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SdS/Scuola dello Sport Anno XXXV n.109 • 2016 23 Laura Bortoli Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara Claudio Robazza Università “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara L APPRENDIMENTO delle ABILITÀ MOTORIE Uno dei compiti fondamentali di un allenatore, soprattutto con gli atleti più giovani, è insegnare i gesti tecnici del proprio sport. Tutte le tecniche sportive rappresentano delle abilità motorie (skill), cioè dei gesti complessi che vengono appresi e automatizzati attraverso l’esperienza. Le abilità consentono di raggiungere un certo scopo in tempi ottimali, con massima possibilità di riuscita e minimo dispendio di energia mentale e fisica. Per gli allenatori è importante comprendere come gli atleti apprendano e come vi siano differenze individuali nella predisposizione all’apprendimento e nei tempi di acquisizione. Per facilitare l’acquisizione di abilità tecniche, è necessario che l’allenatore conosca i processi sottostanti l’apprendimento motorio, le fasi dell’apprendimento e le indicazioni didattico-metodologiche che derivano da tali conoscenze. METODOLOGIA DELLINSEGNAMENTO Due approcci tra confronto e integrazione

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Laura BortoliUniversità “G. d’Annunzio”, Chieti-PescaraClaudio RobazzaUniversità “G. d’Annunzio”, Chieti-Pescara

L’APPRENDIMENTOdelle ABILITÀ MOTORIE

Uno dei compiti fondamentali di un allenatore, soprattutto con gli atletipiù giovani, è insegnare i gesti tecnici del proprio sport. Tutte le tecniche sportive rappresentano delle abilità motorie (skill), cioè dei gesti complessi chevengono appresi e automatizzati attraversol’esperienza. Le abilità consentono di raggiungere un certo scopo in tempi ottimali, con massima possibilità di riuscita e minimo dispendio di energia mentale e fisica. Per gli allenatori è importantecomprendere come gli atleti apprendano e come vi siano differenze individuali nella predisposizione all’apprendimento e nei tempi di acquisizione. Per facilitarel’acquisizione di abilità tecniche, è necessario che l’allenatore conosca i processi sottostanti l’apprendimentomotorio, le fasi dell’apprendimento e le indicazioni didattico-metodologicheche derivano da tali conoscenze.

METODOLOGIA DELL’INSEGNAMENTO

Due approcci tra confronto e integrazione

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I presupposti cognitivi dell’apprendimento

L’apprendimento motorio viene definitocome un insieme di processi associati conl’esercizio o l’esperienza che determinanoun cambiamento relativamente permanen-te nella prestazione o nelle potenzialità dicomportamento (Schmidt, Lee 2014).Poiché avviene all’interno della persona,allo stato attuale delle conoscenze non puòessere osservato direttamente (anche se laricerca in tale direzione sta evidenziandorisultati importanti), ma viene inferito inbase a cambiamenti nel comportamentomanifesto, ovvero nella prestazione osser-vabile. Le abilità ed i movimenti si fannoprecisi, sicuri e fluidi; il soggetto divienegradualmente capace di conseguire obietti-vi prestabiliti in maniera stabile, rapida eproduttiva, con il minimo costo energeticoo attentivo. La distinzione fra prestazione(comportamento osservabile in un datomomento, ancora temporaneo e influenza-bile da fattori come fatica o motivazione) eapprendimento (cambiamento stabile neiprocessi sottostanti l’abilità) è molto impor-tante, poiché questi due termini non sonosempre coincidenti; ad esempio, alcunemodalità di organizzazione della pratica(nelle esercitazioni tecniche) possonodeterminare buone prestazioni a breve ter-mine, ma che in realtà non si concretizzanoin acquisizioni durature. L’apprendimento si misura usualmenteattraverso test di ritenzione, ovvero proveeseguite a distanza di tempo, o test di tran-sfer, prove realizzate su abilità simili. Per unatleta, la prova migliore di apprendimentotecnico è rappresentata dalla capacità diapplicare efficacemente la tecnica anchenelle situazioni stressanti di gara.Le caratteristiche della prestazione cheindicano apprendimento sono:

• miglioramento. Dopo un certo tempo l’a-bilità è eseguita in modo più correttorispetto ad una fase iniziale, ossia si avvi-cina maggiormente al gesto richiesto;

• costanza. Man mano che procedono leesercitazioni, l’esecuzione si fa piùcostante, con prestazioni simili. Un termi-ne collegato a tale concetto è stabilità.Quando un nuovo comportamento èacquisito non viene facilmente modificatoda piccole variazioni di caratteristichepersonali (ad es., fatica) o condizioniambientali;

• persistenza. La migliorata capacità diprestazione si mantiene per periodi ditempo sempre più lunghi e diviene relati-vamente permanente;

• adattabilità. L’abilità viene svolta consuccesso sempre maggiore anche quan-do si modifica la situazione.

