In cammino verso il 90° dell’Istituto - ism-int.org · importante e ricco, ma in realtà è la...

32
In cammino verso il 90° dell’Istituto A cura del Consiglio Centrale dell’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità di Cristo Pro manuscripto Roma, 2007

Transcript of In cammino verso il 90° dell’Istituto - ism-int.org · importante e ricco, ma in realtà è la...

In cammino verso

il 90° dell’Istituto

A cura del Consiglio Centrale dell’Istituto Secolare delle Missionarie

della Regalità di Cristo

Pro manuscripto Roma, 2007

3

Introduzione “I VOSTRI OCCHI HANNO VISTO LE GRANDI COSE CHE IL SIGNORE HA OPERATO” (Dt 11,7) Ci prepariamo a celebrare il 90° dell’ISM. Desideriamo farlo attraverso un cammino triennale, consapevoli dell’importanza del fare memoria e dell’aprirci al futuro. L’itinerario proposto è articolato, idealmente, in tre anni, per offrirci un tempo favorevole di ascolto e conversione. In questo tempo, sollecitate dalla Parola, dalla vita delle Missionarie e dalla storia del mondo, abbiamo sentito l’esigenza di rivedere le nostre Costituzioni, per vivere il Vangelo, con rinnovato coraggio e passione nella fedeltà alla nostra vocazione e all’uomo contemporaneo. Ora, preparandoci a celebrare il novantesimo dell’Istituto, avvertiamo forte l’esigenza che il testo scritto non resti sulla carta, ma divenga vita per:

∞ tornare all’essenziale della nostra esperienza di fede e della nostra spiritualità

∞ testimoniare, in modo credibile e autentico, con le parole e le opere, il Vangelo, nel nostro mondo diviso, disuguale e affamato di senso

∞ rinnovare la vita dei nostri gruppi, affinché diventino sempre più luogo di fraternità e sostegno per la missione.

Lo stupore e la gratitudine che sentiamo nel celebrare il grande dono della nostra vocazione, nel ricordare le tante sorelle che ci

4

hanno precedute e accompagnate, ci spinge a restituirlo attraverso la nostra vita donata interamente al Signore e ai fratelli. Siamo chiamate, allora, alla luce della Parola, sull’esempio di Francesco e Chiara, a fare discernimento, attraverso un’analisi profonda della situazione in cui ci troviamo, sia a livello personale che istituzionale, per osare essere discepoli e vivere il Vangelo sine glossa.

I fratelli e le sorelle del Consiglio Centrale

Duemilasette “Guardarsi dentro”

7

In as co lto

Oggi devo fermarmi a casa tua (Lc 19, 1-10)

Entrato in Gerico, attraversava la città. Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua". In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È andato ad alloggiare da un peccatore!". Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto". Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo; il Figlio dell'uomo, infatti, è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".

Che cosa aveva fatto della sua vita Zaccheo? Per cosa aveva vissuto? E noi? Per rispondere a questo domande è necessario entrare e guardare dentro noi stessi, fare luce, uscire dagli schemi che ci proteggono e metterci in discussione. Perché questo avvenga bisogna avere il coraggio di lasciare il proprio ruolo, la propria immagine, anche accettando di diventare ridicoli, se necessario. Zaccheo è “capo dei pubblicani” (19,2), ha una funzione pubblica rilevante, è un uomo importante e ricco. Immaginiamolo mentre corre davanti a tutti, solo per vedere un discusso maestro che passava da Gerico.

8

Ancora di più, immaginiamolo arrampicarsi come un giovinetto su un albero, pieno di curiosità, senza più curarsi di nulla. Zaccheo è curioso, non è sazio, cerca ancora, nonostante la posizione di rilievo che occupa. Anche noi abbiamo un’immagine di noi e una che trasmettiamo agli altri. Per incontrare lo sguardo di Gesù, che può donare senso nuovo alla nostra vita, dobbiamo essere disposti a metterci in discussione. Solo così Zaccheo può incontrare Gesù, può ascoltarlo e farlo entrare in profondità nella sua vita. Bisogna uscire, aprire le porte chiuse, correre fuori … per incontrare il Signore.

“Devo fermarmi a casa tua”.

∞ Devo: esprime una necessità forte. Il Signore deve fermarsi a casa di Zaccheo. È passato di lì per questo; di più, è venuto nel mondo per incontrare l’uomo nella sua vita, nella sua realtà più profonda.

