Impatto Magazine: La libertà di Vivere // N. #6 // 11 novembre 2014

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www.impattomagazine.it // [email protected] // Impatto Magazine - La libertà di Vivere. Questa settimana in primo piano: L'economia futuristica e meritocratica del Crowdfunding e il The Economist condanna l'Europa nel Baratro

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iornalisti. Tutti bravi in Italia, a dire “faccio il giornalista”. La cosa triste è che, ad andare alla ribalta, siano sempre le

“acute riflessioni” dei giornalettai e dei pennivendoli. Cose facili facili, che “fanno notizia” ma mai sono notizia davvero. Cose così leggere da colpire come un pugno allo stomaco. Qual è allora la differenza tra chi si professa giornalista essendo invece giornalettaio e pennivendolo e quelle che a Napoli chiamiamo affettuosamente “capere”? Prima di sentirci offesi dalla definizione, un po’ di storia: le capere sono le antesignane dei parrucchieri, e andavano di casa in casa a mettere in ordine i capelli delle donne e, soprattutto, a riportare gli ultimi pettegolezzi, anch’essi di casa in casa.

Niente di male quindi! Il piacere del gossip è insindacabile. Non si discute. A tutti piace spettegolare, figuriamoci ai giornalisti. E giustamente, al giornalista pettegolo, va necessariamente associato un fotografo pettegolo: il paparazzo. Niente a che vedere con quello felliniano, il paparazzo di oggi, nell’immaginario collettivo, è poco più che un guardone, un sadico, un impertinente. Stessi aggettivi, né uno in meno né uno in più, per il giornalista. Sempre nell’immaginario collettivo, ovviamente. Ma vogliamo andare davvero contro questo immaginario

così poco “immaginato”? Quando il rispetto viene a mancare, quando la delicatezza e l’empatia sono qualità che con l’assalto hanno ben poco a che vedere, quando la deontologia sembra il nome innominabile di un virus più cattivo di quello dell’ebola, l’immaginario ha ragione, l’immaginario diventa vero. Ultimo ma non ultimo, il servizio di Chi. Chi? Come chi? Il settimanale italiano edito da Mondadori e, dal 2008, diretto da Alfonso Signorini. Il titolo è di quelli che fanno accapponare la pelle, alto livello di dono della sintesi, anzi no, dell’arte della metafora: “ci sa fare col gelato”.

La notizia d’ultim’ora è sconcertante: il ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione Marianna Madia mangia il gelato. A testimoniarlo sarebbero quattro scatti rubati con destrezza mentre la donna, in macchina con il marito, si concede lo snack incriminato. La domanda che ci poniamo è a questo punto ancora più introspettiva. Cosa avrebbe raccontato una capera alle sue clienti se avesse visto un’altra donna mangiare un gelato? Ve lo dico io. Una capera non avrebbe mai raccontato una cosa del genere: perché annoiare le clienti con una storia senza spessore alcuno significava smettere di lavorare. Chi annoia dovrebbe smettere di raccontare. Le capere raccontavano di corna, di fuitine, di debiti di gioco e suocere maligne. Vuoi mettere? Con tutto il rispetto, ma non ci sono più i pettegoli di una volta.

Quando il Gossip indigna tutta la nazione

Giornalettai e pennivendoli che si professano grandi giornalisti: per piacere, a questo punto, ridateci le capere!

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EmanuelaGuarnieri

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EditorialeN.6 | 11 Novembre 2014

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Chi di voi vorrà fare il giornalista, si ricordi di scegliere il proprio padrone: il lettore!

Indro Montanelli

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stanco della vecchia

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n questi giorni l’OECD (Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo) ha lanciato un monito a chi si

occupa di istruzione: innovare per crescere. L’invito è rivolto ai soggetti restii al cambiamento e favorisce la diffusione dei recenti progetti lanciati dalla Divisione “Innovazione e Progresso” della stessa istituzione.

Molti sono i cambiamenti che, come sottolinea l’OECD, sono stati realizzati nel mondo dell’istruzione, sia in maniera implicita, sia per una palese volontà degli enti regolatori nazionali, con questi ultimi in misura nettamente minore. Sono, quindi, i soggetti che si occupano di istruzione a rappresentare il vero motore del cambiamento, soprattutto in virtù di una netta decentralizzazione del potere decisionale e l’apertura a relazioni basate sulla fiducia tra tutti gli attori del sistema della conoscenza. I rappresentanti della divisione responsabile dell’innovazione e dell’istruzione su scala mondiale sottolineano la necessità di una maggiore apertura da parte degli organi governativi alla realizzazione di misure utili a favorire interventi da parte di insegnanti, studenti e degli altri soggetti direttamente interessati.

Ma cosa accade se spostiamo la lente d’ingrandimento sull’Italia? Anche qui sembra che il supporto

dalla “stanza dei bottoni” sia marginale, come testimoniano alcuni dei soggetti attori del cambiamento.

Difatti, gli operatori istituzionali sono supportati dai privati e non dallo Stato ed è spesso l’intervento di Camere di Commercio, imprese con un’ottica particolarmente rivolta alla ricerca ed enti di ricerca privata che il mondo dell’istruzione progredisce. Gli interessi che spingono soggetti privati all’iniziativa in favore di scuole e università sono spesso confinati all’ambito locale, con lo sviluppo di progetti pilota, programmi di sviluppo a carattere provinciale e rafforzamento di precedenti interventi, ma la prospettiva di rete può favorire l’integrazione tra progetti e aumentarne le ricadute.

Numerosi sono gli esempi di quest’approccio e i risultati mostrati dai primi report messi a punto dalle istituzioni scolastiche e universitarie sono incoraggianti e, benché le iniziative siano attualmente in un quantitativo esiguo, sembra che questa sia la strada che molti hanno iniziato a percorrere e che – ci si augura non lentamente – conduca verso una crescita della competitività del mondo dell’istruzione, in favore della formazione dei giovani che si affacciano sempre più timorosi all’universo del lavoro.

Innovazione &Istruzione che binomio!

L’OECD lancia un monito contro l’istruzione poco innovativa in Italia. Eppure arrivano confortanti e futuristici risultati.

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MarcoTregua

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16Slumsin IndiaUna tragica galleria della vita nelle baraccopoli indiane.

Il segretario di stato americano plaude all’accordo sul nucleare iraniano, mentre Israele solleva più di un dubbio.

7. 13.

Clochard: il mondo li ha dimenticatiCosa c’è dietro le scelte di vita dei senza tetto?

Ecce Tartufo!Viaggio in un sapore che rende lussuose le tavole.

Gli albori della vita e il mondo a RNAL’acido ribonucleico, che ci rende entità viventi.

Le macabre abitudini made in ItalyPerchè gli italiani sono incuriositi dalle tragedie?

Un attimo di arte:FeuilletonUna raccolta di due storie e una galleria fotografica

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Direttore ResponsabileEmanuela Guarnieri

Responsabile EditorialeGuglielmo Pulcini

AttualitàAnna AnnunziataGiorgia MangiapiaMarina FinaldiFlavio Di Fusco

EconomiaPierluigi PataccaGennaro BattistaMarco Tregua

CulturaLiliana SquillacciottiGiangiacomo Morozzo

ScienzeClaudio Candia

Gastronomia Eleonora Baluci

EditorialistiValerio Varchetta

TraduzioniDario Rondanini

GraficaEnnio GrillettoVittoria Fiorito

Edito da Gruppo Editoriale ImpattoIT [email protected] CoordinamentoPulseoIT 07369271213 [email protected]

Testata Registrata presso il tribunale di Napoli con decreto presidenziale numero 22 del 2 Aprile 2014.

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SommarioN.6 | 11 Novembre 2014

L’incredibile e coraggiosa storia di Ruby Brigdes, la prima bimbina di colore ad entrare in una scuola per soli bianchi.

Ruby Bridges: The problem we all live with.

Il coraggio di pretendere la libertà di vivere, può cambiare il mondo. Reyhaneh come Malala, emblemi della forza della verità.

Una penna e un foglio, ossia la libertà di vivere.

NucleareIraniano

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L’Europa è nel baratro

L’autorevole settimanale di economia, il The Economist traccia un pessimo

quadro della situazione europea. Il vecchio continente è reo di essere poco futurista nelle proprie scelte.

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23. 35. 39.

Il meraviglioso mondo di Amélie Poulain, protagonista di un film che è al centro del cinema francese, eppure ne è fuori.

Amélie Poulain: è al centro eppure ne è fuori!

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Memento: Meet me in Montauk. Un parallelismo tra Memento di Nolan ed Eternal Sunshine of the Spotless Mind di Gondry.

La necessità di ricordare e di dimenticare.

Come si può realizzare una nuova e innovativa idea senza un budget iniziale? Facile, ora, c’è il crowdfunding!

Progetti sulle ali della raccolta dal basso.

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Unapennae un foglioIl coraggio di pretendere la propria libertà di vivere, può cambiare il mondo. Reyhaneh Jabbari come Malala Yousafzai, emblemi della forza della verità.

Redatto daGiorgia Mangiapia

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AttualitàN.6 | 11 Novembre 2014

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Il vento porta via. Con la furia di un uragano e la leggerezza della brezza. Porta con sè libertà violate, vite negate, diritti non ascoltati, parole - con prepotenza - soppresse. “Lascia che il vento mi porti via”. Così ha voluto Reyhaneh e così è accaduto. È l’alba del 25 ottobre e vola libera, finalmente, nel vento. Eterea, ormai intoccabile, ormai inviolabile. Mentre la sua ultima lettera prima della morte, registrata in un audio messaggio, rimbomba come un tuono. Una lettera racchiude l’intimità di pensieri che scivolano su un foglio, prendono forma e assumono il peso del loro valore impresso nell’inchiostro. Parole in fila senza paura, diventano un macigno se fanno alzare la testa, aprire gli occhi, reagire di fronte all’inaudita violenza. Una lettera è testamento, contiene l’essenza di chi scrive, l’intenzionalità e la profondità della parola scelta, della frase scritta, pensata, letta e riletta perché chi l’ascolta non finga di non capire. Vaga nel

vento, Reyhaneh ma, prima di lasciarsi portare nel vento, ha scelto di parlare - attraverso una lettera - a Shole, la mamma, consapevole che così avrebbe parlato al mondo. Ha scelto di scrivere, così come ha scelto di morire, di non scendere a compromessi con chi le ha usato violenza psicologica e ha cercato di abusare di lei. Avrebbe dovuto rinunciare alla sua versione dei fatti, avrebbe dovuto cambiarli e ammettere di non essere stata vittima di un tentato stupro per ridare l’onore a Morteza Sarbandi che aveva tentato di stuprarla nel 2009 quando lei aveva diciannove anni e lui quarantasette. Lei arredatrice e lui ex funzionario dell’intelligence. Reyhaneh ha scelto di non lasciarsi stuprare, ha scelto di colpire per difendersi, ha scelto di confessare, ha scelto di non ritrattare. Ha scelto di morire. Gli ispettori, i giudici della Corte Suprema l’hanno colpita , da sveglia, hanno abusato di lei, l’hanno umiliata

In foto - Contro la condanna capitale di Reyhaneh Jabbar si sono schierati numerosi enti pacifisti internazionali.

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In foto - Reyhaneh Jabbari è stata condannata a morte per l’ucciosione dell’uomo che aveva tentato di stuprarla.

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e offesa ma la forza fisica del sesso forte non ha fermato le sue scelte e nulla ha potuto di fronte ai suoi occhi fermi e impenetrabili. La prepotenza del potere non ha scalfito la sua volontà e non è riuscita a possederla. Non si possiede una mente. Non si possiede un’anima. Si è liberi di scegliere della propria vita e a Reyhaneh - negata della libertà della vita – non hanno potuto strappare la libertà della morte. Leggera come la brezza, vuol sentirsi libera di scegliere nel donare gli organi affinché il suo corpo non diventi polvere. Affinché la sua esistenza non si concluda

sottoterra ma continui a vivere in altri. “Non voglio marcire sottoterra. Non voglio che i miei occhi o il mio cuore giovane diventino polvere. Supplicali perché subito dopo la mia impiccagione, il mio cuore, i reni, gli occhi, le ossa e qualunque altra cosa possa essere trapiantata venga sottratta dal mio corpo e donata a qualcuno che ne ha bisogno. Non voglio che sappiano il mio nome, che comprino un bouquet di fiori e nemmeno che preghino per me. Ti dico dal profondo del cuore che non voglio che ci sia una tomba dove tu andrai a piangere e soffrire”.

Reyhaneh sa che le sue “parole sono senza fine”, sa che questo mondo non l’ha amata e sa che “la bellezza dell’aspetto, la bellezza dei pensieri e dei desideri, la bella grafia, la bellezza degli occhi e di una visione e perfino la bellezza di una voce piacevole” non è fatta per questi tempi. O meglio per certi luoghi in cui, per una donna, poter dire: “Io sono. Ho una voce da ascoltare” è sinonimo di oppressione, di taciti dissensi e violenze sottili. Ma l’“Io sono” c’è chi lo urla in quei luoghi e in questi tempi. C’è chi non ha alcun timore nel ripeterlo col sorriso delicato e

In foto - Malala Yousafzai. È la più giovane vincitrice del Premio Nobel per la pace, nota per il suo impegno per l’affermazione dei diritti civili e per il diritto all’istruzione in Pakistan.

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ingenuo dei propri diciassette anni e con la forza di una guerriera.

C’è chi, a testa alta, scuote e spaventa col suo: I am Malala “Io sono Malala e questa è la mia rivoluzione semplice”. Ecco le parole in fila senza paura che diventano un proiettile. Ecco l’inchiostro intriso di significati. Ecco la forza della lettera in cui le parole escono fuori, prendono quella forma incontenibile quella forza inarrestabile che fa girare il mondo. Parole che spogliano le donne costrette a coprirsi, parole che spingono a fuggire dal controllo imposto e a non stare ferme se ti obbligano a rimanere immobile. Una ragazzina di dodici anni inizia la sua rivoluzione con un’unica arma: una penna e Malala scrive. Scrive per tre anni. Scrive della sua vita nella valle di Swat, in Pakistan, dove non c’è pace. Dove ci sono paura e spari. Dove il fuoco dell’artiglieria riempie la notte e sveglia Malala che intanto scrive col lo pseudonimo di Gul Makai e lei vorrebbe cambiarlo col suo vero nome che significa “addolorata”. Va contro una vita che le è stata

In foto - Reyhaneh Jabbari, la donna condannata a morte.

