dive-nuto, durante le ultime fasi della guerra, il capo delle operazioni degli U-Boat. Il suo succes-sore come comandante è stato capitano di cor-vetta Viktor Schütze, che sarebbe diventato uno dei migliori assi de-gli U-Boat con un totale di 35 navi (180.000 ton-nellate) affondate. La storia del U-25 si

Storia di una NaveGli U-Boat

Marco Topa (Tricera)

Foto 1: Ammiraglio Godt

Foto 2: Gur

Foto 3: U-25

Foto 5: Capitano di corvetta Victor Schütze

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interruppe il 3 agosto 1940 quando, attraversando un campo minato (che immagine strana parlando di mare) nemico, urto contro una mina ed affondò con tutto l’equipaggio.Durante sua prima crociera l’U-26 fu impiegato

come posamine, compito che porto a termine fa-vorendo così l’affondamento di tre navi mercantili e il danneggiamento di una nave da guerra britannica. La sua seconda crociera portò l’U-26 ad essere

il primo U-boat della guerra ad entrare nel Medi-terraneo.

Nella sua terza missione, durante una breve sor-tita verso l’Atlantico, aggiunse altre tre navi mer-cantili al suo punteggio di navi affondate. Il suo compito durante la quarta crociera, nel cor-

so della campagna di Norvegia, fu principalmente quello di trasporto, anche se, durante il suo viaggio di ritorno da una delle sue missioni, affondò un mercantile da 5.200 tonnellate. Dopo tre pattuglie più tranquille, l’U-26 partì per

la sua ottava crociera di guerra il 20 giugno 1940. La sera del 30 giugno, U-26 avvistò convoglio che

attaccò durante la notte. Una vedetta della nave ammiraglia del convoglio individuò l’U-26, poco prima che si immergesse per preparare l’attacco, e avvertì le navi di scorta al convoglio; l’HMS Gla-diolus, si diresse alle coordinate indicate. Alle ore 01.18 del 1 ° luglio, l’U-26 attaccò il Zarian che avvisò la corvetta di tornare indietro a pieno regi-me. U-26 non riuscì ad eludere le navi della scorta mentre era in superficie a causa di problemi con i motori diesel, e fu costretto ad immergersi. Gli operatori ASDIC dell’HMS Gladiolus ottennero

Storia di una Nave

U-25

Commissionata 17 Dec 1934

Inizio costruzione 28 Jun 1935 AG Weser, Bremen (werk 903)

Varata 14 Feb 1936

Entrata in servizio 6 Apr 1936 Kptlt. Eberhardt Godt

Comandanti:6 Apr 1936 - 3 Jan 1938 KrvKpt. Eberhard Godt

3 Jan 1938 - 12 Dec 1938 Kptlt. Werner von Schmidt

10 Dec 1938 - 3 Apr 1939 Kptlt. Otto Schuhart (Knights Cross)

4 Apr 1939 - 4 Sep 1939 Georg-Heinz Michel

5 Sep 1939 - 19 May 1940 KrvKpt. Viktor Schütze (Knights Cross)

20 May 1940 - 1 Aug 1940 Kptlt. Heinz Beduhn

Foto 4: L’U-25 durante le operazioni di carico dei siluri

U-26

Commissionata 17 Dec 1934

Inizio costruzione 1 Aug 1935 AG Weser, Bremen (werk 904)

Varata 14 Mar 1936

Entrata in servizio 6 May 1936 Kptlt. Werner Hartmann (Knights Cross)

Comandanti:11 May 1936 - 30 Sep 1938 KrvKpt. Werner Hartmann (Knights Cross)

1 Oct 1938 - Aug, 1939 Oskar Schomburg

Aug, 1939 - 3 Jan 1940 Klaus Ewerth

4 Jan 1940 - 11 May 1940 Heinz Scheringer

12 May 1940 - 8 Jun 1940 Heinz Fischer

9 Jun 1940 - 1 Jul 1940 Heinz Scheringer

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un contatto stabile ad una distanza di 1200 me-tri e cominciarono a lanciare le prime cariche di profondità solo 10 minuti dopo che lo Zarian fu colpito. L’U-26 si immerse a 80 metri ma venne comunque gravemente danneggiato dagli attacchi, una delle camere di zavorra di poppa si allagò fa-cendo affondare l’U-26 di poppa ad una profondità di 230 metri. La corvetta effettuò altri quattro at-tacchi utilizzando quasi tutte cariche di profondi-tà disponibili, ne tenne a disposizione solo cinque,

fermandosi quando vide una larga chiazza di ga-solio e aspettò che l’U-boat risalisse in superficie, mentre chiamava rinforzi. Con il motore elettrico di dritta e un compressore fuori combattimento, l’U-26 fu costretto ad emergere dopo sei ore, a soli 800 metri dalla corvetta, ma riuscì a non farsi individuare ed a fuggire inosservato.

Alle ore 08.15, un Sunderland Mk.I notò la fuga dell’U-26 e lo attaccò lanciando-gli contro quattro bombe antisommer-gibile da 250 libbre, costringendolo ed emergere quasi subito. Il Sunderland attaccò di nuovo, lasciando cadere altre quattro bombe, esplose a circa 40 metri di distanza. L’HMS Gladiolus aveva avvistato la nu-

vola di fumo dell’U-26 e si diresse verso quel punto a tutta velocità, ma l’HMS Ro-chester fu più veloce. Incapace di immergersi, l’equipaggio di

U-26 decise di autoaffondare l’unità e ha cominciato ab abbandonare il sommergibile. L’inte-ro equipaggio è stato raccolto dalla nave britannica e fatto prigioniero.Nonostante entrambe le unità ebbero un rela-

tivo successo, anche se di breve durata, non era-no progetti tecnicamente buoni, soprattutto se si considera che furono concepiti come per l’impie-go oceanico piuttosto che come navi costiere: la loro stabilità era scarsa, la loro velocità di immer-sione era lenta, e avevano una scarsa manovrabilità

durante le immersioni.Tuttavia, considerando un totale di 13 crociere

di guerra effettuate e 18 navi affondate tra tutte e due le unità, credo si possa dire che sia l’U-25 che l’U-26 abbiano svolto egregiamente il compito loro richiesto.

