Impegno Comunista n30 - 70° Liberazione

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Comunista notiziario dei comunisti del territorio di santa luce - numero trenta / aprile 2015 - Dopo la sentenza della Corte Europea Diaz: fu tortura. Una vergogna che pesa tuttora sulla coscienza dell’ intera vita repubblicana. I comunisti di Santa Luce La più grave sospensione dei diritti soggettivi, di quelli politici e civili avvenuta in epoca repubblicana nel nostro Paese. Un esplicito tradimento del dettato costituzionale. Un episodio, che per brutalità, sistematica applicazione ed efferatezza, già all’epoca fu descritto come tipico della “macelleria messicana”; lasciando intendere l’attuazione di pratiche proprie dei corpi di sicurezza delle più tragiche e sanguinarie dittature latino americane. Un’ombra seria che allora fu gettata sul ruolo dell’intero corpo della polizia italiana, che svolge con onore ogni giorno il proprio dovere con sacrificio e dignità! E’ che ci sono eventi rispetto a cui è bene e necessario non si affievolisca la memoria, perché alti restino la nostra indignazione e il nostro permanente rigetto, ma soprattutto, perché si nutrisca e tramandi quell’indispensabile nucleo di valori ed anticorpi (vigilanza democratica e partecipazione attiva dei cittadini e dei lavoratori), senza cui la Repubblica deperisce e muore nella crescente indifferenza e sotto il peso della diseguaglianza di trattamenti, di opportunità, di diritti. Si dice che le sentenze si rispettano e non si commentano. Ebbene, lasciamo allora che a parlare sia la sentenza emessa dalla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo (di cui qui citiamo solo brevi brani) che nella sua locuzione severa, narra come forse meglio e più direttamente non sapremmo fare quei momenti terribili in cui in Italia, in una notte di luglio del 2001 fu smarrito ogni senso di umanità e del diritto. “Nella sua sentenza della camera, resa oggi nell’affare Cestaro (Arnaldo, comunista del Prc e pensionato Cgil, bastonato e ferocemente ferito al pari di tanti altri) contro Italia (ricorso numero 6884/11), la Corte europea dei Diritti dell’Uomo afferma, all’unanimità, che c’è stata violazione dell’articolo 3 (divieto della tortura e dei trattamenti disumani o degradanti) della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo in relazione ai trattamenti dannosi subiti dal richiedente (…) La Corte sottolinea le violenze della scuola Diaz- Pertini sono state perpetrare con “un fine punitivo, un fine di rappresaglia, volto a provocare l’umiliazione e la sofferenza fisica e morale delle vittime” tali da essere qualificate come “torture” nel senso dell’articolo 1 della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. La causa riguarda gli eventi accaduti alla fine dell’incontro del G8 di Genova, in una scuola messa a disposizione dalle autorità municipali al fine di servire quale luogo di alloggio notturno per i manifestanti. Un’unità della polizia anti-sommossa ha investito l’edificio verso mezzanotte al fine di procedere a una perquisizione. Ne sono conseguiti atti di violenza (…) e tenendo conto dell’insieme di circostanze esposte, i trattamenti dannosi subiti dal richiedente devono essere qualificati come “tortura” (…). La Corte rileva che l’assenza di identificazione degli autori materiali dei comportamenti dannosi è derivata in parte dalla difficoltà oggettiva della Procura di procedere a identificazioni certe ma ugualmente dalla mancanza di cooperazione della polizia..” Se pur con quattordici anni di ritardo alla fine, ciò che andava detto dinanzi alla coscienza civile del Paese e dell’Europa è stato dunque detto. Ora, che nessuno dimentichi ! PS. Giorni fa un poliziotto (ora sospeso) ha pubblicamente rivendicato con orgoglio quanto allora fatto. Un’altra ferita che si aggiunge ad una storia buia. Vergogna! Se l’informazione imbroglia sulla crisi e la povertà aumenta I “numeri” di Renzi e la realtà del Paese Disoccupazione? Dati e notizie false mentre le condizioni del Paese peggiorano. Legge elettorale? C’è solo il vecchio. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ci fa sapere che il Pil (Prodotto Interno Lordo) crescerà dello 0,7% quest’anno, dell’1,4% nel 2016 e dell’1,5% nel 2017. Stime che “riflettono valutazioni prudenziali” e che potranno essere aggiustate al rialzo nel prossimo settembre. Il tasso di disoccupazione, ci viene assicurato da Renzi e dal ministro Padoan, calerà al 12,3% nel 2015, all’11,2% nel 2017 e raggiungerà il 10,5% nel 2019. Previsioni per i prossimi anni, certificate da personaggi credibili. Tutto bene, quindi? Non crediamo davvero. Queste sono solo stime, promesse… i soliti annunci che ci vengono propinati ogni anno. Esattamente un anno fa, era l’8 aprile del 2014, Matteo Renzi, con la stessa faccia di oggi (e le solite battute, mentre la gente sta peggio) dichiarava che il Pil sarebbe cresciuto, nel 2014, dello 0,8%. Una stima che era dichiarata -esattamente come oggi- “prudenziale”. L’aumento del Pil, secondo lo statista fiorentino, sarebbe stato certamente più alto e avrebbe potuto raggiungere tranquillamente, come scriveva Moody’s, il 2%. Renzi, così, infondeva grande ottimismo in vista di un futuro radioso. Detto fatto! Il risultato del Pil, a fine 2014, è stato negativo (-0,4%). Alla faccia della prudenza! Oggi il “pifferaio toscano” tenta lo stesso numero di magia sui numeri, con le stesse affermazioni di un anno fa. Affermazioni che, seppur prive di riscontri reali, vengono ripetute dai suoi vari portavoce ad ogni trasmissione televisiva così tante volte da diventare quasi una verità provata. Ma la realtà, cin la sua durezza è ben diversa come anno le famiglie ogni giorno! Del resto la grande informazione (stampa e tv) eccezion fatta per “Il Sole24ore”, certifica le promesse governative senza porre dubbi. Un accodamento vergognoso e privo di accenti critici di sorta. E veritiera viene passata la notizia della diminuzione delle tasse, mentre è la realtà di ogni giorno a ricordarci come siano invece cresciute e come i vari regali propagandistici (a partire dagli sbandierati 80 euro in busta paga) siano stati già divorati da tempo dalla diminuzione delle detrazioni e dalle tasse che gli Enti Locali (Comuni e Regioni) sono stati costretti ad aumentare visti i tagli fatti dal Governo. Ci stanno dicendo il falso e lo fanno coscientemente per nascondere cosa sta succedendo nel nostro Paese. Intanto, mentre la disoccupazione aumenta, i giovani non riescono a trovare lavoro e agli anziani viene impedito di andare in pensione, c’è grande dibattito sulla legge elettorale. Una legge che permetterà ai partiti più forti di mantenere il proprio potere in Parlamento confermando (in altra forma ma con pari sostanza) le norme del “porcellum” dichiarate incostituzionali (premio di maggioranza e liste, almeno in parte, bloccate). Una situazione imbarazzante creata da una serie di governi che stanno bloccando il Paese e che ci fanno credere di lavorare per il benessere dei cittadini. Questi ultimi, intanto, diventano sempre più rassegnati, poveri, senza lavoro, con salari e pensioni sempre più insufficienti a sostenere una vita decorosa. Ci stanno rubando il futuro e in molti sta venendo meno la volontà (e la forza) di ribellarsi. Invece essa va trovata e costruita con tenacia. Serve una nuova stagione di mobilitazione e di lotte ed in una nuova strategia politica di cambiamento. Oggi più di ieri, anche perché un’ avvenire migliore non ce lo regalerà nessuno! Come sempre. Il lavoro che non c’è, e quello che aumenta l’età lavorativa Niente lavoro, mentre i nostri soldi… Paolo Ferrero , Segretario Nazionale Patito della Rifondazione Comunista I dati dell’Inps parlano chiaro: il Jobs Act del Governo non crea un solo posto di lavoro. Semplicemente regala un po’ di soldi delle nostre tasse ai padroni che non si fanno scrupoli né si lamentano per l’assistenzialismo e li prendono. Questa è la vera vergogna dell’Italia: proporre un salario sociale per i disoccupati viene tacciato di assistenzialismo mentre a chi regala i soldi ai padroni viene accolto da squilli di fanfara e tappeti rossi. Se oggi si lavora più a lungo, ma a rischio della vita Manuela Palermi, Presidente Comitato Centrale Partito Comunista d’Italia Mi auguro che il Ministro del Lavoro Poletti abbia il tempo di leggersi i preoccupanti dati dell’Inail sugli infortuni. Si renderà conto che aumentare l’età pensionabile è grave e pericoloso. Dice l’Inail che più si è avanti con l’età più si rischiano incidenti mortali. Lo dimostrano le tragedie degli ultimi giorni. Un lavoratore aveva 65 anni, un altro addirittura 74. Quando ci si occupa del lavoro, non si può solo seguire l’ottica dell’impresa, attentissima al profitto. Prima ed oltre al profitto, ci dovrebbero essere e bisognerebbe pensare alle persone! Il punto è che non lo si vuole fare… 1915/2015 AUGURI PIETRO! Ingrao ha 100 anni. Una vita per il comunismo e la libertà chiedi lo speciale 25 aprile 70° della Lotta di Liberazione impegno

