in ]discipline della rappresentazione allo IUAV La serva padrona ... · testimoniato dal grande...

24
F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV 1 Fabrizio Gay Sulle [in]discipline della rappresentazione allo IUAV La serva padrona: livelli di specificità della disciplina del Disegno nelle scuole di Progettazione ........................................................................... 1 I corsi di Disegno “della” e “per” l’architettura all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia ....................................................... 7 I corsi di Geometria Proiettiva e Descrittiva ............................................ 15 I corsi di Applicazioni di geometria descrittiva e di Prospettiva....... 18 I corsi di Plastica Ornamentale e Disegno dal vero: Figura, Ornato e Decorazione ..................................................................................................... 20 Disegnare: il minimo (oggi) necessario ..................................................... 23 La serva padrona: livelli di specificità della disciplina del Disegno nelle scuole di Progettazione Di fatto la maggior parte dei docenti universitari italiani di “Disegno” che traduce in inglese il nome della propria disciplina usa il termine “Design[progettazione razionale] – e non “drawing” [espressione grafica] o technical drawing” – pur non insegnando discipline progettuali ma educando alle sole pratiche tecniche delle rappresentazioni nelle arti costruttive. La traduzione di Disegno con Design, forse troppo zelante, non è completamente abusiva giacché il termine “Design” presuppone e deriva metonimicamente da “Disegno” inteso come pratica che dal Rinascimento assurge a definire la stessa ideazione delle opere nelle diverse Arti. La promozione del disegnatore dalle “tute blu”, ai “colletti bianchi”, alle “toghe” universitarie è avvenuta proprio facendo valere la sovrapposizione parziale di significato tra “Disegno” e “Ideazione” (Design), quando il medievale praticante delle artes mechanicae rivendicando il valore e la tecnicità del momento ideativo nella produzione delle opere – si emancipava al prestigio sociale dell’ars liberalis. Quindi la parola italiana “Disegno” risulta spesso impiegata nel modo pretestuoso in cui l’usava l’artefice del secondo Cinquecento (nel suo passaggio dallo status di “cortegiano” a quello di accademico, “professore del disegno”) per sottolineare l’esistenza e la dignità del suo sapere teoretico e, insieme, la tecnicità dell’ideazione stessa degli artefatti, identificando la concreta immaginazione grafica – cioè la pratica dei disegni come “modelli simulativi” delle cose – con l’atto dell’immaginazione mentale implicita tanto nel riconoscimento abituale degli oggetti quanto nella loro ideazione artistica e tecnica. In quanto tecnica dell’ideazione il “disegno” nella letteratura artistica moderna ha coperto metonimicamente i significati che la teoria generale dell’ideazione (la Retorica) dava all’Inventio e soprattutto alla dispositio 1 , mantenendo il suo carattere tecnico e strumentale pur nel mutare delle estetiche e delle teorie delle arti. 1 Basti ricordare che la triade retorica di INVENTIO - DISPOSITIO - ELOCUTIO è puntualmente tradotta da Leon Battista Alberti nella triade “pittorica” di CIRCONSCRIPTIO - COMPOSITIO - LUMINA, triade che nella letteratura artistica del secolo successivo diviene abitualmente INVENZIONE - DISEGNO – COLORITO. All’artista “cortegiano” del XVI secolo, che ha già ereditato il trasferimento degli schemi della retorica classica alle arti figurative, non restava che usare La coincidenza di Disegno e ideazione La ripartizione delle discipline del disegno nella tradizioni Beaux Artes e polytecnique

Transcript of in ]discipline della rappresentazione allo IUAV La serva padrona ... · testimoniato dal grande...

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

1

Fabrizio Gay Sulle [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

• La serva padrona: livelli di specificità della disciplina del Disegno

nelle scuole di Progettazione ........................................................................... 1

• I corsi di Disegno “della” e “per” l’architettura all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia ....................................................... 7

• I corsi di Geometria Proiettiva e Descrittiva ............................................ 15

• I corsi di Applicazioni di geometria descrittiva e di Prospettiva....... 18

• I corsi di Plastica Ornamentale e Disegno dal vero: Figura, Ornato e Decorazione ..................................................................................................... 20

• Disegnare: il minimo (oggi) necessario ..................................................... 23

La serva padrona: livelli di specificità della disciplina del Disegno nelle scuole di Progettazione

Di fatto la maggior parte dei docenti universitari italiani di “Disegno” che traduce in inglese il nome della propria disciplina usa il termine “Design” [progettazione razionale] – e non “drawing” [espressione grafica] o “technical drawing” – pur non insegnando discipline progettuali ma educando alle sole pratiche tecniche delle rappresentazioni nelle arti costruttive. La traduzione di Disegno con Design, forse troppo zelante, non è completamente abusiva giacché il termine “Design” presuppone e deriva metonimicamente da “Disegno” inteso come pratica che dal Rinascimento assurge a definire la stessa ideazione delle opere nelle diverse Arti. La promozione del disegnatore dalle “tute blu”, ai “colletti bianchi”, alle “toghe” universitarie è avvenuta proprio facendo valere la sovrapposizione parziale di significato tra “Disegno” e “Ideazione” (Design), quando il medievale praticante delle artes mechanicae – rivendicando il valore e la tecnicità del momento ideativo nella produzione delle opere – si emancipava al prestigio sociale dell’ars liberalis. Quindi la parola italiana “Disegno” risulta spesso impiegata nel modo pretestuoso in cui l’usava l’artefice del secondo Cinquecento (nel suo passaggio dallo status di “cortegiano” a quello di accademico, “professore del disegno”) per sottolineare l’esistenza e la dignità del suo sapere teoretico e, insieme, la tecnicità dell’ideazione stessa degli artefatti, identificando la concreta immaginazione grafica – cioè la pratica dei disegni come “modelli simulativi” delle cose – con l’atto dell’immaginazione mentale implicita tanto nel riconoscimento abituale degli oggetti quanto nella loro ideazione artistica e tecnica. In quanto tecnica dell’ideazione il “disegno” nella letteratura artistica moderna ha coperto metonimicamente i significati che la teoria generale dell’ideazione (la Retorica) dava all’Inventio e soprattutto alla dispositio 1, mantenendo il suo carattere tecnico e strumentale pur nel mutare delle estetiche e delle teorie delle arti.

1 Basti ricordare che la triade retorica di INVENTIO - DISPOSITIO - ELOCUTIO è puntualmente tradotta da Leon Battista Alberti nella triade “pittorica” di CIRCONSCRIPTIO - COMPOSITIO - LUMINA, triade che nella letteratura artistica del secolo successivo diviene abitualmente INVENZIONE - DISEGNO – COLORITO. All’artista “cortegiano” del XVI secolo, che ha già ereditato il trasferimento degli schemi della retorica classica alle arti figurative, non restava che usare

La

coincidenza

di Disegno e

ideazione

La ripartizione delle discipline

del disegno nella tradizioni Beaux Artes e polytecnique

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

2

Il mutare delle estetiche, delle teorie delle arti e del loro quadro pragmatico ha comportato tuttavia differenze nelle spiegazioni didattiche e critiche del “Disegno” come strumento di conoscenza eidetica e di rappresentazione tecnica. Cosi la disciplina del “disegno” nella didattica accademica si è articolata da un lato – a partire dalle categorie tecniche della vasariana “Accademia del Disegno” agli ordinamenti delle moderne Accademie di Belle Arti – nelle tradizionali applicazioni della coscienza fenomenologica della raffigurazione grafica dello spazio (prospettiva e quadratura) dei corpi (anatomia artistica e figura) e dei valori plastici (ornato e composizione), e dall’altro lato – nella formalizzazione politecnica – nella costruzione dei modelli geometrici delle forme e dei surrogati delle loro apparenze ottiche (la “Géometrie Perspective” di Johann Heinrich Lambert, la “Géométrie Descriptive” di Gaspard Monge e il disegno tecnico dei due secoli successivi fino all’odierna computer grafica). La contiguità umanistica tra gli aspetti scientifici e quelli artistici della rappresentazione grafica – pur molto evidente nell’uso del disegno testimoniato dal grande dilettantismo di Leonardo, di Lambert e di Goethe – è stata presto occultata dalla divaricazione scolastica ed editoriale tra l’istruzione artistica (tipicamente induttiva e fatta di plurime esperienze concrete) e quella politecnica (deduttiva a partire da astrazioni e generalizzazioni matematiche); un divario ancora oggi sentito nel nostro paese che ha conosciuto una tradizionale varietà e frammentazione delle accademie artistiche 2 e nonostante la nascita delle Scuole Superiori di Architettura vi sia avvenuta proprio nel tentativo di sussumere quel divario nella prospettiva ideale di un “politecnico delle arti”. Ma l’idea di un “Politecnico delle Arti” – slogan acquisito oggi dal concorrente ateneo di Ca Foscari – resta ancora un vago ideale, un presupposto quasi mitico che dieci anni fa ispirava in gran parte anche la trasformazione dell’Istituto Universitario di Architettura di Venezia in un Ateneo delle Arti e del Progetto. Oggi la minaccia di sussumere lo IUAV in un “Politecnico del Nord-Est” misura forse quanto l’idea di un “Politecnico delle Arti” sia ancora lontana e forse non possa attagliarsi a un pese malato d’idealismo crociano travestito da scientismo, che non concepisce quella tecnicità (artigianalità semiotica) delle Arti rivendicata, nell’emancipazione umanistica del tecnico-artista, nella parola “Disegno”. Forte di questa tradizione rinascimentale la parola “disegno” è oggi usata spesso come foglia di fico dietro la quale ha facile gioco il malcostume accademico che fa prosperare i suoi interessi di cosca sfruttando e confondendo le diversità tra le teorie, i livelli e gli ambiti applicativi della rappresentazione tecnica nel suo esercizio artistico; il Disegno resta così una disciplina da taluni elevata a pura competenza teorica e da altri ridotta a semplice performanza esecutiva della progettazione. Sotto i lustri della tradizione rinascimentale, identificando “disegno e progetto” [design], il Disegno è talora definito come “disciplina autonoma” in un castello di carta – quando occorre difendere allevamenti accademici locali

accademicamente il termine “disegno” per indicare tanto la tecnica dalla imitatio quanto lo strumento pratico della electio eidetica, ovvero strumento di ritrovamento eidetico (l’inventio retorica) d’articolazione sintagmatica del testo compiuto (dispositio retorica). 2 Alla costituzione dello stato unitario il nostro paese contava su quattordici Accademie di Belle Arti (già regolate sulla base dei decreti napoleonici del 1807 ed Austriaci del 1842), assunte come “Istituti di Belle Arti” alle dipendenze del Ministero della Pubblica Istruzione e ordinate secondo i decreti emanati tra il 1876 ed il 1879; si consideri che la Francia disponeva di sole tre accademie a fronte dell’unica accademia austriaca.

Il disegno e l’ideale di un Politecnico delle Arti

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

3

nell’attribuzione degli incarichi a supplenza – e talaltra – quando conviene intercettare incarichi professionali e assegni di ricerca – come una “pratica eteronoma” in un labirinto di consulenze specialistiche. Le vertenze di eteronomia disciplinare sono servite a istituire insegnamenti più specialistici da elevare poi al rango di discipline autonome fino a giungere all’attuale proliferazione dei corsi universitari variamente combinati in “laboratori” e “moduli” che caratterizza ancora l’attuale ordinamento didattico della Facoltà di Architettura. Ne segue la necessaria economia richiesta dal Preside attraverso una precisazione dei “saperi necessari” rivolta alle varie discipline e ai singoli docenti. È ovvio tuttavia che il “sapere necessario” si può misurare solo sugli obiettivi formativi e scientifici di una Scuola, e le risposte sono sostanzialmente di due tipi: si può rovesciare la domanda (“… necessari a che cosa?) oppure si può articolare il discorso non in termini di Autonomia ed eteronomia disciplinare ma chiarendo la “specificità” disciplinare della Rappresentazione, tanto nella didattica quanto nella ricerca, giacché la stretta concomitanza tra didattica e ricerca è fattore essenziale per la qualità dell’insegnamento universitario. Per chiarire senza imbrogli la specificità della disciplina del Disegno credo si debba procedere per gradi di necessità pratica, per livelli corrispondenti ai generi aristotelici del discorso: 1) giudiziario (regolato dal criterio del “verosimile”), 2) deliberativo (intorno all’azione utilitaria) e 3) epidittico, ovvero secondo l’argomentazione retorica vera e propria, il cui criterio di pertinenza è, in definitiva, il “bello”.

