“In a world tradito dalla profezia McNealy, il profeta · Via dei Gracchi 123 - 00192 Roma...

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IL GIORNALE DELL’INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGY DALL’AMERICA E DALL’ASIA WorldVision DALL’8 AL 21 MAGGIO PAG.2 EDIZIONI CORPO 10 SOC. COOP. Via dei Gracchi 123 - 00192 Roma DIRETTORE RESPONSABILE Gildo Campesato REDAZIONE Largo di Torre Argentina, 11 - 00186 Roma tel. 06-68.41.221 fax 06-68.80.41.32 [email protected] STAMPA Litosud s.r.l. SERVIZIO ABBONATI Largo di Torre Argentina, 11 - 00186 Roma tel. 06-68.41.221 fax 06-68.80.41.32 [email protected] PUBBLICITÀ Target Media Group Via Isonzo 32 - 00198 Roma tel. 06-840.83.208 fax 06-842.42.758 [email protected] Registrazione e Autorizzazione Tribunale di Roma n.188/2005 del 12/5/2005 Arretrati 6,00 euro. Abbonamento annuo 60,00 euro (22 numeri) Estero 120,00 euro Stampato in rotoffset in 18.000 copie QUINDICINALE “In a world without fences, who nee- ds gates?” In un mondo senza recinti chi mai ha bisogno di cancelli? Questa fu la domanda che, con retorica ironia, nel non poi tanto lontano 1998, Scott McNealy ri- volse alla platea d’una delle più importanti conferenze tecnologiche del pianeta in corso a Las Vegas. E fin troppo evidente era il metaforico significato della frase. Gates, cancelli, stava evidentemente per l’omonimo William Henry, meglio noto come Bill, fondatore di Microsoft e deca- dente tiranno d’un mondo recintato ormai prossimo alla scomparsa. O meglio: d’un impero – noto come Wintel, Windows più Intel – cresciuto, con totalitaria protervia, sulla natura “chiusa”, prigioniera d’assai rigidi criteri di proprietà, d’una tecno- logia basata sull’obsolescente binomio software-hard disk. Otto anni sono passati da quel giorno. Ed una parte non piccola di quella profezia s’è, alla prova dei fatti, avverata. Perché, davvero, la crescente centralità della Rete ha, in questo lasso di tempo – quasi un’eternità, se misurata sul metro dell’alta tecnologia - abbattuto molti recinti che impedivano il libero dispiegarsi della “Internet Revolution”, nel contempo inevitabilmente travolgendo anche molti dei “cancelli” la cui scomparsa McNealy aveva preconizzato. Distruggendoli, anzi, tutti tranne uno. Il più importante ed in- gombrante: proprio quello, guarda caso, ch’era all’origine della metafora. Bill Gates è infatti – girata da tempo la boa del terzo millennio – tuttora saldamente al suo posto di comando. Più esattamente: è ancora – sotto il nome di “Chief Software Architect” di Microsoft – alla guida d’un impero passato pressoché indenne attraver- so le tempeste ed i terremoti di questi anni. Ed è anche – nonostante qualche livido - apparentemente in grado d’affrontare con relativa ed assai prodiga tranquillità (vedi i 21 miliardi di dollari impegnati in assai edificanti iniziative contro l’AIDS, la malaria e la fame nel mondo) un futuro pur ricolmo di incognite. Chi invece se ne è appena andato – tra gli ingenerosi applausi del mondo della finanza - è proprio l’autore della profezia. Lo scorso 24 aprile, Scott McNealy ha annunciato, dopo 22 anni d’ininterrotta ed assai visibile permanenza, la sua rinuncia alla carica di Chief Execu- tive Officer di Sun Microsystem. E Wall Street, come sempre incapace di gratitudi- ne, ha salutato la sua partenza regalando ai titoli di Sun quasi nove punti in percentua- le d’aumento; e lasciando agli storici della rivoluzione tecnologica – da sempre più propensi ai sentimentalismi – il compito di rispondere ad un impellente quesito. Per quale motivo Scott McNealy non è riuscito a sopravvivere al suo vaticinio? O, più esattamente: perché se le previsioni di Mc- Nealy erano nella sostanza corrette, è stato infine lui – e non il “Cancello” di Redmond – ad imboccare la via del tramonto? Per rispondere, occorre sinteticamente ri- percorrere le vicende tecnologiche dell’ul- timo decennio. E, in particolare, riesami- nare il dibattito che, sul finire delle scorso