In cammino per la cura della casa comune › media › osservatore... · se. Nelle scorse settimane...

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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 138 (48.462) Città del Vaticano venerdì 19 giugno 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!z!]!#!;! Sapienza della lentezza di MICHELE GIULIO MASCIARELLI M ilan Kundera, nel suo breve romanzo La len- tezza, utilizzando una serie di simboli, analizza la società odierna e constata che, mentre il passato può essere visto come la lentezza, il presente è, invece, il mondo della velocità dell’imitazione e della non memoria. Egli si chiede perché è scomparso il pia- cere della lentezza e dove mai siano finiti perdigiorno di un tempo? Dove sono quegli eroi sfaccendati delle canzoni popolari, i vagabondi che vanno a zonzo da un mulino all’altro e dormono alle stelle? (cfr. La lentezza, Milano 1995, passim). La lentezza serve sempre, ad esempio alla bellezza. Purtroppo, la lentezza-pazienza è parola ombrata dal pregiudizio perché indica un valore che il nostro tempo, che è frenetico e senza la pace dell’anima, non riesce più a comprendere. Eppure, scegliere la lentezza signifi- ca rispettare i ritmi della propria anima e significa, al- tresì, disporsi a un ascolto attento nei confronti degli al- tri e delle cose, che ci permette di cogliere la bellezza ovunque diffusa quale trama filigranata d’ogni ora dell’uomo. Chi vive con ritmi giusti ha più possibilità di capire il mondo e di scorgere i segreti di bellezza che vi si cela. Senza lentezza non può esserci bellezza e, dunque, non ci si salva. Purtroppo, il nostro tempo ha scelto la velocità a ol- tranza, che, da certi punti di vista, è buona e ormai ine- vitabile; tuttavia, si richiede la sapienza d’essere veloci senza perdere la lentezza (cfr. C. Baker, Ozio lentezza e nostalgia, Torino 2001). Così pure: non c’è amore senza lentezza. La celerità dello zelo serve all’amore, ma ci sono condizioni di vita, attività (come l’opera educativa) che hanno necessità di procedere con lentezza. Anche nel piccolo della vita quotidiana, aspettare chi non può camminare, adattare il ritmo dei propri passi al ritmo lento di chi accompa- gniamo è uno squisito atto di amore. È la carità del ri- tardo, la carità della lentezza. In tutto e sempre dovremmo riuscire ad essere velo- cemente lenti e lentamente veloci. È un ossimoro che promette un’esistenza sapiente e vantaggiosa per tutti. NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza l’Eminentissimo Cardinale Francesco Montenegro, Arci- vescovo di Agrigento (Italia), con il Vescovo Coadiutore: Sua Eccellenza Monsignor Alessandro Damiano; e con Sua Eccellenza Monsignor Vincenzo Bertolone, Arcive- scovo di Catanzaro-Squillace. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza il Conte John Cor- net d’Elzius, Ambasciatore del Belgio, in visita di congedo. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastora- le della Diocesi di Civitavec- chia-Tarquinia (Italia), presen- tata da Sua Eccellenza Monsi- gnor Luigi Marrucci. Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Civitavecchia-Tar- quinia (Italia) Sua Eccellenza Monsignor Gianrico Ruzza, trasferendolo dalla sede titola- re di Subaugusta e dall’Ufficio di Ausiliare di Roma. Nomina di Vescovo Ausiliare Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ausiliare della Dioce- si di San Cristóbal de Vene- zuela (Venezuela) il Reveren- do Juan Alberto Ayala Ramí- rez, del clero della Diocesi di San Cristóbal de Venezuela, finora Vicario Episcopale per la zona territoriale “Espíritu Santo” e Parroco della Parroc- chia “Nuestra Señora de los Ángeles” in La Grita, asse- gnandogli la Sede titolare di Rusubisir. Il Paese in guerra affronta già una pesante crisi economica In vigore le nuove sanzioni Usa alla Siria DAMASCO, 18. Sono entrati ieri in vigore i nuovi provvedimenti eco- nomici degli Stati Uniti contro l’establishment siriano. Il pacchetto di misure è stato chiamato Caesar Syria Civilian Protection Act e arri- va in un momento delicatissimo per il Paese arabo, nel pieno del conflitto civile esploso nel 2011 e di una crisi economica senza prece- denti. A farne le spese, come sem- pre, i più deboli: i civili, le fami- glie, le donne e i bambini. Promosso dall’amministrazione statunitense di Donald Trump, il Caesar Act include nuove sanzioni sia contro il governo siriano, innan- zitutto il presidente Bashir Al As- sad, per crimini di guerra sulla po- polazione, sia provvedimenti contro singoli individui e società che lo so- stengono economicamente. La sua particolarità sta nel fatto che riguar- da non più solo siriani, ma qualsiasi persona, società o Stato che intrat- tiene rapporti commerciali con Da- masco o partecipi alla ricostruzione del Paese. Parti del provvedimento sono già state incorporate nel Na- tional Defense Authorization Act per l’anno fiscale 2020. Si tratta di un provvedimento atteso ma che, come detto, arriva in un momento particolarmente delicato per il Pae- se. Nelle scorse settimane si è regi- strato un crollo della lira siriana, con conseguenze drammatiche. A partire da aprile, infatti, la moneta di Damasco ha perso oltre il 70 per cento del proprio valore. Intan- to, sale sempre più la tensione so- ciale nel Paese e si registrano prote- ste popolari anti-governative, contro la corruzione, il peggioramento del- le condizioni economiche e il caro- vita. Presentato il documento elaborato dal Tavolo interdicasteriale della Santa Sede sull’ecologia integrale a cinque anni dalla «Laudato si’» In cammino per la cura della casa comune È stata consegnata a Papa France- sco, nel pomeriggio di mercoledì 17 giugno, la prima copia del docu- mento «In cammino per la cura del- la casa comune – A cinque anni dal- la Laudato si’», elaborato dal Tavolo interdicasteriale della Santa Sede sull’ecologia integrale. Lo ha reso noto l’arcivescovo Paul Richard Gal- lagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, presentando il documento, giovedì mattina 18 giugno, nella Sala stampa della Santa Sede. A conferma che si punta alla con- cretezza a tutto campo, l’arcivescovo Gallagher ha annunciato, durante l’incontro con la stampa, la «prossi- ma adesione della Santa Sede all’Emendamento di Kigali al Proto- collo di Montreal sulle sostanze che impoveriscono lo strato di ozono, strumento finalizzato a contrastare sia il problema del cosiddetto “buco dell’ozono”, sia il fenomeno dei cambiamenti climatici». È uno «strumento — ha spiegato il presule — che va nella direzione auspicata dal Santo Padre, quando afferma che la libertà umana è capace di li- mitare la tecnica, di orientarla, e di metterla al servizio di un altro tipo di progresso, più sano, più umano, più sociale e più integrale». Per illustrare un testo che si pre- senta come una «bussola per un nuovo modo di vivere», reso ancora più urgente dall’emergenza della pandemia globale, sono intervenuti insieme con il segretario per i Rap- porti con gli Stati — coordinati da Matteo Bruni, direttore della Sala stampa — il vescovo Fernando Vér- gez Alzaga, segretario generale del Governatorato dello Stato della Cit- tà del Vaticano; l’arcivescovo Angelo Vincenzo Zani, segretario della Con- gregazione per l’educazione cattoli- ca; monsignor Bruno Marie Duffé, segretario del Dicastero per il servi- zio dello sviluppo umano integrale; Aloysius John, segretario generale di Caritas Internationalis e Tomás In- sua, co-fondatore e direttore esecuti- vo del Global Catholic Climate Mo- vement. PAGINE 8/9 E 10 Per i sacrifici affrontati a causa della pandemia Riconoscenza del Papa a chi lavora in mare A causa del coronavirus «il vostro lavoro da marittimi e pescatori è diventato ancora più importante, per assi- curare alla grande famiglia umana cibo e altri generi di prima necessità. Di questo, noi vi siamo riconoscenti»: è quanto assicurato dal Papa alla gente di mare attra- verso un videomessaggio diffuso nel pomeriggio del 17 giugno. Appartenenti a «una categoria molto esposta», ha sottolineato Francesco, «negli ultimi mesi... avete affrontato — e ancora affrontate — tanti sacrifici, lunghi periodi a bordo delle navi senza poter scendere a ter- ra», con la conseguenza che «la lontananza dai familia- ri, dagli amici e dal proprio Paese» e «la paura del contagio» diventano «un peso faticoso da portare». Da qui l’incoraggiamento del Pontefice per il personale marittimo, le loro famiglie e quanti sono impegnati su questo fronte pastorale. PAGINA 10 Dalle autorità sanitarie cinesi Dichiarato sotto controllo il focolaio a Pechino PECHINO, 18. È stato dichiarato sotto controllo il focolaio di coronavirus localizzato nei giorni scorsi a Pechi- no. A renderlo noto è stato oggi il capo del Centro di controllo e pre- venzione delle malattie, Wu Zunyou, che ha sottolineato come, grazie all’intervento tempestivo delle autori- tà sanitarie dopo il picco toccato in- torno al 13 giugno, il focolaio sia sta- to arginato. «Questo non vuol dire che non ci saranno nuovi casi doma- ni», ha ancora spiegato, ma ovvia- mente «il numero di contagi sarà sempre più basso». Nella capitale cinese, dalla scorsa settimana, sono stati oltre un centi- naio le persone riscontrate positive a partire dal nuovo focolaio individua- to nel mercato all’ingrosso di Xinfa- di, nel distretto di sudovest di Fen- gtai. Si parla al momento di circa 158 persone infettate, mentre la città ha rafforzato le misure di prevenzione e controllo, giungendo a una serie di chiusure selettive. Pechino è stata parzialmente blin- data negli ultimi giorni. Il governo ha messo in campo tutte le forze per evitare un seconda ondata di conta- go. Tuttavia i media hanno parlato di lockdown “soft”. Le autorità han- no ieri esteso la “zona rossa”, isolan- do diversi quartieri della capitale. Sono stati schierati oltre 100.000 operatori sanitari. Secondo le autori- tà municipali, la capitale adesso è in grado di effettuare 400.000 test al giorno. Mentre Pechino è alle prese con il focolaio attuale, la Commissione sa- nitaria nazionale ha segnalato altri 28 nuovi casi di infezione nel Paese, di cui 24 di trasmissione domestica e 4 importate. Ventuno dei nuovi casi sono stati segnalati proprio nella ca- pitale cinese, anche se in calo rispet- to ai 31 di martedì scorso. La città è in «situazione critica e servono sforzi speciali», ha ribadito il portavoce della municipalità, Xu Hejian, par- lando di «una guerra molto dura e di un grande test da affrontare per Pechino». Nel frattempo altri tre casi sono stati riscontrati nella vicina città di Tianjin e nella provincia di Hebei. I restanti quattro casi importati sono stati registrati a Shanghai, Shaanxi e Gansu. Salgono così a 83.293 i con- tagi in Cina, di cui 78.394 risoltisi con la guarigione, mentre il numero dei decessi resta fermo a 4.634. Dopo il grave focolaio registrato nel mercato di Xinfadi — il più gran- de in Asia per i generi alimentari e per le fluttuazioni difficili da identi- ficare della popolazione migrante — le autorità sanitarie hanno disposto controlli in quasi 500 mercati di ver- dura e in 1.658 supermercati su pro- dotti che potrebbero essere stati con- taminati dal covid-19. Si è inoltre già proceduto alla chiusura delle scuole, mentre i due aeroporti di Pechino ie- ri hanno cancellato numerosi voli. L’Ufficio dello sport ha disposto lo stop a eventi e palestre per l’allerta sanitaria salita dal livello 3 al 2. Nel frattempo l’ipotesi — rilanciata domenica in base alla ricostruzione del genoma del virus — che il conta- gio sia legato al salmone europeo sembra essere caduta. La Norvegia, colpita dal blocco dell’export, ha chiarito che «il caso è in fase di riso- luzione». Shi Guoqing, vice direttore del Centro d’emergenza del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, ha ammesso che non c’è evidenza che il salmone sia «stato veicolo o veicolo intermedio del co- ronavirus». Si ritiene, almeno «in via preliminare, che la nuova ondata sia stata «provocata dalla trasmissione da uomo a uomo» ha detto Chen Bei, numero due del governo muni- cipale di Pechino. racconto LA PAROLA DELLANNO Rapporto dell’Unhcr In fuga l’uno per cento della popolazione mondiale PAGINA 2 Opere d’arte nel carcere di Sollicciano Oltre il muro DAVIDE DIONISI A PAGINA 5 Facce belle della Chiesa Don Stefano Sparapani il prete di Sanba’ ROBERTO CETERA A PAGINA 6 Don Pino Lorizio illustra il nuovo corso di teologia alla Lateranense Comunione nelle differenze FABIO COLAGRANDE A PAGINA 6 ALLINTERNO IL CRISTIANO E LA CITTÀ «Essere donna nella città attuale» di Caterina Ciriello Cittadine a metà SILVIA GUSMANO A PAGINA 4 Intervista con il fotoreporter di guerra Manoocher Deghati PIERO DI DOMENICANTONIO A PA G I N A 5 Nove studenti uccisi da un’esplosione in una madrasa in Afghanistan KABUL, 18. Almeno nove adole- scenti sono stati uccisi quando un proiettile di mortaio è esploso questa mattina in una scuola cora- nica nella provincia di Takhar, nel nord dell'Afghanistan. A darne notizia è la France Presse. L'esplo- sione «è stata causata da un proiettile di mortaio che in qual- che modo ha colpito una madrasa nel distretto di Ishkamish» ha af- fermato Khalil Asir, portavoce di la polizia provinciale, aggiungen- do che le vittime erano quasi tutti minorenni. Il portavoce del gover- natore di Takhar, Jawad Hejri, ha confermato il bilancio. «Due stu- denti sono morti mentre venivano trasportati in ospedale» ha preci- sato parlando con la stampa. La dinamica dei fatti è ancora contro- versa. Non è chiaro se si sia trat- tato o meno di un attacco. È stata la terza esplosione in un edificio religioso questo mese in Afghani- stan. La prima, avvenuta il 2 giu- gno, è stata rivendicata dal sedi- cente stato islamico (Is).

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 138 (48.462) Città del Vaticano venerdì 19 giugno 2020

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Sapienza della lentezzadi MICHELE GIULIO MASCIARELLI

Milan Kundera, nel suo breve romanzo La len-tezza, utilizzando una serie di simboli, analizzala società odierna e constata che, mentre il

passato può essere visto come la lentezza, il presente è,invece, il mondo della velocità dell’imitazione e dellanon memoria. Egli si chiede perché è scomparso il pia-cere della lentezza e dove mai siano finiti perdigiornodi un tempo? Dove sono quegli eroi sfaccendati dellecanzoni popolari, i vagabondi che vanno a zonzo da unmulino all’altro e dormono alle stelle? (cfr. La lentezza,Milano 1995, passim).

La lentezza serve sempre, ad esempio alla bellezza.Purtroppo, la lentezza-pazienza è parola ombrata dalpregiudizio perché indica un valore che il nostro tempo,che è frenetico e senza la pace dell’anima, non riescepiù a comprendere. Eppure, scegliere la lentezza signifi-ca rispettare i ritmi della propria anima e significa, al-tresì, disporsi a un ascolto attento nei confronti degli al-tri e delle cose, che ci permette di cogliere la bellezza

ovunque diffusa quale trama filigranata d’ogni oradell’uomo. Chi vive con ritmi giusti ha più possibilitàdi capire il mondo e di scorgere i segreti di bellezza che vi sicela. Senza lentezza non può esserci bellezza e, dunque,non ci si salva.

Purtroppo, il nostro tempo ha scelto la velocità a ol-tranza, che, da certi punti di vista, è buona e ormai ine-vitabile; tuttavia, si richiede la sapienza d’essere velocisenza perdere la lentezza (cfr. C. Baker, Ozio lentezza enostalgia, Torino 2001).

Così pure: non c’è amore senza lentezza. La celeritàdello zelo serve all’amore, ma ci sono condizioni di vita,attività (come l’opera educativa) che hanno necessità diprocedere con lentezza. Anche nel piccolo della vitaquotidiana, aspettare chi non può camminare, adattareil ritmo dei propri passi al ritmo lento di chi accompa-gniamo è uno squisito atto di amore. È la carità del ri-tardo, la carità della lentezza.

In tutto e sempre dovremmo riuscire ad essere velo-cemente lenti e lentamente veloci. È un ossimoro chepromette un’esistenza sapiente e vantaggiosa per tutti.

NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienzal’Eminentissimo CardinaleFrancesco Montenegro, Arci-vescovo di Agrigento (Italia),con il Vescovo Coadiutore:Sua Eccellenza MonsignorAlessandro Damiano; e conSua Eccellenza MonsignorVincenzo Bertolone, Arcive-scovo di Catanzaro-Squillace.

Il Santo Padre ha ricevutoquesta mattina in udienza SuaEccellenza il Conte John Cor-net d’Elzius, Ambasciatore delBelgio, in visita di congedo.

Il Santo Padre ha accettatola rinuncia al governo pastora-le della Diocesi di Civitavec-chia-Tarquinia (Italia), presen-tata da Sua Eccellenza Monsi-gnor Luigi Marrucci.

Provvista di ChiesaIl Santo Padre ha nominato

Vescovo di Civitavecchia-Tar-quinia (Italia) Sua EccellenzaMonsignor Gianrico Ruzza,trasferendolo dalla sede titola-re di Subaugusta e dall’Ufficiodi Ausiliare di Roma.

Nominadi Vescovo Ausiliare

Il Santo Padre ha nominatoVescovo Ausiliare della Dioce-si di San Cristóbal de Vene-zuela (Venezuela) il Reveren-do Juan Alberto Ayala Ramí-rez, del clero della Diocesi diSan Cristóbal de Venezuela,finora Vicario Episcopale perla zona territoriale “EspírituSanto” e Parroco della Parroc-chia “Nuestra Señora de losÁngeles” in La Grita, asse-gnandogli la Sede titolare diR u s u b i s i r.

Il Paese in guerra affronta già una pesante crisi economica

In vigore le nuovesanzioni Usa alla Siria

DA M A S C O, 18. Sono entrati ieri invigore i nuovi provvedimenti eco-nomici degli Stati Uniti control’establishment siriano. Il pacchettodi misure è stato chiamato CaesarSyria Civilian Protection Act e arri-va in un momento delicatissimoper il Paese arabo, nel pieno delconflitto civile esploso nel 2011 e diuna crisi economica senza prece-denti. A farne le spese, come sem-pre, i più deboli: i civili, le fami-glie, le donne e i bambini.

Promosso dall’amministrazionestatunitense di Donald Trump, ilCaesar Act include nuove sanzionisia contro il governo siriano, innan-zitutto il presidente Bashir Al As-sad, per crimini di guerra sulla po-polazione, sia provvedimenti controsingoli individui e società che lo so-stengono economicamente. La suaparticolarità sta nel fatto che riguar-

da non più solo siriani, ma qualsiasipersona, società o Stato che intrat-tiene rapporti commerciali con Da-masco o partecipi alla ricostruzionedel Paese. Parti del provvedimentosono già state incorporate nel Na-tional Defense Authorization Actper l’anno fiscale 2020. Si trattadi un provvedimento atteso ma che,come detto, arriva in un momentoparticolarmente delicato per il Pae-se. Nelle scorse settimane si è regi-strato un crollo della lira siriana,con conseguenze drammatiche. Apartire da aprile, infatti, la monetadi Damasco ha perso oltre il 70per cento del proprio valore. Intan-to, sale sempre più la tensione so-ciale nel Paese e si registrano prote-ste popolari anti-governative, controla corruzione, il peggioramento del-le condizioni economiche e il caro-vita.

Presentato il documento elaborato dal Tavolo interdicasteriale della Santa Sede sull’ecologia integrale a cinque anni dalla «Laudato si’»

In camminoper la cura della casa comune

È stata consegnata a Papa France-sco, nel pomeriggio di mercoledì 17giugno, la prima copia del docu-mento «In cammino per la cura del-la casa comune – A cinque anni dal-la Laudato si’», elaborato dal Tavolointerdicasteriale della Santa Sedesull’ecologia integrale. Lo ha resonoto l’arcivescovo Paul Richard Gal-lagher, segretario per i Rapporti congli Stati, presentando il documento,giovedì mattina 18 giugno, nella Salastampa della Santa Sede.

A conferma che si punta alla con-cretezza a tutto campo, l’a rc i v e s c o v oGallagher ha annunciato, durantel’incontro con la stampa, la «prossi-ma adesione della Santa Sedeall’Emendamento di Kigali al Proto-collo di Montreal sulle sostanze cheimpoveriscono lo strato di ozono,strumento finalizzato a contrastaresia il problema del cosiddetto “bucodell’ozono”, sia il fenomeno deicambiamenti climatici». È uno«strumento — ha spiegato il presule— che va nella direzione auspicatadal Santo Padre, quando affermache la libertà umana è capace di li-mitare la tecnica, di orientarla, e dimetterla al servizio di un altro tipodi progresso, più sano, più umano,più sociale e più integrale».

Per illustrare un testo che si pre-senta come una «bussola per unnuovo modo di vivere», reso ancora

più urgente dall’emergenza dellapandemia globale, sono intervenutiinsieme con il segretario per i Rap-porti con gli Stati — coordinati daMatteo Bruni, direttore della Salastampa — il vescovo Fernando Vér-gez Alzaga, segretario generale del

Governatorato dello Stato della Cit-tà del Vaticano; l’arcivescovo AngeloVincenzo Zani, segretario della Con-gregazione per l’educazione cattoli-ca; monsignor Bruno Marie Duffé,segretario del Dicastero per il servi-zio dello sviluppo umano integrale;

Aloysius John, segretario generale diCaritas Internationalis e Tomás In-sua, co-fondatore e direttore esecuti-vo del Global Catholic Climate Mo-vement.

PAGINE 8/9 E 10

Per i sacrifici affrontati a causa della pandemia

Riconoscenza del Papa a chi lavora in mareA causa del coronavirus «il vostro lavoro da marittimie pescatori è diventato ancora più importante, per assi-curare alla grande famiglia umana cibo e altri generi diprima necessità. Di questo, noi vi siamo riconoscenti»:è quanto assicurato dal Papa alla gente di mare attra-verso un videomessaggio diffuso nel pomeriggio del 17giugno. Appartenenti a «una categoria molto esposta»,ha sottolineato Francesco, «negli ultimi mesi... aveteaffrontato — e ancora affrontate — tanti sacrifici, lunghiperiodi a bordo delle navi senza poter scendere a ter-ra», con la conseguenza che «la lontananza dai familia-ri, dagli amici e dal proprio Paese» e «la paura delcontagio» diventano «un peso faticoso da portare». Daqui l’incoraggiamento del Pontefice per il personalemarittimo, le loro famiglie e quanti sono impegnati suquesto fronte pastorale.

PAGINA 10

Dalle autorità sanitarie cinesi

Dichiarato sotto controllo il focolaio a PechinoPE C H I N O, 18. È stato dichiarato sottocontrollo il focolaio di coronaviruslocalizzato nei giorni scorsi a Pechi-no. A renderlo noto è stato oggi ilcapo del Centro di controllo e pre-venzione delle malattie, Wu Zunyou,che ha sottolineato come, grazieall’intervento tempestivo delle autori-tà sanitarie dopo il picco toccato in-torno al 13 giugno, il focolaio sia sta-to arginato. «Questo non vuol direche non ci saranno nuovi casi doma-ni», ha ancora spiegato, ma ovvia-mente «il numero di contagi saràsempre più basso».

Nella capitale cinese, dalla scorsasettimana, sono stati oltre un centi-naio le persone riscontrate positive apartire dal nuovo focolaio individua-to nel mercato all’ingrosso di Xinfa-di, nel distretto di sudovest di Fen-gtai. Si parla al momento di circa 158persone infettate, mentre la città harafforzato le misure di prevenzione econtrollo, giungendo a una serie dichiusure selettive.