Storia di una Nave

Foto 6: U-26

Foto 7: HMS Gladiolus Foto 8: HMS Rochestes

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Cultura NavaleLa Decorazione della nave

Giovanni Santi Mazzini

Sperone, bompresso, polena e trinchetto de «La Couronne» (1636). Questo vascello francese fu uno dei più famosi nella storia dell’evoluzione della nave, ed è tuttora oggetto di contestazioni sulla sua reale architettura. (Modello co-struito da Vincenzo Lusci - Piano costruttivo Lusci - Firenze)

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La nave è il puntuale riscontro delle vicende umane in terraferma: arte re-ligione, idee, tecnica, si concentrano in essa.

L’elaborazione di qualsiasi forma in senso prag-matico ne disumanizza la sostanza. La sua variazio-ne in senso estetico, ed etico, le rende la misura umana. Questi due enunciati, piuttosto rarefatti, racchiudono in sé la moderna crisi della bellezza ed il principio basilare della storia dell’arte, inten-dendosi per arte il puro piacere estetico fine a sé stesso, anche se mascherato da motivi religiosi o più propriamente esoterici. Ciò è a dire che questi ultimi costituiscono il più elementare motivo della necessità creativa.La Nave è da sempre per l’Uomo un briciolo di

terraferma, una casa o una città, tanto più amata quanto maggiore è il pericolo del mare, tanto più da glorificare ed abbellire quanto più è bella e po-tente la propria città. Inoltre la Nave è personifi-cata, deificata, consacrata e ideata primitivamente su basi esoteriche (si veda la costante presenza di una testa: «figure-head» in inglese). Infine ogni Nave è il puntuale riscontro delle vicende umane in terraferma: arte, religione, idee, tecnica, si con-centrano in essa: chi conosce l’evoluzione dell’e-stetica navale, conosce la Storia, e se ci guardiamo attorno non dobbiamo fermarci alle piatte distese di acciaio delle portaerei atomiche, perché in ogni porticciolo troveremo barche più o meno deco-rate. Non si può rinunciare all’Arte, alla vera Arte, senza diventare automi: è quanto già è accaduto a scienziati e militari. Non permettiamo che acca-da anche a noi. Le Navi del passato ci aiutano. Il crollo dell’Impero Romano d’Occidente cancellò quasi completamente la via evolutiva dell’architet-tura navale mediterranea. La trireme greca, nata da quella fenicia, era stata assunta dai Romani pressoché indifferenziata, e, considerata l’austerità repubblicana, il suo interesse risiede più nella tec-nica costruttiva che nel suo aspetto. Solo in epoca

imperiale l’addolcimento dei costumi si traduce in una sontuosità decorativa, e le navi di Nemi sono la parafrasi di quanto di meglio si trovava nei pa-lazzi e nei templi di Roma. Dopo le grandi invasioni barbariche, la marina romana d’occidente scompa-re; riapparirà, profondamente modificata, nelle ga-lere del basso, Medioevo e del Rinascimento, fino alla fine del 17° secolo. L’unica marina barbarica europea, la vikinga, costituirà nel Nord Europa il ceppo della grande tradizione navale europea. Pa-radossalmente, le navi dei predoni scandinavi era-no splendidamente decorate con motivi stilizzati, molto complessi e di grande efficacia, mentre le navi mediterranee erano ridotte alla pura funzio-ne del navigare. Ciò ha una spiegazione logica: la saga nordica era nel suo climax, intatta e priva di concorrenze cristiane. Il mondo romano era inve-ce ancora perplesso fra paganesimo e cristiane-simo; quest’ultimo in Oriente era poi travagliato da varie interpretazioni dei Vangeli, una delle quali

Cultura NavaleLa Decorazione della nave

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riteneva blasfema qualunque rappresentazione fi-gurativa della recente deità di Cristo e di quanto a lui connesso («eresia iconoclasta»). Questa è la ragione per cui le navi mediterranee erano così spoglie. Le navi nordiche, invece, riproducevano le forme dei castelli feudali, ed erano perciò merlate e con scarse decorazioni, in prevalenza scudi aral-dici. Per avere un’idea dei colori, occorre ricercarli nei manoscritti miniati e nei primi dipinti. Tuttavia, in questi prevalgono il rosso, il blu e l’oro, per cui non si può avere una certezza assoluta in merito. Un’altra fonte di informazioni circa gli ornamenti navali, è costituita dai sigilli, per quanto essi siano più utili all’informazione architettonica. Fino al 15° sec. le sculture quasi sempre presenti sono le figu-re di(prua (Nota: la dizione «polena» è errata, in quanto si riferisce propriamente alla piattaforma triangolare sopra il tagliamare), costituite in gene-re da teste di animali fantastici: unicorni, draghi, ecc. È evidente l’eredità vikinga, tendente a perso-nalizzare in senso antropo - e zoomorfo - l’intera nave. Bisogna anche ricordare che l’Europa fino al