millennio, si sviluppò sull’onda dell’esplo- sivo sviluppo di Internet e delle tecnologie connesse. McNealy era stato, tra i grandi capitani d’industria, uno tra i più coerenti e radicali teorici d’uno sviluppo fondato sulla assoluta centralità della Rete e sulla progressiva e conseguente trasformazio- ne del software da prodotto a servizio. Ed il tutto sulla base di un principio – “il network è il computer” - proclamato fin dai tempi in cui (verso la metà degli anni ’80) il PC cominciava a soppiantare i mainfra- mes della IBM, ormai prossimi a seguire la stessa sorte dei dinosauri. McNealy aveva – insieme a Vinod Kho- sla, poi divenuto, alla guida della Kleiner Perkins Caufield & Byers, uno dei più potenti esponenti del venture capital della Silicon Valley - fondato Sun Microsystem nel 1982, in piena preistoria della rivolu- zione tecnologica (luogo di nascita: Santa Clara. Numero iniziale di impiegati: 9). E sotto la sua guida l’impresa era in pochi an- ni diventata una delle principali produttrici (a livello planetario) di workstations (hard e soft), nonché uno dei principali centri di innovazione della Silicon Valley. Ai labo- ratori di Sun Microsystem – un’autentica fucina di talenti tecnologici e manageriali oggi disseminati in molti dei punti chiave del mondo dell’hi-tech, da Bill Joy a Carol Bartz, da Kim Polese a Ed Zander, da Eric Schhmidt a Andrea Bechtolsheim – si deb- bono tecnologie come il NFS (Network Fi- le System), lo SPARC (Scalable Processor Architecture), il sistema operativo Solaris ed una buona parte di quel protocollo http divenuto uno dei pilastri di Internet. Ultimo e fondamentale tocco di questo luminoso processo: la creazione del Java, capace di unificare la babele delle piattaforme e, quel che più conta, capace di dare un senso di compiutissima attualità al principio enunciato oltre un decennio prima da Scott McNealy. Ed è stato proprio partendo (o ripartendo) da qui, dal Java, che Scott è divenuto, sul finire degli anni ’90, forse il più ciarliero ed aggressivo dei “billofobi”. Ovvero: di quei “nemici di Bill Gates” decisi a combattere – nel nome d’un mondo “internetcentrico” – la dittatura del personal computer e del relativo sistema operativo. L’internetcen- trismo è diventato – sia pure in tempi più lunghi da quelli profetizzati da McNealy e da altri guru della Silicon Valley – un’in- discutibile realtà. Ma anziché assassinare, come pronosticato, il sistema operativo ed il Personal Computer, ha se non proprio ucciso, severamente malmenato Sun Mi- crosystem ed il suo fondatore (l’una e l’al- tro da cinque anni protagonisti d’una crisi d’identità dalla quale sembrano incapaci di uscire). Perché? Fondamentalmente per due motivi. Per- ché Microsoft e Windows hanno avuto – contrariamente alle previsioni di McNealy – la capacità d’adattarsi con camaleontica (o gattopardesca) agilità al nuovo che avan- zava. E perché McNealy, ossessivamente impegnato, come capitan Achab, nella sua caccia a Moby Dick Bill Gates, ha finito per non vedere quello che della rivoluzione da lui annunciata era il più logico prodotto. Ovvero: l’ascesa dell’open source e del Li- nux, rapidamente diventato un devastante concorrente non tanto di Windows, quanto del Solaris… E questo è, a ben vedere, il paradosso, la quasi beffarda contraddizio- ne che oggi accompagna la caduta di Scott McNealy. McNealy, il profeta tradito dalla profezia La Borsa ha salutato con grande favore l’uscita di scena del fondatore di Sun Microsystem: aveva previsto l’era di Internet ma non gli sviluppi che avrebbero messo in crisi la sua creatura La storia È stato il più acceso dei «billofobi» i nemici di Microsoft decisi a combattere la dittatura del Pc Il declino Un’impresa e il suo capo da cinque anni protagonisti di una crisi d’identità che sembra senza fine Massimo Cavallini Il made in China si va conquistando sempre più spazio nel mercato italiano e il made in Italy non è da meno. Sorprenden- temente, considerate le annose polemiche