La prima responsabilità della disciplina del Disegno in ogni scuola di progettazione è di carattere giudiziario; consegue dal compito di formazione professionale della scuola e dal principio (tanto ovvio quanto spesso disatteso) che i progettisti debbano conoscere i linguaggi notazionali che istruiscono compiutamente l’esecuzione dei loro progetti e che siano responsabili delle conseguenze referenziali delle rappresentazioni; principio sancito dal codice di deontologia professionale3 con precise risultanze di ordine Penale in giurisprudenza4. A livello giudiziario ci sono dunque solo “disegni verosimili” e “disegni non verosimili”, sia in senso grammaticale che pragmatico, ovvero: 1) [grammaticale] secondo i codici e metodi della rappresentazione grafica (sanciti dalla geometria descrittiva) ottenuta per proiezione piana del modello geometrico di un corpo a una data scala d’informazione costruttiva, 2) [pragmatico] secondo la rispondenza referenziale di queste rappresentazioni a quanto devono denotare. Nell’attuale ordinamento didattico del corso (professionalizzante) di Laurea in Scienze dell’Architettura lo studente dovrebbe apprendere il

3 Si veda soprattutto l’art. 26 dell’attuale Testo Unico delle Norme di Deontologia Professionale dell’ordine degli architetti che recita: “ L’architetto, nell’espletamento delle varie fasi progettuali, è tenuto a produrre tutti gli elaborati necessari e sufficienti per la definizione a realizzazione dell’opera nei limiti di quanto stabilito dall’incarico. La carenza, l’imprecisione o l’indeterminatezza degli elaborati, anche se non contestate dal committente, costituiscono motivo di inadempienza deontologica”. 4 Molte sentenze della Corte di Cassazione hanno valutato atti concessi dalla Pubblica Amministrazione sulla fiducia in rappresentazioni riscontrate poi infedeli dello stato dei luoghi e delle costruzioni (fidando dunque in dichiarazioni che affermano, contrariamente al vero, il possesso nello stato di fatto dei luoghi dei previ requisiti dimensionali, morfologici, strutturali e impiantistici richiesti dalle leggi vigenti), considerando tali “elaborati grafici” (scientemente o inconsapevolmente sbagliati) nella fattispecie dei reati di false dichiarazioni di cui all’art. 481 del Codice Penale, a prescindere dal fatto che l’agire di un architetto sia conseguenza della sua ignoranza o della sua disonestà.

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

4

primo criterio di correttezza (grammaticale) del disegno nel primo “modulo coordinato di rappresentazione” (moduli di Disegno e di Geometria Descrittiva)5 e il secondo criterio (referenziale) nel secondo modulo coordinato (moduli di Rilievo dell’Architettura e di Disegno Digitale), impartiti tutti al primo anno di corso con scarsissime garanzie di coordinamento giacché – in ossequio alla tarantella dell’autonomia disciplinare – con delibera del Consiglio di Facoltà del 31 marzo 2010, sarà fatto divieto ai docenti di Disegno di tenere insieme i due insegnamenti di un “modulo”. Nel decretare lo scoordinamento obbligatorio tra i corsi (“autonomi” ma “valutati con uno stesso voto”) di Geometria Descrittiva e di Disegno il Consiglio di Facoltà non ha tuttavia deliberato quale tra i due insegnamenti si occuperà dei capitoli tradizionalmente comuni: la prospettiva, la surrogazione grafica dell’esperienza ottica e in particolare la teoria delle ombre e del chiaroscuro, la nozione di scala d’informazione di un disegno, la traduzione grafica dell’esperienza tattica, in particolare i sistemi di orientamento anatomico e la partizione proporzionale dei corpi. Probabilmente questi capitoli non verranno trattati in corsi di 37 ore e gli studenti continueranno a non sospettare l’esistenza di qualche nesso (a parte il “voto unico”) tra i corsi di “Geometria Descrittiva” (che sono in genere elementari e riguardano i soli tre metodi del disegno tecnico applicato a semplici superficie geometriche di secondo grado) e quelli di “Disegno” i cui contenuti sembrano oggi rispondere solo ai gusti personali del docente. È dunque facile prevedere che queste recenti misure in favore dell’autonomia disciplinare della geometria descrittiva serviranno forse a far produrre disegni più corretti ma, probabilmente, poco verosimili e inutili. Distinguendo disegni utili e disegni inutili e constatando la grande varietà di rappresentazioni si porta la questione in un discorso deliberativo, nel quale la Geometria Descrittiva negli studi di architettura e design, oltre la sua ovvia funzione normativa, perde il carattere di pura ricerca matematica e assume lo scopo pratico di costruire (e rappresentare economamente) modelli geometrici dei corpi fisici. Questa geometria utilizzata non è la scienza di Monge ma uno strumento specifico per le arti costruttive che si occupa soprattutto di come parametrizzare le forme in modo significativo, cioè a partire dalla loro proprietà plastiche e iconiche. La geometria descrittiva tradizionale ebbe il merito d’aver reso più interattive la visualizzazione proiettiva, le proprietà grafiche e la generazione cinematica del modello delle forme dei corpi, ma non esaurisce i modi della rappresentazione strettamente utili a chi progetta artefatti; i suoi metodi di rappresentazione sono limitati al solo caso del paradigma stereografico del disegno, paradigma che trova collocazione al centro di uno spettro di altre modalità enunciative.

5 Il primo modulo di rappresentazione dovrebbe coordinare il versante matematico e quello fenomenico della rappresentazione grafica; il modulo di Geometria Descrittiva dovrebbe insegnare i metodi della rappresentazione proiettiva (proiezioni centrali e bicentrali) e la morfologia geometrica essenziale delle curve e delle superficie. Il modulo di Disegno (traducendo fenomenicamente lo spazio geometrico) dovrebbe insegnare gli elementi della più economa espressione grafica della forma esperita dei corpi nello spazio e dello spazio stesso attraverso il disegno dal vero e il disegno tecnico.

2) Livello deliberativo:

le diverse forme

della rappresentazion

e tecnica

1) Livello giudiziario:

il minimo sindacale

della Geometria

Descrittiva e del Rilievo

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

5

Tipo dell’enunciazione

Modo della rappresentazione

Modo dell’eventuale rilevamento

Modello geometrico della traduzione spaziale

Campionamenti Prelievo diretto IDEMGRAFIE Duplicati Clonazione, copia

Tomografie Calco e Misurazione diretta

Congruenze S n→ S’ n

ICNOGRAFIE Modello digitale o maquettes analogiche

Laser scanning o mappaggio diretto aderente

Similitudini S n→ S’n

STEREOGRAFIE

Metodi di rappresentazione della geometria descrittiva

Rilevamento indiretto per intersezione in avanti o per fotogrammetria

Omografie S n → S’ n-

1

SEMIOGRAFIE

Diagrammi (Mappe e Grafi) equazioni, script, notazioni semantiche

Statistiche, Parametrizzazioni, Assiologie proiettate

Omeomorfismi S n → S’ x

La Geometria Descrittiva dovrebbe dunque utilmente ricollocarsi in quel sapere più antico, ampio e organico (il progetto di “semeiotica della rappresentazione”) nel quale Johann Heinrich Lambert sperava di condurre l’insieme di pratiche di rappresentazione fiorite in diversi ambiti specialistici. La nozione di “rappresentazione” non designa di fatto una sola e compatta classe di oggetti ma una variegata famiglia di pratiche diverse, di usi rappresentativi di oggetti non tutti nati come “rappresentazioni”. Solo una vaga parentela pragmatica collega le diverse pratiche espressive che potremmo sinteticamente evocare con la seguente mappa:

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

6

Forse solo un punto di vista semiotico – con il suo vocabolario interdefinito, impermeabile alle derive mentalistiche, psicologiche e sociologiche – consente di vedere le “somiglianze di famiglia” in queste diverse pratiche di rappresentazione usate nel progetto degli artefatti; in particolare consente di evidenziare il fatto che la differenza tra modi della rappresentazione è innanzitutto una questione di enunciazione e che il piano del contenuto di queste espressioni è lo stesso, anche se diversamente ritagliato dalle diverse forme espressive. Una rappresentazione strumentale alle arti dipende dagli scopi per cui è mobilitata e dalle circostanze nelle quali entra in esecuzione; quindi qualunque discorso sul Disegno come strumento o prodotto di un’Arte non può che essere di tipo epidittico e dovrebbe cercare di oggettivare perlomeno la dimensione estetica ed euristica della pratica di rappresentazione. La rappresentazione per il progetto è strumentale per definizione e il suo insegnamento è tanto più efficace quanto più proviene da docenti che hanno efficientemente usato il disegno nella loro attività progettuale o nell’esercizio delle altre arti. Tuttavia quando l’architetto o l’artista si occupano tecnicamente della rappresentazione devono compiere uno sforzo d’oggettivazione adottando un punto di vista semiotico e mettere di volta in volta in relazione tra loro la semiotica delle rappresentazioni e quella degli oggetti di tali rappresentazioni, siano essi architetture, oggetti industriali, paesaggi, etc… Alternando analisi empiriche e sistemazioni teoriche la ricerca sulla rappresentazione dovrebbe offrire una capacità di riflettere con mezzi icastici su specifiche strategie di significazione. Per questa ragione insegnamento e ricerca in queste discipline dovrebbero essere concomitanti fin dal primo giorno di lezione e la loro efficienza si dovrebbe misurare sul tema dell’efficacia semiotica delle rappresentazioni, ovvero sul tema della traducibilità effettiva tra le diverse semiosi in gioco. Credo sia questo il miglior contributo (il “sapere necessario”) che le discipline della rappresentazione potrebbero offrire alla tradizione di didattica e di ricerca nello IUAV ampliato in un “politecnico delle Arti”. Può forse risultare troppo generico e astratto il definire gli studi sulla rappresentazione come messa in correlazione delle semiosi in gioco in una data pratica artistica; allora può essere utile precisare meglio questo principio rileggendo in più circostanziati particolari storici la specifica tradizione dell’insegnamento delle discipline a stretto contenuto grafico presso l’Istituto Universitario di Architettura di Venezia in una breve rassegna redatta al solo scopo di inventariare un repertorio di esperienze alle quali molti si riferiscono per cercare un sostegno identitario ma senza prendersi il disturbo di precisarne e documentarne i contenuti.

3) Livello epidittico:

la rappresentazione e le altre

pratiche semiotiche

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

7

I corsi di Disegno “della” e “per” l’architettura all’Istituto

Universitario di Architettura di Venezia

La Scuola Regia Superiore di Architettura di Venezia, ben distinta dalla Regia Scuola di Applicazione per Ingegneri ed Architetti costituita a Padova nel 1876 6, ha originariamente uno statuto che l’assimila al modello dell’omologa Scuola Superiore di Roma7. Matura la sua istituzione nel dicembre 1926 nel corpo dell'Accademia di Belle Arti di Venezia come estensione della sua interna Scuola di Architettura8 entro la quale nei tre anni precedenti aveva aggiunto i primi insegnamenti tecnici, impostando così il suo ordinamento didattico originario 9 valido fino all’ unificazione Nazionale degli Statuti delle facoltà di Architettura imposta nel 1932. L’insegnamento della disciplina di “Architettura”, come nella precedente Scuola Speciale dell’Accademia, continua distribuito per tutti i cinque anni di corso, tenuto dall’ordinario Guido Cirilli, che terrà la direzione dell’esordiente Istituto dal ‘29 al ’43. Il programma del suo nuovo corso di “Architettura” non varia rispetto al corso omonimo della precedente scuola in Accademia. Come prima si svolge nei modi didattici diretti di quel tipico apprendimento “da bottega” che sul finire dell’iter si concentra

6 Con la Legge Casati del 1859 che istituisce le Scuole di Applicazione, invece di perseguire il titolo di “Professore di Disegno Architettonico” l’aspirante architetto, dopo il settennio di studi presso la scuola di Architettura dell’Accademia di Belle Arti, poteva passare alla Scuola di Applicazione per Ingegneri ed Architetti per conseguirvi il titolo di ingegnere-Architetto; titolo superiore alla licenza di Professore di Disegno rilasciata dall'Accademia. L’istituzione delle Regie Scuole di Applicazione sancisce così il divario tra l’istruzione Beaux-Arts e una formazione tecnica modellata sull’esempio dell’École polytechnique, le cui conseguenze – presto stigmatizzate da Boito – sono spesso oggetto di dibattito nella cultura architettonica nazionale tra Ottocento e Novecento.

