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In aula 1. Strumenti non convenzionali Nel suo “Metodo per suonare” Giuseppe Chiari consiglia di inventare strumenti ‘sperimentali’. Si riferisce, inizialmente, al ‘sonaglio’, definito - in senso assai largo - come “un corpo sostenitore di altri molteplici corpi”. Il moto trasmesso al sostenitore attraverso un urto si trasferisce alle altre componenti del sonaglio in modo imprevedibile. In passato l’incontrollabilità scatenata dall’urto veniva limitata e controllata. L’ipotesi di lavoro di Chiari è che si possa abbandonare questo controllo, attraverso alcuni espedienti costruttivi: - gli elementi costitutivi siano di peso e materiali differenti l’uno dall’altro; - il collegamento di questi materiali al corpo sollecitante avvenga attraverso altri corpi di lunghezza diversa e con tecniche differenti; - i punti di contatto fra corpi e materiali siano disposti irregolarmente; - la forza sollecitatrice non venga trasmessa dal bambino che suona a intervalli costanti; - non si determini controllo sulle forze che interagiscono, lasciandole libere di scatenare eventi imprevisti. Ipotesi sui materiali da usare: ferro; gomma; legno; vegetale; cartone; vetro; porcellana; rame; stoffa; latta; bambù; acqua; seta. Studio sulle forme dei corpi: piramide, quadrato/dado, cerchio, disco, sfera, uovo; etc. Vengono denominati ‘sassi’ tutti gli oggetti non identificati geometricamente da forme semplici o riconoscibili; Giuseppe Chiari precisa: “...i sassi avranno movimenti vari ma ogni sasso avrà i suoi movimenti e si distinguerà da un altro. Perciò un musicista può cercare e trovare il suo sasso - il sasso che a lui risponde”. Ogni oggetto può interagire in vario modo - anche se solo posto sul banco a dondolare - con gli altri; può interagire con i ‘sonagli’; essere messo, o meno, in contatto con gli altri oggetti/suono prodotti; Studio sulle quantità: la quantità qui non va intesa come ‘volume’; utilizzando una ciotola e piccoli corpi (anche vegetali), si possono scatenare suoni attraverso semplici azioni, come rovesciare; far precipitare; dividere; scegliere. Si può decidere, istantaneamente e senza l’uso di schemi o partiture, ma solo attraverso pratiche, se interagire con gli altri strumenti sperimentali, oppure no. Esempi di questi ‘movimenti’ di flusso, o ‘azioni’ sono presenti oltre che negli studi di Giuseppe Chiari anche nei lavori di altri musicisti ‘fluxus’ italiano, come Walter Marchetti (“Per la sete dell’orecchio”), e in quelli di altri noti musicisti ‘fluxus’ (George Brecht, La Monte Young, Cornelius Cardew et al.). 2. Chitarra Sempre dal “Metodo per suonare” di Giuseppe Chiari si mutua un secondo esempio, questa volta a partire da uno strumento tradizionale molto diffuso. Seduti per terra, si distenda la chitarra sulle gambe, in modo che tocchi terra. Le corde vengono “slentate”; Chiari consiglia questo modello: la 1a corda in alto: molto esageratamente slentata; la 2a corda: poco oltre il punto A (vedi immagine, tratta dagli appunti originali di Chiari); la 3a corda: anche interna ai punti B e A; la 4a corda: poco oltre il punto B; la 5a corda: molto slentata ma un po’ meno in confronto alla 1a; la 6a corda è assente. Sperimentare modi di ‘attacco’ non convenzionali. Ad esempio: toccare, sfiorare, strappare, premere, stringere, colpire. Ciascuna di queste metodologie è stata sperimentata durante le performance live di questi musicisti come una nuova modalità di produzione di ‘suono’ attraverso gesti non convenzionali. Ad esempio: “il dito entra sotto la corda; l’attaccatura interna della 1a con la

