Impatto Magazine: Le ombre di Amazon // N. #3 // 21 ottobre 2014

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www.impattomagazine.it [email protected] Impatto Magazine - Le ombre di Amazon. Questa settimana in primo piano: La nuova peste nera, il mondo è terrorizzato da Ebola e Lacrime e Rabbia, gli Angeli del fango e il cuore di Genova.

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bola. E-BO-LA, quella sillaba centrale ci fa aprire la bocca come quando la paura ci colpisce all’improvviso.

Ora tocca a noi. Quindi si mettano tutti sull’ attenti e trovino subito una soluzione. È una possibile catastrofe umanitaria e lo è soprattutto ora che è arrivata da “noi”. È qui vicina: un morto in Germania, un caso in Inghilterra. Ora che è così vicina, è vera. Ora che potrebbe toccare a “noi”, che nessuno si azzardi a non sentirsene toccato, o a voltare la faccia dall’altra parte. La paura fa 90, ma quella del “mondo sviluppato” fa di più. In queste cose, meglio non essere pionieri. Non si vada in Africa, non si torni dall’Africa. E poi scusate, ma che ci siete andati a fare in Africa? Non lo sapete che tra pipistrelli e gorilla il virus vi aspetta proprio lì? Non l’hanno scoperto mica ieri, il primo ceppo lo hanno trovato proprio “laggiù”, in Congo, nel ‘76. Controllate gli aerei, lasciate lì quello che non ci appartiene, che non ci riguarda. Qui non deve più arrivare. Quanto vale la morte? E quanto vale quella di un europeo o un americano, rispetto a quella di un africano? Qui si muore di tumore, di infarto, di cibi coltivati sulla spazzatura a peso d’oro e di centinaia di euro al mese trasformati in fumo che esce dalla nostra bocca per ingannare

il tempo. Ma i gorilla, i pipistrelli e le persone contagiate no, per piacere, non siamo abituati. Sono tanti anni che “lì” la gente muore così, alla televisione lo vediamo: immagini di morti ovunque, ammassi di corpi scuri e ossuti, gettati lì, così. E’ un’immagine a cui siamo così anestetizzati e così indifferenti proprio perché noi siamo al di sopra. Come al di sopra di cosa? Al di sopra di una linea dell’equatore che, nettamente, divide il mondo in due. Non lo vedete? È una linea immaginaria dicono, eppure l’abbiamo immaginata proprio bene. Così bene che nella nostra mente la vediamo marcata forte, come un’incisione a fuoco, indelebile. E fate un’altra cosa: basta con ‘sti gommoni, che già abbiamo i problemi nostri. L’ironia è amara, ma più amaro è il fatto che i commenti per strada, se li ascoltate, se ancora ascoltate il mondo, sono proprio questi. Tutto l’amore che dai ritorna, dicono. E tutta l’indifferenza che dai? Quella no, è indifferenza. E quello che accade da noi non può essere indifferente a nessuno. Vi immaginate un mucchio di corpi buttati lì, così, in una città italiana? Sotto la Tour Eiffel? In mezzo ad Alexanderplatz? E sotto la statua della libertà? No! Orrore! Roba da epidemie di peste promessosposiana. Roba superata. E quindi no. Marcate più forte quella linea, e tornate a farci dormire sonni tranquilli ed egoisti.

È allarme Ebola! Una malattia che divide

La paura per la pandemia in Africa fa riemergere antichi razzismi ed egoismi latenti in Occidente.

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EmanuelaGuarnieri

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EditorialeN.3 | 21 Ottobre 2014

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Chi di voi vorrà fare il giornalista, si ricordi di scegliere il proprio padrone: il lettore!

Indro Montanelli

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seguito del assegnazione del Premio Nobel al l ’economista francese Tirole – avvenuto lunedì

scorso – sono stati richiamati in causa in alcuni speciali nei diversi media, tanti dei precedenti vincitori, anche per capire se c’è qualcosa che ha accomunato nel tempo tanta genialità.Il dato più netto è la nazione di appartenenza, poiché ben 40 studiosi premiati sono statunitensi – o di origine statunitense – e la scuola economica americana ha dominato la scena negli ultimi anni, con almeno un esponente premiato dal 2000 sino all’assegnazione del premio nel 2013. Non sono, però, solo lo strapotere e la dimensione di una nazione a rappresentare un trampolino per la definizione e la diffusione su scala globale di una teoria; difatti, la piccola isola di Santa Lucia – collocata nel bel mezzo del Mar dei Caraibi – può vantare un Premio Nobel per l’economia, quando verso la fine degli anni Settanta Arthur Lewis fu premiato con Theodore Schultz per la loro teoria sulle dinamiche economiche dei paesi in via di sviluppi; il contributo scientifico faceva riferimento all’economia agricola e alla necessità di inquadrarla in un framework unico insieme alle altre attività economiche e non come un elemento in disparte. Tra l’altro la piccola isola può

addirittura fregiarsi anche di un Premio Nobel in letteratura, conseguito da Walcott negli anni Novanta.Altro fattore particolarmente rilevante che accomuna i Premi Nobel rilasciati sin dal 1969 è il sesso degli assegnatari, in quanto solo una volta una donna è riuscita a trionfare e ciò si è verificato ben quarant’anni dopo la prima premiazione, allorché Elinor Ostrom e il suo collega Oliver Williamson sono stati insigniti dell’ambito premio, in virtù delle loro ricerche sulla tematica della governance. In dettaglio, le ricerche effettuate furono finalizzate alla dimostrazione del raggiungimento di maggiori livelli di efficienza nell’utilizzo di risorse comuni – in particolare quelle naturali, tra cui foreste, giacimenti petroliferi e terreni coltivabili - qualora l’assegnazione della governance da parte di un’entità centrale non fosse affidata a favore di enti locali o a imprese private, bensì lasciate direttamente all’utilizzo degli attori che possono accedere all’uso delle stesse risorse in base alle condizioni di disponibilità.Americano o francese che sia, uomo o donna, è certo che il prossimo studioso da Premio Nobel è già all’opera per tentare la scalata al prestigioso premio che tra meno di un anno verrà nuovamente assegnato.

Premio Nobel un salto nella storia

Dopo la consueta assegnazione del Premio, molti analisti si sono interrogati su quale fattore accomuna i Nobel.

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MarcoTregua

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EditorialeN.3 | 21 Ottobre 2014

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10Istantaneedi EbolaUna galleria in bianco e nero della tragedia africana

La Cina sta aumentando le proprie riserve auree per soddisfare le personali ambizioni internazionali?

7. 19.

Anche ad essere si imparaItalo Calvino e l’epopea del Cavaliere inesistente.

Le perle di SiracusaIn viaggio tra i sapori di una meravigliosa città del Sud.

Rare di nome ... ma di fatto?Un viaggio tra le malattie rare e i margini di ricerca

L’ombra dellosfregiatoLa seconda parte del racconto sull’assassino di Joe.

Le urla di Genova e le tradizioni italianeLa rabbia verso una politica che usa disastri come propaganda.

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Direttore ResponsabileEmanuela Guarnieri

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SommarioN.2 | 14 Ottobre 2014

Il neo premio Nobel per la pace, Kailash Satyarthi si racconta. Un viaggio tra la sua passione per i bambini e il suo credo pacifista.

Il mio cuore, i miei bambini, la mia pace

Il mondo è in panico per il virus Ebola. La terribile malattia africana porta con se tristi realtà e falsi miti.

Ebola: La peste nera dei nostri giorni

La febbre dell’oro

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Sir Alex FergusonL’ex boss dei Red Devils, Sir Alex Ferguson, racconta i suoi successi calcistici, la sua vita, il suo legame con Manchester e il suo prossimo futuro.

29.

23. 39. 45.

Il presidente della Commissione di sorveglianza bancaria della BCE, racconta come cambieranno i controlli da Novembre.

Banche Sorvegliate ... parola di Daniéle Nouy

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Le larghe maglie della fiscalità europea consentono l’elusione da parte delle multinazionali. Ultimo il caso di Amazon.com.

L’Unione Europea contro Amazon e Jeff Bezos

Dolcenera scorre, di nuovo, inarrestabile ed impetuosa. Genova, metafora di un tiranno che scivola tra mani nel fango.

Rabbia e fango, una tragedia annunciata

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AttualitàN.2 | 14 Ottobre 2014

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La Peste Neradei nostri giorni

Il mondo è in panico per il virus Ebola. La terribile malattia africana porta con se tristi

realtà e falsi miti. Cosa bisogna fare adesso?

“Il virus Ebola rappresenta una minaccia globale che richiede una risposta davvero globale. È un’epidemia che non solo minaccia la sicurezza regionale, ma è una potenziale minaccia alla sicurezza globale, se questi Paesi si spezzassero, se le loro economie si spezzassero, la gente andrebbe nel panico”. Questa malattia “ha effetti profondi su tutti noi, anche se non contraiamo direttamente la malattia. Tale epidemia è già fuori controllo”. E richiede “la maggiore risposta internazionale nella storia del Centers for Diseases Control”. Queste le incisive, profonde, significative parole del presidente degli Stati Uniti d’America. Parole da cui trapela tutta la straordinarietà, l’urgenza, la necessità di un intervento repentino al fine di evitare un vero e proprio disastro, tanto sociale quanto economico. La decisione di mandare 3000 soldati nelle zone africane più colpite dal virus non è che il corollario perfetto e coerente di queste asserzioni. L’eloquenza dei dati non lascia spazio ai commenti: più di 8000 contagi, oltre 4450 morti,

con il solo 50% di possibilità di sopravvivere in caso di infezione. È vera e propria minaccia biologica di livello 4, la più grande epidemia della storia, nata nel 1976 in Congo, con un numero di vittime ben circoscritto. È vero e proprio allarme pandemia, ormai fuori controllo. L’epidemia ha cominciato a sortire i primi effetti dall’aprile del 2014, eppure ad ottobre la situazione appare incontenibile e irrefrenabile: nei Paesi africani in cui infuria l’epidemia, l’emergenza sanitaria e quella alimentare rendono ancora più drammatica la situazione. Un connubio mortale. Molti guineani ritengono di essere vittime di un complotto o di una cospirazione che ha deliberatamente introdotto il virus. Hanno paura di entrare negli ospedali e di venire “derubati” di sangue e organi. Il 5 settembre, in un piccolo villaggio sono stati uccisi, con machete e bastoni, alcuni operatori sanitari e funzionari locali che stavano raccontando come prevenire la malattia. I corpi sono stati trovati in una fossa comune.

Redatto da Anna Annunziata

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contaminazione, destinata ad insinuarsi proprio come un virus: la disinformazione, o, che dir si voglia, una distorta e scorretta comunicazione, che non fa che alimentare fenomeni di psicosi collettiva. L’isteria collettiva è la più grave e deleteria conseguenza che il condizionamento mediatico sociale potrebbe produrre. Da un lato le autorità sanitarie tranquillizzano e dichiarazioni ufficiali definiscono molto bassi i rischi di contagio in Europa. Dall’altro, 3000 soldati vengono mandati per fronteggiare l’emergenza. L’ebola diviene un caso

mondiale nel giro di pochi giorni. Meccanismi di condizionamento psicologico non fanno altro che ridurre la distanza che separa l’apatia dall’ansia collettiva. Ecco comparire segnalazioni di ricoveri sospetti in Occidente. Due infermiere sono state contagiate e un cane va soppresso. La coppa D’Africa sembra addirittura e paradossalmente a rischio,

Il movente degli omicidi non è stato confermato, ma sembra che molti abitanti del villaggio accusassero gli operatori sanitari di diffondere la malattia. Sei volontari della Croce Rossa sono stati attaccati mentre cercavano di raccogliere il corpo di una persona morta. La Sierra Leone è ormai un Paese isolato. I residenti lamentano scarsità di cibo. Le comunità continuano a evitare l’assistenza medica. Gli infermieri in un ospedale governativo hanno scioperato in seguito alla morte di tre colleghi che hanno contratto il virus. Non si sentono protetti. Il numero di casi infetti aumenta ogni giorno. Freetown è la terza regione più colpita in Sierra Leone e sarà messa in quarantena. Sono arrivati un team medico britannico e uno cinese. Mancano posti letto e personale adeguatamente addestrato, iniziano a scarseggiare gli strumenti di prevenzione. L’OMS dichiara che nell’ipotesi più pessimistica a dicembre potrebbero registrarsi ben 10 000 contagi a settimana: una vera e propria ecatombe, quella dell’ebola, quella del virus che terrorizza il mondo. Si tratta dello scenario peggiore, se non funzionassero gli sforzi di contenere l’epidemia. Ipotesi remota ma non irreale.

La tradizionale distorsione dell’informazione e gli effetti nocivi - Altrettanto irrefrenabile e incontenibile, parimenti destinata al repentino e immediato diffondersi, dilagarsi e propagarsi, proprio come una macchia d’olio, è un’altra forma di

Interventi d’urgenzaUn medico locale si prepara ad un intervento d’urgenza, nell’area della Sierra Leone.

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AttualitàN.3 | 21 Ottobre 2014

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come tutti i calciatori che provengono da quelle zone. Negli aeroporti americani si comincia a misurare la febbre a distanza. Da un lato il direttore dei CDC (centers for disease control and prevention) definisce quella dell’ebola, un’epidemia peggiore dell’AIDS, e, per ammissione delle stesse autorità americane i 3000

è dare la mano o stare a lungo vicini a persone infette senza le opportune protezioni. L’epidemiologia computazionale, disciplina che si occupa di prevedere l’andamento delle epidemie di malattie infettive, stima che in Italia il rischio di contagio è del 5-10%. Meno di altri Paesi che hanno collegamenti diretti con i paesi africani. Se a ciò si aggiunge che nel Paese più colpito, la Liberia, le autorità sanitarie non riescono a distinguere le vittime di Ebola da quelle di altre malattie,

soldati inviati non sono adatti per fronteggiare il virus stesso. Dall’altro, il virus Ebola si trova nei fluidi corporei delle persone infette. Il contagio passa attraverso il contatto con mucose, ferite sulla pelle o tramite aghi infetti. Non si trasmette per via aerea né mediante gli insetti. Sconsigliato, ma non altamente pericoloso,

ed oggi solo il 31% delle morti è stato provocato sicuramente dall’Ebola e il restante 47% è considerato solo probabile, due conclusioni logiche, che fanno seguito a queste due premesse,possono trarsi : che ci si trovi di fronte alla Peste nera dei nostri giorni, una vera e propria emergenza mondiale che condurrà presto a un’ecatombe, o siamo di fronte all’ennesimo caso di strumentalizzazione, irresponsabile e non sorprendente, di un virus. Ennesimo dopo le tanto temute e poi dimenticate

influenza aviaria e suina del nostro recente passato. Un virus, quello dell’ebola, che c’è ed esiste, e che conduce nel 50% dei casi, a morte certa, ma che è circoscritto ed ha una rilevanza per lo più locale, in una maniera non dissimile da quanto avveniva nel passato.

“Vi voglio bene” e il pallido mea culpa - Dalla sua stanza d’ospedale la giovane ventiseienne Nina Pham parla con voce emozionata quando ringrazia tutti coloro che si sono occupati di lei. “Vi

voglio bene”, dice con le lacrime agli occhi. Nina era infermiera del Texas Health Presbyterian di Dallas, ed ha contratto il virus dal cosiddetto paziente zero, Thomas Duncan, poi morto. Il video in cui la giovane appare fortemente provata ed emozionata è stato girato dal suo medico, poi postato su you tube, prima di essere trasferita in una struttura nel Maryland, in un reparto di isolamento. Il medico ringrazia l’infermiera di essersi presa cura del paziente: “Significa molto. In foto- le tute di

protezione dismesse.

In foto- Dei medici indossano l’equipaggiamento protettivo.

La battaglia all’Ebola richiederà tempo. Per tutelare gli americani dall’Ebola in casa, dobbiamo mettere fine alla crisi in Africa.