sull’incapacità del marchio Italia di colo- nizzare nuove aree di business oltre confine a causa della sofferente vitalità produttiva e inventiva, l’Italia ha messo a segno un bel colpo nei primi tre mesi dell’anno. Le esportazioni Italia-Cina hanno infatti regi- strato un incremento che ha consentito di superare la soglia del 20%, un netto balzo in avanti rispetto all’inizio del 2005, per un valore di interscambio di 18,6 miliardi di dollari e “nonostante le recenti problema- tiche sul tessile e sulle calzature continua ad essere considerato strategico”, si legge sulla nota emessa dall’uscente ministero delle Attività produttive. “Nei primi tre mesi dell’anno - ha com- mentato il vice-ministro alle Attività pro- duttive con delega al Commercio estero Adolfo Urso - abbiamo registrato un vero e proprio boom delle nostre esportazioni in Cina, superando la soglia del 20%, un segno evidente che le imprese italiane scommettono su uno dei più promettenti mercati del futuro”. Le iniziative italiane nel mercato del Dra- gone, oltre che riferirsi all’export puro di prodotti, stanno andando in direzione delle sinergie operative fra i due Paesi, in mate- ria di servizi e di ricerca, quindi di Terzo settore. Fra le più recenti vale la pena di segnalare quella che a seguito dell’accordo fra la nostrana Rai e l’emittente televisiva CCTV, permetterà all’Italia di arrivare sui video delle tv cinesi per 3 ore e mezza al giorno e quindi di fatto di debuttare in un mercato, quello televisivo, considerato particolarmente promettente in Cina. In materia di hi-tech è dei giorni scorsi la notizia dell’accordo di collaborazione fra la Sicilia e la provincia cinese di Hunan, ossia tra il Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia e il Parco High Tech della Lu Valley, nella Zona di sviluppo industriale di Changsha, capitale dell’Hunan, zona cen- tro-meridionale della Repubblica popolare cinese. Il protocollo, siglato a Londra e in parte finanziato dal ministero delle Attività produttive in collaborazione con l’Istituto per il Commercio estero, prevede “un vero e proprio piano operativo per l’anno 2006 che integra l’accordo più generale siglato in Cina lo scorso 22 settembre e mette in calendario una serie di visite conoscitive delle reciproche realtà industriali da parte di esperti, ricercatori, rappresentanti delle università e imprenditori, al fine di facilita- re la cooperazione e lo scambio tra i centri di ricerca e di incoraggiare joint ventures e incubare nuove imprese italo-cinesi, indu- striali e commerciali in tutti i settori”, ha annunciato il presidente del Psts, Antonino Catara. “Compito nostro e dei colleghi cinesi - ha proseguito Catara - sarà quello di preparare un portafoglio di aziende, soprattutto di prodotto, tecnologie e servizi del settore agroalimentare, ma anche dell’hi-tech in genere, che vogliano scommettersi nei ri- spettivi mercati, e quello di fornire loro tut- ta l’assistenza necessaria in Italia e in Cina. A tal fine è già stato attivato a Changsha un apposito ufficio del Psts per l’incubazione di imprese cino-italiane”. E un’attività di scambio di opinioni e dati è previsto con gli esperti di E-Research, società di ricerca e analisi economiche. La prima visita dei delegati cinesi alle sede del Parco scientifico e tecnologico di Catania, durante la quale sono state mo- strate tecnologie italiane ritenute addette al mercato cinese, è stata effettuata il 29 apri- le. A giugno sarà una delegazione siciliana a prendere contatto con la realtà economica della zona di sviluppo industriale High Te- ch di Changsha. A settembre, una delega- zione governativa ufficiale della provincia di Hunan visiterà la Sicilia. Il made in Italy che punta sulla Cina L’export puro si attesta oltre la soglia del 20%. Sinergie in vista in materia di servizi e ricerca Hi-tech Collaborazione fra la Sicilia e la provincia cinese di Hunan Televisione Accordo Rai-CCTV per tre ore e mezza di trasmissioni al giorno Enzo Lima