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Impegno Comunista n30 - 70° Liberazione d'Italia

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Comunista notiziario dei comunisti del territorio di santa luce

- numero trenta / aprile 2015 - _

Dopo la sentenza della Corte Europea

Diaz: fu tortura.

Una vergogna che pesa tuttora sulla coscienza dell’ intera vita repubblicana. I comunisti di Santa Luce La più grave sospensione dei diritti soggettivi, di quelli politici e civili avvenuta in epoca repubblicana nel nostro Paese. Un esplicito tradimento del dettato costituzionale. Un episodio, che per brutalità, sistematica applicazione ed efferatezza, già all’epoca fu descritto come tipico della “macelleria messicana”; lasciando intendere l’attuazione di pratiche proprie dei corpi di sicurezza delle più tragiche e sanguinarie dittature latino americane. Un’ombra seria che allora fu gettata sul ruolo dell’intero corpo della polizia italiana, che svolge con onore ogni giorno il proprio dovere con sacrificio e dignità! E’ che ci sono eventi rispetto a cui è bene e necessario non si affievolisca la memoria, perché alti restino la nostra indignazione e il nostro permanente rigetto, ma soprattutto, perché si nutrisca e tramandi quell’indispensabile nucleo di valori ed anticorpi (vigilanza democratica e partecipazione attiva dei cittadini e dei lavoratori), senza cui la Repubblica deperisce e muore nella crescente indifferenza e sotto il peso della diseguaglianza di trattamenti, di opportunità, di diritti. Si dice che le sentenze si rispettano e non si commentano. Ebbene, lasciamo allora che a parlare sia la sentenza emessa dalla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo (di cui qui citiamo solo brevi brani) che nella sua locuzione severa, narra come forse meglio e più direttamente non sapremmo fare quei momenti terribili in cui in Italia, in una notte di luglio del 2001 fu smarrito ogni senso di umanità e del diritto. “Nella sua sentenza della camera, resa oggi nell’affare Cestaro (Arnaldo, comunista del Prc e pensionato Cgil, bastonato e ferocemente ferito al pari di tanti altri) contro Italia (ricorso numero 6884/11), la Corte europea dei Diritti dell’Uomo afferma, all’unanimità, che c’è stata violazione dell’articolo 3 (divieto della tortura e dei trattamenti disumani o degradanti) della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo in relazione ai trattamenti dannosi subiti dal richiedente (…) La Corte sottolinea le violenze della scuola Diaz-Pertini sono state perpetrare con “un fine punitivo, un fine di rappresaglia, volto a provocare l’umiliazione e la sofferenza fisica e morale delle vittime” tali da essere qualificate come “torture” nel senso dell’articolo 1 della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti. La causa riguarda gli eventi accaduti alla fine dell’incontro del G8 di Genova, in una scuola messa a disposizione dalle autorità municipali al fine di servire quale luogo di alloggio notturno per i manifestanti. Un’unità della polizia anti-sommossa ha investito l’edificio verso mezzanotte al fine di procedere a una perquisizione. Ne sono conseguiti atti di violenza (…) e tenendo conto dell’insieme di circostanze esposte, i trattamenti dannosi subiti dal richiedente devono essere qualificati come “tortura” (…). La Corte rileva che l’assenza di identificazione degli autori materiali dei comportamenti dannosi è derivata in parte dalla difficoltà oggettiva della Procura di procedere a identificazioni certe ma ugualmente dalla mancanza di cooperazione della polizia..” Se pur con quattordici anni di ritardo alla fine, ciò che andava detto dinanzi alla coscienza civile del Paese e dell’Europa è stato dunque detto. Ora, che nessuno dimentichi ! PS. Giorni fa un poliziotto (ora sospeso) ha pubblicamente rivendicato con orgoglio quanto allora fatto. Un’altra ferita che si aggiunge ad una storia buia. Vergogna!

