Impianti antincendio REI RE - taed.unifi.it antinc.pdf · Impianti antincendio 1.1 Classificazione...

24
Impianti antincendio 1.1 Classificazione dei fuochi Ai fini antincendio i fuochi sono classificati dalle norme UNI EN 2 in rapporto al tipo di combustibile: - classe A, fuochi da materiali solidi, generalmente di natura organica, la cui combustione avviene normalmente con formazione di braci; - classe B, fuochi da liquidi o da solidi liquefattibili; - classe C, fuochi da gas; - classe D, fuochi da metalli. 1.2 Agenti estinguenti Gli estinguenti normalmente utilizzati per combattere gli incendi sono: acqua, schiume, anidride carbonica, idrocarburi alogenati, polveri e, in casi più rari, vapore acqueo. 1.2.1 Acqua L'acqua è l'agente estinguente per ec- cellenza, da sempre utilizzato e tuttora insostituibile. La sua funzione è duplice in quanto serve da un lato a spegnere l'incendio, dall'altro a contenerne l'espansione. L'azione di spegnimento si esplica attraverso: - raffreddamento del combustibile; - impregnazione; - riduzione della concentrazione di ossigeno nelle immediate vicinanze del focolaio a causa del vapore acqueo prodotto; - diluizione delle sostanze infiammabili, miscibili con essa. L'azione di contenimento, non meno importante della precedente e in molti casi l'unica possibile, avviene per: - raffreddamento delle strutture che delimitano l'area in fiamme; - raffreddamento degli enti esposti al calore dell'incendio (serbatoi, strutture portanti ecc.); - irrorazione dei prodotti vicini al focolaio di incendio. L'acqua non può essere impiegata: - quando può reagire violentemente, o dare origine a prodotti pericolosi, a contatto con sostanze presenti (sodio, potassio, carburi, magnesio, zinco, alluminio ad alta temperatura ecc.); - quando può reagire a contatto con sostanze presenti, dando luogo a pro- dotti tossici e corrosivi; - su vasche contenenti liquidi infiam- mabili riscaldati a temperatura superiore a 100 °C; - su solidi liquefatti riscaldati a temperatura superiore a 100 °C; - su liquidi infiammabili con densità inferiore all'acqua in contenitori aperti; - su liquidi infiammabili a basso punto di infiammabilità; - su apparecchiature e superfici calde ad alta temperatura, se non coibentate o protette contro il contatto diretto all'acqua; - su apparecchiature danneggiabili dal- l'acqua; - su incendi di metalli combustibili; - su apparecchiature elettriche sotto tensione, a meno che essa non sia fine- mente nebulizzata. L'impiego dell'acqua è sconsigliato, o deve avvenire secondo criteri presta- biliti, nel caso arrechi gravi danni ai materiali da proteggere (documenti, opere d'arte, apparecchiature delicate ecc.). Quando si prevede l'utilizzo dell'ac- qua come estinguente occorre mettere in atto le misure necessarie per evitare che questa possa: - danneggiare per allagamento gli am- bienti vicini a quello colpito dall'incendio, per esempio nei fabbricati a più piani per colaggio dell'acqua da quello colpito nei sottostanti; - causare inquinamento per eventuali sostanze trascinate. 1.2.2 Schiume Le schiume sono costituite da una solu- zione, opportunamente aerata, di uno schiumogeno in acqua. L'azione estinguente delle schiume si esplica per: - separazione del combustibile dal com- burente (ossigeno dell'aria); - diluizione del comburente a opera del vapore acqueo e, in alcuni casi, della C0 2 prodotti dalla disgregazione della schiuma a contatto con i materiali in- cendiati; - raffreddamento. La schiuma può essere di tipo: - chimico, formato dalla C0 2 prodotta tramite la miscelazione di due soluzioni acquose in presenza di uno schiumogeno; - fisico o meccanico, formato dall'in- globazione meccanica di aria in una so- luzione schiumogena. Alcune schiume vengono definite fil- manti, in quanto contenenti speciali sostanze tensioattive che formano un film sul combustibile, separandolo dal comburente. Il grado di aerazione determina l'e- spansione della schiuma. Il rapporto di espansione RE è definito come il rapporto tra il volume di schiuma prodotta e quello della soluzione schiumogena di partenza. Si distinguono: - schiume a bassa espansione: RE I compreso tra 1 e 20; - schiume a media espansione: REI compreso tra 20 e 200; - schiume ad alta espansione: RE oltre 200 (in genere sino a 1000). Le schiume a media e bassa espansione formano una coltre sui materiali incendiati, quelle ad alta espansione invece riempiono il volume ove è avvenuto l'incendio. Le schiume a bassa espansione possono essere versate in modo indiretto (o dolce), oppure diretto (o forzato). Nel primo caso la schiuma viene versata indirettamente sulla superficie del combustibile facendola scorrere su una parete (parete di serbatoio o altra superficie). Nel secondo caso la schiuma viene fatta cadere direttamente sulla superficie del combustibile. In base alla composizione chimica gli schiumogeni si distinguono in: - proteinici, derivati da materiali proteinici idrolizzati combinati con stabilizzanti della schiuma e additivi. Vengono utilizzati in soluzione acquosa al 3-6% essenzialmente su incendi di prodotti petroliferi (idrocarburi); - fluoroproteinici, ottenuti da soluzioni a base proteinica con l'aggiunta di tensioattivi fluorurati. Sono utilizzati per schiume a bassa espansione su incendi di prodotti petroliferi (idrocarburi). La schiuma ottenuta è più scorrevole della proteinica ed è autosigillante, tende cioè a ricomporre la coltre formata nelle zone dove viene rotta; - sintetici, formati da miscela di ten- sioattivi sintetici solubili in acqua, derivati da idrocarburi, con eventuali stabilizzanti addizionali; possono essere impiegati per formare schiume a bassa, media e alta espansione e vengono utilizzati in soluzione acquosa al 3-6%; - filmanti, formati da miscela di ten- sioattivi a base idrocarburica, o proteinica e tensioattivi fluorurati, sono denominati AFFF (aqueous film forming foam); sono impiegati per la formazione di schiuma a bassa e media espansione, in grado di formare una pellicola acquosa sulla superficie degli idrocarburi e trovano ampio utilizzo su incendi di prodotti petroliferi per la rapidità e l'elevata efficacia; - solventi polari (noti anche come alcoli resistenti): a base proteinica, costituiti da idrolizzati di proteine, sali metallici e tensioattivi speciali; a base sintetica, costituiti da tensioattivi fluorurati e idrocarburici, e da polimeri idrosolubili, in genere hanno proprietà filmante quando