Pechino è stata parzialmente blin-data negli ultimi giorni. Il governoha messo in campo tutte le forze perevitare un seconda ondata di conta-go. Tuttavia i media hanno parlatodi lockdown “soft”. Le autorità han-no ieri esteso la “zona rossa”, isolan-do diversi quartieri della capitale.Sono stati schierati oltre 100.000operatori sanitari. Secondo le autori-tà municipali, la capitale adesso è ingrado di effettuare 400.000 test algiorno.

Mentre Pechino è alle prese con ilfocolaio attuale, la Commissione sa-nitaria nazionale ha segnalato altri28 nuovi casi di infezione nel Paese,di cui 24 di trasmissione domestica e4 importate. Ventuno dei nuovi casisono stati segnalati proprio nella ca-pitale cinese, anche se in calo rispet-to ai 31 di martedì scorso. La città èin «situazione critica e servono sforzispeciali», ha ribadito il portavocedella municipalità, Xu Hejian, par-lando di «una guerra molto dura edi un grande test da affrontare perPe c h i n o » .

Nel frattempo altri tre casi sonostati riscontrati nella vicina città diTianjin e nella provincia di Hebei. Irestanti quattro casi importati sonostati registrati a Shanghai, Shaanxi eGansu. Salgono così a 83.293 i con-

tagi in Cina, di cui 78.394 risoltisicon la guarigione, mentre il numerodei decessi resta fermo a 4.634.

Dopo il grave focolaio registratonel mercato di Xinfadi — il più gran-

de in Asia per i generi alimentari eper le fluttuazioni difficili da identi-ficare della popolazione migrante —le autorità sanitarie hanno dispostocontrolli in quasi 500 mercati di ver-

dura e in 1.658 supermercati su pro-dotti che potrebbero essere stati con-taminati dal covid-19. Si è inoltre giàproceduto alla chiusura delle scuole,mentre i due aeroporti di Pechino ie-ri hanno cancellato numerosi voli.L’Ufficio dello sport ha disposto lostop a eventi e palestre per l’allertasanitaria salita dal livello 3 al 2.

Nel frattempo l’ipotesi — rilanciatadomenica in base alla ricostruzionedel genoma del virus — che il conta-gio sia legato al salmone europeosembra essere caduta. La Norvegia,colpita dal blocco dell’export, hachiarito che «il caso è in fase di riso-luzione». Shi Guoqing, vice direttoredel Centro d’emergenza del Centroper il controllo e la prevenzione dellemalattie, ha ammesso che non c’èevidenza che il salmone sia «statoveicolo o veicolo intermedio del co-ronavirus». Si ritiene, almeno «in viapreliminare, che la nuova ondata siastata «provocata dalla trasmissioneda uomo a uomo» ha detto ChenBei, numero due del governo muni-cipale di Pechino.

ra c c o n t oLA PAROLA DELL’ANNO

Rapporto dell’Unhcr

In fuga l’uno per centodella popolazionemondiale

PAGINA 2

Opere d’artenel carcere di Sollicciano

Oltre il muroDAV I D E DIONISI A PA G I N A 5

Facce belle della Chiesa

Don Stefano Sparapaniil prete di Sanba’

ROBERTO CETERA A PA G I N A 6

Don Pino Lorizio illustra il nuovocorso di teologia alla Lateranense

Comunionenelle differenze

FABIO COLAGRANDE A PA G I N A 6

ALL’INTERNO

IL CRISTIANOE LA CITTÀ

«Essere donna nella città attuale»di Caterina Ciriello

Cittadine a metàSI LV I A GUSMANO A PA G I N A 4

Intervista conil fotoreporter di guerraManoocher Deghati

PIERO DI DOMENICANTONIO A PA G I N A 5

Nove studenti uccisi da un’esplosionein una madrasa in Afghanistan

KABUL, 18. Almeno nove adole-scenti sono stati uccisi quando unproiettile di mortaio è esplosoquesta mattina in una scuola cora-nica nella provincia di Takhar, nelnord dell'Afghanistan. A darnenotizia è la France Presse. L'esplo-sione «è stata causata da unproiettile di mortaio che in qual-che modo ha colpito una madrasanel distretto di Ishkamish» ha af-fermato Khalil Asir, portavoce dila polizia provinciale, aggiungen-do che le vittime erano quasi tutti

minorenni. Il portavoce del gover-natore di Takhar, Jawad Hejri, haconfermato il bilancio. «Due stu-denti sono morti mentre venivanotrasportati in ospedale» ha preci-sato parlando con la stampa. Ladinamica dei fatti è ancora contro-versa. Non è chiaro se si sia trat-tato o meno di un attacco. È statala terza esplosione in un edificioreligioso questo mese in Afghani-stan. La prima, avvenuta il 2 giu-gno, è stata rivendicata dal sedi-cente stato islamico (Is).

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 venerdì 19 giugno 2020

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In fuga l’uno per centodella popolazione mondiale

Un convegno al Centro Astalli

La grande sfidadella fiducia

Un piccolo migrante stremato dorme per terra in un campo nell’isola di Lesbo (Afp)

Ankara è uno dei principali attori internazionali nello scenario libico

Delegazione turca in visita a Tripoliper colloqui con al-Serraj

NEW YORK, 18. L’Unhcr, l’Agenziadelle Nazioni Unite per i Rifugiati,ha rivolto ieri un appello ai Paesi ditutto il mondo affinché si impegni-no ulteriormente «per dare protezio-ne a milioni di rifugiati e altre per-sone in fuga da conflitti, persecuzio-ni o violenze che compromettonogravemente l’ordine pubblico». Co-me dimostra l’ultimo rapporto sullemigrazioni nel mondo, gli esodi for-zati oggi riguardano più dell’1 percento della popolazione mondiale —1 persona su 97 — mentre continua adiminuire inesorabilmente il numerodi coloro che riescono a fare ritornoa casa.

Il rapporto annuale dell’UnhcrGlobal Trends, pubblicato due gior-ni prima della giornata mondiale delrifugiato del 20 giugno, rivela che,alla fine del 2019, risultava essere infuga la cifra senza precedenti di 79,5milioni di persone. L’Unhcr nonaveva mai registrato un dato tantoelevato.

Il rapporto, inoltre, rileva comeper i rifugiati sia divenuto semprepiù difficoltoso porre fine in tempirapidi alla propria condizione. Neglianni Novanta, una media di 1,5 mi-lioni di rifugiati riusciva a fare ritor-no a casa ogni anno. Negli ultimidieci anni la media è crollata a circa385.000, cifra che testimonia comeoggi l’aumento del numero di perso-ne costrette alla fuga ecceda larga-mente quello delle persone che pos-sono usufruire di una soluzione du-re v o l e .

«Siamo testimoni di una realtànuova che ci dimostra come gli eso-di forzati, oggi, non soltanto sianolargamente più diffusi, ma, inoltre,non costituiscano più un fenomenotemporaneo e a breve termine» hadichiarato l’Alto Commissario delleNazioni Unite per i Rifugiati, Filip-po Grandi. «Non ci si può aspettareche le persone vivano per anni e an-ni una condizione precaria, senzaavere né la possibilità di tornare acasa né la speranza di poter comin-ciare una nuova vita nel luogo in cuisi trovano. È necessario adottare siaun atteggiamento profondamentenuovo e aperto nei confronti di tutticoloro che fuggono, sia un impulso

molto più determinato volto a risol-vere conflitti che proseguono peranni e che sono alla radice di im-mense sofferenze» ha aggiunto.

«Nel mondo siamo arrivati a unpunto mai visto prima, sono quasi80 milioni le persone in fuga a livel-lo globale, un numero elevatissimoche rispecchia la realtà attuale: vivia-mo una serie di conflitti che vannoavanti da decadi, ma anche crisimolto più nuove» ha detto il rap-presentante Unhcr Chiara Cardolet-ti. In questo panorama, «è responsa-bilità della comunità internazionalegestire le crisi e risolverle, altrimenticontinueremo ogni anno a vedere inumeri alzarsi e a vivere in un mon-do sempre più violento e diseguale.Nel frattempo dobbiamo concen-trarci sulla solidarietà, e dobbiamo

capire che i rifugiati sono vittime,non i responsabili di queste situazio-ni. Sta a noi dare un futuro a questepersone, che se lo meritano tantoquanto noi». Una regione partico-larmente preoccupante per l’Unhcrè quella del Sahel, dove «negli ulti-mi sei mesi c'è stata una evoluzionemolto grave, un inasprirsi delle vio-lenze tra le comunità e un aumentodell’estremismo» ha spiegato il rap-presentante dell’agenzia Onu. «Èun conflitto molto violento che statoccando oltre 3 milioni di personesfollate e rifugiate, con casi di stu-pri, violenze, reclutamento di bam-bini, tutto in una situazione già dif-ficile in questi Paesi, come ad esem-pio il Burkina Faso dove l’80% delleterre coltivabili sono state distruttedal cambiamento climatico, e dove

ora con covid-19 abbiamo ancorapiù paura». In questo panorama dicrisi mondiale, «la pandemia del co-ronavirus non ci voleva. La primapreoccupazione per noi oggi è ilcontagio».

Il rapporto Global Trends mostrache dei 79,5 milioni di persone cherisultavano essere in fuga alla finedell’anno scorso, 45,7 milioni eranosfollati all’interno dei propri Paesi.La cifra restante era composta dapersone fuggite oltre confine, 4,2milioni delle quali in attesa dell’esitodella domanda di asilo, e 29,6 milio-ni tra rifugiati (26 milioni) e altrepersone costrette alla fuga fuori daipropri Paesi.

L’incremento annuale, rispetto ai70,8 milioni di persone in fuga regi-strati alla fine del 2018, rappresentail risultato di due fattori principali.Il primo riguarda le nuove preoccu-panti crisi verificatesi nel 2019, inparticolare nella Repubblica Demo-cratica del Congo, nella regione delSahel, in Yemen e in Siria, quest’ul-tima ormai al decimo anno di con-flitto e responsabile dell’esodo di13,2 milioni di rifugiati, richiedentiasilo e sfollati interni, più di un se-sto del totale mondiale.

Il secondo è relativo a una mi-gliore mappatura della situazionedei venezuelani che si trovano fuoridal proprio Paese, molti non legal-mente registrati come rifugiati o ri-chiedenti asilo, ma per i quali sononecessarie forme di protezione.

Dietro a tutte queste cifre — rip or-ta sempre l’Unhcr — ci sono storiedi sofferenza individuale profonda.Il numero di minori in fuga (stimatointorno ai 30-34 milioni, decine dimigliaia dei quali non accompagna-ti), per esempio, è più elevato diquello dell’intera popolazione diAustralia, Danimarca e Mongoliamesse insieme. Contemporaneamen-te, la percentuale di persone in fugadi età pari o superiore ai 60 anni (4per cento) è estremamente inferiorea quella della popolazione mondiale(12 per cento) — una statistica cheattesta lo strazio, la disperazione, isacrifici e la separazione dai propricari.

ROMA, 18. In ogni parte del mondomilioni di persone sono costretteogni giorno a fuggire dalle guerre,dalla fame e dalla miseria più estre-ma: sono gli ultimi, i “dannati dellaterra”, lasciati spesso soli, abbando-nati a se stessi, senza alcun aiuto eprospettiva di vita. Sono i migrantie i rifugiati, persone mosse unica-mente dalla speranza di una vitamigliore altrove. Un altrove chespesso si trasforma in un incuboanimato da trafficanti di esseriumani, viaggi impossibili, prigioniae schiavitù. Sabato 20 giugno si ce-lebra la giornata mondiale del rifu-giato, indetta dalle Nazioni Unite,per sensibilizzare l’opinione pubbli-ca su una serie di temi come l’acco-glienza, l’inclusione, la promozione,il tema delle politiche mirate e deipiani di sviluppo, il tema del rico-noscimento dell’altro come un pros-simo da amare e tutelare come noistessi.

In vista di questo appuntamento,il Centro Astalli — sede italiana delservizio dei gesuiti per i rifugiati,da oltre trent’anni impegnato nellapromozione della cultura dell’acco-glienza e della solidarietà — ha or-ganizzato ieri, a Roma un conve-gno intitolato «In ognuno la tracciadi ognuno». Un titolo che richiamaPrimo Levi e che vuole essere an-che la sintesi di un messaggio fon-damentale: il migrante, il rifugiato,è il nostro prossimo e dobbiamoavere cura di lui come di noi stessi.Un messaggio ispirato alle paroledi Papa Francesco nell’ultimo An-gelus: siamo tutti responsabili dellasorte dei migranti.

«Oggi dare il benvenuto e darefiducia è diventato raro e difficileperché la società crede che la diffi-denza sia la chiave», non ci si ren-de invece conto che «accogliere do-vrebbe essere la regola» ha detto ilprefetto del Dicastero della comuni-cazione, Paolo Ruffini, intervenen-do al convegno. Nella sua riflessio-ne Ruffini ha messo in luce ladrammatica divisione del mondodiviso in due, il “noi" e gli “altri”, el’errore odierno di «sognare unmondo solo per noi, fatto di pauradel diverso, di autodifesa, di “o cchichiusi”, che a lungo andare fannosmarrire anche la nostra identità».La creazione di capri espiatori — hasottolineato il prefetto — «ci preclu-de di vedere la soluzione dei pro-blemi che sono assolutamente inter-connessi». Scegliamo «sulla scortadegli esempi biblici e del dettatoevangelico, una identità che nontradisca la nostra storia, la nostrafratellanza e la bellezza di trovarerifugio gli uni negli altri».

Nel corso del convegno è emersasoprattutto la drammatica situazio-ne della Libia e le responsabilitàche nasconde la realtà odierna delPaese nordafricano. La Libia ètutt’ora «una ferita aperta», comeha detto il cardinale Matteo MariaZuppi. Il porporato ha messo in ri-lievo soprattutto l’esigenza di «ri-pensare a come essere comunità»,partendo dal «conoscersi» e dal«riconoscersi». Le paure ci sono evanno affrontate — ha detto il por-porato — «ma serve pure capire co-sa accade intorno a noi». Importan-ti sono le politiche e i regolamenti,

ha ribadito, anche questo significafare accoglienza. «Per trasformarela pandemia in opportunità occorrerovesciare la diffidenza in responsa-bilità, rendendoci conto che per ri-costruirci migliori di prima, abbia-mo bisogno gli uni degli altri» haconcluso Zuppi.

L’inclusione è un valore centraleperché, come ha spiegato introdu-cendo il colloquio padre CamilloRipamonti, presidente del CentroAstalli, «su quella barca, in cui Pa-pa Francesco ricorda che siamo tut-ti, sappiamo bene che non siamotutti uguali e che i comportamentidi ciascuno condizionano la vitadegli altri. Lavorare per la giustiziasociale e l’inclusione dei rifugiati èil modo con cui vogliamo bilanciarepesi e spazi sulla nostra barca co-mune». I rifugiati non possonocontinuare a essere percepiti cometali — ha sottolineato Ripamonti —«non possiamo lasciarli morire inmare e sulle frontiere o accontentar-ci di politiche sicuritarie». Losguardo del Centro Astalli è rivoltoalla giornata mondiale del rifugiato«che cade in piena pandemia e checelebrare oggi significa — ha ribadi-to Ripamonti — guardare in parti-colare alle situazioni difficili deicampi profughi in Grecia, in Libia,nei Balcani, perché per i migranti cisiano vie legali di spostamento e in-gresso in Europa e perché gli Stati,invece che spendere soldi in armiinvestano in sviluppo».

D’altronde è questa la missionefondamentale del Centro Astalli:accompagnare, servire e difendere idiritti dei rifugiati. Dal 1981, quan-do nacque, il Centro ha ampliato isuoi servizi e oggi può vantare unarete territoriale molto ramificata:una mensa che distribuisce 400 pa-sti al giorno, un ambulatorio, quat-tro centri d’accoglienza, una scuolad’italiano e tanti altri servizi di pri-ma e seconda accoglienza.

L’immigrazione e i diritti del ri-fugiato sono anche al centro del di-battito politico quotidiano, soprat-tutto in Europa. Uno dei puntichiave di questo dibattito è la rifor-ma del regolamento di Dublino.«La giornata mondiale del rifugiatodeve sfidarci sul tema delle tutele edei diritti. Il cardine dell’Ue do-vrebbe essere la solidarietà, la re-sponsabilità, la tutela della vita» hadetto il ministro dell’interno italia-no Luciana Lamorgese nel suo in-tervento. L’auspicio è che «si rimet-ta mano al regolamento di Dublinosulla responsabilità solo dello Statodi primo ingresso». Le politiche ele strategie per gestire i fenomenimigratori — ha sottolineato il titola-re del Viminale — «devono essereprioritarie per l’Unione europea, af-frontate con impegno e con la con-divisione delle responsabilità». «Lastrada per questa sfida — ha ag-giunto — è la sinergia, è l’appro cciopartecipato». Sul tema dell’acco-glienza, il ministro ha poi ricordatoquanto importanti siano, oltre aiservizi, gli interventi diretti di in-clusione sociale che approdino allaconquista di autonomia dei singolisoggetti. «La sfida è comune, dun-que, servono ora azioni concrete daparte di tutti gli attori coinvolti».

TRIPOLI, 18. La questione migratoriain Europa è strettamente connessaalla situazione libica. Ieri una dele-gazione turca di alto livello, compo-sta dai più stretti collaboratori tra iministri del presidente Recep TayyipErdogan, si è recata a sorpresa in Li-bia. Stando a quanto riportano imedia locali, a Tripoli la delegazio-ne turca ha incontrato il premier delgoverno di accordo nazionale rico-nosciuto dall’Onu Fayez al-Serraj.Ankara sostiene sul piano militare leforze di al-Serraj nel conflitto conl’esercito del generale Haftar.

La delegazione era guidata dalministro degli Esteri Mevlut Cavu-soglu, da quello del Tesoro e delleFinanze Berat Albayrak, genero diErdogan, dal capo dei servizi di in-telligence (Mit) Hasan Fidan e dalportavoce e storico consigliere delcapo dello stato, Ibrahim Kalin. Se-condo l’agenzia statale di Ankara,gli inviati di Erdogan hanno incon-trato al-Serraj insieme ad altri mem-bri del suo esecutivo, tra cui il capodella diplomazia Mohammed TaherSiyala. Al-Serraj si era recato l’ulti-ma volta in Turchia per incontrareErdogan due settimane fa.

Non sono noti al momento i det-tagli dell’incontro, che però è certa-mente ritenuto di grande rilievo adAnkara, al punto che Cavusoglu harinviato a venerdì l’incontro previstoieri con il ministro degli Esteri ita-liano Luigi Di Maio, ad Ankara. Lamissione giunge in un momentomolto delicato per la situazione mi-

litare in Libia, dopo che la controf-fensiva delle forze di al-Serraj ha ot-tenuto nelle ultime settimane impor-tanti conquiste contro quelle dell’uo-mo forte della Cirenaica Haftar, cheassedia la capitale libica da oltre unanno.

Lo scorso fine settimana era statacancellato all’ultimo momento per lamancanza di un’intesa di fondo unatteso summit tra i ministri degliEsteri e della Difesa di Turchia eRussia, che in Libia sostengono leparti contrapposte. Mosca infatti so-stiene la necessità di includere Haf-tar nel dialogo.

Intanto, la Tunisia ha espressooggi profonda preoccupazione perle notizie sulla scoperta di fosse co-muni nella città di Tarhuna, in Li-bia. «Questo sviluppo estremamentepericoloso della situazione dimostraancora una volta che le opzioni mili-tari possono solo complicare ulte-riormente la crisi, seminare semi didiscordia e approfondire la sofferen-za del fraterno popolo libico» hafatto sapere il ministero degli Esteritunisino in una nota precisando che«a tal fine, la Tunisia ha sottolineatol’imperativo di avviare un’indagineindipendente e trasparente su questefosse comuni». La Tunisia invitainoltre tutte le parti a rispettare ildiritto internazionale umanitario edei diritti umani e «a preservare lavita dei civili, in particolare quelladelle donne e dei bambini».

In questo contesto, la Tunisiachiede «il rispetto dell’embargo sul-

le armi in Libia» e sollecita gli sfor-zi combinati internazionali e regio-nali per raggiungere una risoluzionepolitica attraverso un dialogo pacifi-co nel quadro del processo sottol’egida delle Nazioni Unite, in con-formità con l’accordo politico, le ri-soluzioni del Consiglio di sicurezzadelle Nazioni Unite e le decisioni

della Conferenza di Berlino. Sonoundici le fosse comuni recentementescoperte nella città di Tarhuna, asud-est di Tripoli, secondo fonti delgoverno di accordo nazionale, e 160i cadaveri in esse rinvenuti. La cittàè stata strappata ad inizio giugno al-le forze del generale Haftar da partedi quelle del governo di al-Serraj.

Page 3: In cammino per la cura della casa comune › media › osservatore... · se. Nelle scorse settimane si è regi-strato un crollo della lira siriana, con conseguenze drammatiche. A

L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 19 giugno 2020 pagina 3

Forte appello ai leader Ue da parte di ventisette associazioni umanitarie

Lotta alla povertàpriorità assoluta in Europa

Nonostante il netto aumento di contagi negli Stati sud-occidentali

Trump contrario a un nuovo lockdownContrasti

sul negoziatotra Serbiae Kosovo

BELGRAD O, 18. Mentre si intensi-ficano i tentativi e le iniziativeper riallacciare i fili del dialogofra Belgrado e Pristina, le posi-zioni fra le due parti sono ancoradistanti e al momento sembradifficile la ripresa del negoziato.

Soprattutto dopo che ieri laSerbia ha respinto — definendola«inaccettabile» — una piattafor-ma negoziale del Kosovo.

La posposta di Hoti prevede,in primo luogo, il riconoscimentoserbo dell’indipendenza del Ko-sovo, che dovrà avere via liberaall’adesione a Ue e Onu. Va abo-lita al tempo stesso la risoluzione1244 delle Nazioni Unite (adotta-ta alla fine della guerra con leforze serbe nel 1999, con la qualesi decise l’invio delle truppe Na-to in Kosovo, posto sotto prote-zione internazionale, ndr), con ilriconoscimento dell’indip endenzadi Pristina da parte di Spagna,Grecia, Romania, Cipro, Slovac-chia, i cinque Paesi del’Ue chesono ancora fermi sul no.

Confermando che sarà lui aguidare il team negoziale di Pri-stina, il premier ha aggiunto chenel dialogo non si dovrà parlarein alcun modo di questioni relati-ve alla sovranità e integrità terri-toriale del Kosovo, a cominciaredalle ipotesi di revisione dellefrontiere e scambi di territori. Eogni tipo di intesa dovrà esserein linea con le leggi e la Costitu-zione del Kosovo. Immediata lareazione del presidente serbo,Aleksandar Vučić, che ha definitoinaccettabili tali punti.

E per favorire la ripresa deldialogo, il presidente francese,Emmanuel Macron, intende or-ganizzare il 17 luglio a Parigi unincontro fra le delegazioni serbae kosovara. Un incontro al verti-ce fra i leader di Belgrado e Pri-stina è già stato annunciato per il27 giugno a Washington dall’in-viato speciale Usa per il Kosovo,Richard Grenell.

BRUXELLES, 18. «Milioni di europeirischiano di precipitare nella preca-rietà e nella povertà. Non vanno la-sciati sul ciglio della strada». Allavigilia dell’atteso vertice del Consi-glio europeo di domani , ventisetteassociazioni in Europa hanno lan-ciato un forte appello alle istituzionieuropee e ai leader dell’Ue affinchérispondano con urgenza ad una si-tuazione considerata esplosiva.

In una lettera aperta, le associa-zioni — tra cui Croce Rossa italiana,Croix-Rouge française, les Restau-rants du coeur (che distribuisce pa-sti agli indigenti) e Secours populai-re — hanno chiesto ai leaderdell’Unione europea di tenere conto

dell’«estrema gravità della situazio-ne attuale, aumentando i mezzi de-dicati all’aiuto alimentare e materia-le e facendo della lotta alla povertàuna priorità assoluta».