7 Così motiva lo statuto il suo principale estensore, Giovani Bordiga, in un documento della cartella 20.2 presso l’Archivio Storico IUAV “… L'ordinamento didattico della scuola predisposto dallo Statuto segue nelle linee generali i concetti adottati dalla Scuola di Architettura di Roma. Due gruppi fondamentali d'insegnamento: scientifico ed artistico. Nel loro savio equilibrio e nel loro mutuo accordo è il fondamento della scuola; la quale ha da creare valenti artisti nutriti di salde cognizioni tecniche; compito diverso da quello della Scuola degli ingegneri [...]. Una scuola Superiore di Architettura, a mio giudizio, deve dare all'artista tutta quanta la cultura che gli è necessaria per renderlo capace di potere da solo vigilare, da solo guidare e correggere i minori artefici che gli verranno affianco nella esecuzione di ogni parte dell'edificio (di architettura civile) affidato a lui per la ideazione e la costruzione.” – .

8 L’istituzione della Scuola Regia di Architettura avviene nel corpo dell'Accademia di Belle Arti di Venezia il cui ordinamento è tipicamente tripartito in un anno d’insegnamento Preparatorio, un biennio d’insegnamento Comune, e un triennio d’insegnamento Speciale. Gli insegnamenti specialistici, detti “Scuole Speciali”, sono otto: Architettura, Pittura, Scultura, Prospettiva, Ornato, Elementi di figura, Incisione, Anatomia. Chi intendeva conseguire il titolo di Professore di Disegno Architettonico era tenuto a un altro anno di frequenza della Scuola Speciale di Architettura dedicato agli esercizi di Composizione estemporanea, e allo studio della Storia dell'Architettura. Anche se il Regio Decreto del dicembre 1923 (“riforma degli istituti artistici”) aboliva il Corso Speciale di Architettura, con una "disposizione transitoria” il decreto consentiva al Corso Speciale di Architettura di perdurare fin che presso le stesse Accademie non fosse istituita la Scuola Superiore di Architettura. Così l’istituzione della Scuola Superiore di Architettura si matura per tre anni nel corpo stesso dell’accademia.

9 Il piano degli insegnamenti nell'a.a. 1928-29 è il seguente: Geometria descrittiva e applicazioni -Architettura -Topografia - Scienza delle costruzioni -Analisi algebrica e infinitesimale - Fisica applicata alle costruzioni -Meccanica razionale - Geometria analitica - Estimo e materie legali - Chimica applicata ai materiali da costruzione - Composizione di architettura minore - Statica grafica - Disegno ornamentale e decorativo - Storia dell'arte-Igiene delle costruzioni - Restauro dei monumenti -Architettura sacra - Decorazione interna ed arredamento. Cfr. cartella 20.2 dell’archivio storico IUAV. Gli insegnamenti risultano così disposti e assegnati: GEOMETRIA DESCRITTIVA E APPLICAZIONI per primo e secondo anno, tenuto da Giovanni Bordiga; ARCHITETTURA dal primo al V° anno, tenuto da Guido Cirilli; SCIENZA DELLE COSTRUZIONI per il IV° e V° anno, tenuto da Giordano Tomasatti; COMPOSIZIONE DI ARCHITETTURA MINORE per il III°, IV° e V° anno, tenuto da Brenno Del Giudice; DISEGNO ORNAMENTALE E DECORATIVO dal primo al V° anno, tenuto da Augusto Sezanne; STORIA DELL'ARTE dal primo al V° anno, svolta da Pietro Paoletti; RESTAURO DEI MONUMENTI dal III° al V° anno, tentuto da Giuseppe Torres; ARCHITETTURA SACRA dal III° al V° anno, svolto dallo stesso Giuseppe Torres.

La coincidenza del Disegno

e della formazione al progetto

L’insegnamento di “Architettura”

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

8

sullo specifico risultato artigianale. Tipicamente l’allievo di Cirilli, com’era nella consuetudine accademica, si addestrava all’arte di costruire attraverso il ridisegno via via più approfondito di exempla – visti generalmente attraverso le sole tavole di Letaroiully 10 e di Buhlmann 11 – disposti lungo una semplice genealogia stilistica dal periodo greco e romano al Settecento. All’inizio di questo workshop quinquennale l’apprendimento attraverso il rilievo, il ridisegno e la diretta interpretazione degli exempla era prevalente, poi lasciava progressivamente il posto alla libera composizione. Nella stessa progressione stilistica, al ridisegno degli exempla l’allievo alternava nel corso di Architettura una dose via via maggiore di esercizi compositivi, sempre meno estemporanei, anno dopo anno, fino a farne l’esercizio di laurea da svolgersi nell’intero V° anno. L’ordinamento originario non prevede dunque uno specifico corso di Disegno o di Rilievo dei monumenti perché la padronanza del disegno (prima acquisita nella fase di formazione accademica comune) è fatta coincidere con l’apprendimento dell’architettura stessa, intesa come una grande, millenaria, catena di trascrizioni, di deformazioni e trasformazioni di forme (tipi e modelli) variamente significanti, rimesse in gioco e trasformate.

Questa formazione è conforme a un senso comune dell’architettura, una mescolanza di estetica idealistica e positivista che possiamo leggere nei più diffusi manuali degli anni Venti – come il Manuale dell’Architetto di Daniele Donghi o il fortunato trattato di Giovanni Battista Milani – dove spiegano l’evoluzione delle forme architettoniche da un lato come esito della storia razionale della costruzione tettonica – principalmente sull’esempio de l’Histoire de l’architecture di Auguste Choisy – e dall’altro del raffinarsi della “veste ornamentale” dell’edificio per stilizzazioni successive guidate dalla concorrenza tra i “geni artistici”. L’unificazione nazionale degli statuti che s’impone all’Istituto veneziano nel 1932 non ne muta il carattere fondamentale (accademico) di Workshop stilistico quinquennale dove “disegno” e “progetto” sono sovrapposti in una progressione di esercizi che va dall’imitatio all’electio.

10 Paul Marie Letarouilly, Edifices de Rome moderne, èditions Morel, Paris 1868 11 Josef von Bühlmann, Die Architektur des klassischen Altertums und der Renaissance, P. Neff, Eszlingen 1919.

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

9

Semplicemente nel nuovo ordinamento didattico 12 il vecchio corso quinquennale di “Architettura” scompare articolandosi analiticamente in un primo biennio di studio genealogico delle forme (ovvero nel corso biennale di “Disegno Architettonico e Rilievo dei Monumenti”, affiancato a quelli di “Ornato”, di “Decorazione”) e in un triennio scandito principalmente dalla Composizione Architettonica (generale e di genere) affiancata alla Plastica ornamentale, all’esercizio progettuale della Decorazione e della Plastica, all'Urbanistica (biennale) e alla tipologia distributiva. A Venezia l’ordinario di “Architettura” (il direttore dell’Istituto) conserva il privilegio accademico d’insegnare nel triennio a discenti precedentemente imbastiti nel primo biennio, riservandosi le discipline della Composizione architettonica e della Decorazione in senso progettuale, cioè svincolata dall’onere formativo del disegno dal Vero (Ornato). Il primo biennio di formazione prevede dunque il fondamentale corso biennale di “Disegno architettonico e Rilievo dei monumenti”, a Venezia tenuto dal 1932 al 1936 da Brenno Del Giudice seguendo un programma 13 di formazione stilistica del tutto simile a quello del primo biennio del vecchio corso accademico della scuola speciale “Architettura”. Nell’anno accademico 1936-37 l’arrivo di Giuseppe Samonà alla medesima cattedra biennale di “Disegno Architettonico e Rilievo dei

12 Con lo Statuto approvato con R. Decreto 27 Ottobre 1932 n. 2102. le materie passano da diciotto a ventotto, ma nell’istituto veneziano l’ordinamento dell'a.a. 1932-33 prevede gli stessi docenti cosi ridistribuiti: Primo anno: DISEGNO ARCHITETTONICO E RILIEVO DEI MONUMENTI (Brenno Del Giudice) - ORNATO (Carlo Scarpa) - FIGURA (R. Butera) - PROSPETTIVA (Gastone Marini Iscra) - ELEMENTI COSTRUTTIVI (Guido Costante Sullam) - ANALISI ALGEBRICA E GEOMETRIA ANALITICA (C. Carmignola) - GEOMETRIA PROIETTIVA E DESCRITTIVA (Romeo Maestri) - STORIA DELL'ARTE GENERALE (Giulio Lorenzetti) - CHIMICA GENERALE ED APPLICATA AI MATERIALI DA COSTRUZIONE (F. Truffi). II° anno: DISEGNO ARCHITETTONICO E RILIEVO DEI MONUMENTI (B. Del Giudice) - PLASTICA ORNAMENTALE (G. Cigarini) - DECORAZIONE (C. Scarpa) - ELEMENTI COSTRUTTIVI (G.C. Sullam) - ANALISI MATEMATICA (C. A. Dall'Agnola) - APPLICAZIONE DELLA GEOMETRIA DESCRITTIVA (Romeo Maestri) - STORIA DELL'ARTE (C. Lorenzetti) - MINERALOGIA E GEOLOGIA APPLICATA (G. Azzini). III° anno: COMPOSIZIONE ARCHITETTONICA (Guido Cirilli) - LA DECORAZIONE NEI SUOI STILI E NELLE SUE VARIE TECNICHE (G. Cirilli) - PLASTICA ARCHITETTONICA (G. Cigarini) - CARATTERE STORICO DEGLI EDIFICI (Giulio Lorenzetti) - CARATTERE DISTRIBUTIVO DEGLI EDIFICI (G. C. Sullam) - IGIENE EDILIZIA (R. Vivante) - MECCANICA RAZIONALE E STATICA GRAFICA (G. Carmignola) - FISICA GENERALE E TECNICA (C. Fabris). IV anno: COMPOSIZIONE ARCHITETTONICA (G. Cirilli) - CARATTERE STORICO DEGLI EDIFICI (G. Lorenzetti) -ARREDAMENTO E DECORAZIONE (G.C. Sullam) - SCIENZA DELLE COSTRUZIONI (A. Cattini) -TOPOGRAFÌA E COSTRUZIONI STRADALI (C. Pasini) - IMPIANTI TECNICI (C. Fabris) - ARCHITETTURA RELIGIOSA (Giuseppe Torres) - URBANISTICA (Duilio Torres) - MATERIE GIURIDICHE ED ECONOMICHE (Romeno Maestri). V° anno: COMPOSIZIONE ARCHITETTONICA (G. Cirilli) - RESTAURO DEI MONUMENTI (C. Torres) -ARREDAMENTO E DECORAZIONE (G.C. Sullam) - URBANISTICA D. Torres) - SCIENZA DELLE COSTRUZIONI (G. Tomasatti) - ESTIMO ED ESERCIZIO PROFESSIONALE (R. Maestri) - TECNOLOGIA EDILIZIA (G. Sullam). 13 Come risulta dagli annuari il corso di “Disegno” tenuto da Brenno Del Giudice prevedeva: al primo anno: 1. profili e forme architettoniche dell’architettura greca e dell’architettura romana: disegni prospettici

– disegni geometrici quotati – profili e sezioni. 2. Gli ordini dell’architettura greca e dell’architettura romana 3. Studio dell’insieme dei monumenti dell’architettura greca e romana 4. Particolari architettonici e decorativi 5. Rilievi parziali dei monumenti 6. Studi e schizzi dal vero dei monumenti stessi 7. Piccole composizioni. Secondo anno 1. monumenti dell’architettura romana: disegni d’insieme e di dettaglio 2. rilievo di monumenti – schizzi prospettici – disegni quotati di piante, alzati e sezioni.- 3. particolari architettonici e decorativi in grande scala 4. impressioni e studi dal vero sull’architettura delle varie epoche 5. composizione architettonica su temi di carattere civile, industriale, rurale. 6. Valutazione dei mezzi e dell’uso dei materiali 7. Studio particolareggiato dell’organismo architettonico nei suoi diversi elementi 8. Prove estemporanee.