Transcript of Impianti antincendio REI RE - taed.unifi.it antinc.pdf · Impianti antincendio 1.1 Classificazione...

Impianti antincendio 1.1 Classificazione dei fuochi Ai fini antincendio i fuochi sono classificati dalle norme UNI EN 2 in rapporto al tipo di combustibile: - classe A, fuochi da materiali solidi, generalmente di natura organica, la cui combustione avviene normalmente con formazione di braci; - classe B, fuochi da liquidi o da solidi liquefattibili; - classe C, fuochi da gas; - classe D, fuochi da metalli. 1.2 Agenti estinguenti Gli estinguenti normalmente utilizzati per combattere gli incendi sono: acqua, schiume, anidride carbonica, idrocarburi alogenati, polveri e, in casi più rari, vapore acqueo. 1.2.1 Acqua L'acqua è l'agente estinguente per ec-cellenza, da sempre utilizzato e tuttora insostituibile. La sua funzione è duplice in quanto serve da un lato a spegnere l'incendio, dall'altro a contenerne l'espansione.

L'azione di spegnimento si esplica attraverso: - raffreddamento del combustibile; - impregnazione; - riduzione della concentrazione di ossigeno nelle immediate vicinanze del focolaio a causa del vapore acqueo prodotto; - diluizione delle sostanze infiammabili, miscibili con essa.

L'azione di contenimento, non meno importante della precedente e in molti casi l'unica possibile, avviene per: - raffreddamento delle strutture che delimitano l'area in fiamme; - raffreddamento degli enti esposti al calore dell'incendio (serbatoi, strutture portanti ecc.); - irrorazione dei prodotti vicini al focolaio di incendio. L'acqua non può essere impiegata: - quando può reagire violentemente, o dare origine a prodotti pericolosi, a contatto con sostanze presenti (sodio, potassio, carburi, magnesio, zinco, alluminio ad alta temperatura ecc.); - quando può reagire a contatto con sostanze presenti, dando luogo a pro-dotti tossici e corrosivi; - su vasche contenenti liquidi infiam-mabili riscaldati a temperatura superiore a 100 °C; - su solidi liquefatti riscaldati a temperatura superiore a 100 °C; - su liquidi infiammabili con densità

inferiore all'acqua in contenitori aperti; - su liquidi infiammabili a basso punto di infiammabilità; - su apparecchiature e superfici calde ad alta temperatura, se non coibentate o protette contro il contatto diretto all'acqua; - su apparecchiature danneggiabili dal-l'acqua; - su incendi di metalli combustibili; - su apparecchiature elettriche sotto tensione, a meno che essa non sia fine-mente nebulizzata. L'impiego dell'acqua è sconsigliato, o deve avvenire secondo criteri presta-biliti, nel caso arrechi gravi danni ai materiali da proteggere (documenti, opere d'arte, apparecchiature delicate ecc.). Quando si prevede l'utilizzo dell'ac-qua come estinguente occorre mettere in atto le misure necessarie per evitare che questa possa: - danneggiare per allagamento gli am-bienti vicini a quello colpito dall'incendio, per esempio nei fabbricati a più piani per colaggio dell'acqua da quello colpito nei sottostanti; - causare inquinamento per eventuali sostanze trascinate. 1.2.2 Schiume Le schiume sono costituite da una solu-zione, opportunamente aerata, di uno schiumogeno in acqua. L'azione estinguente delle schiume si esplica per: - separazione del combustibile dal com-burente (ossigeno dell'aria); - diluizione del comburente a opera del vapore acqueo e, in alcuni casi, della C02 prodotti dalla disgregazione della schiuma a contatto con i materiali in-cendiati; - raffreddamento. La schiuma può essere di tipo: - chimico, formato dalla C02 prodotta tramite la miscelazione di due soluzioni acquose in presenza di uno schiumogeno; - fisico o meccanico, formato dall'in-globazione meccanica di aria in una so-luzione schiumogena. Alcune schiume vengono definite fil-manti, in quanto contenenti speciali sostanze tensioattive che formano un film sul combustibile, separandolo dal comburente. Il grado di aerazione determina l'e-spansione della schiuma. Il rapporto di espansione RE è definito come il rapporto tra il volume di schiuma prodotta e quello della soluzione schiumogena di partenza. Si distinguono: - schiume a bassa espansione: RE I

compreso tra 1 e 20; - schiume a media espansione: REI compreso tra 20 e 200; - schiume ad alta espansione: RE oltre 200 (in genere sino a 1000). Le schiume a media e bassa espansione formano una coltre sui materiali incendiati, quelle ad alta espansione invece riempiono il volume ove è avvenuto l'incendio. Le schiume a bassa espansione possono essere versate in modo indiretto (o dolce), oppure diretto (o forzato). Nel primo caso la schiuma viene versata indirettamente sulla superficie del combustibile facendola scorrere su una parete (parete di serbatoio o altra superficie). Nel secondo caso la schiuma viene fatta cadere direttamente sulla superficie del combustibile.