Ai leader europei viene chiesto, inparticolare, di «rispondere a questaallerta», in un contesto in cui «87milioni di europei già vivono sottoalla soglia di povertà». «Oggi — silegge nel documento — l’Europa èalle prese con un’ondata di povertàsenza precedenti, aggravata dall’epi-demia da covid-19. Ovunque in Eu-ropa, milioni di persone hanno vistole loro risorse fortemente diminuireo scomparire Tra queste, famigliemonoparentali, lavoratori poveri,anziani, studenti, ma anche impren-ditori, ristoratori o commercianti.Anche i bambini sono le prime vitti-me di questa crisi».

E anche se permangono profondedivergenze tra i Paesi europei, l’ac-cordo sul Recovery fund — il pianodi aiuto per gli Stati più colpiti dal-la crisi economica — potrebbe essereraggiunto entro la fine di luglio. Loha indicato il commissario europeoall’Economia, Paolo Gentiloni.

«Credo che ce la faremo», ha det-to Gentiloni intervistato dall’emit-tente France 2, precisando che ilvertice di domani sarà una tappa in-termedia per avvicinare le posizioni.

«Non voglio nemmeno immaginarela possibilità di un fallimento — haaggiunto —, ma un’intesa sarà trova-ta probabilmente a luglio».

Parlando oggi al Bundestag, ilcancelliere tedesco, Angela Merkel,ha detto che in questo momento, ilRecovery fund è «uno strumentodoveroso e urgente». Solo così sipotranno garantire «convergenza,competitività e coesione nel lungoperiodo», ha aggiunto. «Non dob-biamo permettere — ha poi precisato— che la pandemia crei forti squili-bri economici e che produca una di-visione profonda in Europa».

Anche Merkel ha auspicato chel’intesa possa essere siglata primadella pausa estiva. Così i Parlamentinazionali avrebbero il tempo di rati-ficare l’intesa entro la fine dell’anno,con il Recovery fund che potrebbeentrare in vigore all’inizio del 2021.

Sull’argomento è intervenuta purela Francia. «Sarebbe un errore cer-care di riprodurre il modello dellatroika, quello del passato, con i Pae-si destinatari di fondi europei chevengono sottoposti a sorveglianza.E non è il metodo giusto», hannofatto sapere fonti dell’Eliseo. Ve n e r -dì — hanno aggiunto le stesse fontida Parigi — «metteremo giù la basedell’accordo. Serviranno ancora unoo due vertici, speriamo uno solo».

Deceduto a causa del covid-19 anche Paulinho Paiakan, noto difensore indigeno della foresta pluviale amazzonica

I Paesi latinoamericani tra quellicon il tasso di mortalità più alto

WASHINGTON, 18. «Non chiuderemo di nuovo il Paese.Non dovremo farlo». Con tono perentorio ieri il presi-dente statunitense, Donald Trump, in un’intervista aFox News Channel in cui ha pure annunciato che gliStati Uniti sono «molto vicini a un vaccino», ha lascia-to intendere la volontà di non chiudere nuovamente leattività produttive in seguito a un aumento dei nuovicasi di covid-19 in molti Stati meridionali e occidentalidel Paese.

Più di una decina di Stati hanno registrato in questiultimi giorni il maggior numero di nuovi casi Covid-19

dall'inizio della pandemia. Tra questi anche l’O klaho-ma, dove Trump, nel prossimo fine settimana, a Tulsa,darà vita a una grande manifestazione elettorale allapresenza di migliaia di persone. Durante l’intervistal’inquilino della Casa Bianca ha affermato che «durantele proteste (per l’uccisione di George Floyd, ndr) tuttierano uno sopra all’altro e nessuno ha detto niente.Mentre tutti parlano del comizio di Tulsa», rifiutandogli allarmismi sollevati dalle autorità sanitarie locali eprecisando che più di un milione di persone voglionopartecipare all’evento.

Il fratello di Floydchiede all’O nu

di aiutaregli afroamericani

GINEVRA, 18. «Avete il potere diaiutarci a ottenere giustizia». Èquanto affermato dal fratello diGeorge Floyd, Philonise, in un vi-deo messaggio molto combattivotrasmesso durante una riunionedel Consiglio delle Nazioni Uniteper i diritti umani a Ginevra. Phi-lonise ha mosso un appello alleNazioni Unite di «aiutare i neriamericani», anche considerando lapossibilità di «stabilire una com-missione d’inchiesta indipenden-te» sulla violenza della poliziaUsa e sulle violazioni dei dirittiumani contro gli afroamericani econtro i manifestanti pacifici. Nelcorso dell’incontro l’Alto Commis-sario Onu per i diritti umani, Mi-chelle Bachelet, facendo riferimen-to al caso Floyd, ha denunciato«la violenza razziale, il razzismosistemico e le pratiche discrimina-torie della polizia oggi». «Dob-biamo fare ammenda per secoli diviolenza e discriminazione, ancheattraverso scuse ufficiali, processidi verità e varie forme di ripara-zione», ha aggiunto Bachelet.

Andrew Bremberg, ambasciato-re Usa presso le Nazioni Unite aGinevra, ha sottolineato la «tra-sparenza» del suo paese nella lot-ta contro la discriminazione e l’in-giustizia razziale, citando la rifor-ma della polizia appena firmatadal presidente Trump.

Eletti i nuovi membri non permanentidel Consiglio di sicurezza dell’O nu

Accordo in Bosnia ed Erzegovinaper le elezioni a Mostar

SA R A J E V O, 18. Dopo anni di tratta-tive, i due principali partiti dellaBosnia ed Erzegovina — Sda e Hdz— hanno raggiunto ieri un impor-tante accordo sulle elezioni a Mo-star, dove dal 2008 non si vota acausa di continui contrasti fra lecomponenti etniche locali.

L’intesa prevede modifiche allostatuto del capoluogo dell’Erzego-vina, imposto nel 2004 dall’alloraRappresentante della comunità in-ternazionale Paddy Ashdown. Ver-ranno modificate anche le modalitàdel processo decisionale nel Consi-glio comunale, principale pomodella discordia negli anni passati, el’organizzazione territoriale dellacittà in sei aree cittadine.

Entro un paio di settimane, i duepartiti — guidati rispettivamente daBakir Izetbegović e Dragan Čović— presenteranno al parlamento del-la Federazione Bh il disegno di leg-

ge sulle modifiche della legge elet-torale, che permetteranno lo svolgi-mento delle elezioni. Non è certo,però, se questo potrà avvenire intempo per potere votare a Mostarin occasione delle amministrativepreviste per il 15 di novembre pros-simo, ma l’intesa è comunque undecisivo passo in avanti.

L’Ue ha accolto con favore l’ac-cordo. «Attendiamo con impazien-za la rapida adozione degli emen-damenti da parte del Parlamentodella Bosnia ed Erzegovina ed esor-tiamo la maggioranza al Governo agarantire che siano soddisfatte tuttele condizioni necessarie affinché leelezioni si svolgano in tutto il Pae-se». Lo svolgimento di regolari ele-zioni comunali a Mostar è tra le 14priorità chiave delle raccomanda-zioni della Commissione europeaper l’adesione all’Ue della Bosniaed Erzegovina.

La Corea del Nord rifiutail dialogo con Seoul

Il leader indigeno Paulinho Paiakan (Afp)

BRASÍLIA, 18. Molti Paesi dell’Ameri-ca Latina sono, a livello globale, traquelli con il maggior numero di de-cessi ogni centomila abitanti. In par-ticolare l’Ecuador, il Brasile e ilMessico, guidano insieme al Canadae agli Stati Uniti questa triste gra-duatoria. L’intera regione latinoame-ricana, con una media di quasi50.000 nuovi casi e oltre duemila de-cessi ogni 24 ore, sta procedendo aritmo serrato verso i due milioni dicontagi. Relativamente poi alle mor-ti l’America Latina ha superato gli86.000 decessi e, stando a quantoprevisto dagli esperti, potrebbe arri-vare a quota centomila nel giro dipochissimi giorni.

Nella regione il Brasile continua arecitare il ruolo di protagonista prin-cipale. Il ministero della Salute diBrasília ha reso noto che i contagiaticontinuano a crescere e al momento,con 32.188 nuovi casi nelle ultime 24ore, sono arrivati a 955.377 unità. Idecessi sono arrivati a 46.510, con1.269 registrate nell’ultimo bollettinoquotidiano.

Paulinho Paiakan, uno dei più no-ti difensori indigeni della forestapluviale amazzonica, ricoveratodall’8 giugno in un ospedale nellostato del Pará meridionale per com-plicazioni legate al covid-19, è mortodue giorni fa all’età di 65 anni. Ne-gli anni ’80 divenne un volto cono-sciuto nel mondo per il suo impe-

gno nella lotta contro il progettoidroelettrico del Brasile Belo Monte,la terza diga più grande del mondo.Secondo l’Apib, l’Associazione dellepopolazioni indigene del Brasile,Paiakan è tra i 287 indigeni morti etra i 5.500 circa finora risultati posi-tivi al virus nel Paese.

Con 240.908 casi confermati, ilPerú ha superato l’Italia nei contagida coronavirus, diventando il setti-mo Paese al mondo per numero dipositivi. Le autorità di Lima hannoesteso fino al 30 giugno le misure dilockdown, mentre il numero giorna-liero di nuovi casi, circa 3.700, sem-bra in calo rispetto ai picchi di finemaggio. Il numero di vittime regi-strato nel Paese sudamericano è at-tualmente di 7.257 decessi.

Intanto ieri il presidente dell’Hon-duras, Juan Orlando Hernández, èstato ricoverato in un ospedale mili-tare a Tegucigalpa dopo aver annun-ciato che lui e sua moglie erano ri-sultati positivi al nuovo coronavirus.«Durante il fine settimana ho inizia-to a provare dolore e oggi mi è statadiagnosticata la malattia di covid-19», ha detto il presidente ai giorna-listi, mentre sua moglie al momentorisulta essere asintomatica. Proprioieri il Paese, secondo la Johns Hop-kins University, ha oltrepassato iltetto dei diecimila contagi, con unnumero complessivo di 336 decessiper cause riconducibili al covid-19.

PY O N G YA N G , 18. S e m p re più tesi irapporti tra Corea del Nord e Co-rea del Sud, dopo la distruzione daparte di Pyongyang dell’ufficio dicollegamento con Seoul e l’ammas-samento di truppe all’interno dellazona smilitarizzata alla frontiera.

In un dispaccio, l’agenzia distampa del regime nordcoreano Kc-na ha evidenziato il nuovo passo diKim Yo-jong, la sorella del leaderKim Jong-un, potente figura dellanomenclatura di Pyongyang dopo ilsupremo comandante.

Kim Yo-jong ha infatti respintol’offerta di Seoul di mandare alNord inviati speciali dopo la distru-zione dell’ufficio di collegamento —da sempre simbolo della coopera-zione bilaterale — e ha criticato laproposta di dialogo del presidentesudcoreano, Moon Jae-in. «Parolespudorate e impudenti, piene di in-coerenza», le ha liquidate.

Anche se il Governo di Seoul hasempre detto di volere mantenere lastabilità al 38° parallelo, i militarisudcoreani hanno messo in guardiala Corea del Nord nel caso pro-muova ulteriori provocazioni.

E a rincarare la dose ci ha pensa-to oggi il quotidiano «Rodong Sin-mun», organo ufficiale del partitoal potere in Corea del Nord. Citatodalla agenzia di stampa sudcoreanaYonhap, il giornale ha scritto che«la demolizione dell’ufficio di colle-gamento intercoreano è solo l’ini-zio». «E il prossimo passo — si leg-ge ancora sul quotidiano nordcorea-no — potrebbe andare ben oltrel’immaginabile». In pochi giorni,quindi, i faticosi punti di distensio-ne maturati nei vertici tra Kim eMoon, partiti dalla spinta delleOlimpiadi invernali di Pyeon-gchang (2018), si sono dissolti.

NEW YORK, 18. India, Messico, Ir-landa e Norvegia sono i nuovimembri non permanenti del Consi-glio di sicurezza delle Nazioni Uni-te per il biennio 2021-2022. Vittoriaschiacciante per Messico e India,ma resta ancora un posto vacante.Kenya e Gibuti erano in lizza per ilseggio africano, ma nessuno deidue ha ottenuto le preferenze ne-cessarie. Oggi si contenderannol’ultima sedia rimasta libera al Con-siglio.

L’Assemblea generale ha votato amaggioranza dei due terzi i nuovieletti, che dal primo gennaio su-bentreranno a Belgio, Germania,Indonesia, Sud Africa e RepubblicaDominicana. Norvegia e Irlandahanno battuto il Canada in corsaper conquistare i due seggi nelgruppo Europa Occidentale. IlMessico era il candidato dell’Ameri-ca Latina e Caraibi, mentre l’India

dell’Asia-Pacifico. L’organo delleNazioni Unite incaricato di mante-nere la pace, è composto da cinquemembri permanenti con diritto diveto — Stati Uniti, Russia, Cina,Francia e Regno Unito — e da diecinon permanenti, cinque dei qualieletti ogni anno con un mandato di2 anni. L’elezione segue il principiodi rotazione geografica in modo dagarantirne un’equa rappresentanza.

Infine, il diplomatico turco Vol-kan Bozkir è il presidente eletto perla 75ª sessione dell’Assemblea gene-rale Onu. Bozkir era l’unico candi-dato del gruppo Europa Occidenta-le e altri Stati, che quest’anno dete-neva la presidenza a rotazione. Su-bentrerà il prossimo settembre aTijjani Muhammad-Bande della Ni-geria. Ieri — seguendo norme rigidea causa del covid-19 — si sono tenu-te anche le elezioni dei membri delConsiglio economico e sociale.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 venerdì 19 giugno 2020

di SI LV I A GUSMANO

«Q ual è l’immaginetipica della donnain una città? Cosasalta subito agliocchi di chi cam-

mina frettolosamente per andare allavoro o di chi attende ancora asson-nato il semaforo verde? Che donnesono quelle che affollano la metro egli autobus di prima mattina e dovevanno? Un sano esercizio per supe-rare la propria smania di protagoni-smo o staccarsi dai problemi che ciamareggiano è guardare gli altri ecercare di vedere oltre l’a p p a re n z a » .

Si è fatto quasi profetico in questotempo di pandemia l’invito concretoche Caterina Ciriello rivolge al letto-re in Essere donna nella città attuale(Padova, Edizioni Messaggero, 2020,pagine 120, euro 12), nuovo volumedella fortunata collana Percorsi diteologia urbana, diretta da ArmandoMatteo. «Sarebbe utile osservare ledonne — prosegue Ciriello — i lorovolti, il loro corpi, “il potere simboli-

gio e molti coloro che tentano disvilirlo, trasformando le donne incorpi privi di anima e intelligenza».

Nella sua riflessione sulla presenzafemminile nel contesto urbano attua-le Ciriello inizia giustamente da lon-tano, o meglio dall’origine. Docentedi teologia spirituale presso la Ponti-

della creazione, gli stessi cristianihanno dimenticato ciò che Dio havoluto? Perché nella società enell’ambiente ecclesiale la donna viveuna grave sottomissione psicologica emateriale? Chi e cosa ha permessouna reinterpretazione indebitamentemaschilista della Parola? Se violenzesessuali, femminicidi e spose bambi-ne sono la triste realtà, quel che Ci-riello invita a fare non è solo di riflet-tere partendo da un’analisi della real-tà ma di farlo appoggiandosi al ma-gistero pontificio. E, in particolare,alla Evangelii gaudium in cui PapaFrancesco riconosce «l’insostituibilecontributo di unicità che la specificitàfemminile apporta al genere umano».

In linea con lo spirito della colla-na ideata e diretta da Matteo, ancheil libro in esame intende dunque ri-pensare l’annuncio del cristianesimonelle città a partire dalle provocazio-ni dell’Evangelii gaudium, avanzandoproposte concrete per metterla inpratica. Rispondendo così alla chiarae limpida indicazione di Papa Fran-cesco secondo cui «è necessario arri-vare là dove si formano i nuovi rac-conti e paradigmi, raggiungere conla Parola di Gesù i nuclei più pro-

fondi dell’anima delle città». E chequella che stiamo vivendo sia, piùche un’epoca di cambiamento, unvero e proprio cambiamento d’ep o cadiventa di un’attualità sconcertantealla luce di ciò che da mesi il mondointero sta vivendo.

Nessun dubbio, dunque, su comela città contemporanea sia lo scena-rio privilegiato per l’annuncio delVangelo. Una città segnata da miso-ginia, violenze sessuali, mercificazio-ne del corpo femminile, soprusi eprevaricazioni innanzitutto tra le pa-reti domestiche. Dove infatti secon-do Francesco — come ricorda Ciriel-lo — la donna rientra nella categoriache il Papa definisce i «non cittadi-ni», i «cittadini a metà» o gli «avan-zi urbani».

Come è tristemente noto, e comeCiriello riflette in un percorso che èinsieme teologico, storico e biografi-co, la posizione della donna nellacittà attuale non è facile, come nonlo è stato in passato. Ma se è veroche i passi avanti compiuti a livellosociale non sono stati una marciavittoriosa e se, quindi, molto restaancora da fare, l’autrice rende peròmerito alla Chiesa di ciò che è statocomunque raggiunto.

Il punto di svolta è stato il conci-lio Vaticano II, suffragato poi dalpontificato di Giovanni Paolo II cheha rimesso la questione femminile alcentro della scena, in chiave antro-pologica, sociologica e teologica. Unpercorso proseguito con BenedettoXVI e quindi con Papa Bergoglio,che l’ha ancora più radicato nell’at-tualità del mondo e della Chiesa (seè l’icona della Vergine «quella cheaiuta a crescere la Chiesa», ne derivache «non si può capire una Chiesasenza donne»).

Per uscire da quello che ancoranon va, Caterina Ciriello auspica —inserendosi nel solco di una tradizio-

ne ricca e nutrita — una nuova al-leanza. Edificabile solo — r i c o rd agiustamente l’autrice — attraversonuovi percorsi di istruzione e forma-zione. In famiglia, nella scuola, neiseminari.

In un discorso che riguarda sia lasocietà che la Chiesa, è soprattutto aquest’ultima che Ciriello si rivolge.

ne» per riscoprire una Parola vera,giusta e sacra.

Anche perché «non può vivere se-condo natura e secondo il Vangelo —chiosa Ciriello — una società dove ledonne sono considerate “scarti”,merce da usare e gettare. E PapaFrancesco lo ha sempre detto sindall’inizio del suo pontificato: no al-

Cittadine a metà«Essere donna nella città attuale» di Caterina Ciriello

rata 1997, p. 323). Un paradosso anche que-sto? Forse, ma sempre con GKC potremmoconcludere che di paradossi è fatta la vita.

Se al «libertario» Chesterton il moralismodispiace, nemmeno l’immoralismo è rispar-miato nelle pagine di E re t i c i : lo «spirito ne-gativo» muove anch’esso dalla sola «certezzadel male», anche se talvolta qualcuno degliimmoralisti riesce a far propria — come è nelcaso del magnifico Oscar Wilde — una filo-sofia al tempo stesso «potente e desolata».Ma il vizio di fondo di coloro che predicanoil «superuomo» al di là di bene e male —come G.B. Shaw o Nietzsche stesso — han-no dimenticato «la prima legge del coraggiopratico. Trovarsi nel campo più debole signi-fica trovarsi alla scuola più forte»: l’imp era-tivo nietzscheano “siate duri” non è che unornamento retorico per dire “siate morti”(poiché «la sensibilità è la definizione dellavita»).

Dialogo a distanza tra Giulio Giorello e il «funambolo del paradosso» G.K. Chesterton

Nicea e i venditori di salsicce

«Che donne sono quelle che affollanola metro e gli autobus di prima mattina e dove vanno?»si chiede e chiede al lettore l’autrice«Un sano esercizio per superare la smania di protagonismoo staccarsi dai problemi che ci amareggianoè guardare gli altri e cercare di vedere oltre l’a p p a re n z a »

Giuliano Vangi«Lucia» (2008, particolare»)

Edward Hopper, «Intermission» (1963, particolare)

Giulio Giorello

Pubblichiamo la postfazione a «Eretici» (Piem-me, 1998) di G.K. Chesterton firmata dal filo-sofo e matematico milanese scomparso il 15 giu-gno scorso.

di GIULIO GIORELLO

«I l peccato non è che le mac-chine siano meccaniche, mache gli uomini siano mecca-nici». «La virtù della spe-ranza esiste solo nel terre-

moto e nell’eclisse». «Se non ci aspettassimol’inaspettato, perché mai muoverci?». «C’èpiù semplicità nell’uomo che mangia cavialed’impulso che nell’uomo che mangia uvettaper principio». «Qualunque aristocrazia siamai esistita, si è comportata esattamente co-me una piccola marmaglia»...

L’elenco di battute che, staccate dal conte-sto, sarebbero degli straordinari aforismi,potrebbe continuare a lungo. Ma ce n’è unoche non solo trovo ancor più straordinariodegli altri ma anche fornisce, a mio avviso,la chiave (una delle chiavi?) dell’intero E re t i -ci: «Togliete il Credo di Nicea, e farete unqualche strano torto ai venditori di salsicce».Niente, ci insegna Gilbert Keith Chesterton(GKC), è più concreto di un’idea, purché sisappia vivere con essa e, se è il caso, per es-sa morire. L’esperienza della (umana) fini-tezza per il creatore di padre Brown è radi-cale; ma altrettanto radicale è la sua tensioneverso l’infinito. «L’uomo non può amare lecose mortali», ci dice. L’uomo «può soloamare cose immortali», anche se «per unistante» — ed è in questo modo che si coniu-gano insieme il Credo di Nicea e le salsicce.

Oppure, Beer and Bible — birra e Bibbia:il «connubio», scandaloso per il moralista«puritano» di «oggi» (1905, o anche più dinovant’anni dopo), non lo era per i Puritani(veri) del New Model Army che resero pos-sibile il primo (e finora unico) esperimentorepubblicano in Inghilterra — e che dopoogni vittoria sapevano celebrare le dispensa-zioni del Signore a pinte di birra nelle piùvicine taverne. Dopotutto, per GKC l’unicomodo «veramente pericoloso e immorale» dibere alcol è quello di assumerlo come medi-cina. L’unica libagione veramente «riprove-vole» è quella «terapeutica», quella di chibeve perché non è felice. Non diversamentedall’alcol del cattivo bevitore, anche il mora-lismo «esclude l’universo, non lo rivela».Ovvero, «il moderno studioso dell’etica, an-che se rimane sano, rimane sano per un’insa-na paura dell’insanità». Credo che a Che-sterton non sarebbe dispiaciuto il Lutero in-

cline ai piaceri della carne perché troppo de-sideroso della Grazia per affidarsi a unaasettica «virtù»; certo, non nasconde la suaammirazione per Oliver Cromwell che«sbraita» mentre dialoga con il suo Dio e siscontra con i suoi uomini; e ama il JohnMilton che nel Paradiso perduto aveva saputocantare il potere e la gloria del Signore e chenell’Are o p a g i t i c a aveva consigliato di «tollera-re molti, ma non tutti» — tra gli esclusi queicattolici (romani) cui Chesterton doveva av-vicinarsi con sempre maggior naturalezza.Del resto, Chesterton questo fece «non a di-spetto del suo essere libertario, ma proprioperché lo era» (come nota David Friedman,L’ingranaggio della libertà, Liberilibri, Mace-

Di nuovo, ecco delle questioni pratiche —che investono cioè, nella quotidiana concre-tezza, la vita di noi tutti, letterati o baristi,professori di filosofia o venditori di salsicce.Le pagine che Chesterton dedica a RudyardKipling sono, da questo punto di vista,esemplari. Non solo per l’anticonformismodi chi osa criticare un profeta, sempre piùufficiale, insieme della «etica moderna» edella potenza inglese; ma soprattutto perchéChesterton ne svela l’intrinseca debolezza:anche Kipling non comprende che «è la for-za dell’uomo sdegnare la forza». E il suo«nazionalismo» suona falso, come la sua eti-ca: Kipling non ama l’Inghilterra, bensìl’Impero britannico. Gli piace non il corag-gio del patriota in armi per la propria casa ola propria donna (in quel caso Rudyardavrebbe dovuto prendere le parti dei boeri odegli irlandesi), ma la disciplina dell’e s e rc i -to. Non diversamente dal «puritano» delprimo Novecento o dal «superuomo» chepretende di avanzare in letizia dopo aver an-nunciato la morte di Dio, anche l’imp eriali-sta è uomo della organizzazione. La ama ela serve. E uomini dell’organizzazione mi-nacciano di diventare gli esperti scientifici,che «scrivono verità con la V maiuscola» eintendono efficacia, si vantano di quante fe-di «immaginano di aver distrutto» e «stannoincominciando a diventare consapevoli dellaloro stessa forza, vale a dire, stanno diven-tando deboli». Là dove i corpi (e le menti)degli esseri umani sono direttamente coin-volti, Chesterton scopre il volto di un nuovoma non meno feroce imperialismo, quelloche noi oggi (1998) chiameremmo Stato me-dico, che pretende di decidere per noi cosasi debba fare per la nostra salute. A questopunto capiamo bene (sulla nostra pelle, percosì dire) perché stessero tanto a cuore aGKC il buon vino e la buona birra!

