In internet: Buona Pasqua!€¦ · La gente era lì e pregava Notre Dame, la Nostra Si-gnora....

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Parrocchia di Monigo FOGLIETTO PARROCCHIALE a. XX n° 15 - 21 aprile 2019 In internet: www.parrocchiamonigo.com - Parroco: 3472631330 «La gente è in piedi e canta lAve Maria, in francese - Je vous salue Marie. Resto lì con loro. Arrivano connuamente persone nuove, finché a un certo punto tua la via è bloccata da cennaia di persone che cantano. Alcuni pregano in ginocchio, altri han- no in mano icone e rosari. Un podi sociologia: hanno quasi tu dai ven ai trentanni. Uomini e donne in proporzioni simili. Ci sono vol europei, indiani, africani, marocchini, ci- nesi. Vedo anche alcuni bambini. È comparso anche il mio coinquilino ed è rimasto anche lui per un po’. Più tardi arrivano altri tre amici. La preghiera è costante, senza pause. Vedo uomini grandi e grossi in lacrime. E non solo loro. A volte qualcuno esce e davan a tu chiede di fare un minuto di silenzio. Ma ai la si connua a cantare. Non ci sono sacerdo, non cè qualcu- no che in qualche modo dirige, tuo è organizzato spontaneamente. Compaiono un ragazzino e una ragaz- zina con dei violini e aggiungono la lo- ro musica al canto. Diventa buio, si accendono i lampioni. Dalle due colonne della Caedrale si vedono le luci delle torce dei pompie- ri. Sopra lincendio ci sono delle luci ros- se e anche delle stelle rosse che gli so- migliano – sono dei droni per le foto- grafie. Le campane suonano tuo in- torno. Alle 23.10 una persona comuni- ca a tu che si è riusci a salvare la struura por- tante della caedrale. Qualcuno inizia a cantare linno Nous Te saluons, couronnée d'étoiles e tu si uniscono al coro. Poi ancora alcuni can alla Madonna. Migliaia di persone per ore hanno cantato per le strade. È un pocome una rivoluzione. Ora penso: le persone con cui ho pregato non pre- gavano per il semplice dispiacere della rovina di un pezzo di eredità culturale, non piangevano perché andava a fuoco un simbolo della nazione francese. La gente era lì e pregava Notre Dame, la Nostra Si- gnora. Nessuno ha convocato ques giovani, né pre, né Vescovi. È stato un movimento spontaneo Bellissima tesmonianza di Andrej, un giovane bielorus- so di Minsk, a Parigi per movi di studio (inviato da Mirella, Astrakan) Buona Pasqua! Che la croce di Cristo non sia vana per nessuno di noi Sangue di Gesù sulla crocedalla Nuova Zelanda, fiorisce durante la settimana santa.

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Parrocchia di Monigo FOGLIETTO PARROCCHIALE a. XX n° 15 - 21 aprile 2019

In internet: www.parrocchiamonigo.com - Parroco: 3472631330

«La gente è in piedi e canta l’Ave Maria, in francese - Je vous salue Marie. Resto lì con loro. Arrivano continuamente persone nuove, finché a un certo punto tutta la via è bloccata da centinaia di persone che cantano. Alcuni pregano in ginocchio, altri han-no in mano icone e rosari.

Un po’ di sociologia: hanno quasi tutti dai venti ai trent’anni. Uomini e donne in proporzioni simili. Ci sono volti europei, indiani, africani, marocchini, ci-nesi. Vedo anche alcuni bambini. È comparso anche il mio coinquilino ed è rimasto anche lui per un po’. Più tardi arrivano altri tre amici.

La preghiera è costante, senza pause. Vedo uomini grandi e grossi in lacrime. E non solo loro. A volte

qualcuno esce e davanti a tutti chiede di fare un minuto di silenzio. Ma ai lati si continua a cantare.

Non ci sono sacerdoti, non c’è qualcu-no che in qualche modo dirige, tutto è organizzato spontaneamente. Compaiono un ragazzino e una ragaz-zina con dei violini e aggiungono la lo-ro musica al canto.

Diventa buio, si accendono i lampioni. Dalle due colonne della Cattedrale si vedono le luci delle torce dei pompie-ri. Sopra l’incendio ci sono delle luci ros-se e anche delle stelle rosse che gli so-migliano – sono dei droni per le foto-grafie. Le campane suonano tutto in-torno. Alle 23.10 una persona comuni-

ca a tutti che si è riusciti a salvare la struttura por-tante della cattedrale.

Qualcuno inizia a cantare l’inno Nous Te saluons, couronnée d'étoiles e tutti si uniscono al coro. Poi ancora alcuni canti alla Madonna.