In base alla composizione chimica gli schiumogeni si distinguono in: - proteinici, derivati da materiali proteinici idrolizzati combinati con stabilizzanti della schiuma e additivi. Vengono utilizzati in soluzione acquosa al 3-6% essenzialmente su incendi di prodotti petroliferi (idrocarburi); - fluoroproteinici, ottenuti da soluzioni a base proteinica con l'aggiunta di tensioattivi fluorurati. Sono utilizzati per schiume a bassa espansione su incendi di prodotti petroliferi (idrocarburi). La schiuma ottenuta è più scorrevole della proteinica ed è autosigillante, tende cioè a ricomporre la coltre formata nelle zone dove viene rotta; - sintetici, formati da miscela di ten-sioattivi sintetici solubili in acqua, derivati da idrocarburi, con eventuali stabilizzanti addizionali; possono essere impiegati per formare schiume a bassa, media e alta espansione e vengono utilizzati in soluzione acquosa al 3-6%; - filmanti, formati da miscela di ten-sioattivi a base idrocarburica, o proteinica e tensioattivi fluorurati, sono denominati AFFF (aqueous film forming foam); sono impiegati per la formazione di schiuma a bassa e media espansione, in grado di formare una pellicola acquosa sulla superficie degli idrocarburi e trovano ampio utilizzo su incendi di prodotti petroliferi per la rapidità e l'elevata efficacia; - solventi polari (noti anche come alcoli resistenti): a base proteinica, costituiti da idrolizzati di proteine, sali metallici e tensioattivi speciali; a base sintetica, costituiti da tensioattivi fluorurati e idrocarburici, e da polimeri idrosolubili, in genere hanno proprietà filmante quando

utilizzati su idrocarburi. La schiuma prodotta non viene distrutta dai prodotti polari più o meno solubili in acqua, quali: alcoli, aldeidi, chetoni, eteri, esteri ecc. Può essere utilizzata anche sugli idrocarburi.

Le schiume a bassa espansione ven gono classificate secondo le loro caratteristiche di comportamento al fuoco (norma UNI 9493) come di seguito riportato:

- 1a classe: ottima capacità estinguente se si ottiene l'estinzione con getto di-retto (secondo la procedure standard) entro 3 min;

- 2a classe: buona capacità estinguen-te se si ottiene l'estinzione, con getto diretto, entro 5 min; - 3a classe: normale capacità estin-guente se si ottiene l'estinzione, con getto indiretto, entro 5 min; - livello A: la resistenza alla riaccensione supera i 15 min; - livello B: la resistenza alla riaccensione supera i 10 min; - livello C: la resistenza alla riaccensione supera i 5 min.

Le schiume a bassa espansione trovano ampio impiego nell'industria petrolchimica e sono adatte per spegnere fuochi di classe B. Possono essere utilizzate anche sui fuochi di classe A, ma in questo caso la loro azione serve in genere a tenere sotto controllo l'incendio senza spegnere le braci in profon-dità.

I campi di utilizzo delle schiume a media espansione sono simili a quelli delle precedenti. Questo tipo dì schiuma si presenta più adatto su incendi tridimensionali, come nel caso di macchine nelle quali l'incendio interessi l'intero corpo.

Le schiume ad alta espansione sono utilizzate per la protezione di locali dove l'incendio può interessare materiali posti a diverse altezze e dove, quindi, occorre riempire di schiuma l'intero volume per ottenere lo spegnimento.

Le schiume non sono adatte per incendi: - di classe C (gas); - di gas liquefatti con punto di ebollizione inferiore alla temperatura ambiente; - di liquidi in movimento. Non possono essere impiegate su: - prodotti che reagiscono violente-mente con l'acqua; - apparecchiature elettriche sotto ten-

sione. 1.2.3 Anidride carbonica

L'anidride carbonica a temperatura ambiente è un gas incolore e inodore. È presente nell'aria in misura dello 0,030,07% e le sue caratteristiche sono riportate nella tabella 1.

L'azione estinguente della CO2 avviene per:

- soffocamento, riducendo la concentrazione d'ossigeno nell'aria al di sotto del limite di mantenimento della combustione; - raffreddamento, in quanto l'espan-sione della COZ, in fase di scarica, provoca un brusco abbassamento della temperatura; l'effetto estinguente del raffreddamento è molto meno importante del soffocamento. La CO2 può essere utilizzata su fuochi di classe A, B, e C e su apparecchiature elettriche sotto tensione. È usata come carica di estintori e di impianti fissi. Quando la C02 è usata per la protezione di locali, le concentrazioni necessarie risultano letali per l'uomo e gli animali. La C02 non è utilizzabile su: - apparecchiature sensibili a bruschi raffreddamenti; - prodotti contenenti l'ossigeno neces-sario per la combustione; - fuochi di classe D; - idruri metallici. 1.2.4 Idrocarburi alogenati (halon) I prodotti utilizzati per la lotta contro gli incendi sono: - halon 1301 (CF3 Br) in impianti fissi a protezione di locali e di volumi chiusi, più raramente come carica di estintori; - halon 1211 (CF2 CIBr) come carica di estintori e in impianti fissi a protezione di oggetto; - halon 2402 (C2 F4 Br2) come carica di estintori e in impianti fissi a protezione di oggetto (non più prodotto in Italia). A causa dei danni che questi prodotti provocano sulla fascia di ozono della stratosfera, è previsto che la loro produzione sia gradatamente limitata e sospesa totalmente a partire dal 1 gennaio 1994. Successivamente, l'impiego degli halon dovrà essere limitato a casi speciali individuati da un'apposita commissione della CEE. Da segnalare che la produzione dell'halon 2402 è stata sospesa già da tempo. Dal momento che molti impianti a

protezione di locali (specialmente centri di elaborazione dati) sono tuttora in esercizio, è opportuno segnalare che l'azione estinguente degli halon (le principali caratteristiche dei quali sono riportate nella tabella 2) consiste nel blocco delle reazioni a catena che si verificano durante la combustione. Gli halon sono particolarmente effi-caci su fuochi di classe B e C, mentre sono meno adatti per quelli di classe A, soprattutto con presenza di braci in profondità. Sono utilizzabili su apparecchiature elettriche sotto tensione. Gli halon non possono essere utiliz-zati su fuochi di classe D. Inoltre, stabili sino a 480-550 °C, oltre tali temperature si decompongono dando origine a idracidi (HCI, HBr, HF) e ad alogeni liberi, pertanto non devono essere impiegati in presenza di corpi ad alta temperatura e di archi voltaici persistenti. La tossicità degli halon 1211 e 1301