Così, l’epoca della più ampia libertà «dipensiero» è anche quella dei quotidiani easfissianti proibizionismi. La «moderna teo-ria etica» si coniuga con la dittatura degli«esperti» — dalla scienza alla democrazia —e «l’esperto è più aristocratico dell’aristo cra-tico» (ovvero, nel lessico di Chesterton, an-cor più «marmaglia» della marmaglia). Sialecito aggiungere che tutto ciò vale anche (oforse, soprattutto) per la democrazia di cui

andiamo così fieri in questo scorcio di fineMillennio — così invasa dai democratici diprofessione, non così diversi, in ultima anali-si, dai rivoluzionari di professione di cuiGKC si beffa nei suoi romanzi e racconti. Inun memorabile capitolo di Eretici Chestertonmostra come «l’umanitarismo moderno» sia«il vero atteggiamento antidemocratico econtrario alla fratellanza». Sta a noi, che vi-viamo in «democrazie» che si vantano diaver sconfitto i due grandi totalitarismi delsecolo, scoprire quegli elementi di totalitari-smo che si annidano nelle pieghe della stes-sa democrazia. E re t i c i ci dà un buono spun-to: al contrario di quel che sostiene la retori-ca dei moralisti, «la democrazia non è fon-data sulla pietà per l’uomo comune» ma«sulla riverenza per l’uomo comune» addi-rittura «sulla paura nei suoi confronti». Ilmiglior modo per guardare alla democraziaè — anche qui — l’esperienza della finitezza:la prova di un genuino sentimento democra-tico è, infatti, «la prontezza con cui terremo

in conto la mera appartenenza all’umanità inqualunque circostanza estrema legata allamorte». Forse, solo così abbiamo qualchepossibilità di realizzare la democrazia noncome «una nazione tutta di servi» bensì«tutta di re».

«La cosa più alta non tende soltanto aunire, la cosa più alta tende anche a diffe-renziare». Heretics (pubblicato originaria-mente nel 1905, da John Lane) non tratta —come constata immediatamente il lettore —di antichi eresiarchi e di più o meno moder-ne eresie nel senso stretto della storia del cri-stianesimo e della Chiesa. Il fatto è che pertutti i grandi eresiarchi, scismatici o settaril’eretico era sempre l’altro, l’establishmentcontro cui ci si ribellava o i nuovi ribelli chenon accettavano le regole di chi già si era ri-bellato. Gli «eretici» di Chesterton sono in-vece i profeti e insieme i frutti di un «vagorelativismo» — coloro che sono alla ricerca di«un mondo dove non ci siano limiti» o me-glio «dove non ci sia alcun contorno». GKCli attacca senza alcuna «pietà»: della loropretesa «infinitezza» «non c’è nulla di piùmeschino». Essi «dicono che vogliono essereforti come l’universo, ma ciò che voglionoveramente è che tutto l’universo sia debole».

E per questo che ritengo siano particolar-mente apprezzabili le pagine di E re t i c i in di-fesa del «dogma» (e non c’è nemmeno biso-gno di citare Thomas Kuhn o Icore Lakatosper ricordare che, nello stesso campo scienti-fico, nessuna teoria si formerebbe, nessunaricerca decollerebbe senza un po’ di «dog-matismo»).

Lo dico da «relativista» non pentito — chetuttavia ha sempre pensato che il relativismonon sia un comodo punto d’approdo, mal’inquietante situazione di partenza in cuitutte le «ortodossie» (comprese quelle piùdetestabilmente «eretiche» per me) hannodiritto ai loro pubblici difensori; non riducalo scontro delle idee a garbata «conversazio-ne», ma sia capace davvero — per dirla conFeyerabend (o con Protagora) — di far di-ventare forte chi è debole (mostrando insie-me la debolezza dei forti); non concluda conil dogma che i dogmi non esistono e che è«sconveniente» non rassegnarsi alla debolez-za del pensiero (insomma, si può essere rela-tivisti circa lo stesso relativismo? Non spa-ventatevi, si può). Di questo relativismo l’or-todossia di cui Chesterton traccia le lodi nel-le prime pagine di questo volume è la mi-gliore alleata. E attenti alla profezia diGKC: verranno tempi in cui sarà necessariomettere a rischio anche la vita semplicemen-te per continuare a proclamare liberamenteche due più due fa quattro.

Niente è più concreto di un’ideaL’esperienza della umana finitezzaper il creatore di padre Brownè radicaleMa altrettanto radicaleè la sua tensione verso l’infinito

co” che ne traspare. Il corpo delledonne parla, ma i mass media nestravolgono il linguaggio trasfor-mando ciò che è buono e naturale,ciò che è sensibile, materno, corag-gioso (…) in cibo per gli appetitisessuali di maschi giovani e adulti.Sono ormai pochi quelli che riesco-no a leggere questo potente linguag-

ficia Università Urbaniana a Roma eautrice di numerose ricerche sullastoria della Chiesa e sulla storia del-le donne, l’autrice parte infatti dalracconto della creazione, perché è dalì «che nascono tutte le relazioni».

Ma perché se Dio ha creato l’uo -mo e la donna con uguale dignità,affinché insieme si prendessero cura

Il punto di svolta è stato il concilio Vaticano II

suffragato poi dal pontificato di Giovanni Paolo II

e dal percorso proseguito con Benedetto XVI

Papa Bergoglio infine l’ha ancora più radicatonell’attualità del mondo e della Chiesa

In risposta alla donna «che, aggrap-pata a un ramo, cerca di sfuggire al-la corrente per non finire nel nulladell’indifferenza», occorre superareperduranti «luoghi comuni e offensi-vi», interpretazioni bibliche «misogi-

le donne schiavizzate, sfruttate, pri-vate della loro dignità. E non puòche “s o p r a v v i v e re ” una chiesa doveprevale il maschilismo, il clericalismo,e l’idea che la donna sia stata creataper “servire e riverire” l’uomo».

IL CRISTIANO E LA CITTÀ

«Paolo non guarda la città di Atene e il mondo pagano con ostilità ma con gli occhi della fede. E questo ci fa interrogare sul nostro modo di guardare le nostre città:le osserviamo con indifferenza? Con disprezzo? Oppure con la fede che riconosce i figli di Dio in mezzo alle folle anonime?»

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L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 19 giugno 2020 pagina 5

A colloquio con il fotoreporter Manoocher Deghati

Tra le macerie della guerra la gente mi diceva:«Fotografa! i tuoi occhi sono la nostra voce»

Oltre il muroOpere d’arte esposte nel carcere di Sollicciano come via di recupero e reinserimento dei detenuti

L’incendio di un pozzo di petrolio durante la guerra tra Iran e Iraq (1983, © Manoocher Deghati)

«Ho visto»: una vita come un romanzo

ra c c o n t oLA PAROLA DELL’ANNO

«Desidero dedicare il Messaggio di quest’anno al tema della narrazioneperché credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone:storie che edifichino, non che distruggano;storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme»

(Papa Francesco per la giornata delle comunicazioni sociali 2020)

di PIERO DI DOMENICANTONIO

L’azzurro del cielo, ilverde dei vigneti, ilbianco della calce suitrulli. Oggi sono i co-lori della Valle d’Itria

a riempire gli occhi di ManoocherDeghati. Colori molto diversi daquelli che ha impresso sulla pellicolae scolpito nella sua memoria in piùdi quarant’anni di lavoro come foto-reporter per le più importanti agen-zie giornalistiche internazionali: ilrosso del sangue degli innocenti, ilgrigio scuro del fumo dei pozzi dipetrolio incendiati nel deserto, il ne-ro del buio della prigione delle don-ne condannate a morte.

Vincitore di due Word Press Pho-to, l’oscar del fotogiornalismo, De-

Deghati ha letto il messaggio di PapaFrancesco per la giornata delle comuni-cazioni sociali di quest’anno? Parla delbisogno di narrare, quindi parla anchedi lei.

Sì, il messaggio del Papa coincidebene con la mia vita. Raccontarestorie è la mia passione come foto-

esiste da 150 anni, ma da sempre, co-me dice il Papa, l’uomo vive di nar-razioni. All’inizio ci si ritrovava in-torno a un fuoco. Poi si è iniziato aincidere graffiti sulle pareti dellegrotte. Adesso abbiamo a disposizio-ne mezzi che ci permettono di con-dividere le nostre immagini con mi-

anche se dobbiamo raccontare storieorribili. Non ha senso raccontare so-lo storie buone. Ma quando raccontistorie cattive lo devi fare per denun-ciare la cattiveria.

Questa “passione” l’ha portata a ri-schiare la vita, come è avvenuto il 26settembre 1996 a Ramallah quando,durante gli scontri tra palestinesi e mi-litari israeliani, lei venne colpito grave-mente da un cecchino.

Se fai il fotografo, per raccontareuna storia devi essere nel cuoredell’azione. E questo ha il suo prez-zo da pagare.

Come si racconta una storia con unaf o t o g ra f i a ?

Prima di tutto devi interessarti aquello che vuoi raccontare. Devi co-noscere. Devi sapere perché vuoiraccontarla. Questa è la cosa più im-portante. Poi, puoi scegliere se farlocon una sola immagine oppure conuna serie. Per il «National Geogra-phic» mi è capitato di spendere dueanni per due reportage in Turchia.Ho lavorato sul posto anche per piùdi un mese di fila per entrare nellarealtà di quel Paese. Alla fine hoscattato quasi mille rullini — allora sicontavano le pellicole! — e trenta fo-tografie sono state pubblicate. Per laFrance Presse o per l’Asso ciatedPress facevo foto di cronaca. Le mieenergie erano perciò tutte dirette nelriuscire a scattare “la” foto, quellacapace di contenere tutte le informa-zioni, tutti gli elementi necessari afar comprendere anche agli altriquello che stava accadendo davantiai miei occhi. E per far passare unmessaggio.

E qual è il suo messaggio?

Quando mi sono trovato in zonedi guerra ho sempre sentito che ilmio compito era quello di denuncia-re l’orrore della guerra. Perché ioodio le guerre. Sentivo che questoera il mio dovere. E la fotografia èlo strumento più efficace per far pas-sare questo messaggio. È un lin-guaggio universale che tutti possonocapire. Non c’è bisogno di strumenticulturali particolari per comprendereun’immagine. Questa è la forza dellafotografia.

Qual è il suo rapporto con le personeche fotografa?

La relazione con gli altri è moltoimportante. Non è che vai in un po-sto, alzi la fotocamera e fai click.

Non funziona così. Devi sempre farcapire quali sono le tue intenzioni.Se vuoi raccontare la loro storia inmodo onesto vedrai che ti aprirannoogni porta. Molte volte, soprattuttonelle zone di guerra, mi è capitato disentirmi dire: «Vai, fotografa! Fai ve-dere al mondo come stiamo soffren-do. Il tuo occhio è la nostra voce».E quando succede questo vuol direche sei riuscito a fare qualcosa di ve-ramente positivo.

Un fotografo di guerra può raccontarestorie buone?

Sì, anche se deve raccontare il ma-le. Perché quando fotografa è comese dicesse: «Questo è il male chenon deve esistere». Se non ne fossistato convinto non avrei fatto questomestiere. Credo, e ho sempre credu-to, che fotografare, raccontare storie,debba avere un ritorno positivo sullasocietà, debba suscitare il cambia-mento.

Alcune sue foto hanno raggiunto questoobiettivo.

Qualche cosa si è mosso a livellointernazionale quando su alcunigiornali sono comparse delle foto-grafie che mostravano le atrocità

sip pagano anche centomila euro. Isoldi ci sono, ma non per la verità.

Anche gli smartphone e i social mediahanno influito?

In tutto il mondo ho insegnatofotografia: dal Guatemala all’Afgha-nistan, dove ho fondato la primascuola di fotogiornalismo aperta an-che alle donne. Ho sempre pensatoinfatti che una storia possa essereraccontata meglio da chi la vivepiuttosto che da noi, inviati, che abi-tiamo a New York o a Parigi e an-diamo lì per una settimana. Oggi lecose stanno cambiando velocemente.La diffusione degli smartphone fa sìche dall’Amazzonia fino alle grandicapitali europee ci sia sempre qual-cuno pronto a scattare una fotogra-fia. Quando ho cominciato a lavora-re, in tutto il mondo eravamo forseun centinaio di fotogiornalisti. Ades-so abbiamo miliardi di fotografi. Èincredibile. Non è più possibile na-scondere qualcosa. Siamo tutti testi-moni. E nel momento in cui condi-vidiamo quelle immagini non siamotestimoni silenziosi. L’esempio piùrecente è l’uccisione di GeorgeFloyd a Minneapolis. Le immaginidella sua morte non sono state fatte

ghati ha iniziato la sua carriera du-rante la rivoluzione khomeinista inIran, il Paese dove è nato 65 anni fa.Esule, è poi diventato cittadino delmondo per professione raccontandocon le immagini le principali crisidegli ultimi decenni. Oggi vive inun grappolo di vecchi trulli tra Barie Taranto che ha ristrutturato mesco-lando la cordialità e i profumi dellacampagna pugliese con la gentilezzae gli aromi della sua terra d’origine.«Qui mi sento a casa», raccontamentre offre agli ospiti una tazza ditè nero e zenzero e mostra la serie dirosari — «non tutti sono cristiani»spiega, indicandoli accanto alla por-ta del studio — che ha raccolto du-rante i suoi innumerevoli viaggi:dall’Afghanistan all’Egitto, dal Cen-troamerica a Sarajevo, dall’Iraq allaPalestina... come indicano le targhet-te attaccate sulle grandi scatole diplastica che custodiscono l’a rc h i v i odei negativi e delle diapositive.

giornalista. Storie belle, ma anchestorie tristi. In ogni caso storie vere,come lo sono le rivoluzioni, le guer-re, i disastri naturali. La fotografia

lioni, miliardi di persone. Abbiamouna grande opportunità e dobbiamosaperla usare per suscitare la speran-za, per incoraggiare reazioni positive

L’avventurosa vita di Manoocher Deghati,fotoreporter di guerra sui fronti di tutto ilmondo, non può essere rinchiusa in unafredda biografia. La moglie Ursula Janssen,archeologa e scrittrice, ha deciso perciò diraccontarla per quello che è: un romanzo nelquale le vicende personali si intrecciano conla storia di questi ultimi decenni. Ho visto èil titolo del libro disponibile su Amazonnella versione cartacea (11,99 euro) e ine-book (5,99 euro). Duecentoquarantanovepagine e 58 fotografie che parlano dellapassione del raccontare per immagini.

compiute da regimi autoritari. Aquel punto nessuno poteva più diredi non sapere.

Come sta cambiando la sua professio-ne?

I giornalisti, soprattutto i foto-giornalisti fanno paura al potere.Delle volte ci sparano. Altre volte ciarrestano. Ma il modo migliore perfermarci è stato quello di tagliare ifondi per l’informazione: senza soldinon puoi viaggiare, non puoi andarea vedere. È cominciato tutto più diventi anni fa, con una decisione edi-toriale presa a livello mondiale. Cosìoggi capita che un giovane che peresempio è stato in Siria rischiando lavita torni con delle fotografie incre-dibili che nessuno però vuole pub-blicare. «Non abbiamo fondi», dico-no. E poi ti accorgi che per un gos-

da un professionista. Eppure hannoavuto un effetto incredibile a livelloplanetario, mobilitando milioni dipersone contro il razzismo. Questo èun buon esempio di come le imma-gini possono cambiare il mondo. Eora questo potere è nelle tasche ditutti.

Questa è la potenza delle immagini.

Anche la fotografia del Papa dasolo in piazza San Pietro che pregaper chiedere la liberazione del mon-do dalla pandemia è di una potenzastraordinaria. Perché non èun’immagine costruita, ma è la veri-tà. In quella piazza fino a pochigiorni prima gremita di fedeli, il Pa-pa ha voluto dire con forza “io sonoqui. Anche se voi non potete venire,sono io con voi”. Questo è il mes-saggio.

Un fotografo di strada a Kabul (2002, © Manoocher Deghati)

Gerusalemme (1996, © Manoocher Deghati)

di DAV I D E DIONISI

Se i detenuti non possono andare al museo,è il museo ad andare da loro. L’idea è ve-nuta a Sergio Risaliti, direttore del Museo

Novecento di Firenze che ha deciso di portareall’interno della casa circondariale di Solliccia-no alcuni dei “suoi” pezzi cercando di sfumarele barriere tra il carcere e la realtà che aspettafuori i suoi ospiti.

«Perché vedere le opere dal vero è sempreun’esperienza emozionante, è diverso che veder-le nei libri», spiega. «I musei hanno un compi-to fondamentale, quello di sensibilizzare ededucare il pubblico, di sviluppare la creatività.Inizialmente abbiamo pensato di avvicinare ibambini e gli adulti andando a casa loro. Ma cisiamo spinti oltre: ci siamo recati da coloro chenon possono venire da noi, dalle persone chevivono la dura prova del carcere».

Il Museo è dedicato all’arte italiana del XX eXXI secolo e propone, oltre a una collezionepermanente, mostre e cicli espositivi, installa-zioni e progetti speciali. La sede espositiva èl’antico spedale delle leopoldine di piazza San-ta Maria Novella. «Qui l’esposizione classica,ma poi c’è Outdoor — continua Risaliti — p ro -getto ormai diventato parte di Educare alla bel-lezza, un piano allestito per conoscere i museifiorentini già avviato dalla scuola Cpia1 (CentroProvinciale per l’istruzione degli adulti) e che

vede partecipare i detenuti e le detenute iscrittie frequentanti i corsi scolastici presenti all’inter-no del penitenziario».

Insomma l’arte esce dal museo e va incontroal pubblico, ma non a un pubblico qualsiasi,ma a chi è stato allontanato dalle pratiche cul-turali e siccome l’accesso alla cultura è parte in-tegrante del percorso di esecuzione della pena,la proposta di portare pezzi esemplari al di làdel muro, è esemplare. «Alla direzione di Sol-licciano l’iniziativa è piaciuta molto — continuaRisaliti — anche se ci siamo resi conto fin dasubito che trasferire, seppur temporaneamente,opere d’arte di un certo valore dentro un carce-re non sarebbe stata cosa facile. Ci siamo avval-si del supporto di uno staff sia per la fase ditrasporto e allestimento, sia per il momento piùdelicato: quello della presentazione. I nostriesperti hanno spiegato cosa significa restaurareun’opera, quali sono i problemi nel riportareall’origine un dipinto. Non solo. Sono riusciti afar indossare a ciascuno un paio di occhiali spe-ciali durante l’illustrazione delle tele per spiega-re nei dettagli come è fatto un quadro, quali so-no i colori impiegati, il tipo di pennellata e iltocco dell’artista. Una sorta di performance tradidattica, teatro e mediazione culturale che haavuto un obiettivo fondamentale, quello di farconoscere anche la materialità dell’op era».

L’arte come strumento per il recupero e ilreinserimento dei detenuti, una sinergia di pas-

sione e di speranza che ha rivelato, attraversoreazioni del tutto inedite, un saggio di variaumanità anche se vista attraverso il filtro di unacancellata. «A dire il vero l’emozione più gran-de è stata la nostra, perché abbiamo avvertitoimmediatamente il superamento di una soglia.Un duro colpo» confessa Risaliti. «E poi l’im-patto con loro. Cento, 150 detenuti, tutti insie-me. All’inizio un po’ di clamore, poi è calatoun silenzio surreale al momento della scopertadell’opera. Hanno avuto l’opportunità di avvici-narsi, quasi di toccare con mano, di formularedomande di ogni genere, basandosi sui colori osulla luce, sul contenuto che spesso rifletteva laparabola della loro condizione».

L’iniziativa ha confermato che il carcere nonè un contenitore di corpi, ma una fucina di spi-riti nella quale la persona è al centro, ha rac-contato una comunità che si confronta, discute,fa. Un tocco di colore dietro le sbarre che testi-monia come ci sia all’interno delle prigioni unpiccolo universo che chiede di partecipare e cre-scere. «Un ponte tra chi vive una situazionenormale e chi una eccezionale, quale quella deiristretti» conclude Risaliti. «Il carcere non vavisto isolato perché ha un prima e un dopo el’arte si inserisce in un quadro di orientamentoformativo. Gli istituti carcerari sono prima ditutto luoghi di rieducazione e la cultura può es-sere di grande aiuto».

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 venerdì 19 giugno 2020

Il prete di Sanba’Incontro con don Stefano Sparapani, testimone di speranza nella periferia ro m a n a

di ROBERTO CETERA

La chiesa è gremita come a Na-tale o alla domenica delle Pal-me. La voce s’è sparsa rapida

nel quartiere, che è un po’ un pae-sotto, dove le parole passano veloci:la messa questa domenica la celebrail nuovo parroco. E lui alla predicasi presenta così ai nuovi parrocchia-ni: «Cari fratelli e sorelle so’ p ro p r i ocontento di stare qui con voi. Perchéc’avete tutti belle facce simpatichema soprattutto perché m’hanno pro-mosso. Me so’ fatto 19 anni a Cor-viale, e mo’ m’hanno promosso aSan Basilio». E giù una risata sono-ra che è già segno di una compia-ciuta accoglienza, in un posto dovela diffidenza per chi viene da fuori“de Sanba’” la fa da padrona. Perchi legge non essendo di Roma,Corviale e San Basilio sono duequartieri della periferia estrema della

capitale, non proprio dei salotti, dicui in genere ci si ricorda solo quan-do si leggono le pagine della crona-ca.

San Basilio è una specie di paeseisolato tra la Tiburtina e la Nomen-tana con un po’ più di ventimilaabitanti, nato dall’edilizia popolaredegli anni trenta e quaranta, e poiallargatosi con le immigrazioni versola capitale dopo la guerra. E lui èdon Stefano Sparapani, sacerdoteromano. Sessantaquattro anni, mane dimostra dieci di meno, piccolo,dinamico con una socievolezzaspontanea che disarma anche il piùdiffidente. Parla con un forte accen-to romanesco, che diventa ancorapiù divertente quando tenta di mi-metizzarlo nel tono più formale del-le prediche. «Mo’ perché parlo cosìnon devi fa’ confusione: io non sonoun prete di strada, piuttosto mi pia-ce di più definirmi un prete “in stra-da”». E in effetti per strada lo cono-scono tutti, e lui conosce tutti. Unabambina che gioca nel piccolo parcodi fronte alla chiesa lo guarda incu-riosita dalla camicia nera e il collettoe chiede alla nonna: «Ma chi è quel-lo?». E la nonna: «È un prete. Èquello che qui rispettano tutti». Ilrispetto, concetto importante nellavita di borgata. Ma che si conquistaspesso per vie non altrettanto nobili.«Sì, San Basilio ha un’alta concen-trazione di illegalità. C’è tanta genteper bene, ma c’è anche molta mala-vita. C’è sempre stata una buonadose di marginalità, ma la situazioneè esplosa con la droga. Sono i vec-chi del quartiere a raccontarlo». Se-condo le istituzioni, San Basilio èuna delle piazze dello spaccio piùgrandi d’Italia. «Ma soffro tantoquando penso ai tanti miei parroc-chiani, gente buona e onesta che de-ve caricarsi di questo marchio “ven-go da San Basilio”. Il rispetto me losono conquistato semplicemente nongiudicando le persone. Entro nellecase di tutti, non chiedo una patentedi santità. Condanno il peccato, nongiudico il peccatore. E poi — p ro s e -gue don Stefano — se proprio doves-si giudicare, comincerei dall’alto, dachi in tanti anni e da ogni parte po-litica ha fatto poco o nulla per que-sta gente. Se tieni la gente nel disa-gio e nella marginalità non puoi poivenire a fare il moralista quando i

frutti del disagio sono soprusi, furti,violenza. Per esempio la gestionedelle case popolari è un disastro».