secolo 14° non si potrà dire stabilmente suddivi-sa in nazioni dinastiche, ma piuttosto in territori di comune interesse economico, di cui la Hansa è l’esempio più noto.Consolidatesi le dinastie, ed identificatesi que-

ste con i propri popoli, le rispettive marine ne rispecchiarono le caratteristiche, in modo tanto più marcato quanto maggiore divenne l’interesse delle nazioni europee ad esportare sé stesse nel nuovo Mondo e nell’Estremo Oriente. La «gioire» personale, meta suprema dei re di Francia, si dove-va conquistare anche attraverso la costruzione di splendide navi, come acutamente vollero Richelieu e, sopratutto, Colbert: molte e potenti navi signi-ficavano potenza; bellissime navi, magnificenza del re e rispetto da parte degli altri sovrani, in una gara di cui oggi i freddi budgetmen inorridirebbe-ro, se non ne avessero un reddito propagandistico. Eppure, è quanto avvenne nel momento in cui il colonialismo, da gretta lite commerciale divenne cinica scienza. Ci si accorse che cannoni a mag-gior gittata e scafo più solido erano potenza, e non

Cultura NavaleLa Decorazione della nave

La polena della Victory. Rappresenta due puttini che sorreggono lo stemma reale inglese. Attorno a questo il motto «HONI SOIT QUI MAL PENSE», sotto lo scritto «DIEU ET MON DROIT». A Trafalgar, sulla Victory, perse la vita l’Ammiraglio Orazio Nelson, colpito da un moschettiere francese appostato sulla coffa della Redountable. All’atto del varo il quadro di poppa della Victory era molto più elaborato. Tra l’altro aveva delle vere balconate. L’aspetto attuale risale al 1801, data in cui fu completamente revisionata. Anche la polena attuale è del 1801.

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le belle sculture di Puget; che una nave dipinta di nero e priva di decorazioni era meno visibile e meno costosa; e infine che un fumaiolo era, sì, de-turpante, ma significava più velocità, quindi meno tempo, quindi più denaro, quindi più potenza. Il de-naro è sempre stato sinonimo di potenza, ma al-meno era mediato da simboli estetici, forse inutili, ma gradevoli: se oggi possiamo godere di modelli, chiese, palazzi, sculture e pitture, lo dobbiamo a re e ministri «scialacquatori». Chi le ritiene spese inutili, non ha che da godersi le attuali mostruosità, tanto funzionali, e altrettanto disgustose.Questa è la chiave per capire i modellisti che si

occupano di navi dei secoli 15°-18°: in caso con-trario saremo sempre considerati dei perditempo. Ci consoli il fatto che prima di noi i Pett, i Van

de Velde, Puget, gli Ozanne, nostri eccelsi Maestri, «perdevano tempo», secondo i cultori del «pro-gresso ad ogni costo». La loro è la migliore com-pagnia desiderabile.CLASSIFICAZIONE DEGLI ORNAMENTINella storia della nave a vela, stando alla docu-

mentazione iconografica bi- e tri- dimensionale, si direbbe che nessuna parte della nave sia sfuggita al’impulso decorativo del costruttore: si vedano, quali esempi «impossibili» il Wasa e il Sovereign. È perciò possibile classificare gli ornamenti secondo vari parametri: Classificazione degli ornamenti:A) SECONDO LA PARTE DECORATA:1) Polena: a) Figura, b) Serpa, c) Tagliamare e spe-

rone (propriamente detto, delle galere e caravelle)2) Frontali dei castelli e relativi parapetti.3) Capponi (gru di capone) e relativi bracciuoli.4) Fiancate a) Fasciame dell’opera morta a1) Co-

lore semplice, a2) Losanghe multicolori; a3) Dipin-ti (figurati e stilizzati) e scritte, a4) Pannelli con soggetti a rilievo, b1) Cornici, b2) Interno dei sa-bordi; b) Portelli, c) Vani di accesso e scale esterne, d) Mascheroni e conduttori dei fori di mura, e) Ombrinali, f) Corrimano del capo di banda, g) Fi-nestre, h) Stemmi5) Chiesuole e abitacoli (della campana, della bus-

sola, del timoniere)6) Scale interne7) Terminali delle colonne di bitta8) Pareti interne e mobili del quadrato; pavimenti.9) Poppa a) Specchio, b) Bottiglie e garitte, c) Brac-

ciuoli, d) nelle galere: scudo, «renommés», tritoni.10) Testa del timone11) Fanali12) Derive13) Coffa14) Teste d’albero e di asta di bandiera15) Cannoni

B) SECONDO IL SOGGETTO, SVOLTO CON:1) temi cristiani2) temi pagani (mitologici)

Cultura NavaleLa Decorazione della nave

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3) temi araldici4) temi esotici(N.B.: raramente si riscontrano isolati: più spesso

la decorazione di una singola nave presenta più soggetti)1) Soggetti delle figure di prua: a) Teste di animale,

b) Gruppi equestri (cavallo li e cavaliere li), c) Fiere araldiche e stemmi araldici (nazionali o dinastici), d) Figure umane, e) Rappresentazioni mitologiche2) Soggetti dello specchio di poppa (in genere

correlati alla figura di prua) a) Stemmi araldici, b) Raffigurazioni [b1) simboliche; b2) religiose, b3) ri-trattistiche (del principe)]La decorazione della fiancata riporta o completa

gli stessi soggetti di prua e poppa. Quando presen-ti, le balconate sono:1) Singole [a) scoperte, b) coperte da tettoia o da

gallerie ai lati (precorritrici delle bottiglie)]2) Multiple [a) aperte, b) chiuse da vetrate]