Se l’informazione imbroglia sulla crisi e la povertà aumenta

I “numeri” di Renzi e la realtà del Paese Disoccupazione? Dati e notizie false mentre le condizioni del Paese peggiorano. Legge elettorale? C’è solo il vecchio.

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ci fa sapere che il Pil (Prodotto Interno Lordo) crescerà dello 0,7% quest’anno, dell’1,4% nel 2016 e dell’1,5% nel 2017. Stime che “riflettono valutazioni prudenziali” e che potranno essere aggiustate al rialzo nel prossimo settembre. Il tasso di disoccupazione, ci viene assicurato da Renzi e dal ministro Padoan, calerà al 12,3% nel 2015, all’11,2% nel 2017 e raggiungerà il 10,5% nel 2019. Previsioni per i prossimi anni, certificate da personaggi credibili. Tutto bene, quindi? Non crediamo davvero. Queste sono solo stime, promesse… i soliti annunci che ci vengono propinati ogni anno. Esattamente un anno fa, era l’8 aprile del 2014, Matteo Renzi, con la stessa faccia di oggi (e le solite battute, mentre la gente sta peggio) dichiarava che il Pil sarebbe cresciuto, nel 2014, dello 0,8%. Una stima che era dichiarata -esattamente come oggi- “prudenziale”. L’aumento del Pil, secondo lo statista fiorentino, sarebbe stato certamente più alto e avrebbe potuto raggiungere tranquillamente, come scriveva Moody’s, il 2%. Renzi, così, infondeva grande ottimismo in vista di un futuro radioso. Detto fatto! Il risultato del Pil, a fine 2014, è stato negativo (-0,4%). Alla faccia della prudenza! Oggi il “pifferaio toscano” tenta lo stesso numero di magia sui numeri, con le stesse affermazioni di un anno fa. Affermazioni che, seppur prive di riscontri reali, vengono ripetute dai suoi vari portavoce ad ogni trasmissione televisiva così tante volte da diventare quasi una verità provata. Ma la realtà, cin la sua durezza è ben diversa come anno le famiglie ogni giorno! Del resto la grande informazione (stampa e tv) eccezion fatta per “Il Sole24ore”, certifica le promesse governative senza porre dubbi. Un accodamento vergognoso e privo di accenti critici di sorta. E veritiera viene passata la notizia della diminuzione delle tasse, mentre è la realtà di ogni giorno a ricordarci come siano invece cresciute e come i vari regali propagandistici (a partire dagli sbandierati 80 euro in busta paga) siano stati già divorati da tempo dalla diminuzione delle detrazioni e dalle tasse che gli Enti Locali (Comuni e Regioni) sono stati costretti ad aumentare visti i tagli fatti dal Governo. Ci stanno dicendo il falso e lo fanno coscientemente per nascondere cosa sta succedendo nel nostro Paese. Intanto, mentre la disoccupazione aumenta, i giovani non riescono a trovare lavoro e agli anziani viene impedito di andare in pensione, c’è grande dibattito sulla legge elettorale. Una legge che permetterà ai partiti più forti di mantenere il proprio potere in Parlamento confermando (in altra forma ma con pari sostanza) le norme del “porcellum” dichiarate incostituzionali (premio di maggioranza e liste, almeno in parte, bloccate). Una situazione imbarazzante creata da una serie di governi che stanno bloccando il Paese e che ci fanno credere di lavorare per il benessere dei cittadini. Questi ultimi, intanto, diventano sempre più rassegnati, poveri, senza lavoro, con salari e pensioni sempre più insufficienti a sostenere una vita decorosa. Ci stanno rubando il futuro e in molti sta venendo meno la volontà (e la forza) di ribellarsi. Invece essa va trovata e costruita con tenacia. Serve una nuova stagione di mobilitazione e di lotte ed in una nuova strategia politica di cambiamento. Oggi più di ieri, anche perché un’ avvenire migliore non ce lo regalerà nessuno! Come sempre.

Il lavoro che non c’è, e quello che aumenta l’età lavorativa

Niente lavoro, mentre i nostri soldi… �����

Paolo Ferrero , Segretario Nazionale Patito della Rifondazione Comunista

I dati dell’Inps parlano chiaro: il Jobs Act del Governo non crea un solo posto di lavoro. Semplicemente regala un po’ di soldi delle nostre tasse ai padroni che non si fanno scrupoli né si lamentano per l’assistenzialismo e li prendono. Questa è la vera vergogna dell’Italia: proporre un salario sociale per i disoccupati viene tacciato di assistenzialismo mentre a chi regala i soldi ai padroni viene accolto da squilli di fanfara e tappeti rossi.

Se oggi si lavora più a lungo, ma a rischio della vita �����

Manuela Palermi, Presidente Comitato Centrale Partito Comunista d’Italia

Mi auguro che il Ministro del Lavoro Poletti abbia il tempo di leggersi i preoccupanti dati dell’Inail sugli infortuni. Si renderà conto che aumentare l’età pensionabile è grave e pericoloso. Dice l’Inail che più si è avanti con l’età più si rischiano incidenti mortali. Lo dimostrano le tragedie degli ultimi giorni. Un lavoratore aveva 65 anni, un altro addirittura 74. Quando ci si occupa del lavoro, non si può solo seguire l’ottica dell’impresa, attentissima al profitto. Prima ed oltre al profitto, ci dovrebbero essere e bisognerebbe pensare alle persone! Il punto è che non lo si vuole fare…

1915/2015

AUGURI PIETRO! Ingrao ha 100 anni. Una vita per il comunismo e la libertà

chiedi lo speciale 25 aprile

70° della Lotta di Liberazione

impegno

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aprile 2015 scrivete lettere e commenti a: [email protected]

Coop e 25 aprile: un comunicato dei partigiani di Livorno.