Racconta il vescovo ausiliare,monsignor Guerino Di Tora: «Unasera sono stato a trovare don Stefa-no in parrocchia e mi ha propostodi conoscere il quartiere in un giroin macchina. Rimasi a bocca aperta:conosceva tutti e tutto. Ma anchenegli angoli più difficili tutti lo salu-tavano con rispetto ed affetto».Spiega don Stefano: «Vedi, io nonmi sento mandato a San Basilio. Iomi sento di San Basilio. C’è purescritto nella carta d’identità, residen-te a San Basilio. A Sanba’, come sidice qua. Voglio dire, se non ti sentidentro l’ovile, come se qui ci fossinato e sempre vissuto, non potraimai essere il pastore delle pecore. Iosono di San Basilio». In realtà donStefano viene da ben altro quadran-te della città, il quartiere Prati dove

è cresciuto.«Non ero af-fatto “uno dechiesa”, finitoil liceo mi eromesso ad aiutare mio padre, un po’malandato, nella sua attività. I mieifratelli si erano lasciati travolgeredalle velleità rivoluzionarie degli an-ni settanta. Che poi alla fine l’unicoche una rivoluzione l’ha fatta davve-ro so’ io. Nel poco tempo libero chemi rimaneva dal lavoro frequentavouna comitiva di amici. Con lorocondividevo la passione per la mon-tagna e le rampicate, una passioneche mi ha accompagnato tutta la vi-ta. Alcuni di loro frequentavano unacomunità di preghiera, ma a me lacosa non tangeva. Rimanevo sullaporta della fede. Poi, ricordo, avevoormai 27 anni, mi coinvolsero in unritiro spirituale e in quell’o ccasionetornai a confessarmi e a fare la co-munione. Pian piano qualcosa co-minciava a smuoversi, varcavo la so-glia della porta. Da allora in poi fuun crescendo. Cominciai a fare vo-lontariato presso la comunità di re-cupero di don Picchi. E mi intro-dussi con l’aiuto di sapienti padrigesuiti alla pratica del discernimen-to. Che mi fece capire che qualcosa,anzi Qualcuno mi chiamava. Credoche la mia vocazione sia la provaprovata della “oggettività” delle vo-cazioni. Tu puoi solo decidere seascoltarla e accoglierla, ma la voca-zione viene da fuori, non è una scel-ta ma una risposta. L’iniziativa vienesempre da Dio».

E sono parole che meritano consi-derazione visto che don Stefano èun esperto di vocazioni: siamo già alquarto giovane affidatogli che staper diventare prete dopo don Mi-chele Filippi, viceparroco e professo-re alla Lateranense, don GiorgioGabrielli che è stato vicedirettoredella Caritas romana, don FrancescoPelusi che è suo viceparroco a SanBasilio, e ora il giovane Luca Santa-croce, di 25 anni, che sta completan-do il suo percorso al Seminariomaggiore. Ed è proprio lui a raccon-tarci: «Don Stefano non è solol’ispiratore della mia vocazione, ècome uno di famiglia, mi conosceda quando sono nato, è come unozio. Ma, caso mio a parte, devo direche ha una capacità straordinaria di

attrazione con i giovani. Riesce asintonizzarsi con loro entrando nelprofondo dell’animo. Ma soprattut-to condividendo. Condividendo per-corsi in montagna, scampagnate, va-canze e pellegrinaggi. Lo scorso an-no ne ha portati trenta di loro a sco-prire, molto spartanamente, la terradi Gesù». La cosa più bella di que-ste vocazioni, aggiunge don MicheleFilippi, «è che noi quattro siamotutti diversi l’uno dall’altro, e diversida don Stefano. Voglio dire che èstato molto bravo a suscitare unavocazione nella libertà che è statapoi interpretata ciascuno a modosuo»

Insomma, continua a raccontarsidon Sparapani, «il discernimento miportò ad accogliere la mia vocazionea diventare prete. Onestamente erala cosa più lontana da quanto avessifino ad allora prospettato per la miavita. Nun ce capivo niente. Midissero: “Sarebbe bene che tu en-trassi al Capranica” e io capii cheme dovevo sposta’ in provincia diViterbo, non nel collegio accanto alPantheon!», sottolinea con una granrisata. «In realtà alla fine feci buonaparte del seminario da aggregato,non potevo lasciare mio padre am-malato da solo: correvo tutto il gior-no in bicicletta, tra casa, lavoro, se-minario e università. Poi nel 1991venni ordinato prete nella miaparrocchia di Santa Lucia, al Trion-fale, e assegnato a quella di Corviale

dove sono rimastoper ben 19 anni,un’esperienza bel-lissima che ancoraporto nel cuore,insieme a tantiamici».

La conversazio-ne si sposta dentroil teatro della par-rocchia, dove unsignore dal visobuono, Gianni, staimbustando i 135pacchi di generialimentari che ognigiorno, in questotempo di pande-mia, vengono di-stribuiti dalla par-rocchia. «Mai vistetante richieste diaiuto da quandofaccio il parroco.

Tanta gente ha perso il lavoro. Chequi spesso era già precario. Cerchia-mo di aiutare tutti. Ci da una manomonsignor Krajewski, se no da solinon ce la faremmo mai. Qui a SanBasilio, la situazione è molto diversada Corviale. È più dura. C’è un ri-schio che mi attanaglia ogni giornoe contro cui lotto. Cioè che la par-rocchia finisca col diventare il forti-no assediato dei “buoni” del quartie-re. Il pericolo dell’a u t o re f e re n z i a l i t à ,che non è solo di noi preti. È diffici-le essere comunità in un posto dovela prima regola di sopravvivenza è ladiffidenza reciproca. Per essere“Chiesa in uscita” bisogna vinceretante resistenze. Qui tutti si cono-scono, ma poi in effetti pochi entra-no in relazione».

Un’umanità istintiva e contraddit-toria, che passa in un giorno dall’ab-braccio alla coltellata. Un’umanitàche chiede innanzitutto di essereascoltata. «E questa sensibilitàall’ascolto è la caratteristica princi-pale di don Stefano — raccontaMauro Della Giulia un suo affezio-nato parrocchiano — e con lui puoisempre aprirti, una spalla su cui sfo-gare le tue preoccupazioni. Anche sesei uno che in chiesa non ci mettemai piede. Ti ascolta con attenzione,magari non ti dà subito una rispo-sta; rimane pensieroso a mostrareche è veramente interessato a te, acosa gli dici. Mi colpisce la sua at-tenzione al singolo, chiunque essosia. E poi è un piacere ascoltarlo ladomenica quando predica». In tantiin effetti ricordano questa o quellapredica, tutte con la cifra del lin-guaggio “nostro de borgata”’. Comein una domenica delle Palme con lachiesa stracolma, ricorda Luca: «Sevenite così in tanti pe pijà le palme,sapete mo che famo? Me ‘nventopure a domenica della cicoriella equella dei carciofi!». Non è — comesi direbbe in romanesco — uno stile“piacione”, è la naturalezza di unuomo vero, che parla in verità anchenello stile. «Ma non ho alcun meri-to, non sono io ad essere vero, è laParola che abita in me ad essere ve-ra. La Parola è vera e parla a te. Tudevi solo essere disponibile ad acco-glierla, rinunciando a quelle masche-re fittizie che ci costruiamo. Per pia-cere agli uomini, quando dovremmosolo piacere a Dio. Perché PapaFrancesco piace così tanto a questemie latitudini? Perché la gente gli ri-conosce di essere uno “v e ro ”, unoche crede e ama il Vangelo. Io minutro della Parola e cerco di ritra-smetterla: la mia vita è tutta qua.Niente di straordinario».

Il viceparroco gli fa segno di sali-re perché il pranzo è quasi pronto.«Per me vivere in fraternità con glialtri preti è fondamentale per unbuon equilibrio sia spirituale chepsicologico. Noi mangiamo sempreinsieme, così come insieme preghia-mo, insieme ci sosteniamo. E alme-no una volta a settimana invitiamo acena qualche famiglia della parroc-chia. Succede spesso che i preti sia-no ospiti delle famiglie, io preferiscoinvece che loro siano ospiti nostri:questa è la casa aperta di tutta la co-munità». E concludendo la chiac-chierata prima di salutarci: «Io nonvengo dalla sagrestia, sono semprestato nel mondo, dove cerco di por-tare un po’ di luce a quelli che la lu-ce non la vedono mai, e perciò di-sperano. Io stesso la cerco semprequella luce, perché capita a tuttiogni tanto di vedere buio. Però giàcercarla mi dà gioia, mi conferma —perché me lo domando ogni giorno— che la strada che ho scelto è quel-la giusta. Che poi la mia sia ‘na fac-cia bella della Chiesa ce lo dici tu:c’ho er terore de che santino mo’magari me scrivi. Nun me fa scher-zi...». No, don Stefano, sono in tan-ti a vederla bella quella faccia, equel sorriso da cui ritrovano ristoroe pace.

f acce belle della Chiesa

Un primo censimento dei casi di abuso sessualenella Chiesa in Francia

PARIGI, 18. Secondo i primi risultati dell’inchiesta av-viata dalla Commissione indipendente sugli abusi ses-suali nella Chiesa (Ciase) in Francia, dal 1950 si conta-no «almeno 3.000» vittime di pedofilia e il numero diautori di queste violenze all’interno della Chiesa nonpuò essere «inferiore a 1.500». Lo ha annunciato ieriin videoconferenza il presidente della commissione, ilvicepresidente onorario del Consiglio di Stato, Jean-Marc Sauvé, precisando che si tratta di cifre provviso-rie che provengono da una prima parte del lavorocompiuto negli archivi delle diocesi e delle congrega-zioni religiose.

La Ciase, creata alla fine del 2018 dalla volontà con-giunta della Conferenza episcopale francese (Cef) edella Conferenza delle religiose e dei religiosi di Fran-cia, prevede di pubblicare il suo rapporto finalenell’autunno del 2021. Nel frattempo molti altri dolo-rosi casi potrebbero emergere al termine di altre inizia-tive avviate dalla commissione per raccogliere informa-zioni. In primo luogo, la piattaforma di dialogo per latestimonianza per telefono — aperta tutti i giorni dalle9 alle 21 — istituita un anno fa, che finora ha ricevuto5.300 chiamate. L’epidemia di covid-19 ha dimezzato ilnumero di chiamate e ha incitato la commissione aprolungare questa raccolta di testimonianze fino al 31ottobre. «Il numero di chiamate è impressionante —

ha commentato Sauvé — ma siamo convinti che tuttele vittime non hanno ancora colto l’occasione, perchéla sofferenza è troppo grande o dubitano dell’utilitàdella loro parola». Oltre alle testimonianze, la Ciasesta raccogliendo questionari molto dettagliati — finorane sono stati registrati circa 1.500 — e organizza deicolloqui con le vittime e gli esperti. Sospese durantela pandemia, queste audizioni sono riprese ieri. Infine,gli incontri regionali, anch’essi interrotti in questi ulti-mi mesi, riprenderanno all’inizio dell’anno scolastico,a Rouen, Lione e Digione, prima di Marsiglia e Corsi-ca. Dato che questo lavoro di censimento è ormai benavanzato, ora la commissione vuole concentrarsi mag-giormente su ciò che la Chiesa cattolica ha fatto o me-no durante questo lungo periodo.

In autunno, un seminario riunirà i 24 membri dellacommissione per delineare gli orientamenti del futurorapporto. «La sofferenza delle vittime è stata unoshock per noi, possiamo solo essere infinitamente col-piti dalle loro storie», insiste Sauvé. Il dramma degliabusi sessuali nella Chiesa è stato evocato di recentein conclusione dell’assemblea plenaria dei vescovi dalpresidente della Cef, monsignor Éric de Moulins-Be-aufort, che riteneva «necessario approfondire questotema anche accentuando il lavoro sulla prevenzione ela sorveglianza dei preti colpevoli».

Alla Lateranense un nuovo corso in teologia interconfessionale

Comunionenelle differenze

di FABIO COLAGRANDE

«I o penso che una Chiesa inuscita abbia bisogno diuna teologia in uscita». Lo

afferma con convinzione don PinoLorizio, dal 1993 docente di teolo-gia fondamentale alla Pontificiauniversità Lateranense e coordina-tore del nuovo percorso di licenzain Teologia interconfessionale, inprospettiva ecumenica e comunio-nale, che l’ateneo del Papa attueràdal prossimo anno accademico2020-2021. «Il primo passo in usci-ta dobbiamo farlo proprio noi teo-logi cattolici — spiega Lorizio —cercando di incontrare gli altri fra-telli in Cristo. Ma poi speriamo cheil percorso verso l’esterno continuie che la teologia cristiana vada sem-pre di più incontro a un mondo chesembra sempre di più allontanarsidalla fede in Cristo».

Il nuovo corso biennale di laureamagistrale della Lateranense nonpunta infatti a fornire semplicemen-te competenze ma a formare presbi-teri, pastori, suore, religiosi e laiciche sappiano annunciare il Vangeloe che tornando nelle loro comunitàdi origine siano in grado di animar-le e servirle nello spirito della “cul-tura dell’i n c o n t ro ” cara a PapaFrancesco. Era stato proprio il Pon-tefice a incoraggiare l’iniziativa ac-cademica nella sua visita all’ateneolateranense dello scorso 31 ottobre.«Cercare ed esplorare ogni oppor-tunità per dialogare non è solo unmodo per vivere o coesistere, mapiuttosto un criterio educativo»,aveva sottolineato il Papa interve-nendo in chiusura di un convegnosu «Educazione, diritti umani e pa-ce. Gli strumenti dell’azione inter-culturale ed il ruolo delle religio-ni». In questa linea, aveva prose-guito il Pontefice, «trova giusta col-

locazione il percorso di studi inteologia interconfessionale avviatoin questa Università. Andate avanti,con coraggio. Quanto abbiamo bi-sogno di uomini di fede che educa-no al vero dialogo, utilizzando ognipossibilità e occasione!». E seguen-do l’invito del Papa, dopo un annodi incontri seminariali nei quali ci siè interrogati sul futuro del cristiane-simo, un comitato scientifico forma-to da rappresentanti delle diverseconfessioni cristiane ha individuatosei moduli nei quali sarà articolatoil nuovo corso della Lateranense:storico-patristico, biblico-fondamen-tale, dottrinale dogmatico, etico-morale, liturgico-cultuale e missio-nario. «Quest’ultimo è il punto diarrivo ma vuole essere anche unadimensione trasversale dell’i n t e ropercorso», sottolinea ancora il pro-fessor Lorizio. «La dimensione sot-tesa a tutte le materie è infatti quel-la della missione nel mondo con-temporaneo, una prospettiva cheabbia a cuore il futuro del cristiane-simo». Ma la novità più importan-te, secondo il coordinatore del cor-so, sarà la modalità didattica. «Isingoli moduli non saranno tenutida un solo docente — spiega Lori-zio — ma sempre da almeno tre:una voce cattolica, una voce prote-stante e una ortodossa che terrannolezioni sulla stessa tematica». Altermine di ogni modulo una tavolarotonda dimostrerà i risultati delleindagini e della didattica che si èattivata durante le lezioni.

Grazie al coinvolgimento dellacappellania universitaria della Late-ranense il cammino accademico in-terconfessionale sarà accompagnatoda momenti di preghiera comune,in occasione di tempi forti comel’ottavario di preghiera per l’unitàdei cristiani, Natale, Pasqua e altreo ccasioni.

L’itinerario interconfessionale,nell’orizzonte della Veritatis gau-dium, sarà inoltre interdisciplinare etrans-disciplinare. «La costituzioneapostolica di Papa Francesco sulleuniversità e le facoltà ecclesiasticheci aiuta molto come docenti a nonpensare in maniera ristretta restan-do ciascuno all’interno della pro-pria disciplina», spiega ancora donLorizio. «Ci spinge a cercare il rap-porto tra le diverse discipline teolo-giche ma anche tra la teologia e glialtri ambiti del sapere. Trans-disci-plinarietà significa andare oltre equindi, come dice la Fides et ratiodi Giovanni Paolo II, far maturarela scienza in sapienza».

Il corso di Teologia interconfes-sionale è destinato solo a chi è giàlaureato in teologia o ha una licen-za in scienze religiose? «Nient’affat-to», conclude il professor Lorizio.«Per avere il titolo accademico bi-sognerà avere i titoli precedenti.Siamo aperti, però, alla possibilitàdi conferire diplomi a persone chenon abbiano il titolo compiuto e adaccogliere semplici ospiti e uditori».Venerdì 19 giugno alle 18.30, sullapagina Facebook della Pontificiauniversità Lateranense, durante unwebinar che si aprirà con una pre-ghiera ecumenica i rappresentantidelle diverse teologie presenterannoil percorso.

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L’OSSERVATORE ROMANOvenerdì 19 giugno 2020 pagina 7

di GUGLIELMO SPIRITO

«G entil o hebreo o simple-mente un hombre / Cu-ya cara en el tiempo se

ha perdido / Ya no rescataremos delolvido / Las silenciosas letras de sunombre / Pero la historia no dejaráque muera la memoria / De aquellatarde en que los dos murieron» (Jor-ge Luis Borges, Lucas, XXIII).

La tradizione è stata saggia achiamare uno dei malfattori “buonl a d ro n e ” (cfr. Lc 23, 39-43). È unadefinizione appropriata, ricorda Ti-mothy Radcliffe, perché lui sa comeimpossessarsi di ciò che non è suo.Mette a segno il più strabiliante col-po della storia. Ottiene il paradisosenza pagare per entrarvi. Come fac-ciamo noi tutti. Dobbiamo solo ap-prendere ad accettare doni.

«Un posto nel calendario per ilprimo santo cristiano», così intitolaAlessandro Pronzato il capitolettodedicato al malfattore nei suoi Va n -geli scomodi. E dice: «Ho sfogliato ilcalendario. Il ciclo liturgico, zeppodi santi non riserva neppure un po-sticino per lui. C’è un posto e ci so-no feste, per tutti quelli che eranopresenti sul calvario quel giorno. Unposto perfino per gli assenti. Per lui,il buon ladrone, primo santo cristia-no, non c’è posto nel calendario. In-somma. Un personaggio scomodo,non troppo raccomandabile, neppu-re dopo la morte. Quindi, niente fe-sta per lui. Intendiamoci. Non è chelui ci soffra per queste sgarberie deiliturgisti. Resta pur sempre l’unicosanto canonizzato direttamente dalCristo: “In verità ti dico: oggi saraicon me nel paradiso”. Ciò gli basta.E ne avanza. Accompagna Gesù nelsuo ingresso in paradiso. Proprio lui.Il fuorilegge. L’escluso (anche dalcalendario liturgico)».

Nessun posto per lui nel calenda-rio: imbarazzante che del primo san-to ci sia così taccagna memoria, ri-pete Marco Pozza. Un cantuccio inun ricordo chiese dal patibolo. Inau-gurò invece il paradiso: il Cielo ec-cede sempre con chi lascia il certoper l’incerto...

Che fosse un brigante, un poco-di-buono, probabilmente un compli-ce di Barabba, un semi-terrorista, undelinquente, un facitore-di-male, èpiuttosto pacifico. Eppure, essere ca-nonizzato in direttissima da Gesùstesso suona un tantino eccessivo,no? Senza purgatorio, senza regolariprocedure canoniche bollate (e senzache nemmeno abbia fondato unacongregazione di suore, aggiungeGiovanni Berti)!

È certo però che la Chiesa latinanon gli concede nemmeno un can-tuccio nelle celebrazioni del suo ca-lendario liturgico, tranne che ricor-darlo ogni tre anni quando nella do-menica di Cristo Re (Anno C) siproclama il Vangelo secondo Luca.«Guardati dal dimenticare» (Dt 4,9). La Chiesa caldea invece, assiemealle altre chiese di tradizione siriaca,festeggia il ladrone il lunedì dopoPasqua, in un dramma liturgico pri-ma dell’Eucaristia: il lunedì dell’An-gelo loro lo chiamano il lunedì delLadrone. In una sorta di auto sacra-mentale, un diacono impersona ilcherubino che guarda gelosamente leporte chiuse del paradiso sbarrando-ne l’accesso, e un altro diacono il la-drone che dice di poter entrare, per-ché il Signore gli ha dato la chiave.Ne segue un acceso dialogo, senzaesclusione di colpi, tra colui chesbarra l’ingresso e colui che insistenell’accedervi, fino a che questi tirafuori una croce e la mostra al cheru-bino, il quale si arrende e festosa-mente abbraccia il ladrone e lo ac-compagna dentro. Altrettanto cantala liturgia bizantina del Venerdì san-to: «Ha aperto le porte chiusedell’Eden al ladro con la chiave delsuo Ricordati di me».

Perché il ladro dice “Ricordati dime”, e non “salvami” come ci si po-trebbe aspettare? Perché il ricordo alposto della salvezza? Sembra il se-gno di un’umiltà triplice, dice Fabri-ce Hadjadj: la prima umiltà è che ilnostro ladrone si abbandona al buoncuore del Signore. Non si crede de-gno del regno che verrà, ma doman-da solamente a Gesù di ricordarsi dilui; la seconda umiltà si intuisce dalfatto che il verbo “r i c o rd a r s i ”, nelVangelo secondo Luca, viene usatoper la prima volta alla fine del Ma -gnificat: Maria dichiara che l’onnip o-tente «si è ricordato della sua miseri-cordia». Infine, la terza umiltà: ilnostro non ha l’impazienza dell’a l t roladrone, non dice “ricordati di me”subito, ma “quando entrerai nel tuore g n o ”. E Gesù non l’esaudisce... Èsempre così nelle sue abitudini, lasorpresa, l’inesattezza sovrabbondan-te.

Perciò il patriarca Bartolomeo,nelle meditazioni per Via Crucis alColosseo del 1994, inserì un’invo ca-zione ispirata alla liturgia bizantinache ogni giorno fa dire al credente:Signore, non ti darò il bacio di Giu-da, ma come ha fatto il ladrone, tiprego: ricordati di me quando sarainel tuo regno. Ogni giorno, ognivolta che i fedeli di rito bizantino,ortodossi e cattolici, si avvicinano al-la comunione, usano le parole del la-drone (mentre nel rito romano usia-mo le parole del centurione). «Guar-dati dal dimenticare» (Dt 4, 9).

Ho detto che la Chiesa romananon ha incluso il buon ladrone nelproprio martirologio. A dire il vero,non è così: infatti, il buon ladrone èiscritto nel Martirologio romano il...25 marzo, solennità dell’Annuncia-zione. Nell’antichità patristica, sipensava che il Signore fosse statoconcepito e fosse anche morto un 25marzo. Quindi, se quel giorno Gesùè morto e ha portato con sé il mal-fattore, ha senso ricordarlo lo stesso25: è il suo dies natalis. Certo, sim-bolicamente può essere suggestivo:tra annunciazione e crocifissione c’èuna corrispondenza, ben resa dal ro-meno Sandu Tudor, poi monaco Da-

niil: «Considera gli otto grandi mo-menti della vita del Salvatore: an-nunciazione, nascita, battesimo, tra-sfigurazione, crocifissione, risurrezio-ne, ascensione, discesa dello SpiritoSanto. È l’ottava del misterodell’umiltà di Dio per la nostra sal-vezza. Sovrapponendo i primi quat-tro momenti agli altri quattro, si ot-tiene una corrispondenza polare per-fetta che illumina il mistero dellanostra salvezza: l’annunciazione cor-risponde alla crocifissione, la nascitaalla risurrezione, il battesimo al-l’ascensione, la trasfigurazione alladiscesa dello Spirito Santo. È il mi-stero della croce a costituire l’annun-cio dell’angelo; è la risurrezione checi permette di rinascere dall’alto; èl’ascensione al cielo che svela l’ado-zione a figli introducendoci nel re-gno; è la discesa dello Spirito Santoche ci permette di trasfigurarci nellaluce divina».