Migliaia di persone per ore hanno cantato per le strade. È un po’ come una rivoluzione. Ora penso: le persone con cui ho pregato non pre-gavano per il semplice dispiacere della rovina di un pezzo di eredità culturale, non piangevano perché andava a fuoco un simbolo della nazione francese. La gente era lì e pregava Notre Dame, la Nostra Si-gnora. Nessuno ha convocato questi giovani, né preti, né Vescovi. È stato un movimento spontaneo

Bellissima testimonianza di Andrej, un giovane bielorus-so di Minsk, a Parigi per motivi di studio (inviato da Mirella, Astrakan)

Buona Pasqua! Che la croce di Cristo

non sia vana per nessuno di noi

“Sangue di Gesù sulla croce” dalla Nuova Zelanda, fiorisce durante la settimana santa.

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eppure ordinato e rispettoso. Ho visto i mattoni del-la vera Chiesa, una Chiesa giovane e viva che mo-stra se stessa».

Qual è la “rivoluzione” che ha visto Andrej? Il vede-re che sotto la cenere si facevano breccia le ragioni, i desideri necessari per ricostruire quella cattedrale così profondamente ferita. I mattoni senza i quali, mattoni spirituali, non si dà nessuna possibile rico-struzione. I segni vivi che ci ricordano ancora di chi siamo e chi vogliamo essere.

Pochi anni fa con un gruppo di amici siamo andati in pellegrinaggio sulle orme di Charles Peguy verso un'altra grande cattedrale, Chartres, per l'occasione Luca Doninelli ha ritradotto la “Preghiera della Resi-denza” (da L’Arazzo di Nostra Signora) di cui voglio proporvi una rilettura per capire più noi stessi e del-la nostra necessità di avere una cattedrale.

Ciò che dovunque altrove è rude guerra è qui la pace di un profondo abbandono. Ciò che dovunque altrove è cedimento diventa qui legge e norma popolare.

Ciò che dovunque altrove è aspra battaglia, con il collo minacciato dal coltello del beccaio, ciò che dovunque altrove è graffio e taglio, qui del pesco è solo il fiore e il frutto.

Ciò che dovunque altrove è rude salita è qui discesa, e fine del viaggio. Ciò che dovunque altrove è mare in tempesta diventa qui bonaccia e stabilità.

Ciò che dovunque altrove è ossessione sotto la Vostra legge è solo una dolce resa. Ciò che dovunque altrove è un’anima venduta diviene qui preghiera, intercessione.

Ciò che dovunque altrove è un’abitudine seduta accanto al fuoco, le mani nelle mani, è qui tenerezza, è sollecitudine sono dolci braccia di madre volte a noi.

Ciò che dovunque altrove è dispersione diviene qui l’effetto di un bel raccoglimento. Ciò che dovunque altrove è smembramento diviene qui corteo e processione.

Ciò che dovunque altrove è squilibrato qui è giusto e ben disegnato. Ciò che dovunque altrove non è che baracche è qui una solida e durevole casa.

Ecco il solo luogo al mondo dove tutto diventa bambino, soprattutto quest’uomo vecchio dalla barba grigia, i suoi

capelli spettinati al soffio della brezza, il suo sguardo un tempo superbo e ora modesto.

Ciò che dovunque altrove è lunga usura qui rinvigorisce e torna a crescere, Ciò che dovunque altrove è sconvolgimento diviene qui il giorno di una bella avventura.

L’arcivescovo Aupetit: «La cattedrale sono loro, sono queste persone, pietre viventi»

«Questo popolo dimostra che non siamo soli, qui». L’arcive-scovo di Parigi monsignor Mi-chel Aupetit mercoledì sera ha risposto commosso alla stampa dopo avere salutato uno ad uno tutti i fedeli che hanno abbrac-ciato il loro pastore in piazza, al termine della Messa crismale a Saint-Sulpice, qui ospitata dopo l’incendio alla cattedrale di Notre-Dame. Sono così iniziati i riti della Settimana Santa, che stasera vedranno la grande Via Crucis al Sacre Coeur e che si concluderanno domenica con la Messa di Pasqua a Saint-Eustache, alle 11, nel grande tempio affacciato sulla centralissima piaz-za de Les Hallesi. «Noi non facciamo rumore, ma questa è la prova che ci siamo. Duemilacinquecento persone in piazza, la chiesa di Saint-Sulpice che contiene quattromila persone piena. È formidabile», spiega Aupetit, emozionato per tale prova d’affetto popolare. «Siamo ancora in piedi, come pure Notre- Dame è ancora in piedi d’altronde. Noi abbiamo dimostrato che siamo tutti uniti perché il Signore abita nei nostri cuori», aggiunge. Quanto dolore prova, per questa devastazione, gli chiediamo? «Non penso al dolore – conclude Au-petit –. II dolore non cancella la gioia che nostro Signore ha posto nei nostri cuori. La cattedrale so-no loro, sono queste persone, sono loro le pietre viventi». Un concetto che aveva appena espresso chiaramente anche durante l’omelia a Saint-Sulpice. Il rettore, monsignor Patrick Chauvet, ha annun-ciato che una chiesa provvisoria, in legno, sarà co-