L’insegnamento di “Disegno Architettonico e Rilievo dei Monumenti”

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

10

monumenti” non ne muta il ruolo (una imitatio versata all’electio) nel percorso formativo generale; cerca tuttavia d’inflettere la sequenza stilistica di Cirilli e di Del Giudice in una più precisa e ricca progressione para-linguistica 14.

I successivi corsi di “Disegno” di Samonà si dettagliano nel compito di fornire una sorta di grammaire générale raisonnée dell’architettura, specie all’inizio degli anni ’40, quando l’insegnamento dismette il termine “disegno” nella nuova denominazione di “Elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti”. Negli anni accademici 1941-43 il programma del corso è maggiormente dettagliato storicamente mostrando la seguente impostazione processuale, dalla stilizzazione progressiva dell’ordine inteso come figurazione della struttura, alla precisa sequenza modellistica dei tipi architettonici e della loro organizzazione morfologica dal tempio greco arcaico all’architettura barocca romana:

“Primo anno: o L’ordine architettonico e i suoi elementi – la cornice, il fregio, l’architrave nella genesi

e nel suo sviluppo; nel passaggio da elementi dettati da necessità pratiche a elementi

14 Dall’Annuario del Regio Istituto Superiore di Architettura di Venezia, anno accademico 1936-37 apprendiamo che il programma dei primi corsi di “Disegno” tenuti da Samonà prevede i seguenti argomenti: “Primo anno 1. lezione introduttiva sul disegno architettonico: il disegno tecnico come precisa rappresentazione dei tempi edili (prospetti, sezioni, piante e dettagli geometrici quotati, e scale grafiche più convenienti). Il disegno pittorico come elemento complementare del disegno tecnico; rappresentazioni prospettiche e loro espressione attraverso le varie tecniche: bianco e nero, acquarello, tempera, prospettiva lineare a semplice contorno. 2. le modanature e loro successione in profilati di cornici di coronamento, di pause marcapiani, di basamento. 3. disegni tratti da calchi di cornici greche e romane, consistenti in rilievi quotati in cui il calco è rappresentato di fronte, in pianta e in sezione. 4. il concetto dell’ordine architettonico come elemento trilitico e sue varie espressioni. 5. l’ordine dorico greco dalle forme arcaiche alle ellenistiche e l’ordine jonico asiatico ed attico. 6. disegno di ordini jonici e dorici su schemi di templi più caratteristici dei vari periodi della civiltà ellenica. 7. il tempio greco, le sue forme e la sua struttura nei vari periodi. 8. completamento dei disegni e degli schemi dei templi dorici e jonici con piante e sezioni di essi. 9. l’ordine presso i romani, l’ordine corinzio, l’ordine composito, l’ordine etrusco ed il toscano. 10. disegni di ordini romani e schemi di templi romani. 11. particolari architettonici in grande scala. 12. principi di prospettiva 13. disegni prospettici eseguiti con diverse tecniche e tratti dagli schemi disegni in proiezione. 14. studi e schizzi prospettici dal vero. 15. rilievo parziale dei monumenti. Secondo anno: 1. I monumenti dell’architettura classica che hanno schemi compositivi complessi. 2. Disegni in proiezione di questi schemi complessi tratti da tavole di rilievo e da fotografie secondo vari esempi, come: archi di trionfo, schemi di teatri, anfiteatri, edifici termali, palazzi – in cui l’ordine architettonico è applicato non più in funzione costruttiva, come elemento trilitico, ma in funzione decorativa e plastica. 3. Numerosi schizzi prospettici tratti da fotografie come studio degli svariati ordinamenti spaziali, dei movimenti di massa, delle sovrapposizioni degli ordini, che costituiscono la fisionomia particolare dell’architettura classica del mondo romano. 4. la struttura dei monumenti romani, il marmo come rivestimento, la pietra e il mattone, sistemi centinati. 5. Schizzi dal vero di monumenti caratteristici delle varie epoche. 6. Qualche studio compositivo basato sugli elementi architettonici raccolti durante il biennio e che faccia da sintesi di questi elementi, per dimostrare il grado di penetrazione dell’allievo nello spirito del mondo architettonico della civiltà classica. In questo studio compositivo d’invenzione, la fantasia dell’allievo sarà gradualmente disciplinata degli schizzi tratti da elementi studiati via via ad uno schema definitivo disegnato in tutti gli elementi indispensabili per rappresentarlo in forma concreta di progetto, con alzati piante sezioni dettagli e vedute prospettiche. Rilievo di monumenti scelti da un gruppo di opere appartenenti ad una determinata corrente stilistica affinché il rilievo, oltre ad essere una utile esercitazione disengativa, sia materia per una accurata indagine scientifica.”

L’insegnamento di “Elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti”

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

11

creati da necessità estetiche. La trabeazione dell’ordine Dorico, Jonico e Corinzio presso i greci. Esercitazione su profili di cornici eseguite a mano libera e raccolte in grande numero per abituare l’allievo per entrare nello spirito delle sagomature classiche.

o Gli elementi discontinui del sistema trilitico; la colonna, il capitello, il fusto e la base. Esercitazioni grafiche sugli elementi discontinui del sistema trilitico.

o I templi come espressione compiuta ed unica dell’arte greca fino al periodo aureo. I templi arcaici della Magna Grecia e dell’Attica. I templi del V secolo. Esercitazioni con grafici a schizzo degli schemi più importanti dei templi, facendo notare la evoluzione e la trasformazione del tempio dal periodo arcaico al periodo aureo e le varietà etniche che differenziano i templi di uno stesso periodo.

o L’arte ellenistica, le tolos, le agorà i mausolei; edifici in cui interviene la fusione di diversi ordini architettonici.

o L’architettura romana, i suoi organismi costruttivi; la funzione decorativa dell’ordine architettonico nei monumenti romani. Trasformazione delle caratteristiche della plastica greca nei vari elementi dell’ordine per aggiungere una fusione perfetta nella sovrapposizione degli ordini. I sistemi arcuati. Esercitazioni grafiche profilazioni romane, su dettagli dell’ordine applicati in forme trilitiche e nei sistemi arcuati.

o Gli organismi semplici: il tempio, l’arena, la basilica a sistema trilitico. o Gli organismi architettonici complessi: i teatri, gli anfiteatri, le terme, la basilica a

volta. Schizzi tratti da fotografie di monumenti a schema semplice e complesso, in numero conveniente da dare una chiara visione dei vari tipi. Studio di sistemazioni planimetriche di particolari organismi edilizi come i fori.

o Rilievo di gruppi di monumenti appartenenti ad un determinato periodo e con un determinato carattere, accompagnati da schizzi prospettici che dimostrino la differenza tra l’effetto spaziale del vero e la restituzione geometrica.

o Esercitazioni pratiche di prospettiva: regole generali – studio di volumi da vari punti di vista e varie altezze di orizzonte – restituzione geometriche da prospettive – studio di inquadrature prospettiche da fotografie e dal vero.

Secondo anno. o Gli schemi dell’architettura del rinascimento – formazione dei ritmi spaziali tratti dalle

forme regionali del periodo romanico in toscana. Esercitazioni grafiche sugli schemi di palazzi prerinascimentali – i ritmi nell’architettura del rinascimento come opposizione geometrica definita e semplice, le forme e i ritmi complessi e indefiniti dell’architettura gotica.

o Lo studio e l’imitazione delle cornici e degli altri elementi dell’ordine classico – particolari caratteristiche della profilazione quattrocentesca – contrasto fra una corrente a sentimento rigido e legnoso ed una corrente a sentimento più plastico e decorativo (Brunelleschi e Alberti).

o Esercitazione grafiche di dettagli architettonici di monumenti del rinascimento. Gli schemi compositivi di Brunelleschi, Alberti, Laurana. Palazzi del primo rinascimento – piante – facciate bugnate senza ordini architettonici – facciate con ordini architettonici.

o Gli schemi centrici e gli schemi basilicali delle chiese del Quattrocento. Esercitazioni grafiche da modelli tratti da fotografie e da rilievi di palazzi e chiese del primo rinascimento.

o L’architettura del Cinquecento – la formazione tipologica dei palazzi e delle chiese. Schemi principali di palazzi: palazzi ad ordini sovrapposti (tipo lombardo e veneti), palazzi con zona basamentale bugnata e l’ordine nella zona superiore – l’ordine colossale nelle manifestazioni plastiche michelangiolesche e di Palladio – il palazzo romano senza ordini architettonici e le finestre a tabernacolo.

o Le chiese a tipo basilicale con facciata a capanna e sovrapposizione dell’ordine in due piani – tendenze ad un plasticismo sempre più complesso nelle applicazioni dell’ordine sulle facciate – facciate con un unico ordine architettonico (Palladio e Michelangelo).

o La chiesa centrica – schemi volumetrici a grandi composizioni di masse ordinate intorno ad uno schema centrale predominante cupoliforme. Perfetta simmetria degli spazi – mancanza di una chiara indicazione dei vari elementi costitutivi della liturgia.

o Esercitazioni grafiche da modelli tratti da fotografie e da rilievi di palazzi e di chiese del cinquecento.

o L’architettura barocca – gli schemi compositivi dell’arte precedente conservati e solo modificati nei dettagli a cui si attribuisce una consistenza plastica più mossa e variata che cerca di corrompere la disciplina classica e che finisce col trasformarsi in volumetrie spaziali che sono in opposizione agli schemi precedenti con movimenti di masse sconosciuti nell’arte del cinquecento e corrispondenti alle nuove esigenze oltre che di carattere estetico anche di carattere funzionale (il palazzo tende a trasformarsi

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

12

dalle semplici forme a parallelepipedo alle forme complesse a padiglione: palazzo Barberini, palazzo Madama, palazzo Carignano). Esercitazioni grafiche di esempi tipici che dimostrino questo rinnovarsi degli schemi compositivi.

o Le chiese dopo la controriforma – i caratteri dell’architettura religiosa del Bernini, del Borromini, del Pietro da Cortona – continuazione del trasformarsi degli elementi decorativi in un gusto sempre più plastico e complesso. Esercitazioni grafiche da modelli tratti da fotografie e rilievi.

o Rilievo di gruppi di monumenti appartenenti a un determinato periodo e con un determinato carattere, accompagnati da schizzi prospettici che dimostrino la differenza dell’effetto spaziale del vero in confronto alla sua restituzione geometrica.

o Studio di un piccolo tema di composizione a preminente carattere estetico ma vincolato da elementi tecnici di carattere urbanistico perché riferito ad un problema di edilizia veneziana. L’allievo, avendo presente alcuni elementi monumentali di un determinato nucleo edilizio, si provvederà ad ambientarvi una costruzione ex novo, qualora il tema lo consenta (un’area libera nella zona o un’area occupata da vecchie case da risanare), oppure a modificare le costruzioni esistenti, qualora esse contrastino con l’ambiente.”

L’esercizio compositivo finale previsto dal corso di Samonà assume col tempo importanza via via maggiore, maggior dettaglio “ambientativo” veneziano e riferimento alla cultura architettura contemporanea. Specie con l’arrivo di Ignazio Gardella, nel 1950, che sostituendo Samonà al corso di “Elementi di Architettura e rilievo dei monumenti” gli conferisce un carattere spiccatamente progettuale. Nonostante l’azzardo applicativo imposto da Gardella, il corso rientrerà presto nel suo ruolo accademico di fornire una propedeutica all’architettura attraverso un apprendimento per imitatio, tuttavia l’insegnamento metodologico sostituisce sempre più quello modellistico e, nei residui modellistici, alla genealogia stilistica si sostituisce la tradizione del movimento moderno coi suoi exempla ormai sempre più citati nei verbali delle discussioni d’esame allo IUAV. Il chiarimento dei codici di rappresentazione grafica nella pubblicistica disciplinare sviluppata nel dopoguerra allevia il corso di “Elementi” dall’incombenza d’insegnare i rudimenti del disegno edile, conservando il ruolo di “analisi” propedeutica alla “sintesi” (letteralmente) riservata ai corsi di composizione. Perciò la carriera del docente di disegno degli anni ’50 segue generalmente quella degli studenti 15; prima di approdare all’insegnamento progettuale trova nel corso di “Elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti” proprio l’occasione di maturazione e verifica referenziale (rilievo) di una teoria interpretativa.