C) SECONDO LO STILE:1) sec. 14°/15°: tipicamente medioevale (scudi,

merlature, decorazioni geometriche)2) sec. 16°: a) primi tre quarti rinascimentale [a1)

nordico: molto atipico (risente del distacco reli-gioso da Roma), a2) latino: prevalenza di motivi classici;] b) inizio barocco: ancora sobrio in Fran-cia (arrotondamento di tutti i motivi ornamentali); strutture ancore rigida al Nord, ma abbondantissi-ma figurazione a contenuto mitologico3) Sec. 17°/1° metà 18°: pieno barocco (severo

al Nord, elegante in Francia, opulento in Spagna e nei Paesi Bassi4) 2° metà sec. 18° primi anni 19°: neoclassico,

comune a tutti ) paesi europei.Da questa epoca, parlare di stile è problematico:

si può invece raccogliere una certa caratterizza-zione comune, consistente o in poppe con balco-nate in ferro (e quindi un ritorno ai balconi) o a terrazzini, (questi ultimi sopravvissuti sulle navi da battaglia britanniche fino alla fine della 2° guerra mondiale).

NOTE DI TECNICAMateriale ed attrezzi: La difficoltà maggiore che

si incontra al momento di eseguire gli ornamenti consiste nel dover conciliare una perfetta ripro-duzione in scala utilizzando il materiale originaria-mente impiegato dai decoratori d’epoca, e cioè il legno. Lavorando a scale molto ridotte è pratica-mente impossibile riprodurre piccoli particolari (come finimenti dei cavalli, vene delle braccia delle figure, ecc), a meno di non usare ebano o legno santo (guaiaco). Tali legni sono notoriamente co-stosissimi e quasi introvabili, per cui ci si dovreb-be rivolgere a legni più comuni, come il cirmolo e il bosso, l’uno facilmente lavorabile, l’altro molto compatto e privo di venature.Tuttavia il cirmolo presenta il grave difetto di

essere molto fragile e molto poroso, per cui la

Cultura NavaleLa Decorazione della nave

Poppa e prua di vascello del XVIII secolo (Da Charnock). Le decorazioni cominciano già ad essere meno ricche, i colori naturali sostituiscono già molte dorature.

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sua riparazione, in pezzi molto piccoli, è difficol-tosissima; il bosso invece si presta male a sculture complesse a causa della sua durezza unita alla ca-ratteristica di scheggiarsi a strati, il che lo rende inadatto ai bassorilievi. È invece consigliabile l’uso dell’olivo, almeno quando lo si trovi privo di vena. Al di fuori del legno, è molto consigliabile l’uso dell’argilla, che permette di eseguire i particolari più fini e ritocchi a piacere: ovviamente, data l’in-trinseca fragilità del materiale, conviene applicarlo su uno scheletro metallico e quindi cuocerlo in forno. Tuttavia il materiale ideale resta, a mio pare-re, l’avorio, la cui lavorazione è meno difficoltosa di quanto si possa supporre: purtroppo, esso, è di-venuto materiale molto raro, e gli stessi orafi sono assai restii a cederne quantità anche esigue. Come esempio del suo uso, il modello del Royal George è perfettamente dimostrativo.Prua e polena de «LE SOLEIL ROYAL», il più fa-

stoso vascello francese del XVII secolo: simbolo di un’epoca e della potenza e ricchezza di Luigi XIV, il RE SOLE.L’attrezzatura per scolpire in legno si può dividere

in strumenti a mano e a macchina. Le grosse frese per trapano servono sopratutto a sgrossare e per dare i profili nelle tre dimensioni. A questo propo-sito ricordo che qualunque forma tridimensionale può essere vista da tre punti di osservazione pre-stabiliti: di fronte, di fianco, dall’alto. La proiezione

dei profili sui piani retrostanti for-nisce le linee del profilo massimo. Pertanto, dovendo scolpire, ad es., un cavallo, si dovrebbe riportare su tre facce di un cubo i relativi profili, quindi asportare il legno ecceden-te i profili stessi, e procedere infi-ne alla finitura dei particolari. Nel caso invece dell’argilla, si prepara uno scheletro corrispondente ai tre profili, al quale si applica con la spatola l’argilla. Nel caso di scultu-re molto piccole, si può utilizzare con buoni risultati un metodo mi-

Cultura NavaleLa Decorazione della nave

Sotto: piattaforma della polena e polena di un non identi-ficato modello di vascello inglese del XVIII secolo (modello d’epoca). Il frontone del castello di prua non è più carico di basso ed altorilievi, ma è solo dipinto con figure allegoriche. In basso: Notevole per la sua precisione e ricchezza di par-ticolari questo bellissimo modello contemporaneo di scafo di vascello del XVIII secolo ora nella collezione Rogers (Uni-tes States Naval Acca-demy Museum).

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sto: corpo in legno e viso e capelli in stucco de-corativo a rapida essicazione. In effetti, lo stucco è il miglior materiale quando si devono realizzare particolari molto fini, come occhi, bocca, naso, op-pure «in movimento», come capelli e drappeggi. Le decorazioni floreali, sopratutto se molto piccole (per es. una ghirlanda di rose e foglie di 3 mm l’una) possono essere eseguite in metallo duttile, come il piombo, intero o in fogli. In quest’ultimo caso, si ritagliano dei dischetti e quindi si accar-tocciano in bocciuolo. Questi dischetti di piombo, ritagliati con una comune perforatrice da ufficio, si utilizzano anche per ricoprire di «tegole» i tetti delle gallerie laterali in modelli del primo Seicento (come il Sovereign) o delle bottiglie delle fregate dell’Ottocento (come la Belle Poule).Per i piccoli bassorilievi, ho trovato che il metodo

più sicuro è quello dello stampo in piombo, nel

quale si comprime ceralacca fusa: ciò permette di ottenere particolari molto fini su lastre sottilissi-me; inoltre si ha modo di controllare con continue prove se l’esecuzione è corretta.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALEBaccheschi E. & Altri: Le tecniche artisti-che, Mur-

sia, Milano 1973;Carr Laughton L.C.: Old ships figure-heads and

sterns, Halton & Truscott, London 1925;Char-tnock J.: An history of naval architecture,