Barack ObamaPresidente USA

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AttualitàN.3 | 21 Ottobre 2014

È stato uno sforzo enorme da parte di tutti voi e ne siamo orgogliosi.” Pham ride e poi dice ai medici che indossano la tuta di protezione :“ Venite nel Maryland tutti quanti, vi voglio bene.” Non è stato però l’unico caso: Amber Winson è la seconda infermiera contagiata in quella stessa struttura ospedaliera, per mancanza di misure protettive sufficienti a scongiurare il contagio. Il mea culpa, tardivo ed oramai inutile, arriva dal direttore del Presbyterian: “Dispiaciuti per errori nel trattamento del paziente Duncan.” Titoloni su titoloni

rimarcano quotidianamente la portata sempre più dirompente e devastante dell’ormai fenomeno Ebola. Non esiste persona che non sappia riconoscere i sintomi più ricorrenti: insorgenza rapida della febbre, mal di testa, senso di debolezza, dolori alle ossa e ai muscoli. In una fase più avanzata potrebbero esserci diarrea con presenza di sangue, vomito,perdita di appetito, mal di stomaco. La sua naturale e veloce evoluzione potrebbe portare alle caratteristiche tipiche della febbre emorragica, ematomi ed emorragie

cutanee, sanguinamento agli occhi, alle orecchie, al naso. Il protocollo italiano prevede che chi si avvicini ad un malato di Ebola , deve farlo indossando camice impermeabile, doppi guanti impermeabili, mascherina, occhiali protettivi, maschera facciale, copertura impermeabile per gambe, scarpe e copricapo.

Ebola: bioterrorismo, verità o opera teatrale medica? Sono in molti ad avvalorare la tesi di un possibile complotto, avente ad oggetto proprio il virus Ebola. Non si tratterebbe di altro se non di un’opera teatrale medica con

In foto- La tuta di sicurezza, impiegata dai medic, consente l’isolamento totale. Le cuciture sono rafforzate dallo scotch e l’intero kit è fissato con lo scotch che permette di fare barriera ed evitare qualsiasi contatto.

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AttualitàN.3 | 21 Ottobre 2014

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un copione scritto attentamente: panico globale per la pandemia, un brevetto del governo, importazione dell’Ebola in una città importante degli Stati Uniti, un vaccino sperimentale, un’immediata apparizione di una società farmaceutica poco conosciuta. Una simile opera fu già rappresentata, recante però un nome diverso, quello di “influenza suina”. Una sequenza preordinata di atti puntuali disposti in ordine cronologico, tesi ad un unico scopo:l’acquisto, da parte dei Governi, dei vaccini necessari al momento per milioni e milioni di dollari. Ciò è sostenuto soprattutto guardando ad alcune contraddizioni presenti nei messaggi delle autorità: i mezzi di comunicazione non smettono di ripetere che è difficile infettarsi con l’Ebola, eppure il numero di medici e di infermieri che hanno preso infezione è in aumento, nonostante in molti casi abbiano cercato di seguire il protocollo necessario per evitare di ammalarsi. In realtà, da un articolo pubblicato su naturalnews.com, si legge che non è detto al pubblico che l’Ebola si può

In foto - Alcuni operatori si prendono cura dei cittadini.

In foto - Altri operatori si prendono cura della bonifica.

trasmettere per via aerea con micro gocce di liquido infetto del paziente sparse nell’aria, come per esempio quelle che si producono quando una persona infetta tossisce, o suda in modo esagerato. Un’altra prova della potenzialità di trasmissione per via aerea di Ebola è stata fatta con uno studio del 2012 pubblicato sulla rivista Nature. I ricercatori scoprirono che l’Ebola era passato da una gabbia di maiali a una di macachi senza contatto diretto. L’infezione può essere conservata a mezzo di liofilizzazione. Il virus può sopravvivere in materiale liquido o secco per vari giorni. L’infezione si mostra stabile a temperatura ambiente o a 4 gradi per vari giorni, e stabile in maniera indefinita a -70 gradi.Punto sostanziale è poi l’utilizzo dell’ebola come arma biologica da parte di gruppi terroristici. Ipotesi spaventosa seppur sussistente: l’Ebola è un’arma biologia perfetta. Esiste il rischio che un gruppo terroristico qualsiasi ottenga il virus in polvere e faccia scoppiare una bomba in un’area pubblica

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In foto - Una giovane protegge le vie respiratorie altamente pericolose per il contaggio.

In foto - Un medico festeggia dopo un intervento riuscito.

densamente popolata. Ciò causerebbe un gran numero di morti orribili. L’arma non provocherebbe la morte degli infettati immediatamente, ma inizierebbe un effetto domino che potrebbe causarel’infezione di migliaia, milioni di persone, prima che si possano attuare misure contenitive. Il panico, la paura smisurata che paralizzerebbe città, trasporti e ogni tipo di attività economica, sarebbe solo un altro, parimenti deleterio e devastante, effetto dell’epidemia, destinato a collocarsi sullo sfondo, ma non per questo destinato a produrre meno danni.

Il mondo non sta facendo abbastanza per contenere la grande minaccia del virus africano del Ebola.

BarackObama

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AttualitàN.3 | 21 Ottobre 2014

Nel prossimo numero un’intervista esclusiva a Medici Senza Frontiere sull’impegno per Ebola.

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Non bisogna chiudere gli occhi sulle tragedie del Mondo. Ebola non è solo un dramma sanitario, ancor prima è un dramma sociale ed umanitario. Il dramma di un Continente che da anni cerca in vano risposte dal resto del Mondo.

Ebolain bianco e nero

Scatti dal Mondo

Fate Presto!Lo sguardo enigmatico di un paramedico liberiano immortalato dopo un turno di disinfestazione.

GalleriaN.3 | 21 Ottobre 2014

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Un bimbo nudo siede solo,

all’interno di una consistente folla, in attesa di cure.

Una madre ed un padre si stringono

attorno alla propria figlia ammalata.

Dei volontari avvolgono le salme all’interno di teli

di plastica per evitare ulteriori contagi.

i cari affetti

piccolasolitudine

angeli della morte

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Un volontario dell’Unicef

predispone i materassi su cui

alloggeranno i malati di Ebola.

Un’infermiera misura la temperatura di

una donna mentre sua figlia tenta

di afferrare il termomentro.

Il dramma di un uomo costretto a

coprire una salma di soli dieci anni.

giochi da bambini

stanza della vita

certi bambini

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La comunità continua ad andare avanti. E gli studi e le preghiere non si

interrompono nelle Chiese africane.

Il dramma di una madre che vede

portare via la salma del figlio in un telo

di plastica.

Un tecnico si appresta ad utilizzare una

pistola per disinfettare l’ambiente circostante.

polvere ritorneremo

ebolasociety

armi di disinfestazione

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uò una comunità regionale rivendicare il proprio diritto all’autocostituzione e - di conseguenza - instaurare un nuovo

ordinamento costituzionale?A che titolo una Corte Costituzionale si esprime su un esito referendario o su uno Statuto già approvato dal popolo sovrano? Secondo una parte della dottrina – di cui Santi Romano è autorevole esponente - il diritto è fatto sociale organizzato che nasce e si trasforma nella storia: è la vita stessa di una comunità che si fa ordinamento e pone norme per dotarsi di una identità.L’eminente costituzionalista siciliano di cui abbiamo precedentemente fatto cenno – nonché esponente dell’Istituzionalismo novecentesco – argomenta favorevolmente alle tesi autonomistiche che sembrano individuarsi nella sopracitata corrente di pensiero. Secondo Santi Romano, l’ordinamento non è esclusivamente un aggregato di norme poste secondo un criterio gerarchico, ma questo è piuttosto diritto vivente in una comunità, nato dal fatto spontaneo e protratto nell’arco di tempo; ogni istituzione in cui siano presenti tre elementi, società, ordine ed organizzazione, può considerarsi ordinamento.Partendo da questi presupposti, quindi, anche la Camorra potrebbe essere considerata un ordinamento, in quanto – dal punto di vista strutturale – i tre elementi sopradetti rilevano.

A detta di Romano, obiettivo dell’ordinamento non è quello di garantire sicurezza e tutelare i diritti dei singoli in modo eguale, ma conservare le forze sociali secondo un’idea fondante che può anche risultare moralmente riprovevole.La scorsa settimana il Presidente della Catalogna, Artur Mas, ha fatto marcia indietro rispetto al voto programmato per il 9 novembre e sospeso dalla Corte Costituzionale in merito alla indipendenza della Generalitat, indicendo – però – una tornata consultiva in merito.La questione catalana non è esente dall’avere dei precedenti.Nel lontano 2006 la regione autonoma spagnola ha approvato un nuovo Statuto di Autonomia che ad alcuni osservatori è parso come atto propedeutico alla creazione futura di un ordinamento costituzionale. Soltanto a distanza di quattro anni la Corte Costituzionale ha dichiarato l’incostituzionalità di alcuni punti dello statuto nelle parti in cui questi eccedano i limiti imposti dalla Carta nazionale. L’intervento dei giudici ha quindi spogliato lo Statuto regionale della sua veste di atto volto ad instaurare un nuovo ordinamento. Quest’anno, in concomitanza con i Mondiali di Calcio, si è tenuta anche la Confederation of Indipendent Football Association. Alla competizione hanno preso parte: Lapponia, Ossezia del Sud, Paesi Baschi, Catalogna e…Padania.Il passo è breve.

Esiste un diritto d’indipendenza?La Catalogna rimanda il referendum sull’indipendenza,

marcia indietro o questione legislativa?

FlavioDi Fusco

EditorialeN.2 | 14 Ottobre 2014

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Page 20: Impatto Magazine: Le ombre di Amazon // N. #3 // 21 ottobre 2014

Il miocuorei miei bambiniIl neo premio Nobel per la pace, Kailash Satyarthi si racconta in una breve intervista al Time of India. Un viaggio tra la sua passione per i bambini e il suo credo pacifista.

Intervista a cura di Avijit Ghosh.

Traduzione a cura di Alessia Candia.

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IntervistaN.3 | 21 Ottobre 2014

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Che significato ha il Nobel per la Pace per il movimento per i diritti dei bambini in India?

Mi auguro che i giovani, le organizzazioni della società civile e ogni indiano si sentano orgogliosi. Lavorare per i diritti dei bambini è una causa nobile. Si tratta di un movimento contro il lavoro minorile e tutti devono farne parte.

Qual è il prossimo livello di lotta contro il traffico di bambini?

Non mi è stato dato questo premio per il mio lavoro solo in India. Io lavoro in 144 paesi. Lavoro in Africa con la stessa passione e anche in America Latina. Ho lavorato in Pakistan con uguale amore. Quindi è una lotta globale. Ma io sono orgoglioso del fatto che l’India sia il luogo dove questa lotta è iniziata e che sia cominciata con me. Poi, si è diffusa in altri paesi. Siamo nati nella terra del Mahatma in cui le soluzioni

sono realizzate con la pace e non-violenza. Ho lavorato al 100% con mezzi non violenti. Credo fermamente nei principi di pace in tutta la mia lotta.

Come si sente dopo essere stato onorato con questo premio?

È un grande riconoscimento e onore per milioni di bambini nel mondo. Spero che molte più persone si uniranno alla lotta contro la schiavitù infantile. Questo non riguarda solo l’India. Si tratta di un fenomeno globale. Lavoreremo per questo a livello mondiale. Ho lavorato in 140 paesi e la mia responsabilità è di tutti i bambini del mondo.

Di chi si ricorda maggiormente oggi?

Di mia madre e mio padre. Mia madre mi ha visto essere aggredito. Ha pianto quando ho lasciato ingegneria per questa causa. Ha capito la mia battaglia, mi ha incoraggiato.

In foto - Un bambino indiano già avviato al mestiere di meccanico. Duri lavori che privano i piccoli della loro libertà.

In foto - Un bambino delle sobborghi indiani ritratto tra i fumi di una piccola fabbrica di produzione agricola.

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Page 22: Impatto Magazine: Le ombre di Amazon // N. #3 // 21 ottobre 2014

In foto - Una giovane bambina indiana in completo stato di povertà.

In foto - Bambini indiani sono costretti a raccogliere pietre.

Mi ricordo di tutti quelli che erano con me in questa lotta, tra cui due colleghi che sono stati uccisi. Ogni volta che libero i bambini dalla schiavitù e li porto alle loro madri, le lacrime di felicità nei loro occhi sono come benedizioni di Dio. Quando vedo i volti dei bambini liberati, trovo il loro sorriso di libertà divino, e ciò mi dà forza divina. Non sento mai che li sto liberando, piuttosto ci si sente come se mi stessero donando la libertà.

“Sfruttare i bambini è immorale”. Così sentenziava in un’intervista Kailash Satyarthi, all’inizio di quest’anno a Time Of India,

elecando i modi in cui le persone possono contribuire alla lotta contro il lavoro minorile. Se ne riporta un breve estratto in seguito.

Sui passi per proteggere i bambini dallo sfruttamento.

I consumatori possono boicottare i prodotti e servizi che coinvolgono i bambini in produzioni manifatturiere. Non accettate ospitalità da ristoranti e dai negozi che impiegano bambini. Abbiate il coraggio di dire loro che vi rifiutate di prendere i loro servizi perché sfruttano i bambini, perché questo è un crimine! Questo metterà pressione psicologica anche

Se non avessi combattuto contro il lavoro minorile, non so cosa altro avrei potuto fare nella vita.

Kailash Satyarthi

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IntervistaN.3 | 21 Ottobre 2014

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In foto - Un bambino indiano costretto a creare e trasportare dei mattoni.

In foto - Una bambina indiana è costretta a trasportare massi.

alle industrie. Richiedete una garanzia dai negozi che visitate sul fatto che loro non sfruttino i bambini. Utilizzate i social media per evitare lo sfruttamento.

Sugli attacchi di ritorsione verso la sua squadra e i suoi servizi

Noi lavoriamo con le famiglie e persone distrutte che hanno perso la speranza e sono impotenti. Se le persone si oppongono al mio lavoro, lanciano attacchi personali, sappiamo che siamo sulla strada giusta. Un collega è stato ucciso, un altro è stato picchiato a morte. Io ho ferite

su tutto il corpo. Lavoriamo contro una piaga sociale. Se questo male non reagisce significa che non siamo una minaccia.

Sulla sua filosofia

Sono un amico dei bambini. Nessuno dovrebbe vederli come soggetti pietosi. La gente spesso paragona il comportamento infantile alla stupidità o alla follia, e questo deve cambiare. Voglio livellare il campo di gioco, dove posso imparare dai bambini. Da loro posso imparare la trasparenza. Sono innocenti e semplici.

Con l’Europa non si afferma un’idea di pace, ma di guerra: paesi l’un contro l’altro armati.

Marine Le PenEuroparlamentare

La povertà non dovrebbe essere usata come scusa per continuare lo sfruttamento e il lavoro dei bambini.

Kailash SatyarthiMemorie sul suo operato

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Il tumulto dal CieloDolcenera scorre, di nuovo, inarrestabile ed impetuosa. Metafora di un tiranno che scivola tra mani nel fango.

In foto- Le mani sporche di fango di uno dei volontari per la sistemazione di Genova dopo l’ultima alluvione. L’azione popolare è stata univoca e spontanea.

Redatto da Giorgia Mangiapia

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AttualitàN.3 | 21 Ottobre 2014

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Faber lo aveva cantato:“Amiala ch’a l’arìa amia cum’a l’é cum’à l’è amiala ch’a l’arìa amìa ch’a

l’é le ch’a l’é le.Amiala cum’a l’aria amia amia cum’a

l’è amiala ch’a l’arìa amìa ch’a l’é le”In un ritmo ossessivo e martellante, allarmante e di stupore, un coro di voci femminili in dialetto genovese lo annuncia: “Guardala che arriva. Guardala com’è. Guarda che è lei”. Arriva. Irrompe e travolge. Non puoi arrestarla. L’acqua. La materia della vita, matrice, madre e mezzo. L’acqua coma amante. L’odi et amo. L’elemento naturale: il più semplice, il più indispensabile, il più spietato.