Se la Coop rimane aperta No al buio mercantile del presente! No all’oblio del passato che divora il futuro. Ritrovare oggi il senso del nostro stare insieme.

Anpi Livorno 25 Aprile : Festa dell'Italia che , finalmente liberata dal nazifascismo, riprende il suo cammino di nazione libera e democratica. Festa della riconciliazione nazionale. Festa di un Popolo che ha saputo risollevarsi dall'abiezione di un regime autoritario e violento. Festa di un Popolo che con la Carta Costituzionale ha saputo promuovere ed affermare valori di giustizia, solidarietà, libertà di cui è segnata la storia repubblicana. Festa di una Nazione che, ancora oggi, nel suo settantesimo compleanno, si vorrebbe ridurre ad una banale data sul calendario. A questo ci opponiamo, questo condanniamo, questo ci indigna: l’oblio del passato che si mangia il futuro. Per questo chiediamo con forza che intorno al 25 Aprile le comunità dell’associazionismo sociale, delle istituzioni democratiche, dell'imprenditoria, delle organizzazioni dei lavoratori, ritrovino il senso dello stare insieme per uscire dal buio mercantile del presente e proiettare qualche luce sul futuro dei nostri figli e nipoti. Il 25 Aprile Festa della Liberazione è una occasione con cui i cittadini, i lavoratori possono ritrovare il senso di comunità e di appartenenza quindi devono essere messi in grado di partecipare e possibilmente di esserne protagonisti. E se per quel giorno qualche smemorato deve rinviare l'acquisto di patate e cipolle, non ci pare un gran male. Segreteria Provinciale Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia).

Il 25 aprile, memoria di libertà, non si monetizza!

...e “la Proletaria” non ha più memoria.

Recidere la memoria destina alla sconfitta e a divenire come gli altri. Corto circuito dei valori.

Patrizio Andreoli Comitato Centrale Partito Comunista d’Italia

Quest’anno insieme al 70° anniversario della Liberazione Nazionale, cade anche quello della fondazione de “la Proletaria” poi divenuta UniCoop Tirreno .“Dal bisogno e dallo spirito di solidarietà nacque uno spaccio costruito sulle macerie della guerra all’interno di una fabbrica siderurgica. E’ il 1945 e la Cooperativa popolare di consumo iniziava il suo cammino”. E’ quanto si legge sul numero 243 della rivista Nuovo Consumo distribuita mensilmente in migliaia di copie in ogni supermercato. Già, perché pare che “spaccio” non vada da tempo più di moda. Così come alla fine degli anni settanta, si decise che non era più consona ai tempi l’immagine di una contadina tenente sotto il braccio un fascio di grano (“la Proletaria”, appunto!) accanto al marchio Coop. Eppure i simboli e le parole hanno (o dovrebbero) avere un senso, raccontare una storia, sempre che quella storia si voglia difendere ed offrire come cifra di chi siamo e da dove veniamo. Il fatto è che in nome del rinnovamento (stimolo in sé necessario) si è più volte operato altrimenti, cancellando irresponsabilmente identità, resettando memoria storica, lotte e conquiste. Quel 25 aprile che davvero fu festa di popolo, di quel popolo che per la prima volta irrompeva da protagonista e in massa nella storia d’Italia come mai prima era accaduto (un carattere unico che ancor più la dovrebbe rendere cara e preziosa al cuore e alla nostra ragione politica di uomini e donne dell’antifascismo e di sinistra) oggi viene derubricata a “giornata patria” del passato, a quadretto inerte depotenziato della propria attualità e vitalità, cui si può anteporre la conta dell’incasso a fine giornata. Ben triste prezzo per una pagina “di noi” ancora così feconda! Come una volta, con un aforisma fulminante mi disse un vecchio compagno, “la Chiesa ricorda ogni giorno i suoi santi e martiri e dopo duemila anni è ancora qui. La sinistra smantella e dimentica sé stessa fin nei suoi simboli e nomi… e poi diciamo che si vuol vincere. Ma dove vogliamo andare!” E infatti a forza di picconare la Storia e le storie di molti e molte, allineando linguaggi e segni dell’agire al “nuovismo berlusconiano-renziano”, mai la sinistra nel suo insieme intesa, è stata così debole e balbettante in Italia. Mai! Naturalmente una sinistra che ancora aspiri a cambiare sul serio lo stato di cose presenti e non si accodi, aggiornandoli, ad antichi vizi e pratiche trasformistiche. Quanto di più lontano da noi che continuiamo invece a pensare testardamente come le ragioni stesse della crisi dovrebbero spingere più di ieri verso il mutamento mentre si riafferma il nostro cammino su cui -per restare al tema- il 25 aprile resta festività necessaria a questo Paese! Se smantelli la tua storia, sei destinato alla sconfitta o a divenire come gli altri. Se decidi di svilire la più alta ricorrenza civile del calendario nazionale, significa che siamo al corto circuito di memoria e valori, alla relativizzazione e all’appannamento di tratti essenziali di cui oggi non ti priva l’avversario, ma che dimostri di essere tu stesso disposto a perdere; nel caso, forse perché l’avversario in questi ultimi vent’anni ha nel frattempo imposto i suoi canoni e valori anche in quello che una volta era il tuo campo politico e sociale di riferimento. Intanto l’Unicoop Tirreno che da quelle macerie morali e materiali sorse svolgendo un ruolo prezioso, oggi rischia suo malgrado di esserne parte, contribuendo alla demolizione del valore storico di una stagione formidabile di conquiste e speranze (suggellate nella data del 25 aprile) nel momento della più grave crisi economica e valoriale della storia italiana degli ultimi cento anni. Ma davvero tagliare le radici è una buona politica? Forse qualcuno dovrebbe fermarsi e riflettere, o forse -chissà- anche in Coop qualcuno c’ha pensato bene ed è esattamente quello che si vuole. Se i tempi sono opachi, si sappia almeno che limpida resta la nostra indignazione di comunisti.

Pomaia/SS 206: strada Provinciale di Poggiberna

E nessuno interviene!