Bye & Law, London 1803;Cooke E.W.: Shipping and craft, London 1829;Grif-fiths J.: Treatise on marine and naval archi-

tecture, Appleton, New York 1852;Hansen H.J.: Schiffsmodelle Stalling Ol-denburg

1972;Nance R.M.: Sailing ships models, Halton & C,

London 1949;Robinson M.S.: Van de Velde drawings,’ Cambrid-

ge U.P., Cambridge 1973, 1974;Stevens J.R.: Old time ships, Toronto 1949.

Cultura NavaleLa Decorazione della nave

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Rastrelliera per MicroutensiliLa prima cosa che ho fatto è stato quella di ricava-

re gli alloggiamenti delle strisce di gomma magneti-ca, questo l’ho ottenuto scanalando i quadrotti con l’aiuto della fresatrice e una sgorbia da legno.

Successivamente alla foratura ed all’incavicchia-tura ho cominciato l’assemblaggio dei quadrotti

Ho incollato le strisce di gomma magnetica

Attrezzature Modellistiche

Gaetano Bracale (Franuvolo)

Foto 3

Foto 1

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Foto 5

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Ho montato i pezzi della struttura

Poi ho realizzato i pezzi laterali di chiusura e i cassetti

La fase successiva è stata quella della costruzione del coperchio in plastica trasparente.

Il coperchio è costituito da due sponde laterali in plastica Poliver trasparente da 4 mm e da una par-

Attrezzature ModellisticheRastrelliera per Microutensili

Foto 7

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Foto 12

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te superiore ricavata da una lastra da 2 mm dello stesso materiale.

Per poter sagomare la parte superiore del coper-chio che presenta due piegature ad angolo ottuso non uguali ho ricavato da un pezzo di pioppo la forma del primo angolo da realizzare foto 9.Ho poi serrato con l’ausilio di due stringenti tra

la forma ottenuta e una tavoletta di legno la lastra da piegare.Con una pistola di calore ho riscaldato la lastra

lungo la linea di piega. Ho accompagnato il mate-riale caldo fino a quando si è adagiato sulla parte angolata della forma foto 10 e 11.Con un pialletto ho ricavato il secondo angolo

dalla stessa forma e con il procedimento prece-dente ho ottenuto la seconda piegatura foto 12 e 13.

Ho assemblato i vari elementi con un collante per plastica e con due cerniere in ottone ho fissa-to il coperchio alla scatola

Attrezzature ModellisticheRastrelliera per Microutensili

Foto 13

Foto 14

Foto 15

Foto 16

Foto 17

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Attrezzature ModellisticheRastrelliera per Microutensili

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Come piegare dei Listelli in forme uguali

Quello che vi propongo oggi è un ulteriore metodo per piegare i listelli. L’attrezzo che vi suggerisco ha il grande pregio di avere una quasi totale flessibilità di curvatura per i nostri listelli. Inoltre può essere utilizzato per piegare listelli di un certo spessore. Come difetto è che si deve aspettare più tempo per l’asciugatura del listello stesso (ma qui si può operare con un phon o comunque un getto di aria calda per velocizzare il lavoro).Con dei listelli di legno di misure e quantità idonee, assembliamo una semplice griglia, simile a quella

del disegno seguente:

Disegnamo su un semplice foglio la sagomatura che dobbiamo dare ai nostri listelli e lo tagliamo lungo la linea segnata.Con delle viti e relativi dadi, ci procuriamo dei tubetti di materiale rigido e robusto, di misura e quantità

adeguate.

Le Pagine DisegnatePiegare i Listelli

Luciano Bragonzi (Lubra)

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Blocchiamo in morsa la nostra griglia e con l’aiuto delle due sagome ottenute, blocchiamo i tubetti nei punti dove la piegatura del listello lo richiede. Non c’è bisogno di farne tantissimi, ma identificare i punti giusti di piegatura.Una volta fissati i blocchi possiamo inserire pian piano il nostro listello (che avremo precedentemente

sempre bagnato e messo a mollo): prenderà la curvatura richiesta.Ora si tratta di aspettare la sua asciugatura, o comunque aiutarlo con una fonte di aria calda.Alla fine tutti i nostri listelli posizionati avranno la stessa identica forma e curvatura.

Le Pagine DisegnatePiegare i Listelli

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Questa griglia ha proprio lo scopo e la funzione per far dare ogni qualsivoglia forma e nello stesso modo rifare e ridare la stessa forma secondo le nostre necessità.