Cosi l’insegnamento del Rilievo e degli Elementi di Architettura, seguendo le evoluzioni della cultura architettonica, dai primi anni Sessanta, si qualifica sempre più Rilievo Urbano. A Venezia, dove Saverio Muratori è professore straordinario di 'Caratteri distributivi degli edifici' tra il ‘50 e ‘54, nell’esercizio didattico del “rilievo” i “monumenti” lasciano il posto all’architettura “minore” letta da Renata Trincanato sempre più come fondamentale testimonianza di un’identità antropologica dei luoghi, persistente oltre i tempi della storia stilistica delle architetture. Dalle architetture minori è breve il passaggio all’intero tessuto urbano antico, il cui schematico studio grafico consentiva di precisare i termini di quell’analisi tipologica e morfologica che a Venezia evolve presto dalle teorie di stampo idealistico come, ad esempio, quella che caratterizza il

15 Con il carattere di bassa propedeutica all’architettura e con l’obbligo dell’insegnamento dei fondamenti della rappresentazione tecnica il corso “Elementi di Architettura e Rilievo dei Monumenti” diventa generalmente l’occasione di semplice palestra preliminare – una sorta di camera di decantazione – per docenti destinati a sviluppare la propria carriera nelle discipline di sintesi.

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

13

coevo avvento del rilievo urbano al Politecnico di Torino dai primi anni ’60 con la scuola di Augusto Cavallari Murat. L’analisi tipologica e morfologica che, alla fine degli anni Sessanta, consumata la vogue interdisciplinare, caratterizzava la “scuola veneziana” come scuola dell’”Architettura della città”, nasceva in una scuola i cui corsi erano ancora destinati a poche decine di studenti, una situazione destinata a mutare drasticamente con l’avvento della vera e proprio università di massa. Il D.P.R. 31 ottobre 1969, n. 995 (“Riordinamento degli studi della facoltà di architettura”) sopprime il corso di “Elementi di Architettura e Rilievo …” e assomma nel solo nuovo insegnamento di “Disegno e Rilievo” l’esclusiva di formare lo studente all’espressione grafica e al suo riscontro referenziale. Inoltre il provvedimento n.910 dell’11 dicembre 1969 estende la possibilità di accesso all’Università a tutti i diplomati degli istituti superiori di durata quinquennale, inducendo quindi l’aumento incontrollato del numero degli iscritti anche in quelle Facoltà a contenuto professionale che non avevano adottato restrizioni e selezioni preliminari. All’aumento degli studenti iscritti senza alcuna prova di competenza preliminare non corrisponde nello stesso rapporto il reclutamento e la selezione adeguata dei docenti, reclutamento che addirittura si arresta alla fine degli anni Settanta. Investita direttamente dai grandi mutamenti sociali, di fronte alla forte spinta utopica mossa dalle istanze culturali (politiche) di quegli anni che volevano l’architettura finalmente posta tra le scienze umane, e soprattutto considerando il compito didattico quotidiano di una qualificazione di massa, nelle facoltà di Architettura si mette in discussione lo stesso contenuto professionalizzante degli insegnamenti. L’intero sapere che s’incarna nei discorsi disciplinari era messo in questione, interrogando tutti i docenti sulle loro responsabilità epistemologiche. Sotto questa pressione culturale si sviluppa un trentennale dibattito sulla “identità” epistemologica e pratica delle discipline universitarie, riguardando di conseguenza anche le pratiche del disegno, del rilievo, della cartografia, della grafica, …. Nell’ordinamento degli studi in vigore dal 1970 al 1982 16 la situazione dei corsi di “Disegno e Rilievo” è quanto mai variegata, episodica e talora folcloristica. La struttura performativa della maggior parte dei corsi di “Disegno e Rilievo” resta e resterà sostanzialmente quella tradizionale: l’insegnare a disegnare attraverso il rilievo o la manipolazione progettuale di exempla in modo da innescare un’interpretazione rilevante dell’oggetto rappresentato 17; il compito nuovo che ora si richiede è quello di fornire una chiara coscienza ideologica di quella “interpretazione” dell’oggetto. Non bastava più considerare la valorizzazione estetica implicita nella pratica artigianale del disegno o del

16 L’ordinamento dell’82 appartiene a un generale processo di riorganizzazione complessiva a partire dal DPR 382 dell'11 luglio 1980 col quale si è provveduto al riordinamento della docenza universitaria già strutturata e del reclutamento della nuova docenza. Quella legge del 1980 non riformava generalmente tutta l'Università, ma apriva una lunga fase sperimentale istituendo nuovi luoghi deputati alla ricerca (i futuri dipartimenti con autonomia finanziaria) e alla didattica.

17 Si noti che questo dispositivo è perseguito in quegli anni con ottimi risultati soprattutto nei corsi di Progettazione Artistica per l’Industria svolti alla luce di una fondata teoria sperimentale. Vorrei citare ad esempio le esercitazioni dei corsi tenuti da Achille Castiglioni nel suo breve passaggio al Politecnico di Torino o alcuni degli esercizi di ridisegno dei meccanismi talora proposti da Vittorio Gregotti.

La scuola di massa e

l’insegnamento di “Disegno

e Rilievo”

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

14

rilievo; si chiedeva una disciplina del Disegno comprensiva dei suoi versanti figurativi (il rapporto dell’architettura con le arti figurative) e dei crescenti sviluppi tecnologici specie in topografia ed infografia. Sotto queste pressioni si istituiva l’Unione Italiana per il Disegno (1978) e s’innescava il dibattito sulla “specificità disciplinare” del “Disegno” accompagnando i provvedimenti legislativi che d’altronde davano corpo istituzionale a un’apposita area della Rappresentazione. L’area occupava, di fatto, un corpo con molte anime, dove anche la mancanza di un vocabolario disciplinare condiviso tra i docenti di Disegno non consentiva di riunire i loro diversificati interessi, alcuni motivati solo da un bisogno di aggiornamento tecnologico, altri dall’adesione a specifiche tendenze progettuali. E d’altra parte la pubblicistica sul disegno per l’architettura dei secondi anni Sessanta e degli anni Settanta – con il frettoloso riferimento a una psicologia della percezione e, in casi più rari, a un’ancora acerba e mal intesa semiotica dell’architettura – non era, di fatto, una letteratura disciplinare che poteva offrire una teoria comprensiva delle rappresentazioni.

Una strada diversa è intrapresa proprio allo IUAV, nel clima culturale dove uno storico seminario del 1977 – “il dispositivo Foucault” 18 – aveva indicato agli studi sulla rappresentazione la strada di una vera e propria “archeologia del sapere”. In un’ottica foucaultina la nascente storia della rappresentazione – liberandosi dal servizio a determinate tendenze professionali – avrebbe consentito di studiare con il dovuto distacco critico le tanto diverse pratiche di rappresentazione, considerandole pratiche di enunciazione, nella concretezza dei loro diversi documenti testuali, in diverse sostanze espressive e in diversi ambiti di manifestazione. Studiare le rappresentazioni significava dunque individuare relazioni tra diversi sistemi semiotici nelle concrete contingenze storiche della loro manifestazione. Il numero nove della rivista “Rassegna” pubblicato nel marzo 1982 curato da Giorgio Ciucci e Massimo Scolari, in quegli anni professori allo IUAV, era dedicato alle “rappresentazioni” e accostava tematiche generali di storia delle rappresentazioni visive ad alcune osservazioni in merito alla dimensione iconografica dell’architettura, in un arcipelago di punti di vista dove le rotte principali erano costituite dai temi della prospettiva o dalle vicende di specifici soggetti iconografici come la porta, il recinto e la torre. Per quanto allo IUAV non fosse attivato un vero e proprio corso di “storia della rappresentazione” nello stesso 1982 le lezioni di Storia dell’architettura 1 (Giorgio Ciucci) e di Disegno e Rilievo (Massimo Scolari) si succedevano contigue in aula magna in un confronto senza mistificanti sovrapposizioni. Di fatto Massimo Scolari e poi Arduino Cantafora svolsero dei corsi pienamente tradizionali, basati – come i quelli di Brenno Del Giudice e di Samonà – sul ridisegno di exempla; ciò che ne fece dei corsi di alto profilo era proprio la qualità ermeneutica dell’interpretazione – che gli allievi potevano dare nutrendosi prima di tutto delle qualità della preparazione storica e critica offerta in quegli anni allo IUAV – e le specifiche competenze artigianali dei due docenti (pittori).

18 Si veda al riguardo: Massimo Cacciari, Manfredo Tafuri, Franco Rella, , Il dispositivo Foucault..., edizioni Cluva, Venezia 1977.

L’insegnamento di “Disegno

e Rilievo” negli anni ‘80

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

15

I corsi di Geometria Proiettiva e Descrittiva

Sulle tracce di questa “artigianalità” del Disegno, una ricognizione delle discipline della rappresentazione allo IUAV deve riguardarle tutte, considerando innanzitutto che gli Annuari dell’Istituto tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta – si vedano le due tabelle sintetiche seguenti – restituiscono un ordinamento degli studi in cui le materie concernenti le performanze grafiche erano molte e distribuite a tutti gli anni di corso di laurea 19.

19 Ad esempio nell’anno accademico 1934/35 al primo anno, oltre al fondamentale “Disegno Architettonico e Rilievo dei Monumenti”, sono impartite le discipline di “Ornato”, “Elementi costruttivi”, “Analisi algebrica” e “geometria analitica”, “Geometria proiettiva e descrittiva”, ed è possibile frequentare “Prospettiva” e “Figura”. Il secondo anno prevedeva ancora “Disegno Architettonico e Rilievo dei Monumenti”, “Plastica ornamentale”, “Decorazione”, “Elementi Costruttivi”, “Analisi matematica”, “Applicazioni di Geometria Descrittiva”, “Storia dell’Arte”, “Figura” e “Prospettiva”. Il terzo anno stabiliva “Decorazione – suoi stili e tecniche –”, “ Plastica Architettonica”, “Caratteri storici degli edifici”, “Caratteri distributivi degli edifici”, “Statica Grafica”. Il quarto anno: “Topografia”. “Caratteri storici degli edifici” e “Arredamento e Decorazione”, disciplina impartita anche al quinto anno degli studi.

Le altre discipline del Disegno allo

IUAV

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

16

Nel corpo delle discipline laterali che riguardavano competenze grafiche la geometria proiettiva e descrittiva e la statica grafica costituiscono il principale legame con la preparazione scientifica politecnica. L’istituzione del Regio Istituto Superiore di Architettura di Venezia dava garanzia di rispondere all’esigenza di tenere insieme la formazione Beaux-arts e quella polytechnicienne grazie alla figura del suo principale istitutore 20 e primo direttore: il matematico piemontese Giovanni Bordiga, professore “stabile” di Geometria Proiettiva e Descrittiva allo studio patavino, molto attivo nella vita politica e culturale veneziana, ricoprendo (dalla parte di una sinistra laica) molte cariche civiche e culturali, soprattutto quella di presidente dell’Accademia di Belle Arti e quella di direttore della Biennale d’Arte dal 1920. Con la direzione dell’Istituto fino al 1929 Bordiga tiene l’insegnamento biennale di “Geometria Descrittiva e Applicazioni” secondo un programma del quale non troviamo testimonianza diretta ma che possiamo inferire come una qualche “riduzione” dei suoi omonimi corsi presso l’Università di Padova testimoniati anche dalle edizioni veneziane dei suoi manuali 21. Il programma dei suoi corsi patavini – a giudicare dalla completa trascrizione 22 del ’25 – è assai singolare se paragonato alla distribuzione della materia nei corsi coevi di geometria descrittiva e nei testi didattici 23 usati in quegli anni; della geometria descrittiva Bordiga studia solo i metodi di rappresentazione degli enti geometrici fondamentali ma nella sua trattazione questi metodi sono generalizzati secondo un’enumerazione puramente geometrico-proiettiva e risistemati considerandoli come alcuni tra i possibili casi di corrispondenza pienamente biunivoca di una forma di terza specie (lo Spazio di Punti o di Piani, cioè con molteplicità al cubo) con forme di seconda specie (Piani di Rette o di Punti e Stelle di Rette o di Piani, cioè con molteplicità al quadrato) 24, corrispondenze poi adeguatamente scomposte in omografie e in omologie piane.