Splendido e verissimo, nonchésuggestivo. Ma, de facto, nella vita li-turgica cattolica e quindi nella con-sapevolezza orante dei fedeli oggiquesti collegamenti sono pratica-mente invisibili se non davvero inac-cessibili. Significa semplicementeobliterare, cancellare, accantonare,

cassare, rimuovere, far svanire la me-moria del ladrone graziato. Ubimaior minor cessat.

Ho sottolineato la dimenticanzade facto (se non de iure) del ladronenel calendario liturgico romano. Mala “amnesia” non è totale, c’è ancoraqualche resto di memoria, come bra-ce che tiene il fuoco acceso sotto lacenere. La diocesi di Gerusalemme il12 ottobre ha la memoria facoltativadel buon ladrone, mentre al SantoSepolcro questa memoria è obbliga-toria: i francescani della Terra Santasono anche qui i custodi della me-moria del ladrone proprio nel luogostorico e concreto che è il cuoredell’evento cristiano, dove avvennela Pasqua di morte e risurrezione delSignore Gesù. «In verità ti dico: og-gi con me sarai in paradiso»: nellanostra umanità, tribolata e pacifica-ta, il Signore ci permette di goderedella comunione con Lui.

È uno dei protagonisti delle rifles-sioni di Fabio Scarsato, nel libro deltitolo significativo: Wanted. Esercizispirituali francescani per ladri e bri-

ganti. I figli del Poverello si trovanoa proprio agio con il poco-di-buonodel Calvario. Giotto lo ha ritrattatorivestito di luce, in paradiso, abbrac-ciato alla sua croce (cappella dellaMaddalena, nella basilica inferioredi Assisi). I rigoristi invece — purita-ni, giansenisti, pelagiani e meritocra-tici — si trovano a disagio con lui.Troppa misericordia. Eccessiva. An-che gli idealisti, gli gnostici e i ma-nichei non si trovano a proprio agio.Troppa carne concreta, martoriata.Carne ineludibile. Ci fa bene, però:là, nello sguardo di Gesù al ladrone,splende l’amore pazzo del cuore diCristo per i suoi, pecorelle ritrovate.«Guardati dal dimenticare» (Dt 4,9).

Sul Tabor, Cristo si manifesta nel-la gloria tra Mosè ed Elia e si intrat-tiene con loro sulla «sua dipartitache avrebbe portato a compimento aGerusalemme» (Lc 9, 31); sul Golgo-ta, Cristo è messo in croce tra duemalfattori e si intrattiene con uno diessi sul paradiso. Una divina ironiavede qui la luce: in gloria, si parla

della croce; in croce, si parla dellagloria; a costo di spingere la tensio-ne all’estremo. Che audacia, nel belmezzo del supplizio, dire che il pa-radiso è per oggi stesso!

Tre crocifissi, uno il Salvatore,uno il salvato... e il terzo? Semplice-mente non sappiamo. Luca non lodice. Il racconto ha un open ending,come la parabola del figliol prodigo:la parabola non dice se il figlio ar-rabbiato finalmente accoglie l’invitodel padre ad entrare nella festa per ilfratello ritrovato o non (cfr. Lc 15,32). Non lo dice, e quindi non losappiamo. Bellissima l’allusione alriguardo in una poesia di ScottCairns, Another Crucifixion, pubblica-ta nel suo Slow Pilgrim. The CollectedPoems. Scordare la storia del buonladrone, non è un simbolo della no-stra dimenticanza di riconoscerci in-tessuti nella sua stessa storia? Ci fatanta paura tanta tenerezza? Ma nonvogliamo forse che anche la nostrastoria abbia un finale analogo, unhappy ending davvero tale? «Guarda-ti dal dimenticare» (Dt 4, 9).

Sogno un corso di esercizi spiri-tuali sotto la guida del buon ladro-ne: potrebbe essere un modo di ricu-perare la memoria delle meravigliedi Dio, con l’aiuto dell’op eraiodell’undicesima ora (e il 59° minuto)di Mt 20, 1-16. Scandalosamente stu-pendo. Come nel testamento delmartire trappista Christian De Cher-gé, non vorremo dire con lui «che cisia dato di incontrarci di nuovo,“larrons heureux” (ladroni colmati digioia, ladroni graziati, ladroni beati)in paradiso»?

Oppure ognuno di noi non vor-rebbe pregare con sant’Efrem il Siro:«Ricordati anche di me insieme alladrone, perché alla sua ombra iopossa entrare nel tuo regno» (InniPasquali, Sulla Crocifissione VI, 20)?

Il buon ladrone, primo santo cristiano, dimenticato dalla memoria della Chiesa

Lontano dagli occhilontano dal cuore

San Romualdo abate, fondatore dell’ordine dei camaldolesi

Profeta in ascolto dello Spirito

Sterilitatis impatiens, “impaziente di sterili-tà”, di portare frutto e di generare alla fe-de e alla vita monastica: così il suo agio-

grafo Pier Damiani sintetizza l’inquietudine disan Romualdo di Ravenna, “eremita itinerante”(N. D’Acunto), maestro spirituale, fondatore eriformatore, uomo assetato di Dio, contempla-tivo recluso, autorevole riferimento di dogi eimperatori. Un percorso cristiano e monasticoil suo del tutto figlio del suo tempo, a cavallodell’anno Mille, ma capace di suggerire direzio-ni di cammino ancora pienamente attuali.

L’Europa di Romualdo è segnata da trasfor-mazioni profonde, con il primo sviluppo dellecittà, la crescita demografica, l’espansione delcommercio e degli scambi, i progressi tecnolo-

molti, come per Romualdo, l’esp erienzadell’eremo si fa terreno per esperimenti, tenta-tivi, sovrapposizioni, nel quale è spesso impos-sibile individuare delle delimitazioni rigide trauno “stato” di vita religiosa e l’altro: ogni mo-naco vive successivamente e a volte alternativa-mente fasi di maggior solitudine e isolamento,fasi di vita apostolica, fasi di vita comunitariapiù o meno “re g o l a re ”. Una modalità indub-biamente rischiosa, che infatti Romualdo siimpegna a governare per cercare di arginarnele derive (di cui aveva esperienza diretta!), maanche estremamente ricca: quasi una nuovaforma di xeniteia, di “farsi stranieri”, di ritrova-re l’antica sapienza monastica “sp osando” lacomplessità e integrandola nella forma dellapropria sequela di Cristo.

Come tutti i momenti fontali, pure gli esperi-menti monastici dell’XI secolo conoscerannopresto una fase di normalizzazione e istituzio-nalizzazione, anche e proprio sulla spintadell’attrazione esercitata su tante persone: la ra-dicalità possibile a pochi asceti non sarà di nor-ma sostenibile, sulla lunga, ai grandi numeri.

Questo processo di adattamento è tuttaviaanche terreno di esercizio della virtù monasticaper eccellenza che è la d i s c re t i o . Romualdo,asceta rigoroso e severo con se stesso, sapràesercitarla con tenerezza nei confronti dei di-scepoli, consentendo loro di trovare di volta involta una misura vivibile, umanizzata, evitandoestremi senza futuro. È il suo modo di “p orta-re frutto” come maestro e guida di monaci. Gliagiografi descrivono infatti Romualdo comecampione di «discrezione e perfezione»: ciòche appare come un ossimoro nasconde unatensione necessaria, un’incarnazione peculiare efeconda di quella inquietudine che è quasi ci-fra collettiva e culturale di un’epoca, non solodell’atteggiamento esistenziale e spirituale diun singolo.

Il caso di Romualdo, emblematico per lesue costanti relazioni con gli ambienti politicie monastici dell’epoca, mostra bene come «inqueste contraddizioni, che fecero la sua vitaanche visibilmente inquieta, si rispecchiava, inrelazione con i turbamenti di un determinatoambiente sociale, uno dei più singolari contra-sti della cultura patristica, impegnata a realiz-zare l’idea greca della perfezione coi libri chenarravano la storia tormentata di Israele e diCristo» (G. Tabacco).

Il ritorno alle fonti monastiche e patristiche,accanto alla Sacra Scrittura e alla Regola disan Benedetto, è caratteristica di Romualdo,così come di tanti che si orientano verso la so-litudine e un maggior rigore ascetico. Gli ere-miti provengono spesso da ambienti cultural-mente privilegiati, e la lettura è per loro unaforma importante per approfondire e ampliarela visione della vita monastica, per custodirla,governarla e trasmetterla. Scrive il suo discepo-lo Bruno di Querfurt: «Romualdo è il piùgrande eremita dei nostri giorni, eppure questavita bella e sublime egli la vive umilmente,senza presunzione; segue invece le Conferenzedei padri del deserto, e così insegna a noi laretta via». Accanto alle fonti patristiche, la ca-pacità tutta romualdina di mantenere insiemeelementi e tratti talvolta disparati gli consente

peraltro di non abbandonare mai il vivo riferi-mento alla Regola di san Benedetto, né la pas-sione per la lectio biblica.

Tutta la cultura medievale si troverà d’altraparte ben presto coinvolta in questo processodi ritorno alle fonti, non solo in campo religio-so, ma anche artistico e letterario: come in altricasi, il monachesimo non fa che assumere, for-se entro certi limiti anticipare, e mettere a frut-to nella ricerca di Dio tensioni e processi checoinvolgono tutto il proprio ambiente storico.

Il dialogo libero con la cultura contempora-nea sembra essere d’altra parte un filo rossoche attraversa la storia delle fondazioni ro-mualdine, fino ad oggi: nei secoli a venire, l’al -chimia tra cultura umanistica ed esperienzamonastica, con le sue istanze di riforma spiri-tuale, ha avuto talvolta risultati di sorprenden-te lungimiranza, come l’impressionante visionedi riforma della Chiesa in Paolo Giustiniani.Per funzionare, tuttavia, per maturare la pro-pria profezia, ciò sembra richiedere una sortadi pendolarismo, un procedere ritmico tra riti-ro e impegno nel mondo, vissuto non come al-ternanza meccanica ma come dimensione com-prensiva, ritmica appunto, in un flusso unita-

rio. Solo questa sospensione lascia spazio alloSpirito, consente di dire il nuovo, di usciredall’autoreferenzialità in cui la stessa culturacontemporanea, così come l’esperienza eccle-siale, può rischiare di cadere.

Complessità, molteplicità e dinamica internaappaiono caratteristiche dell’esperienza e dellafigura di Romualdo e rimangono inscritte nei“c ro m o s o m i ” della spiritualità camaldolese cheda lui prende le mosse. Sono motivo di sinto-nia con la struttura culturale dell’uomo e delladonna contemporanei (forse in particolare conla modalità tendenzialmente policentrica chesegna — talvolta per necessità — l’agire, il pen-sare, l’essere credenti delle donne nella realtàattuale). Costringono insomma ancora oggi afare i conti con una forma mai risolta, mai cri-stallizzata della ricerca di Dio, della vita cri-stiana e monastica, personale ed ecclesiale. Adascoltare ed assecondare la dinamica dello Spi-rito, che sempre tende a spalancare porte e afar tremare i muri.

MONACHE CAMALD OLESIDI SANT’ANTONIO A B AT E IN ROMA

Nomine episcopali

Giotto, «Il buon ladrone»(Assisi, basilica di San Francesco)

Guercino, «San Romualdo»

gici in agricoltura. Migliorano le vie di comu-nicazione, in particolare le strade, facilitandogli scambi commerciali, ma anche culturali ereligiosi: proprio le strade d’Europa saranno ilteatro di una parte importante del cammino diRomualdo e dei suoi discepoli. Qui, oltre aigrandi della terra, incontrano la povertà eco-nomica ed esistenziale delle nuove masse urba-ne, sradicate e trapiantate, e così si delinea laforte tensione evangelizzatrice del monachesi-mo del secolo X e XI.

L’abbandono di regioni non più coltivatecrea poi nuovi “deserti”, prepara luoghi quasiideali di insediamento alle nuove colonie ere-mitiche (villaggi e borghi abbandonati, forestenon più coltivate). Aree impervie, talvolta fran-camente insalubri, montagne, boschi, paludi: lalotta contro gli elementi naturali in questo nuo-vo tipo di “deserto” sarà l’agone in cui esercita-re la ben più complessa battaglia interiore.

Tutto il mondo monastico vive in quest’ep o-ca un tempo di forte tensione riformatrice, inparticolare nella direzione dell’eremitismo. Per

Le nomine di oggi riguardano la Chiesa inItalia e in Venezuela.

Gianrico Ruzza, vescovodi Civitavecchia-Tarquinia (Italia)

Nato il 14 febbraio 1963 a Lugnano in Te-verina, in diocesi e provincia di Roma, hacompiuto gli studi presso il Pontificio semi-nario romano maggiore ed è stato ordinatoil 16 maggio 1987 per il clero di Roma. Haconseguito la licenza in diritto canonicopresso la Pontificia università Gregoriana,ed è stato assistente e poi vicerettore del se-minario romano maggiore; rettore della chie-sa di Santa Cecilia in Trastevere e poi dellachiesa annessa di San Lorenzo de Spezialiin Miranda; amministratore della parrocchiadi San Pio X; parroco di San Roberto Bel-larmino. È stato inoltre direttore dell’Ufficioclero del Vicariato, assistente ecclesiastico dell’Apostolato accademico salvatoriano,segretario del consiglio pastorale diocesano,prefetto della VI Prefettura, presidentedell’Istituto interdiocesano per il sostenta-mento del clero di Roma e di Ostia, mem-bro del collegio dei consultori. Nominatovescovo titolare di Subaugusta l’8 aprile2016, ha ricevuto l’ordinazione episcopalel’11 giugno successivo. Tra gli altri incarichi,ha svolto il ministero episcopale in Romadapprima come vescovo ausiliare per il set-tore centro (2016-2019), ricoprendo anchel’ufficio di prelato segretario del Vicariato

(2017-2019), e poi come ausiliare per il setto-re sud (dal 2019).

Juan Alberto Ayala Ramírezausiliare di San Cristóbalde Venezuela (Venezuela)

È nato a San Pedro de Pregonero, muni-cipio Uribante, nella diocesi di San Cristó-bal de Venezuela, il 15 novembre 1973. Ha ri-cevuto la formazione sacerdotale presso illocale seminario maggiore e ha ottenuto lalicenza in educazione presso l’Instituto Uni-versitario Eclesiástico Santo Tomás de Aqui-no a Tariba, quindi ha seguito a Milano(Italia) un corso di specializzazione in for-mazione sacerdotale e pastorale vocazionalepromosso dall’Ateneo Pontificio ReginaApostolorum di Roma e ha un master inNeurocompetencias para la educación pressola Caribbean International University a Cu-raçao. Ordinato presbitero il 1° novembre2002 per il clero di San Cristóbal de Vene-zuela, è stato segretario del vescovo e dellacuria diocesana, notaio del tribunale, cancel-liere della curia, direttore della pastorale vo-cazionale, professore dell’Instituto Universi-tario Eclesiástico Santo Tomás de Aquino,vicerettore del seminario minore, direttoredell’Unidad educativa seminario menor San-to Tomás de Aquino, docente nel seminariomaggiore, parroco di Nuestra Señora de losÁngeles in La Grita e vicario episcopale perla zona territoriale Espíritu Santo.

Il Signore non può entrare nei cuori duri e ideologici.Il Signore entra nei cuori

che sono simili al Suo: cuori aperti e compassionevoli.

(@Pontifex_it)

Page 8: In cammino per la cura della casa comune › media › osservatore... · se. Nelle scorse settimane si è regi-strato un crollo della lira siriana, con conseguenze drammatiche. A

pagina 8 venerdì 19 giugno 2020 L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 19 giugno 2020 pagina 9

PER LA CURA DELLA CASA COMUNE

Presentato il documento elaborato dal Tavolo interdicasteriale sull’ecologia integrale a cinque anni dalla «Laudato si’»

Il testo «In cammino per la cura della casa comune» in sintesi

Una sana relazione con il creatodi ISABELLA PIRO

Offrire un orientamento all’a g i redei cattolici, ma non solo, e in-terpellare ogni cristiano a una

sana relazione con il Creato: si ponequesti obiettivi il documento interdica-steriale «In cammino per la cura dellacasa comune», diffuso in occasione delquinto anniversario dell’enciclica Lau-dato si’, firmata da Papa Francesco il24 maggio 2015 e pubblicata il succes-sivo il 18 giugno. Il testo è stato redat-to dal Tavolo interdicasteriale dellaSanta Sede sull’ecologia integrale,creato nello stesso 2015 per analizzarecome promuovere e attuare l’ecologiaintegrale. Ne fanno parte le Istituzionicollegate alla Santa Sede maggiormen-te impegnate in questo ambito, alcuneConferenze episcopali e organizzazionicattoliche.

Pur redatto prima della pandemiada covid-19, il documento mette in lu-ce il messaggio principale dell’encicli-ca: tutto è connesso, non vi sono crisiseparate, bensì un’unica e complessacrisi socio-ambientale che richiede unavera conversione ecologica. La primaparte si apre con un richiamo alla ne-cessità di una conversione ecologica,un cambiamento nella mentalità cheporti alla cura della vita e del Creato,al dialogo con l’altro e alla consapevo-lezza della connessione profonda tra iproblemi del mondo. Si suggerisce,quindi, di valorizzare iniziative come ilTempo del Creato, ma anche le tradi-zioni monastiche che insegnano lacontemplazione, la preghiera, il lavoroed il servizio. Il tutto per educare allacognizione del legame tra equilibriopersonale, sociale e ambientale.

Il documento ribadisce, poi, la cen-tralità della vita e della persona uma-na, perché «non si può difendere lanatura se non si difende ciascun essereumano». Di qui, l’indicazione appro-fondire il concetto di «peccato controla vita umana» specie tra le nuove ge-nerazioni, anche per contrastare la«cultura dello scarto» con una «cultu-ra della cura».

Forte anche la sottolineatura dellafamiglia come «soggetto protagonistadell’ecologia integrale»: basata suiprincipi-base di «comunione e fecondi-tà», essa può divenire «luogo educati-vo privilegiato nel quale si impara il ri-spetto degli esseri umani e del Crea-to». Per questo, gli Stati sono esortatia «promuovere politiche intelligentiper lo sviluppo familiare». Al contem-po, si auspica che la scuola acquisisca«una nuova centralità», divenendoluogo di sviluppo della capacità di di-scernimento, pensiero critico e azioneresponsabile. Due, in particolare, isuggerimenti in tale ambito: facilitare icollegamenti casa-scuola-parrocchia eavviare progetti di formazione alla«cittadinanza ecologica», cioè diffon-dere tra i giovani «un nuovo modellodi relazioni» che superi l’individuali-smo in favore della solidarietà, dellaresponsabilità e della cura.

E in tale ambito educativo anchel’università è chiamata in causa: la suatriplice missione di insegnamento, ri-cerca e servizio alla società deve ruota-re attorno all’asse portante dell’ecolo-gia integrale, incoraggiando gli stu-denti a impegnarsi in «professioni chefacilitino cambiamenti ambientali posi-tivi». Di qui, il suggerimento specificoa «studiare la teologia della creazione,nel rapporto dell’essere umano con ilmondo», nella consapevolezza che

prendersi cura del Creato richiede«un’educazione permanente», un veroe proprio «patto educativo» tra tuttigli enti coinvolti.

Il documento ribadisce, inoltre, che«l’impegno per la cura della casa co-mune è parte integrante della vita cri-stiana», non un’opzione secondaria.Ma non solo: la cura della casa comu-ne è infatti anche «un eccellente ambi-to» di dialogo e collaborazione siaecumenico sia interreligioso, visto checon la loro «sapienza» le religioni pos-sono incoraggiare uno stile di vita«contemplativo e sobrio» volto a «su-perare il deterioramento del Pianeta».

La prima parte del documento siconclude con un capitolo dedicato allacomunicazione e alla sua «analogiaprofonda» con la cura della casa co-mune: entrambe, infatti, sono fondatesu «comunione, relazione e connessio-ne». Nel contesto di una «ecologia deimedia», dunque, si esortano i mezzi dicomunicazione a evidenziare i vincolitra «destino umano e ambiente natura-le», responsabilizzando i cittadini econtrastando le così dette fake news.

Ad aprire la seconda parte del docu-mento sono il tema dell’alimentazionee il richiamo alle parole di Papa Fran-cesco sugli sprechi: «Il cibo che si but-ta via è come se lo si rubasse ai pove-ri» (Ls, 50). Ecco allora la condannadello spreco alimentare come atto diingiustizia, l’invito a promuovereun’agricoltura «diversificata e sosteni-bile», in difesa dei piccoli produttori edelle risorse naturali, e l’urgenza diun’educazione alimentare sana, sia nel-la quantità sia nella qualità. Forte an-che l’appello a contrastare fenomenicome il land grabbing, i grandi progettiagro-industriali inquinanti, e a tutelarela biodiversità.

Echi di tale appello si trovano anchenel capitolo dedicato all’acqua, il cuiaccesso dev’essere considerato «un di-ritto umano essenziale». Anche in que-sto caso, l’esortazione è a evitare gli

sprechi e a superare quei criteri utilita-ristici che portano alla privatizzazionedi tale bene naturale. Sulla stessa lineasi pone il richiamo a ridurre l’inquina-mento, a de-carbonizzare il settoreenergetico ed economico e ad investirein energia «pulita e rinnovabile»,accessibile a tutti. Anche i mari e glioceani, infatti, sono al centro dell’eco-logia integrale: «Polmoni azzurri delpianeta», essi richiedono una governan-ce incentrata sul bene comunedell’intera famiglia umana e sulla sus-sidiarietà.

Il testo sottolinea, poi, l’urgenza dipromuovere una «economia circolare»che non punti allo sfruttamento ecces-sivo delle risorse produttive, bensì alloro mantenimento a lungo termine, inmodo che siano riutilizzabili. Bisognasuperare il concetto stesso di “rifiuto”perché tutto ha un valore, si legge neltesto. Ma ciò sarà possibile solo grazieall’interazione tra innovazione tecnolo-gica, investimenti in infrastrutture so-stenibili e crescita della produttivitàdelle risorse.

Si richiama, poi, il settore privatoaffinché operi in trasparenza nella ca-tena di approvvigionamento e si auspi-ca la riforma delle sovvenzioni ai com-bustibili fossili e la tassazione le emis-sioni di CO2.

In ambito occupazionale, quindi, siauspica la promozione di uno svilupposocio-economico sostenibile per sradi-care la povertà; si chiede di valorizzarepercorsi socio-professionali a favoredegli emarginati; si invocano il lavorodignitoso, il giusto salario, la lotta allavoro minorile e al sommerso; si sperain un’economia inclusiva, nella promo-zione del valore della famiglia e dellamaternità; si esorta a prevenire e de-bellare «le nuove forme di schiavitù»,come la tratta di esseri umani.

Anche il mondo della finanza devefare la sua parte, puntando al «prima-to del bene comune» e cercando diporre fine alla povertà. «La stessa pan-

demia da covid-19 — si legge nel testo— dimostra come sia da mettere in di-scussione un sistema che riduce il wel-f a re o che permette grandi speculazionianche nelle sciagure, ritorcendosi suipiù poveri». Chiudere i paradisi fiscali,sanzionare le istituzioni finanziariecoinvolte in operazioni illegali, colma-re il divario tra chi ha accesso al credi-to e chi no, sono tra i suggerimenti in-dicati, insieme all’esortazione a pro-muovere «una gestione dei beni dellaChiesa ispirata alla trasparenza, allacoerenza e al coraggio» di una pro-spettiva di sostenibilità integrale.