In foto - Malala Yousafzai, la vincitrice del premio Nobel.

precostruita partendo proprio dal suo nome. Malala vuol sentirsi libera, felice. Per questo scrive. Scrive della guerra vista da una ragazza. Scrive delle bombe che hanno distrutto la natura, dei divieti di uscire per strada e della nostalgia per le feste ormai impedite. Della gioia di poter ritornare a scuola per volontà di un preside che decide di sfidare l’editto degli estremisti islamici e richiama i ragazzi a scuola. Malala scrive della felicità per la libertà ritrovata. Libera di studiare, libera d’imparare e conoscere, libera d’indossare il suo abito preferito per andare a scuola e non la divisa imposta dai talebani perché il preside, un uomo, lo ha consentito. Libera di studiare in una classe circondata da abiti colorati e provarne gioia. Hanno cercato di metterla a tacere con la solita violenza impaurita dalla fermezza. L’hanno aspettata il 9 ottobre 2012 lungo la strada, al rientro da scuola, hanno fermato il camioncino e hanno fatto scendere tutti chiedendo di lei, di Malala Yousafzai, la ragazza che scrive. Gli sguardi fermi su di lei ed partito un colpo e un altro ancora.

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L’uomo libero è come una nuvola bianca. Una nuvola bianca è un mistero; si lascia trasportare dal vento, non resiste, non lotta, e si libra al di sopra di ogni cosa. Tutte le dimensioni e tutte le direzioni le appartengono.

Osho Rajneeshmaestro spirituale indiano

Alla testa, per poter essere certi. Si ha paura di una quindicenne che scrive. La forza fisica non regge il confronto perché lei rappresenta il “simbolo degli infedeli e dell’oscenità”. Si deve mettere un punto, preciso e netto come un colpo di pistola. Malala cade ma non diviene vento.

Il mio mondo è cambiato ma io no - Per lei inizia una nuova vita, la sua nuova vita: entra ed esce dalle sale operatorie e soffre. E nella sofferenza continuano le minacce perché i talebani rivendicano la responsabilità dell’attentato e pretendono di vederla tacere. “Il mio mondo è cambiato ma io no”. Lei non è cambiata ma la sua vita sì. I talebani vogliono zittirla, lei invece: “Mi dispiaceva solo di non aver avuto l’occasione di parlare con loro prima che mi sparassero. Così invece non avrebbero mai sentito quello che avevo da dire”. La parola

come un colpo di pistola. Il suo “I am Malala” diviene più forte, sentito, determinato. Malala riprende a scrivere. Come prima e più di prima. Da blogger per la BBC, impegno iniziato all’età di undici anni, ai premi- precedente al suo attentato - come l’ International Children’s Peace Prize per la lotta ai diritti dei giovani allo studio, al suo discorso al Palazzo di Vetro con indosso lo scialle appartenuto a Benazir Bhutto – primo ministro donna del Pakistan - al Premio Sakharov per la libertà del pensiero nel 2013 in cui ha chiesto aiuto per cinquantasette milioni di bambini che non hanno un libro e una penna . È stata definita da Martin Schulz– presidente del Parlamento Europeo - una sopravvissuta ed un’eroina. Una sedicenne che ha fatto alzare in piedi il Parlamento Europeo. Lei, a testa alta, nella sua tunica arancione col velo sui capelli e intorno alle spalle. Semplice e sorridente.

Tawakkul Karman

(Yemen, 1979) Premio Nobel per la pace nel 2011.

Kailash Satyarthi

(India, 1954) Premio Nobel per la pace nel 2014.

Malala Yousafzai

(Pakistan, 1997) Premio Nobel per la pace nel 2014.

Terre di Pace

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Sicura e serena. Forte nel suo: “Oggi non è il mio giorno. È il giorno di tutti coloro che combattono per i propri diritti. I talebani non mi ridurranno mai al silenzio e non uccideranno i miei sogni”. Parole mirate e nette più di un proiettile. Lei che ha ricevuto il premio nobel per la pace il 10 ottobre 2014 per “la lotta contro la sopraffazione dei bambini e dei giovani e per il diritto di tutti i bambini all’istruzione” e che ha fatto della sua vita una pietra miliare mostrando al mondo - come Reyhaneh e altre donne spietate nel desiderio di vivere la propria libertà - che ci vuol coraggio per cambiarlo questo mondo. Una penna ed un foglio possono farlo. Reyhaneh, con la sua lettera, è entrata nel vento, libera e intoccabile, lasciando parole di vita, aprendo menti e allargando cuori. Malala ha in sé la leggerezza della brezza e la furia dell’uragano nel pretendere che si possa essere liberi di crescere. Liberi di essere vento senza essere nel vento.“I don’t mind if i have to sit on the floor at school. All i want is education. And i’m afraid of no one”.

In foto - Un giovane pakistano all’interno di una scuola primaria ricavata in una grotta. Il diritto allo studio in Pakistan sembra ancora un lontano miraggio.

In foto - Una bambina pakistana all’interno di una baraccopoli.

In foto - Un bambino pakistano assume dei medicinali.

In foto - Dei bambini pakistani risiedono all’interno di una scuola. La situazione precaria è visibile senza alcun commento accessorio.

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theproblem

we all

live with

Ne vale realmente la pena? Vale la pena di rischiare la pelle per tenere alto il valore della legge, per affermare il ruolo che per disposizione costituzionale assume la Magistratura quale organo indipendente? Alla domanda se sia valsa la pena o meno di dedicarsi pedissequamente e ininterrottamente al proprio lavoro, fare sacrifici, ingoiare bocconi amari e rischiare la propria vita contro le BR, Armando Spataro, procuratore aggiunto di Milano dà una risposta tanto particolare quanto significativa. Una risposta che può essere consultata e contemplata da tutti,

che si staglia proprio su una parete del suo studio. La sua filosofia, l’intero senso del suo lavoro prende forma in un dipinto simbolo di un’epoca e di un modo di pensare: The problem we all live with, di Norman Rockwell.

La dignità e il coraggio che non hanno età.Tutto, ogni minimo dettaglio, dai colori utilizzati allo stile e alle forme prescelte, contribuiscono a rendere tale dipinto, di cui l’originale si trova, non a caso, nella sede del Marshal Service, prima agenzia federale statunitense, un autentico e unico capolavoro. Il grazioso e candido vestitino

Redatto da Anna Annunziata

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bianco di Ruby Bridges stride e crea il dovuto contrasto con la carnagione bruna della piccola; sullo sfondo, la parola NIGGER, che insozza di crudeltà e cieca ignoranza il muro che crea prospettiva. Il rosso delle macchie dei pomodori lanciati contro la bimba, che richiama tutta la violenza, l’arroganza e il sangue versato in una lotta senza fine; gli agenti del Marshals senza volto, che scortano la bambina ammessa, come stabilito dalla sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti, in una scuola elementare di New Orleans. Era il 1960 e quella sentenza risultava essere la materializzazione e la concretizzazione della fine dell’apartheid in Louisiana. Sei furono i bimbi di colore ammessi in quella scuola elementare che ne aveva negato l’iscrizione in precedenza, ma solo Ruby procedendo come un soldatino, a testa alta e con il petto in fuori, aveva trovato il coraggio e la forza d’animo di varcare quella

Ho percorso questo lungo cammino verso la libertà sforzandomi di non esitare, e ho fatto alcuni passi falsi lungo la via. Ma ho scoperto che dopo aver scalato una montagna ce ne sono sempre altre da scalare.

Nelson Mandelaex Presidente del Sudafrica

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Sguardo Fiero Ruby Nell Bridges Hall (nata l’8 settembre del 1954) è una attivista americana nota per essere stata la prima bambina di colore a frequentare una scuola primaria per soli bianchi. L’istituto dell’eroica rivalsa sociale è lo storico William Frantz Elementary School.

I riconoscimentiRuby Bridges, l’8 gennaio 2001, ha ricevuto la massima onorificenza civile dall’allora Presidente Bill Clinton. Il 15 Luglio 2011, invece, le è stato tributato un incontro col Presidente Barack Obama.

Una severa maestra di vita - L’orgoglio e il coraggio di chi si affida alla legge, di chi non cede, di chi è pronto a rivendicare la propria dignità, che non ha età, anche di fronte a scolari, insegnanti e mamme che abbandonano l’istituto in segno di disapprovazione: è da chi è in grado di portare alti questi valori che si devono trarre le grandi lezioni di vita. È chi compie atti di coraggio e determinazione che scrive la storia, quella vera, quella Magistra Vitae da cui Tito Livio ci esorta a imparare qualcosa, a

non macchiarci degli stessi errori. È la storia dell’apartheid, di quella “separazione” che ha fatto spazio alla segregazione razziale e a una serie di leggi pronte a negare ogni diritto politico, sociale ed economico alle persone di colore, ai “neri”. È la storia, al culmine di strenue e sanguinose lotte politiche, dell’elezione a Presidente di un uomo, Nelson Mandela, che di umiliazioni, proprio come la piccola Ruby, ne ha subite tante nell’arco della sua vita. Proprio come il rosso dei pomodori e la scritta NIGGER hanno

soglia. Gli agenti, di cui non si vede il volto, ma che sono riconoscibili mediante una fascia sul braccio, che aspettano tutti i giorni per tutto l’anno Ruby Bridges fuori scuola per accompagnarla e scortarla, rappresentano la legge, una legge che ha il potere di coartare, di proteggere, di tutelare e che, priva di identità, senza un volto ben identificato, si pone dalla parte, questa volta, dei discriminati, degli oppressi, dei relegati, dei, fino ad allora, segregati.

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Non c’è un’America progressista e un’America conservatrice! Ci sono gli Stati Uniti d’America!

Barack Obama

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In foto - Il primo Presidente afroamericano degli Stati Uniti, Barack Obama.

In foto - Nelson Mandela, premio nobel per la Pace nel 1993.

macchiato e lasciato un segno sul muro della scuola e inferto una ferita che ha intaccato profondamente la sensibilità della piccola eroina, così la condanna all’ergastolo e i 27 anni ai lavori forzati hanno lasciato una macchia incancellabile nella vita di Nelson Mandela e nella storia dell’umanità. Eppure quest’ultimo grande uomo, capace di trascendere con il suo messaggio i confini nazionali e divenuto un’icona globale, ha avuto di mira un unico obiettivo: riconciliazione, non vendetta. Sperava si realizzasse il prima possibile il progetto di un

futuro di gente di tutti i colori, di un arcobaleno di umanità, che si staglia nel cielo e in cui ogni singolo colore contribuisce a realizzare uno spettacolo senza precedenti, un vero e proprio miracolo della natura. È proprio questo messaggio di orgoglio, coraggio e speranza che Spataro non vuole perdere di vista, ogni qualvolta gli sembrerà di condurre una battaglia persa fin dall’inizio, ogni qualvolta si chiederà perché è giusto mettere a repentaglio tutto ciò che ha costruito pur di difendere un ideale, ogni qual volta gli si chiederà se ne è valsa realmente la pena.

Con l’Europa non si afferma un’idea di pace, ma di guerra: paesi l’un contro l’altro armati.

Marine Le PenEuroparlamentare

“Unitevi! Mobilitatevi! Lottate! Tra l’incudine delle azioni di massa ed il martello della lotta armata dobbiamo annientare l’apartheid!

Nelson MandelaPremio Nobel

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Una vita senza Casa

Il mondo invisibile dei clochard. Relegati in un angolo da sguardi che fingono di non vederli.

Ma cosa c’è dietro le loro scelte di vita?

Le persone invisibili, quelli che per tetto hanno il cielo, coloro che vivono ai margini della società. Di chi parliamo realmente? Di fronte a chi ci troviamo? Le definizioni sono varie e, come spesso accade, cambiano con l’evolversi della società ma non cambia la sensazione che si prova nel guardare negli occhi chi nasconde un passato significativo che lo ha reso tale e che lo blocca o lo ha spinto a scegliere una dimensione “altra” rispetto al vivere sociale definito normale.“A cloche-pied, en avançantur un pied et en gardant l’autrelevè”. Ovvero zoppicare, trascinarsi, arrancare. Etichetta negativa, difettosa, per il Clochard, la persona che vive per strada, senza lavoro e priva di mezzi di sussistenza. Potremmo ricordare anche il termine “hobo” con cui si indicava una persona senza fissa dimora ma in realtà il termine prese il via da un movimento di origine statunitense. Gli hobo erano vagabondi solitari che si spostavano in ferrovia, per lo più orfani e disoccupati, la cui vita era improntata ad

uno stile avventuroso e ribelle. Il termine denota una natura ambigua: i perdigiorno per alcuni, i romantici e ribelli per altri. Il termine “barbone”, invece, fa chiaro riferimento alla barba incolta, lunga, segno di trascuratezza e di mancanza d’igiene; da qui l’accostamento al cattivo odore, all’aspetto sgradevole, alla malattia. Barbone, quindi, dal significato per nulla ambiguo ma negativo a tutto tondo. Termini più recenti risultano essere i “senza tetto” e i “senza fissa dimora”. Il “senza tetto” può indicare una situazione occasionale derivante da un’emergenza (si prenda come esempio il sisma in Abruzzo nel 2009 o l’alluvione in Liguria nel 2011). Il secondo termine ha invece un significato più profondo. Sono “senza fissa dimora” coloro privi di “tutto quello che si potrebbe comunemente avere sotto un tetto”: relazioni formali e informali, affettive e non. Quindi si intende per fissa dimora l’ambiente di vita necessario allo sviluppo della propria identità in senso sociale e personale. Il Department of Housing and Urban

Redatto da Giorgia Mangiapia

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sotto i 40 anni, è single nel 78% dei casi mentre coniugati e conviventi costituiscono il 21%, il 40% non ha completato la scuola dell’obbligo anche se compare una percentuale di laureati (4%). La vita della strada è dura, dietro a quella che chiamiamo trascuratezza c’è fragilità, ogni ruga è segno tangibile delle difficoltà, la solitudine interiore traspare se ci si sofferma un attimo di più se ci soffermiamo a guardare o ad ascoltare: “Quando sei in mezzo alla strada di cosa hai paura? Di “nisciuno”. La massima pena l’hai già avuta” parole

di un homeless, un barbone, un senza fissa dimora. La massima pena, il castigo e lo strazio del vivere ogni giorno per strada perché anche la vita di strada ha le sue regole: si crea una stratificazione interna in cui ogni gruppo o persona individua delle zone per rifugio notturno o elemosine diurne.Tra tossicodipendenti, spacciatori, alcolisti (si inizia a bere prima di finire per strada o dopo, cercando rifugio e calore nella bottiglia), barboni (provenienti da vissuti di fallimenti personali o aventi forma di disagio associate

Development distingue 4 categorie:

u Litteraly homeless: persone senza residenza adeguata o regolare;

u Rischio imminente di homelessness: chi sta per perdere la casa senza avere risorse;

u Homeless sotto altri statuti federali: giovani sotto i 25 anni d’età o famiglie che si ritrovano in periodi di scadenza d’affitto o minaccia di sfratto o disoccupazione;

u In fuga da violenze domestiche: per fuggire dalla famiglia, ci si ritrova senza un posto dove rifugiarsi.