∞ Fermarsi: è necessario fermarsi, fare una sosta, entrare dentro. Solo fermandoci possiamo ascoltare noi stessi. Gesù non dice niente a Zaccheo, ma gli permette di “ascoltarsi”.

∞ A casa tua: nella tua intimità più profonda, dove si nascondono le paure, le frustrazioni, i sensi di colpa, i desideri inespressi e inesprimibili. La casa di Zaccheo è, all’esterno, la casa di un uomo importante e ricco, ma in realtà è la casa di un uomo povero di relazioni, considerato un peccatore, che sa di essere un ladro … Lì entra Gesù. Lasciamolo entrare anche da noi!

9

FRANCESCO CI INVITA A GUARDARCI DENTRO: 1 Cel 6-7: FF 328- 331 Dalla prima biografia di Francesco prendiamo un brano relativo alla sua conversione: agli inizi del suo cammino Francesco ha bisogno di rientrare in se stesso, di guardarsi dentro, e di ritirarsi in una grotta a pregare e riflettere.

Già cambiato spiritualmente, ma senza lasciar nulla trapelare all'esterno, Francesco rinuncia a recarsi nelle Puglie e s’impegna a conformare la sua volontà a quella divina. Si apparta un poco dal tumulto del mondo e dalla mercatura, e cerca di custodire Gesù Cristo nell'intimità del cuore. Come un mercante avveduto sottrae allo sguardo degli scettici la perla trovata, e segretamente si adopra a comprarla con la vendita di tutto il resto. Vi era ad Assisi un giovane, che egli amava più degli altri. Poiché era suo coetaneo e l'amicizia pienamente condivisa lo invitava a confidargli i suoi segreti, Francesco lo portava con sé in posti adatti al raccoglimento dello spirito, rivelandogli di aver scoperto un tesoro grande e prezioso. L'amico, esultante e incuriosito, accettava sempre volentieri l'invito di accompagnarlo. Alla periferia della città c'era una grotta, in cui essi andavano sovente, parlando del «tesoro». L'uomo di Dio, già santo per desiderio di esserlo, vi entrava, lasciando fuori il compagno ad attendere, e, pieno di nuovo insolito fervore, pregava il Padre suo in segreto (Mt 6,6). Desiderava che nessuno sapesse quanto accadeva in lui là dentro e, celando saggiamente a fin di bene il meglio, solo a Dio affidava i suoi santi propositi. Supplicava devotamente Dio eterno e vero di manifestargli la sua via e di insegnargli a realizzare il suo volere. Si svolgeva in lui una lotta tremenda, né poteva darsi pace finché non

10

avesse compiuto ciò che aveva deliberato. Mille pensieri l'assalivano senza tregua e la loro insistenza lo gettava nel turbamento e nella sofferenza. Bruciava interiormente di fuoco divino, e non riusciva a dissimulare il fervore della sua anima. Deplorava i suoi gravi peccati, le offese fatte agli occhi della maestà divina. Le vanità del passato o del presente non avevano per lui più nessun’attrattiva, ma non si sentiva sicuro di saper resistere a quelle future. Si comprende perciò come, facendo ritorno al suo compagno, fosse tanto spossato da apparire irriconoscibile. Un giorno finalmente, dopo aver implorato con tutto il cuore la misericordia divina, gli fu rivelato dal Signore come doveva comportarsi. E fu ripieno di tanto gaudio da non poterlo contenere e da lasciare, pur non volendo, trasparire qualcosa agli uomini. Il grande amore che gli invadeva l'anima non gli permetteva ormai di tacere; tuttavia parlava in linguaggio enigmatico: cercava di esprimersi con gli altri nello stesso modo figurato con cui l'abbiamo visto discorrere con l'amico preferito di un tesoro nascosto. Diceva di rinunciare a partire per le Puglie, ma allo scopo di compiere magnanime imprese nella sua patria. Gli amici pensavano che avesse deciso di maritarsi e gli domandavano: «Vuoi forse prendere moglie, Francesco?». Egli rispondeva: «Prenderò la sposa più nobile e bella che abbiate mai vista, superiore a tutte le altre in bellezza e sapienza». E veramente sposa è la vera religione che egli abbracciò; e il Regno dei Cieli è il tesoro nascosto (Mt 13,44) che egli cercò così ardentemente. Bisognava davvero che si compisse pienamente la vocazione evangelica in colui che doveva essere ministro fedele e autentico del Vangelo!