(non decomposti), alla concentrazione normalmente utilizzata, è relativamente contenuta (tab. 3); a caldo danno origine a sostanze tossiche e corrosive in misura dipendente dalle condizioni di impiego (braci in profondità, rapidità di, spegnimento, presenza di elementi ad alta temperatura ecc.), Sono stati messi a punto nuovi estin-guenti per sostituire gli halon, che però, in parte, sono ancora in fase di messa a punto. Sono già stati messi sul mercato italiano i NAF (miscele di idrocarburi alogenati) e l'inergen (vedi punto 1.2.7). Al momento le esperienze sono ancora limitate e la sperimentazione, in parte, ancora in corso. 1.2.5 Polveri Le polveri sono estinguenti costituiti da particelle solide finemente suddivise. In base alle loro caratteristiche estinguenti si distinguono in: - polveri B, C, adatte per fuochi di classe BeC; - polveri A, B, C, adatte per fuochi di classe A, B e C; - polveri inerti, adatte per fuochi di classe D.

L'azione di spegnimento avviene per: - abbattimento della fiamma; - produzione di anidride carbonica e vapore acqueo, a seguito della decomposizione della polvere medesima; - inibizione della combustione;

- soffocamento (nel caso di polveri i-nerti lo spegnimento avviene solo per soffocamento). Le polveri sono utilizzate essenzial-mente come cariche degli estintori e, in misura minore, in impianti fissi di spegnimento. Possono essere impiegate su apparecchiature elettriche sotto tensione (purché dichiarate idonee). La loro tossicità è modesta.

È’ sconsigliato l'uso delle polveri su apparecchiature particolarmente delicate che possono subire seri danni ad opera delle polveri stesse. 1.2.6 Vapore acqueo Il vapore acqueo viene utilizzato come estinguente in impianti fissi localizzati di spegnimento in stabilimenti ove se ne ha ampia disponibilità (raffinerie, cartiere ecc.). L'azione estinguente avviene per soffocamento. 1.2.7 Inergen L'inergen è un nuovo estinguente gassoso, recentemente posto sul mercato. Si tratta di una miscela di azoto (50%), argon (40%) e C02 (10%). È’ adatto per la protezione di ambienti chiusi (ammesse limitate aperture), mentre non è idoneo per l'uso all'aperto.

Le esperienze con questo prodotto sono al momento ancora limitate.

1.3 Estintori mobili Gli estintori sono apparecchi contenenti un estinguente che può essere proiettato e diretto su un fuoco sotto l'azione di una pressione interna. Tale pressione può essere fornita da una compressione preliminare permanente, da una rea-zione chimica, dalla liberazione di un gas ausiliario.

Gli estintori possono essere: ad acqua, a schiuma, ad anidride carbonica (CO2), a idrocarburi alogenati (halon), a polvere. In base al loro dimensionamento si distinguono in estintori portatili, con massa totale inferiore a 20 kg ed estintori carrellati, con massa totale superiore a 20 kg e contenuto di estinguente sino a 150 kg.

Gli estintori sono suddivisi in base alla classe e alla dimensione dei fuochi spenti dal prototipo in fase di prova e, per i carrellati, ai tempi di estinzione dei focolari di prova. Gli estintori portatili commercializzati in Italia a partire dal 1 gennaio 1990 devono essere approvati dal Ministero

dell'interno in conformità al DM del 20.12.1982 e a quello del 12.11.1990. A partire dal 1999 (v. DM del 20.12.1982) potranno essere utilizzati solo gli estintori portatili i cui prototipi siano stati dichiarati di tipo approvato. Gli estintori carrellati a partire dal 1.1.1993 devono essere di tipo omologato secondo quanto disposto dal DM 6.3.1992. Quelli già installati potranno essere utilizzati sino al 2005. Scaduti i termini sopra indicati rispet-tivamente per i portatili e i carrellati, gli estintori non approvati secondo i DM citati dovranno essere ritirati dall'esercizio e resi inutilizzabili a cura del proprietario o dell'esercente. Oltre all'ap-provazione del Ministero dell'interno, è prevista l'approvazione da parte di altri enti nel caso di utilizzo in settori particolari quali, per esempio, marina mercan-tile, trasporti, esercito ecc. 1.3.1 Estintori ad acqua Gli estintori ad acqua (fig. 1) contengono una soluzione acquosa basica e una fiala di acido che viene rotta al momento dell'uso. L'acido reagisce con la soluzione basica producendo C02, che mette in pressione l'apparecchio espellendo l'acqua. I reattivi normalmente usati sono bicarbonato di sodio e acido solforico.