Nell’ambito delle istituzioni, il do-cumento sottolinea il «primato dellasocietà civile», al cui servizio devonoporsi politica, governi e amministrazio-ni. Si esorta, alla globalizzazione dellademocrazia sostanziale, sociale e parte-cipativa, a una visione a lungo terminebasata su giustizia e moralità e alla lot-ta contro la corruzione. Importante intale prospettiva sarà favorire l’accessoalla giustizia per tutti, anche per i po-veri, gli emarginati, gli esclusi; «ripen-sare prudentemente» il sistema carcera-rio per favorire la riabilitazione dei de-tenuti, specialmente dei giovani allaprima condanna.

Il testo si sofferma poi sulla salute,definendola «una questione di equità edi giustizia sociale» e ribadendo l’im-portanza del diritto alle cure. «Conte-stualmente al degrado delle reti ecolo-giche infatti — si legge — si degradanoanche le reti sociali e in entrambi i casia pagarne le conseguenze sono i piùpoveri». Tra i suggerimenti proposti,ci sono l’esame dei pericoli associati«al rapido diffondersi di epidemie vi-rali e batteriche» e la promozione dellecure palliative.

Infine, il documento interdicasteria-le guarda alla questione climatica, con-sapevole del fatto che essa ha «unaprofonda rilevanza» ambientale, etica,economica, politica e sociale, «inciden-do soprattutto sui più poveri». In pri-mo luogo, dunque, serve «un nuovomodello di sviluppo» che leghi siner-gicamente la lotta ai cambiamenti cli-matici e la lotta alla povertà, «in sinto-nia con la Dottrina sociale della Chie-sa». Consapevoli del fatto che «non sipuò agire da soli», il documento invo-ca l’impegno per uno sviluppo sosteni-bile «a basso contenuto di carbonio»per ridurre le emissioni di gas a effettoserra. Tra le proposte avanzate in que-sto ambito, il rimboschimento di zonecome l’Amazzonia e il supporto al pro-cesso internazionale volto alla defini-zione della categoria di “p ro f u g o / r i f u -giato climatico” per assicurare la «ne-cessaria tutela giuridica e umanitaria»di queste persone.

L’ultimo capitolo è dedicato all’im-pegno dello Stato della Città del Vati-cano, dove sono quattro le aree opera-tive in cui si applicano le indicazionidella Laudato si’: la tutela dell’ambien-te (con la raccolta differenziata avviatain tutti gli uffici) e delle risorse idriche(per esempio con i circuiti chiusi perle acque delle fontane), la cura dellearee verdi (con la progressiva riduzio-ne di prodotti fitosanitari dannosi) e lariduzione dei consumi e dei costi ener-getici (nel 2008, è stato installato unimpianto fotovoltaico sul tetto dell’Au-la Nervi, mentre i nuovi impianti di il-luminazione a risparmio energeticonella Cappella Sistina, in piazza SanPietro e nella basilica Vaticana hannoabbassato i costi, rispettivamente, del60, del 70 e dell’80 per cento circa).

Prossima adesione della Santa Sede all’emendamento di Kigalial Protocollo di Montreal per contrastare il buco dell’ozono

L’annuncio del segretario per i Rapporti con gli Stati

Il documento «In cammino per la cura della casa comune – A cinque anni dalla“Laudato si’“», elaborato dal Tavolo interdicasteriale della Santa Sede sull’ecologia in-tegrale, è stato presentato in diretta streaming nella Sala stampa della Santa Sede, gio-vedì mattina, 18 giugno, nel quinto anniversario della pubblicazione dell’enciclica di Pa-pa Francesco sulla cura della casa comune. All’incontro hanno preso la parola, nell’ordi -ne, in italiano l’arcivescovo segretario per i Rapporti con gli Stati, il vescovo segretariogenerale del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, l’arcivescovo segretariodella Congregazione per l’educazione cattolica (degli Istituti di studi), in spagnolo ilmonsignore segretario del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, e ininglese i laici Aloysius John, segretario generale di Caritas Internationalis, e Tomás In-sua, co-fondatore e direttore esecutivo del Global Catholic Climate Movement. Dei primiquattro riportiamo in queste pagine i testi integrali degli interventi e degli ultimi dueuna sintesi.

la famiglia e la vita, il Dicastero per lacomunicazione, i Pontifici Consigli perla promozione dell’unità dei cristiani,per il dialogo interreligioso, per la cul-tura, per la promozione della nuovaevangelizzazione, le Pontificie Accade-mie delle scienze e delle scienze socia-li, il Sinodo dei Vescovi, numeroseConferenza episcopali, rappresentatespesso dalle loro Riunioni internazio-nali, come il Secam per l’Africa, laFabc per l’Asia, la Fcbco per l’O cea-nia, il Celam per l’America Latina, laCcee e la Comece per l’Europa, leUnioni internazionali delle e dei Supe-riori generali, alcune reti di Organizza-zioni non governative come la Cidse.Oltre alla partecipazione delle suddetteistituzioni, si è voluto poi coinvolgereanche le nunziature apostoliche, allequali sono state chieste indicazioni sul-le buone prassi e sui modelli operativiper l’attuazione della Laudato si’ chesono stati realizzati nei loro Paesi dipertinenza da realtà locali collegatecon la Chiesa cattolica.

Solo questo lungo elenco evidenzial’intenso lavoro che ha portato alla re-

dazione di un testo che ha visto il sus-seguirsi di numerose bozze ed è diven-tato sempre più ricco di contenuti,mantenendo però una dimensionesemplice, sintetica e orientata all’azio-ne, e restando ancorato all’appro cciosul quale è focalizzata l’enciclica: quel-lo dell’ecologia integrale. Al riguardo,si è cercato di offrire al lettore rispostea un quesito che compare nella conclu-sione del testo: «E noi che cosa dob-biamo fare?», uniformandosi all’imp o-stazione della Laudato si’ nel prenderein considerazione una vasta gamma disituazioni che vanno dalla quotidianitàdell’economia domestica alle im-plicazioni per la comunità internazio-nale. A proposito di quest’ultimoaspetto e ad ulteriore testimonianza diquesto impegno, sono lieto di infor-marvi della prossima adesione dellaSanta Sede all’Emendamento di Kigalial Protocollo di Montreal sulle sostan-ze che impoveriscono lo strato di ozo-no, strumento finalizzato a contrastaresia il problema del cosiddetto “bucodell’ozono”, sia il fenomeno dei cam-biamenti climatici. Strumento che va

bili, come messo ben in evidenza neltesto che avete di fronte. Per fare ciò,abbiamo bisogno di una proposta ope-rativa, che nel caso in oggetto è rap-presentata dall’ecologia integrale. Co-me indicato nel testo, essa richiede una«visione integrale della vita per elabo-rare al meglio politiche, indicatori,processi di ricerca e di investimento,criteri di valutazione, evitando conce-zioni fuorvianti di sviluppo e di cresci-ta» (pag. 9); una «visione lungimiran-te, che deve concretizzarsi nei luoghi enegli spazi in cui si coltivano e si tra-smettono l’educazione e la cultura, sicrea consapevolezza, si forma alla re-sponsabilità politica, scientifica ed eco-nomica, e, in generale, si procede adazioni responsabili» (pag. 11).

Ciò rappresenta una sfida impegna-tiva, ma anche un’occasione quantomai attuale per «disegnare e costruireinsieme un futuro che ci veda uniti nelcustodire la vita che ci è stata donata ecoltivare il creato che ci è stato affidatoda Dio perché lo facessimo fruttificaresenza escludere o scartare alcuno deinostri fratelli e sorelle» (pag. 16).

Si tratta di un compito complesso epregno di insidie dettate dalla difficol-tà del far prevalere gli interessi comunisu quelli particolari, di riconoscere che«il tutto è superiore alla parte» (Evan-gelii gaudium, n. 237). Si tratta di uncompito che richiama ad un «dialogoonesto e coerente sul bene comune, ca-pace di valorizzare il multilateralismo ela cooperazione tra gli Stati e intesoad evitare i pericoli di strumentalizza-zioni politico-economiche» (pag. 219).Cooperazione multilaterale che, è beneripeterlo, è necessaria ma non suffi-ciente per dare una risposta adeguata,integrale e inclusiva, alla grande e sti-molante sfida che la nostra epoca hadavanti a sé e deve essere affrontatacon urgenza.

L’auspicio è che questo testo possaessere un effettivo contributo alla for-mulazione di questa risposta.

L’intervento del vescovo segretario generale del Governatorato

Per uno Stato della Città del Vaticanosostenibile

di FERNAND O VÉRGEZ ALZAGA

«L a terra è ferita, serve unaconversione ecologica».Questa frase è molto più

che un richiamo a cambiare le cose ead agire per tutelare e salvaguardare ilcreato. È il punto di partenza e di ap-prodo dell’enciclica di Papa FrancescoLaudato si’, di cui stiamo celebrando icinque anni dalla sua promulgazione.

Nell’enciclica il Pontefice collega lasalvaguardia dell’ambiente alla giusti-zia verso i poveri e alla necessità diuna inversione di marcia per un’eco-nomia che cerca solamente il profitto.Non vi è possibilità di uscita dall’at-tuale situazione in cui versa il creatose l’umanità non prende coscienza del-la necessità di cambiare stili di vita.Ma anche del modo di produrre e dic o n s u m a re .

È cronaca quotidiana il bisogno diun cambiamento radicale nei compor-tamenti umani, affinché la casa comu-ne sia sempre più rispettata e tutelata.Anche l’emergenza sanitaria per il co-vid-19 richiede una «conversione eco-logica», un maggior ricorso alla soli-darietà e alla fraternità che eviti di ri-versare sul creato le scelte egoistichenon solo dei singoli, ma di intere enti-tà statali.

È fuori dubbio che, come scrive Pa-pa Francesco nell’enciclica, la sfidaambientale è indissolubile da quellaeducativa. La persona deve impararefin dai primi anni di vita a crescerenella consapevolezza delle proprie re-sponsabilità. Questo significa chel’agire deve essere sostenibile dal pun-to di vista ecologico e solidale, a co-minciare in primo luogo dalla fami-glia. È indispensabile una «cittadinan-za ecologica», in cui i componenti delnucleo familiare, ma anche quelli dicui è caratterizzata la società, tendanoad aver cura del creato attraverso lepiccole azioni quotidiane che si tra-sformino in stile di vita.

È quanto abbiamo cercato di fare alGovernatorato dello Stato della Cittàdel Vaticano. Sensibilizzando i nostridipendenti e quanti ruotano intorno alGovernatorato, direttamente o indiret-tamente, nei confronti di un’ecologiaintegrale che si concretizza nelle pic-cole azioni di ogni giorno. A comin-ciare dal riciclo dei rifiuti, dal rispettodel verde, dal risparmio nel consumodelle acque e dell’energia, nella sceltadelle fonti rinnovabili, nell’evitare igas serra, nel favorire un sempre mi-nore inquinamento atmosferico privile-giando le modalità di trasporto elettri-co e nello scegliere antiparassitari econcimi ecologici che rispettino la ter-ra e i suoi frutti.

Prima ancora dei provvedimenticoncreti che il Governatorato ha presotenendo in considerazione i principi ele indicazioni della Laudato si’, vorreisottolineare come, proprio seguendo lospirito dell’enciclica, occorra promuo-vere una vera e propria «spiritualitàecologica», fondata sulla sequela diGesù Cristo, di cui Francesco d’Assisiè stato testimone vivente. Infatti, comescrive il Pontefice, la vocazione «di es-sere custodi dell’opera di Dio è parteessenziale di un’esistenza virtuosa». Seè vocazione non può essere una sceltaopzionale o un aspetto secondario delnostro rapporto con Dio e con il pros-simo, ma deve influire sul nostro agiree sul nostro modo di affrontare le sfi-de quotidiane che la vita ci propone.

Quanto fatto a livello personale vatradotto anche a livello istituzionale in

modo da condizionarne l’operato insenso ecologico. È quanto sta facendoil Governatorato a cominciare, ancorprima della pubblicazione della Lau-dato si’, dalla installazione di pannellifotovoltaici sulla copertura dell’AulaPaolo VI. Essi sono in grado di pro-durre energia elettrica senza emissionedi sostanze inquinanti.

Ciò rientra tra gli obiettivi prepostiper la riduzione del consumo delle ri-sorse. In questo senso, si è cercato diattivare una serie di interventi per ot-tenere un maggiore controllo energeti-co e una relativa diminuzione delleemissioni di anidride carbonica. I pan-nelli sull’Aula Paolo VI sono solo i pri-mi di una serie. Infatti, abbiamo in-stallato diverse tipologie di pannellisolari anche nella sede residenzialedella Specola Vaticana a Tucson, inArizona. Ottenendo così una fortecontrazione dei costi energetici e unariduzione dell’emissione di anidridecarb onica.

Inoltre, dal 2009 è in funzione unimpianto «a raffreddamento solare»presso il Centro industriale vaticano,necessario alla conversione dell’e n e rg i asolare in energia termica e frigoriferautilizzate per la climatizzazione dellamensa di servizio nel periodo estivo.

Vi è poi un continuo ricambio degliimpianti elettrici con corpi illuminantia led, sensori crepuscolari di illumina-zione e di presenza di ultima genera-zione, che regolano l’intensità in baseal variare della luce naturale. Unesempio riuscito nell’applicazione del-la nuova illuminazione è quello dellavolta della Cappella Sistina. Ciò hapermesso di ridurre di circa il 60 percento i costi energetici e le emissionidi gas serra, favorendo anche un note-vole rallentamento dell’invecchiamentodegli affreschi.

Senza dimenticare la nuova illumi-nazione di piazza San Pietro e del co-lonnato del Bernini che offre un ri-sparmio energetico fino all’80 per cen-to. Nella stessa basilica Vaticana l’ado-zione di nuovi apparecchi ha prodottouna minore spesa di quasi l’80 percento. Lo stesso posso dire nella basi-lica di Santa Maria Maggiore. E preci-samente questa mattina mi hanno co-municato che ieri hanno finito i lavoridi illuminazione a led delle Stanze diRaffaello e nella Pinacoteca Vaticana.

Al contempo, abbiamo dismesso levecchie apparecchiature elettriche chevenivano usate e rinnovato tecnologi-camente i dispositivi di rete impiegan-do sistemi operativi di nuova genera-zione a minor impatto ambientale. Viè stata anche l’adozione di sistemi do-motici, i quali intervengono a spenge-re automaticamente l’illuminazione altermine della giornata lavorativa.

Rientra in questo contesto la sosti-tuzione dei trasformatori elettrici cheproducevano un elevato calore, conquelli di ultima generazione. La stessasostituzione avviene anche nel settoreinformatico e nel Centro di elabora-zione dati (Ced).

Nei Giardini vaticani, polmone ver-de dello Stato e in parte anche dellacittà di Roma, sono in corso dei pro-getti che vanno di pari passo con lapremessa dell’enciclica, ossia la difesadella casa comune.

Con il progetto «Giardini Bio», adesempio, si è riusciti in soli tre anni adeliminare completamente l’uso di pe-sticidi di origine chimica, lasciandospazio alla biodiversità ed all’impiegodi prodotti di origine naturale per il

controllo delle popolazioni infestanti econcimi di origine organica.

Uno sforzo ancora più propositivovolto alla tutela dell’ambiente e dellerisorse arboree esistenti è avvenutocon la realizzazione di un vero e pro-prio censimento delle piante esistenti,che ha portato ad una riforestazionedello Stato con la piantumazione di250 nuove alberature di alto fusto, lìdove nel tempo erano state rimosse, ealla sostituzione di circa 2.300 piantedi siepi, caratteristica dei Giardini va-ticani.

Una delle priorità che si prefigge loStato è anche la tutela delle risorseidriche per ridurre drasticamente lospreco, adottando circuiti chiusi per ilriciclo delle acque destinate alle fonta-ne dei Giardini vaticani e alla rete an-tincendio all’interno delle Mura Leo-nine. Per raggiungere questo obiettivosono in corso i lavori di rifacimentodell’impianto di innaffiamento deiGiardini, progetto realizzato con tec-nologia di ultima generazione, checonsente un risparmio delle risorseidriche di circa il 60 per cento grazieanche all’automatizzazione dello stessoed un uso equilibrato e razionale delleacque anche in funzione del tipo dicoltura/piantumazione e delle condi-zioni meteorologiche.

Abbiamo poi pensato a rendere informa concreta i principi dell’enciclicain ambito agricolo. Il riferimento èall’attività agricola dello Stato dellaCittà del Vaticano, che si svolge esclu-sivamente attraverso la Direzione delleVille Pontificie nella zona extraterrito-riale di Castel Gandolfo. Sia nelle col-ture, sia nell’allevamento, che vieneportato avanti nella locale fattoria,vengono applicati sistemi e tecnicheche rispettano la terra pur garantendoprodotti di ottima qualità.

Per quanto riguarda la trazione e itrasporti, dal 2014 si è provveduto a li-mitare il traffico dei veicoli dei dipen-denti del Governatorato all’internodello Stato. Può sostarvi solo chi risie-de a più di due chilometri dal Vatica-no. Altro ambito importante è l’instal-lazione di una rete infrastrutturale diricarica per veicoli elettrici ed ibridi.Abbiamo iniziato nel 2018 e ad oggi visono all’interno dello Stato dieci appa-rati che offrono venti punti di ricarica.Verrà anche rinnovato gradualmente ilparco macchine dello Stato con vettu-re elettriche e ibride in comodato gra-tuito o noleggio per i servizi di Stato,come per le Poste vaticane.

Sempre nell’ottica del minor impat-to ambientale, dal 2019 per i nostrimezzi usiamo il gasolio per autotrazio-ne di tipo Diesel+, formato dal 15 percento di componente green rinnovabi-le, ottenuto da oli vegetali esausti egrassi animali con riduzione dei con-sumi e delle emissioni gassose inqui-nanti, cioè di monossido di carbonio edi idrocarburi incombusti, fino al 40per cento.

È stata posta molta attenzione an-che al riscaldamento e al condiziona-mento degli edifici. In questo ambito,abbiamo riqualificato la Centrale ter-mica dello Stato e sostituito gli im-pianti di condizionamento che utiliz-zano i gas derivati dai clorofluorocar-buri, che causano l’effetto serra nell’at-mosfera, con apparati conformi allepiù esigenti norme internazionali allequali lo Stato della Città del Vaticanoe per esso la Santa Sede ha aderito.

Si è anche provveduto, seppur con ivincoli di rispetto del patrimonio ar-

Illustrato dall’arcivescovo segretario della Congregazione per l’educazione cattolica

Il ruolodelle università e delle scuole

L’auspicio del segretario del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale

Interventi a salvaguardiadella Terra e di chi la abita

di ANGELO VINCENZO ZANI

L’enciclica Laudato si’, con i suoi richiamiall’educazione, chiama in causa diretta-mente la Congregazione per l’educazio-

ne cattolica per la responsabilità che ha verso lescuole e le università. Anzitutto, trattandosi diun documento che si colloca nell’ambito dell’in-segnamento sociale della Chiesa, esso rimandaalla costituzione apostolica Ex corde Ecclesiae sul-le Università in cui si raccomanda di svilupparesempre di più l’insegnamento della dottrina so-ciale della Chiesa negli Atenei cattolici (ricordoche vi sono 1.865 università cattoliche presenti intutti i continenti, tra l’altro frequentate da un’al-ta percentuale di non cattolici).

In secondo luogo, le iniziative della Congre-gazione da tempo si stanno sviluppando in pa-rallelo con il messaggio lanciato da Papa France-sco in questo documento. Mi riferisco ad alcunecoincidenze significative. La Laudato si’ venivapubblicata nel 2015 mentre un gruppo di circa40 Facoltà di agraria delle Università cattoliche,in occasione dell’Expo di Milano su «Cibo e ali-mentazione», presentavano progetti di interventonel campo della pesca e dell’agricoltura per ri-spondere alle sfide della fame e della povertà. Ildocumento del Papa ha dato un impulso moltoforte a questo lavoro avviato.

Nello stesso anno si celebrava il primo Con-gresso mondiale delle scuole e università cattoli-che per ricordare il 50° anniversario della Dichia-razione conciliare Gravissimum educationis, dovesi afferma che l’educazione deve formare ragazzie giovani che siano protagonisti di una societàumana più fraterna, tema questo ben sottolinea-to dalla Laudato si’.

Un terzo importante elemento di connessioneè il lancio che Papa Francesco ha fatto il 12 set-tembre scorso annunciando l’evento del Pattoeducativo globale che si sarebbe dovuto celebra-re il 14 maggio 2020 (V anniversario della Lauda-to si’) e che avrà una tappa telematica il 15 otto-

bre prossimo, in vista dell’evento vero e proprioche si terrà in una data successiva.

Nel suo messaggio, il Papa fa riferimento di-rettamente alla Laudato si’ con queste parole:«Nell’enciclica ho invitato tutti a collaborare percustodire la nostra casa comune, affrontando in-sieme le sfide che ci interpellano... Rinnovo l’in-vito a dialogare sul modo in cui stiamo costruen-do il futuro del pianeta e sulla necessità di inve-stire i talenti di tutti, perché ogni cambiamentoha bisogno di un cammino educativo per farmaturare una nuova solidarietà universale e unasocietà più accogliente».

Il patto educativo, collocato nella scia dellaLaudato si’, ha lo scopo di contribuire a costruireuna umanità più fraterna, a comporre un nuovoumanesimo cristiano. In tale prospettiva, nellapubblicazione sono inserite cinque schede di la-voro con vari suggerimenti didattici ed operatividestinati a: scuola dell’infanzia e primaria, scuolasecondaria, università e ricerca, educazione per-manente, educazione informale. Questi strumentivogliono stimolare educatori, docenti, studenti,ricercatori, giovani e adulti a far maturare la re-sponsabilità verso la natura e l’ambiente perconsegnare alle future generazioni un mondo euna umanità migliori. Ma è interessante sapereche vi è già una lunga serie di esperienze signifi-cative in atto e molte altre in cantiere per svilup-pare una “ecologia integrale”. Ovviamente lacoincidenza dell’anno speciale sulla Laudato si’con i tragici eventi sanitari e socio-economicicausati dalla pandemia rende il messaggiodell’enciclica ancora più profetico ed offre unabussola morale e spirituale di straordinaria attua-lità nel viaggio comune verso un mondo piùunito, fraterno e sostenibile.

I contenuti del documento coinvolgono diret-tamente i processi educativi a tutti i livelli e of-frono senza dubbio domande e stimoli alla ricer-ca scientifica non solo nel merito delle questionima anche nel metodo. Pedagogicamente il temadell’ecologia integrale offre una visione paradig-

di BRUNO MARIE DUFFÉ

Per introdurre brevemente il Documentoche ci vede riuniti oggi, attirerò l’attenzio-ne sul titolo, che evoca il cammino che

siamo chiamati a percorrere insieme per prender-ci cura della terra e della sua popolazione.

Mi limiterò a tre riflessioni personali.1. La prima riflessione colloca questa pubbli-

cazione in un contesto particolare: quello di unacrisi sanitaria e sociale che amplifica la crisi eco-logica e morale messa in luce dall’enciclica Lau-dato si’. In effetti, viviamo l’esperienza della fra-gilità, nel nostro corpo, come nei nostri legami,nelle nostre prassi assistenziali, nel nostro mododi pensare e di vivere lo sviluppo economico esociale. Questa esperienza di vulnerabilità pro-duce inevitabilmente paura e inquietudine neiconfronti del futuro. L’appello dell’enciclicaLaudato si’ ad «ascoltare tanto il grido della ter-ra quanto il grido dei poveri» non mira a dilata-re la paura, ma a proporre un cammino di con-versione. Lo sappiamo, questo cammino esisteunicamente grazie a coloro che lo percorrono.Oggi, Laudato si’ può produrre i frutti della con-versione unicamente se dei testimoni prosegui-ranno il cammino che è stato tracciato da questaenciclica. «Testimoni» vuol dire «coloro che tra-smettono», «coloro che propongono», «coloroche decidono e si decidono ad agire».