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struita sul piazzale mentre andranno avanti i lavo-ri di ricostruzione del monumento simbolo di Pari-gi. «Sarà un luogo di accoglienza dove ci saranno dei preti per poter parlare» La reliquia della «Corona di spine», salvata dalla fiamme, oggi in processione

Via Crucis al Colosseo Suor Eugenia Bonetti ha preparato i testi delle meditazioni: «Porterò la Passione di tante donne usa e getta. Spesso minorenni senza volto e spe-ranza»

LUCA LIVERANI

«Cristo muore ancora sulle nostre strade nelle vittime della tratta, ma per fortuna ci sono anche tante Veroniche che ne asciugano le lacrime, tan-te Marie che le sostengono nelle loro sofferenze».

Suor Eugenia Bonetti, missionaria della Con-solata, da vent’anni lotta per liberare le donne dalla schiavitù dello sfruttamento ses-suale. È a lei che il Papa, trami-te il cardinale Gianfran-co Ravasi, presidente del Pontificio consiglio della cultura, ha chiesto di scrivere le meditazioni della Via Crucis, guidata come ogni anno dal Papa al Colosseo.

«Oggi nel 2019 continuiamo a crocifiggere perso-ne per il nostro uso e consumo, per il nostro pia-cere. No! Con i soldi non è lecito fare tutto». Suor Bonetti dopo l’iniziale imbarazzo ha capito che sarà un’occasione importante per dare ulte-riore slancio alla sua missione: «Porterò nella Via Crucis al Colosseo la Passione di tante donne. Mi-norenni senza volto e senza speranze, donne usa e getta», dice la religiosa, incontrando gli operato-ri dei media nella Sala Stampa vaticana. E raccon-ta come dopo 24 anni in Kenya, vent’anni fa ven-ne mandata a Torino in un centro di ascolto per stranieri.

«Non ci volevo stare – racconta – chiedevo di tor-nare in Africa, non conoscevo il problema, mi fa-cevano rabbia quelle 'statuette' di ebano per stra-

da che avevo lasciate in Africa piene di vi- ta. Poi, un giorno, ho capito». È Maria - una ragazza africana che le chiede aiuto per un problema di salute - ad aprirle gli occhi. Non ha tempo per ascoltarla al centro, deve anda-re a messa. E invita la ragazza ad accompagnarla. Per le vie di Torino non passano inosservate: sotto lo stesso ombrello una suora e una prostituta. «L’avevo etichettata, per me non era una perso-na, era solo una prostituta. In chiesa la sento piangere. Ho rivisto la scena del Vangelo di quello che dice “io non sono come lui”. Lei è uscita per-donata, io stravolta.

La notte non ho dormito: il Signore mi stava di-cendo che doveva essere quello il mio nuovo compito. Non più missionaria in Africa, ma nel mio Paese. Mi hanno raccontato l’orrore e la pau-ra, quante lacrime ho asciugato!».

Da allora lavora ogni giorno per «spezzare le cate-ne di morte che stanno distruggendo una genera-zione di donne di tutto il mondo. Mai più schia-ve». A 60 anni studia a Londra all’università, torna e lancia un appello a tutte le suore: «Aprite le porte dei conventi per accogliere le donne finite nelle mani dei briganti! Anche il governo ci aiutò – racconta – perché l’ar-ticolo 40 della Bossi-Fini concedeva un permesso di soggiorno alle vittime di sfruttamento. È stata la salvezza per moltissime ragazze, abbia-mo potuto rifare il passaporto a 4 mila ragazze ni-geriane, senza i certificati di nascita

L’odissea degli ultimi in Libia

«Migliaia intrappolati nei centri»

Onu e Oim: almeno 3mila persone nelle strutture di de-tenzione in Libia, bisogna metterli sotto protezione In-tersos: i profughi sono i più a rischio. Acnur: è una cor-sa contro il tempo, subito i corridoi umanitari