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IL GIORNALE DELL’INFORMATION & COMMUNICATION TECHNOLOGY

D A L L ’ A M E R I C A E D A L L ’ A S I AWorldVision

DALL’8 AL 21 MAGGIOPAG.2

EDIZIONI CORPO 10 SOC. COOP.Via dei Gracchi 123 - 00192 Roma

DIRETTORE RESPONSABILEGildo Campesato

REDAZIONELargo di Torre Argentina, 11 - 00186 Roma

tel. 06-68.41.221 fax [email protected]

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SERVIZIO ABBONATILargo di Torre Argentina, 11 - 00186 Roma

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Via Isonzo 32 - 00198 Romatel. 06-840.83.208 fax 06-842.42.758

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Registrazione e AutorizzazioneTribunale di Roma n.188/2005 del 12/5/2005

Arretrati 6,00 euro.Abbonamento annuo 60,00 euro (22 numeri)

Estero 120,00 euro

Stampato in rotoffset in 18.000 copie

QUINDICINALE

“In a world without fences, who nee-ds gates?” In un mondo senza recinti chi mai ha bisogno di cancelli? Questa fu la domanda che, con retorica ironia, nel non poi tanto lontano 1998, Scott McNealy ri-volse alla platea d’una delle più importanti conferenze tecnologiche del pianeta in corso a Las Vegas. E fin troppo evidente era il metaforico significato della frase. Gates, cancelli, stava evidentemente per l’omonimo William Henry, meglio noto come Bill, fondatore di Microsoft e deca-dente tiranno d’un mondo recintato ormai prossimo alla scomparsa. O meglio: d’un impero – noto come Wintel, Windows più Intel – cresciuto, con totalitaria protervia, sulla natura “chiusa”, prigioniera d’assai rigidi criteri di proprietà, d’una tecno-logia basata sull’obsolescente binomio software-hard disk. Otto anni sono passati da quel giorno. Ed una parte non piccola di quella profezia s’è, alla prova dei fatti, avverata. Perché, davvero, la crescente centralità della Rete ha, in questo lasso di tempo – quasi un’eternità, se misurata sul metro dell’alta tecnologia - abbattuto molti recinti che impedivano il libero dispiegarsi della “Internet Revolution”, nel contempo inevitabilmente travolgendo anche molti dei “cancelli” la cui scomparsa McNealy aveva preconizzato. Distruggendoli, anzi, tutti tranne uno. Il più importante ed in-gombrante: proprio quello, guarda caso, ch’era all’origine della metafora.

Bill Gates è infatti – girata da tempo la boa del terzo millennio – tuttora saldamente al suo posto di comando. Più esattamente: è ancora – sotto il nome di “Chief Software Architect” di Microsoft – alla guida d’un impero passato pressoché indenne attraver-so le tempeste ed i terremoti di questi anni. Ed è anche – nonostante qualche livido - apparentemente in grado d’affrontare con relativa ed assai prodiga tranquillità (vedi i 21 miliardi di dollari impegnati in assai edificanti iniziative contro l’AIDS, la malaria e la fame nel mondo) un futuro pur ricolmo di incognite. Chi invece se ne è appena andato – tra gli ingenerosi applausi del mondo della finanza - è proprio l’autore della profezia. Lo scorso 24 aprile, Scott

McNealy ha annunciato, dopo 22 anni d’ininterrotta ed assai visibile permanenza, la sua rinuncia alla carica di Chief Execu-tive Officer di Sun Microsystem. E Wall Street, come sempre incapace di gratitudi-ne, ha salutato la sua partenza regalando ai titoli di Sun quasi nove punti in percentua-le d’aumento; e lasciando agli storici della rivoluzione tecnologica – da sempre più propensi ai sentimentalismi – il compito di rispondere ad un impellente quesito. Per quale motivo Scott McNealy non è riuscito a sopravvivere al suo vaticinio? O, più esattamente: perché se le previsioni di Mc-Nealy erano nella sostanza corrette, è stato infine lui – e non il “Cancello” di Redmond