“Nu l’é l’aegua ch’a fa baggiàimbaggià imbaggià”

Quella che arriva spaccando il monte non è l’acqua che fa sbadigliare; non è l’acqua che scivola e cade a ritmo cadenzato su una finestra, che risuona su un tetto; non è l’acqua che sfiora i pensieri come una mano un corpo. Non è un’acqua purificatrice. È acqua nera, una fiumana di fango che stringe ai fianchi come la tonnara, la rete per catturare i tonni, che “porta

Da un lato - Marco Doria, l’attuale sindaco di Genova.

Dall’altro- Claudio Burlando, presidente Regione Liguria.

via la via” che “picchia forte e butta giù le porte” travolgendo vite, ricordi, esistenze e lasciando dietro di sé sguardi di sgomento, vestiti sporchi e mani nel fango.“Nera che non si vedeva da una vita intera così

dolcenera” Nella realtà del nostro quotidiano, dolcenera - metafora del tiranno - ha

Piove sulla Gazzetta Ufficiale qui dal balcone aperto, piove sul Parlamento, piove su via Solferino, piove senza che il vento smuova le carte.

Eugenio MontalePiove - Satura

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Adriatico sommerse da oltre due metri d’acqua che, forte e violenta, crea un muro alto un metro e mezzo e spazza via automobili, devasta negozi e abitazioni. Sempre a novembre 2011 risale l’alluvione di Barcellona Pozzo di Gotto, Merì e Saponara, in provincia di Messina, a causa dell’esondazione dei torrenti e provocando la morte di tre persone tra cui un bambino. Stesso periodo, in Umbria, l’alluvione di Orvieto e dell’Orvietano con l’esondazione del fiume Paglia e dell’affluente Chiari. Il nubifragio che investe la città di Orvieto porta all’allagamento dei centri

abitati. Due settimane dall’11 Novembre, nuova alluvione a Carrara e Ortonuovo: un metro e mezzo d’acqua cade giù e intere zone abitate risultano allagate. Alluvione in Sardegna, 18 Novembre 2013: Olbia, Nuoro, Uras, colpite dall’esondazione di fiumi, torrenti e canali di smaltimento per le acque piovane a causa di un fronte temporalesco. Ponti crollati, campagne allagate e ad Olbia la violenza dell’acqua causa la morte del maggior numero di vittime. Gennaio 2014, alluvione di Modena ed esondazione del fiume Era in provincia di Pisa; maggio 2014, alluvione di Serigallia e Chiaravalle e, a luglio, a Milano, per un forte temporale notturno sul bacino del fiume Seveso e un’inadeguata tombinatura del corso d’acqua che esonda dai tombini, si assiste all’allagamento del quartiere causando danni ad abitazioni e automobili. Ancora: 21 luglio, 2 agosto, settembre 2014. Alluvione di Valfreddana, in provincia di Lucca, di Refrontolo e del Gargano, Imola e Romagna. Morti e danni alle zone colpite. Durante il cinquantesimo anniversario del Vajont si ritorna a parlare di disastri annunciati e di cause strutturali gigantesche.“Acqua di spilli fitti dal cielo e

dai soffitti”L’acqua nera ritorna a Genova il 9 ottobre 2014. Le piogge orografiche verificatesi nell’Appennino Parmense provocano la rottura degli argini nel quartiere Montanara e nella zona di via Varese. Storia dei nostri giorni. Le immagini non lasciano spazio alle parole: catastrofe annunciata, disastro naturale, scempio,

colpito con tempi di ritorno rapidi negli ultimi anni. L’acqua nera tradisce Genova, Messina, la Sardegna, Milano. Se si volesse fare uno scorcio sui disastri naturali idrologici avvenuti nell’ Italia degli ultimi anni si potrebbe partire proprio da Genova. Nel novembre 2011, si assiste all’esondazione dei fiumi Bisagno, Fereggiano, Sturla a causa dell’edilizia selvaggia provocando la tombinatura di gran parte dei corsi d’acqua e riducendone la capacità di scorrimento a cui si uniscono la situazione idro-geologica molto delicata e le intense precipitazioni. La zona di Ponte Carrega e piazzale

AttualitàN.3 | 21 Ottobre 2014

In foto- Delle giovani ragazze, Angeli del Fango.

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non bastano per descrivere lo stato di prostrazione di una città che, come altre, è vittima non solo del tumulto del tempo ma dell’inadempienza umana. “Nera di malasorte che ammazza e passa oltre. Nera come la sfortuna che si fa la tana dove non c’è luna”Al di là della malasorte, vi sono responsabilità per omicidio e per disastro colposo dovuti alle opere non realizzate in ambito idraulico, alla

manutenzione degli alvei, alla mancata allerta e alla gestione d’emergenza. L’acqua scorre e se trova una diga si arresta. Se la diga si spezza, scorre di nuovo. Si adatta, si modella, ma quando cade sul suolo non la si può arrestare. È la sua natura. Come un’innocente, dopo aver distrutto, scorre via, scivola tra la gente con le mani nel fango, accarezza luoghi che aveva violentato e si ritira. All’uomo cosa resta?

Resta l’impegno di chi - “oltre i muri dei vetri […] si prende per mano a battaglia finita”- nella tragedia e nella consapevolezza dell’errore umano, per sopravvivere, decide di rimboccarsi le mani, di sporcarsele e - tra fango, detriti, macerie, dignità violata e dolore - senza ascoltare le polemiche dei politici e i vari mea culpa, l’acqua nera, la dolcenera senza cuore, l’affrontano. Gli angeli del fango

Il trasporto Lo sgombero delle attività commerciali duramente colpite dall’alluvione.

Angeli del FangoLa popolazione di Genova e dintorni si è subito mobilitata per sgombrare la città da fango e detriti. In questo contesto è stato duramente criticato Beppe Grillo, reo di non spalare assieme ai volontari.

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della lotta che si ritrova ad affrontare. L’uomo vittima e colpevole può assolversi? La colpa lascia il tempo che trova, forse è il caso che sia sostituita dal senso di responsabilità. Nell’attesa che si giunga a questa consapevolezza, resta una convinzione: l’uomo, il clima e gli ecosistemi vivono da sempre rapporti sofferti in un’imponente intelaiatura di effetti retroattivi e di feedback innescati dalle invenzioni e cambiamenti. Come in un parallelismo amoroso, come per i due amanti di De Andrè : l’amore, che non può arrivare all’appuntamento

perché coinvolto nell’agire degli altri che si aiutano nel momento di disperazione, è vissuto come reale, presente. Lei, sdraiata a terra, è accarezzata ora dall’acqua che l’aveva travolta e che le scende pian piano sui vestiti incollati al corpo gelido mentre lui non percepisce la sua assenza, la sua morte, ma l’aspetta mentre il cielo ha solo sbagliato momento e, in quell’amore non

prendono i cocci e li mettono da parte per ricostruire, per agire mentre Genova - come accaduto per l’Aquila e altre zone colpite dai disastri naturali - diviene il nuovo palco per fare politica e far sentire la propria voce. Le mani nude e sporche nel fango parlano con maggiore profondità di un discorso retorico e programmato. L’uomo e l’acqua, l’uomo e la natura. Scriveva D’annunzio: “Un giorno non si sa perché, non si sa come, qualcosa si rompe: una diga tra due acque. E due sorti si mescolano, si confondo e precipitano”. Come in un legame tra esseri umani, così per la natura. Il rapporto tra uomo e ambiente è d’interazione, dinamico e per tale motivo tende a mantenersi in equilibrio anche attraverso rotture e squilibri locali, quali possono essere un terremoto o un’eruzione, l’alternarsi di forti siccità e di alluvioni. L’ambiente quanto l’uomo tendono a modificarsi a vicenda e se da un rapporto di dipendenza con la natura si è passati ad un’egemonia sulla stessa, è l’uomo responsabile

I giovani di GenovaDue giovani liguri ritratti dopo una giornata impegnata nel spalare fango dalla città.

Con l’Europa non si afferma un’idea di pace, ma di guerra: paesi

Marine Le Pen

Non aspettate che arrivi l’alluvione per ripristinare soltanto allora gli argini.

Stephen Littleword

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AttualitàN.3 | 21 Ottobre 2014

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In foto - Un giovanissimo Angelo del Fango durante un intervento di pulizia.

In foto - Le giovani ragazze hanno aiutato la popolazione.

consumato e per questo vero, forte, che sfida la morte, tutto può sembrare possibile. Anche che l’uomo sappia gestire il bivio che si è creato tra lui e l’ambiente, riesca a vivere il rapporto circolare con l’ambiente e con quegli elementi naturali che sono parte di lui.“Così fu quell’amore che nell’ansia di perdersi, ha avuto in un giorno la certezza d’aversi. […] Così fu quell’amore dal mancato finale così splendido e vero da potervi ingannare”. Dolcenera, metafora del tiranno che, come tale, cerca di rimuovere ogni ostacolo

che si oppone all’esercizio del proprio potere. Dolcenera richiama alla mente, ogni istituzione che, come l’acqua e più dell’acqua nera – perché l’istituzione ne è consapevole e volontaria - distrugge e annienta, travolge e va via lasciando macerie. Senza innocenza, questa volta, ma come una dolcenera senza cuore in un ritmo ossessivo e martellante:

“Amiala ch’a l’arìa amia cum’a l’é cum’à l’è amiala ch’a l’arìa

amìa ch’a l’é le ch’a l’é leAmiala cum’a l’aria amia amia cum’a l’è amiala ch’a l’arìa

amìa ch’a l’é le”

Con l’Europa non si afferma un’idea di pace, ma di guerra: paesi l’un contro l’altro armati.

Marine Le PenEuroparlamentare

Ma il tempo cambia, nel bello o nel brutto pioggia o ciel sereno, un’aiuto abbi fede, fede in Dio.

Luigi Galbiatipoeta italiano

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Il mionome èLeggenda

L’ex boss dei Red Devils, Sir Alex Ferguson, racconta i suoi successi calcistici, la sua vita, il suo legame con Manchester e il suo prossimo futuro, in una lunga intervista a MUTV.

Intervista - a cura di Jim Rosenthal.Traduzione - a cura di Davide Nudo.

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IntervistaN.3 | 21 Ottobre 2014

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Com’è la sua vita dopo aver allenato il club?

Credo che la cosa più importante che ho fatto finora è stata quella di rimanere attivo. E lo sono stato, facendo un sacco di cose: ho viaggiato un po’, ho fatto cose che volevo fare da tempo e adoro guardare la squadra da un punto di vista diverso. È stato interessante.

Complessivamente, quanto è stato bello per lei essere al centro della Ryder Cup?

È stato fantastico, la miglior sensazione che ho provato al di fuori del calcio. Sono uscito per il primo tee il primo giorno e l’ultimo per i tee-off e il pubblico è stato magnifico. I giocatori hanno reagito bene. Si parla spesso della pressione sui giocatori e questa è stata una prova per grandi giocatori. Quel lancio al primo tee – che prova che è stata! Tutto ad un tratto c’è stato un silenzio assordante. È stato splendido.

Senza rilevare esattamente ciò che ha detto al team della Ryder Cup, qual è stato il senso del suo messaggio?

Credo che parlasse dell’esperienza di essere i favoriti, perché l’Europa è stata la favorita del torneo. Non c’è nulla di male a esserlo, è solo questione di vivere sopra le aspettative. Devo dire però che ho ottenuto più io di loro perché ero eccitato da tutto questo, dal parlare con grandi golfisti. C’è stata una grande alchimie e anche qualche momento simpatico dopo perché Ian Poulter, Lee Westwood e Thomas Bjorn sono dei tifosi sfegatati – rispettivamente – di Arsenal, Notthingam Forest e Liverpool e tutti e tre mi hanno dato dei bastoni da golf. Ho apprezzato molto questo gesto.

A che punto si trova con l’aggiornamento del suo libro?

Ci sono semplicemente un paio di capitoli riguardanti il tempo

In foto - Sir Alex Ferguson, classe ‘41, scozzese di nascita, è stato allenatore del Manchester United dal 1986 al 2013.

In foto - Alex Ferguson in una foto di repertorio con ben tre trofei vinti, tra cui una Champions Leaugue e un FA Cup.

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che sto passando da quando mi sono ritirato e le cose che sto facendo. Sono andato alla cerimonia degli Oscar e mi sono divertito molto. La cosa più interessante di questo primo anno è che Cath e io siamo andati in vacanza a Dicembre, la prima volta che ho avuto delle vacanze a Dicembre. Non parlo solo del mio periodo allo United o a Aberdeen o come giocatore, nella mia vita. Ero seduto ai bordi di una piscina ad Abu Dhabi quando ho detto a Cath “Dovrei essere a Carrington”: c’era un freddo congelante a Carrington mentre io ero seduto ai bordi

di una piscina.

Lo spirito guerriero è parte del DNA dello United. Ora il club è in un momento in cui l’obiettivo principale è recuperare quello spirito?

Ovviamente Van Gaal ha cambiato molte cose e stavo pensando proprio a questo. Forse sta facendo la cosa giusta, pulire la scrivania e costruire la propria squadra perché ha l’esperienza e l’abilità da allenatore per poterlo fare. E anche la reputazione. Credo che il suo modo di approcciarsi è brillante. Non sta ottenendo i risultati che si aspettano

ma nei miei primi anni allo United anche io non ho ottenuto i risultati sperati. Quello di cui avevamo bisogno allora erano sir Bobby Charlton, Martin Edwards e il mio consiglio di attaccare e abbiamo avuto un grande momento dopo quello. Una volta stabilitomi nel club, ogni cosa è andata bene. Louis sta operando lo stesso processo e non ho alcun dubbio che ne verrà fuori vittorioso.

Lei e Louis avete incrociato sempre le spade tra voi in passato e che tipo di rapporto aveva con lui?

In foto- Alex Ferguson con il Manchester United ha conquistato due Champions League, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa UEFA, una Coppa Intercontinentale e una Coppa del mondo.

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IntervistaN.3 | 21 Ottobre 2014

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Ho sempre avuto un ottimo rapporto con Louis. La prima occasione in cui ci siamo incontrati è stata quando giocammo contro il Barcellona in Champion’s League nel 1998, quando eravamo assieme durante la fase a gironi. Mi chiese come riuscissi a cavarmela con la stampa e gli risposi che avevo qualche asso nella manica! Aveva un approccio differente all’epoca. Il mio consiglio fu di non leggerla, di non infuriarsi per quello che si scriveva. Lui ha il suo modo e guardare le sue rassegne stampa è molto interessante. È sempre molto, molto onesto, perciò è interessante.

Quanto è stato straziante non svegliarsi più alle cinque e mezza del mattino – o all’orario a cui era abituato – come negli anni passati?

In realtà è interessante. Questa mattina mi son svegliato alle tre, ho guardato un po’ di televisione per un’ora e poi sono riandato a dormire. Non mi sveglio più alle sei del mattino. Di solito mi appisolo di nuovo e mi risveglio alle otto

In foto - Sir Alex con van Nistelrooy e la sua scarpa d’oro.

In foto - Sir Alex con Ronaldo e il suo Fifa World Player.

meno un quarto, otto circa. Ogni tanto prendo la bici e faccio un po’ di esercizio poi faccio colazione con Cathy – è la prima volta che lei fa colazione con me. Abbiamo un ufficio a Wilmslow e ho Lyn lì che mi aspetta. Anche lei si è ritirata con me dallo United ed è stata la mia segretaria per ventisette anni. Jason è lì come sempre e intanto sono successe un sacco di cose. È sempre bello ricevere lettere da ogni parte del mondo in cui ti chiedono autografi e fotografie.

Cosa sta organizzando adesso per pubblicizzare il suo libro?

Uscirà a Ottobre e per l’evento ci sarà Jimmy Nesbitt al Drury Lane. Ha funzionato bene l’anno scorso e ho lavorato molto bene nelle serate a teatro con Eamonn Holmes, Dougie Donnelly, Dan Walker, tutte le personalità differenti che mi hanno intervistato. Per questa occasione c’è Jimmy Nesbitt. È una persona meravigliosa e sarà veramente in gamba.

C’è un posto in cui lei non è stato

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La mia più grande sfida non è quello che sta succedendo in questo momento, ma è stata far scendere il Liverpool dal loro fottuto piedistallo.