11

L’immagine della grotta in cui Francesco si nasconde esprime addirittura fisicamente la sua volontà di “guardarsi dentro”, di rientrare in se stesso per scoprire meglio la volontà di Dio. Tra l’altro, il brano parla anche della presenza di un amico, che accompagna Francesco: è bella questa presenza amichevole, anche nel momento del rientrare in se stessi! Il finale del brano mostra che da questo momento di ritiro in se stesso nasce una decisione che si esprime all’esterno, con l’immagine della sposa, ben adatta ad un giovane capace di grandi desideri: “la sposa più nobile e bella che abbiate mai vista, superiore a tutte le altre in bellezza e sapienza!”. Anche noi siamo invitati, ogni tanto, a ritirarci nella grotta, a guardarci dentro, magari accompagnati da un amico paziente, per accogliere la rivelazione della volontà di Dio, che ci indica una vocazione evangelica che è davvero più bella di ogni altro matrimonio! CHIARA CI INVITA A GUARDARCI DENTRO: Testamento di Chiara 6-8: FF 2825

Dobbiamo, perciò, sorelle carissime, meditare gli immensi benefici di cui Dio ci ha colmate, specialmente quellì che Egli si è degnato di operare tra noi per mezzo del suo diletto servo, il beato padre nostro Francesco, e non solo dopo la nostra conversione, ma fin da quando eravamo ancora tra le vanità del secolo.

Le parole di Chiara all’inizio del suo Testamento sono un invito a guardarsi dentro, a “meditare i benefici di Dio”: si tratta dell’invito a coltivare l’atteggiamento profondamente biblico del “far memoria”, per ricordare il cammino che abbiamo già percorso con uno sguardo intelligente e penetrante, capace di riconoscere negli eventi della propria

12

vita il disegno di Dio. Per Chiara questa storia personale di benefici di Dio si mescola alla figura e al nome di Francesco, che ella riconosce come il mezzo di cui Dio si è servito per agire nella sua storia.

Per r i f le ttere

– Faccio memoria della mia storia … quali le persone e gli avvenimenti significativi?

– Provo ad entrare dentro me stessa … quali doni,

desideri, paure, delusioni, adattamenti … scopro? – Quali ostacoli mi impediscono di realizzare le attese, i

“sogni” che mi abitano? – Nella storia comunitaria dell’Istituto, quali sono le

tappe e i momenti che posso riscoprire, sia pensando alla storia delle origini, sia pensando alla storia dell’ISM nel mio Paese o nella mia realtà?

– Come posso (possiamo) “guardare” dentro la nostra

comunità fraterna, nel nostro gruppo e fare verità, luce?

Nel la s tor ia

“Bisogna vivere con se stessi come con un popolo intero: allora si conoscono tutte le qualità degli uomini, buone e cattive. E se vogliamo perdonare agli altri, dobbiamo prima perdonare a noi stessi i nostri difetti”.

13

“Credo che la vita pretenda molto da me e che mi riservi anche molto, ma devo saper ascoltare la mia voce interiore, devo rimanere onesta ed aperta e non sfuggire a quel sentimento”.

“Essere fedeli ad ogni sentimento, a ogni pensiero che ha cominciato a germogliare. Essere fedeli nel senso più largo del termine, fedeli a se stessi, a Dio, ai propri momenti migliori. E dovunque si è, esserci «al cento per cento». Il mio «fare» consisterà nell’«essere»!” (Etty Hillesum, morta ad Auschwitz, per aver scelto di condividere la sorte del suo popolo).

duemilaotto “Guardarsi intorno”

17

In as co lto

Vide e ne ebbe compassione (Lc 10,29-37)

Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è il mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' lo stesso».

Tutti quelli che passarono quel giorno, sulla strada deserta che scendeva da Gerusalemme a Gerico, videro un uomo percosso e derubato, lasciato mezzo morto. Due di loro “passarono oltre”. Ci sono molti modi per vedere. Infatti, vedere solo con gli occhi non basta. Tutti vediamo molte cose, ma non tutte si fissano nella nostra mente, né tanto meno toccano il nostro cuore e muovono le nostre scelte. C’è un vedere superficiale che non coinvolge la vita; come il sacerdote e il levita si può vedere e continuare per la nostra strada, con i nostri obiettivi, con i nostri schemi.