La Federazione Italiana Organismi per le Persone senza Dimora parla di homeless come di un “soggetto in stato di povertà materiale e immateriale, portatore di un disagio complesso, dinamico e multiforme”. Con tale definizione viene analizzato il fenomeno tenendo conto sia delle problematiche inerenti più strettamente all’individuo sia quelle sociali. Nella società fatta di regole, persone integrate e inserite nel sistema economico, ecco che - come un sottostrato - appaiono loro: le persone senza fissa dimora confinanti sullo sfondo, ai margini della società.

Chi sono realmente? Sono persone in acuta sofferenza, sono persone con disagio complesso, determinato da una molteplicità di fattori problematici. Secondo i dati forniti dalla Caritas Italiana e dalla Fondazione Zancan, l’homeless è in genere un maschio (80%), di età media

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In foto- Un anziano clochard perso nei suoi pensieri profondi.

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a malattia mentale o a qualche dipendenza), senza fissa dimora occasionali per sfratto improvviso o fuga da una comunità, punkabbestia (giovani che vivono girando con i loro cani e la cui controcultura trae origine dalla cultura punk anni ’70), homeless family, ci sono i vagabondi per scelta: “La mia scelta è stata di abbandonare con un taglio drastico tutto e iniziare una nuova vita basata sul niente e cercare

di riuscire a dividere quello che trovavo con gli altri”. Persone fisicamente e mentalmente sane che decidono di vivere così alla ricerca di un senso che nella società “normale” non sono riusciti a trovare. La vita “altra” dei senza fissa dimora: spazi e tempi assumono nuovi significatiI luoghi occupati durante il giorno o la notte diventano i “non luoghi”: angoli di vicoli, stazioni, edifici abbandonati in

cui è difficile conservare l’integrità di persona che comunque porta con sé ricordi di momenti della propria vita in una foto, un oggetto che diviene un po’ la propria casa interiore che nessuno può violare con la propria presenza. Ciò che affascina è che nella mente di un homeless, il passato è relegato in una nicchia: una nicchia di ricordi, fonte di nostalgia, rimpianto o senso di colpa. Il futuro è invece assente. Nel

Lunghe barbeIl più delle volte dell’immaginario collettivo sono così teneri e con barbe lunghe.

Donne senza tettoStorie di vita precarie dietro i volti scavati delle donne senza tetto. Il coraggio di madri, compagne e mogli che devono reggere una armonia familiare senza ausilio di mattoni ma solamente con le loro spalle.

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Mario Rimoli, presidente della cooperativa: “La crisi la vedi in tutta la sua la drammaticità nelle storie di chi aveva un lavoro e poi di colpo si trova a dormire su un marciapiede”. Il vero obiettivo di queste operative è il reinserimento: “Cibo e coperte sono necessarie, salavano la vita in molti casi. Ma noi cerchiamo di restituire loro una vita più dignitosa” . Essere un barbone significa aver perso tutto, non aver più nulla da perdere e, in maniera equivalente e contraddittoria, ciò comporta libertà e non libertà. Camminare e osservare che c’è una vita ai margini fa nascere un senso di co-responsabilità, se così si può definire. Non è una presenza invisibile, per quanto ci si sforzi di ignorarla, ma così visibile nel suo coprirsi con cartoni, nel suo stare stesa nell’angolo e nell’ombra della notte, da divenire pregnante e ritornano le parole di una vita ai margini: “Posso parlare con mille fate, mille folletti e con mille creature ma non posso parlare con un mondo che non considero il mio”.

presente ci sono i bisogni primari: procurarsi cibo, vestiario e così la giornata è scandita da tappe come l’apertura della mensa, del dormitorio, l’attesa dei volontari dediti a servizi notturni. Anche il concetto di spazio cambia: non esiste il confine tra spazio interno ed esterno. La vita è sotto gli occhi di tutti: ogni movimento è all’aria aperta e il sé della persona rischia una destrutturazione da cui derivano comportamenti bizzarri o violenti o privi di pudore che possono degenerare in psicosi schizofreniche, disordini della personalità, crisi paranoiche, depressione, ansia, problemi mentali generici. Un’eziologia chiara è utopica vista la complessità del fenomeno e si deve tener conto di fenomeni differenti. Disoccupazione, mancanza di una rete sociale, problemi fisici di salute, dipendenze, verificarsi di eventi critici portano sulla strada e spesso da lì non si vuol andar via: Mammaluk che

condivide con i topi cibo e coperte era “bellissima, un amore andato a male, la disperazione e poi la vita di strada. Per noi è un’amica, più volte le abbiamo offerto alternative. Non ne vuole sapere”. A parlare è Kitra, volontaria della cooperativa Il Camper, l’unità di strada che gestisce il servizio per senza dimora del comune di Napoli. “Dal nostro censimento sono più di mille in città e la sensazione è che il numero stia crescendo.”

L’innocenza - Un cane è il fedele amico di un barbone.

In fabbrica - Un giovane clochard dorme su un divano.

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accordo svizzero, di inizio anno, è un primo passo che rende il mondo più sicuro. Ma c’è

ancora da lavorare” - ha twittato il Segretario di stato americano John Kerry. Si tratta dell’intesa raggiunta, nei primi mesi del 2014, a Ginevra su un primo accordo semestrale che frenerebbe la “proliferazione” nucleare in Iran. Il Presidente iraniano Hassan Rohani ha plaudito all’accordo raggiunto tra Iran e potenze mondiali del gruppo 5+1 dopo anni di stallo e quattro giorni di maratona negoziale.

Non tutti, però, sono stati entusiasti e persuasi dell’accordo concluso a Ginevra: il Presidente israeliano Benyamin Netanyahu sosteneva, e sostiene, che si tratta di un “accordo cattivo con cui l’Iran ha ottenuto esattamente quanto voleva: un alleviamento sostanziale delle sanzioni e il mantenimento di componenti importanti del proprio programma nucleare”. È stata costituita una “commissione congiunta per sorvegliare l’attuazione del nostro accordo” precisa il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif. Ad oggi, il segretario di Stato USA John Kerry e il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif hanno deciso di vedersi in una maratona di incontri per suggellare l’accordo sul programma nucleare iraniano prima della deadline del 24 novembre. Il cosiddetto gruppo

P5+1 (composto dai membri del consiglio di sicurezza ONU + la Germania) e l’Iran stanno lavorando da tempo per superare l’impasse relativa al programma nucleare di Teheran entro la fine di novembre.

Le parti si sono incontrate svariate volte negli ultimi mesi per discutere la riduzione delle sanzioni nei confronti dell’Iran in cambio dello stop di produzione dell’ uranio arricchito, che ha una purezza sufficiente per costruire bombe atomiche. Dopo che il meeting di luglio non era riuscito a risolvere il problema, le parti hanno deciso di estendere la deadline a novembre. Sebbene l’Iran abbia ripetutamente detto che il suo programma nucleare ha solo scopi di ricerca, le potenze occidentali la ritengono una scusa per sviluppare un programma ostile, e Israele ha spesso minacciato che avrebbe interrotto il programma iraniano anche con la forza (ma ormai si è capito che Israele provi rancore un po’ verso tutti, eccetto gli States).“Non siamo in grado di fornire garanzie credibili per quanto riguarda l’assenza di materiale e attività nucleari non dichiarate a questo proposito, l’agenzia non può concludere che tutto il materiale nucleare in Iran verrà utilizzato per scopi pacifici” - ha detto il Direttore generale dell’AIEA (L’Agenzia internazionale per l’energia atomica) Yukiya Amano, alla riunione plenaria dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.

Le ombre sulnucleare iranianoIl segretario di stato americano plaude all’accordo sul

nucleare iraniano, mentre Israele solleva più di un dubbio.

FlavioDi Fusco

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“ L’

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Crowd &

funding

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Spesso capita che vengano avviate raccolte fondi a sostegno di cause di grande rilevanza sociale, artistica o scientifica; in Italia ne abbiamo molteplici esempi, dalle raccolte fondi, sempre molto efficaci, che seguono le calamità naturali che colpiscono il paese (ultima l’alluvione a Genova), alla sistematica opera di Telethon nel campo della ricerca medica. Con l’avvento della crisi finanziaria, poi, questa pratica comune, facendo un salto, neanche troppo lungo, dalla società civile al libero mercato, si è trasformata in una nuova opportunità di finanziamento anche per le imprese e per i giovani talenti che necessitano di fondi per finanziare lo sviluppo delle proprie idee, prendendo il nome di Crowdfunding. Crowdfunding è un neologismo che unisce le parole Crowd (Folla) e Funding (Finanziamento), ed è un modello finanziario che parte dal basso il quale, in questi anni, ha permesso l’emergere di realtà innovative che il sistema finanziario tradizionale aveva invece snobbato non cogliendone l’effettivo potenziale economico; a volte per cecità, altre per l’impossibilità tecnica di investire in attività naturalmente rischiose.L’incontro tra la “folla” e gli imprenditori, i creativi e le imprese intente a raccogliere fondi avviene naturalmente attraverso il web, piattaforma ideale per uno scambio del genere: attraverso la rete infatti il rapporto che lega investitore e impresa supera il normale formalismo di una comune transazione per trasformarsi in vero e proprio dialogo, con la folla di finanziatori che diventa così parte attiva e pulsante del progetto, avviando un’esperienza sociale reale, oltre che economica.

Crowd &

Redatto da Gennaro Battista

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funding

Durante la crisi finanziaria, il credit crunch ha costretto molti a cercare nuove strade per poter finanziare i propri progetti. Se per alcuni imprenditori questo è significato affidarsi agli strozzini e al malaffare, vedendosi così privati dei risparmi e dei sacrifici di una vita; per le realtà più innovative questo limite si è trasformato in una nuova opportunità, grazie al fiorire di nuove forme di micro-credito estremamente convenienti.La storia che stiamo per raccontare, però, non ha origine dalla mente dell’ennesimo visionario di questo XXI secolo, ma è figlia dell’attivismo e dell’entusiasmo di tante persone che, con l’uso del proprio denaro, hanno deciso di sostenere progetti

di utilità comune, promuovendo la collettività come nuova cura ai mali dell’economia contemporanea, troppo concentrata, forse, sul mito dell’individuo e del libero mercato.

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Se vuoi davvero raccogliere fondi dai donatori, devi innanzitutto studiarli, rispettarli, e costruire tutto ciò che fai attorno a loro.

Jeff Brooks

Charles Adler Founder di Kickstarter

Ben KaufmanFounder di Quirky

Il successo di questo modello è palese, nel solo 2013, secondo Forbes, attraverso il Crowdfunding sono stati raccolti 5,1 miliardi di dollari in tutto il mondo; di questi, ben un miliardo è stato raccolto soltanto in Europa, con quasi mezzo milione di progetti finanziati. Sono mezzo milione di realtà imprenditoriali, mezzo milione di occasioni di sviluppo economico che altrimenti non sarebbero mai potute partire. E le stime per il futuro sono ancora più impressionanti, con un trend esponenziale che parla di un giro grande milioni di miliardi entro il 2020, e nuovi progetti nascenti che puntano subito a finanziarsi attraverso questo sistema, tralasciando totalmente la possibilità di affidarsi alle vie più tradizionali.

I vantaggi del CrowdfundingMa perché il Crowdfunding piace così tanto? Anzitutto i tassi d’interesse sono molto bassi (se non nulli), irraggiungibili da quelli di mercato, data l’assenza di intermediari tra domanda e offerta. Ma non c’entra solo questo, i produttori infatti traggono numerosi altri vantaggi dall’avvio di una campagna di Crowdfunding, parliamo di un vero e proprio valore aggiunto. Anzitutto, è possibile verificare a priori l’esistenza di un mercato per la propria idea: se piace a milioni di utenti, che decidono perciò di investirci su, perché non dovrebbe piacere a milioni di consumatori? Inoltre il pubblico degli investitori, essendo formato da persone comuni, spinte più dall’emozione e dall’entusiasmo che dalla fredda logica finanziaria,

Danae RingelmannFounder di Indiegogo

Top Three

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appropria dei fondi ricevuti, ricambiandoli – e qui c’è dell’incredibile - soltanto con un “premio”, che può essere un’unità del prodotto finito o addirittura un semplice gadget commemorativo. Tutto ciò è possibile perché spesso le donazioni elargite sono di entità infima, e solo il grandissimo numero di soggetti coinvolti fa sì che vengano raggiunte le cifre, a volte davvero molto elevate, poste come obiettivo. È naturale, dunque, che spesso l’investitore, che è una persona comune e non un addetto ai lavori, metta in secondo piano la consapevolezza di elargire denaro a un’attività che genererà nuovi profitti, accontentandosi perciò di ricevere un simpatico e accattivante regalo piuttosto che una remunerazione concreta. Quest’ultimo modello non è ancora molto sviluppato nel mercato Europeo, mentre impera in America, dove ormai Crowdfunding è diventato sinonimo di Kickstarter: la piattaforma regina della raccolta fondi a

diventa spesso parte attiva del progetto, pubblicizzandolo e collaborando così al suo successo. Insomma, tutto ciò significa mettere in atto una vera e propria campagna di marketing virale a costo zero. Lo stesso costo che, in effetti, può avere il capitale raccolto: il Crowdfunding, infatti, si sviluppa in diversi modi, uno dei quali non propriamente usuale agli occhi di un investitore razionale, eppure di grande successo; forse il più travolgente.