Alex Fersugoncontro il Liverpool FC

riconosciuto?

A dire il vero, no. Con l’avvento di Sky – quando è iniziata la Premier League – i parametri dei calciatori sono cambiati. Sono trattati come star del cinema. Sono andato a New York un sacco di volte, dove sono gli studi di ESPN e Fox Television e sono veramente fantastici. Hanno impresso lo United nell’immaginario collettivo quindi è molto difficile andare da qualche parte a New York senza trovare qualcuno che ti riconosca.

Il suo lavoro all’UEFA la tiene molto a contatto su cosa sta avvenendo nel mondo del calcio...

Sono il presidente della associazione degli allenatori per quanto riguarda gli sviluppi sul cambiamento dello sport. Gli allenatori contattano me se hanno qualche richiesta da fare a Michel Platini o al

comitato, per miglioramenti del regolamento. Durante questi anni hanno fatto molto bene il loro lavoro. Michel Platini fa bene perché è una persona che ascolta, è stato un calciatore e questo aiuta molto. Quest’anno abbiamo dieci nuovi allenatori che sono fantastici. Il punto è che loro danno un contributo perché sanno come vanno i match per via della loro esperienza. Arsene Wenger, Josè Mourinho, Carlo Ancelotti, tutti allenatori con esperienza; ma io voglio tanto i vecchi quanto i giovani allenatori a contribuire perché dobbiamo ascoltare anche i giovani.

Ha scelto di allenare una squadra e tenerla sul campo ogni settimana, dal 1974. Quanto è difficile ora non farlo più?

Ho pensato quando mi sono ritirato che non dovevo guardare indietro in termini di

David Moyes

Ex manager dell’Everton è stato il primo dopo Ferguson.

Ryan Giggs

Icona dello United è stato coach dopo l’esonero di Moyes.

Louis Van Gaal

Dopo il Mondiale con l’Olanda allena adesso i Red Devils.

Successori

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IntervistaN.3 | 21 Ottobre 2014

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ruolo come manager. Quello che non ho fatto come manager è stato di non guardarmi indietro e i traguardi che ho raggiunto. Non l’ho mai fatto perché non lo reputo importante. Ho sempre pensato che il giorno dopo è il giorno più importante. Questa è stata una sfida per me stesso. Abbiamo vinto – non importa: è passata. Possiamo vincere ancora? Questa è stata la mia attitudine come allenatore di calcio. Ovviamente mi mancano i giocatori e mi manca lo staff a Carrington, uno staff magnifico. Lo spirito di squadra. Gli incontri mattutini nella sala di analisi dei video e centinaia di cose su cui abbiamo discusso. Poi parlavamo su quello che si doveva fare in allenamento. Ci siamo divertiti molto e abbiamo avuto una vita fantastica, sono stato veramente fortunato e adoro guardare la squadra. Quando sei in un club per tanto tempo come lo sono stato io, prendi coscienza del contesto del posto, non c’è dubbio su questo. Inizi a pensare il modo di pensare dei tifosi e in un certo modo lo sono diventato anche

In foto - Alex Ferguson da calciatore, intento a leggere un articolo di quando militava nei Rangers.

In foto - Un giovane Alex Ferguson con un 33 giri d’epoca.

In foto - Alex Ferguson durante un allenamento.

In foto - Alex Ferguson siede, insieme a dei suoi collaboratori, sulla panchina del Aberdeen, compagine dove ha militato per otto anni.

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inquadrarmi durante una partita.

Dal suo punto di vista come dirigente, quanto è stato piacevole il fatto che il club abbia speso 150 milioni di sterline in talenti pur non essendo nelle competizioni europee?

È la ricostruzione del team e hanno speso tutto per buona qualità di gioco. È importante perché lo United ha bisogno di qualità, hai bisogno dei migliori giocatori. Quello che mi ha fatto più piacere è che Louis ha dato l’opportunità a sette ragazzi di debuttare quest’anno e ciò rientra nella tradizione

storica del nostro club, non c’è dubbio su questo. Penso che i tifosi reagiscano molto, molto bene quando un giovane calciatore ha la sua opportunità. I giovani devono averla, particolarmente se hanno le capacità. Se aspetti troppo a lungo, stagnano e rischi di perderli. Non devi mai fare in modo che questo accada, quando c’ero io in particolare, e c’è stato

io. Non sono stato a ogni partita, ovviamente. Ne ho mancate un paio in questa stagione ma sono stato ad altre e continuerò a farlo, tenendo conto che ho altri impegni da mantenere prima della fine dell’anno. È molto gradevole. Allenare una squadra... Ho sempre pensato che la cosa migliore da fare fosse dire ai giocatori chi tra loro non doveva giocare. Quello è il punto d’inizio. Ogni volta che sceglievo la rosa, chiamavo i giocatori che non convocavo perché anche loro erano importanti.

Si sente inutile ora a guardare le partite dalle tribune dopo 27 anni di attività?

Mi sono annoiato quando abbiamo perso contro il Liverpool lo scorso anno. Non mi sono divertito. Non mi è piaciuto perdere contro Liverpool e Manchester City l’ultimo anno perché sono i nostri più grandi rivali, quelli che speri di battere sempre e quelli che incontrerai sempre sul tuo cammino. Particolarmente il Liverpool, certo. Il modo in cui e come ho fatto l’allenatore in questi anni, ora sono veramente impassibile quando guardo una partita. Cerco di non mostrare alcuna emozione tranne quando segniamo. Esulto sempre per un gol, anche ora come dirigente. Sei sempre cosciente che forse le telecamere inquadrano te e questo accade molto spesso.

Quanto può darle fastidio, essere inquadrato come uno qualunque sul palco?

Un po’, a dire il vero, e ovviamente la stampa non perde occasione di

Wayne RooneyVoluto da Ferguson, dopo l’avventura all’Everton, è stata un’icona dei trionfi dello United.

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IntervistaN.3 | 21 Ottobre 2014

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sempre un momento in cui ti rendi conto quando devono andarsene, quando devono giocare in prima squadra e quando devono fare carriera altrove. La grande forza dello United e che c’è sempre stata è che probabilmente novanta calciatori che giocano in Inghilterra hanno iniziato la loro carriera allo United’s Academy.

club. Stilarono certi criteri su come e cosa ci volesse per diventare un giocatore dello United. Una volta passato il test, dare a me la decisione è stato molto importante. Quindi tu vuoi giudicare se hanno il temperamento adatto per giocare di fronte a 76.000 persone. Quando sottoscrivevo i giovani in ufficio un giorno prima della partita, avrei voluto dire “Spero di vederti giocare davanti a 76.000 persone”.

Spera dunque che i giovani usciti dalla

Questa operazione non produce solo giovani calciatori ma anche grandi esseri umani, giovani che possano andare ovunque. Penso che sia dipeso molto dallo staff che avevamo allo United che andava avanti e indietro quando ho iniziato con persone come Eric Harrison, Les Kershaw e Dave Bushell, che sono ancora lì nel

Academy possano continuare a giocare?

Credo che sia esattamente quello in cui crede anche Louis Van Gaal, il più grande esempio è quanto ha prodotto all’Ajax vincendo i trofei europei con giocatori tutti usciti dal vivaio dell’Ajax stesso: Edwin van der Sar era tra i pali, Edgar Davids, Patrick Kluivert. Alcuni di quei giocatori fenomenali, tutti prodotti da quel club.

Lei e Louis – c’è qualche dialogo in sospeso? Come sta andando?

Non c’è nessun dialogo in sospeso. Viene nel mio ufficio ogni tanto dopo la partita, nel salone, e chiacchieriamo. Non è però questione di prendere un telefono e niente di tutto ciò. È una persona veramente capace con una mentalità forte. È un leader carismatico. Sa dove sono quando ha bisogno di me e non ha bisogno di telefonarmi.

Può parlare un po’ dei giocatori che sono arrivati in questa stagione? Non è una sorpresa che lo

United possa rompere il record di trasferimenti nuovamente per Angel Di Maria...

Al giorno d’oggi, con gli 85 milioni di sterline per Gareth Bale, il calcio è così. Credo che quando puoi individuare le abilità che si confanno al Manchester United, loro hanno le risorse per farlo. Hanno uscite che io non ho mai eguagliato ma a ragion veduta hanno bisogno di un forte impatto per quest’anno. Ander Herrera ha giocato contro di noi In foto- Van Persie,

ultimo acquisto del Sir.

In foto- Ryan Giggs, è stato l’emblema della gestione Ferguson.

Un piccolo club, con una mentalità ristretta. Tutto ciò di cui possono parlare riguarda il Manchester United, non possono farne a meno.

Alex Ferguson contro il Manchester City

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tre anni fa al Bilbao in Europa League. Obbiettivamente, ci hanno dato una giusta batosta all’Old Trafford. È un giovane calciatore talentuoso che abbiamo tenuto d’occhio per tanto tempo. Ovviamente credo che abbiano tentanto di prenderlo già l’anno scorso ma che l’accordo sia saltato per qualche ragione. È atletico, molto aggressivo e nonostante la corporatura esile è molto energico e tiene magnificamente il campo. La sottoscrizione di Luke Shaw è stata una di quelle che abbiamo tentato quando lui aveva sedici anni. Non avrebbero voluto vendercelo ma dissero che saremmo stati i primi a sapere se l’avessero fatto. Ovviamente, Ed Woodward ha portato a termine l’operazione e lo abbiamo preso – credo – per trenta milioni. È un ragazzo talentuoso, un buon calciatore a cui piace attaccare tutto il tempo. Marcos Rojo, l’argentino, l’ho visto giocare al Mondiale, ho pensato che avrebbe fatto bene con loro e credo che è capace di giocare sia sul lato sinistro come ala arretrata sia come centrale arretrato. Daley Blind è quel giocatore che comunemente fa squadra. È probabilmente una versione di Darren Fletcher di qualche anno fa, quel tipo lì. È molto professionale per quanto riguarda il senso di squadra. Rende tutto facile e sostiene i difensori e i centrocampisti arretrati nel suo ruolo. Il grande giocatore che stavamo tutti aspettando è Radamel Falcao: ha un grande senso del gol e la cosa più giusta da fare è rimetterlo in sesto dopo il suo infortunio.

Che piacere prova Sir Alex Ferguson a essere il nonno di 11 nipoti?

Uno dei miei nipoti è venuto

per la Ryder Cup e al ritorno ci siamo fermati per vedere uno di loro che va a scuola a Nord. Era il suo quindicesimo compleanno. Stanno andando tutti bene. Due di loro sono all’università e uno insegna in Kenya. Crescendo, stanno conoscendo tutte le loro sfide. Una cosa di cui siamo veramente orgogliosi è che sono molto educati e questo è l’importante.

Una volta lei disse che la ritirata è per i giovani. Potreste essere nella gestione del club ora ma di certo non siete in pensione, vero?

Mi tengo attivo e questo è l’importante. Ricordo qualcuno che diceva “Mai mettere le pantofole quando vai in pensione”. È una metafora sul pensionamento che vuol dire mantieniti occupato e questo è quello che io sto facendo attualmente. In alcuni momenti sento che sto facendo troppo, viaggiare qui e là e ovunque così mi son preso una piccola pausa, un po’ di riposo e relax e fare le cose che ti piacciono come leggere. È bello leggere.

Sta lavorando per mantenere il fisico sempre allenato?

Vado in bici la mattina, sono andato questa mattina per mezz’ora e fatto alcuni esercizi; poi ho fatto colazione e mi son preparato per “l’interrogatorio” con Jim Rosenthal.

Guardando indietro, c’è un ricordo, un momento o una partita rilevante?

Beh, la finale del 1999 [di Champion’s League, vinta dal Manchester Utd contro il Bayern Monaco per 2-1; recuperando lo svantaggio iniziale nei tre minuti di

Sir Alex Fergusoncon José Mourinho.

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IntervistaN.3 | 21 Ottobre 2014

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Passato e Presente- Sir Alex Ferguson e Van Gaal, quando l’olandese allenava il Bayern.

Amore ed Odio - Sir Alex Ferguson assieme al “presuntuoso” David Beckham.

recupero finali. NdT] è indubbiamente il più bello. Non per la vittoria in sé – come l’abbiamo conquistata – ma il modo di giocare e il carattare che la squadra ha avuto.

Ha dato in passato molto aiuto ai giovani allenatori. La chiamano ancora per i suoi consigli?

Uno o due, non di più. Credo probabilmente che pensino io sia morto! Sono roba passata! Ma sono ancora coinvolto nella League Managers, sono ancora nella commissione, tengo ancora discussioni con Richard Bevan e c’è una buona commissione ora, buone esperienze con Sam Allardyce e persone così. Per il prossimo incontro che terrò a Novembre parlerò di leadership, penso sia importante per i giovani calciatori. Ho fatto una

chiacchierata con Sean Dyche – mi ha telefonato non molto tempo fa. Credo sia uno dei più promettenti allenatori di calcio al momento. Il lavoro che ha fatto a Burnley è stato fantastico; adoro vedere i giovani far bene il loro lavoro.

Cosa riserba il futuro per

lei?

Continuerò le cose che sto facendo. Ho pianificato tutto per la prima metà dell’anno prossimo e terrò qualche intervento sulla leadership. Ho molto lavoro con l’UNICEF, l’UEFA e il mio lavoro da ambasciatore per lo United quindi ho ancora molto da fare. I miei contatti con Harvard sono ancora molto forti. Il mio unico problema adesso è prendermi tempo per rilassarmi ma mi sto divertendo, lo sto facendo davvero.

Se lui smette, a perderci è il calcio. Non è una questione di allenatori giovani o vecchi. Lo chiamo il capo. Perché per me lui è il capo di tutti gli allenatori.

José Mourinho su Alex Ferguson

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L’Europa contro

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deciso di dichiarare guerra: negli ultimi mesi si è rafforzato il controllo dell’Antitrust di Bruxelles sulle pratiche di elusione fiscale delle multinazionali, incentivate dalle legislazioni permissive di alcuni stati. L’indagine su Amazon è solo l’ultima di una lunga serie che ha già portato a casa una vittoria, la fine di un altro paradiso fiscale: l’Irlanda. Ma vediamo insieme, nel dettaglio, cosa sta accadendo in Europa.

Storia di uno scandalo diffusoL’indagine nei confronti di Amazon è solo l’ultima delle risposte a una pratica piuttosto diffusa. Nell’ultimo anno, in giro per l’Europa, è cresciuto sempre di più il malcontento verso le multinazionali dell’elettronica e le loro politiche fiscali “intelligenti”. In Italia, a fronte di ricavi per 52 milioni di euro, Google Italy ha pagato solo 1,8 milioni di imposte, e la stessa fortuna sembra essere toccata pure ad Amazon: i 18,4 milioni di ricavi di Amazon Italia Logistica e i 7,4 milioni di Amazon Italia Services si sono trasformati in soli 950mila euro a favore dell’erario. Le cifre, rivolgendo lo sguardo a paesi in cui l’internet economy ha un peso ancora maggiore, diventano decisamente più significative: in Inghilterra, Amazon fattura 4,3 miliardi di sterline (oltre 5 miliardi di euro), ma paga solo 9,7 milioni di tasse (in euro pari a poco più di 12 milioni) usufruendo, laddove una persona fisica subisce una pressione fiscale che arriva fino al 45%, di un’aliquota pari appena allo 0,2%! A tutto ciò, per la gioia dei contribuenti del regno unito, si aggiunge lo smacco di aver speso ben 2,1 milioni di sterline, concesse dal governo scozzese, in sussidi per

L’Europa contro

Redatto da Gennaro Battista

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Nei giorni scorsi la Commissione Europea ha aperto un’inchiesta sulle autorità fiscali del Lussemburgo, ree di aver riservato un trattamento di favore al gigante dell’e-commerce Amazon. Nel piccolo paese, sito nel cuore dell’Europa, ha sede Amazon EU Sarl, filiale europea del colosso americano. Secondo le autorità di Bruxelles, attraverso una controllata in accomandita semplice, sottoposta a fiscalità semplificata, questa sarebbe riuscita a evadere l’imposta sulle società, eludendo gran parte delle tasse sui profitti.Tutto ciò avverrebbe grazie a un accordo che, dal 2003, lega il Lussemburgo alla multinazionale di Jeff Bezos, e che, per l’unione europea, costituisce a tutti gli effetti un aiuto di stato, contrario allo spirito

liberista (e alle leggi) dell’unione. Il Lussemburgo, nonostante sia uno stato membro dell’UE, è un vero e proprio paradiso fiscale. Un’isola beata a cui il resto d’Europa ha

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Se si costruisce una grande esperienza, i clienti parlano di questo l’uno con l’altro. Il passaparola è molto potente.