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In aula 1. Strumenti non convenzionali Nel suo “Metodo per suonare” Giuseppe Chiari consiglia di inventare strumenti ‘sperimentali’. Si riferisce, inizialmente, al ‘sonaglio’, definito - in senso assai largo - come “un corpo sostenitore di altri molteplici corpi”. Il moto trasmesso al sostenitore attraverso un urto si trasferisce alle altre componenti del sonaglio in modo imprevedibile. In passato l’incontrollabilità scatenata dall’urto veniva limitata e controllata. L’ipotesi di lavoro di Chiari è che si possa abbandonare questo controllo, attraverso alcuni espedienti costruttivi: - gli elementi costitutivi siano di peso e materiali differenti l’uno dall’altro; - il collegamento di questi materiali al corpo sollecitante avvenga attraverso altri corpi di lunghezza diversa e con tecniche differenti; - i punti di contatto fra corpi e materiali siano disposti irregolarmente; - la forza sollecitatrice non venga trasmessa dal bambino che suona a intervalli costanti; - non si determini controllo sulle forze che interagiscono, lasciandole libere di scatenare eventi imprevisti. Ipotesi sui materiali da usare: ferro; gomma; legno; vegetale; cartone; vetro; porcellana; rame; stoffa; latta; bambù; acqua; seta. Studio sulle forme dei corpi: piramide, quadrato/dado, cerchio, disco, sfera, uovo; etc. Vengono denominati ‘sassi’ tutti gli oggetti non identificati geometricamente da forme semplici o riconoscibili; Giuseppe Chiari precisa: “...i sassi avranno movimenti vari ma ogni sasso avrà i suoi movimenti e si distinguerà da un altro. Perciò un musicista può cercare e trovare il suo sasso - il sasso che a lui risponde”. Ogni oggetto può interagire in vario modo - anche se solo posto sul banco a dondolare - con gli altri; può interagire con i ‘sonagli’; essere messo, o meno, in contatto con gli altri oggetti/suono prodotti; Studio sulle quantità: la quantità qui non va intesa come ‘volume’; utilizzando una ciotola e piccoli corpi (anche vegetali), si possono scatenare suoni attraverso semplici azioni, come rovesciare; far precipitare; dividere; scegliere. Si può decidere, istantaneamente e senza l’uso di schemi o partiture, ma solo attraverso pratiche, se interagire con gli altri strumenti sperimentali, oppure no. Esempi di questi ‘movimenti’ di flusso, o ‘azioni’ sono presenti oltre che negli studi di Giuseppe Chiari anche nei lavori di altri musicisti ‘fluxus’ italiano, come Walter Marchetti (“Per la sete dell’orecchio”), e in quelli di altri noti musicisti ‘fluxus’ (George Brecht, La Monte Young, Cornelius Cardew et al.). 2. Chitarra Sempre dal “Metodo per suonare” di Giuseppe Chiari si mutua un secondo esempio, questa volta a partire da uno strumento tradizionale molto diffuso. Seduti per terra, si distenda la chitarra sulle gambe, in modo che tocchi terra. Le corde vengono “slentate”; Chiari consiglia questo modello: la 1a corda in alto: molto esageratamente slentata; la 2a corda: poco oltre il punto A (vedi immagine, tratta dagli appunti originali di Chiari); la 3a corda: anche interna ai punti B e A; la 4a corda: poco oltre il punto B; la 5a corda: molto slentata ma un po’ meno in confronto alla 1a; la 6a corda è assente. Sperimentare modi di ‘attacco’ non convenzionali. Ad esempio: toccare, sfiorare, strappare, premere, stringere, colpire. Ciascuna di queste metodologie è stata sperimentata durante le performance live di questi musicisti come una nuova modalità di produzione di ‘suono’ attraverso gesti non convenzionali. Ad esempio: “il dito entra sotto la corda; l’attaccatura interna della 1a con la

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2a falange è a contatto con la corda; il dito si allontana con violenza; più il dito è sotto, più il venir via è violento”.