Tipi di Crowdfunding - Oltre all’equity-based e al Credit-based Crowdfunding, che offrono agli investitori la classica remunerazione attraverso quote capitale nel primo caso e un interesse già pattuito nel secondo, si è infatti sviluppata una terza via a questo modello, che sebbene molto meno remunerativa ha ottenuto un successo strepitoso tra la folla: è il reward-

based Crowdfunding, che ha ottenuto grandissimi risultati finanziando film, album musicali, prodotti informatici, tecnologici e invenzioni più o meno strambe. Questo modello si sviluppa su una formula del tipo “Tutto o niente”, per cui il promotore della campagna pone un obiettivo finanziario da raggiungere per avviare il progetto, e solo una volta centrato si

In foto - L’approvazione della legge sul crowdfunding in America.

In foto - Lancio di Kickstarter in Oceania.

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Musica creativaLe OwnPhones, delle cuffiette wireless stampabili con progettazione 3D, hanno raggiunto 767.472 dollari.

IdahopotatoesZack ha raggiunto 55 mila dollari per un progetto sulle patate fritte.

A tutto alcolWhiskey Elements. è un progetto che consente la personalizzazione del whisky in meno di 24 ore. Il referente dell’idea, Tony Peniche, ha raggiunto quasi 200mila dollari.

premi.

Kickstarter - Kickstarter nacque il 28 aprile del 2009, diventando subito un successo, tanto che la rivista Time ha finito per nominarlo Miglior sito Web appena due anni dopo, nel 2011.La formula economica che regge la piattaforma è semplice: il 5% dei fondi raccolti finisce a Kickstarter, mentre un’altra percentuale (che varia dal 3 al 5%) va ad Amazon, che gestisce il

sistema di pagamento.Grazie a questo sito sono stati finanziati molti progetti piuttosto interessanti: su tutti spicca, per innovazione e quantità di fondi raccolti (ben oltre i 10 milioni di dollari) il Pebble E-Paper Watch, il primo vero smartwatch nella storia.Gli smartwatch sono una via di mezzo tra un orologio e uno smartphone, e rappresentano uno dei mercati più promettenti del prossimo futuro, con

I donatori non finanziano le istituzioni: investono sulle idee e sulle persone in cui credono. Perchè i volontari ti aiutano sempre quando sei senza denaro!

Ken Wyman & G.T. Smith

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tutti i big del settore hi tech che hanno già lanciato le loro proposte, ultima il mese scorso Apple, con il suo iWatch; ma il primo orologio smart è nato grazie a Kickstarter ormai 3 anni fa, e la piccola startup Pebble oggi è un’azienda che fattura miliardi, con oltre 400mila dispositivi venduti. Ma non vi è alcuna forma di garanzia a tutela degli investitori; i promoter, anche se raggiungono l’obiettivo finanziario fissato, possono fallire nel portare a termine il loro progetto, lasciando gli utenti privi anche del dono promesso. In effetti,

il Crowdfunding ha una grossa serie di rischi per entrambe le categorie.

I rischi del CrowdfundingIl crowdfunding dunque è altamente rischioso per gli investitori, che tuttavia difficilmente usano mettere in gioco grosse cifre. Il vero problema, in realtà, è quello dei promoter seri che però falliscono un loro progetto. In tal caso, infatti, si è sottoposti a una perdita di reputazione presso una schiera di stakeholder così vasta da vedere il proprio nome finire direttamente nell’inferno dei truffatori, a cui nessuno darebbe mai una seconda opportunità.

Pebble TechnologyIl Pebble è un smartwatch sviluppato da Pebble Technology Corporation, distribuito a partire dal 2013, la sua produzione è stata finanziata tramilte la piattaforma di crowdfunding Kickstarer, superando i 10 milioni di dollari. Il Pebble è dotato di un display bianco e nero per la lettura e-paper, un motore a vibrazione, un magnetometro, sensori di luce ambientale e un accelerometro, che ne consente l’uso come contatore per attività sportive.

Un frigobar modernoIl portabevande moderno e superelettronico dell’Oregon ha raggiunto donazioni per 13.285.226 di dollari.

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In foto - Twine un allarme portatile che ha raggiunto mezzo milione.

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L’Economistscuote l’Europa

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L’economia mondiale non è in una buona condizione. Le novità dall’America e dal Regno Unito sono state pressochè positive, ma l’economia giapponese è in difficoltà e la crescita della Cina è ai minimi storici dal 2009. Abbondano percoli imprevedibili, in particolare l’epidemia di Ebola, che ha ucciso migliaia di persone in Africa occidentale e scosso altre migliaia ben oltre quei confini. La più grande minaccia economica, però, arriva dall’Europa continentale. Ora che la crescita della Germania si è interrotta, l’area dell’Euro è sul punto di precipitare nella terza recessione in sei anni. I leader di quell’area hanno sperperato due anni di “respiro”, garantiti dal giuramento di Mario Draghi, presidente della Banca Centrale Europea, di fare “tutto il necessario” per salvare la moneta unica. I francesi e gli italiani hanno evitato riforme strutturali, mentre i tedeschi hanno insistito sulla politica dell’austerity. I prezzi stanno crollando in otto Paesi europei. Il tasso d’inflazione complessivo della zona è slittato allo 0,3% e potrebbe cadere nel completo

declino l’anno prossimo. Una regione che produce un quinto della produzione mondiale sta precipitando nella stagnazione e nella deflazione.

Gli ottimisti filogiapponesi Gli ottimisti, sia europei che non, spesso citano il caso del Giappone, che precipitò nella deflazione nei tardi anni ‘90, con conseguenze non apocalittiche, ma comunque spiacevoli, per se stesso e l’economia mondiale. La “zona Euro”, però, pone rischi ben maggiori. A differenza del Giappone, la “zona Euro” non rappresenta un caso isolato: dalla Cina all’America l’inflazione è a dei livelli preoccupanti, e continua a slittare. In più, a differenza del Giappone, che ha una società stoica e omogenea, l’area dell’Euro non riesce a stare unita dopo anni di sclerosi economica e prezzi che precipitano. Mentre il debito si solleverà pesantemente dall’Italia alla Grecia, gli investitori si spaventeranno, e i politici populisti guadagneranno terreno causando, più prima che poi, il collasso dell’Euro. Sebbene molti europei,

Traduzione a cura di Dario Rondanini

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L’Economistscuote l’Europa

L’autorevole settimanale di attualità ed economia traccia un pessimo quadro della situazione europea. Il vecchio continente è

reo di essere poco futurista nelle proprie scelte.

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banche centrali un buon motivo per tenere una blanda politica monetaria. E’ anche, a più luingo termine, un possibile suggerimento per rivedere gli obiettivi dell’inflazione. Al momento, il problema più grave è nella “zona Euro.”

Le debolezze del sistemaL’economia dell’Europa continentale ha molte debolezze accertate, come una bassa demografia, un alto debito e mercati del lavoro sclerotici. Inoltre, sono stati fatti molti errori gravi in politica. Francia, Italia e Germania hanno tutti respinto riforme strutturali

che avrebbero favorito la crescita. Questa zona è molto vulnerabile alla deflazione a causa della troppa austerità fiscale della Germania e della timidezza della BCE. Anche ora, con le economie che si contraggono, i tedeschi sono ossessionati con la riduzione del deficit per tutti i governi, mentre la loro opposizione al alleggerimento quantitativo ha portato la BCE, con sommo dispiacere del signor Draghi, a fare molto meno di altre grandi banche centrali a riguardo. Se mai ci fosse stata una logica dietro questo incrementalismo, ora non c’è più. Mentre i budget si restringono, e la

specie i tedeschi, siano stati cresciuti per temere l’inflazione, la deflazione potrebbe essere ancora più devastante. Se le persone e le imprese si aspettano la caduta dei prezzi, smettono di spendere e, mentre la domanda precipita, le possibilità di non riuscire a ripagare i prestiti salgono. Questo è quello che accadde nella Grande Depressione, con conseguenze disastrose, specie in Germania, nei primi anni ‘30. Quindi, se a preoccupare è il dato che, dei 46 Paesi le cui banche centrali si concentrano sull’inflazione, 30 non raggiungono il loro scopo, la caduta di alcuni prezzi è benvenuta. In particolare, la caduta del prezzo del petrolio ha portato una spinta notevole ai profitti dei consumatori. Tuttavia, i prezzi in rallentamento e i salari stagnanti derivano da qualcosa di ben più complicato che dalla semplice debole domanda economica, e circa 45 milioni di lavoratori dei ricchi Peasi appartenenti all’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo sono disoccupati. Gli investitori iniziano ad aspettarsi un calo dell’inflazione anche in quelle economie, come quella americana, che crescono a livelli ragionevoli. Quel che è peggio è che i tassi d’interesse a breve termine sono vicini allo zero in molte economie, e così le banche centrali non possono tagliarli per aumentare la spesa. Le uniche risorse arrivano dall’alleggerimento quantitativo e da altre forme di stampaggio di monete. La minaccia di una “lowflation” globale rappresenta per le

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In foto - L’attuale premier italiano Matteo Renzi.

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Banca Centrale Europea lotta per convincere le persone che risucirà a fermare la caduta dei prezzi, una discesa nella deflazione sembra fin troppo probabile. Segni di stress stanno iniziando a vedersi sia nei mercati che nelle politiche. Le obbligazioni in Grecia stanno cessando sempre più, mentre il supporto per il partito di sinistra Syriza è aumentato. Francia e Germania utilizzano la retorica per scambiarsi colpi reciproci al riguardo di una nuovo proposta di budget proveniente da Parigi. Se l’Europa ha intenzione

di fermare il peggioramento della sua economia, deve prima di tutto interrompere il suo comportamento auto-distruttivo. La BCE deve iniziare a comprare obbligazioni straniere. Il cancelliere tedesco Angela Merkel, dovrebbe permettere a Francia e Italia di rallentare il ritrmo dei loro tagli fiscali; al contrario, questi due Paesi dovrebbero accelerare le riforme strutturali. La Germania, che può prendere in prestito denaro a tassi d’interesse negativi, potrebbe spendere maggiormente per le proprie infrastrutture.

Credo di essere coraggiosa nei momenti decisivi, ma ho bisogno di tempi lunghi e cerco quanto più possibile di riflettere prima di agire.

Angela MerkelCancelliere tedesco

Bocciato - Hollande, presidente della Francia, è reo di non aver fatto riforme strutturali.

Pro austerity- Angela Merkel, l’attuale cancelliere tedesco, è accusata dall’Economist di perseguire troppo l’austerity.

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L’altra EuropaAlexis Tsipras, (Atene, 28 luglio 1974), è un politico greco, leader di SYRIZA e candidato, per il Partito della Sinistra Europea, alla Presidenza della Commissione UE nelle Elezioni europee del 2014.

L’euroscetticoNigel Paul Farage (Farnborough, 3 aprile 1964) è un politico britannico, leader dell’UKI, Deputato europeo, è co-presidente del gruppo Europa della Libertà e della Democrazia Diretta.

383 miliardi di dollari) in alcune operazioni, come più veloci collegamenti ferroviari tra gli Stati, o lavori sulla rete elettrica, per poi aumentare il denaro attraverso l’emissione di obbligazioni, che la BCE acquisterebbe. Un’altra possibilità potrebbe essere ridefinire le regole dell’UE sul deficit, escludendo la spesa per gli investimenti. Ciò permetterebbe ai governi di tollerare maggiori deficit, contando sul sostegno della Banca Centrale Europea. Dietro tutto questo, si nasconde un problema di volontà politica. La Merkel e i tedeschi sembrano preparati ad agire solo

quando la moneta unica sarà sull’orlo della catastrofe.

Sofferenza Made UEIn tutta Europa le persone soffrono (in Italia e Spagna la disoccupazione giovanile è sopra il 40%). I votanti hanno dato sfogo alla loro furia attraverso le elezioni per il Parlamento Europeo di quest’estate, ma molto poco è cambiato. Una nuova discessa nell’abisso testerà la loro pazienza. E quando l’economia di un Paese sarà entrata nel pieno della deflazione, sarà molto difficile calmarsi. Il tempo dei leader europei sta per scadere.

Ciò aiuterebbe, ma non sarebbe abbastanza. E’ quasi come i primi anni della debacle dell’Euro, prima del “faremo tutto il necessario” di Draghi, quando le mezze soluzioni finivano solo per aumentare la crisi. Serve qualcosa di radicale. Il problema è che la legge europea boccia molte soluzioni in realtà mirabili, come il possibile acquisto da parte della BCE di obbligazioni governative neo-emesse. La miglior soluzione (legale) potrebbe essere quella di agganciare un incisivo aumento nella spesa per le infrastrutture con l’acquisto delle obbligazioni da parte della BCE. Così facendo, la Banca europea degli investimenti potrebbe lanciare una grossa espansione (circa 300 miliardi di euro, o

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In Europa, in Grecia, in Italia e siamo testimoni di una crisi senza pre ce denti, che è stata impo sta attra verso una dura auste rità.