Questi apparecchi sono impiegati su piccoli fuochi di classe A e, se ad acqua nebulizzata o additivata, pure di classe B. Non vanno utilizzati su apparecchiature elettriche sotto tensione e nei casi in cui l'acqua è incompatibile (vedi punto.1,2.1). Normalmente, se non contengono anticongelanti, sono atti a funzionare a temperature comprese tra +5 e +60 °C. Questi apparecchi trovano oggi un uso abbastanza limitato. . 1.3.2 Estintori a schiuma Gli estintori a schiuma (fig. 2) sono adatti per fuochi di classe A e, soprattutto, di classe B. Non vanno utilizzati su apparecchiature elettriche sotto tensione e i dove l'acqua è controindicata. I Questi apparecchi, se non contengo- no anticongelanti, sono atti a funzionare a temperature comprese tra +5 e+60 °C. 1

L'estinguente può essere tenuto costantemente in pressione con un gas compresso (azoto, C02), oppure essere messo in pressione al momento dell'uso tramite una cartuccia (interna o esterna) di C02.

1.3.3 Estintori a polvere Gli estintori possono essere caricati con c polveri adatte per incendi di classe A-B-C, solo B-C, oppure D. Possono essere utilizzati su apparecchiature elettriche sotto tensione. Questi apparecchi sono atti a funzio-nare a temperature comprese tra -25 e+60 °C. L'estinguente può essere tenuto costantemente in pressione con gas compresso (azoto, C02), oppure essere messo in pressione al momento dell'uso tramite una cartuccia (interna o esterna) di C02. 1.3.4 Estintori a C02 Gli estintori a C02 (fig. 3) sono adatti su fuochi di classe B, C e in misura minore per la classe A) e su apparecchiature elettriche sotto tensione.Tali apparecchi, funzionanti a temperature comprese tra -5 e +60 °C, presentano i limiti di impiego precedentemente indicati per la C02 e non devono F essere usati in ambienti piccoli dove r può essere raggiunta una concentrazione di C02 pericolosa per le persone: in-dicativamente 0,15 kg/m3. 1.3.5 Estintori ad halon A seguito delle restrizioni circa l'impiego degli halon questi estintori sono destinati a scomparire.

Gli apparecchi, atti a funzionare a temperature comprese tra -25 e +60 °C, utilizzano come estinguente l'halon 1211 (in passato anche il 2402), tenuto costan-temente in pressione con azoto e C02.

I limiti di impiego sono quelli già indicati per gli halon (punto 1.2.4). 1.3.6 Caratteristiche degli estintori Le dimensioni degli estintori e la durata di funzionamento minime unificate sono riportate nella tabella 4. Le gittate mini- me per gli estintori carrellati sono state unificate in: estinguente gittata (m) schiuma 6 polvere 8 C02 2 Halon 6 La potenzialità degli estintori è deter-minata in fase di prova e corrisponde al maggiore focolare di prova di ciascun tipo spento. Ogni estintore deve essere identificato con un'etichetta del tipo riportato nella figura 4. 1.3.7 Criteri di dimensionamento della protezione con estintori Gli estintori sono mezzi di primo

intervento, da utilizzare cioè nella fase iniziale di un incendio, e devono: - essere distribuiti in modo da poter essere raggiunti da ogni punto dell'area da proteggere con un percorso non su-periore a 15-20 m; in genere occorre al-meno un apparecchio ogni 200-300 m2; - essere disponibili nei pressi dei punti di maggiore pericolo; - essere segnalati da appositi cartelli indicatori; - essere, se carrellati, spostabili age-volmente (evitare scale, terreni scon-nessi ecc.). La potenzialità degli estintori deve essere determinata in funzione delle dimensioni del possibile incendio, tenendo presente che su uno stesso focolaio difficilmente si riesce a intervenire fattivamente con più di tre apparecchi-contemporaneamente. In alcuni casi le normative di prevenzione incendi stabiliscono il numero minimo di estintori da installare e la relativa potenzialità. 1.3.8 Manutenzione Per la manutenzione degli estintori si rimanda alla norma UNI 9994.

1.4 Alimentazioni idriche per impianti antincendio 1.4.1 Caratteristiche Le alimentazioni idriche devono essere affidabili e in grado di assicurare con sufficiente sicurezza le prestazioni richieste dagli impianti. Devono essere protette dai danneggiamenti e dal gelo. L'acqua deve essere priva di sostanze sospese o corrosive.

Le alimentazioni possono essere costituite da: - acquedotti (fig. 5); - serbatoi sopraelevati (fig. 6); - bacini e corsi d'acqua sopraelevati; - una o più pompe centrifughe ad avviamento automatico, collegate a serbatoi (fig. 7), vasche, bacini, corsi d'acqua; - serbatoi a pressione (limitatamente a fabbisogni modesti); - combinazioni di due o più delle precedenti (figg. 8 e 9).

I pozzi singoli normalmente non sono considerati alimentazioni valide, in quanto poco affidabili nel tempo, essendo soggetti a oscillazioni di portata. L'acqua di mare può essere utilizzata purché siano adottati opportuni accorgimenti per evitare la corrosione delle tubazioni e degli apparecchi (riempimento normale con acqua dolce, lavaggi dopo l'uso,

materiali speciali). La pressione massima comunemente utilizzata nelle reti antincendio non supera 10 bar. Nel caso di edifici molto alti (indicativamente > 45 m) devono essere previste stazioni di pompaggio intermedie, o altre soluzioni equivalenti, per evitare di superare in rete detto valore. La rete antincendio dovrebbe essere distinta dalle altre (tecnologica, sanitaria ecc.) e collegata a un'alimentazione per quanto possibile indipendente. Per l'alimentazione degli impianti au-tomatici di spegnimento si veda la norma UNI 9490. La stessa norma dovrebbe essere seguita anche per le reti idranti e gli impianti fissi ad azionamento manuale. 1.4.2 Alimentazioni di tipo superiore e ordinario La norma UNI distingue le alimentazioni, in funzione della loro affidabilità, in alimentazioni di tipo superiore e alimentazioni di tipo ordinario. Le alimentazioni di tipo superiore so-no in grado di assicurare le prestazioni richieste in occasione di guasti, disservizi e operazioni di manutenzione (rottura pompa, interruzione fornitura da acquedotto, revisione pompa, mancanza energia elettrica ecc.). Si possono citare i seguenti esempi: - vasca + elettropompa + motopompa di riserva; - ramo di acquedotto con possibilità di alimentazione da due lati indipendentemente; - acquedotto + vasca ed