Jeff BezosCEO Amazon.com

Jeff BezosCEO Amazon

Jack MaCEO Alibaba

la costruzione di un nuovo magazzino a Dunfermline. Non è un caso se molti dei più venduti e prestigiosi quotidiani britannici abbiano preso posizioni piuttosto dure nei confronti di queste realtà, con Il Guardian che, addirittura, ha apertamente suggerito di boicottare Amazon, offrendo ai suoi lettori anche una pratica lista di negozi online alternativi. La multinazionale, travolta a valanga dalle accuse, si è difesa con uno schietto “così fan tutti” ricordando che, al di là della completa legalità del suo rapporto con il fisco, essa partecipa al benessere della nazione attraverso ingenti investimenti, capaci di creare nuovi posti di lavoro. In Inghilterra, inoltre, nella sede di Slough, sono impiegati non solo magazzinieri e manodopera non specializzata;

ma anche manager, tecnici e ingegneri altamente qualificati che lavorano al software dei progetti più innovativi dell’azienda, contribuendo quindi all’aumento della competitività e allo sviluppo tecnologico del territorio.Ed è proprio tra queste due verità che la politica deve riuscire a trovare una soluzione, senza arrendersi alla ormai vecchia litania dei costi della globalizzazione.

Come si evade?Già, perché in realtà le grandi multinazionali non evadono grazie ad esotici e lontani paradisi fiscali, sui quali – anzi - si è abbattuta la morsa degli ultimi G20, con il piano d’azione internazionale di lotta all’elusione fiscale e al profit shifting (lo spostamento dei profitti da una filiale all’altra), ma sfruttando le asimmetrie

John Donahoe CEO Ebay

Web Store

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contro il 22% dell’UK, il 30% dell’Italia e il 35 degli USA. Ma, soprattutto, permetteva (ormai il passato è d’obbligo) con il Double Irish, di ridurre quasi a zero le tasse, sfruttando i profitti generati dalle Royalties sui brevetti. Questo sistema faceva leva su un cavillo all’interno della legge irlandese per cui una società poteva essere considerata come non residente fiscalmente se veniva controllata e gestita dall’estero. Attraverso la creazione di due sussidiarie in Irlanda, delle quali una gestita da una società off-shore con sede in un paradiso Fiscale, si riusciva perciò a evitare di pagare le tasse. Alla società controllata in loco, infatti, arrivavano i profitti provenienti dalle filiali europee e statunitensi. Questi, di regola già sottoposti alla esigua tassa locale, venivano però ulteriormente ridotti attraverso il costo gonfiato delle royalties, di proprietà della seconda società gestita dall’estero, spostando nuovamente i profitti verso zone grigie come le Cayman o le isole Bermuda.

fiscali insite all’interno del mercato unico della stessa Unione Europea. Amazon, Facebook, Google, ma anche imprese meno futuristiche quali Fiat o Starbucks, dispongono di strutture societarie che prevedono che le loro filiali nelle nazioni fiscalmente più dure non fatturino le vendite in quel paese, ma registrino i ricavi come servizi offerti a un’altra società del gruppo, collocata in uno stato dove la fiscalità risulti più light: l’Irlanda, a proposito di Facebook e Google, l’Olanda per Fiat e Starbucks, e il Lussemburgo per ciò che concerne Amazon. Così vengono sottratte quote di imponibile spettanti a stati come l’Italia o la Gran Bretagna, spostandole (in via del tutto legale!) dove vengono tassate meno.

La risposta dell’unioneDa molti mesi ormai, si prospettavano azioni da parte dell’UE, che infatti ha avviato indagini a tappeto,

soprattutto in Irlanda, dove hanno sede la maggior parte delle grandi multinazionali hi-tech.L’isola rappresentava il punto di sbarco ideale per chi aveva intenzione di investire nel mercato dell’Unione Europea. Ciò è facilmente giustificabile attraverso due fattori: anzitutto essa è lo stato europeo con la Corporate Tax più bassa in assoluto: solo il 12,5%;

In foto- Un Kindle Fire in versione giapponese.

In foto- Un fireplace all’interno della sede Amazon.

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Vita da Magazzino I centri di smistamento e spedizione Amazon sono il fiore all’occhiello della società di Seattle.

Dando BoxÈ la simpatica mascotte delle campagne Amazon.

Jeff Bezos - Sorridente, il CEO di Amazon è uno degli uomini più influenti e comunicativi nel panorama economico americano.

Le forti pressioni dell’Unione Europea hanno permesso, a beneficio di tutti gli altri stati membri, la fine di questa autentica truffa, che faceva della concorrenza sleale il principale motivo di successo di una nazione. Il ministro delle finanze Michael Noonan ha dichiarato che a partire dal 2015 le nuove imprese registrate a Dublino risulteranno tutte fiscalmente residenti in Irlanda, mentre quelle già presenti sul territorio

avranno tempo fino al 2020 per adeguarsi, ponendo fine a un sistema che, sebbene abbia aiutato il paese ad affrontare la crisi, stava danneggiando tutto il resto dell’Europa.Sulle conseguenze del provvedimento, tuttavia, il ministro non ha grandi preoccupazioni. Nonostante tutto, bisogna tener conto che le multinazionali hanno investito molto sul territorio negli ultimi anni; mentre sul piano fiscale resta la bassissima

Ci sono due tipi di aziende: quelle che lavorano per cercare di aumentare i loro prezzi e quelle che lavorano per cercare di abbassarli. Noi siamo del secondo tipo.

Jeff BezosCEO Amazon.com

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corporate tax e nuovi incentivi già annunciati, a partire proprio da un taglio alle tasse sui profitti legati all’uso dei brevetti.È probabile che le misure adottate dall’Irlanda ben presto tocchino anche all’Olanda e al Lussemburgo, ma le grosse differenze tra i sistemi fiscali dei vari paesi dell’UE - come è facile notare – permangono. Si apre dunque una questione più annosa per il futuro dell’Europa: è giusta una concorrenza al ribasso della fiscalità, in molti

casi a scapito del welfare e dei servizi offerti da uno stato ai suoi cittadini, piuttosto che iniziare a cooperare per davvero nel tentativo di uniformare i sistemi fiscali del continente? La prima soluzione, sicuramente meno difficile, ha un grave difetto: significa pensare l’Europa come un ente preposto a giustificare formalmente gli effetti negativi della globalizzazione, quando tutta la sua promessa sta nel riuscire ad arginarli.

Una storia italiana

In foto - Un dando box, in uno spot Amazon, sbatte contro un Apple Mac.

Un italiano a Seattle: Diego Piacentini, classe 1960, è il vice presidente di Amazon. Laureato alla Bocconi, oggi è il responsabile delle strategie aziendali a livello mondiale. Una carriera di successo nel mondo dell’informatica, iniziata in Apple Europe, condivisa da molti manager della penisola, come Gianfranco Lanci di Lenovo e Vittorio Colao di Vodafone.

Controllo Qualità Spedizioni celeri e affidabilità sono stati i maggiori fattori di successo per Amazon.

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La Migliore Europa

Danièle Nouy, Presidente del Consiglio di vigilanza, offre una sua analisi sulla prossima

riforma della sorveglianza bancaria in Europa.

Fra poche settimane, nel quadro dell’istituzione dell’unione bancaria, si aprirà per l’Europa una nuova era della vigilanza bancaria: il 4 novembre la Banca centrale europea (BCE) inizierà a condurre la vigilanza diretta sui 120 maggiori gruppi bancari dell’area dell’euro, che rappresentano oltre l’85% delle attività bancarie, mentre saranno circa 3.400 gli enti creditizi meno significativi che ricadranno sotto la sua vigilanza indiretta. In collaborazione con le autorità di vigilanza nazionali, nell’ambito del Meccanismo di vigilanza unico (MVU), ci prefiggiamo di rinsaldare la fiducia dei cittadini e dei mercati nella capacità di tenuta delle banche da noi vigilate. Vogliamo inoltre aiutare il settore finanziario a svolgere il suo ruolo principe in una società moderna: finanziare l’economia reale, finanziare la crescita e in ultima istanza promuovere la creazione di posti di lavoro. Soltanto le banche sane che godono della fiducia dei cittadini e dei mercati sono in grado di rivestire questo ruolo in maniera adeguata.

Un contributo per migliorare La BCE è consapevole di poter contribuire a migliorare il clima di fiducia dei cittadini e dei mercati nei confronti delle banche solo se tutti comprendono il modo in cui essa opera e i fondamenti ai quali si ispira il suo lavoro. In questa ottica abbiamo pubblicato una guida che enuncia nel dettaglio i principi e le procedure alla base della conduzione della vigilanza bancaria. Vorrei accennare ad alcuni elementi chiave della guida. Personalmente, vi posso promettere che la nostra azione di vigilanza sarà dura ed equa. Non ci tireremo indietro laddove reputeremo necessario essere invadenti. Saremo un’autorità di vigilanza autenticamente paneuropea che opererà in modo imparziale e senza pregiudizi sul piano nazionale. “Vivremo” in questo spirito a tutti i livelli della nostra organizzazione, ma soprattutto al centro del nuovo Meccanismo di vigilanza unico, costituito dai gruppi di vigilanza congiunti (GVC). A questi sarà affidata la vigilanza delle banche su base giornaliera. Ciascuno sarà guidato da un coordinatore della BCE, che di

A cura di Ennio Grilletto

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nella gestione dell’attività delle banche. I nostri esperti di analisi delle irregolarità e sanzioni investigheranno, in uno spirito di trasparenza delle indagini e del processo decisionale, le presunte violazioni commesse dalle banche in relazione a disposizioni legislative dell’Ue direttamente applicabili, atti di legge nazionali che recepiscono direttive dell’UE ovvero regolamenti e decisioni della BCE, dando seguito a quanto riscontrato dai GVC nel quadro dell’attività giornaliera di vigilanza. In caso di appurata violazione degli obblighi di legge per la quale l’ente

creditizio o la sua dirigenza debbano essere sanzionati, abbiamo la facoltà di irrogare sanzioni amministrative alla banca sino al 10% del suo fatturato complessivo annuo relativo al precedente esercizio finanziario. In sede di Consiglio di vigilanza le autorità nazionali competenti di ogni Stato membro dispongono di un rappresentante e di un voto; tutti i voti hanno lo stesso

norma non può provenire dal paese in cui la banca vigilata ha la sua sede principale. Ad esempio, il responsabile a capo della vigilanza per il Crédit Agricole sarà di nazionalità tedesca, quello di Unicredit sarà un francese, mentre per ABN AMRO sarà incaricato uno spagnolo. Questa impostazione aiuta a inquadrare le problematiche in una nuova prospettiva e a evitare che l’imparzialità di giudizio possa essere compromessa per motivi di appartenenza nazionale. Nell’insieme i GVC riuniranno il personale e le competenze delle autorità di vigilanza nazionali, denominate “autorità nazionali competenti”, e della BCE. Ciò significa che attingeranno all’esperienza di 18, e presto 19, paesi dell’area dell’euro. Nel tempo i membri dei GVC ruoteranno all’interno dei diversi gruppi; anche con questa misura si intende assicurare parità di trattamento alle banche, nonché la condivisione delle esperienze di tutti gli Stati membri.

Controlli e Analisi - I gruppi di ispezione, ossia gruppi di audit indipendenti, forniranno supporto all’attività dei GVC raccogliendo informazioni approfondite direttamente presso gli uffici e le filiali delle banche. La BCE porrà in essere anche un meccanismo di segnalazione, affinché quanti siano a conoscenza di potenziali violazioni della legislazione applicabile dell’UE da parte delle banche si sentano incoraggiati a informare la BCE e siano in grado di agire in tal senso. Le segnalazioni rappresentano uno strumento efficace per portare alla luce irregolarità

Lo sguardo attentoMario Draghi, presidente della BCE, più volte è intervenuto sulla sorveglianza bancaria.

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peso. Anche in questo modo assicuriamo parità di trattamento alle banche del sistema, applicando un corpus unico di norme ed evitando che l’imparzialità di giudizio possa essere compromessa per motivi di appartenenza nazionale. Di conseguenza, in quanto parte di un sistema di vigilanza paneuropeo,

prima che potenzialmente raggiungano i propri mercati nazionali. Presso la BCE, a Francoforte, abbiamo gruppi esclusivamente impegnati nell’analisi di questi dati orizzontali, il cui lavoro ci consente di predisporre un sistema di allarme preventivo.

Gli sviluppi - Questo è un vantaggio della vigilanza unica che si sta già concretizzando: grazie alla valutazione approfondita, ossia alla combinazione della verifica dei bilanci e della prova di stress

le autorità di vigilanza nazionali possono ora influenzare l’attività di vigilanza sulle banche di altri paesi e contribuire al processo decisionale del Consiglio direttivo. Un aspetto ancor più importante è che avranno modo di conoscere gli sviluppi e le nuove tendenze ravvisabili presso le banche di altri paesi

che stiamo conducendo in preparazione al 4 novembre, otteniamo un quadro delle tendenze transfrontaliere a livello dell’intero sistema bancario europeo. Questo risulterebbe molto più difficilmente individuabile per una singola autorità di vigilanza nazionale, che per definizione guarda a un insieme di dati molto più ristretto. Un segnale incoraggiante proviene già da diversi paesi che non hanno adottato l’euro, nei quali si valuta la possibilità, prevista dal regolamento sull’MVU, di richiedere

che anche le proprie banche siano sottoposte alla vigilanza della BCE. Sebbene tale processo sia appena agli esordi, già emerge che stiamo riscuotendo la fiducia dei soggetti interessati su scala europea. Posso promettere che la BCE può scongiurare una volta per tutte il rischio di un’altra crisi finanziaria? Sfortunatamente no. Ma è mia ferma convinzione che mai sia esistita prima un’istituzione europea dotata di strumenti più efficaci per ridurre al minimo questo rischio. Con

il Meccanismo di vigilanza unico, in quanto parte della BCE, poniamo un’autorità forte e indipendente al centro del sistema bancario europeo. E quando vedo lavorare insieme esperti di vigilanza di 28 paesi diversi per predisporre l’organizzazione, si rafforza ulteriormente in me la convinzione della portata storica di ciò che stiamo costruendo: l’Europa sarà un posto migliore per svolgere attività commerciali; in Europa si promuoverà il successo. In foto- René Carron,

Crédit agricole S.A.

In foto- Giuseppe Vita, attuale presidente di Banca Unicredit.

Temevano che il comunismo avrebbe distrutto il capitalismo, e invece ci stanno pensando i broker e banchieri.

El Rotouna vignetta satirica

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La febbre dell’Oro Made in ChinaLa terra di mezzo attira grande massa aurea per tutelare gli investimenti e per sostituire il dollaro.

In foto- Una preziosacollezione di lingotti di diverse grammature e monete da collezione tutte in oro.

Redatto da Guglielmo Pulcini

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Forse Melchiorre questo Natale ha sbagliato strada e, al posto di prendere lo svincolo per Nazaret, è arrivato fino a Beijing. Perché, in effetti, senza scomodare troppo le reminiscenze bibliche, la corsa all’oro del Governo cinese più che in groppa al cammello del Magio, sembra fatta al volante della nuova Mercedes di Hamilton e Rosberg.