– ad imboccare la via del tramonto?Per rispondere, occorre sinteticamente ri-

percorrere le vicende tecnologiche dell’ul-timo decennio. E, in particolare, riesami-nare il dibattito che, sul finire delle scorso millennio, si sviluppò sull’onda dell’esplo-sivo sviluppo di Internet e delle tecnologie connesse. McNealy era stato, tra i grandi capitani d’industria, uno tra i più coerenti e radicali teorici d’uno sviluppo fondato sulla assoluta centralità della Rete e sulla progressiva e conseguente trasformazio-ne del software da prodotto a servizio. Ed il tutto sulla base di un principio – “il network è il computer” - proclamato fin dai tempi in cui (verso la metà degli anni ’80)

il PC cominciava a soppiantare i mainfra-mes della IBM, ormai prossimi a seguire la stessa sorte dei dinosauri.

McNealy aveva – insieme a Vinod Kho-sla, poi divenuto, alla guida della Kleiner Perkins Caufield & Byers, uno dei più potenti esponenti del venture capital della Silicon Valley - fondato Sun Microsystem nel 1982, in piena preistoria della rivolu-zione tecnologica (luogo di nascita: Santa Clara. Numero iniziale di impiegati: 9). E sotto la sua guida l’impresa era in pochi an-ni diventata una delle principali produttrici (a livello planetario) di workstations (hard e soft), nonché uno dei principali centri di innovazione della Silicon Valley. Ai labo-

ratori di Sun Microsystem – un’autentica fucina di talenti tecnologici e manageriali oggi disseminati in molti dei punti chiave del mondo dell’hi-tech, da Bill Joy a Carol Bartz, da Kim Polese a Ed Zander, da Eric Schhmidt a Andrea Bechtolsheim – si deb-bono tecnologie come il NFS (Network Fi-le System), lo SPARC (Scalable Processor Architecture), il sistema operativo Solaris ed una buona parte di quel protocollo http divenuto uno dei pilastri di Internet. Ultimo e fondamentale tocco di questo luminoso processo: la creazione del Java, capace di unificare la babele delle piattaforme e, quel che più conta, capace di dare un senso di compiutissima attualità al principio enunciato oltre un decennio prima da Scott McNealy.

Ed è stato proprio partendo (o ripartendo) da qui, dal Java, che Scott è divenuto, sul finire degli anni ’90, forse il più ciarliero ed aggressivo dei “billofobi”. Ovvero: di quei “nemici di Bill Gates” decisi a combattere – nel nome d’un mondo “internetcentrico” – la dittatura del personal computer e del relativo sistema operativo. L’internetcen-trismo è diventato – sia pure in tempi più lunghi da quelli profetizzati da McNealy e da altri guru della Silicon Valley – un’in-discutibile realtà. Ma anziché assassinare, come pronosticato, il sistema operativo ed il Personal Computer, ha se non proprio ucciso, severamente malmenato Sun Mi-crosystem ed il suo fondatore (l’una e l’al-tro da cinque anni protagonisti d’una crisi d’identità dalla quale sembrano incapaci di uscire). Perché?

Fondamentalmente per due motivi. Per-ché Microsoft e Windows hanno avuto – contrariamente alle previsioni di McNealy – la capacità d’adattarsi con camaleontica (o gattopardesca) agilità al nuovo che avan-zava. E perché McNealy, ossessivamente impegnato, come capitan Achab, nella sua caccia a Moby Dick Bill Gates, ha finito per non vedere quello che della rivoluzione da lui annunciata era il più logico prodotto. Ovvero: l’ascesa dell’open source e del Li-nux, rapidamente diventato un devastante concorrente non tanto di Windows, quanto del Solaris… E questo è, a ben vedere, il paradosso, la quasi beffarda contraddizio-ne che oggi accompagna la caduta di Scott McNealy.