Si fanno le strisce gialle di cantiere ma degli interventi non vi è traccia. Intanto per viaggiare si devono fare veri e propri slalom! Si muova l’Amministrazione Comunale.

Una strada Provinciale, senza più un ente Provincia in grado di sostenere e provvedere adeguatamente ai suoi quattromila chilometri di viabilità. Tratti che franano ed una storia molto italiana: invece di provvedere sul serio si mettono cartelli (che cadono col vento o vengono urtati) e si appronta una segnaletica (talvolta priva nella notte di sorgenti luminose salvavita!) dichiarando al mondo che lì vi è un problema. Il problema i cittadini lo vedono eccome! E soprattutto lo avvertono quando sono in marcia sulla carreggiata. Buche, avallamenti e dossi inattesi a ripetizione. Toppe di asfalto che creano denti sul manto stradale si susseguono ad asfalto talmente consumato da risultare d’un grigio smorto. Uno stato d’abbandono che dura da anni con transenne che ormai fanno parte del paesaggio in via stabile. Ma resta il pericolo su una strada -per tipologia di trasporto- più trafficata di un’autostrada: mezzi agricoli, “ape”, camion pesanti (d’inverno e d’estate ad ogni ora diretti alla Knauff), auto, motocicli, camper e pullman, fino ai ciclisti. Caro sindaco, non basta annunciare incontri! Bisogna presentare un progetto e pretendere sicurezza. Serve un’iniziativa che dia (o almeno avvii) risposte ed una viabilità più civile per i cittadini. Intanto tutto deperisce…

Tekva: consolidare il percorso.

Fame di lavoro e futuro

Il superminimo azzerato o ridimensionato. Sulle chiamate a rotazione ci sia più equità!

Red Lion

Ancora una volta il peso più acuto dei problemi che oggi attanagliano il nostro territorio si chiama per gran parte Tekva (ex Iniziative Industriali). Una storia che sembra non avere fine, soprattutto per i cento lavoratori e le loro famiglie che vivono il calvario dell’azienda nella vicenda giudiziale che sta affrontando. Ricordiamo che Iniziative Industriali S.p.A., al secolo Tekva s.r.l., è in attesa di omologa del concordato fallimentare da parte del tribunale di Pisa, udienza che nel frattempo è slittata al 21 maggio 2015. Nello stesso tempo l’iter per l’approvazione della conversione della CIGS (Cassa Integrazione Speciale Guadagni) per crisi (scaduta lo scorso il 24 marzo), in CIGS per concordato fallimentare, è stata avviata grazie all’impegno profuso dalla Cgil Filctem provinciale che in questi mesi ha seguito in maniera costante una vertenza quanto mai critica e complessa. Pur tuttavia, tutto questo non è stato fin’ora sufficiente a garantire una continuità nell’erogazione della CIGS da parte dell’Inps, in quanto -visti i tempi burocratici- è facile ed insieme tragico ipotizzare come i lavoratori Tekva rischino di non avere totale o parziale copertura finanziaria. In modo duro e concreto: tutti i dipendenti che in questi mesi di transizione non saranno chiamati al lavoro non sapranno di fatto come sfamare le loro famiglie. Come abbiamo già detto altre volte la situazione finanziaria di Tekva Srl continua a patire un inadeguato accesso al credito, anche se la commessa americana, primo vero ordine acquisito della nuova società stenta a far riprendere le attività lavorative a pieno regime dello stabilimento, così come annunciato nel comunicato stampa della Cgil Filctem provinciale lo scorso 22 febbraio. In questi giorni la proprietà sta applicando l’ultimo dei punti previsto dall’accordo quadro siglato lo scorso ottobre, che prevede la rimodulazione dei trattamenti di miglior favore acquisiti ad personam. In buona sostanza, tutti i lavoratori che avevano sin qui fruito e potuto contare sul superminimo aziendale, se lo vedono ridimensionare o eliminare del tutto secondo quanto previsto dal CCNL mediante, per così dire, una contrattazione con la direzione aziendale che fa pesare (scarica?) ancor più sulle spalle dei lavoratori una situazione finanziaria già precaria. Ricordiamo che dal prossimo 20 ottobre 2015 per i dipendenti di Iniziative Industriali S.p.A. si apriranno le procedure per la mobilità. Entreremo così in una nuova fase di difficile gestione, su cui peraltro graverà l’assenza di un nuovo accordo-quadro tra le parti. Una fase in cui ognuno sarà chiamato a svolgere in via diretta il proprio ruolo: margini e spazi per sottrarsi a scelte e responsabilità, infatti, non vi saranno per nessuno! Riteniamo che ancora una volta i lavoratori potranno contare sull’impegno della Cgil Filctem… e poi? E poi vi sarebbe la necessità di un supporto e di una sponda da parte del territorio di Santa Luce e delle colline pisane perché questo accordo non mieta più vittime di quanto temiamo. I lavoratori stanno resistendo ma ogni giorno è difficile. Servirebbe davvero uno scatto della Amministrazione Comunale, al momento assente o indolente dinanzi alla vertenza e a questa strategica partita produttiva! Nelle prossime settimane, noi comunisti, faremo tutto ciò che potremo perché l’attenzione sulla vertenza del sito di Santa Luce rimanga alta. Intanto, scorrono i giorni in un clima che per chi lavora si fa sempre più critico.

Periodico politico culturale

Direttore Resp.: R.Cardellicchio, /Coordinatore di Redazione

P.Andreoli. Registr. n° 5441/02 sett. 2005 Tribunale di Fi. Redazione: Via Verdi 4, S.Luce (Pi) Grafica: pan.

Numero trenta. Tiratura. 650 copie. Stampa c.p. 04/15

Notiziario totalmente autofinanziato dagli iscritti ed elettori comunisti, dai cittadini democratici e di sinistra.

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Lotta di Liberazione Nazionale

contro il nazifascismo

Salvaste l’Italia non morrete mai!