18

E’ significativo che queste due persone siano due uomini “religiosi”, particolarmente legati al Tempio. Conoscono la Legge, ciò che Dio comanda, la Parola forte dei profeti; vedono, ma passano oltre. C’è un altro modo di vedere, che la parabola attribuisce a un Samaritano, un escluso, secondo la tradizione evangelica, un eretico. “Vide e ne ebbe compassione”. Quest’uomo vede con gli occhi e col cuore. Lascia che ciò che vede entri dentro di lui, sconvolga i suoi progetti e i suoi ritmi. Ha il coraggio di non distogliere lo sguardo, ma di guardare verso la sofferenza e il dolore dell’uomo sdraiato sulla strada. Si ferma, si fa vicino, si prende cura dell’altro, se ne fa carico come se fosse compito suo. La sua strada cambia, diventa quella determinata dall’incontro. E’ questo il modo di vedere intorno a noi, il modo di vedere del discepolo che segue un Maestro che è il buon Samaritano.

FRANCESCO CI INVITA A GUARDARCI INTORNO: Testamento 1-3: FF 110

Il Signore dette a me, frate Francesco, d'incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d'animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.

L’inizio del Testamento di Francesco ci mostra un uomo che ricorda la propria conversione segnata dal suo “guardarsi

19

intorno” e dal suo scoprire intorno a sé dei fratelli: i lebbrosi. Francesco scopre il Signore nel “fare misericordia” ai fratelli: quei fratelli lebbrosi la cui vista gli sembrava troppo amara e tra i quali il Signore lo conduce. Se vogliamo un buon esempio di un “guardarsi intorno” che genera conversione, impariamo dagli inizi di Francesco: egli si guarda intorno e, dopo tante volte in cui il suo sguardo aveva rifiutato di fissare l’amara presenza dei lebbrosi, finalmente il Signore gli apre gli occhi alla misericordia. Forse è così anche per noi: si tratta di guardarci intorno e riconoscere quanti ci stanno accanto, anche se si tratta di presenze sgradevoli. E in questo sguardo, e in questo incontro, può avvenire anche per noi la rivelazione del Signore. CHIARA CI INVITA A GUARDARCI INTORNO: Testamento di Chiara 18-23 FF 2828-2830

Con quanta sollecita disponibilità e con quanta applicazione di spirito e di corpo dobbiamo eseguire i comandamenti di Dio e del padre nostro Francesco, perché, con l'aiuto divino, possiamo riconsegnare a lui, moltiplicati, i talenti ricevuti! Infatti, proprio il Signore ha collocato noi come modello, ad esempio e specchio non solo per gli altri uomini, ma anche per le nostre sorelle, quelle che il Signore stesso ha chiamato a seguire la nostra vocazione, affinché esse pure risplendano come specchio ed esempio per tutti coloro che vivono nel mondo. Avendoci, dunque, Egli scelte per un compito tanto elevato, quale è questo, che in noi si possano specchiare tutte coloro che chiama ad essere esempio e specchio degli altri, siamo estremamente tenute a benedire e a lodare il Signore, ed a crescere ogni giorno più nel bene. Perciò, se vivremo secondo la predetta forma di vita, lasceremo alle altre un nobile esempio e,

20

attraverso una fatica di brevissima durata, ci guadagneremo il pallio della beatitudine eterna.

Chiara si rivolge alle sue sorelle e le esorta ad assumersi il compito di “esempio e specchio” per le altre sorelle ed anche per “tutti coloro che vivono nel mondo”. In queste parole di Chiara il “guardarsi intorno” è quello di chi riconosce di avere un compito verso il prossimo: compito di testimonianza e missione per il bene di ogni persona. Anche noi missionarie sappiamo bene di non essere chiamate solo per noi stesse, ma per una missione, che è il Regno di Dio: guardarci intorno significherà per ognuna di noi riconoscere il luogo concreto in cui il Signore ci chiama ad essere anche noi “esempio e specchio … per tutti coloro che vivono nel mondo”.

Per r i f le ttere - Mi guardo intorno: quali richieste, stimoli, provocazioni,

vedo nella realtà in cui vivo e nell’oggi della storia per me e per la comunità?