20 Giovanni Bordiga prepara l’istituzione della Regia Scuola Superiore di Architettura di Venezia dal 1914, cogliendo l'emanazione della legge Rosadi, provvedendo i finanziamenti comunali, aggiungendo “alcuni insegnamenti tecnici alla Sezione speciale di Architettura” dell’Accademia di Belle Arti, “… affinché la nuova Scuola, che sarebbe poi sorta su quella Sezione potesse avere dai già avviati esperimenti norme più sicure al suo definitivo assetto”, nonché lo statuto originario (si veda al riguardo la cartella 20.2 dell’Archivio Storico IUAV).

21 Giovanni Bordiga, I metodi della geometria descrittiva, Officine grafiche Carlo Ferrari, Venezia 1927.

22 Regia Università di Padova, Prof. Giovanni Bordiga, Lezioni di Geometria Descrittiva nell’anno scolastico 1924 – 25, Officine Grafiche Carlo Ferrari, Venezia 1925.

23 Cfr. Fabrizio Gay, Intorno agli omolografi: strumenti e modelli per la geometria descrittiva, Istituto universitario di architettura di Venezia (Quaderni IUAV 13, 2000), Venezia 2000, Passim.

24 Dalla citata trascrizione dei corsi sappiamo che Bordiga tratta inizialmente la rappresentazione piana “mediante coppie di punti”; essa presuppone una collinearità tra due Stelle di Rette e può spiegare in grande generalità alcune procedure di proiezioni bicentrali da centri propri (che Bordiga indica come “Stereoscopia”), oppure da centri impropri (come il metodo delle proiezioni quotate usato in topografia, o il fondamentale metodo della doppia proiezione ortogonale di Monge) o ancora da un centro improprio ed uno proprio, ricadendo nei casi generalizzati del Teorema di Stevin. Poi – nella seconda parte – Bordiga converte per dualità piana le precedenti modalità di rappresentazione “mediante coppie di punti” giungendo così alle rappresentazioni ottenute “mediante coppie di rette”. In questo coso la collinearità fondamentale è tra due piani rigati o punteggiati e il piano della rappresentaizone. In un suo caso particolare, se uno dei due piani è improprio e l’altro è fatto coincidere col piano della rappresentazione, ricadiamo nel caso della consueta teoria delle proiezioni centrali. Infine Bordiga tratta – nella terza parte – i metodi dell’assonometria e delle assonometrie prospettive in modo altrettanto generalizzato deducendoli per semplificazione tra i casi delle rappresentazioni ottenuto “mediante terne di punti” avendone, credo, vantaggio sistematico solo al momento della dimostrazione del Teorema di Pohlke.

L’insegnamento della “

Geometria Proiettiva e Descrittiva”

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

17

Non sappiamo quanto di questa generalizzazione proiettiva delle rappresentazioni grafiche Bordiga potesse effettivamente portare ai corsi veneziani 25, anche se egli riteneva la generalizzazione geometrica foriera di vera libertà d’invenzione e dunque, almeno in parte, la stimava utile anche nella formazione da atelier dell’artista architetto. La necessità del fondamento geometrico-proiettivo della geometria descrittiva era comunque opinione correntemente accettata dalla comunità matematica e recepita nell’ordinamento Nazionale del 1932 che imponeva l’insegnamento teorico di “Geometria Proiettiva e Descrittiva” distinto da un corso applicativo e dal tradizionale corso accademico di “prospettiva”. A Venezia l’adozione dell’Ordinamento Unificato è concomitante alla morte di Bordiga alla cui cattedra succede Romano Maestri che tiene l’insegnamento fino al 1941 su un programma 26 sempre organizzato in sequenza deduttiva, incentrato sull’articolazione della teoria delle proiezioni centrali e bicentrali per comprendervi l’intera compagine dei metodi di rappresentazione grafica sul piano. Nel 1941 gli subentra Mario Scarpa che mantiene inizialmente il programma del suo predecessore, variandolo nel ’43, quando la denominazione del corso muta in “Geometria descrittiva ed elementi di proiettiva” 27 , e proseguendo con altre piccole variazioni 28 (che si

25 È certo che il programma che Bordiga svolge a Padova presuppone l’acquisizione di nozioni fondamentali di geometria proiettiva, termine che non compare nella dizione del primo corso veneziano da lui svolto e la cui impostazione astratta sembrerebbe assai stridente con la formazione accademica nei modi dell’Atelier.

26 Il programma dei corsi di “Geometria Proiettiva e Descrittiva” svolti da Romano Maestri nella sequenza degli Annuari accademici della seconda metà degli anni Trenta è il seguente: o INTRODUZIONE – Complementi di geometria. Proporzione armonica. Polo e polare rispetto al

cerchio. Asse radicale di due cerchi. Rapporto enarmonico. Definizione di figura. Forme fondamentali di prima e seconda specie. Operazioni fondamentali. Forme fondamentali della stessa specie proiettiva e prospettiva. Elementi a distanza infinita. Gruppi armonici. Involuzione. Omologia piana e suoi casi particolari. Le coniche: polarità rispetto ad una conica: diametri, centro assi. Teoremi di Pascal e Briançon: corollari ed applicazioni.

o METODO DELLA PROIEZIONE CENTRALE – Preliminari. Rappresentazione del piano, della retta, del punto: condizioni di parallelismo tra rette e piani e condizioni di appartenenza. Problemi fondamentali di posizione. Antipolarità rispetto ad una circonferenza. Condizione di perpendicolarità tra rette e piani e problemi relativi. Problemi di grandezza. Omologia di ribaltamento.

o METODO DELLE PROIEZIONI ORTOGONALI – Rappresentazione del punto, della retta del piano: affinità omologica tra le due proiezioni di una figura piana. Condizioni di perpendicolarità. Determinazione di angoli e di distanze. Vera forma di una figura.

o METODO DELL’ASSONOMETRIA – Il problema dell’assonometria: assonometria ortogonale. Rappresentazione del punto, della retta, del piano. Condizioni e problemi di parallelismo e di appartenenza. L’assonometria cavaliera o (sic) i problemi di carattere metrico.

o CILINDRI E CONI – Coni e cilindri qualsiasi: rappresentazione delle generatrici e dei piani tangenti. Elica ed elicoide, cono rotondo e sue sezioni piane. Intersezioni di coni e cilindri.

o SUPERFICIE DI ROTAZIONE – genesi: punti e piani tangenti. Rappresentazioni di meridiani e paralleli. Intersezione di cilindro e sfera. Applicazione alla rappresentazione di volte semplici e composte.

27 Dall’Annuario dell’anno accademico 1943 risulta il seguente programma di “Geometria Proiettiva e Descrittiva” tenuto da Mario Scarpa: 1 GEOMETRIA PROIETTIVA: Richiami e nozioni fondamentali di geometria elementare piana e solida. Forme fondamentali, elementi impropri, gruppi armonici, proiettività. Correlazione e polarità. Coniche. Polarità rispetto ad una conica. Diametro centro assi [di una conica]. Teoremi di Pascal e di Briançon. Corollari e applicazioni pratiche. 2 Metodo delle proiezioni ortogonali: rappresentazione del punto, della retta e del piano. Affinità omologica tra proiezioni e ribaltamenti. Condizioni di perpendicolarità e parallelismo. Determinazione di angoli e distanze. Vera forma di una figura. Cilindri e coni qualsiasi e loro rappresentazioni. Elica ed elicoidi. Sezioni del cono e del cilindro. Intersezione tra solidi. Breve cenno sulle superfici di rotazione. Applicazione alle volte. 3 breve cenno sulle SUPERFICI DI ROTAZIONE – parte teorica. 4 breve cenno sull’ASSONOMETRIA – parte teorica.

28 Gli Annuari della prima parte degli anni Cinquanta ne riportano i seguenti programmi:

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

18

differenziano solo per la maggiore o minor specificità degli argomenti preliminari di geometria proiettiva) fino 1954, quando il corso è regolarmente tenuto da Francesco Speranza.

I corsi di Applicazioni di geometria descrittiva e di Prospettiva

La Geometria Descrittiva è materia che gli ordinamenti delle facoltà di Architettura precedenti quello in vigore dal 1993-94 rubricavano nell’area delle discipline fisico-matematiche; e consideravano distinta dalle “Applicazioni di Geometria Descrittiva”, materia rubricata invece nell’area delle discipline della rappresentazione. La separazione delle due materie è stabilita con l’unificazione degli ordinamenti delle facoltà di architettura del 1932, ma il confronto dei programmi dei due corsi impartiti all’Istituto Veneziano mostra in realtà una progressiva convergenza degli argomenti. Inizialmente i due insegnamenti sono tenuti dallo stesso Romano Maestri che nel corso di geometria descrittiva tratta i metodi delle proiezioni centrali e bicentrali e una breve tassonomia delle curve e delle superficie, mentre nel successivo insegnamento delle “Applicazioni di Geometria Descrittiva”29 si occupa della prospettiva con ribaltamenti omologici 30

aa.aa. 1948-50 I - geometria elementare: richiami di geometria elementare e nozioni complementari – semplici problemi geometrici con discussione II - geometria proiettiva – forme fondamentali – elementi inpropri – birapporti – gruppi armonici – proiettività e involuzioni – omografie e omologie – casi particolari – cenno alla teoria sui gruppi di omografie – correlazione e polarità – polarità rispetto ad una conica – diametro centro assi – teoremi di Pascal e Briançon – fuochi; proprietà focali angolari e proprietà focali segmentarie – corollari e applicazioni pratiche. III - Metodo delle proiezioni ortogonali – rappresentazione del punto, della retta e del piano – affinità omologica tra proiezioni e ribaltamenti – condizioni di perpendicolarità e parallelismo – determinazione di angoli e distanze – vera forma di una figura – cilindri e coni qualsiasi e loro rappresentazioni – elica ed elicoidi – sezioni del cono e del cilindro – intersezione tra solidi – breve cenno sulle superfici di rotazione – applicazione alle volte. IV – Metodo delle proiezioni centrali – problemi fondamentali di rappresentazione – problemi di appartenenza di parallelismo e perpendicolarità – la prospettiva conica come caso particolare del metodo delle rappresentazioni centrali. V – Metodo dell’assonometria – cenno sul metodo di rappresentazione con particolare riguardo alle nozioni teoriche – rappresentazione di un solido prismatico nell’assonometria ortogonale e nella prospettiva cavaliera.” Negli anni accademici ‘50-‘52 il programma di Mario Scarpa non muta, se non per l’aggiunta dei “Cenni Storici sulla geometria proiettiva e descrittiva”.

aa. aa.1952-54: “Parte prima – Proiettiva Concetti fondamentali – operazioni fondamentali – leggi di dualità – prospettività – proprietà proiettive – triangoli e quadrangoli omologici – punto all’infinito di una conica – birapporti e loro proprietà – carattere proiettivo del birapporto – gruppi armonici – proprietà armoniche del quadrangolo – costruzione del quarto armonico e proprietà metriche dei gruppi armonici – proiiettività tra forme di prima specie – equazione di una proiettività – costruzione di una proiettività – casi particolari metrici di punteggiate e di fasci proiettivi – involuzione nelle forme di prima specie – carattere proiettivo ed equazione dell’involuzione – punti doppi – involuzioni paraboliche – modo di individuare e riconosce un’involuzione – costruzione e proprietà metriche dell’involuzione su di una punteggiata – casi particolari – punteggiate proiettive su circonferenze – alcuni teoremi sul cerchio – teorema di Pascal sul cerchio – costruzione di una proiettività tra forme di prima specie sovrapposte – retta polare – polo – omologia piana – modo di costruire un’omomologia – polarità piana – punti coniugati rispetto ad una conica – polo, polare – retta coniugate – legge di ualità nel piano – antipolarità – problemi grafici sulle coniche – teoremi di Steiner – Desargues – Cenni sulle proiettività tra forme di seconda specie – omografia. Parte seconda – Geometria Descrittiva Scopo della geometria descrittiva – piani di riferimento – rappresentazione del punto, retta, piano e problemi relativi – rappresentazione del cerchio, sfera e problemi relativi – ribaltamenti – sezione di solidi – generazione spaziale dell’omologia piana – omotetia – omologia di ribaltamento – intersezione di un piano o di una retta con un cono o una piramide – superficie di rotazione – eliche ed elicoidi – cenni sul metodo delle proiezioni centrali – metodo delle proiezioni quotate.