Alexis Tsipras

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La necessità di ricordare e di dimenticareMemento: Meet me in Montauk. Un parallelismo tra Memento di Christopher Nolan ed Eternal Sunshine of the Spotless Mind di Michel Gondry.

Redatto daLiliana Squillacciotti

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“Com’è felice il destino dell’incolpevole vestale!Dimentica del mondo, dal mondo dimenticata.Infinita letizia della mente candida!Accettata ogni preghiera e rinunciato a ogni desiderio.”Dimentica del mondo, dal mondo dimenticata. Spegnere ogni tipo di ricordo, spegnere il dolore e andare avanti. Felici, come se niente fosse mai accaduto realmente. Felici, come se nessuno avesse mai scalfito il perimetro, teoricamente sacro, della propria serenità. Perché è di questo che si parla, di “serenità”. Quella sensazione che consente di svegliarsi la mattina senza pensieri che facciano storcere il naso. Quella sensazione che permette di aprirsi al prossimo senza remore, senza pensare al fatto di essere pieni di cicatrici ancora aperte.

Dimenticare il dolore, per salvaguardarsi. Dimenticare come atto finale, estremo. Dimenticare come sola via d’uscita. Dimenticare come imperativo categorico, imposto da quel viscerale istinto di sopravvivenza sviluppato in millenni di evoluzione.“Eternal sunshine of the spotless mind”, letteralmente, “L’eterna luce di una mente immacolata”. “Se mi lasci ti cancello”, in quella che appare come una delle peggiori traduzioni mai effettuate dall’inglese all’italiano. Se “tradurre è un po’ tradire”, in questo caso, si assiste ad uno snaturamento tale da confondere lo spettatore. Probabilmente il faccione (di gomma) di Jim Carrey, meglio si adattava ad un titolo che potesse far pensare alla solita commedia rosa americana. Probabilmente, per un pubblico così poco

In foto - Michel Gondry, regista e sceneggiatore francese, premio oscar nel 2002. Ha diretto la pellicola “Se mi lasci ti cancello” nel 2004.

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In foto - Christopher Nolan, regista londinese, ha diretto la pellicola Memento nel 2000. (Per articolo su Nolan vedere #Mag5)

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AttualitàN.3 | 21 Ottobre 2014

In foto - Leonard Shelby, Guy Pearce, il protagonista di Memento (C. Nolan).

In foto - Leonard Shelby, il protagonista di Memento.

anglofono come quello italiano, era impossibile mantenere il titolo originale. Fatto sta, che chiunque abbia tradotto in questo modo un titolo che è, come in pochissimi altri casi, parte integrante di ciò che scorre sullo schermo, ha commesso un crimine. Fosse anche solo per la quantità di cinefili che muoiono un po’ dentro, ogni volta che si rendono conto di ciò che è accaduto.“L’eterna luce”. L’antico “tabula rasa”. Dimenticare, e ricominciare. E poi? Qual è, realmente, la scelta più coraggiosa? La risposta potrebbe non

essere così semplice e scontata. Anche perché, se si dimentica, si dimentica tutto. Il male, certo. Ma il bene?“...Tutti abbiamo bisogno di ricordi che ci rammentino chi siamo, io non sono diverso... Allora, a che punto ero?”

Da Gondry a Nolan. Altro imperativo categorico; diametralmente opposto. “Memento”. Ricorda. Ricorda, anche se non puoi. Ricorda per trovare un senso a tutto ciò che ti circonda, a ciò che sei, alle azioni che compi. Ricorda per vendicarti, vendicati per andare avanti.Ricordare, scrivendosi addosso

Il fatto che io dimentichi le cose non toglie niente al senso delle mie azioni. Il mondo continua ad esserci anche se chiudi gli occhi.

Leonard Shelby da Memento

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CulturaN.6 | 11 Novembre 2014

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In foto - Jim Carrey e Kate Winslet protagonisti di Se mi lasci di cancello.

In foto - Joel Barish e Clementine Kruczynski, Se mi lasci ti cancello.

la propria storia, perché l’essere umano senza la sua storia personale cos’è? Se ad un “animale sociale” viene tolta la possibilità di condividere se stesso. Cosa rimane? Ricordare o dimenticare, dunque? Qualsiasi sia la scelta, occorre farla con la coscienza che qualcosa rimane. In un angolo della mente, rimane lì, pronto a tornare in una fredda mattina di febbraio, quando, complice un pensiero senza nome, ci si ritrova su una spiaggia. Rimane, quando, sapendo di non poter ricordare, ci si obbliga a farlo.

Due pellicole lontane, l’una dall’altra. Lontane per stile, lontane per genere. Eppure vicine in quell’interrogarsi costante, in quel dubbio latente che se da una parte spinge ad allontanarsi da ciò che è stato, dall’altra non fa altro che dimostrare quanto impossibile sia farlo.Il ricordo di ciò che è stato, torna. Torna perché non c’è associazione futuristica che tenga, torna perché anche nell’ambito di una perdita di memoria a breve termine, esiste la necessità profonda di ricordare a se stessi, cosa si è stati capaci di essere, di superare, di amare e di odiare.

Marine Le PenEuroparlamentare

“Puoi cancellare qualcuno dalla tua mente, ma farlo uscire dal cuore è tutta un’altra faccenda.

Eternal Sunshine tagline del film

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È al centro eppurene è fuoriAmélie Poulain, protagonista di un film che è al centro del cinema francese, eppure ne è fuori.

In foto- A Parigi la giovane Amélie lavora come cameriera in un bar di Montmartre, il “Café des 2 Moulins”, e la sua vita trascorre serena tra una visita all’anziano padre vedovo e alcuni piacevoli passatempi.

Redatto da Carmela Specchio

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25 giugno 2001, sale cinematografiche francesi. Si gira la scena in una Parigi ripulita- dalle-auto e ripulita-da-punti-di-riferimento-temporali, quasi spaesante. Jean-Pierre Jeaunet irrompe con “Le fabuleux destin d’Amélie Poulain”, interpretato da Audrey Tautou nelle vesti di Amélie e da Mathieu Kassovitz, il giovane Nino. Non stiamo parlando del Jean-Pierre Jeaunet di “Delicatessen”, piccolo film cult di inizio anni Novanta che gli ha reso la celebrità fra i cinefili di tutto il mondo, scritto a quattro mani con Marc Caro, il disegnatore al quale è imputata la costruzione delle inquadrature de “Il favoloso mondo di Amélie”.

I sogni di una ragazza - Stiamo altresì parlando delle favolistiche vicende di una giovane e singolare sognatrice, nata come tutti dalla fecondazione di un ovulo (scena compresa tra i primi fotogrammi della pellicola), indigena di un mondo magico e di un entourage che rispecchiano a pieno le manie e le predilezioni del regista. L’inizio

Da un lato - Audrey Tautou, la protagonista femminile.

Dall’altro - Mathieu Kassovitz, il protagonista maschile.

del film è folgorante per senso del comico, scelte cromatiche e sintesi narrativa: in pochi minuti vengono narrate esistenza, dolori e ossessioni di una bambina che appare ovattata, isolata dal resto del mondo, quasi atarassica, circondata

Strana la vita. Quando uno è piccolo, il tempo non passa mai. Poi, da un giorno all’altro ti ritrovi a cinquant’anni, e l’infanzia o quel che ne resta è in una piccola scatola, che è pure arrugginita.

Bretodeaudopo aver trovato un “tesoro”

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trasformazione: l’avvento del digitale sta ridefinendo la natura delle pellicole, non solo a livello produttivo e distributivo, ma soprattutto estetico. “Il favoloso mondo di Amélie” fà da ponte tra il cinema francese degli anni Trenta – Quaranta e quello contemporaneo: è l’esempio di un nuovo cinema che utilizza effetti speciali, nuove tecniche e nuovi codici per uno scopo poetico ed estetico, tutt’altro che meramente strumentale; è un film al centro della classica produzione cinematografica per ambientazione, tematica e tratti dei personaggi (fatta eccezione per la lampada parlante e per altri strani casi d’animazione oggettistica), eppure ne è fuori, così tecnicamente diverso nei limiti dell’innovazione. La rielaborazione digitale, la scelta delle scenografie e i costumi vagamente retrò creano una sorta di spaesamento temporale

da personaggi piuttosto bizzarri e ridicoli. Un padre consacrato ad un nano da giardino, una madre altrettanto maniacale che troverà la morte sull’uscio di una chiesa, i frequentatori del bar di Montmartre dove Amélie ormai ventitreenne serve ai tavoli, un pittore con una telecamerina puntata su un orologio, una scatola di ricordi, un album fotografico, Nino e un cuore palpitante, un pesciolino che tenta il suicidio fuori dalla boccia, storie di macchine fotografiche alla stazione e fotografie e sguardi soffermi su visi ignari; il fruttivendolo arrogante che si prende gioco del garzone Lucien, lui che “di sicuro non rischia di essere un ortaggio perché perfino un carciofo ha un cuore.”, il piacere visivo e uditivo che dalla mano di Amélie affondata nei legumi passa ai sensi dello spettatore, la passeggiata con un cieco che finalmente potrà vedere e sentire col

naso cosa lo circonda, lo stesso nano da giardino in giro per il mondo e poi di ritorno, infine, a casa. E’ negli anni in cui Jeaunet propone “Il favoloso mondo di Amélie” che il cinema sta subendo una profonda

Telefono - Amélie Poulain durante una conversazione.

Pittore - Amélie incontra il cosiddetto uomo di vetro.

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(tradito dai riferimenti agli orologi, ad una voce fuori campo che ci ricorda data e ora), ragion per cui molte scene appaiono rallentate o accelerate, così come un occhio o un cuore umano le vive, così come un qualsivoglia spettatore incuriosito si debba accomodare e attivare i sensi, dimenticando di essere lì dov’è, lasciandosi trasportare dal flusso delle minuscole dicotomiche foto-vicende dei

personaggi, fatte di “Amélie ama […], mentre Amélie odia […]” e dai romantici scenari parigini.

Una recensione - Così come accade in una recensione dell’European Cinema and Young People, ci poniamo la domanda “Tutte le cose, i fatti, sembrano essere legati insieme… ma di chi è la regia? Del caso o del destino? Certo d’un gran narratore, lo stesso che ci guida lungo il film. Di chi sono mai le loro vite? Di

chi è in particolare la vita di Amélie? La risposta più immediata è che non è la sua, non è di Amélie, la sua vita, proprio come accade agli altri e alle loro vite. Non a caso - o forse proprio per volontà del caso – nelle prime immagini del film una mosca finisce spiaccicata sul selciato. Una vita ridotta in poltiglia, tanto tragica da diventare comica. Amélie, invece, tenta di convincerci del contrario.”

Punti di vista Amélie Poulain osserva il cortile con un cannocchiale da dietro la finestra.

Come dedicare il tempoAmélie rimane talmente colpita dalla reazione di Bretodeau che decide, dopo una notte insonne, di dedicare il suo tempo a “rimettere a posto le cose” che non vanno nelle vite di chi le sta vicino.

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GastronomiaN.6 | 11 Novembre 2014

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Tartufiche passione

Da gemma preziosa della terra a emblema dei sapori lussuosi a tavola. Un viaggio nella

storia del tartufo, uno dei sapori più amati ed apprezzati dai gourmet di tutto il mondo.

Il tartufo è un particolare tipo di fungo ipogeo, che cresce, cioè, completamente sotto il terreno, a differenza dei funghi epogei che presentano il corpo carnoso in superficie; con il termine con cui lo si indica si identifica il corpo fruttifero, detto sporocarpo. É composto da una superficie esterna detta peridio, che può essere liscia o verrucosa e da un interno carnoso chiamato glebra, il cui colore varia dal bianco al marrone, al rosa e al grigio, a volte ricco di venature. Il caratteristico odore pungente serve per attirare gli animali selvatici che, a loro volta, trasportano le sue spore facilitando la riproduzione del fungo. Lo sporocarpo nasce solo se il fungo é nelle vicinanze di determinate piante, dette piante simbionti, fondamentali per la sintesi micorrizica; la micorriza (dal greco mykos = fungo e rhiza= radice) é una simbiosi tra il micelio di un fungo e le radici di una pianta superiore, in cui avviene uno scambio di sostanze per trarre reciproci benefici. Il tartufo bianco

(Tuber magnatum) predilige i terreni calcarei, sotto i 700 metri s.l.m. e nasce in simbiosi con 13 alberi (Rovere, Cerro, Farnia, Roverella, Pioppo nero, Pioppo bianco, Pioppo tremulo, Pioppo carolina, Salicone, Tiglio, Salice bianco, Carpino nero e Nocciolo); il tartufo nero (Tuber melanosporum) nasce invece in zone collinari, da 7 piante simbionti (Roverella, Leccio, Tiglio, Cerro, Cisto, Nocciolo e Carpino nero). Le specie classificate di tartufi sono ben 63 (25 in Italia), ma solo 9 sono commestibili: il Tuber magnatum Pico (tartufo bianco pregiato, tartufo d’Alba o tartufo di Acqualagna), il Tuber melanosporum Vitt. (tartufo nero pregiato o tartufo di Norcia), il Tuber aestivum Vitt. (Scorzone), il Tuber borchii Vitt. (Bianchetto o Marzuolo), il Tuber brumale Vitt. (tartufo invernale), il Tuber macrosporum Vitt. (nero liscio), il Tuber brumale var. moschatum De Ferry (tartufo moscato), il Tuber mesentericum Vitt. (tartufo nero comune o tartufo di

Redatto daEleonora Baluci

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Bagnoli) e il Tuber uncinatum Chatin (tartufo uncinato); il termine Vitt. indica in tutti i casi il nome dello scopritore, Carlo Vittadini, botanico e micologo vissuto nell’800, autore di diversi saggi. Vi sono poi tante altre specie che, oltre ad emanare un cattivo odore, sono considerate lievemente tossiche e, per questo, non commercializzate; non esistono tuttavia tartufi fortemente velenosi. Il Tuber magnatum Pico (dal latino magnatum = dei magnati) viene raccolto dal 1 ottobre al 31 dicembre; ha forma varia ma può arrivare

a pesare fino a 1kg. La sua glebra é bianco giallastra con toni nocciola ma le tonalità di colore variano in base al grado di maturazione, al tipo di suolo ed alla pianta sembiante. Dal 1929 nella cittadina di Alba, in provincia di Cuneo, si svolge ogni anno, tra settembre e novembre, una fiera internazionale dedicata al pregiatissimo tubero bianco; nel 1996 inoltre nacque il Centro Nazionale Studi Tartufo, dove si studiano i profumi, si ricercano nuove tecniche di conservazione, e si organizzano seminari di degustazione. É diffuso

in tutto il sud Piemonte (Langhe, Roero, Monferrato e Monregalese) ma anche nell’Appennino tosco -emiliano e nell’Appennino umbro - marchigiano; nota zona di produzione è Acqualagna, in provincia di Pesaro - Urbino, dove ogni anno si svolgono delle fiere per la commercializzazione del tartufo bianco e non solo. É il tartufo più pregiato perché nasce solo spontaneo.Il Tuber melanosporum (da melanos sporum = a spore nere) si raccoglie dal 15 novembre al 15 marzo; le dimensioni variano da

In foto - L’origine della parola tartufo fu per molto tempo dibattuta dai linguisti. Molti reputano che tartufo derivi da territùfru, volgarizzazione del tardo latino terrae tufer (escrescenza della terra).