- L’avere visto genera in me compassione, desiderio di

condividere, impegno a restituire quanto ho ricevuto? A quali scelte concrete ci provoca come singole e come comunità?

21

Nel la s tor ia “Se vuoi aiutare un uomo sprofondato nel fango, non pensare che basti tendergli la mano. Bisogna che tu scenda completamente nel fango. Quando sarai lì, afferralo con forza e innalzalo con te verso la luce” (Shlomo di Karlin, Rabbi). “È notte profonda. La notte dell’impoverimento. La notte dell’oppressione e dello sfruttamento. L’inflazione galoppa, la disoccupazione dilaga. La fame cresce. Sono i poveri i grandi profeti, oggi” (Alex Zanotelli, Italia, missionario comboniano). “L’esercito della fame in marcia, marcia per saziarsi di pane, per saziarsi di carne, per saziarsi di libri, per saziarsi di libertà” (Nazim Hikmet-Turchia una delle più importanti figure della letteratura turca. Fu il solo scrittore d'importanza a parlare dei massacri armeni).

duemilanove “Guardare verso”

25

In as co lto

I miei occhi hanno visto la tua salvezza (Lc 2, 22-38)

Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele». C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

26

Simeone e Anna sono due persone anziane, ma non hanno rinunciato a guardare in avanti, ad avere una prospettiva. Dell’età hanno tutta la saggezza e la bellezza. Il loro sguardo è giovane, luminoso, capace di riempirsi di gioia, di guardare verso il futuro. Vivono presso il Tempio, alla presenza del Signore, nascosti alla sua ombra, col cuore aperto al suo progetto di salvezza; per questo il loro sguardo è in grado di andare oltre il visibile, per cogliere la realtà più profonda degli avvenimenti che li circondano. Che cosa vedono questi due vegliardi? Un bambino come tanti, portato al Tempio come tutti, ma proprio in lui sanno riconoscere il segno della speranza e della presenza del Signore che entra nella sua dimora. Per primi vedono e accolgono la salvezza di Dio che viene nella fragilità e nell’umiltà, sconvolgendo i progetti dei grandi e dei potenti. Di fronte agli eventi della storia, talvolta apparentemente insignificanti, riconoscono la presenza di Dio e vedono la sua salvezza realizzarsi. Il piccolo bimbo che sale al Tempio con la Madre è il segno di una profezia che si compie attraverso ciò che il mondo considera niente. Simeone e Anna hanno sperimentato e attraversato la fatica e l’oscurità dell’attesa, senza smettere di guardare e di attendere, senza perdere la fede nella promessa del Signore. Ora la loro vista non è annebbiata. Il Signore li sorprende e loro si lasciano toccare dalla novità, tanto che la loro bocca si apre per narrare la gloria di Dio e lodare il suo nome. Mentre la loro vita si compie e giunge alla sua pienezza, sono capaci di vedere oltre, di intuire con gli occhi della fede, la fedeltà di Dio nella storia e affidarsi alle sue mani perché i loro occhi hanno visto la sua salvezza.

27

FRANCESCO CI INVITA A GUARDARE VERSO: Lettera a tutto l’Ordine 8-9: FF 216

Ascoltate, miei signori, figli e fratelli, e prestate orecchio alle mie parole. Inclinate l'orecchio del vostro cuore e obbedite alla voce del Figlio di Dio. Custodite nella profondità del vostro cuore i suoi precetti e adempite perfettamente i suoi consigli. Lodatelo poiché è buono ed esaltatelo nelle opere vostre, poiché per questo vi mandò per il mondo intero, affinché rendiate testimonianza alla voce di lui, con la parola e con le opere e facciate conoscere a tutti che non c'è nessuno Onnipotente eccetto Lui. Perseverate nella disciplina e nella santa obbedienza, e adempite con proposito buono e fermo quelle cose che gli avete promesso. Il Signore Iddio si offre a noi come a figli.