Le Pagine DisegnatePiegare i Listelli

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Ed adesso a voi, cari colleghi, eccomi a chiedere la vostra collaborazione. Come già avevo detto durante la mia pre-sentazione, avrei dovuto revisionare un modello del Cutty Sark della Aeropiccola.Essendomi documentato ho scoperto che i disegni dell’Aeropiccola sono lontani un miglio dal Vascello originale. Come si vede dalla prima delle immagini allegate, dove si nota la sovrapposizione del lucido del disegno originale presentato ai Lloids a quello del Kit, si evidenzia, a mala pena, in verità, che la poppa del modello è molto più alta, così come diversa è la posizione, la dimensione e l’inclinazione degli alberi, (e tutte le manovre) la forma e l’angolatura del timone, la dimensione del capstan (in proporzione molto più alto degli uomini che avrebbero dovuto manovrarlo), manca il bolzone ai ponti. Nella seconda, dove è visibile lo scafo già parecchio recuperato, perchè sverniciato, scro-stato del vecchio stucco, e riattato con la sostituzione di parecchi listelli del fasciame e stuccato, pronto a ricevere i ponti, rende maggiormente visibile la differenza coi disegni del Cutty Sark (registrati dalla sovrintendenza dei Lloids (nella foto il modello sembra più lungo per un problema di prospettiva e deformazione della lente dell’obiettivo) . La terza foto mostra il frontespizio dei disegni Aeropiccola con la sagoma del modello finito (molto scarno nella sua attrezzatura) Le mie domande, allo stato delle cose, sono queste: a) è opportuno operare per portare lo scafo del modello esistente alle dimensioni del lucido, smantellando il fa-sciame, segando il blocchetto di poppa e abbassandolo, e ricreando le ordinate poppiere per risagomarne il profilo, rifacendo tutte le strutture e la fasciatura, modificando le pompe e tutte le manovre.b) rifare tutto daccapo, compresa la chiglia e le altre ordinate ridisegnate, il che sembra molto più semplice, ma mol-to più laborioso, riattrezzandolo in maniera più realistica rispetto al Cutty Sark. In questo caso, però, si tratterebbe di un nuovo modello. c) terminare il recupero secondo i disegni dell’Aeropiccola, eliminando le discrepanze proporzionali delle attrezza-ture più significative e dare un altro nome al vascello indicandolo genericamente come Cutter del The.GrazieAntonino da Palermo

•Risposta: Ciao AntoninoA parer mio dipende tu cosa vuoi fare!!!! Se si parla di un restauro allora l’operazione da fare non è altro che recuperare ciò che è danneggiato e riportare il modello come era originariamente era, senza modificargli nulla a prescindere dal fatto che il modello abbia incongruenze con la nave originale. Se invece si vuole fare una riproduzione della nave reale butta via tutto e lo rifai da capo, al massimo recuperi ciò che può andar bene per il nuovo modello. (Vass)

•Botta: Ciao, Andrea,in verità dovrei “restaurare” il modello, e quindi alla fine opererò in questo senso. In caso differente il modello non sarebbe più quello originale. Ma, almeno posso adoperare materiali diversi da quelli indicati nel disegno, cioè, ad esempio listelli sul ponte al posto delle righe a matita, oppure fare i bolzoni, visto che il modello ne è privo? Gli alberi e i loro componenti, le sartie, che sul modello sono incollatenella parte superiore, posso incappellarle sull’albero? Posso fare qualche miglioria o “DEVO ATTENERMI” rigidamente al vecchio disegno?Lo scafo, l’ho recuperato rifacendolo in buona parte perchè aveva la linea della chiglia arcuata con una freccia di un centimetro e la prua svergolata di mezzo centimetro. Inoltre molte tavole del fasciame staccate fra loro. Prati-camente ho eliminato la parte della chiglia fuori allineamento ho assottigliato le due estremità ed ho ricostruito il tutto. La stessa cosa ho fatto con il tagliamare. Ho scrostato tutto il modello ed ho sostituito parte del fasciame

Restauro cutty sark

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di fondo e tutte le tavole (pardon, listelli) sconnesse fino alla parte superiore. poi ho conosciuto voi ed ho appre-so che bisogna documentarsi. ... dalla documentazione mi sono accorto di tutte le differenze e adesso sono qui.Come mi consigliate?GrazieAntonino da Palermo

•Risposta: se è un restauro deve il più possibile attenersi a come il modello era in origine non a come sa-rebbe dovuto essere.ciao Max

•Botta: Grazie, Max,ho capito, perfettamente. Però, dopo tante ricerche mi è venuta voglia di farne uno più realistico possibile, ... o al-meno tenterò di farlo... sigh.Antonino da Palermo

•Risposta: ciao antoninose è un restauro, come dice giustamente max, devi lasciarlo così come è ... secondo me sei già intervenuto troppo!! :-))))))e soprattutto: il restauro è commissionato? se si qualsiasi intervento un pò più radicale deve essere comunicato ed approvato dalla committenza! mai fare di testa propria per poi non avere brutte sorprese!Simo •Botta: Spero di ricordarmi bene e di non dire cavolate, ma c’è sempre simona che saprà correggermi ed amplia-re (se ha voglia e sei interessato) il discorso. Quello che so l’ho visto in una trasmissione su sky (botteghe italiane) dove visitavano una bottega di un restauratore: stavano restaurando un un.. non so il nome diciamo uno “sportello” di non so che parte di mobilio di un’abbazia, l’importante è sapere che era un “pannello” con intarsio (tipo di deco-razione che si realizza accostando legni o altri materiali da wikipedia). Era già stato restaurato nei secoli precedenti e per limitare le spese all’epoca i “tasselli” di legno mancanti o sciupati erano stati sostituiti con una pasta credo a base di cera che andava cosi a riempire lo spazio mancante e sosteneva gli altri pezzi evitando che l’intarsio conti-nuasse a sciuparsi. Il nostro restauratore moderno quindi si è dovuto preoccupare di eliminare il passato restauro e di sostituire il tutto con materiale più idoneo, legno, ovviamente trattandolo perchè non apparisse fuori luogo con il resto dell’intarsio. Da perfetto profano posso quindi suggerire che occorre una grande attenzione sia ai materiali da usare (ma trattandosi di legno non dovresti aver problemi a reperire una stessa essenza) sia a come questi vengono reintrodotti nell’insieme del modello. Come fare però non te lo so dire. ciao Max