Comunista notiziario dei comunisti del territorio di santa luce

aprile 2015 – supplemento al numero 30

L’alterità della Resistenza

Patrizio Andreoli Comitato Centrale del Partito Comunista d’Italia

Che cosa è rimasto di quella passione civile? Che cosa di quelle speranze in un mondo diverso, migliore e nuovo? Che cosa, dell’anelito di pace e giustizia che sotto il peso della tragica pedagogia della guerra, delle deportazioni, dei rastrellamenti e dei bombardamenti, animava l’urgenza di un cambiamento e di un riscatto veri della più parte del popolo italiano? Da quella mattina del 25 aprile 1945 sono trascorsi settant’anni; un’intera esistenza. In molti, in queste settimane, si sono interrogati circa l’esito di quel patrimonio politico e morale. Un patrimonio aggredito fin da subito da un revisionismo interessato talvolta sgangherato tal’altra (più spesso) sottile. Un nucleo di valori ed esperienze straordinarie che negli anni qualcuno ha tentato di ritualizzare con l’obbiettivo di depotenziarne motivi e spunti fecondi. Ma la Resistenza non è stata parata guerresca di pennacchi, di medaglie e tamburi marziali. Ma piuttosto folla per le vie di Napoli e rivolta popolare, dignità dei contadini fucilati sulle aie, grido di libertà e pugno chiuso dei caduti partigiani, fatica e rischio delle staffette ad ogni pedalata, fame e povertà, silenzio e spaurimento dei deportati avviati alla morte, fierezza dello sguardo delle donne di Carrara dinanzi all’invasore, ad ogni passo timore del tradimento e fraternità coi compagni di lotta e di vita, coraggio dei gappisti nel buio delle notti di Roma, solitudine degli affetti, magone per le famiglie lontane o sfollate, polemica politica e stampa clandestina, mercato nero e generosità inattesa di chi pur avendo poco quel poco divideva coi ribelli, ferocia dei tempi e nomi falsi, nomi mutati a coprire la fede o l’etnia, nomi di battaglia e soprannomi, le torture di Via Tasso e i nostri martiri monumento inscalfibile, messaggi in codice, parole d’ordine e veline cifrate, l’eccidio delle Ardeatine e gli impiccati ai pali del telefono come “banditen” a monito di un popolo in rivolta, radio rimediate e notizie passate di nascosto ai patrioti, lo sconquasso dell’8 settembre, i soldati che salgono in montagna a difesa di una patria nuova e libera, le braccia incrociate degli operai e i grandi scioperi del ‘43, i fucilati in massa a Cefalonia e i nostri padri (tra cui il mio) deportati nei lager in Germania quali nuovi schiavi del lavoro, il girotondo spezzato ed il sorriso tradito dei bambini trucidati a Stazzema, il livido ed interminabile inverno del ’44 prologo della ritrovata libertà. Tutto questo non è addomesticabile perché la Lotta di liberazione fu prima di tutto consapevole protagonismo, scelta di valori e di vita. Riscatto dalla retorica, conquista di una coscienza politica nuova che fece propria la saldatura fra diritti e conquiste sociali. E coloro che erano sudditi divennero cittadini portando con la Repubblica e un nuovo patto tra liberi l’Italia nel novecento. Se ancora qualcosa della Resistenza si teme non riguarda fatti d’arme pur eroici, ma l’esempio di un popolo che s’alzò in piedi cambiando il proprio destino. Quella partecipazione diretta e la capacità che allora vi fu di prendere in mano il futuro, a loro modo -quelle sì!- fanno ancor’oggi paura. Restano una lezione non minimizzabile. E’ l’alterità non riducibile della Resistenza. Voi, nuovi e vecchi gattopardi, “smemorati” interessati e rivalutatori del fascismo, sfruttatori di sempre e nuovi padroni di morte della speranza, nuovisti e picconatori della Costituzione, annoiati e sufficienti speculatori sulla pochezza morale e politica dei tempi; voi indifferenti che misurate il senso di esistere dal successo negli affari e dall’apparire sappiatelo: la Resistenza vive! Essa non è epopea di reduci, ma ispirazione per le nuove leve che vorranno provare a difendere la libertà, a combattere le ingiustizie, a cambiare il Paese.

Per un baluardo di massa dell’Antifascismo

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Giacomo Luppichini Presidente Anpi (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia), Rosignano Marittimo

Sono trascorsi 70 anni anni da quel 25 Aprile del 1945 quando, in concomitanza con l’offensiva alleata, scattò l’insurrezione che portò nei giorni successivi, alla liberazione di tutto il Nord Italia ancora sotto il tallone dell’occupazione nazifascista. Decisivo il contributo delle formazioni partigiane che dai monti calarono su tutte le città del Nord , insieme alla forze armate del ricostituito Esercito Italiano che risalivano la penisola combattendo insieme agli Alleati. Genova, in particolare, si liberò da sola e i signori della guerra nazisti che avevano fatto tremare il mondo con le loro conquiste, rimettevano la resa della città nelle mani del partigiano comunista Remo Scappini. In questi anni una polemica, oggi fortunatamente un po’ sopita, talora sguaiata e assordante, talora subdola e insidiosa ha cercato di sminuire, di ridurre, di contestare il ruolo della Resistenza nello svolgimento dei fatti bellici. A questi avversari rispondiamo con i fatti e tra essi gli oltre 60.000 caduti partigiani. Quelli ci sono tutti, documentati e rintracciabili e sono tanti per un anno e mezzo di guerra. Il ricordo del loro sacrificio è un dovere morale per tutti coloro che hanno a cuore la libertà, tanto più necessario oggi che il Paese è attraversato da una crisi economica, morale e sociale dalla quale riemergono preoccupanti segnali del passato. La Lega che legittima il neofascismo di Casa Pound, la Le Pen che rischia di diventare il prossimo presidente della Francia, il successo dei neonazisti di Alba Dorata in Grecia con il loro sedici per cento e l’affermarsi elettorale di formazioni neofasciste e neonaziste in Europa indicano come l’Antifascismo, lungi da essere un vecchio arnese ormai superato dalla storia recente, sia pienamente valido e attuale anche nei nostri tempi. L’Anpi è da anni impegnata nella costruzione di una grande moderna, libera associazione antifascista di massa. Ad essa si aderisce, non su basi partitiche o ideologiche, ma nella piena convinzione di impegnarsi a mantenere vive le aspirazioni, gli ideali, i contenuti dell’Antifascismo e della Resistenza armata nelle mutate condizioni politiche sociali del Paese. In primo luogo con una difesa attenta delle caratteristiche della nostra democrazia e della Costituzione che, nata dalla Resistenza, ne costituisce il patto fondante. Per questo esprimiamo tutta la nostra preoccupazione per il recente progetto di riforma costituzionale che il Governo sta portando avanti. Ci preoccupa in particolare l’abolizione dell’elettività del Senato, un organismo che continuerà ad avere funzioni importantissime ma che sarà costituito da senatori non eletti, ma scelti dalle segreterie di partito. Se a ciò si aggiunge che con la proposta di riforma della legge elettorale, anche i componenti della Camera saranno eletti senza poter esprimere una preferenza, ma in base all’ordine di lista, si capisce come da un lato ne venga alterato l’equilibrio dei poteri a tutto vantaggio del Governo, e dall’altro come un partito magari con un successo del 25-30 % venga a concentrare nelle sue mani tutto il potere. E’ uno squilibrio troppo forte e lesivo dei caratteri della democrazia italiana che i costituenti, di tutte le parti politiche vollero basata sulla rappresentanza popolare eletta su base proporzionale e sulla partecipazione democratica. L’Anpi si batterà perché queste proposte non passino fino al referendum confermativo. Per questo c’è bisogno di tutta la forza di coloro che credono in questi valori; per questo bisogna aderire alla nostra Associazione che oggi rappresenta il muro che bisogna erigere per contrastare quelle forze che hanno sempre mal sopportato una Costituzione antifascista e che ancora lavorano per demolirla. Ricordando quanti dettero la vita per ridare all’Italia dignità, speranza e libertà, ancora e sempre: W il 25 aprile, W la Resistenza!