Il nostro “guardare verso” vuol dire avere degli obiettivi, proporsi delle mete, muovere il passo in qualche direzione. In questo breve testo Francesco ci indica qual è la direzione e ci offre una specie di sintesi del nostro invio in missione, dichiarando che “per questo vi mandò per il mondo intero”: si tratta del motivo per cui siamo mandati. Il compito, secondo Francesco, è quello di “rendere testimonianza alla voce di lui con la parola e con le opere”: il nostro compito di Missionarie trova una efficace sintesi in queste parole! E subito segue un’altra formulazione dello stesso compito, di particolare efficacia: “facciate conoscere a tutti che non c'è nessuno Onnipotente eccetto Lui”. La nostra vita nel mondo, la nostra testimonianza in parole ed opere vuole semplicemente portare le persone a porsi degli interrogativi, a chiedersi dei perché, a intuire che la nostra vita è mossa dall’unico Onnipotente: perché “non c'è nessuno Onnipotente eccetto Lui”.

28

CHIARA CI INVITA A GUARDARE VERSO: Benedizione 11-16: FF 2856 -2858

Vi benedico in vita mia e dopo la mia morte, come posso e più di quanto posso, con tutte le benedizioni, con le quali lo stesso Padre delle misericordie benedisse e benedirà in cielo e in terra i suoi figli e le sue figlie spirituali, e con le quali ciascun padre e madre spirituale benedisse e benedirà i suoi figli e le sue figlie spirituali. Amen. Siate sempre amanti di Dio e delle anime vostre e di tutte le vostre sorelle, e siate sempre sollecite di osservare quanto avete promesso al Signore. Il Signore sia sempre con voi, ed Egli faccia che voi siate sempre con Lui. Amen.

Il brano è la conclusione della Benedizione di Chiara, un testo riportato tra i suoi scritti in cui si trova uno dei pochi esempi di benedizione al femminile, non solo perché colei che benedice è una donna, ma anche perché tra i destinatari della benedizione sono espressamente ricordate e sottolineate le donne. Questa benedizione ci offre un incoraggiante esempio del “guardare verso”: lo sguardo al futuro si fonda sulla benedizione di Dio, sulla sua forza che ci sostiene e ci anima. La direzione verso la quale andare è quella dell’amore, ben indicata da Chiara: “Siate sempre amanti di Dio e delle anime vostre e di tutte le vostre sorelle”. È questo l’obiettivo che anche noi, come Chiara, ci proponiamo, consapevoli che in tal modo osserveremo davvero “quello che abbiamo promesso al Signore”. L’esito finale, ormai proiettato nella vita eterna, sarà anche per noi, come per la frase finale della benedizione di Chiara, proprio quello di “essere sempre col Signore”

29

Per r i f le ttere

- Quali passi muovere e in quale direzione per accogliere la sua salvezza?

- Quali i nostri SI alle sfide dell’oggi per costruire insieme a

tutti gli uomini e le donne il nostro domani? - La comunità si evolve, cambia, come poter cogliere e

vivere, insieme, le novità del carisma? - Come riusciamo a pensare il nostro futuro? Su cosa si

basa la nostra fede?

Nel la s tor ia “….aiutami a ripensare il mondo perché la morte di un solo bambino è una condizione terribilmente sufficiente e urgentemente necessaria per ripensare il mondo. Bisogna allora stringere viti e togliere molle e buttare all’aria strutture e indicare colpevoli con nome, cognome e conto bancario.” (Mariana Yonusg Blanco - Nicaragua, poetessa).

“….la mia voce si mescola con migliaia di donne in piedi per rompere, tutte insieme, tutte queste sofferenze e queste catene. Sono la donna che si è svegliata, ho trovato la sua strada e non tornerò mai indietro” (Meena Alexander - India, docente

universitaria di inglese e di scrittura creativa).

“ Per ottenere un cambiamento radicale, bisogna avere il coraggio d’inventare l’avvenire. Noi dobbiamo osare inven-tare l’avvenire. Tutto quello che viene dall’immaginazione dell’uomo è per l’uomo realizzabile.” (Thomas Sankara - Burkina Faso, 1° presidente, assassinato il 15 ottobre 1987).

30

“Dovremmo passare oggi da un universalismo astratto a uno più concreto, che faccia il bilancio del rapporto tra storia e memoria, che sappia definire il dialogo in funzione della sua incarnazione nella complessità sociale, in grado di farci uscire dalle nostre fragilità. Perché la modernità ha una funzione essenziale, non solo tecnica o economica: quella di renderci emancipati da ciò che siamo per poter raggiungere l’universale.” (Khaled Fouad Allam, giornalista e politico algerino.)

stampa: Tipolitografia A. SPADA

Ronciglione (VT) Tel. 0761.628025 ra

Ottobre 2007