elettropompa (fig. 10). Viene considerata alimentazione di tipo superiore pure un serbatoio (o vasca) sopraelevato avente capacità ed altezza adeguate. Le alimentazioni di tipo ordinario offrono un livello di affidabilità inferiore (mancanza di riserva). Come esempi si ricordano: - vasca + una sola elettropompa; - tronco terminale di acquedotto. 1.4.3 Alimentazioni sussidiarie Le reti antincendio devono poter essere alimentate (in caso di necessità) anche dalle motopompe dei Vigili del Fuoco tramite uno o più attacchi, appositamente predisposti, ubicati in posizioni agevolmente accessibili pure in condizioni di emergenza. Ogni attacco è costituito da uno o più gruppi formati da una valvola di non ritorno, una valvola di

intercettazione e uno o più attacchi unificati per tubazioni flessibili antincendio (in genere UNI 804, DN 70 o DN 100). 1.4.4 Opere di presa Le opere di presa da vasche, serbatoi, specchi e corsi d'acqua devono essere realizzate secondo quanto indicato nella tabella 5 e nelle figure 11 e 12. 1.5 Idranti 1.5.1 Idranti a cassetta Gli idranti a cassetta sono costituiti da una valvola, dotata di attacchi filettati unificati, contenuta in una cassetta insieme alla tubazione flessibile e alla lancia di corredo (fig. 13). La cassetta può essere a incasso o esterna e deve avere lo sportello anteriore in vetro. Le dimensioni della valvola sono DN 45 e DN 70. Le tubazioni flessibili unificate hanno lunghezza 20-25-30 m. Le lance possono essere del tipo a getto pieno oppure a getto variabile.

In alcuni modelli la tubazione flessibile, già collegata alla valvola e alla lancia, è disposta su appositi supporti che ne facilitano l'utilizzo. 1.5.2 Idranti per esterno Gli idranti per esterno possono essere del tipo sottosuolo (fig. 14) o del tipo a colonna (fig. 15), e sono dotati di attacchi unificati DN 70 o DN 100. Gli idranti a colonna sono dotati di un dispositivo che ne assicura lo svuotamento dopo l'utilizzo per preservarli dal gelo. La flangia di attacco alla rete può essere DN 80, 100, 150 a seconda del numero di attacchi in uscita. 1.5.3 Naspi Il naspo (figg. 16 e 17) è un apparecchio costituito da un tubo semirigido e da una lancia di erogazione con valvola; il tubo è avvolto su un tamburo rotante ed è permanentemente collegato alla rete tramite una valvola. I naspi sono più agevoli da utilizzare rispetto agli idranti. Il loro impiego è particolarmente vantaggioso soprattutto in fabbricati di tipo civile (alberghi, uffici, scuole, ospedali, abitazioni, negozi ecc.); nelle attività di questo tipo è op-portuno installare, oltre agli idranti, naspi DN 20 alimentati a una pressione di 2 bar, e con portata di almeno 120 l/min, eventualmente collegati alla rete idrica normale,

purché questa sia in grado di alimentarli per almeno un'ora alla pressione richiesta. 1.5.4 Cannoni idrici Il cannone idrico è costituito da una grossa lancia montata su affusto orientabile e brandeggiabile in altezza. I cannoni idrici possono essere fissi, se collegati permanentemente alla rete antincendio, oppure mobili, se collegabili alla rete tramite tubazione flessibile. Quelli fissi possono essere azionati ma-nualmente, oppure à distanza, tramite appositi dispositivi di orientamento. Tra i modelli mobili esistono anche apparecchi non montati su affusto. I cannoni sono utilizzati, in aggiunta agli idranti, nella protezione di impianti petroliferi, petrolchimici, depositi di prodotti infiammabili ecc. Hanno portate di 1000-2000 l/min e richiedono pressioni dell'ordine di 7-10 bar, 1.5.6 Rete idranti La rete di alimentazione degli idranti dovrebbe essere separata da altre reti idriche e alimentare unicamente gli idranti (eventualmente altri impianti antincendio). Relativamente ai materiali da

utilizzare, per le tubazioni interrate la scelta é fra : - tubi di acciaio non legato UNI

6363, esternamente protetti contro la corrosione in modo idoneo; - tubi di ghisa grigia UNI 5336; - tubi di ghisa sferoidale UNI-ISO

2531. - tubi di rame UNI 6507; - tubi in materia plastica,

soprattutto per evitare il rischio di corrosione per correnti vaganti, aventi le stesse caratteristiche meccaniche dei precedenti, e dotati di certificazione,

Per le tubazioni fuori terra la scelta dei materiali è tra: - tubi di acciaio non legato UNI 8863 (serie media), se filettati, oppure UNI 6363; i raccordi, le giunzioni e i pezzi speciali relativi devono essere di acciaio, o ghisa, conformi alle rispettive norme; - tubi di rame UNI 6507; i raccordi, le giunzioni e i pezzi speciali relativi devono essere di rame, ottone o bronzo conformi alle rispettive norme. 1.5.7 Distribuzione degli idranti