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leggermente amarognolo ed emana uno spiccato odore di acido fenico. Il Tuber uncinatum matura in autunno, da ottobre a dicembre; deve il suo nome alle creste delle spore simili ad uncini. In Abruzzo é anche chiamato suareccio. Il Tuber macrosporum (da macros sporum = grandi spore) é generalmente molto piccolo ma nella stessa buca se ne possono trovare più esemplari. É anche detto tartufo liscio per la superficie piena di verruche ma ben appiattite. Infine il Tuber borchii matura da gennaio ad aprile; deve il nome al suo scopritore, De Borch. É anche detto bianchetto per la sua glebra chiara o marzuolo per il periodo di raccolta. La ricerca del tartufo ad opera del tartufaio è un’operazione altamente meticolosa. Innanzitutto bisogna munirsi di un tesserino di cercatore di tartufi ed attenersi ad un rigido calendario di raccolta, variabile da zona a zona e da specie a specie,

una nocciola ad una patata e possiede glebra scura, tendente al violaceo e rossastro. É il tartufo più conosciuto ed é possibile coltivarlo nelle tartufaie. Il Tuber aestivum, così chiamato per la maturazione estiva, é molto meno pregiato del melanosporum ma molto gustoso in cucina; é anche detto volgarmente Scorzone, per la crosta dura e rugosa, e presenta un interno color nocciola. Nel comune di Pietralunga, in provincia di Perugia, ogni anno, l’ultimo week-end di luglio, si svolge una sagra a lui dedicata. Il Tuber brumale (dal latino brumalis = invernale) si trova spesso mischiato con il nero pregiato; matura da gennaio e le sue dimensioni possono variare da una nocciola ad un uovo. Ne esiste una varietá detta moschatum (in latino muschiato), dall’odore più intenso e sapore più piccante.

Il Tuber mesentericum deve il suo nome alla venatura circolare della sua glebra, simile appunto all’intestino; é anche noto con il nome comune di tartufo di Bagnoli, in quanto molto diffusi nel comune campano di Bagnoli Irpino e, in generale, in tutta l’Irpinia. Ha un sapore

Tripudio - tagliatelle con gamberoni e tartufo d’Alba.

Oro Nero - una collezione di preziosi e buoni tartufi neri.

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La venditaRaramente viene commercializzato intero e fresco, a causa del costo esorbitante, della difficoltà di trasporto e conservazione.

definito dall’art. 11 della legge regionale 16/2008 “Norme in materia di raccolta e coltivazione dei tartufi e di valorizzazione del patrimonio tartufigeno regionale”; la raccolta é per tutte le specie vietata dall’1 al 31 maggio e dall’1 al 20 settembre. Il tartufaio si avvale, solitamente, dell’odorato di un cane ben addestrato; Bracco (Tedesco ed Ungherese), Pointer, Cocker, Breton, Spinone, Jack russel e Grifone le razze più adatte. Vi é poi una razza canina riconosciuta come l’unica specializzata nella ricerca del tartufo, il Lagotto romagnolo,

sviluppatasi nelle valli paludose di Comacchio e nel ravennate; il Lagotto presenta, infatti, caratteristiche particolari come il suo pelo riccio e molto fitto, che non fa patire all’animale il gelo e la neve e lo protegge da rovi e arbusti, la scarsa propensione alla caccia, che non lo distoglie dalla sua ricerca principale, la tendenza al riporto, con una presa morbida che non rovina il tubero, le dimensioni contenute, che gli permettono di insinuarsi in zone strette e scoscese. Una volta che l’animale fiuta il tartufo, il tartufaio (anche detto trifolao) lo estrae delicatamente

Nascono dalla pituita che dagli arbori alle radici si raccoglie e da grandissimi tuoni si unisce, e si congela nei terreni sabbionici e dove nascono molti frutti, e sopra loro non si congela la neve.

Baldassarre Pisanelli Trattato de’ cibi, et del bere

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GastronomiaN.6 | 11 Novembre 2014

La colturaLa coltivazione del tartufo o tartuficoltura è allo stadio sperimentale in Italia ed in Francia. Per creare un terreno adatto alla produzione intensiva del tartufo, o tartufaia coltivata, occorre scegliere un terreno calcareo e povero di humus.

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con un apposito attrezzo e rimette a posto il terreno per far si che possano svilupparsi nuove spore; in zone rocciose (dove si trova il tartufo nero) per scavare il terreno si usa una zappetta, con terreno morbido (dove si trova il tartufo bianco) una vanghetta o vanghella, le cui misure e forme di lama e manico sono, in alcune regioni italiane, stabilite rigidamente, a tutela dei tuberi e delle relative piante simbionti. Il manico della vanghetta é spesso molto lungo in modo tale da essere usata come bastone, mentre la lama può essere piatta, rettangolare, a forma di freccia, bandiera o lancia. Il tartufo é composto dall’80% di acqua; fornisce proteine, fibre e sali minerali come potassio, calcio, sodio, magnesio, ferro, zinco e rame. Numerosissime sono le ricette che si possono preparare con questo preziosissimo tubero. Con il tartufo si possono aromatizzare

formaggi, burro e miele, quest’ultimo ottimo accompagnamento per formaggi stagionati ed erborinati; un aromatico olio per valorizzare bruschette, insalate e carni si può ottenere immergendovi, per una quindicina di giorni, tartufi neri, tagliati a metà o a lamelle. Una grattugiata di tartufo, bianco o nero, può arricchire di sapore e valorizzare piatti di pasta, fondute, uova al tegamino e portate di carne; prelibato il suo aroma nel ripieno di agnolotti e tortelli, da accompagnare con salse di funghi o burro fuso e parmigiano per non coprirne il sapore. Insolito ma ugualmente ottimo l’abbinamento con il pesce, come le trote servite con una salsa a base di tartufo nero, aceto, succo di limone e aglio o il carpaccio (di salmone, pescespada o tonno) servito con fettine sottilissime di tartufo bianco.

Uve da TartufoPer il suo abbinamento il principio a cui attenersi è quello di utilizzare vini morbidi e profumati, ma non prevaricanti e non aromatici. La scelta comunque dovrà tenere conto dei piatti in cui il tartufo è impiegato, per esempio: con le uova va bene un bianco ben strutturato come un Arneis o un rosso leggero come un Dolcetto; con la fonduta bene bianchi importanti o rossi da uve Nebbiolo; con gli agnolotti, rossi strutturati come Barbera o Ghemme; la faraona ripiena o la selvaggina richiedono un Barolo o un Gattinara.

Chef Maurilio Garola Un’interessante composizione: risotto con carciofi, animelle e tartufo bianco d’Alba nero.

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Ma cos’è l’RNA?

Molecola RNARibozima hairpin (singola)

Molecola RNARibozima hairpin (davanti)

Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome.

Genesi, 2:19.

La differenza tra viventi e non viventi è una delle prime nozioni che vengono apprese dagli studenti, di ogni ordine e grado, che seguono un corso di scienze naturali. Non senza qualche incertezza, come per quanto riguarda i virus, appare chiaro come i sistemi viventi siano molto

diversi da quelli non viventi: tale differenza, estremamente marcata, almeno a prima vista, ha fatto persino pensare all’essere umano che la materia vivente fosse qualitativamente diversa da quella non vivente. Possiamo allora immaginare lo shock che la comunità scientifica ebbe allorquando Friedrich Wöhler scoprì che l’urea, noto composto organico, poteva essere ottenuta in modo semplice riscaldando del cianato d’ammonio. Questo esperimento, molto semplice, dimostra chiaramente che la materia vivente e quella non vivente sono fatte dei medesimi costituenti, ossia

L’acido ribonucleico (RNA) è una molecola organica abbastanza complessa, costituita dalla ripetizione in serie di “mattoncini” che prendono il nome di ribonucleotidi. Questi sono a loro volta formati da una impalcatura costante, formata da uno zucchero a cinque atomi di carbonio (ribosio), uniti tra loro tramite ponti di fosfato. Esistono quattro tipologie di nucelotidi che differiscono tra loro per un sostituente, che prende il nome di base azotata. Le basi sono quattro: adenina, citosina, guanina ed uracile. L’acido desossiribonucleico (DNA) è molto simile all’RNA, ma differisce per tre aspetti fondamentali: presenta come zucchero il desossiribosio, che manca di un atomo di ossigeno in posizione 2’; non utilizza l’uracile, ma la timina e, infine, non esiste, generalmente, a filamento singolo.

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Redatto daClaudio Candia

Agli albori della vitaIl mondo a RNA

Un viaggio nell’affascinante mondo del acido ribonucleico, ossia quel RNA che ci consente di essere entità viventi.

ScienzeN.6 | 11 Novembre 2014

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gli atomi e i composti chimici.

L’ipotesi del RNA - A questo punto, poiché i costituenti sono gli stessi, ci verrebbe in mente una domanda: che differenza c’è tra il carbonio nelle mie cellule e quello presente nei diamanti? Tecnicamente, nessuna. Quello che varia, infatti, nei sistemi biologici, è che questi sono riusciti ad acquisire delle capacità fondamentali, ossia la replicazione, tramite la quale si trasmettono informazioni alla prole, la possibilità di rispondere a stimoli esterni, ed anche la genesi di variabilità

interindividuale. Come si spiega, allora, questo passaggio tra i vivente e il non vivente? Ebbene, una affascinante ipotesi, avanzata negli anni ’80 del XX secolo, suggerisce che il momento di raccordo tra la vita e la non vita sia stato raggiunto grazie ad una molecola, l’RNA, in grado di assemblare i costituenti delle prime cellule viventi.

Una molecola versatile La molecola di RNA, per la sua peculiare struttura, è in grado di assumere svariate conformazioni spaziali, a seconda dei legami che si instaurano tra gli

Molecola RNARibozima hairpin (dietro)

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Legame a idrogenoIl legame a idrogeno è un particolare tipo di interazione tra atomi parzialmente carichi, appartenenti a molecole diverse. Gli atomi di una molecola, infatti, hanno una elettronegatività differente, e per questo i loro elettroni si dispongono in maniera non equilibrata nella molecola, creando un dipolo con parziale separazione di carica. Il polo positivo di un dipolo, quindi, è libero di interagire con quello negativo di un altro dipolo, e così via.

Sintesi proteica. Il DNA è il materiale genetico che contiene informazioni capaci di produrre proteine, che a loro volta sono capaci di svolgere determinate funzioni. Quando arriva lo stimolo giusto per la produzione di una certa proteina, il DNA viene aperto e viene prodotto uno stampo di RNA, in grado di essere letto dai ribosomi, particelle composte da RNA (di un tipo particolare, detto ribosomiale) e proteine, che riescono, in questo modo, ad assemblare una catena lineare di amminoacidi. Questa, ripiegandosi e assumendo una apposita conformazione secondaria e terziaria, forma poi la proteina.

Sintesi proteica

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Il DNAè un acido nucleico che contiene le informazioni genetiche necessarie alla biosintesi di RNA e proteine.

atomi delle sue stesse basi azotate (soprattutto legami a idrogeno). Sono state descritte numerose tipologie di conformazione per gli RNA: in particolare, ne possiamo avere a doppio filamento (tipici di alcuni virus, oggigiorno) o, se a singolo filamento, possono ripiegarsi secondo vari schemi (a forcina, ad ansa, a loop e così via) assumendo delle specifiche proprietà. In biologia, infatti, esiste un dogma piuttosto ricorrente: forma e funzione sono indissolubilmente legati. In virtù della propria forma, cioè, le molecole organiche sono in grado di svolgere un compito, ossia di catalizzare una reazione chimica, ad esempio. Il ruolo di catalizzatore biologico attualmente viene svolto dalle proteine, ma non si esclude che gli RNA possano essere stati i primi polimeri in grado di svolgere compiti simili. La dimostrazione che tale funzione sia possibile è dimostrata dalla

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Molecola RNAuna riproduzione 3D.

presenza di catalizzatori ribonucleici nelle nostre cellule: lo splicing, ad esempio, o la funzione amminoaciltransferasica nel complesso ribosomiale dipendono, in ultima analisi, da RNA appositamente ripiegati.