29 Il corso di “Applicazioni di Geometria Descrittiva” è svolto negli anni Trenta sempre da Romano Maestri sulla base del seguente programma:

L’insegnamento delle

“Applicazioni di Geometria Descrittiva”

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

19

sul quadro, della fotogrammetria elementare, e della stereotomia (apparecchi lapidei di muri e volte), della teoria delle ombre, delle rappresentazioni topografiche con il metodo dei piani quotati. Dal 1941al ’54, quando il corso di Geometria Descrittiva è tenuto da Mario Scarpa, il corso di Applicazioni è svolto da Gastone Marini Iscra con un programma31 dedicato in buona parte alla teoria delle ombre e alla prospettiva tralasciando la stereotomia. Nei successivi anni accademici 1954-56 anche Carlo Scarpa svolge corsi di Applicazioni 32 su un

o PROSPETTIVA LINEARE – generalità – prospettiva di figura del geometrale – metodi vari – omologia tra il ribaltamento di una figura e la sua prospettiva – messa in altezza dei punti dello spazio – scale prospettiche – esempi.

o FOTOGRAMMETRIA – problema inverso della prospettiva – metodi di restituzione

o PIANI QUOTATI – rappresentazione di punti, di retta, di piano, condizioni di appartenza, di parallelismo e di perpendicolarità – problemi – cenni sulle superfici topografiche e delle operazioni su di esse. Applicazioni del metodo delle proiezioni quotate alla rappresentazione dei tetti – tetti a falde piane – esempi vari.

o TEORIA DELLE OMBRE – importanza delle ombre nei disegni – ombra propria e portata – penombre – raggi luminosi paralleli – luce al 45 gradi – ombre di figure geometriche varie – ombre di elementi architettonici vari – intensità di illuminazione – linee isofote e punti brillanti – le ombre nella prospettiva lineare, nella prospettiva assonometria, nella prospettiva cavaliera.

o APPARECCHI PER COSTRUZIONI IN PIETRA – rappresentazione di apparecchi per muri, volte, scale a chiocciola in pietra da taglio.

30 Tradizionalmente si tratta delle applicazioni del teorema di Stevin al disegno di prospettiva e alla fotogrammetria elementare; è inteso come passaggio dalla pspettività piana all’omologia piana, ovvero alla costruzione dell’omologia piana di ribaltamento sul piano di rappresentazione delle figure di un piano rappresentato in proiezione centrale.

31 Gastone Marini Iscra svolge il corso di Applicazioni di Geometria Descrittiva sul seguente programma: “ PROIEZIONI QUOTATE. Rappresentazione del punto – rappresentazione della retta – rappresentazione del piano – diverse posizioni di un piano – superfici topografiche ed applicazioni varie. TEORIA DELLE OMBRE. Definizioni – illuminazione centrale – illuminazione parallela – ombra del punto – ombra della retta – ombra dei poligoni e dei poliedri – ombra del cerchio – ombra delle rette sulla superficie cilindrica – ombra della sfera per illuminazione parallela – ombra della sfera per illuminazione centrale – ombra della nicchia sferica – applicazione al disegno architettonica. METODO DELLA PROIEZIONE ASSONOMETRICA PROSPETTIVA. Definizioni – prospettiva frontale e prospettiva accidentale – punti e rette di concorso – prospettiva della scala – prospettiva del punto e della retta (soluzione teorica dei problemi più comuni) – considerazioni e suggerimenti per ottenere una buona prospettiva nella posizione reciproca tra punto di vista, punto prospettico e oggetto – del punto di vista - del piano prospettico – del quadro – della distanza. PROSPETTIVA DI SOLIDI – applicazioni all’architettura – prospettiva delle curve e sue applicazioni – PROSPETTIVA DEL SOTTO IN SU – prospettiva dall’alto in basso – prospettiva a volo d’uccello – PROSPETTIVA DELLE OMBRE – prospettiva dei riflessi – restituzione geometrica – esercizi.

32 Dall’Annuario degli aa.aa. 54 56 risulta il seguente il programma svolto da Carlo Scarpa: a) PROIEZIONI ORTOGONALI DI MONGE – rappresentazioni di punto, retta e piano – rette parallele – rette incidenti – piani paralleli – rette di un piano – punti di un piano – retta data da due punti e da due piani – punto dato da due rette, da tre piani, da una retta e un piano – piano dato da tre punti, da due rette e da una retta e un piano - condizioni di perpendicolarità tra rette e piano – distanza di due punti – angoli di una retta con i piani proiettanti – angoli di un piano con i piani proiettanti – angolo di un piano con la linea di terra – ribaltamenti di piani – angoli tra due rette e tra due piani – costruzione del ribaltamento mediante l’omologia affine ortogonale – proiezione di poligoni regolari e del cerchio – rappresentazione di solidi geometrici e loro sezioni piane – volte – elica ed elicoide retto. b) METODO DELLE PROIEZIONI QUOTATE – Rappresentazione del punto della retta e del piano – unità di misura e scale – intervallo – pendenza – appartenenza di punti rette e piani – parallelismo tra rette e piani – interruzioni tra rette e piani e tra due piani – condizioni di perpendicolarità tra rette e piano – problemi grafici – ribaltamento di un piano – angolo tra due rette, tra due piani – circolo di data inclinazione – rappresentazione di una superficie topografica – tracciamento di massima di una strada – tetti. c) METODO DELLE PROIEZIONI CENTRALI – Punto principale e circolo di distanza – rappresentazione di retta di piano di punto – complanarità di due rette, retta intersezione di due piani – intersezione tra retta e piano – condizione di perpendicolarità mediante la antipolarità rispetto al circolo di distanza – problemi grafici relativi – rappresentazione di un triedro trirettangolare – assonometria – assi assonometrici e loro elementi caratterizzanti – rappresentazione di fabbricati – prospettiva: punto principale circolo di distanza, scala di profondità, perpendicolarità tra rette orizzontali e piani verticali – poligoni nel goemetrale – rappresentazione di solidi retti e della sfera.

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

20

programma che ricomprende integralmente i metodi di rappresentazione della geometria descrittiva. Le figure di Scarpa e Iscra sono legate soprattutto ad altri insegnamenti di tradizione accademica artistica. Gastone Marini Iscra è titolare dell’autonomo corso di “Prospettiva” ereditato dall’Accademia di Belle Arti e da lui svolto fino al 1937 con un programma tradizionale (per quanto riguarda il ’34 33 e poco variato l’anno successivo 34). La “prospettiva lineare” è argomento già trattato nel corso teorico e in quello applicativo di geometria descrittiva; un corso specifico è tuttavia motivato 1) dal valore direttamente progettuale del disegno di prospettiva (strumento privilegiato a partire dalla tradizione tecnica barocca) e 2) dal valore che talora ha assunto il genere della “veduta d’invenzione a soggetto architettonico”. La pittura a soggetto architettonico ha avuto scarsa fortuna nelle vicende didattiche dell’Istituto almeno fino alla vulgata della teoria della “città analoga” di Aldo Rossi, alla fortuna delle “vedute” e delle “nature morte” del maestro, proseguendo in alcuni aspetti del fondamentale insegnamento del “Disegno e Rilievo” tenuto negli anni Ottanta da Massimo Scolari e da Arduino Cantafora.

I corsi di Plastica Ornamentale e Disegno dal vero: Figura, Ornato e

Decorazione

Tra i corsi ereditati dalla tradizione accademica artistica avevano una funzione centrale nella formazione dell’architetto degli anni Trenta il Disegno d’Ornato e di Figura nel primo biennio formativo poi raggruppati dall’ordinamento del 1932 (ma recepito solo dal ‘37) nel corso di “Disegno dal Vero” e proseguiti nel triennio applicativo nei corsi di “Plastica Ornamentale” e in un secondo corso di “Decorazione”.

d) TEORIA DELLE OMBRE – Ombra di un punto e di un segmento con sorgente luminosa a distanza finita ed infinita su piani fondamentali e qualunque nel metodo di Monge, delle proiezioni quotate, in assonometria ed in prospettiva – ombre di solidi in prospettiva – e) IMMAGINI RIFLESSE di solidi in prospettiva – immagine riflessa sulla superficie dell’acquea – immagine riflessa da specchio qualunque verticale. f) APPARECCHIO FOTOGRAFICO – considerazioni geometriche sull’immagine data da un obiettivo fotografico.

33 Dall’Annuario dell’anno accademico 1934 risulta introdotto l’insegnamento di biennale di “Prospettiva” cosi suddiviso: Corso di Prospettiva 1 Prospettiva lineare – generalità – prospettiva di figure e metodi vari – messa in altezza dei punti dello spazio – punti misuratori – scale prospettiche – applicazioni pratiche alla prospettiva delle curve – osservazioni ed avvertenze per ottenere una buona prospettiva – prospettiva delle ombre. Corso di Prospettiva 2 (al secondo anno) Prospettiva lineare – applicazioni pratiche di prospettiva – prospettiva dal sotto in su – restituzione geometrica e misure – nozioni intorno alla prospettiva scolpita – nozioni intorno alla prospettiva sopra la superficie curva – prospettiva delle ombre – prospettiva aerea – prospettiva dal vero – studi ed impressioni prospettiche di ambiente eseguite dal vero con tecniche diverse.

34 Dall’Annuario dell’a.a. 1936 il programma del corso di Prospettiva risulta il seguente: “Prospettiva 1 Parte prima: Prospettiva lineare – nozioni generali – prospettiva dei corpi terminati da superficie piana. Prospettiva dei corpi terminati da superfici curve. Orizzonti razionali o prospettiva di piani inclinati. Caso in cui i punti di fuga cadano fuori dal quadro. Prospettiva a volo d’uccello. Prospettiva da sotto in su eseguita sopra una superficie piana. Prospettiva da sotto in su sviluppata sopra superfici curve (volte). Prospettiva dall’alto in basso. Prospettiva dei corpi riflessi nell’acqua. Riflessi delle immagini negli specchi piani. Applicazione della teoria delle ombre alla prospettiva. Ombre cagionate da sorgente luminosa a distanza finita. Ombre cagionate da sorgente luminosa a distanza infinita. Ricerca degli elementi prospettici in un quadro. Determinazione della grandezza e forma geometrica degli oggetti dei quali sono dati le prospettive. Parte seconda: Applicazioni pratiche di prospettiva – prospettiva dal vero – studi e impressioni di ambiente eseguite dal vero con tecniche diverse.