Queste modalità, a differenza che nel primo esempio (“strumenti sperimentali”), si configurano, come si può constatare, come vere e proprie istruzioni operative. Ciascun piccolo gruppo di esecutori può identificare alcune modalità operative, sperimentando i movimenti non convenzionali e, soprattutto, effettuando la scelta dei movimenti in relazione ai suoni prodotti. In tal modo, la tecnica esecutiva appare in stretta relazione con la qualità di produzione dei medesimi, interessando anche l’esplorazione del campo discreto/continuo e la nozione di ‘densità’. 3. Pianoforte Sulla tastiera di un pianoforte possono effettuarsi attacchi non convenzionali, in modo da creare vere e proprie partiture gestuali. Le possibilità sono state molto indagate alla fine del secolo, durante la fase della ricerca sperimentale. Tra gli attacchi, quelli ideati da Giuseppe Chiari sono stati formidabili per esiti. Egli pubblicò un manuale molto particolare, costituito esclusivamente da fotografie di posizioni (tratte da un video) e intitolato “Gesti sul piano”. Adattando alle esigenze d’aula questi movimenti, si potrà utilizzare sia la tastiera che la cassa o altri componenti del pianoforte, sperimentandone una destinazione non convenzionale (ad esempio dei pedali o delle corde).

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4. Pianoforte preparato Una possibilità ulteriore che riguarda il pianoforte è quella di riscoprirne la natura di strumento a corde percosse. Una ‘preparazione’ può consistere nell’inserimento di piccoli oggetti tra le corde, in modo da ottenere, su zone o singoli tasti, un effetto semipercussivo. Un brano celebre che può prendersi ad esempio è “Music for Marcel Duchamp” di John Cage, del lontano 1947. Simile ad orchestre percussive balinesi, può ascoltarsi anche “Sonatas and interludes for prepared piano”, magari nell’esecuzione storica del pianista-compositore Giancarlo Cardini. La ‘preparazione’ del pianoforte può essere molto semplice o estremamente complessa. Scegliendo la prima ipotesi, possono usarsi semplici gomme per cancellare, cunei di plastica (del tipo di quelli che bloccano le porte), piccoli bulloni, strisce di stoffa da collocare a cavallo delle corde, in modo da alterarne il suono. Si individueranno zone della tastiera sulle quali intervenire, osservando attentamente quali martelletti azionano, e quali corde toccano. Su quelle corde si deciderà di intervenire con la preparazione, per poi procedere alla performance. Quest’ultima, oltre che nella prova degli ‘attacchi’ già sperimentati con i ‘gesti sul piano’ di cui al precedente esempio, potrà anche consistere nella semplice esecuzione di un brano celebre, già noto agli alunni, per valutare come possa cambiare intervenendo sui timbri. 5. Modelli tratti da musiche preesistenti Brani non difficilissimi che usano la cordiera del pianoforte sono, ad esempio, “Aeolian Harp” o “Sinister Resonance” di Henry Cowell: una guida alla loro esecuzione molto dettagliata si può reperire nel “Metodo per pianoforte” del compositore fiorentino Daniele Lombardi (intitolato “Fogli d’album”). “In a Landscape”, di John Cage, è un brano non difficilissimo, in cui è possibile approfondire uno studio di strutture ritmiche ariose (15 x 15 - 5.7.3.), miste all’uso congiunto del pedale di risonanza e del pedale ‘una corda’. “The book of Sounds” di Hans Otte mostra come sia possibile usare alcune cellule minimali per costruire musica in parte affidata anche alla libertà di scelta dell’esecutore. Nel caso di alunni che siano in una fase più avanzata di studio dello strumento, si potranno sperimentare tecniche avanzate di ‘variazione’, sia nella musica d’insieme che nella pratica individuale, a partire da un brano molto conosciuto, per giocare con la nozione di ‘repertorio’, renderla flessibile, attualizzarla. Si riporta un esempio condotto sul celebre “Preludio” in do maggiore di J.S. Bach; utilizzando semplici spostamenti d’accento, ripetizioni, piccole modifiche, si attualizza il classico nell’ottica delle ‘musiche replicanti’.