McNealy, il profetatradito dalla profezia

La Borsa ha salutato con grande favore l’uscita di scena del fondatore di Sun Microsystem: aveva previsto l’era di Internetma non gli sviluppi che avrebbero messo in crisi la sua creatura

La storiaÈ stato il più acceso

dei «billofobi»i nemici di Microsoft

decisi a combatterela dittatura del Pc

Il declinoUn’impresa e il suocapo da cinque anniprotagonisti di una crisi d’identitàche sembra senza fine

Massimo Cavallini

Il made in China si va conquistando sempre più spazio nel mercato italiano e il made in Italy non è da meno. Sorprenden-temente, considerate le annose polemiche sull’incapacità del marchio Italia di colo-nizzare nuove aree di business oltre confine a causa della sofferente vitalità produttiva e inventiva, l’Italia ha messo a segno un bel colpo nei primi tre mesi dell’anno. Le esportazioni Italia-Cina hanno infatti regi-strato un incremento che ha consentito di superare la soglia del 20%, un netto balzo in avanti rispetto all’inizio del 2005, per un valore di interscambio di 18,6 miliardi di dollari e “nonostante le recenti problema-tiche sul tessile e sulle calzature continua ad essere considerato strategico”, si legge sulla nota emessa dall’uscente ministero delle Attività produttive.

“Nei primi tre mesi dell’anno - ha com-mentato il vice-ministro alle Attività pro-duttive con delega al Commercio estero Adolfo Urso - abbiamo registrato un vero e proprio boom delle nostre esportazioni in Cina, superando la soglia del 20%, un segno evidente che le imprese italiane

scommettono su uno dei più promettenti mercati del futuro”.

Le iniziative italiane nel mercato del Dra-gone, oltre che riferirsi all’export puro di prodotti, stanno andando in direzione delle sinergie operative fra i due Paesi, in mate-ria di servizi e di ricerca, quindi di Terzo settore. Fra le più recenti vale la pena di segnalare quella che a seguito dell’accordo fra la nostrana Rai e l’emittente televisiva CCTV, permetterà all’Italia di arrivare sui video delle tv cinesi per 3 ore e mezza al giorno e quindi di fatto di debuttare in un mercato, quello televisivo, considerato particolarmente promettente in Cina.

In materia di hi-tech è dei giorni scorsi la notizia dell’accordo di collaborazione fra la Sicilia e la provincia cinese di Hunan,

ossia tra il Parco Scientifico e Tecnologico della Sicilia e il Parco High Tech della Lu Valley, nella Zona di sviluppo industriale di Changsha, capitale dell’Hunan, zona cen-tro-meridionale della Repubblica popolare cinese. Il protocollo, siglato a Londra e in parte finanziato dal ministero delle Attività produttive in collaborazione con l’Istituto per il Commercio estero, prevede “un vero e proprio piano operativo per l’anno 2006 che integra l’accordo più generale siglato in Cina lo scorso 22 settembre e mette in calendario una serie di visite conoscitive delle reciproche realtà industriali da parte di esperti, ricercatori, rappresentanti delle università e imprenditori, al fine di facilita-re la cooperazione e lo scambio tra i centri di ricerca e di incoraggiare joint ventures e

incubare nuove imprese italo-cinesi, indu-striali e commerciali in tutti i settori”, ha annunciato il presidente del Psts, Antonino Catara.

“Compito nostro e dei colleghi cinesi - ha proseguito Catara - sarà quello di preparare un portafoglio di aziende, soprattutto di prodotto, tecnologie e servizi del settore agroalimentare, ma anche dell’hi-tech in genere, che vogliano scommettersi nei ri-spettivi mercati, e quello di fornire loro tut-ta l’assistenza necessaria in Italia e in Cina. A tal fine è già stato attivato a Changsha un apposito ufficio del Psts per l’incubazione di imprese cino-italiane”. E un’attività di scambio di opinioni e dati è previsto con gli esperti di E-Research, società di ricerca e analisi economiche.

La prima visita dei delegati cinesi alle sede del Parco scientifico e tecnologico di Catania, durante la quale sono state mo-strate tecnologie italiane ritenute addette al mercato cinese, è stata effettuata il 29 apri-le. A giugno sarà una delegazione siciliana a prendere contatto con la realtà economica della zona di sviluppo industriale High Te-ch di Changsha. A settembre, una delega-zione governativa ufficiale della provincia di Hunan visiterà la Sicilia.

Il made in Italy che punta sulla CinaL’export puro si attesta oltre la soglia del 20%. Sinergie in vista in materia di servizi e ricerca

Hi-techCollaborazione fra la Sicilia e la provincia cinese di Hunan

TelevisioneAccordo Rai-CCTV

per tre ore e mezza di trasmissioni al giorno

Enzo Lima