Chi sono questi testimoni? Sono gli attori del-la vita economica e politica; sono le comunitàlocali, con la loro memoria e le loro speranze,sono le Chiese; sono i giovani ma anche gli an-ziani, in quanto, come dice Papa Francesconell’esortazione Christus vivit, affinché i giovanipossano sognare il mondo di domani, occorreche gli anziani continuino a sognare anche ilmondo di oggi. Abbiamo bisogno di illuminare icammini pratici di attuazione di Laudato si’.

È a questa pedagogia che il Documento «Incammino per la cura della casa comune a cinqueanni dalla Laudato si’» intende contribuire.

2. L’esperienza che viviamo quotidianamentein seno al Dicastero per il servizio dello sviluppoumano integrale ci mostra che il programma e lacostruzione dell’enciclica Laudato si’ prop ongo-no, di per sé, un’andatura. Si tratta, prima ditutto, di posare lo sguardo sul mondo in cui vi-viamo — e nel quale alcuni «sopravvivono».Guardare, ascoltare e lasciarsi toccare da ciò cheviviamo e da coloro con cui viviamo. Guardare elasciarsi toccare da una terra che soffre in silen-zio e la cui sofferenza è direttamente legataall’attività umana, così come alla sregolatezza cli-matica, che questa attività ha provocato. Incon-trare una comunità umana ferita dalle crescentidisuguaglianze e da una conflittualità semprepiù forte. Contemplare la bellezza e la promessadi ciò che ci è stato affidato nella Creazione delPadre e nell’amore del Cristo. Agire e decidere afavore di un altro sviluppo che non si definiscapiù come un «sempre di più» e una «fuga inavanti», che consuma tutte le forme di vita.Educare mediante il dialogo e le prassi quotidia-ne della sobrietà.

La presentazione di qualche «buona prassi»implica risvegliare altre iniziative educative e co-munitarie. Qui penso all’iniziativa dei giovani inArgentina («Cuidadores de la casa común») o inAfrica (con la Cynesa).

Infine, celebrare, ovvero fare memoria dellapromessa iscritta in ciascuno di noi, con i suoitalenti ed esperienze. E offrire ciò che abbiamocondiviso: le nostre pene e la gioia semplice, maforte, della solidarietà.

Per compiere questo cammino, siamo chiamatia rivisitare i luoghi della nostra attività umana: ilrapporto con gli elementi (l’acqua, la terra e glioceani), la biodiversità, il lavoro, l’economia, lafinanza, la vita delle comunità locali e il pianeta,il locale e il globale. Si tratta di osare uno svi-luppo integrale che si ispiri all’ecologia integra-le: questa nuova armonia con la terra, con gli al-tri e con se stessi. Questo cammino è, in effetti,

CO N T I N UA A PA G I N A 10CO N T I N UA A PA G I N A 10CO N T I N UA A PA G I N A 10Jean-François Millet, «L’angelus»

di PAU L RICHARD GALLAGHER

È un piacere per me essere quicon voi per la presentazione deltesto «In cammino per la cura

della casa comune. A cinque anni dallaLaudato si’», elaborato dal Tavolo in-terdicasteriale della Santa Sedesull’ecologia integrale, che ha comin-ciato questo lavoro nel 2018, quandoricevette l’approvazione del Santo Pa-dre, al quale ho avuto il privilegio diconsegnare la prima pubblicazione ierip omeriggio.

Può essere interessante ripercorrerebrevemente la genesi di questo testo, ilcui principale obiettivo, è bene sottoli-nearlo, non è quello di duplicare laLaudato si’ attraverso riflessioni etichevaloriali che sono ben sviluppate nellastessa enciclica. Le finalità del testo so-no infatti diverse e molteplici: rilancia-re la ricchezza dei contenuti di un’en-ciclica che, sebbene abbia compiuto dapoco cinque anni, è ancora molto at-tuale, come messo ancora più in lucedalla situazione mondiale determinatadalla pandemia da covid-19; offrire unorientamento sulla lettura dell’encicli-ca, promuovendone elementi operativiche scaturiscono dalle riflessioni conte-nute in essa e minimizzandone i rischidi fraintendimento; favorire la collabo-razione tra i Dicasteri della Curia Ro-mana e le Istituzioni cattoliche impe-gnati nella diffusione e nell’attuazione

della Laudato si’, valorizzandone le nu-merose sinergie.

Il libro che avete davanti è infattifrutto di un lavoro collegiale di nume-rose entità che operano all’interno del-la Santa Sede e della Chiesa cattolica acui va il nostro ringraziamento. Il Ta-volo interdicasteriale della Santa Sedesull’ecologia integrale ha visto la colla-borazione di molte realtà, oltre a quel-le che sono rappresentate in questaconferenza stampa. Posso citare adesempio la Congregazione per la dot-trina della fede, il Dicastero per i laici,

nella direzione auspi-cata dal Santo Padre,quando afferma nellaLaudato si’, al n. 112,che «la libertà umanaè capace di limitare latecnica, di orientarla, edi metterla al serviziodi un altro tipo di pro-gresso, più sano, piùumano, più sociale epiù integrale».

La pandemia da co-vid-19 ci sollecita ulte-riormente a rendere lacrisi socioeconomica,ecologica ed etica chestiamo vivendo comemomento propizio distimolo alla conversio-ne e a decisioni con-crete e improcrastina-

I pannelli solariinstallati, già nel2008, sul tettodell’aula Paolo VI

(foto: BiagioTa m a ra z z o )

Page 9: In cammino per la cura della casa comune › media › osservatore... · se. Nelle scorse settimane si è regi-strato un crollo della lira siriana, con conseguenze drammatiche. A

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 10 venerdì 19 giugno 2020

In un videomessaggio a pescatori e marittimi

La riconoscenza del Papaper i sacrifici affrontati nella pandemia

A causa del coronavirus «il vostro lavoro da marittimi e pescatoriè diventato ancora più importante, per assicurare alla grande famiglia umanacibo e altri generi di prima necessità. Di questo, noi vi siamo riconoscenti»:è quanto assicurato dal Papa ai lavoratori del mareattraverso un videomessaggio diffuso nel pomeriggio di mercoledì 17 giugno.Eccone il testo.

Protocollo d’intesatra Aif

e Revisore generale

Il presidente dell’Autorità di In-formazione Finanziaria (Aif), dot-tor Carmelo Barbagallo, e il Revi-sore Generale “ad interim”, dottorAlessandro Cassinis Righini, han-no sottoscritto martedì 16 giugnoun protocollo d’intesa, volto arafforzare i già intensi rapporti dicollaborazione in essere tra i dueorganismi vaticani, anche attra-verso la previsione di incontri pe-riodici a livello sia strategico siaop erativo.

Lo ha reso noto nel pomeriggiodi mercoledì 17 un comunicatocongiunto dell’Aif e dell’Ufficiodel Revisore Generale, specifican-do che il protocollo d’intesa con-sentirà di meglio assolvere i ruoliassegnati dall’ordinamento vatica-no, rispettivamente, alla primacon riferimento al contrasto delriciclaggio e del finanziamentodel terrorismo e, al secondo conriferimento al contrasto della cor-ru z i o n e .

Cari fratelli e sorelle,

questi sono tempi difficili per il mon-do, perché abbiamo a che fare con lesofferenze causate dal coronavirus. Ilvostro lavoro da marittimi e pescatoriè diventato ancora più importante,per assicurare alla grande famiglia

umana cibo e altri generi di prima ne-cessità. Di questo, noi vi siamo rico-noscenti. Anche perché siete una cate-goria molto esposta. Negli ultimi me-si la vostra vita e il vostro lavoro sononotevolmente cambiati e avete affron-tato — e ancora affrontate — tanti sa-crifici, lunghi periodi di lontananza a

bordo delle navi senza poter scenderea terra. La lontananza dai familiari,dagli amici e dal proprio Paese, lapaura del contagio, tutti questi ele-menti sono un peso faticoso da porta-re, ora più che mai.

Vorrei dirvi: sappiate che non sietesoli e non siete dimenticati. Il vostrolavoro in mare vi tiene spesso lontani,ma voi siete presenti nelle mie pre-ghiere e nei miei pensieri, così comein quelli dei cappellani e dei volontaridella “Stella Maris”. Il Vangelo stessoce lo fa ricordare, quando ci parla diGesù con i suoi primi discepoli, che

erano tutti pescatori, come voi. Oggidesidero mandarvi un messaggio euna preghiera di speranza, una pre-ghiera di conforto e di consolazionecontro ogni avversità e nello stessotempo incoraggio tutti quelli che la-vorano con voi nella pastorale dellagente di mare.

Il Signore benedica ognuno di voi,benedica il vostro lavoro e le vostrefamiglie; e la Vergine Maria, Stelladel Mare, vi protegga sempre. An-ch’io vi benedico e prego per voi. Evoi, per favore, non dimenticatevi dipregare per me. Grazie!

«In cammino per la cura della casa comune» a cinque anni dalla «Laudato si’»

Per uno Statodella Città del Vaticano

sostenibile

chitettonico, storico e artistico delVaticano, ad impiegare infissi e iso-lanti per la riduzione della disper-sione termica in tutti gli uffici delGovernatorato.

Risolvere il problema rifiuti è sta-to uno degli argomenti principalinell’operato del Governatorato. Nelmese di luglio del 2019 è stato ema-nato con Decreto del Presidente delGovernatorato dello Scv il nuovoRegolamento sui rifiuti che si pre-figge l’obiettivo di una gestionecorretta ed ecologica dei rifiuti trat-tandoli come una risorsa e non piùcome uno scarto. La riorganizzazio-ne del sistema di raccolta dei rifiutiurbani ha consentito una differen-ziazione nell’anno 2019 pari al 59per cento migliorando di 12 punti ilrisultato ottenuto nell’anno prece-dente. La riqualificazione del Cen-tro di raccolta dello Stato ha con-sentito un netto miglioramento an-che per quanto riguarda i rifiutispeciali, non pericolosi e pericolosi,riuscendo a differenziare il 99 percento dei rifiuti gestiti.

Un altro passo importante per lasostenibilità è quello della trasfor-mazione dei rifiuti. Un programma,attualmente sospeso per l’e m e rg e n -za sanitaria dovuta alla diffusionedel covid-19, che prevede l’installa-zione di una compostiera elettro-meccanica per la trasformazione deirifiuti organici prodotti nello Statoin un “Comp ost” di qualità. Cosìfacendo, le 600 tonnellate di mate-riale organico prodotto tornano innatura sotto forma di terriccio.

Altri esempi che desidero eviden-ziare: la presenza di raccoglito-ri/compattatori per le bottiglie inPet dislocati progressivamente an-che all’interno dei Musei vaticaniche consentono l’integrale recuperodel materiale praticamente semprericiclabile; la riduzione dell’indiffe-renziato al solo 2 per cento (quindiben il 98 per cento dei rifiuti vienecorrettamente differenziato).

In questo modo, il rifiuto non èpiù visto come una spesa da soste-nere per il suo smaltimento, mauna risorsa economica derivante dalsuo proficuo e virtuoso utilizzo.

Quelli sopra descritti rappresen-tano solo alcuni dei numerosi ed ar-ticolati progetti di gestione ambien-tale ed energetica programmati erealizzati dalle singole Direzioni delGovernatorato che il tempo a di-sposizione non consente di appro-fondire e spiegare, anche sul pianotecnico, i numerosi progetti in corsoper applicare concretamente le indi-cazioni contenute nella Laudato si’.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 8/9

Ascoltare la voce dei poveri

A salvaguardiadella Terra

e di chi la abita

Il ruolo delle università e delle scuoleun cammino per la vita e il futurodella vita, che impegna ogni per-sona e ogni comunità «fino acomprendere l’umanità intera»(Paolo VI, Populorum progressio,1967).

Come vivere quello che annun-ciamo, quando parliamo di digni-tà, di responsabilità condivisa, dibene comune e di priorità per ipoveri (questi principi compon-gono la «Dottrina sociale dellaChiesa»).

3. Nell’introduzione del Docu-mento «In cammino per la curadella casa comune», siamo invita-ti a tenere a mente la preghierapronunciata da Papa Francesco, il27 marzo 2020, per implorare lafine della pandemia: «Non è iltempo del tuo giudizio, ma delnostro giudizio: il tempo di sce-gliere che cosa conta e che cosapassa, di separare ciò che è neces-sario da ciò che non lo è. È iltempo di reimpostare la rotta del-la vita verso di Te, Signore, e ver-so gli altri. E possiamo guardarea tanti compagni di viaggio esem-plari, che, nella paura, hanno rea-gito donando la propria vita».Evidentemente, questa guida nondispensa dal leggere l’enciclicaLaudato si’, che rimane la fonte diispirazione e di iniziativa.

Laudato si’ è un cammino pergli attori del futuro. È importantesostenere i compagni di viaggio:questo è il senso di questo Docu-mento, che si vuole catechesi ma-nifesta della conversione all’ecolo-gia integrale.

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 8/9

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 8/9

Caritas internatiolis vuole dare voceal grido delle comunità locali concui lavora ogni giorno in tutti i paesidel mondo. Lo ha detto il segretariogenerale Aloysius John, nel suo in-tervento di presentazione del docu-mento In cammino per la cura dellacasa comune.

Il relatore ha sottolineato che lecomunità sono «le prime vittimedell’incapacità di salvaguardare lanostra casa comune» e oggi chiedo-no «azioni mirate e immediate, inparticolare per quanto riguarda la si-curezza alimentare, l’accesso all’ac-qua e la conservazione degli ecosi-stemi». Per quanto riguarda il primoaspetto, occorre accelerare l’afferma-zione del “diritto umano” a «un’ali-

mentazione adeguata e porlo allabase dell’intero ciclo di produzione,distribuzione e consumo di cibo”.Serve anche contribuire alla sicurez-za alimentare mondiale investendo«in sistemi su piccola scala, princi-palmente nei settori dell’agro ecolo-gia, dell’agricoltura familiare e dellapesca, con particolare attenzione perl’ambiente, l’occupazione e la digni-tà sul lavoro e la legalità».

Importante anche il capitolo ac-qua, il cui accesso deve essere «mi-gliorato e ampliato per tutti, renden-

do l’acqua potabile disponibile perl’igiene, la preparazione degli ali-menti, l’uso domestico, l’agricoltu-ra». Le comunità locali, ha auspica-to il segretario generale, devono es-sere rese «protagoniste e responsabilidella loro autosufficienza idrica, raf-forzando la loro capacità di valutarele loro esigenze e adottare adeguatisistemi di gestione e monitoraggio,per immagazzinare acqua e mante-nere condotte e servizi idrici».

Riguardo all’ecosistema, John haevidenziato la relazione causa-effettotra «deforestazione e degrado degliecosistemi tropicali», collegandovianche la diffusione del coronavirus,perché la pandemia da covid-19 — haspiegato — si colloca nel contesto di«una biodiversità globale e di unacrisi climatica». Il segretario genera-le ha raccomandato la promozione«di stili di vita sostenibili e modellidi consumo che rispettino gli ecosi-stemi e la limitazione delle risorsenaturali, che contrastino lo sfrutta-mento e lo spreco sia a livello indivi-duale che collettivo». A questo pro-posito, ha chiesto «l’effettiva prote-zione delle popolazioni tradizionalie indigene», sia per i loro dirittiumani naturali sia per la vasta «co-noscenza sulla conservazione dellabiodiversità, contro lo sfruttamentoabusivo dei loro territori e la distru-zione dei loro habitat». Dopo il co-vid-19, ha aggiunto, nulla sarà più lostesso. Ha, quindi, citato Papa Fran-cesco, ricordando che è tempo di«costruire un nuovo futuro alla lucedella Laudato si’». È giunto il mo-mento, ha fatto notare, per tutti «i

governi e le società civili di compie-re lo sforzo di conversione a cui ilSanto Padre ci esorta in questa pro-fetica enciclica».

Il segretario generale ha poi ricor-dato come la confederazione delleCaritas faccia parte del tavolo daquando è stato istituito nel 2015 perdecisione di Papa Francesco con loscopo di rafforzare il dialogo sullequestioni affrontate dalla Laudato si’e presentare proposte per rispondereai molti problemi che fanno sì che lacasa comune e i poveri “piangano”.Ha poi citato l’impegno di CaritasIndia e Caritas Asia finalizzato afornire nuove conoscenze e compe-tenze tra i piccoli agricoltori al finedi evitare un uso eccessivo di fertiliz-zanti. Ma anche la grande operadella Caritas Burkina Faso per ga-rantire l’accesso all’acqua potabiledelle popolazioni locali. E, infine,

matica dell’attuale crisi, la quale nonè soltanto ambientale ma antropolo-gica, in quanto si estende a tutti gliaspetti della vita personale e dellaconvivenza umana e sociale.

In primo luogo il mondo del-l’educazione è chiamato a creare unamaggiore consapevolezza, stimolan-do l’azione concreta e promuovendola vocazione ecologica dei giovani,degli insegnanti, dei dirigenti e de-gli amministratori impegnati quoti-dianamente nella gestione dellescuole e delle università.

Ma una forte provocazione, dalpunto di vista educativo e scientifi-co, viene dal fatto che i differenti fe-nomeni legati alla crisi ambientalecostringono a misurarsi con la radi-ce comune dell’attuale crisi (e que-sto è un problema di lettura erme-neutica), e poi ad assumere una pro-spettiva olistica e, di conseguenza asuperare la narcisistica e deleteriaframmentazione del sapere per svi-luppare a tutti i livelli l’inter e trans-disciplinarietà.

A tutto ciò si lega la necessariaapertura alla trascendenza: per unautentico cambiamento non si puòfare a meno della dimensione spiri-tuale, che apre un cammino interio-re di conversione e di rinnovamento.Dal punto di vista sociale, oggi nondisponiamo ancora della cultura ne-cessaria per affrontare questa crisi,per questo — afferma la Laudato si’—«c’è bisogno di leadership che indi-chino strade, cercando di rispondere

alle necessità delle generazioni at-tuali includendo tutti, senza com-promettere le generazioni future»(n. 53). A questo specifico compitodevono contribuire le università e lescuole cattoliche con progetti inter-disciplinari condivisi e con la crea-zione di reti di cooperazione a livel-lo educativo, accademico e di ricer-ca.

Tra l’altro, l’esigenza di attivaredinamiche integrali è sottolineatadall’articolo 12 dell’Accordo di Parigi,dove si sostiene che «le Parti coope-rano nell’assumere le misure neces-sarie, ove opportuno, a migliorarel’istruzione, la formazione, la co-scienza e la partecipazione pubblica[...]».

Qualche esperienza. A livello diuniversità vorrei ricordare tre esem-pi: a) la Pontificia Università Jave-riana di Bogotá ha creato un Istitu-to di studi superiori per promuoverela “Casa comune” avviando e coor-dinando numerose iniziative in mol-te altre Università dell’America Lati-na; b) una rete di Università cattoli-che sta promuovendo progetti di ri-cerca in vari continenti attraverso leFacoltà di agraria e coinvolgendo leIstituzioni pubbliche locali; c) gliAtenei Pontifici romani hanno crea-to da due anni un Joint Diploma inEcologia integrale, una pregevoleiniziativa che riscuote successo.

A livello di scuole sono nate mol-teplici iniziative, soprattutto dalleCongregazioni religiose che hannocolto nella Laudato si’ un filoneeducativo molto concreto e coinvol-

gente per una pedagogia attiva; ba-sti pensare ai progetti dei Salesiani,dei Gesuiti, dei Fratelli delle scuolecristiane e di tante altre istituzionieducative.

Anche a livello interreligioso staavendo una grande diffusione la me-todologia Design for Change, nata inIndia e ora diffusa in centinaia dimigliaia di scuole in tutto il mondo.

Qualsiasi progetto o storia dicambiamento si compone di quattrofasi metodologiche che consentonodi cambiare la propria realtà perso-nale, sociale o ambientale, e cioè:sentire la necessità o i problemi, im-maginare nuove soluzioni, agire ocostruire il cambiamento, condivide-re la storia di cambiamento per con-tagiare e ispirare gli altri. Anche lescuole cattoliche hanno adottatoquesta metodologia basandola suiprincipi antropologici evangelici el’hanno chiamata Yo puedo, I can.

A livello di percorsi informali o diformazione continua si potrebberocitare tante esperienze molto interes-santi: dalle iniziative di Scholas Oc-currentes con i giovani, ai progettidelle Summer schools di Sant’Egi-dio, dagli incontri promossi da NewHumanity con gli indigeni guaranáalle proposte di Earth Dayo dell’Av-si con gli scout di varie religioni inSomalia o in Kenya.

Il lavoro di preparazione all’even-to del Patto educativo ha sceltol’“ecologia integrale” come uno deipunti fondamentali su cui raccoglie-re le buone pratiche nel mondo.

Benedetto XVIin Germania

in visitaal fratello malato

Per stare accanto al fratello no-vantaseienne ammalato GeorgRatzinger, Benedetto XVI si trovada giovedì 18 giugno a Regen-sburg in Germania. Lasciata la re-sidenza nel monastero Mater Ec-clesiae nei Giardini vaticani, è sta-to accompagnato nel suo Paesed’origine, dall’arcivescovo GeorgGänswein, un medico, un infer-miere, una delle Memores dominiche se ne prendono cura e dal vi-cecomandante del Corpo dellaGendarmeria dello Stato dellaCittà del Vaticano.

Il Papa emerito, ha riferito ildirettore della Sala stampa dellaSanta Sede Matteo Bruni, trascor-rerà in Baviera «il tempo necessa-rio».

ha ricordato la campagna «Una fa-miglia umana, cibo per tutti», pro-mossa dalla confederazione dal 2013al 2015 e sostenuta dal Papa, cheaveva al centro il diritto umano alcibo e la sua piena realizzazione pertutti. Questi progetti rappresentanole risposte delle Chiese locali al bi-sogno di conversione ecologica perla salvaguardia della casa comune.Oggi, ha sottolineato, in questo mo-mento di crisi, la profezia dell’enci-clica di Bergoglio si è dimostrata ve-ra, perché indica «l’ecologia integra-le come l’obiettivo attraverso il qualesiamo chiamati a comprendere e ri-spondere alla realtà attuali». Tutte le162 organizzazioni della Caritasstanno rispondendo alle sfide postedalla pandemia da covid-19 e hannofornito «aiuti umanitari per sopperi-re ai bisogni dei poveri che sono sta-ti maggiormente colpiti dalla crisi»,in particolare con sussidi alimentari,alloggi e assistenza sanitaria.

Gli ha fatto eco Tomás Insua, co-fondatore e direttore esecutivo delGlobal Catholic Climate Movement,il quale ha sottolineato come l’app el-lo della Laudato si’ ad «ascoltare siail grido della terra sia il grido deipoveri» non miri a «diffondere lapaura, ma a proporre un percorso diconversione». È noto, ha aggiunto,che questo itinerario esiste solo gra-zie a coloro che lo percorrono. Og-gi, ha fatto notare, la Laudato si’può portare «frutti di conversionesolo se i testimoni continuano a se-guire il percorso indicato nell’encicli-ca». Essere testimoni significa «quel-li che trasmettono», «quelli che pro-

pongono», «quelli che decidono edecidono di agire». Chi sono questitestimoni? Si è chiesto Insua. Sonoportatori «di interessi della vita eco-nomica e politica», sono «le comu-nità locali con i loro ricordi e le lorosperanze»; sono i giovani ma anchegli anziani è stata la risposta.

Insua ha ricordato l’affermazionedi Papa Francesco nell’esortazioneChristus vivit: affinché i giovani «so-gnino il mondo di domani, abbiamobisogno che gli anziani continuino asognare il mondo di oggi». Occorre,ha aggiunto, incontrare una «comu-nità umana ferita da disuguaglianzecrescenti e un conflitto sempre piùprofondo». Serve agire e decidere afavore di un diverso sviluppo, attra-verso il dialogo e le pratiche quoti-diane della sobrietà. La presentazio-ne di alcune “buone pratiche”, haconcluso, implica il risveglio di altreiniziative educative e comunitarie.