Dove è finito tutto l’oro del mondo?La risposta immediata è che tutto l’oro del mondo è, sicuramente, fuori dai suoi giacimenti naturali. Perché in base a quanto stabilito dalle analisi del World Globe Council, durante la storia, l’uomo è stato capace di estrarre 165.000 tonnellate di massa aurea. Una cifra, tutto sommato, abbastanza esigua; basti pensare che – più o meno – potrebbe estere stipata in un magazzino di 20 metri x 20 metri x 20 metri. Risposta meno scontata, invece, la si trova al quesito su dove è conservato (o consumato) tutto questo oro. Storicamente, tale metallo è sempre stato legato al “concetto di moneta”, o meglio, invertendo i fattori, il conio è stato

Da un lato - Li Keqiang, Primo Ministro cinese.

Dall’altro- Christine Lagarde, Fondo Monetario Internazionale.

durevolmente correlato a questa preziosa lega. Basti pensare alle monete in oro – di tradizione mercantile – o ai Gold Standard e Gold Exchange Standard, che fino al 1944– anno degli accordi di Bretton Woods – hanno retto l’intera impalcatura dell’economia monetaria mondiale. Eppure – fermandosi un secondo– quando si parla dell’oro, bene o male, l’immaginario collettivo si rivolge subito verso gli Stati Uniti d’America. E tralasciando le avventurose immagini di un caparbio John Wayne che – in “The Spoilers” del 1942 – difende l’Alaska dalla agguerrita spedizione dei cacciatori d’oro, forse tale affinità sarà venuta in mente anche al team editoriale del magazine – statunitense

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è divenuta anche la prima produttrice globale in materia aurea, superando nettamente – con le sue 340 tonnellate annue – il Sudafrica.

Ma perché i cinesi hanno bisogno dell’oro? Innanzitutto è doveroso specificare che la domanda d’oro (made in China), non deriva soltanto dal progressivo accantonamento di riserve auree attuato dal Governo, ma anche da richieste private. Perché se da un lato (come nel già discusso caso dei diamanti) la borghesia cinese appaga il suo ego filo occidentale con vistosi gioielli e sfarzosi arredamenti, dall’altro, numerose aziende

specializzate nel settore elettronico, per soddisfare il cosiddetto “segmento top”, si avvalgono di conduttori in oro per collegare i circuiti. Dati che, tuttavia, restano una piccola goccia in mezzo ad oceano giallo fatto di frenetica tesaurizzazione. E allora l’interrogativo sorge spontaneo: perché il Governo cinese, nonostante la progressiva svalutazione dell’oro, ha incessante bisogno di tutti questi lingotti? Risposte – che vanno dall’ufficioso all’ufficiale – trovano riscontri sia nella volontà di una diversificazione del portafoglio investimenti – così da appianare eventuali shock monetari generati dalle esportazioni – e sia nella tutela verso i forti rincari dei beni agricoli, che la FAO e la Banca Mondiale hanno annunciato in diversi comunicati sulla futura penuria di cibo. Ulteriore riscontro sull’interrogativo è stato poi fornito dagli esperti del mercato finanziario. Secondo gli analisti, infatti, la manovra sarebbe figlia dei timori di un ipotetico rallentamento dell’economia cinese, che si regge su un fragile sistema finanziario e su numerose bolle immobiliari. Elementi che, dunque, avrebbero indotto i trader a migrare verso un investimento solido come l’oro. Inoltre, non sono da sottovalutare le osservazioni

tra l’altro – Forbes, quando nel 2011 rese noto al mondo che la Cina aveva deciso di diversificare i propri investimenti internazionali – non acquistando più soltanto debito pubblico Made in USA – ma riempiendo i propri caveau, oltre che di ammuffiti dollari cartacei, anche di lucenti lingotti. Una manovra economica finanziaria che nel – ormai lontano – 2010 ha portato la Cina a registrare la domanda d’oro più alta al mondo. 579,5 tonnellate a fronte delle 233,3 statunitensi. Una richiesta soddisfatta, non solo con le importazioni, ma anche dalla produzione. Dal 2007, infatti, la terra del Dragone

Con l’Europa non si afferma un’idea di pace, ma di guerra: paesi

Quando l’oro parla, l’eloquenza è senza forza.

In foto- Una tipica statua cinese totalmente in oro.

Sant’Erasmo

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che spingono la Cina verso un temibile credit crunch. Non è un mistero, infatti, che il vasto incremento del credito – che dal 2008 al 2014 è divenuto superiore al 140% dell’attuale PIL – stia ponendo in impasse la sostenibilità finanziaria della terra di mezzo. Un problema reso, poi, ancor più grave dai rischi correlati al sistema bancario ombra che, ancora oggi, sfugge ai numerosi controlli previsti per gli istituti di credito regolari.

Ma cos’altro ci potrebbe esser dietro?Eppure queste numerose teorie conservative, poste a tutela dell’intero sistema finanziario cinese, nell’era dell’economia “fast and aggressive”, non hanno mai convinto più di tanto i numerosi stakeholder dello stock market orientale. C’è chi ipotizza, infatti, scenari ben diversi ed ampiamente più inquietanti. Secondo molti, la Cina – a seguito della decisione di attuare la conversione diretta del Yuan in altre valute, così

da facilitare gli scambi dei propri agenti commerciali – potrebbe voler imporre al resto del mondo la propria valuta; sostituendosi, di fatto, al decadente dollaro. Una soluzione che, tuttavia, necessita di due passaggi preliminari prima di essere attuata. Difatti, se da una parte, il Governo cinese – forte della sua ascesa economica – dovrebbe pressare il FMI per derogare il comma 1 dell’articolo 4 del trattato del 1978 (che impone il dollaro come moneta di riserva mondiale);

Le grandi occasioni Sempre di più le ricche famiglie cinesi indossano oro durante le ricorrenze.

Maschere d’oroLe mode e i metodi estetici non si fermano mai e sono sempre in continua evoluzione: è il caso delle maschere d’oro, diffuse in Asia per la cura della cute del volto.

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debitore. Un’esposizione, parzialmente risanata con austerity e manovre contentive, che tuttavia potrebbe, ancora, comportare il tracollo dei sistemi economici e finanziari dell’ovest. La Cina – conscia di questa, seppur remota, ipotesi – dunque, non starebbe facendo altro che tutelarsi in maniera proattiva da questo ulteriore terremoto finanziario; così da potersi imporre, susseguentemente a quest’ultimo, come regina indiscussa dell’economia mondiale. Un inquietante scenario – che per tornare alle reminiscenze bibliche

d’apertura – aprirebbe la speranza verso un’ulteriore svista anche da parte del magio Gaspare. Perché, in effetti, se anche il fiscal compact e le compressioni di bilancio non si rilevassero sufficienti al fine di guarire le economiche euroamericane – forse più che all’oro – sarebbe necessario affidare il risanamento di tutti i nostri mali alla potente mirra.

di converso, la propulsiva economia cinese dovrebbe garantire e stabilizzare l’apertura internazionale della sua valuta con un consistente patrimonio aureo. Capovolgimenti dell’economia monetaria internazionale, che l’ex presidente della repubblica popolare cinese, Hu – Jintao, aveva già preannunciato ad Obama, con un definitivo: “il dollaro non è eterno!”. Asserzione suffragata – tra l’altro – anche della colossale incertezza finanziaria che negli ultimi anni ha coinvolto le grandi piazze borsistiche occidentali, determinando uno spostamento degli investimenti verso materie prime tangibili e non derivate da titoli cartacei. Una traslazione delle preferenze che se, da un lato, favorisce la Cina – la quale, con i suoi incrementi delle commodity auree farà balzare il prezzo di questo bene alle stelle (si ipotizza un increase da 5.000 dollari all’oncia a 10.000 dollari all’oncia) – dall’altro, sfavorisce gli States, che ancora oggi agganciano in loro prodotto lordo prevalentemente su prodotti finanziari.

Cambiamenti ed implosioniUn gigantesco cambiamento delle economie monetarie internazionali, che, tuttavia, lascerebbe spazio anche ad un’ipotesi largamente più oscura ed allarmante. Secondo molti analisi, infatti, la corsa all’ oro cinese non sarebbe altro che la vigilia di una nuova implosione finanziaria su scala mondiale. È ormai noto a tutti che le economie occidentali – dalla crisi dei sub prime in poi – lottano contro il tempo per rientrare dalle loro posizioni

Hu - JintaoEx presidente della repubblica popolare cinese, fu profeta sulla vita ridotta del dollaro americano.

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Anche ad

essere

si impara

Agiulfo e Carlomagno, i paladini, le Crociate ed il Medioevo. Un mondo lontano, nel tempo e nello spazio. Lontano da ogni tipo di verosimiglianza ed aderenza con il mondo contemporaneo. Eppure. Eppure c’è qualcosa di latente, di profondo, che riesce a trasportare sul piano della contemporaneità tutto ciò che si legge tra le pagine di un romanzo che ha tutti i canoni per poter essere ascritto al mondo del fantastico.Un’operazione questa, non nuova per un autore come Calvino. “Il cavaliere inesistente” è solo l’epilogo (e, allo stesso tempo, forse, anche prologo)

della trilogia “I nostri antenati”, pubblicata nel 1959. Le altre due opere; “Il Visconte dimezzato” e “Il Barone rampante”, vanno a completare quello che è un vero e proprio albero genealogico dell’antenato dell’uomo contemporaneo. Epilogo dunque, ma (come si accennava) forse ancor di più un prologo a tutto quello che sarà. Prima della ricerca dell’altra metà di sé, molto prima della creazione di un modello vicino, in chiave allegorica, a quello dell’Illuminismo, si pone...deve porsi, il problema dell’essere.Dell’esistere.Dell’esistere per sé,

Redatto daLiliana Squillacciotti

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CulturaN.3 | 21 Ottobre 2014

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sapendo di esserci, ma anche di esistere in un contatto continuo con tutto ciò che c’è ed esiste al di fuori di se stessi.

“Imparerà anche lui. Neppure noi sapevamo d’essere al mondo. Anche ad essere si impara.”

Una schiera di personaggi quanto mai moderni. Una ricerca costante, viva, agitata della migliore espressione possible del proprio vivere. “Essere”, voce del verbo. Essere come “esserci”, come “stare al mondo”. Essere come capire che quel mondo è, in qualche modo, un nostro riflesso. Essere come rendersi conto che siamo tutti alla ricerca della chiave di lettura di noi stessi, da poter rendere a chiunque ci si ponga di fronte.

“E com’è che fate a prestar servizio se non ci siete? Con la forza di volontà!”

Non esistere, ma esserci in potenza, in volontà. Sentirsi alienati rispetto a tutto quello che il mondo ha da offrire. Una metafora quanto mai attinente al caos imperante del mondo contemporaneo. Esistere in funzione di un ruolo, all’interno di un recinto costruito da altri. Agiulfo esiste nella sua armatura bianca, quanto e come la maggior parte degli uomini moderni esistono dietro lo schermo del proprio smartphone. Spesso anche quello bianco, ma è moda.

uCom’è che non mostrate la faccia al vostro re?

uPerché io non esisto, sire.

Cavaliere Inesistente Romanzo - Italo Calvino

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La MusaL’arciduca del Tirolo Ferdinando d’Asburgo (1520-1595) raccolse nel suo castello di Ambras presso Innsbruck un’onnivora collezione d’arte e di meraviglie che suscitò la stupita ammirazione dei contemporanei, tra cui Italo Calvino.

Verso la LunaIl cavaliere inesistente viene guidato sul suo cammino da alcuni fili che lo rendono come un pupo siciliano. Scena ripresa dall’omonimo film del fumettista Zac.

Ancora una volta, un romanzo che odora di “cavalleresco”, di “Medioevo”, di un mondo ed un tempo così lontani nell’immaginario collettivo, riesce attraverso le parole a riprodurre i drammi della società moderna.L’alienazione che parte da sé, e finisce in se stessi. Il sapersi solo in qualità di un ruolo che si è costretti costantemente a portare avanti. L’alienazione verso il mondo esterno, che guarda, sente, parla, senza mai ascoltare i propri figli. L’alienazione di una vita caotica, alla costante ricerca di un qualcosa che, probabilmente, esiste esclusivamente

in funzione di chi la desidera. Calvino riesce attraverso una serie di personaggi lontani dalla canonica realtà a creare un parallelismo quanto mai concreto con la fugacità dei suoi, ed ancor di più, nostri giorni. Rambaldo, Torrismondo e Bradamante, insieme ad Agiulfo e Gurdilù, creano una corona finemente decorata, immagine di quelle mille sfaccettature dei modi d’essere. Dei modi di esserci.Esattamente come loro, l’uomo moderno tende a ricercare ciò che maggiormente riesce, semplicemente, a dimostrare che esista

“La presenza più solida che avesse incontrato era proprio quella del cavaliere inesistente.”

Agiulfo che non c’è, ma sa di esistere nella sua unicità. L’uomo moderno che forse sta sparendo, annullandosi nell’omologazione a tutti i costi.

“uMatto forse non lo si può dire: è soltanto uno che c’è ma non sa d’esserci.uO bella! Questo suddito qui che c’è ma non sa d’esserci e quel mio paladino là che sa d’esserci e invece non c’è.”

Gurdulù. Gurdulù, lo scudiero che non sa di esistere. La semplicità portata all’esasperazione, un annullamento di sé, figlio della mancanza di quella volontà invece tanto radicata in una bianca armatura vuota. Un involucro senza coscienza alcuna, un automa quasi che sa fare, ma ne ignora il perché.

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Cosí sempre corre il giovane verso la donna: ma è davvero amore per lei a spingerlo?

Cavaliere Inesistente

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a speranza è una facoltà mimetica del pensiero: nasconde la realtà mettendole luce dall’interno.

Lo sa bene Gatsby, che non smette di credere al rinnovarsi delle sue promesse: domani… domani è sempre il giorno buono. Ed è così, in effetti, per chi riesce a preservare il più grande dei propri sogni dall’insistente richiamo della realtà. Una problematica cara anche a Walter Benjamin, che similmente la definisce «l’unica vera questione morale».Fitzgerald trasforma in questo modo la morte del protagonista nel suo trionfo: un personaggio integro nella sua allucinazione, mai sfiorato dalle brutture della realtà. Così il verde della luce in fondo al molo non può che essere il futuro orgasmico che Gatsby avverte giorno dopo giorno a un soffio dalle proprie dita; e Daisy è là, deve essere là, in attesa, in paziente attesa di essere in qualche modo raggiunta. Non manca mai nulla alla speranza: illumina per illuminare. Non conta se è dalle nostre spalle che emana la sua luce, purché il nostro sguardo sia fedele alla sua scia. Su quel molo, dunque, Gatsby non osserva il passato o il futuro, ma il fiore dell’esistenza rinnovarsi ancora e ancora. La sua Daisy che torna

nell’immagine di una promessa senza scadenza, è l’atto di guardare in volto l’eternità senza restarne abbagliati. Partecipare alla giostra del tempo fino alla fine. Gatsby è una rarità nel mondo della letteratura: non può vincere, non può perdere, ma è destinato a credere. È l’emblema dei Roaring Twenties, dell’uomo che in qualche modo non ha smesso – nonostante la Grande Guerra– di avere fede nel mito del progresso. Il Grande Gatsby si apre e si chiude con il colore verde: gli anni «più verdi e vulnerabili» del narratore, e la «luce verde».Ciò che sembra, è che Fitzgerald abbia scritto un romanzo in cui la speranza non è un sentimento, ma una realtà effettiva, un piano luminoso e iridescente, raggiunto dall’eterno sole dell’avvenire. E al contrario, questo piano sembra talvolta essere quasi raggiunto dal sentimento della realtà comune, dell’ombra, sinistra e terribile, di ciò che non può più splendere. Ma Gatsby non sa nulla di tutto ciò. Non gli è dato di sapere nulla di diverso da quanto affermerà anni dopo Pier Paolo Pasolini: «Vi dicono di non splendere,» consiglia il poeta «e voi, invece, splendete».

Un’istantanea di Gatsby di Fitzgerald

Lo sa bene Gatsby, che non smette di credere al rinnovarsi delle sue promesse: domani è il giorno buono!

L

GiangiacomoMorozzo

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EditorialeN.3 | 21 Ottobre 2014

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Gli usi della mandorla

Mandorle d’AvolaMandorle sgusciate.

Mandorle d’AvolaMandorle con il guscio.