All'interno dei fabbricati gli idranti

dovrebbero essere installati (salvo diverse indicazioni contenute nelle

specifiche norme di prevenzione incendio o date dai Vigili del Fuoco) in numero minimo di uno per piano e distribuiti in modo che ogni punto dell'area protetta disti da un idrante non più di 20-25 m. Idranti sup-plementari possono essere necessari per garantire la copertura dell'intera area se esistono ostacoli (pareti, macchinari ecc.). In genere almeno un idrante deve essere posto in prossimità dell'ingresso e/o del vano scala. Nel caso tra due compartimenti siano previsti "filtri a prova di fumo", gli idranti devono essere installati all'interno dei compartimenti medesimi in modo da evitare che, al momento dell'utilizzo, la o le porte dei filtri stessi debbano rimanere aperte. In aggiunta agli idranti, conviene sia-no installati pure dei naspi. Questi presentano il vantaggio di essere più maneggevoli e di poter essere utilizzati anche da persone poco esperte. All'esterno gli idranti (a colonna o sot-tosuolo) devono essere distribuiti in modo da permettere di intervenire su ogni punto del perimetro del fabbricato da proteggere: dovrebbero essere posti a 5-10 m dal fabbricato e distare tra loro non più di 50-60 m. Gli idranti a muro dovrebbero essere installati solo nei casi in cui non sia possibile fare altrimenti. Gli idranti sottosuolo, oltre a essere chiaramente segnalati, devono essere protetti per evitare che possano rima-nere nere bloccati da materiali, autoveicoli ecc.

In campo industriale, a integrazione degli idranti e dei naspi, può essere necessaria l'installazione di cannoni idrici, in postazioni fisse, specialmente nei casi in cui l'eventuale incendio debba essere affrontato da distanza, occorrano no grandi quantità d'acqua e debbano essere raggiunte altezze elevate con il getto. 1.6 Impianti automatici di estinzione a pioggia (sprinkler) 1.6.1 Tipologie d'impianto Gli impianti automatici di estinzione a pioggia, noti come impianti sprinkler (fig. 18), sono costituiti da: - erogatori (fig. 19) chiusi da un elemento termosensibile, posti a soffitto, ed eventuali erogatori supplementari per la protezione di volumi nascosti, macchinari, scaffalature ecc.; - una rete di tubazioni;

- una o più stazioni di controllo e allarme, a ciascuna delle quali fa capo una sezione dell'impianto; alle stazioni di controllo e allarme sono collegate le campane idrauliche di allarme; - una o più alimentazioni idriche. Gli impianti possono essere di diverso tipo: a umido, a secco, alternativi, a preallarme. Negli impianti a umido la rete, a monte e a valle delle stazioni di controllo e allarme (fig. 20), è perma-nentemente piena d'acqua in pressione. Questi impianti non possono essere utilizzati dove la temperatura ambiente può comportare il congelamento del-l'acqua nelle tubazioni (locali non riscaldati, magazzini frigoriferi ecc.) oppure la sua vaporizzazione (interno di essiccatoi ecc.). Negli impianti a secco la rete a valle delle stazioni di controllo e allarme ( f i g . 21) è tenuta permanentemente piena d'aria compressa (2 bar circa), mentre la parte a monte contiene acqua in pressione. Questo tipo dì impianto è utilizzato in ambienti con pericolo di gelo o di vaporizzazione dell'acqua. È meno tempestivo di quello a umido. Gli impianti alternativi (fig. 22) sono impianti che possono funzionare come impianti a umido o a secco. Nei locali non riscaldati soggetti a gelo, gli im-pianti possono essere tenuti a secco d'inverno, a umido nel resto dell'anno. Gli impianti a preallarme sono costi-tuiti dalla combinazione di un impianto a secco e di un impianto automatico di rivelazione di incendio (in genere rivelatori di fumo) coprente la stessa area protetta dallo sprinkler. In caso d'incendio l'impianto di rivelazione, intervenendo sulla valvola di controllo e allarme, permette l'immissione dell'acqua in rete prima dell'eventuale apertura degli erogatori. Questi impianti sono utilizzati quando si temono elevati danni d'acqua a seguito di rotture per cause accidentali. Il sistema a preallarme può essere utilizzato anche per accelerare l'intervento degli impianti a secco: in caso d'incendio l'impianto di rivelazione fa scaricare l'aria compressa riducendo il tempo d'afflusso dell'acqua agli erogatori. L'intervento degli impianti sprinkler avviene automaticamente a seguito del-la rottura dell'elemento termosensibile di ciascun erogatore a opera del calore prodotto dall'incendio. Il numero di

erogatori previsto in azione è limitato ed è proporzionato alle dimensioni del focolaio. 1.6.2 Campo d'impiego Gli impianti sprinkler possono essere utilizzati quando l'acqua non dà origine a situazioni di pericolo a contatto con i prodotti contenuti nelle aree protette. Questi impianti trovano impiego nella protezione di ampie aree e di interi edifici, quali: - magazzini di vendita, mostre, uffici, locali di spettacolo; - aziende manifatturiere (tessile, del le-gno, della carta, della plastica, elettromeccaniche, automobilistiche ecc.); - depositi; - autorimesse. La protezione sprinkler dovrebbe es-sere estesa a un intero fabbricato o a un intero compartimento al suo interno, volumi nascosti (sottopiano, controsoffitti ecc.) compresi. Lo sprinkler può essere utilizzato anche per protezioni localizzate (da studiare caso per caso). 1.6.3 Dimensionamento Secondo le norme UNI e quelle del Concordato Incendio, il dimensionamento dell'impianto deve essere stabilito come di seguito indicato. Le prestazioni dell'impianto (densità di scarica e area operativa) variano in funzione delle caratteristiche dell'area (carico di incendio, combustibilità dei prodotti) da proteggere. Allo scopo le aree sono classificate, in funzione del tipo di utilizzo, in attività e depositi. Secondo UNI 9489 le attività sono classificate in: - classe A, aree con modesto rischio di incendio (abitazioni, scale, uffici con modesto contenuto di materiali combustibili ecc.); - classe B(B1, B2, B3, B4), comprendenti la maggior parte delle attività industriali e commerciali; dal momento che le situazioni dei rischi possono differire in modo sensibile, i rischi normali sono stati suddivisi in 4 sottoclassi; - classe C(C1, C2, C3, C4), compren-denti le attività industriali e commerciali in cui il rischio di incendio è elevato, quali, per esempio, lavorazione di liquidi infiammabili, di materie plastiche espanse ecc.; dal momento che le situazioni di rischio possono variare in modo sensibile, i rischi gravi sono stati suddivisi in 4 sottoclassi.

sfavorevole. Nel caso di impianti precalcolati le caratteristiche delle alimentazioni sono anch'esse tabulate.