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Un altro esempio è la seguente facilitazione di un brano per piccola geometria su un celebre tema di Satie, di cui si fornisce, in collegamento, la partitura: “Erik Game” (occorre avere sul computer un reader del software “Finale”). Tali possibilità restano aperte in direzione di qualsiasi trascrizione/semplificazione, purché essa venga attualizzata e si mostri in grado di favorire i primi passi creativi dell’alunno. La stringa di intervento, la successione operativa, parte dalla ‘semplificazione’ di un brano, per poi rivolgersi alle pratiche della trascrizione, parafrasi, reinvenzione, etc. Naturalmente, tutte queste musica possono essere usate come spunti da cui partire per costruire assieme agli alunni materiali inediti, o modificare musiche note attraverso l’utilizzo di tecniche di selezione e assemblaggio. Isolando piccole cellule armoniche e adottandole come modello di costruzione. Ad esempio, partendo del numero otto del “Book of Sounds” di Hans Otte si potrà facilmente costruire un piccolo pezzo. Analogamente, usando le variazioni proposte nel numero “11” si potranno inventare figure di base sulle quali costruire accompagnamenti utili a sostenere note ‘lunghe’ compatibili. Si tratta di prove embrionali di scrittura e/o improvvisazione, da sperimentare con alunni in fase di valorizzazione. 6. Modelli tratti da musiche minimali Anche la musica minimale si presta agilmente ad una utilizzazione in aula. Basterà predisporre modelli basati sulla reiterazione di strutture, avendo attenzione alla determinazione di un periodo che regoli la variazione minima che si va ad introdurre. I loop così costituiti potranno inizialmente usare arpeggi, sperimentare sovrapposizioni ritmiche (anche irregolari), e successivamente provare a identificare note lunghe che si sovrappongano ai ritmi prescelti. Autori dai quali è possibile acquisire modelli da adattare, con difficoltà crescente, potrebbero essere: Philip Glass (“Escape”, tratto da “The Hours”; “Liquid Days, part one”; “Metamorphosis one”); Wim Mertens (“Close cover”; “At home, Not at home”, versione con strumenti; “Shaping the Curve”); Michael Nyman (“Chasing