Molecole autoreplicanti Come abbiamo visto, gli RNA sono capaci di catalisi. Ebbene, uno dei modelli proposti è che, nel corso dell’ “evoluzione” dei composti organici, siano state selezionate delle molecole di RNA in grado di catalizzare la reazione di polimerizzazione di altri RNA, e in particolare capaci di replicare se stessi. In questo modo, si sarebbero selezionate delle molecole in grado di svolgere il ruolo sia di materiale genetico che di catalisi. Immaginando, poi, che tali molecole siano state capaci di replicare altri RNA in grado di svolgere funzioni utili (ad esempio, sintesi di ribonucleotidi), arriviamo a capire come sia stato possibile generare le prime cellule,

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La vittoria evolutiva dell’RNA - Attualmente, l’RNA permane come materiale genetico esclusivamente in alcune famiglie di virus: per il resto, infatti, è stato completamente sostituito dal DNA, molecola per la verità molto simile, ma dotata di maggiore stabilità. Esso, infatti, si presta molto meglio a tutte le complesse reazioni che, ogni attimo, avvengono nelle nostre cellule e che ci permettono la sopravvivenza. L’RNA, invece, permane nelle nostre cellule e continua ad avere una serie piuttosto ampia di funzioni: i più famosi sono gli mRNA, che trasportano l’informazione genetica dal nucleo, dove si trova il DNA, al citoplasma, dove viene “letto” dai ribosomi, che sono così in grado di produrre proteine. In definitiva, questa molecola sembrerebbe dotata di un “glorioso passato”, e il suo presente, benché meno “egemonico”, riserva ancora sorprese: un esempio? I microRNA, che potrebbero essere decisivi per la cura dei tumori … ma questa è un’altra storia.

grazie ad una evoluzione di tipo cooperativo. Se poi immaginiamo che tali molecole siano state circondate da membrane fosfolipidiche, ossia costituite da molecole anfipatiche in grado di generare una vescicola, dotata di un compartimento interno, acquoso, allora possiamo capire come siano riusciti gli RNA a riprodursi e permettere le prime forme di vita.

Dall’RNA alle proteine Cosa ha scatenato il grande passaggio tra catalizzatori ribonucelici e proteine? Non esistono ancora delle prove che confermino le varie ipotesi formulate, per questo la risposta a questo interrogativo è speculazione pura. L’idea attuale parte dall’osservazione che, ancora oggi, esistono dei sistemi proteici (peptide-sintasi) in grado di produrre piccoli polipeptidi in maniera indipendente dai

ribosomi. Si pensa, allora, che le proteine siano nate “casualmente”, ossia originate dall’assemblaggio di peptidi mediato da catalizzatori RNA. La formazione, poi, di tRNA, in grado di far corrispondere un codone di RNA (tre basi di fila) e un amminoacido, così da permettere l’assemblaggio di catene amminoacidiche in maniera precisa.

In foto - la riproduzione digitale di alcune proteine.

In foto - la riproduzione digitale di alcune strutture proteiche.

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alloween è passato, ma certe passioni macabre della gente non conoscono vincoli di calendario.

Non si tratta certo di streghe o fantasmi, ma dell’interesse sempre vivo e sempre attuale per i fatti di cronaca nera, i cui sviluppi trovano ampia diffusione sui media, sia su quelli classici che sui social. L’ultimo caso in ordine di tempo, quello di Elena Ceste, sta seguendo lo stesso copione di altri, trovando spazio nei telegiornali e nelle trasmissioni di approfondimento, accanto alle notizie sull’Ebola e sull’avanzata dello Stato Islamico. Bisogna tener conto del fatto che i media danno alla gente quello che la gente vuole, e storicamente vicende tragiche che segnano la vita delle persone in modo irrimediabile vengono seguite con particolare interesse.

Uno degli esempi maggiori ci viene da uno dei casi di cronaca più seguiti degli ultimi anni: il cosiddetto delitto di Cogne. Nei mesi, ma anche negli anni successivi all’omicidio del piccolo Samuele si sono susseguiti notiziari, speciali, approfondimenti sulla vicenda; testimonianza di ciò sono state le innumerevoli puntate di “Porta a Porta” dedicate all’argomento, dove come ospiti si sono alternati periti, esperti, avvocati e la stessa imputata. Una quantità enorme di puntate, che, almeno all’inizio,

rispondevano al desiderio della gente di sapere il più possibile sulla vicenda. Ma perché? C’è un modo di dire che recita pressappoco così: “Non bastano i miei di guai, devo sentire anche quelli degli altri”; forse però ascoltare le brutte vicende altrui può distogliere un attimo il pensiero dalle proprie, anche se l’attaccamento morboso del popolo dei media può spiegarsi con la necessità che abbiamo di dire la nostra, di interessarci di ciò che in genere non ci riguarderebbe, di parteggiare per l’una o l’altra tesi.

In ognuno di questi casi, infatti, l’opinione pubblica sistematicamente si divide tra colpevolisti e innocentisti, tra chi segue la verità giudiziaria e tra chi, seguace delle teorie del complotto non ci vede mai chiaro e cerca di fabbricarsi una verità alternativa, cercando riscontri e provando a confutare tutte le versioni differenti dalla propria. E così, in questo Grande Fratello della tragedia, si tende ad ascoltare sempre con particolare attenzione notizie del genere, ci si improvvisa esperti di indagine e di diritto, si approva o contesta il lavoro di investigatori e giudici, negli ormai molteplici gruppi sui social dedicati a delitti del genere divenuti da subito mediatici, mentre altre notizie, come quella di una ragazza di Napoli che comunica solo con lo sguardo che si laurea in matematica a stento trova spazio nella cronaca locale.

Perchè le persone amano la tragedia sui media?

Halloween è terminato ma il gusto per il macabro non è finito! Ma perchè siamo così attratti dalle disgrazie?

ValerioVarchetta

H

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EditorialeN.6 | 11 Novembre 2014

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FEUILLETON

L’occhio della

TigreLa magica storia di una pricipessa indiana. Firmato da Marina Finaldi.

Racconti a Parigi

SugarfreeCon lo zucchero non si fanno solo i dolci. Firmatoda Josy Monaco.

Numero II

11 Novembre 2014

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L’occhio della tigreGuardai in alto e la vidi lì, affacciata, i penetranti occhi nocciola attratti dalla strada. Si ritrasse non appena mi scorse e pensai a lei...

Scritto da Marina Finaldi

La si vedeva solo alla festa del paese, una figura bruna celata dal tessuto damascato del suo pittoresco costume. Era giunta da noi qualche anno prima, dopo un lungo viaggio, accompagnando con gli occhi bassi il vecchio padre nel suo nuovo mondo. Abitavano poco lontano da casa mia, in una modesta camera per la quale pagavano regolarmente un affitto troppo caro a un uomo senza scrupoli. Passavo da quelle parti abbastanza spesso per andare a prendere il

treno che portava in città. Un giorno, come d’altronde non è affatto raro da queste parti, il treno fece ritardo e io mi ritrovai a girovagare senza meta, con la testa fra le nuvole. D’un tratto, un profumo agrodolce rapì la mia attenzione: proveniva da una finestra aperta le cui tende, palesemente ricavate da un abito dismesso, frusciavano al vento. Guardai in alto e la vidi lì, affacciata, i penetranti occhi nocciola attratti dalla strada. Si ritrasse non appena mi

scorse; pensai a lei tutto il tempo. Chi era veramente la donna che aveva usurpato così la mia curiosità e la mia fantasia? Mentre il treno mi trascinava lontano, inventai mille scenari di cui lei era protagonista. Mi convinsi che doveva trattarsi di una principessa indiana, scappata dalla sua patria per sfuggire a qualche rivolta militare culminata con la persecuzione e lo sterminio della sua famiglia. Non sapevo spiegarmi altrimenti la maestosità

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Il trenoAspettando il treno in ritardo nascono le idee su quanto visto.

L’odore di spezieSolo vedendola si poteva sentire il profumo delle spezie.

La Vergine MariaTutto il paese è in festa perché c’è in piazza la solenne processione.

lenzuola candide pendevano dai balconi, probabilmente l’unico utilizzo che le donne facevano del proprio corredo nunziale; i ragazzi avevano già le tasche piene delle mandorle caramellate vendute dalle numerosissime bancarelle che occupavano tutto il corso principale. La piazza centrale venne allestita per il concerto, le strade chiuse al traffico e il sagrato della chiesa venne sgombrato per lasciare spazio alla processione e ai fuochi d’artificio. Era la prima volta che partecipavo alle celebrazioni da quando il tempo e la malattia mi avevano privata dei miei affetti più cari. La festa

patronale suscitava in me una forte emozione: felicità mista a nostalgia, ricordi d’infanzia, il volto sorridente e giovane di mia madre, le spalle ampie di mio padre, pronte ad accogliermi per permettermi una miglior visuale d’insieme dei fuochi artificiali. Ad esse si era unita anche una dolorosa speranza di rivedere la mia eroina, di convincermi che fosse viva, fatta di carne e di ossa e di spirito, e non il frutto della mia laboriosa immaginazione. Irrequieta, mi diressi in piazza al tramonto, sedetti su una panchina e aspettai. L’aria era immobile. Le vecchie comari affacciate ai balconi si battevano i ventagli

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del suo sguardo. Ricamai la storia della sua infanzia, vissi i primi amori della sua adolescenza, la dotai d’un carattere gentile ma ferreo, sottomesso solamente a suo padre che, per analogia, doveva essere un principe di grande levatura. Più m’immergevo nella mia storia, più mi allontanavo dalla sua immagine tangibile, mutandone i contorni, rendendola quasi frutto di un sogno.Invano tornai sotto quella finestra: da allora rimase sempre sbarrata. Fervevano, intanto, i preparativi per la festa e, in breve tempo, tutto il paese si trasformò grazie al tocco sapiente degli esperti d’illuminazione. Grossi pali reggevano una pesante intelaiatura di luci colorate raffiguranti stelle e ghirigori astratti;

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AttualitàN.3 | 21 Ottobre 2014

In foto - Gli occhi da tigre della bellissima principessa proveniente dall’India.

In foto - Gli occhi stupendi di una tigre malesiana.

gualciti sul petto grinzoso. Gli uomini fumavano il sigaro fuori dal bar all’angolo. Una risata argentina spezzò il silenzio: era una bambina in braccio al suo papà. Sentii il morso delle lacrime ferirmi gli occhi e seppi che non potevo farcela. Decisi di allontanarmi. L’avanzare marziale della processione me lo impedì: venni spinta all’indietro, caddi. Una presa gentile mi salvò dal contatto con la nuda pietra; alzai lo sguardo riconoscente: era stata la mia principessa. I denti bianchi come perle rilucevano dietro un velo sottile, i suoi capelli d’ebano,

dei quali intuivo la forma sotto il cappuccio ricamato, emanavano un profumo speziato evocatore di terre lontane. Niente era tuttavia paragonabile ai suoi occhi: il castano della sua iride, simile a velluto, era punteggiato d’ambra preziosa. Nel riverbero delle luci serali, credetti di guardare una tigre piuttosto che una donna. Un lungo brivido d’eccitazione percorse la mia schiena. Non mi ero affatto sbagliata: ero al cospetto di una regina.“Va tutto bene?” mi chiese; le sorrisi e annuii: sapevo che da quel momento niente sarebbe più andato male.

Le donne dell’India non ti guardano. Non occhieggiano, non civettano, non smorfiano. Grande saggezza, ma non è quella che cerco.

Piero Scanzianiscrittore svizzero

Feuilleton!N.6 | 11 Novembre 2014

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La vita negli Slums

Scatti dal Mondo

Al centro la vitaQuando vivere è cercare una dignità al margine della legale condizione umana.

GalleriaN.6 | 11 Novembre 2014

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Lo slum: un luogo in cui si nasce, si sopravvive e si muore e nulla più? La forza umana spinge a cercare un senso alla vita oppure si lascia andare allo squallore del degrado? Un viaggio fotografico tra le baraccopoli e i suoi abitanti

Le foto della galleria sono di Jonas Bendiksen

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Mani incrociate, mani libere, mani congiunte. Ogni sguardo è una storia. Ogni stanza è una vita.

L’occhio non contiene all’istante il tutto o il niente. Mentre lei, intanto, vi passeggia scalza.

Carcasse arrugginite, immondizie: lo sporco del mondo.

Un bambino, una bambina, una madre e un neonato: la purezza

dell’esistenza.

Piccolo grande mondo

Mondi in sé

Il bianco e il nero

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Una mano e una lampadina. Uno sguardo di bambina e lo slum si arricchisce di vita.

Si lavora, si dorme e si vive nello stesso angusto spazio con una valigia chiusa per fuggir via.

Tetti che coprono e nascondono. Dividono

e sperano. Quando la povertà sovrasta i

grattacieli.

dormiente e valigia

Rosso calore

Gli slums in uno

scorcio

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Sullo sfondo i bagliori della città, in primo piano ombre ai margini della vita.

I reietti, i dimenticati della Terra sommersi in ogni angolo della loro terra.

In posa per un istante. Gli invisibili immortalati nel

luogo che li inghiotte. La luce resta fuori aspettando, forse,

che escano.

Come carta straccia

Contrasti di esistenza

Una fede come sostegno

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Tra fango e sterco, cartoni, panni lerci, sotto un ponte si dorme per risvegliarsi in un incubo.

È in velocità che si colgono particolari: persone sradicate e catapultate in discariche delle metropoli.

Metti dei ragazzi, un posto dove sedersi, un videogiochi e il

risultato non cambia. Mai.

Scatto su rotaie

Si riesce a sognare?

ogni mondo è paese

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Cunicoli dove dormire, luci per riscaldare il corpo. Per le anime, una luce non basta.

Marrone stagnante, grigio cielo, rosso mattone, arcobaleno d’infanzia, azzurro mare che mare non è.

Tra le lamiere e le macerie i pensieri dei

lavoratori e gli scherzi di un bambino.