70°

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aprile 2015 W la Lotta di Liberazione!

Il ricordo del Commissario Generale delle Brigate Garibaldi

Liberi con la forza degli operai

Pietro Secchia

Sin dalla mattina del 26 (aprile 1945) praticamente Milano era libera e il potere nelle mani del Comitato di Liberazione Nazionale. Nei giorni 27 e 28 proseguì l'occupazione di alcuni nidi di resistenza nazifascisti, quali la Casa dello Studente, il palazzo dell'aeronautica, dove erano asserragliati mille tedeschi. La resistenza fascista andava cessando e si limitava a sporadiche azioni di cecchinaggio. Proseguiva celere l'azione di rastrellamento, di disarmo e di arresto dei traditori. Numerosi grossi gerarchi fascisti venivano pescati: tra gli altri Starace, che andava in giro per Milano travestito con una tuta da operaio ed il tricolore al braccio. Bisogna dire che la vittoria insurrezionale a Milano è stata relativamente facile e non è costata ai patrioti gravi perdite. In tutto abbiamo avuto cinquanta morti ed alcune diecine di feriti. Il nemico a Milano è stato sorpreso dall'insurrezione. Sorpreso e soprattutto demoralizzato dalla fuga dei grandi gerarchi, dalla fuga di Mussolini, dalla fuga dei ministri, dei capi dello stato maggiore fascista, di tutti i grandi dignitari della milizia e del partito, dalla fuga di tutti coloro che avevano giurato di morire in bellezza. La viltà dei capi ha accelerato il processo di disgregazione delle brigate dei briganti neri, che non hanno potuto e saputo opporre una resistenza coordinata e organizzata. A Milano le forze patriottiche hanno vinto con la loro decisione. Erano concentrate nella città imponenti forze fasciste e tedesche dotate abbondantemente di armi di ogni genere. Le loro caserme erano circondate da trincee, da fili spinati, da cavalli di frisia, da casematte in cemento armato e con le mitragliatrici alle feritoie. Tutto questo non è servito a nulla. Eppure le nostre unità partigiane erano lontane da Milano. Le nostre radio tempestavano di fonogrammi il comando delle divisioni “Valsesia” di Moscatelli ed il comando delle Brigate Garibaldi dell’Oltrepò pavese perché cercassero di inviare al più presto le loro divisioni a Milano. Un grave pericolo incombeva sulla città, se le forze tedesche e fasciste, dopo il primo

momento di sorpresa, si fossero riavute ed avessero opposto una resistenza organizzata; la lotta sarebbe stata molto dura, date le armi di cui disponeva l’ avversario. Ma tedeschi e fascisti, assaliti da ogni parte, abbandonati dai loro capi, rinunciarono ben presto ad ogni velleità di resistenza, si arresero senza condizioni, e quelli che riuscirono si diedero alla montagna. Quando il giorno 28, alla sera, la prima colonna di seicento partigiani garibaldini dell 'Oltrepò pavese faceva il suo ingresso a Milano, ed il giorno 29 le divisioni di Moscatelli, dopo aver liberato tutta la Valsesia e tutto il Novarese, dopo aver sostenuto duri combattimenti per arrivare alla capitale lombarda, entravano trionfanti in città, Milano era già da due giorni saldamente nelle mani dei patrioti. Milano è stata liberata dalle sole forze degli operai delle fabbriche, delle brigate SAP (Squadre di Azione Patriottica) composte di lavoratori e di giovani studenti (…).

Pietro Secchia (1903-1973) è stato dirigente del PCI ed uno dei capi della Resistenza. Arrestato e confinato dal fascismo, liberato nel 1943 divenne Commissario Generale delle Brigate Garibaldi. Ha scritto: “Storia della Resistenza”, “La Resistenza accusa”.

Milano: 70 anni fa l’agguato nazifascista al capo della Gioventù Comunista

Avanguardia delle nuove generazioni nella lotta!