È opportuno prevedere un sistema di raccolta dell'acqua scaricata: in particolare nei fabbricati a più piani, i solai dovrebbero essere realizzati in modo da evitare le infiltrazioni da un piano all'altro. Se l'acqua scaricata può trascinare sostanze inquinanti dovrebbe essere raccolta in un'apposita vasca per i successivi trattamenti. Il sistema di drenaggio ha anche la funzione di raccogliere eventuali spandimenti di liquidi infiammabili.

Nella normativa del Concordato Italiano Incendio sono indicate le procedure di collaudo e di verifica periodica. Queste devono avere cadenza almeno semestrale e devono accertare, oltre alle condizioni dell'impianto, che le aree protette non abbiano subìto variazioni tali da rendere l'impianto inidoneo (cambio d'uso, variazione nella natura di merci e imballaggi, aumento delle altezze di impilamento ecc.). 1.7 Impianti di estinzione a diluvio Gli impianti a diluvio possono

essere a comando automatico oppure manuale. Quelli automatici sono costituiti da: - erogatori aperti posti a soffitto

aventi le stesse caratteristiche idrauliche degli erogatori chiusi utilizzati negli impianti sprinkler, erogatori supplementari possono essere necessari per proteggere macchinari, volumi nascosti ecc.; - rete di alimentazione fissa; - una o più stazioni di controllo e

allarme, cui fanno capo le singole sezioni dell'impianto; - una o più alimentazioni idriche (vedi punto 1,4);

- un impianto automatico di rivelazione d'incendio cui è asservito quello di e-stinzione; - dispositivi di comando manuale.

Negli impianti a solo comando manuale manca l'impianto automatico di rivelazione d'incendio e le stazioni di controllo e allarme possono essere sostituite da semplici valvole di intercettazione ad apertura rapida.

Frequentemente l'impianto di rivelazione è costituito dagli stessi erogatori chiusi usati per gli impianti sprinkler montati su una rete contenente aria compressa, collegata alla stazione di controllo e allarme: l'apertura di un erogatore fa cadere la pressione

dell'aria nel circuito pneumatico provocando, tramite l'apertura della valvola di controllo, l'immissione dell'acqua in rete e la scarica. L'ali-mentazione di aria compressa della rete pneumatica dell'impianto di rivelazione deve presentare elevata affidabilità.

Gli impianti a diluvio trovano impiego nella protezione di aree ove la velocità di propagazione di un incendio è molto elevata: depositi di liquidi infiammabili, produzione di vernici ecc. Sono utilizzati anche nella protezione di installazioni all'aperto (impianti chimici, serbatoi ecc.). 1.8 Impianti di estinzione ad acqua frazionata Gli impianti ad acqua frazionata si dividono in impianti a media velocità e ad alta velocità; strutturalmente sono simili agli impianti a diluvio e differiscono da questi per la dimensione minore delle gocce nel getto d'acqua polverizzata.

Gli impianti possono essere del tipo a comando automatico oppure manuale. Quelli automatici sono costituiti da: - erogatori aperti; - rete di alimentazione fissa; - una o più stazioni di controllo e allarme, cui fanno capo le singole sezioni dell'impianto; - una o più alimentazioni idriche (vedi punto 1.4); - un impianto automatico di rivelazione d'incendio cui è asservito quello di estinzione; - dispositivi di comando manuale. Gli impianti possono essere realizzati con erogatori chiusi ad apertura automa-tica (tipo sprinkler); in questo caso mancano l'impianto automatico di rivelazione e i dispositivi di comando manuale. Negli impianti a erogatori aperti con solo comando manuale manca l'impian-to automatico di rivelazione d'incendio e le stazioni di controllo e allarme possono essere sostituite da semplici valvole di intercettazione ad apertura rapida. Frequentemente l'impianto di rivela-zione è costituito dagli stessi erogatori chiusi usati per gli impianti sprinkler montati su una rete contenente aria compressa, collegata alla stazione di controllo e allarme: l'apertura di un erogatore fa cadere la pressione dell'aria nel circuito pneumatico provocando, tramite l'apertura della valvola di controllo, l'immissione dell'acqua in rete e la scarica. L'alimentazione di

1.9 Impianti di estinzione ad halon 1301 1.9.1 Generalità In considerazione delle limitazioni previste nell'uso degli halon, questi impianti potranno essere utilizzati solo in casi particolari (vedi punto 1.2.4). Gli impianti ad halon, 1301, strutturalmente simili a quelli a C02, sono costituiti da: - erogatori aperti; - rete di distribuzione fissa; - bombole o serbatoio di alimentazione dell'halon tenuto in pressione per mezzo di azoto; - impianto automatico di rivelazione; - dispositivi di comando manuale. Gli impianti possono essere del tipo a protezione d'ambiente quando proteggono un intero locale, oppure del tipo a protezione localizzata quando proteggono solo una parte di esso o un macchinario (quadri elettrici, elaboratori, cabine verniciatura ecc.). 1.10 Impianti fissi speciali Negli edifici a carattere industriale, quando lo richiedano particolari materiali e/o lavorazioni, vengono installati in qualche caso impianti fissi a schiuma oppure a C02. Data la limitatezza di tali impieghi, si ritiene di non descrivere gli impianti e si rimanda il lettore alla bibliografia.