•Risposta: E allora..., cari Andrea e Simona, la condizione attuale dello scafo l’avete vista. E’ stato scorti-cato tutto per consentire la ripresa delle tavole e l’allineamento della chiglia. La copertura del ponte è in parte mancante e quella rimasta è coperta, così come parte degli alberi, da un’impasto di stucco bianco, tipo biacca, ricoperto da una vernice color legno scuro, di tipo sintetico, ma opaca. Il sartiame è tagliato alla base e deve

Restauro cutty sark

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essere sostituito, nella parte superiore è ritagliato e incollato al colombiere, anch’esso impastato di stucco e ver-niciato. Le vele sono impolverate e indurite, mentre tutte le manovre dormienti e volanti sono tagliate e devono essere sostituite. Alcuni pezzi mancano.Come posso regolarmi? Grazie per l’aiuto.Antonino da Palermo

•Botta: se è un restauro che rimane a te, sono sempre per il minimo intervento, ma a quel punto è scelta tua! se vuoi fare qualcosa di più realistico possibile. studia bene, fai più ricerche possibili e poi fai un cutty sark nuovo tutto tuo!buon lavoro Simo

•Risposta: Grazie, Simo, sempre “professionale” e tempestiva. Il modello mi è stato affidato da un amico perchè gli ridessi la linea e l’eleganza di quando era stato fatto, compresa la scorticatura e il rifacimento delle parti danneggiate. Vi devo ringraziare, però, perchè mi avete fatto capire che ho sbagliato nel pensare che per ridare splendore al modello fosse necessario solo tornare all’originale senza passare dalla passione vissuta dal realizzatore dell’opera. Non vi nascondo che mi sento un pò in imbarazzo, nonostante abbia iniziato il lavoro qualche anno fa, poi messo da parte e ripreso adesso. Purtroppo non posso tornare indietro per questo modello, ma credo di aver capito il senso; scusatemi l’esempio forse un pò azzardato ed esagerato, ma è quasi come, anzichè educare un bambino aiutandolo a sviluppare le sue potenzialità, ne facciamo la realizzazione dei nostri sogni svuotandolo della sua personalità.Per quello che rimane ancora da recuperare starò attento a valutare tuttoGrazie a te Simona, ad Andrea a Max.Antonino da Palermo

•Botta: ciao antonino,ti vorrei fare due esempi paradossali, ma credo sottilmente più corretti del tuo.tu non hai davanti un bambino, bensì un cinquantenne che ha già la sua storia!1) un omino è nato con un braccio al contrario, con il palmo della mano rivolto verso l’alto. si rompe quel braccio e va al prontosoccorso. un ortopedico gli ingessa il braccio, ma decide di rimetterlo al dritto. avoglia l’omino a piange-re e a pregare, ha sempre vissuto con la mano nell’altra posizione, ora, dopo tanti anni, ci si è abituato e non vuole cambiare! lamentele inutili, quel medico il braccio lo vuole montare al dritto ... all’omino non resta che reimparare di nuovo a fare tutte le cose con la mano nella nuova posizione ... deve reimparare a scrivere, deve reimparare a vivere!!!!vedi il restauratore è considerato molto spesso un medico, di opere d’arte, ma un medico e come tale deve sempre rispettare ed ascoltare il suo paziente2) un altro sfortunato omino, si rompe un braccio, va al solito pronto soccorso, incontra il solito ortopedico. questa volta il medico gli ingessa il braccio, ma contemporaneamente gli farà una iniezione che azzererà la memoria del povero omino. per quanto brutto può essere stato il suo passato, quell’omino è diventato quello che è grazie al suo vissuto. è giusto annullare così il vissuto di una persona?la stessa cosa vale per quegli oggetti. loro anno una storia da raccontarci e dietro la loro storia c’è quella del suo

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genitore, è giusto cancellare tutto in un attimo!prima di un restauro ci si dovrebbe sempre fermare un attimo e ascoltare ciò che il nostro paziente ha da raccon-tarci!Perdonatemi se mi sono dilungata troppo, ma quella del restauro è innanzitutto una filosofia, è una storia di umiltà e di rispetto secondo me fondamentale Simo

•Risposta: Grazie, Simona, per l’approfondimento che stai apportando per la conoscenza dell’approccio col restauro e della riflessione che mi (ci) induci a fare. Mi pare di capire che il restauro è sì tecnica, ma so-prattutto penetrazione del pensiero dell’artista e conseguente ricostruzione di ciò che manca o è deteriorato dell’esistente al modo dell’artista, con la tecnologia dell’epoca dove possibile, e con gli stessi materiali. Per far questo occorre profondissima conoscenza degli artisti, dell’arte e della tecnica dell’arte, oltre ad impiegare attrezzature professionli di tutto rispetto. Occorre trattare l’oggetto non come “cosa” generica, ma quasi come “creatura”. Io mi ero “buttato” ritenendomi consapevole di potere arrivare alla conclusione dell’opera, a modo mio, però, pensando di ingessare dritto il braccio nato storto, appunto, senza riflettere sulle conseguenze. A questo punto chiedo venia, riconoscendomi del tutto incompetente. Di primo acchito mi sembrava molto più semplice. Nondimeno devo fare fronte all’impegno preso e non posso riconsegnare il modello a brandelli. Col vostro aiuto mi arrabatterò e il risultato finale sarà merito di tutti noi.Un GRAZIE di vero cuore! :-)))))))))Antonino da Palermo