Giochi di colore

Ombre soffuse sugli stanchi

la gioiagli attimi

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Racconti a ParigiSugarfree

Scritto da Josy Monaco

PARTE I - Il comportamento di Greg, il mio vicino, per me è un mistero. La cosa che più mi urta di lui è che puntualmente, ogni mattino, alle 6 esce di casa con pantofole e vestaglia e va dall’indiano a comprare zucchero di canna a 2,50. Torna su e dal rumore che sento lancia le ciabatte con i piedi e si rimette a dormire. Alle 12 in punto Greg esce di casa vestito per bene e va al supermercato all’angolo del nostro viale alberato e compra altro zucchero di canna al costo di 0,50 cent. Mi domando e

dico: “Non può acquistarne più pacchi direttamente al supermercato?” Certo, vi domanderete come faccio a conoscere tutti i movimenti del mio vicino di casa Greg. Beh, il caro Greg abita di fianco a me e abbiamo delle pareti così sottili che anche l’aria verrebbe sgamata se volesse fuggire via dalla finestra. L’indiano ce lo abbiamo di fronte casa e se mi affaccio alla finestra riesco persino a vedere quanto batte sulla cassa. Insomma, parliamoci chiaro, quell’indiano è troppo caro per i miei gusti. Non capisco perché una persona così tirchia come Greg

acquisti zucchero di canna da mezzo chilo dall’indiano e sei ore dopo ne acquisti altro al supermercato. Abito da poco qui nei pressi del canale, conto di rimanerci a lungo. Credetemi, non è che non ho altro da fare ma alle 6 del mattino mi alzo per preparare la colazione al mio amato bene e per mettermi alla ricerca di un lavoro sperando di ricevere convocazione a colloquio il giorno stesso. Che furbata è? Si’ si’. Intanto, mi siedo alla scrivania di legno scuro posizionata sulla parete di fianco la finestra e provo a scrivere il mio racconto. Il mio sogno è poter mangiare

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Brown Sugar Granello su granello, color oro. Stucchevole e dolce come il miele. Addolcisce ciò che è amaro. Ingannevole inganno.

I ripidi scaliniPerfetta metafora della vita e del continuo salire e scendere. Fermarsi e indietreggiare per poi dover scegliere se continuare a salire o tornare a scendere.

altro zucchero. Samantha sconvolta, indispettita cerca di fermarlo ma riesce solo a ridere.- Signor Greg? Mi perdoni ma come mai apre i miei mobili?- Perché devo essere certo che lei non rimanga senza zucchero. Ora tolgo il disturbo grazie ancora per lo zucchero. Venga pure ad assaggiare la mia torta. Greg va via camminando arzillamente con le sue buffe scarpe di velluto verde e il suo berretto arancione.- Samantha con il suo polso esile ma forte, i suoi lunghi capelli ramati e l’agilità che la contraddistingue chiude i mobili e si rimette alla scrivania a scrivere.Non credo ai miei occhi. Il signor Greg in persona è venuto a bussare alla mia porta in cerca di zucchero. Ma cosa ci fa con tanto zucchero? Lo sniffa forse?

Qualcosa non mi quadra. Quell’uomo nasconde qualcosa. Però è così buffo, mi fa’ troppo sorridere con quelle sue guanciotte rosse e quella pancetta gonfia che ha. Chissà se la torta me la farà realmente assaggiare. Inoltre, perché prepara lui una torta per sua moglie e non viceversa? Molto, molto strano. Forse è un pasticciere?Suona il pendolo elettronico. Sono le 9,00.il cellulare di Samantha squilla. e’ un numero nuovo.-Salve buongiorno. Samata Rubieno?- Buongiorno a lei. Si sono io chi mi cerca.- Signorina Samanta la contattiamo dalla Black Pink Pepper in merito ad un suo curriculum che abbiamo ricevuto poco fa. Saremmo lieti di invitarla per un colloquio conoscitivo.

scrivendo romanzi ma non è mica così facile, sono dieci anni che cerco di finire un racconto ma non mi riesce mai. Due palle. I soldi che non bastano, i pensieri, gli eventi, le persone che ti condizionano anche se non lo vuoi. Blocchi autoriali quando cominci a capire come funziona il mondo e che hai sbagliato tutto fino a quel momento. Però, non vivo più nella mia città e devo riuscire a piazzare la mia bella bandierina. Greg intanto è la mia distrazione.Suona il campanello.Samantha guarda dall’occhiolino di vetro. È Greg. con stupore Samantha apre la porta.- Salve signor Greg. Posso aiutarla?.- Si’. Avrebbe un po’ di zucchero? Sto preparando una torta per la mia mogliettina ma mi sono accorto che mi manca proprio lo zucchero. Non vorrà mica che prepari una torta amara?- Certo che ho dello zucchero signor Greg. Ecco a lei.- Grazie. Lei è molto gentile. La vita è così amara già di suo e non possiamo cucinare anche dolci amari. Mi auguro che lei non abbia mai nutrito il suo corpo con cibi senza zucchero. Lentamente il signor Greg comincia a diventare quasi imponente nei modi e a puntare il dito al punto tale che, con la sue scarpe di velluto verde e i calzini bianchi in bella vista, entra in casa di Samantha. Le apre i mobili, i cassetti in cerca di

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Le andrebbe bene oggi pomeriggio alle 15,00?- Certamente.- Bene. Ci porti una copia del suo cv e una fototessera grazie.- Va bene. ci vediamo oggi.- Arrivederci.A quanto pare la mia furbizia intellettiva va aumentando. I miei calcoli sono giusti. Candidature inviate alle 6,00 del

presenza di Samantha che scappa via, scendendo a tutto gas le scale fino ad uscire fuori dal portone. Bene. Senza volerlo si è anticipata di molto. Ne approfitta per fare una passeggiata. In verità riflette su quanto ha visto. Perché tutto quello zucchero? Cosa ci faceva il signor Greg al microscopio? Allora non si era sbagliata? Avrà forse pensato male, peccato ma azzeccato? Il suo vicino di casa stava producendo una nuova droga. Eppure la deduzione non la convinceva del tutto. Intanto, era giunta nella piazza nei pressi di casa sua piena di

mattino e convocazione ai colloqui tre ore dopo. ed ora? cosa mi metto per il colloquio? Ho tutta la mattina davanti per poter decidere. Mmm Lezione numero 1. Sciolgo la treccia e vengono fuori i miei lunghi capelli ondulati. Indosso un paio di leggins. Metto gli stivali e sopra una maglia a righe. Un filo di rossetto. Il mio cappotto giallo.

edicole, fast food e qualche clochard. Metropolitana. Inizia il viaggio nel vagone del destino di Samantha. Aziona il suo iPod. Ogni volta che va a fare un nuovo colloquio di lavoro, si porta una playlist di canzoni per scegliere la colonna sonora della giornata. Essendo in largo anticipo rispetto al colloquio, scende due fermate prima. Il mercato dei fiori, le biciclette, tante mani che si accompagnano. Mille odori. I suoi capelli lunghi, mossi, appena raccolti. I suoi leggins rossi, stivaletti, cintura e borsa marroni. La sua maglietta

a righe che profumava di patchouli. La vespa ferma lì. Lui non c’era. Nel suo iPod Mina cantava – Insieme. Il percorso da fare era lungo. Attraversare la piazzetta con i Bistrot, poi arrivare al ponticello. Il signor Ponticello. Così lo chiamava Samantha. Ogni volta che i suoi piedi solcavano il suolo del ponticello aveva fissa solo un’immagine nella mente: attraversarlo correndo a braccia aperte. Mina nel frattempo continuava a cantare nel suo iPod e Samantha finiva

con l’affacciarsi e guardare il canale ricco di battelli che portavano turisti in giro. Correva solo con la sua immaginazione e con questa creava tanti altri mondi. Due innamorati abbracciati, felici sul battello. Guardano la Senna. É il loro primo viaggio insieme. A Parigi la capitale dell’amore. Avranno studiato insieme ogni minimo dettaglio. Mesi e mesi a cercare l’offerta migliore per il volo. Sabati sera a chiedersi quale fosse la casa ideale con il letto ideale dove farsi le coccole. In foto- La Vespa era

ferma senza di lui.

In foto - un iPod Apple pieno di playlist musicali al suo interno.

Sono pronta. Intanto il mio amato bene dorme ancora. Gli scrivo un biglietto.Samantha scende la stretta e fitta rampa di scale del suo piccolo appartamento non vecchio e non fetido. Semplicemente in fase di ristrutturazione. Arriva al terzo piano e la porta di Greg è semi socchiusa. Zucchero. Zucchero ovunque. Ficca il suo nasino e scopre che Greg è al tavolo con microscopio, pentole, ampolle e una lavagna dove segna delle formule. Il gatto si accorge della presenza di Samantha….Il gatto si accorge della

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Avranno anche litigato e poi fatto pace con un bacino ciccino. Ecco questi erano pensieri che spesso affollavano la mente di Samantha. Era a Parigi per fare grandi cose ma in realtà trascorreva gran parte del suo tempo ad osservare le persone. Immaginava storie. Ad un certo punto, l’iPod va avanti e giunge Penny Lane dei Beatles. É in quel momento che realizza di essere in ritardo. Deve correre per davvero stavolta. Sul ponte, sul marciapiede, sulle strisce pedonali. Ovunque. Lo fa. Mette la marcia come se al posto dei piedi avesse dei motori e scatta. Aspetta che il semaforo diventi verde e intanto i Beatles canticchiano nelle sue orecchie mentre attraversa la strada. Banalmente fantastica che dietro di lei ci siano altre tre persone che canticchiano per formare un tenero quartetto. Non è Abbey Road, Non è Londra. È Parigi. Ci è finita per davvero. Unico obiettivo: conquistare il mondo. Accende lo smartphone, imposta la mappa e cerca l’indirizzo preciso per il suo colloquio di lavoro.Trovato! Rue de Vinigraire, 208. Nei pressi del Canal St.Martin. Palazzetto carino, grazioso. Accanto c’è un negozio che vende strumenti musicali africani. Wow! Spegne l’I-pod. Un acuto di John Lennon viene stroncato. Finirà di cantare dopo. Citofona. Si presenta. Entra nell’edificio. Trascorre del tempo. Circa un’oretta. Qualche piccola carta svolazza. Passano tante persone di etnie diverse. É così quieta l’atmosfera in quella strada che si odono i tacchi delle scarpe dei viandanti. Si sentono le voci dei bimbi che vanno all’asilo. Immancabile il rumore delle ruote dei trolley di nuovi stranieri giunti a visitare la città dell’amore. Il

tempo si ferma. Samantha esce dal palazzo. Ha terminato il colloquio. Riaziona il suo iPpod: Ob-la-dì Ob-la-dà dei Beatles. Il colloquio deve essere andato bene. La ragazza sorride. La sua sciarpetta bordeaux svolazza con il vento e saltella. Secondo obiettivo: scoprire cosa stava architettando Greg. Piano di battaglia: 1) Fingersi interessata a voler a tutti i costi assaggiare la torta che doveva preparare. 2) Munirsi di lente da investigatore privato 3) Intrufolarsi nell’appartamento di Greg 4) Fregare il gatto. 5) Tornare innanzitutto a casa. Accelera la marcia, si dirige verso la metropolitana. Non prende l’iPod. Pensa e basta. Nemmeno si siede, la fretta è tanta. La sua fermata sembra non arrivare mai. Sfiora occhi, volti diversi tra loro. Cinesi, Sloveni, Italiani come lei. Nei suoi pensieri una sola parola, un solo elemento: zucchero. Era così ansiosa di scoprire la verità che se ne avesse avuto la possibilità avrebbe tirato con una corda il treno per muoverlo nella direzione sperata. Finalmente arriva la sua fermata. Scende. Senza guardare la borsa, infila le mani in cerca delle chiavi. Non le trova. Così è costretta ad abbassare la testa per cercarle. Questo gesto le sta facendo perdere tempo prezioso. Ecco le chiavi. Si avvicina al portoncino. Lo apre ed entra. Sale le scale con disinvoltura. Un piano, ancora un altro ed ecco la casa di Greg. Serratura. Come la apre? Il solito trucco della forcina visto nei film? No. La finestra. Sale su, entra in casa sua. Si affaccia. La finestra di Greg e semi aperta. La fanciulla si ingegna. Prende una gruccia. Estrae un laccio dal suo stivaletto. Si affaccia, con maestria da agente segreto infila il gancio della gruccia

Bella e maestosala Torre Eiffel.

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la lavagnetta con le formule e zucchero tanto zucchero. Sul tavolo fogli con formule, ipotesi. Greg stava per fare la scoperta del secolo? Non era droga allora? Il gattino si avvicina e salta sul tavolo. Con la zampetta le indica una busta. Sembra indirizzata a lei. La apre. Ne legge il contenuto e resta sconcertata. La sua vita da quel momento sarebbe cambiata per sempre...conTInuA.

nella maniglia della finestra bianca a scorrimento di Greg. La alza. Arriva il momento più difficile. Calarsi dalla finestra e riuscire ad entrare in quella del suo vicino. Ci prova. Perde uno stivaletto. Quello senza lacci ovviamente. Si spaventa un po’. Si fa’ coraggio. Infila prima un piede poi l’altro. Si poggia con le mani sulle ringhiere. Una spinta del baricentro. É dentro. É in casa di Greg. Si guarda intorno. Foto di famiglia, foto di una generazione. Lui e la moglie teneramente innamorati da giovani seduti sotto un albero. Bambini, tanti bambini. Sorrisi. Tante altre foto del gattino che non si chiama Fuffy. Ha qualche difficoltà a muoversi con uno stivaletto solo così se lo toglie. Come una pantera si muove sinuosa e flessibile per l’appartamento. Finisce con un piede sulla poltrona di vimini. Non può urlare. Ma le fa male. Arriva al corridoio. Molto ordinato. Quadri, dischi, trofei. Qualche pipa

antica. Entra in cucina. Nemmeno li c’è traccia di quanto aveva visto la mattina. Continua a cercare. Il gatto la vede. Miagola e si avvicina. Le fa le fusa. Scappa via e Samantha lo segue. Torna indietro. Sale sulla poltrona. La giovane non comprende. Così si siede. Come per magia la poltrona si gira e con essa tutta la stanza che si trasforma nel laboratorio che stava cercando. Microscopi, ampolle, pentole, siringhe,

Coccole - il tenero gattino che non si chiamava Fuffy.

Osservare - Una finestra in tradizionale stile parigino.

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