Tra le sfumature impercettibili e pittoresche della piana di Catania e le forre valiche della Valle del Simeto che, come gole laviche, ricordano la forza atavica dell’Etna siede, al pari di una matrona, la provincia di Siracusa. Come in un suggestivo quadro i monti Iblei le fanno da cornice protettrice per scendere serpentini verso ovest, lì dove, Ragusa ci mostra un nuovo mondo antico. Come dee distese lambiscono tra il mar Ionio e il mar Mediterraneo. I colori, i sapori dei frutti del mare si fondono e

confondo con i sapori forti dell’entroterra creando un unicum di estasi tra gli odori delle coste e la prorompente fecondità dei monti.

La Mandorla d’Avola Una delle coltivazioni più conosciute del siracusano è quella della mandorla di Avola, nome generico per indicare tre varietà del frutto del Prunus amygdalus coltivate nel territorio della Val di Noto: la Pizzuta d’Avola, la Romana o Corrente d’Avola e la Fascianello. Le tre cultivar di mandorle, per la loro fioritura precoce, già ad inizi

La mandorla d’Avola è una delle perle della terra siciliana. La sua tutela è affidata all’omonimo consorzio, mentre i suoi utilizzi sono plurimi. In cucina, si utilizza principalmente nella pasticceria per realizzare il marzapane, la frutta martorana, il torrone, la cubbaita, la cassata, i biscotti alla mandorla, il latte di mandorla, la granita di mandorla e il budino di mandorla. Nella confetteria, la mandorla di Avola (cultivar Pizzuta di Avola) si presta bene alla confezione dei confetti.Suo olio è una componente dei prodotti cosmetici.

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Redatto daEleonora Baluci

GastronomiaN.3 | 21 Ottobre 2014

Un viaggio in Sicilia: le perle di Siracusa

Patria della mandorla e del pomodoro pachino, passando per la bontà del Nero d’Avola e del Moscato.

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gennaio, possono essere coltivate solo in zone molto soleggiate, come la provincia di Siracusa, dove molto basso è il rischio di gelate tardive. Tali frutti, raccolti da giugno ad agosto, vengono impiegati principalmente dal industria dolciaria, per la preparazione di sorbetti, gelati, granite, torrone, marzapane, latte di mandorla, biscotti; in particolar modo la varietà Pizzuta d’Avola, di forma allungata, piatta e regolare, viene impiegata per la produzione dei famosi confetti di Sulmona. Il mandorlo, originario dell’Asia, fu

introdotto in Sicilia dai greci, motivo per cui gli antichi romani lo chiamavano noce greca. La raccolta delle mandorle nel siracusano avviene rigorosamente a mano, tramite l’uso di canne per sbattere gli alberi e far cadere i gusci su teli distesi; successivamente i frutti vengono fatti asciugare al sole per essere poi lavorati negli stabilimenti. Il più famoso ed all’avanguardia stabilimento del settore fu la fabbrica Marzipan, nata nel 1912 per volontà del Cav. D’Agata e rimasta attiva fino al 1974, le cui mandorle lavorate venivano

Mandorle d’AvolaConfetti di mandorle.

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Ai tempi dei Romani“Avete spesso sentito dire che Siracusa è la più grande città greca, e la più bella di tutte. La sua fama non è usurpata: occupa una posizione molto forte, e inoltre bellissima da qualsiasi direzione vi si arrivi, sia per terra che per mare”.

(Virgilio)

Latte in piedi (in foto) Una fantastica composizione dolciaria al profumo di cardamomo e mandorla d’Avola.

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Il cesto della bontàAll’interno del cestino di vimini intrecciato strabordano dei grappoli di Nero d’Avola.

Nero d’Avola Il nome del vitigno Nero d’Avola nasce come Calaulisi.

SyrahUn ricco grappolo di Syrah,ancora su ramo, è uno dei vitigni più apprezzati e bevuti all’estero.

vino era così apprezzato dai romani da essere esportato in tutte le province. Controversa è invece la nascita del vitigno di Syrah, la cui provenienza è contesa tra Siracusa e l’Iran, dal quale si ottiene il vino rosso rubino Syrah DOC. Altri vini pregiati del territorio sono il Moscato di Noto, vino DOC prodotto nei comuni di Noto, Rosolini, Pachino ed Avola con uve di Moscato bianco 100% (nelle zone detto Moscato giallo o Moscatella) e l’Eloro, prodotto con uve di Nero

d’Avola con Frappato e Perricone. Quest’ultimo vino prende il nome da Eloro, antica colonia della Magna Grecia; viene prodotto nei comuni siracusani di Noto, Pachino, Portopalo di Capo Passero e Rosolini e nel comune di Ispica, in provincia di Ragusa, in tre differenti tipi: l’Eloro Doc Rosso, l’Eloro Doc Rosato e l’Eloro Doc Pachino. Da segnalare, inoltre, un vino locale pachinese, il Pistammutta (da pista = pesta e ammutta = spingi), bianco ottimo con formaggi e piatti a

esportate in tutto il mondo. Dal 2000 è attivo un Consorzio di tutela e miglioramento della filiera Mandorla di Avola, nato per volontà di produttori e commercianti e che si batte per il riconoscimento IGP del prodotto.

L’eleganza del nero d’Avola - Il territorio di Avola non è noto solo per le mandorle, bensì per un altro prodotto tipico, conosciuto in tutto il mondo: il vino Nero d’Avola. Il vitigno dal quale prende il nome, diffusissimo tra fine ‘800 e inizi ‘900, veniva usato per correggere vini francesi e del nord Italia; oggi non esiste più come denominazione autonoma ma è compreso in tantissimi vini DOC e DOGC prodotti con la sua uva. La provincia di Siracusa vanta la paternità di uno dei più antichi vini d’Italia, il Pollio siracusano, il cui nome sembrerebbe derivare dal re Pollio, sovrano di Siracusa al tempo degli antichi greci; tale

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GastronomiaN.3 | 21 Ottobre 2014

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base di pesce.

Il sale della terra: dalla divina crema alle mandorle al pomodoro Pachino - Restando nel campo non si possono non nominare la crema di mandorle, la Grappa di Nero d’Avola, il Carrubone (amaro prodotto con erbe iblee) e il Rosolio alla cannella (anche detto Rosolino). Produzione dei Monti Iblei è il miele di Sortino, che può essere millefiori, di timo, di zagara o di eucalipto; qui la produzione è molto antica e tramandata di generazione in generazione, nominata addirittura da Virgilio. Il miele viene usato per la preparazione di dolci, come i piretti (biscotti a base di farina, miele e mandorle), i sanfuricchi (caramelle

di miele cotto) e le sfinci (palline di pasta lievitata, fritte e poi servite con miele fuso). Con tale prodotto viene realizzato anche un liquore chiamato “spiritu re fascitrari” (liquore dei mielai), ottenuto dall’acqua che rimane dallo scioglimento della cera, fatta poi fermentare e distillata; se ne trova una versione bianca o una “cunzata”, cioè condita con miele cotto per ore. La provincia di Siracusa è famosa per numerosi prodotti agricoli, tra i quali il più noto è il Pomodoro di Pachino. Erroneamente si identifica l’ortaggio con il solo pomodoro ciliegino, mentre in realtà sono 4 le varietà coltivate a Pachino, Portopalo di Capo Passero e Noto: il ciliegino, chiamato così per l’aspetto tondo

Scrigni magiciAlcuni scrigni al oscato di noto con fichi d’India di Pedagaggi e dolce Miele di Sortino.

Tempo di Gelato - Un gelato estivo al Rosolio alla Cannella.

Trionfo in rossoUn trittico dei lucenti pomodori pachino appena lavati e pronti da mangiare.

Crema alle Mandorle Una soffice crema alle mandorle circondata da una pralina.

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Giallo di BontàIl limone di Siracusa è uno dei verdelli più importanti ed ha ottenuto l’IGP.

Ghiaccio arancioUn ghiacciolo al melone di Pachino

Melone di PachinoUna delle frutte dolci più conosce ed apprezzate dell’isola siciliana.

a ciliegia su un grappolo a spina di pesce, il pomodoro a grappolo, il costoluto di grandi dimensioni e a coste marcate, e il tondo liscio. A Pachino si coltivano pomodori dal 1925 ma, solo nel 1989, iniziò la coltivazione di frutti di piccoli dimensioni (a grappolo e ciliegino), tramite un’azienda israeliana di sementi che introdusse le varietà Noemi e Rita.

Pane, limone e tanta frutta Il limone di Siracusa ha ottenuto il riconoscimento IGP nel 2011; esportato in nord Italia ma anche in Germania, Austria, Francia, Gran Bretagna e Danimarca, appartiene alla cultivar femminello siracusano. La particolarità di tale

specie risiede nelle sue tre fioriture con conseguente maturazione di tre prodotti diversi: il primofiore, di forma ellittica e buccia verde chiaro-giallo, che matura da ottobre a marzo, il bianchetto, di forma ovoidale con buccia giallo chiaro, che matura da aprile a giugno, e il verdello, di forma sferica e buccia verde chiaro, che matura da giugno a settembre. Nel siracusano la coltivazione del limone è molto antica, introdotta dai Padri Gesuiti nel XVII secolo; oggi il limone di Siracusa IGP è coltivato in 10 comuni: Augusta, Avola, Siracusa, Melilli, Noto, Floridia, Solarino, Priolo Gargallo, Rosolini e Sortino. L’anguria di Siracusa, anche detta Zuccherino, è

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Il Verdello I Verdelli sono una varietà di limoni della Sicilia, la cui produzione viene ottenuta da un processo che favorisce una fioritura abbondante.

Il succo del Verdelli è molto usato in cucina poiché conferisce agli alimenti un tono aspro, ma è anche dissetante come bevanda.Utilizzata è anche la scorza: usata candita nei dolci, fresca nelle bevande e utilizzata nei liquori, come il Limoncello.

Il limone, grazie all’elevato contenuto di acido ascorbico (vitamina C), contrasta la formazione di radicali liberi e rafforza le difese immunitarie.

GastronomiaN.3 | 21 Ottobre 2014

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Fragola di Cassabile - Una delizia di fragole adagiata su una soffice meringa.

Fragola di Cassabile - Una vellutata di fragole con mousse di panna e more.

inserita nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali (P.A:T.) del Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali; viene consumata al naturale o usata per la produzione di granite, gelati, marmellate e del famoso gelo di mellone. Tra i prodotti agricoli del territorio altri meritano almeno una menzione: la fragola di Cassibile, la carruba di Rosolini, il melone di Pachino, i fichi d’India di Pedagaggi. Caratteristico della provincia di Siracusa è, inoltre, il pane fatto in casa, con farina di grano duro, e cotto in forni alimentati a legna di vari alberi. In zona sono conosciuti il pane di Floridia (pane floridiano),

il pane di Palazzolo (pane palazzolese), preparato in svariate forme e fatto benedire durante le feste in onore di San Paolo e San Sebastiano, per poi essere distribuito ai poveri, il pane di Lentini, a volte cosparso con semi di sesamo, noti come “giuggiulena”. A Siracusa, poi, la fabbricazione del pane è legata al culto di Santa Lucia che, si narra, durante una grave carestia fece arrivare al porto della città navi cariche di grano; qui il pane è prodotto in svariate forme come le ciabatte, la vastedda (tonda), i cudduri (a ciambella), la manuzza (a forma di M), la mafalda, lo scollo (a forma di S), il vutatu.

Sorta per opera d’una colonia di Corinti, dopo Roma, Siracusa fu la maggiore città Europea.

Carlo Picchio giornalista Italiano

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ScienzaN.3 | 21 Ottobre 2014

Rare di nome ... ma di fatto?Un breve viaggio tra le malattie rare e i margini di ricerca medica per curare le stesse.

La lotta alle malattie rare, che, a discapito del nome, sono ben 8000 e colpiscono 2 milioni di persone solo in Italia, di cui il 70% è costituito da bambini in età pediatrica.

Si stima che il numero di malattie umane conosciute sia dell’ordine di qualche decina di migliaia: eppure, a fronte di questi numeri a quattro zeri, si ammette che le cause di tutte queste patologie siano racchiuse in due classi, tra loro parzialmente sovrapposte.

Eziologia e Patogenesi L’eziologia (causa) di una malattia, infatti, può essere o genetica o ambientale: nel primo caso, essa dipende da mutazioni del genoma di un individuo (la fibrosi cistica, ad esempio), mentre, nel secondo, si ha la presenza di un agente patogeno esterno (come il virus dell’influenza o lo S. pneumoniae). Ovviamente, accanto a questi due “estremi”, esiste una piuttosto vasta area di sovrapposizione, che rappresenta malattie

In foto - Due ricercatori effettuano test clinici in un laboratorio di ricerca.

Redatto da Claudio Candia

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dette “multifattoriali”, come l’obesità, il diabete mellito, la stragrande maggioranza delle forme di tumore. In questo caso, infatti, sono identificabili dei fattori dipendenti dal genoma (predisposizione) ed altri invece dipendenti dall’ambiente in cui il soggetto vive (abitudini alimentari, sedentarietà, fumo, inquinamento e quant’altro). Il concetto di patogenesi, invece, implica il meccanismo molecolare con cui l’agente patogeno (endogeno o esogeno a seconda dell’eziologia)

produce i sintomi stessi della malattia. Anche qui, a fronte di una miriade di situazioni diverse, è possibile identificare tre classi di meccanismi patogenetici, ossia infiammazione, proliferazione e degenerazione; anche in questo caso, non possiamo descrivere dei limiti netti tra questi fenomeni, che spesso sono simultanei.

Malattie rare - Benché tutte le malattie finora conosciute abbiano eziologia e patogenesi ascrivibile allo schema descritto nel paragrafo

A caccia di VirusI virus sono entità biologiche con caratteristiche di parassita obbligato, la cui natura di organismo vivente o di struttura subcellulare è discussa. Possono essere utili, innocui o responsabili di gravi patologie in organismi appartenenti a tutti i regni biologici: esistono infatti virus che attaccano batteri (come i batteriofagi), funghi, piante e animali, compreso l’uomo. (Vedi Impatto Mag#1)

In foto - Una replica digitale di un gruppo di globuli rossi.

Un ricercatoreLe attività di laboratorio, per quanto bistrattate e noiose nella comune rappresentazione, consentono alla medicina di compiere giganteschi passi avanti.

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precedente, non tutte sono diffuse allo stesso modo nella popolazione generale: si parla allora del concetto di prevalenza della malattia, un parametro epidemiologico che “fotografa” la situazione attuale, raccogliendo dati sulle persone che, in un determinato momento, soffrono di una certa malattia. Abbiamo, quindi, che per una malattia stagionale, come l’influenza, la prevalenza sia diversa in estate ed in inverno, almeno nella popolazione generale; sempre grazie allo stesso parametro, possiamo vedere come diverse malattie siano più o meno rare. Si può pertanto descrivere il concetto di malattia rara, ossia una patologia che si manifesta con una prevalenza inferiore ad 1 su 2000 (nell’Unione Europea; in altre nazioni la percentuale di riferimento può variare). Si stima che l’80% delle malattie

rare sia ad eziologia genetica, cosa che rende la loro cura piuttosto complessa, in quanto bisognerebbe agire sul genoma umano, operazione non molto facile e che, ultimamente, sta diventando possibile grazie a tecniche di terapia genica. Le conoscenze in questo campo, tuttavia, sono ancora poche e i progressi sono piuttosto timidi.

Farmaci orfani e ricerca pubblica - Accanto al concetto di malattia rara, esiste anche quello di “farmaco orfano”: si parla di sostanze chimiche che, potenzialmente, si presterebbero a migliorare un aspetto della malattia (palliativi, ad esempio) che, tuttavia, non vengono prodotti dalle case farmaceutiche in quanto i proventi della vendita non basterebbero a coprire i costi di produzione. In questo modo, tali sostanze restano prive di sponsor e

ScienzaN.3 | 21 Ottobre 2014

Ricerca in Italia Nel nostro paese gli investimenti in ricerca e sviluppo sono decisamente più bassi rispetto alla media dell’Unione Europea. Nello specifico, come si evince anche da fonti della Commissione Europea in riferimento a parametri come l’innovation driver, l’Italia con uno 0,33 risulta essere un innovatore moderato rispetto al Regno Unito e alla Germania che raggiungendo rispettivamente 0,57 e 0,59 si aggiudicano la posizione di leader nel settore.