L’insegnamento di “

Prospettiva”

L’insegnamento di “ Disegno dal

Vero”

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

21

A fianco del corso biennale di Figura tenuto negli anni Trenta dal pittore Remigio Butera, Carlo Scarpa dal 1933 – dopo l’assistentato presso i corsi di Cirilli – al ’43 conduce i corsi di Ornato e di Decorazione; il primo prevede: “ a) Disegno dal vero dai frammenti ornamentali dei vari periodi stilistici a solo contorno o chiaroscuro; b) esercizi di copia all’acquarello da calchi e originali alla Scuola, meglio nei musei e negli edifici storici della città; c) Argomentazioni sulle forma caratteristiche di alcuni stili per quanto riguarda specialmente la decorazione”35. Il secondo (decorazione) riguarda il: “ a) perfezionamento generale del corso precedente per lo studio dal vero. Approfondimento di alcune tecniche come l’acquarello, il pastello etc.. con copia particolarmente di modelli colorati (maioliche, legni, stoffe) b) raffronti grafici fra le sintesi formali del periodo classico-medievale.moderno con saggi e rilievi su decorazioni in: stucco, mosaico, legno, metallo ecc.. c) studio sulla funzione e lo scopo decorativo dei diversi materiali adoperati nel tempo con cenni e confronti tra le applicazioni ornamentali di identici materiali in periodi diversi. d) brevi bozzetti di composizione su temi fissati.”36

Il carattere comparativo e commutativo degli esercizi si va specificando fino al ’43 37 quando Scarpa trasferisce e approfondisce il suo programma nell’insegnamento del secondo corso di Decorazione. Nell’insegnamento del Disegno dal Vero gli succede Enrico Venturini che inizialmente non si discosta dagli esercizi tradizionali su piccoli soggetti (elementi architettonici) restituiti dallo studente in un personale album di disegni, ma poi, a partire dal 1950, in sintonia con il corso di Samonà, amplia l’oggetto e gli strumenti della rappresentazione a vere e proprie analisi ambientali: “ … Compito dell’insegnamento di questa materia – recita il programma di Venturini del 1950 – è di indirizzare l’allievo e di sensibilizzarlo nell’esame degli elementi costituti di un ambiente architettonico. Quest’esame, che nelle prime lezioni, verrà fatto su rilievi grafici e fotografici esistenti nella scuola e nei musei e biblioteche, in seguito verrà fatto sul posto al fine di mettere a contatto diretto con l’ambiente lo spirito dell’allievo, studiarne le reazioni e indirizzarne le osservazioni. Impressioni e osservazioni saranno da esso fissate in rapidi schizzi quotati, annotazioni succinte, note di colore, da cui risulti evidente e viva l’armonicità delle relazioni funzionali, volumetriche, spaziali e cromatiche. Parallelamente la indagine di archivio e di biblioteca concorrerà, con la conoscenza del valore storico, artistico, individuale e sociale dei fatti che hanno influito alla costituzione dell’ambiente, a formare una vera e completa coscienza architettonica dell’allievo. A puro scopo di praticità, nell’indirizzare gli allievi nel loro lavoro, si crede opportuno stabilire un elenco del materiale di studio che essi dovranno raccogliere: 1) dati storici, riproduzioni di vecchie stampe, disegni ecc. 2) planimetrie debitamente quotate e corredate da eventuali annotazioni. 3) Sezioni debitamente quotate e corredate da eventuali annotazioni. 4) Schizzi prospettici, appunti di colore, annotazioni e quant’altro l’allievo crederà opportuno di presentare. 5) Schizzi panoramici dall’alto ricavati dagli studi precedenti.

35 Programma del corso di Ornato dall’Annuario dell’a.a..1934-35, ripreso senza variazioni l’anno seguente e l’a.a. 1936-37, quando il corso assomma anche il primo insegnamento di Decorazione nella sola dizione di “Disegno dal Vero”.. 36 Ibid. 37 Negli anni accademici 41-43 il programma del corso biennale di Disegno dal vero è il seguente: “Primo corso Esercitazione al chiaroscuro con matita o carboncino; a pastello, ma specialmente ad acquerello. a) da modelli vari e da frammenti ornamentali di vario stile come calchi in gesso b) studi dal vero negli edifici monumentali della città c) alcune nozioni sulla fu nzione e scopo decorativo dell’ornamento Secondo Corso Esecuzione e approfondimento di varie tecniche: pastello, acquerello, tempera, dello studio dal vero, con interesse volto soprattutto al valore del colore, tono, disposizione, composizione. a) raffronti di sintesi formale nel linguaggio ornamentale del periodo: classico medievale e moderno; con studi e rilievi su decorazioni in stucco mosaico legno, marmo, metallo. b) Appunti sulle funzioni e lo scopo decorativo dei vari materiali adoperati nel tempo – confronti diretti tra le applicazioni ornamentali di stile diverso ma di simile materiale. c) Cenni sulla funzione del colore quale linguaggio espressivo dell’ornamentazione

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

22

6) Fotografie a integrazione degli schizzi prospettici e panoramici. 7) Riduzione in scala conveniente degli appunti e osservazioni derivatene dal confronto. Nel secondo anno d’insegnamento i criteri saranno quelli del primo, l’allievo sarà però gradatamente portato all’esame di ambienti architettonici sempre più complessi ed estesi. L’allievo imparerà così a considerare e ad esaminare l’ambiente quale fatto urbanistico nel quadro generale del complesso urbano di cui è parte, estendendo così l’orizzonte della sua conoscenza a cose e fatti che gli saranno di utilità, oltre che nello studio dell’architettura in generale, anche in quello dell’urbanistica.”

Mentre il corso biennale di Disegno dal Vero si avviava sulla strada di una umanistica analisi ambientale, Carlo Scarpa è promosso alla successione di Cirilli a quel secondo corso di Decorazione che, con l’unificazione degli ordinamenti del ‘32, era destinato a un insegnamento di sintesi, dunque d’indirizzo progettuale. Condotto esclusivamente da Guido Cirilli 38 l’insegnamento era distinto da un apposito corso di Plastica Ornamentale tenuto fino al 1943 dal pittore Gaetano Gigarini; un corso, quello di Plastica, che prevedeva – dopo il consueto excursus stilistico – l’esecuzione di un saggio finale generalmente coincidente con una “composizione ornamentale applicata ad elementi di architettura”. Nel 1943 con la promozione di Scarpa anche il corso di Plastica ornamentale passa a un artista del suo stesso milieu: lo scultore Giuseppe Romanelli39. Il corso di Decorazione dispiega una teoria in tre categorie (il gusto, la forma, la materia) e una serie di esercizi (le prove commutative e comparative prima sperimentate nel disegno dal vero) secondo il seguente programma:

“a) il gusto Considerazioni generali del gusto: “excursus” storico di questo nella civiltà dell’uomo con particolare riferimento alle sue più alte e limpide espressioni. 1) Il gusto dell’oriente antico mediterraneo. 2) Il gusto degli Arcaici, dei Greci e dei Pompeiani. 3) Il gusto Mussulmano. 4) Il gusto del Medioevo. 5) Il gusto del Rinascimento. 6) Il gusto del Cinquecento, del Seicento e del Settecento. 7) Il gusto dell’Ottocento e la rivoluzione industriale. 8) Il gusto attuale e i pionieri dell’arte moderna. 9) Considerazione sull’influenza reciproca delle arti plastiche. b) La forma Considerazioni particolari della forma: Carattere e sviluppo della forma considerata quale espressione definitiva dell’edificio, connaturata alla concezione strutturale di questo e alla funzione di tutte le sue parti. C) La materia Studio sulle espressioni formali considerando l’uso della materia e il modo di venire impiegata nella costruzione. D) Esercizi 1) esercizi con studi e rilievi dal vero. 2) studi particolari su opere significative dei moderni. 3) appunti schizzi e composizioni. ”

Questo programma del Corso di Carlo Scarpa ci consente di concludere osservando che i corsi a contenuto grafico-rappresentativo, anche in una formazione da Atelier di tipo accademico, erano tanto più rilevanti quanto meglio presupponevano una cosciente valorizzazione estetica, 38 Ad esempio il corso di Decorazione tenuto da Guido Cirilli nell’anno accademico 1935-36, come testimonia l’Annuario, si volge sui seguenti temi: - Influenza della decorazione sull’architettura. Funzione del colore. Decorazione alle pareti, ai soffitti e alle volte. Impiego di marmi, mosaici, metalli, legni. - Pavimenti, materiali vari da impiegarsi per essi. - Studi dal vero. Rilievi. Composizioni.

39 Giuseppe Romanelli (1816 – 1982) è uno scultore veneziano, pur vicino all’indirizzo spazialista che assumerà De Luigi, tuttavia mantiene una figuratività sintetica testimoniata dalle opere esposte presso Galleria Internazionale d’Arte moderna di Ca’ Pesaro. Il suo corso allo IUAV prevedeva due momenti distinti: “ … 1) Libera interpretazione plastica di elementi tratti dalla natura preceduta da breve studio di preparazione. 2) Esercitazione per la preparazione e successiva esecuzione in collaborazione, di plastici architettonici tratti da rilievi di opere dei maestri del nostro tempo e da progetti elaborati dagli allievi.”

Gli insegnamenti

di “Decorazione”

E di “Plastica

Ornamentale”

Un sintetico bilancio

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

23

pratica, o utopica dei loro oggetti (condizione che oggi si verifica raramente). Anche se le categorie di tale valorizzazione erano usate (negli anni ’50 e ’60) ingenuamente, impropriamente (in teorie a corto respiro filosofico), esse valgono comunque anche solo come pretesto per formare insiemi di oggetti sui quali compiere esperienze effettivamente significanti giacché consistenti in prove commutative e comparative.

Disegnare: il minimo (oggi) necessario

Quanto esposto fin’ora su antichi ordinamenti didattici e singoli corsi dello IUAV a contenuto grafico non vuole certo valere come solenne e nostalgico invito a tornare a una presunta tradizione del nostro istituto e nemmeno a delinearne una specificità accademica; ciò che si porge è solo un campo di esperienze che si possono valutare per quel poco che ne resta di ancora vantaggioso nelle condizioni attuali di una scuola di architettura in concorrenza con moltissime altre. Questa valutazione è molto semplice e dipende dall’attuale progetto che la facoltà intende darsi. Se la Facoltà di Architettura vuole ancora riferirsi all’architettura come pratica efficacemente artistica e medica – cioè come pratica che approda a “riuscite” nelle quali si integrano i “risultati” di tecniche specifiche – deve porsi ancora – ma con maggior economia – la scommessa di riuscire a sintetizzare una formazione politecnica (deduttiva e astratta) e di una formazione artistica (induttiva e concreta). Allora le tecniche devono necessariamente essere insegnate come “tecniche artistiche” (specifici saperi al servizio di un’arte); di conseguenza l’efficacia degli insegnamenti delle tecniche (e tra questi si annette anche l’insegnamento della rappresentazione) risiede nella loro capacità di trasmettere un orientamento valutativo delle nozioni di base e dei modelli che ne sono dedotti.

Le tecniche devono essere insegnate da chi sa che farsene in un’arte; le discipline tecniche non dovrebbero essere insegnate esclusivamente in modo assiomatico (ipotetico-deduttivo) a partire da astrazioni e generalizzazioni ma – come avviene ad esempio nelle facoltà di Medicina – attraverso morfologie e tipologie orientate da etiche e da estetiche, ovvero a partire da una loro deontologia pratica.

Di conseguenza anche gli insegnamenti della rappresentazione – come accennato nel paragrafo introduttivo di questa memoria – dovrebbero svolgersi secondo l’urgenza deontologica imposta prima dallo scopo giudiziario del disegno (la responsabilità referenziale dei grafici tecnici), poi dalla ottimizzazione utilitaria delle specifiche pratiche di rappresentazione in funzione delle pratiche progettuali e, infine, dalle ricerche figurative in architettura, ricerche che in qualche raro caso hanno come sottoprodotto elaborati grafici o eidomatici di alto artigianato, se non di autonomo valore artistico.

Anche se nelle ristrettezze dei tempi concessi oggi alla didattica del disegno, rivolta a classi ancora di massa, è certo impossibile raggiungere la qualità del prodotto artigianale sul quale si fondava l’insegnamento accademico tradizionale, cionondimeno si dovrebbe porla come obiettivo e rivolgerla – fin dai corsi di base – alla rappresentazione di oggetti esteticamente motivati e rilevanti per la costruzione di un’intera morfologia. Fin dai corsi di base gli aspetti tecnico scientifici della rappresentazione – la Geometria descrittiva e il disegno tecnico – dovrebbero essere insegnati già come pratiche di rappresentazione

F. Gay, [in]discipline della rappresentazione allo IUAV

24

naturalistica (com’era praticata prima della divaricazione tra aspetti artistici e scientifici), una rappresentazione che considera solo strumentalmente i modelli di un isotropo spazio matematico, centrandolo (attraverso la concomitante pratica del disegno a mano libera) in un vivo riferimento anatomico e declinandovi una morfologia (non più dettata dalla scrittura algebrica e informatica di curve e superficie) nella quale le forme discendono direttamente dalle forze percepite.