PAOLO LAMBRUSCHI

Federico Prelati è il capo missione in Libia di Intersos. Con altri due connazionali espatriati è stato evacuato dalla Farnesina a Tunisi, quando le truppe di Haftar hanno attaccato la capitale libica e da lì sta seguendo il lavoro dell’equipe composta da 12 cittadini libici per ri-spondere alla crisi umanitaria generata dal conflitto con due team mobili. Da domenica scorsa cercano di raggiungere e suppor-

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Giorno Ore Intenzioni S. Messe defunti

Sabato 20 20.30 Veglia pasquale

Domenica Pasqua

21

8.00 S. Anna Piero Cendron;

09.00

11.00

Lunedì 22 10.00

Martedì 23 Funerale ore 10

Mercoledì 24 19.00

Giovedì 25 19.00

Venerdì 26 09.00 S. Marco

Sabato 27 19.00 Liberali Rino e Fam. Vianello;

Domenica I Pasqua

28

8.00 S. Anna Menegazzi Umberto, Emilia, Giannina, Lorenzo, Marcello;

9.00 Franco Pisasale; Rado Franco;

10.30 Prima comunione ore 10.30

tare le famiglie e i bambini che cercano rifugio nei ripari di emergenza che, spontaneamente, si stanno creando nelle scuole, nelle moschee e nelle municipalità.

«Una parte dei centri nella zona dei combattimenti è stata evacuata e ricollocata in altre prigioni. La fascia più a rischio è costituita dai migranti, perché sono i più poveri. La popolazione locale ha maggiori risorse e può contare su parenti e amici. Noi comunque stiamo ri-spondendo alle esigenze degli sfollati dalle zone di con-flitto con due centri mobili». Intersos sta inoltre collaborando a un progetto per aiu-tare i bambini vulnerabili e le loro famiglie. «Abbiamo chiuso il centro, ma cerchiamo di distribuire i generi di prima necessità e tenere corsi di educazione non for-male di lingua e matematica a circa 600 ragazzi subsa-hariani. Parlano poco l’arabo, sono francofoni e quindi a rischio integrazione».

Sono arrivati in Libia al massimo da tre mesi, spesso gli adulti che li accompagnano e che dichiarano di essere i genitori non lo sono. Le famiglie li affidano a conoscenti in partenza per portarli in Libia a lavorare e manda-re soldi a casa. Ma ora l’Europa è di nuovo la méta, vi-sta la situazione impraticabile. Secondo il portavoce dell’Oim per il Mediterraneo, Fla-vio Di Giacomo, «ci sono al momento meno di 3mila mi-granti nei centri di detenzione vicini ai luoghi sotto attac-co e siamo chiaramente preoccupati. Sarebbe necessa-rio farli uscire dai centri affinché possano essere messi sotto protezione». Nonostante gli scontri armati, l’Oim è riuscita a far usci-re rispettivamente 188 e 136 persone con il programma di Ritorno volontario umanitario. Nel contesto attuale si

tratta di un’evacuazione di fatto che ha permesso di mettere in sicurezza persone in pericolo nell’area di Tri-poli. Tutti i migranti erano originari dell’Africa occidenta-le.

Lunedì l’Acnur ha ricollocato altri 150 rifugiati detenuti ad Abu Selim, a sud di Tripoli, perlopiù donne e bambini portati nella struttura di accoglienza dell’organizzazione, che si trova nel centro della capitale libica, al riparo dal-le ostilità. È stata la seconda operazione di trasferimen-to in due settimane. La settimana scorsa altre 150 per-sone erano state spostate dalla galera di Ain Zara al Gdf, che al momento ospita oltre 400 persone ed è pie-no. team medici di Msf stanno anche fornendo kit per l’igie-ne in diversi rifugi per le famiglie libiche sfollate e hanno donato kit per feriti di guerra a due ospedali, uno a Tri-poli e uno a sud della città. L’Ong è preoccupata per un gruppo di oltre 80 pazienti trasferiti due mesi fa in un centro di detenzione a Sirte, molti dei quali in gravi con-dizioni mediche, perché non è più possibile fornire loro visite e cure mediche. A causa del conflitto, infatti, tutti i trasferimenti medici gestiti da Medici senza frontiere dai centri di Khoms, Zliten, Misurata, Beni Walid e Sirte ver-so gli ospedali di Tripoli non sono più possibili.

Restano circa 2.700 rifugiati e migranti nei centri dell’a-rea dei combattimenti a rischio della vita. «È una corsa contro il tempo – ha dichiarato l’assistente del capo missione in Libia, Lucie Gagne –. Abbiamo bisogno ur-gentemente di soluzioni per le persone intrappolate in Libia. Servono soprattutto i corridoi umanitari per trasfe-rirli in sicurezza fuori dal Paese».