“Nessun settarismo, nessun particolarismo organizzativo limiti e inceppi la nostra azione. Il nostro ideale è di essere l’avanguardia delle nuove generazioni nella lotta di oggi e nella ricostruzione di domani.” Eugenio Curiel

Motivazione della Medaglia d’Oro al Valor Militare

“Docente universitario, sicura promessa della scienza italiana fu vecchio combattente, seppur giovane d'età, nella lotta per la libertà del popolo. Chiamò a raccolta, per primo, tutti i giovani d'Italia contro il nemico nazifascista. Attratta dalla sua fede, dal suo entusiasmo e dal suo esempio, la parte migliore della gioventù italiana rispose all'appello ed egli seppe guidarla nell'eroica lotta ed organizzarla in quel potente strumento di liberazione che fu il Fronte della Gioventù. Animatore impareggiabile è sempre laddove c'è da organizzare, da combattere, da incoraggiare. Spiato, braccato dall’insidioso nemico che vedeva in lui il più pericoloso avversario, mai desisteva dalla lotta. Alla vigilia della conclusione vittoriosa degli immensi sforzi del popolo italiano cadeva in un proditorio agguato tesogli dai sicari nazifascisti. Capo ideale e glorioso esempio a tutta la gioventù italiana di eroismo, di amore per la Patria e per la Libertà”. Milano, 8 settembre 1943- 24 febbraio 1945

Settanta anni fa, il 24 febbraio 1945 a poco più di trentadue anni, Eugenio Curiel , partigiano e fisico italiano nonché capo della Gioventù Comunista e animatore instancabile del Fronte della Gioventù (tra i maggiori teorici della “democrazia progressiva”) veniva ucciso dai fascisti a Milano. Eccolo, nelle parole e nel ricordo del dirigente comunista Arturo Colombi e in quelle di Quinto Bonazzola (da poco scomparso) che del Fronte della Gioventù di Curiel fece parte.

“Il 24 febbraio del 1945 pranzammo in ufficio: Curiel, io, la sua giovane compagna e due altre nostre collaboratrici. Subito dopo discutemmo il piano del numero de “l’Unità” che doveva uscire nei giorni seguenti; ci ripartimmo i compiti, poi ci salutò, salutò la sua compagna e uscì. Non dovevamo più rivederlo vivo. Mezz’ora dopo, a poca distanza da noi, egli era freddato a colpi di mitra dagli sgherri fascisti. Sapemmo poi che lo aveva denunciato un miserabile traditore, ex confinato a Ventotene. Curiel ci aveva detto di aver fatto un incontro spiacevole. Un individuo che a Ventotene faceva il delatore lo aveva incontrato salutandolo cordialmente: buongiorno professore! Non demmo l’importanza dovuta alla cosa e le conseguenze furono tragiche. […] Mentre [Curiel] transitava per piazzale Baracca una squadra fascista lo raggiungeva e il triste delatore gridava: è lui!Resosi conto del pericolo, Curiel, che era prestante anche nel fisico, si mise a correre. Una prima scarica di mitra lo colpiva, cadeva ma si rialzava prontamente, una seconda raffica lo inchiodava al suolo. Noi eravamo ignari di quanto era avvenuto. Il mattino seguente stavamo leggendo la notizia dell’uccisione di uno sconosciuto quando entrò in ufficio la commpagna di Curiel con il volto sconvolto dallo sgomento: “Giorgio non è rientrato”, ci disse. Un triste presentimento, che non osavamo esprimere, ci diceva che l’assassinato di Piazzale Baracca era lui, il nostro Curiel. La sua compagna era come impietrita dal dolore; noi non sapevamo che dire: che cosa si può dire in simili casi? […] Non tardammo ad avere conferma dei nostri tristi presentimenti: il nostro caro compagno, l’amico, il fratello di lotta era stato barbaramente e freddamente trucidato sulla pubblica strada dagli assassini fascisti. […] era stata uccisa una delle più belle figure di patriota, una delle giovani forze più promettenti della scienza italiana, un forte combattente, un capo della classe operaia, il capo della gioventù italiana. La costernazione era scesa nei nostri cuori ma il combattimento continuava; stringemmo i denti e dicemmo ai nostri giovani, ai nostri partigiani, gappisti e sappisti, ai nostri operai delle fabbriche: colpite, colpite più forte, fate sì che questo regime di criminali affondi al più presto nell’ignominia e non possa fare altro male all’Italia e agli italiani!” Arturo Colombi (A.Colombi, “Eugenio Curiel capo combattente e martire della gioventù italiana”, Edizioni Gioventù Nuova).

“Curiel […] svolse una funzione decisiva verso di noi: ci insegnò la fiducia. Fiducia nel popolo italiano […] Ci insegnò […] ad essere insomma i giovani della nuova Italia: uomini e non automi. […] Nei confronti dei soldati di Graziani, che noi disprezzavamo, Curiel insisteva sempre al fine di spingerci a compiere un’azione di propaganda; a non considerarli in nessun caso perduti per sempre. Ci spiegava in quali condizioni essi probabilmente avevano dovuto piegarsi ai bandi e alle minacce poste in atto per arruolarli. Ci invitava ad un lavoro serio per organizzare la disgregazione tra essi. Vedeva insomma anche in loro delle forze viventi in sviluppo e non solo delle divise. Ed anche in ciò era profondamente umano, cioè politico” Quinto Bonazzola (l’Unità”, 21 febbraio 1951)

Periodico politico culturale

Direttore Resp.: R.Cardellicchio, /Coordinatore di Redazione P.Andreoli, Registr. n° 5441/02 sett.2005 Tribunale di Firenze

Redazione: Via G.Verdi 4, S.Luce (Pi) Grafica: pan. Supplemento gratuito non distribuibile separatamente dal

numero trenta del Notiziario. Tiratura. 650 copie. Stampa c.p.04/15

Notiziario totalmente autofinanziato dagli iscritti ed elettori comunisti, dai simpatizzanti, dai cittadini democratici e di sinistra

6 maggio 1945 / Milano: sfilata della Liberazione. Da sinistra: G. B. Stucchi (Psi), F. Parri (PdA), R. Cadorna (Comandante CVL), L. Longo (Pci), E. Mattei

(Dc). Nell’occasione la bandiera del C.V.L. fu decorata dagli alleati con Medaglia d’Oro V. M.

ALDO DICE 26 x 1

Testo del telegramma diffuso dal CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) indicante il giorno [26] e l'ora [1 di notte] in cui dare inizio all'insurrezione. A tutti i comandi zona Comunicasi il seguente telegramma: ALDO DICE 26 x1 Stop Nemico in crisi finale Stop

Applicate piano E 27 Stop Capi nemici et dirigenti fascisti in fuga Stop Fermate tutte macchine et controllate rigorosamente passeggeri trattenendo persone sospette Stop Comandi

zona interessati abbiano massima cura assicurare viabilità forze alleate su strade

Genova-Torino et Piacenza-Torino Stop 24 aprile 1945