•Botta: ciao antonino,non so se me le sono perse o altro, mi piacerebbe vedere foto un pochino più dettagliate della situazione dello scafo, dello stucco, del colore di cui parli e quant’altro.a proposito, scusa se mi permetto, la biacca non è uno stucco, ma semplicemente un pigmento bianco per l’esattezza un carbonato basico di piombo.permettetemi un pò di storia!!!!è stato uno dei pigmenti più usati nell’antichità sia in oriente che in occidente. è citato già intorno al 300 a.c. e ne è documentato l’utilizzo nei ritratti del fayoum ( ritratti di età classica importantissimi sopratttto per l’estremo realismo!). il suo utilizzo si è protratto fino alla fine XIX secolo, quando ne è stato vietato l’uso per la sua tossicità.purtroppo se non è opportunamente isolato dall’esterno (esempio la cera nei ritratti del fayoum, o l’olio in dipinti ad olio) tende ad annerire, come è evidente nei famosi affreschi di cimabue nella basilica su-periore di san francesco ad assisi, che ora sembrano praticamente dei ‘negativi’.... scusate la divagazione! Simop.s. aspetto le foto dettagliate, così possiamo aiutarti meglio!!!!

•Risposta: Ciao Antonino,La coperta è fatta di compensato o a listelli??? Lo stucco è originariamente messo dal costruttore o è un ripiego di qualche altro modellista??? Il sartiame và rifatto completamente exnovo, non si può certo riprendere quello tagliato!!! Le Vele si spolverano col pennello se si possono recuperare e riutilizzare eventualmente con uno spruzzino nebulizzante( quello per dare acqua alle piante)si spruzza un pò d’acqua per ammorbidirle. Le parti mancanti vanno rifatte. Vass

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In viaggio con Magellano n. XXIII - Luglio 2013

•Botta: Ciao, Andrea,la coperta è fatta di compensato di 1,5 mm, rigatura con punteruolo ripassata con matita nera, sul disegno non è specificato altro, ma credo si tratti di betulla, le ordinate sono sicuramente di pioppo da 4 mm, i listelli dello scafo 1,5 x 5 mm, credo di tiglio, incollati e piantati sulle ordinate coi chiodini di ottone, che ho dovuto togliere per recu-perare il fasciame.Lo stucco bianco è stato usato dal costruttore, suppongo, sullo scafo, a causa delle grossolane imperfezioni nella postura del fasciame (spazi anche oltre il millimetro) e anche per occultare un buco verso poppa e dell’altro stucco colorato e sul resto del natante forse per uniformare la coloritura.Il modello non aveva foderatura di rame sull’opera viva ed era dipinto, diciamo, uniformemente sullo stucco con una vernice trasparente color marrone per simulare il colorito del legno vecchio di quercia (spero che la foto renda bene il colore).Lunedi prossimo vedrò di mandare delle foto quanto più dettagliate possibile dei pezzi recuperati.Il modello sembrava che fosse stato assassinato, perché le manovre non erano strappate, magari per un corpo sovrapposto, ma tagliate. Il modello era in una condizione miserevole, e i pezzi, che non sono tutti, alcuni dei quali erano già staccati dal ponte, dentro la nave. Il tutto avvolto con dei fogli di giornale... NON INORRIDIRE!Forse il distruttore se ne è pentito all’ultimo momento ed ha occultato il cadavere (del modello).Manderò anche una foto con tutte le vele, così come sono (non ci ho messo ancora mano).Antonino

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Museo del mare Napoli

La conoscenza è un’avventura dello spirito che può essere vissuta da chi è ben disposto a cercarla soprattutto tra i libri o in un museo. In un museo come questo, ognuno può dare ali alla fantasia ed en-trare nell’immenso universo del mare; poiché il mare è la più antica fonte di vita, è un orizzonte esteso sul mistero, una porta aperta sui sogni che si concretizzano sull’acqua. Gli oggetti che esso contiene si animano e per incanto l’avventuroso diventa Capitan Nemo, il navigatore Colombo, il pescatore Achab, il bambino Peter Pan, il concreto ingegnere e gli alunni di questa scuola diventano tutti comandanti. La raccolta museale è costituita da pezzi che sono di fondamentale importanza per illustrare l’evoluzione delle tecniche marittime ed è suddivisa in settori.La Sezione Modelli comprende esemplari di diverso tipo: modelli realizzati dagli allievi della specializ-

zazione “costruttori navali” attiva fino alla metà del secolo, tutti di raffinata fattura, sui quali spicca per pregio quello di una lancia sorrentina modelli di cantiere, modelli didattici, modelli prodotti dagli allievi nei corsi di modellismo La Sezione Strumenti illustra origini ed evoluzione della navigazione e raccoglie:bussole, ottanti, sestanti, orologi solari, inclinometri in perfetto stato di conservazione ed uso.La Sezione Documenti comprende raccolte di atlanti, carte nautiche, testi, foto e videotape.La Sezione Apparecchi Didattici raccoglie quelli usati nei laboratori della Scuola che erano i più avanzati

dell’epoca.Il Museo è abituale luogo di studio per gli allievi, i quali si prestano, con grande entusiasmo a guidare i

visitatori e a fornire loro dettagliate informazioni.

Museo del Mare Napoli

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Istituto Tecnico Nautico ‘Duca degli Abruzzi’, via Pozzuoli, 5 - 80124 Bagnoli (Napoli)

Telefono: 081/6173749 Fax 081/2428728Giorni di apertura: Dal Lunedi, al sabato ore 9,00-13,00 -

Domenica 15,00 -19,00Sito Web: http://www.museodelmarenapoli.it/

Museo del MareNapoli

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