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La professione del ricercatore deve tornare alla sua tradizione di ricerca per l’amore di scoprire nuove verità. Poiché la vocazione dell’uomo di scienza è di spostare in avanti le frontiere della conoscenza e non ottenere compensi o applausi.

Enrico Fermi

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sono dette “orfani”. Per incoraggiare la ricerca in questo importante settore, in Europa così come in altre nazioni sono state adottate delle apposite normative che facilitino lo studio in questo campo, soprattutto per ragioni etiche. È anche per questo che risulta essenziale investire nella ricerca pubblica, quella condotta da enti ed università statali, in quanto le case farmaceutiche devono sempre rispondere a logiche di mercato che spesso non privilegiano comportamenti “etici”, in quanto porterebbero al fallimento stesso dell’azienda.

Malattie misteriose - Non bisogna, però, pensare che le malattie non possano evolversi o svilupparsi in maniera imprevista. Molte patologie, infatti, presentano dei sintomi abbastanza vari e raramente presenti tutti allo stesso momento e nello stesso individuo. Si generano, così, dei casi clinici senza precedenti che destano sicuramente stupore tra i clinici e i ricercatori. Non sempre, però, questi casi trovano una

soluzione certa e condivisa, spesso dovuta alle limitazioni tecnologiche dell’era in cui si vive. Un esempio è costituito da Joseph Merrik, più noto come The Elephant Man, giovane inglese del XIX secolo, completamente sfigurato dalla sua misteriosa malattia, che ne alterava completamente ed in maniera grottesca la forma del corpo, risparmiandogli i soli genitali e il braccio sinistro. Additato come mostro e per questo emarginato, solo dopo l’incontro con un dottore londinese riuscì ad ottenere comprensione e rispetto da parte del rigido ambiente vittoriano. Molte ipotesi furono sviluppate attorno alla sua malattia: attualmente, da studi condotti negli anni ’80 del secolo scorso, pare che l’Uomo Elefante soffrisse della Sindrome di Proteo, una rara alterazione genetica non ereditaria, per certi versi molto simile alla Neurofibromatosi di tipo I, che fu invece la prima ipotesi valida avanzata per spiegarne le deformità, in cui, tuttavia, si ha una trasmissione ereditaria e la presenza di

La pratica della medicina è

assediata da un lato dalla

ciarlataneria e dall’altro dalla

scienza.

Peter Mere Lathan medico britannico

In foto - Due biologi impegnati nella ricerca e nell’osservazione di vetrini.

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In foto Sotto una luce violacea, un ricercatore in laboratorio scruta attentamente una provetta.

In foto Un microscopio

digitale. Elemento fondamentale per la

ricerca medica.

In foto - Un ricercatore, coperto da una luce violacea, ossserva un siero in sperimentazione, in un laboratorio a basse temperature.

Stamina e il rapporto tra dieta vegana e remissione tumorale - ha presentato un caso clinico interessante, ossia quello di Claudia, una quindicenne pugliese che, fin da piccola, ha accusato una serie di problemi. In particolare, la famiglia riferisce che, da quando aveva 5 anni, Claudia ha presentato delle invalidanti alterazioni del senso dell’equilibrio, accompagnati da una continua sensazione di stanchezza che le

impedisce di svolgere qualsiasi attività, anche quelle quotidiane; spesso la ragazza si ritrova a vomitare, e la famiglia ha descritto degli episodi di crisi attraversati da Claudia, come un blocco respiratorio avvenuto due anni fa, risolto tramite una operazione chirurgica che ha portato all’asportazione di un agglomerato di muco solido che ostruiva le sue vie aeree. I medici, in un primo momento, avevano sospettato che si trattasse di distrofia

mutazioni del gene PTEN. È stata anche avanzata l’ipotesi che l’uomo soffrisse di entrambe le patologie. Analizzando, in tempi moderni (2003), il gene PTEN di Merrick, si è evinto che esso risulta essere normale.

Il caso di Claudia - Anche nell’epoca post-genomica, tuttavia, esistono degli enigmi irrisolti. Solo la settimana scorsa, infatti, Le Iene - noto programma televisivo, che spesso ha diffuso notizie poco attendibili o ambigue su argomenti delicati, quali il caso

Nella ricerca scientifica ogni problema che sia dato di risolvere, nel momento stesso della sua risoluzione suscita nuovi problemi.

Konrad Lorenz

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muscolare di Duchenne (che, per inciso, nelle donne è una condizione abbastanza rara) o anche Sla (Sclerosi Laterale Amiotrofica): la ragazzina, tuttavia, è risultata negativa ai test effettuati per queste patologie. Attualmente, si pensa che si tratti di una malattia neurodegenerativa, ma non si riesce ad inquadrare il fenomeno tra quelli attualmente presenti nelle nostre banche dati. Tant’è che è stato lanciato un hashtag, cosa tanto di moda negli ultimi anni, che richiamasse attenzione su questo problema: #diamoun nomeallamalattiadiclaudia.

Ricerca, Ricerca e Ricerca Certo, la scienza non si fa sui social, ma questi possono sicuramente aiutare a diffondere riflessioni su

problematiche importanti, come quella delle malattie rare. Attualmente, nessuno è stato in grado di dire di cosa soffra Claudia, e non possiamo escludere del tutto che si tratti di una patologia già descritta in letteratura, manifestatasi in una forma “atipica”. Forse potrebbe trattarsi addirittura di una nuova malattia, o quantomeno una di cui non è ancora disponibile una, seppur minima, indicazione. Questo non sta a noi scoprirlo, ma ci permette di ribadire un concetto fondamentale: bisogna premiare ed incentivare la ricerca. Solo in questo modo, infatti, i nostri interrogativi saranno fugati, del tutto o in parte, e potremo donare, a Claudia e a tanti altri malati, la possibilità di vivere una vita migliore.

In foto Un ricercatore sperimenta alcune gocce di un fluido, adagiandole su un vetrino.

In foto - Alcuni ricercatori usano il microscopio in laboratorio.

In foto - Un ricercatore combina insieme due fluidi in provetta.

In foto - Un elemento indispensabile: la provetta.

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L’ombra dello sfregiatoLo sfregiato è lì, la cicatrice ripugnante resa ancor più vivida dal candore della neve. Nascosto dal tronco imponente di un salice ...

Scritto da Marina Finaldi

PARTE II - nosTAlgIA dI cAsA - “Ti dico che è vivo! È vivo e ci ha trovati, razza di idiota!”.La vedova Miller sbatte un pugno guantato sul tavolo. La mano con cui regge il ricevitore trema sensibilmente, gli occhi verdi velati dalle lacrime scintillano di rabbia e paura. Porta ancora il vestito di velluto nero e il cappellino con la veletta che aveva indossato poche ore prima al funerale del marito. Non si era tolta neppure le scarpe. L’unica cosa che aveva avuto cura di sfilarsi appena entrata

in casa era stata la pelliccia di visone la quale, adesso, pende malamente dalla poltrona con lo schienale rivolto alla finestra. Le tende, di un pesante tessuto broccato, sono tutte tirate. Fuori, la neve cade incessante. Aveva nevicato anche durante le esequie. Grossi fiocchi candidi contro il legno scuro della bara, ghirlande di fiori imperlate dalla brina, la voce atona del pastore che distribuiva, con la sua omelia, speranze vuote di una vita ultraterrena alla quale neanche lui sembrava credere. La signora Miller si era sorpresa a pregare

che non esistesse niente di simile, che il freddo bacio clemente della morte avesse definitivamente sugellato l’esistenza impietosa di Joe. Rabbrividì al solo pensiero dei tormenti che quella consumata anima peccatrice avrebbe dovuto affrontare; dei tormenti che avrebbe dovuto affrontare lei stessa, da sempre istigatrice e complice dell’amato. Portò il fazzoletto alle labbra, cercando di soffocare i singhiozzi. Al funerale erano venuti in pochi: De Falco non voleva che le autorità potessero in alcun modo collegarlo alle attività

RomanzataN.3 | 21 Ottobre 2014

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Romanzata

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Il cimiteroUn piccolo cimitero coperto dal neve fresca e leggera.

Il padreIl prete pronto ad officiare il funerale del criminale Joe.

Lo sfregiatoL’uomo è ancora lì ad aspettare nascosto dietro un salice.

Aspetta che la macchina della Miller esca dal viale costeggiato dai cipressi per allontanarsi dal suo rifugio. Malgrado la leggerezza dei passi, le orme dei suoi mocassini disegnano un sentiero nella neve. Si ferma davanti a una lapide dimessa, modesta, ai confini della necropoli. Incisi nel marmo ci sono due nomi. Lo sfregiato si china: “Te l’avevo promesso”, mormora sfiorando teneramente la pietra fredda. Un sorriso malinconico attraversa il volto sfigurato. “Papà è qui, tesoro” dice poi, in un sussurro. Chiude gli occhi e, per un attimo, non è più inverno. È seduto sulla sua sedia

preferita, quella con i braccioli in pelle, e guarda l’oceano dal portico. Sulla spiaggia, una bambina gioca a rincorrere le onde. I capelli colore del grano, legati alla base da un nastrino rosso, danzano armoniosi nel vento. Lancia un gridolino divertito appena l’acqua le lambisce i piedi e le gambette paffute. Una voce preoccupata di donna la ammonisce per essersi avvicinata troppo. Anche i suoi capelli splendono come grano maturo al sole. Si chiamava Nora. La prima volta che la vide fu a una festa. Non capì mai se a colpirlo fatalmente furono le gambe eleganti che spuntavano dall’abito corto a frange o il modo impudente

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criminali di Joe. Era sempre stato un uomo cauto: a questo doveva il suo impero e la sua libertà.Si lasciò sfuggire un sospiro. Il sacerdote stava ancora parlando; la sua voce riecheggiava, pallida e vuota, nella radura circondata dagli alberi.Poi, nell’ombra, lo scatto di un accendino, il balenare tremulo di una fiamma, il tabacco della sigaretta che brucia. Lo sfregiato è lì, la cicatrice ripugnante resa ancor più vivida dal candore della neve. Nascosto dal tronco imponente di un salice, coglie da lontano il frutto del suo operato. Non si perde neppure un movimento della vedova devastata. Con gli occhi, ne beve avidamente la disperazione. L’aria ha il sapore del sangue e della vendetta.

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Orme dello sfregiato Le orme delle scarpe dello sfregiato lasciate sulla leggera neve fresca.

La bella NoraUna donna sola per via di un infanzia difficile consumata tra lusso ed educazione arcaica. Sarà lei a rubare il cuore dello sfregiato.

padre, suo cavaliere quella sera, avesse preteso per lei la migliore educazione; del lusso sfrenato in cui aveva vissuto, in cui ancora viveva. Di come fosse circondata esclusivamente da oggetti e da persone che, senza nutrire alcun interesse particolare per lei, le ronzavano intorno comunque per entrare nelle grazie del padre. Come unica figlia, infatti, era destinata a diventare l’unica erede di un’immensa fortuna. Ma non voleva pensarci, stanotte. Stanotte voleva divertirsi, gli disse, buttandogli le braccia al collo. Lui non si ritrasse. Il profumo caldo di lei lo aveva stregato.Passarono la notte insieme. Non gli chiese mai il suo nome, né qualche dettaglio del suo passato. Era come se avesse intuito che nessuno

dei due avrebbe più voluto essere lo stesso di prima, dopo ciò che avevano condiviso. Il sole era appena sorto e lui era intento ad accarezzarle i capelli quando lo implorò di scappare con lei, di portarla lontano, dove avrebbero potuto giocare ad inventarsi una nuova vita. Fu ben lieto di accettare. Viaggiarono. Viaggiarono finché la protuberanza del ventre di lei non fu così evidente da obbligarli a fermarsi. Comprarono una casa sull’oceano, a Los Angeles. È dal portico di quella casa che ora guarda Nora e sua figlia giocare a rincorrersi fra le onde. Sarà sul portico di questa stessa casa che si consumerà la tragedia. (Continua...)

che aveva di guardarlo. Stava con un uomo dall’aspetto rozzo, molto più anziano di lei. Un braccio massiccio a cingerle i fianchi, la guidò attraverso la sala gremita, sfoggiandola come fosse un diamante purissimo. Portava una piuma trai capelli biondi, sciolti sulle spalle. Una collana di perle le incorniciava il volto; di perla erano pure i denti, perfettamente valorizzati dalla tonalità di rosso delle labbra. La sua risata cristallina fu per lui come un richiamo. Si fece largo tra la folla e, la bocca secca dall’emozione, il cuore che batteva all’impazzata, la invitò a ballare. Lei gli lanciò uno sguardo a metà fra il divertito e il malizioso, schioccò un bacio sulla guancia del proprio accompagnatore e lo seguì in pista senza dir nulla. Avrebbero parlato a lungo, dopo, seduti su una panchina, lontani dal locale. Aveva un modo buffo di gesticolare quando raccontava di sé. Gli raccontò della sua infanzia in una casa padronale di periferia, troppo grande e vuota di affetti, di come il

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RomanzataN.3 | 21 Ottobre 2014

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pala!” è il grido che una Genova ferita e arrabbiata ha rivolto in questi giorni duri e tristi ai politici

di turno che hanno visitato i luoghi in cui si è consumata la disgrazia dell’alluvione. È toccato al sindaco Doria, reo di non aver fatto abbastanza per prevenire il disastro; è toccato a Beppe Grillo, visto come uno sciacallo che si avventa sulla tragedia per iniziare il suo elenco di invettive contro la classe politica. Siamo purtroppo abituati a scene del genere, a visite nei luoghi della sofferenza che somigliano tanto a lacrime di coccodrillo oppure a occasioni di propaganda, a strette di mano, pacche sulle spalle, facce lunghe e indignate, il tutto a uso di telecamere e fotografi prima di riprendere la via di casa.Proprio il fatto che queste scene siano diventate così familiari, così frequenti, così tutte uguali fa sì che non si creda più di tanto alla sincerità di chi vi è protagonista, a pensare che sia solo un modo per farsi pubblicità e raccattare voti. Le immagini di Berlusconi che gira tra i luoghi del terremoto all’Aquila, che consola i familiari delle vittime, vi porta il G8 e tronfio consegna le prime case agli sfollati hanno fatto il giro dei telegiornali, ma poi, passata l’onda emotiva della tragedia, la ricostruzione è andata a rilento. Così come le tante sfilate davanti ai corpi delle vittime innocenti della criminalità da

parte di membri delle istituzioni che solitamente sono vicine poco o nulla alle persone che dovrebbero proteggere e nel cui interesse dovrebbero esercitare le loro funzioni sanno tanto di costruito e assumono sempre più il sapore della beffa. Beffa come quella riservata ai sopravvissuti del disastro del Vajont, che, ricevuta la visita del Presidente del Consiglio Giovanni Leone accompagnata dalla promessa “Avrete giustizia”, videro poi lo stesso Leone assumere la difesa dell’ENEL nella causa intentata dagli stessi superstiti, e la giustizia tanto promessa ridursi ad un solo anno di carcere scontato per quasi 2000 morti. La reazione della gente rispecchia il sentimento verso questo rituale che si trascina senza che sia preludio a un vero cambiamento, ad atti concreti contro la criminalità o a un processo di ricostruzione che sia rapido e reale e che possa, per quanto possibile, restituire dignità e serenità a chi è colpito da sciagure dovute a negligenze e connivenze dello Stato.Stato spesso fermo e inadeguato ad affrontare o prevenire le emergenze, per il quale vale la pena ricordare le parole del Cardinale Pappalardo ai funerali del Generale Dalla Chiesa: “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur” (mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata).

Il Grido di Genova e le tradizioni all’italiana

Genova urla la propria rabbia contro una classe politica che per anni ha utilizzato i disastri come propaganda.

ValerioVarchetta

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