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Sheep is Best Left to Sheperds”); Yann Tiersen (“Le vieux en veut encore”); John Adams (“China Gates”). 7. Collage Partendo da materiali di qualsiasi tipo si può costruire una tavolozza di suoni disponibili ad essere utilizzati per creare un collage, esattamente come si farebbe se si trattasse di un disegno. Molti sotware a distribuzione gratuita possono servire allo scopo, e naturalmente è necessaria la presenza, in aula, di un calcolatore. I materiali di partenza possono essere tratti da: suoni prodotti e registrati in aula; registrazioni ‘esterne’ degli alunni (con i telefonini, suoni tratti dai loro contesti-paesaggi sonori quotidiani); frammenti audio estratti da cd audio; musiche gratuite presenti in rete; frammenti audio estratti da video pubblicati su You Tube; banche di suoni free pubblicate su cd (qualsiasi rivista dedicata alla computer music allega cd con decine di tali frammenti di libera utilizzazione); etc. Questi frammenti possono essere: lunghi (bordoni; ronzii; materiali lo-fi; etc.); brevi (simili a campioni); identificabili (contesti descrittivi, a programma, etc) o non identificabili; disegnare linee tematiche riconoscibili o meno; essere accompagnati da linee ritmiche (in tal caso i brani prodotti non saranno lontani dalle rielaborazioni che i ragazzi amano trattare sui loro computer domestici, alla maniera dei dj, con programmi come Traktor, Virtual dj, Mixxer, etc.). Per formulare un esempio, vengono resi disponibili: estratti da canzoni napoletane d’epoca (scomposizione); la loro ricomposizione in modo riconoscibile; la loro metacomposizione attraverso tecniche di trasformazione del suono più avanzate (sintesi granulare). Si noti come nella versione elaborata attraverso sintesi, restino tuttavia riconoscibili inflessioni e accenti. Ciò offre un forte connotato identitario utile a individuare e consolidare la nozione di cittadinanza ed il legame con i territori. 8. Interazioni suono-colore Uno dei primi ad aver introdotto interazioni tra suoni e colori è stato Pietro Grossi, il pioniere della musica elettronica italiana che inventò la cosiddetta ‘homeart’ (già negli anni Sessanta). Numerosi lavori di Grossi, come ad esempio Tetrafono, possono porsi in relazione con il secondo futurismo, con Munari, e l’arte olografica. La Homeart trae da questa seconda linea ispiratrice alcune sue caratteristiche, come la replicabilità, la virtualità, la concezione di uno spazio in movimento, a partire dalla proiezione di semplici fasci di luce. Ispirandosi a queste prassi così lontane nel tempo, è possibile trarre dei percorsi emozionali (paura, gioia, serenità, dispiacere..., ma anche fame, rabbia, dolore), abbinando gli stati d’animo a colori e suoni. Si potranno produrre piccole performance basate progressivamente su: improvvisazione; partiture concettuali; partiture visive. Interessante anche l’esplorazione delle possibilità di nuove notazioni (comprensive naturalmente, in questo caso, dell’uso di colori e del loro abbinamento alle emozioni che si intende sperimentare/descrivere/eseguire/improvvisare). 9. Con l’iTouch Sono innumerevoli le applicazioni musicali usate dai ragazzi sui loro dispositivi portatili. Solo per formulare un esempio, si provi “Air”, una ‘app’ di musica ambient elaborata con l’apporto di Brian Eno. L’applicazione consente di produrre musica con campioni preselezionati, sempre compatibili tra loro. Con “Air” possono usarsi, ad esempio, fino ad otto iPod o iPhone, avendo cura di selezionare il numero che appare nella schermata sotto riprodotta, il quale controlla la densità/sospensione tra gli eventi ed altre variabili per

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garantire compatibilità di produzione. Sulla schermata principale, toccando con le dita un colore, esso ‘accenderà un suono’. (seguono Jpeg Air 1 e Air 2)

Altre ‘app’ simili sono riprodotte a mo’ d’esempio nelle figure che seguono. Si tratta di ‘Aure’, programma che consente l’interazione tra forme geometriche abbinate ad alcuni parametri del suono: (Jpeg 2 e 3)

Segue “Trope”, che invece abbina la produzione di suoni e colori ai disegni tracciati con il dito sullo schermo (Jpeg 4 e 5):

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10. Il corpo Probabilmente l’esperienza più esaltante e difficile per docenti e alunni concerne l’esplorazione del corpo e del silenzio. Ciò comporta un complesso lavoro di sensibilizzazione e studio che riguarda la sfera della percezione. In aula: come suonano il torace, la gamba, il braccio? concentriamo l’attenzione sul respiro, sincronizzando quello di tutti i presenti. Chiudiamo gli occhi e con le mani tappiamoci le orecchie. Ascoltiamo le pulsazioni del corpo. Produciamo suoni a bocca chiusa. (I docenti ascoltino, se possibile, esempi degli esperimenti vocali di Demetrio Stratos: sono facilmente reperibili su You Tube: http://youtu.be/lOhQPPHzWM8). Esiste il silenzio? Come interagisce con i suoni prodotti dal nostro movimento? come suona la scuola? l’esterno/aula? come si può interagire con i suoni che ci arrivano dall’esterno? si può creare una partitura ambientale che utilizzi in notazione i suoni prodotti dal corpo e preveda come parte aleatoria quelli prodotti dall’ambiente? (ci si riferisca, se possibile, agli studi di John Cage e ai video di Luciano Martinengo).

(Girolamo De Simone)