A differenza della prestazione momenta-nea, dunque, i cambiamenti che l’appren-dimento determina sono alquanto stabilied irreversibili.Nella ricerca su controllo e apprendimentomotorio viene oggi data molta importanzaai processi cognitivi, a partire dai processidi percezione e trattamento delle informa-zioni necessarie per l’azione. Un esempioriportato da Vickers (2011), a tale proposi-to, riguarda la rapidità di reazione: se sichiede ad una persona di premere un tastopiù velocemente possibile all’accensione diuna luce, il tempo medio di reazione è dicirca 180-200 millisecondi (ms); con lapratica, però, questo tempo si può ridurreanche a 120 ms. È dimostrato come que-sto miglioramento non sia dovuto ad unmovimento più veloce del dito, ma ad unamaggiore efficienza di trattamento del-l’informazione nel sistema nervoso primache sia attivato il comando di muovere ildito; quello che diminuisce è il tempo

necessario per elaborare l’informazioneprima del movimento, mentre il tempo diesecuzione del movimento rimane costan-te. Risultati simili si sono ottenuti ancheper azioni più complesse come i gestisportivi. Lo sviluppo di tecnologie semprepiù avanzate, soprattutto nell’ambito delleneuroscienze, ha reso possibile studiare inmodo molto più approfondito e dettaglia-to i diversi fenomeni che permettono adun atleta di leggere e comprendere unasituazione.Attualmente sono due gli approcci teoriciprincipali che vengono utilizzati per spiega-re il controllo e l’apprendimento motorio, esi differenziano per il modo diverso con cuiconsiderano la percezione e affrontano larelazione tra percezione e azione (cfr.Edwards, 2011). Il primo, quello finora più conosciuto e dif-fuso, è un approccio cognitivista che preve-de meccanismi centralizzati di elaborazionedelle informazioni; postula l’esistenza diprogrammi motori che guidano l’azione,con grande importanza assegnata allamemoria nell’attribuzione di significato adalcuni stimoli. Il secondo è un approcciodinamico, che considera invece la percezio-ne come un meccanismo diretto attraversoil quale l’individuo, senza dover ricorrerealla memoria, cerca o identifica immediata-mente nell’ambiente le informazioni giàpresenti e funzionali all’azione; viene anchedefinito approccio ecologico, in quantoconsidera la complessa interazione fra indi-viduo, compito e ambiente. Questi duediversi approcci verranno in seguitodescritti in modo dettagliato, evidenziando-ne anche le rispettive ricadute applicative;alcuni aspetti verranno comunque sinteti-camente presentati con riferimento allapercezione e ai processi cognitivi. Alla base della percezione vi sono le infor-mazioni derivanti dagli organi sensoriali.

PROSSIMA USCITA

L’articolo sull’apprendimento delle abilità motorie di Claudio Robazza e Laura Bortolirappresenta un capitolo del libro sulla Metodologia dell’Insegnamento che la Scuola dello Sport sta realizzando.Il libro fa parte di un nuovo progetto editoriale costituito da due volumi che si occupanodelle due aree di conoscenza ritenute indispensabili per la formazione dei tecnici sportivi:la Metodologia dell’Allenamento e la Metodologia dell’Insegnamento.Nel primo volume convergono sia i contenuti tradizionalmente riferiti all’allenamento (i fattori della prestazione, la loro definizione, l’organizzazione e la distribuzione del carico fisico), che quelli relativi alle scienze biomediche, quali l’anatomia, la fisiologiae la biomeccanica. Nel secondo volume sono presentati i contenuti riguardanti le competenze didattiche del tecnico con le relative implicazioni psicologiche, pedagogiche e sociologiche. L’opera è frutto della collaborazione di diversi autori individuati tra i più esperti e competenti del settore ed è destinata ai tecnici di tutte le discipline sportive con una particolare attenzione per chi opera nei settori giovanili. Il volume sulla Metodologia dell’Allenamento è stato curato da Antonio La Torre mentre Claudio Mantovani si è occupato del volume riguardante la Metodologia dell’Insegnamento. I contenuti didattici sono presentati conciliando il dovuto rigore scientifico delle ultime e più avanzate conoscenze con la loro applicabilità pratica, fornendo un valido sussidio ai tecnici per affrontare le diverse problematiche considerando le specificità delle diverse discipline sportive e le peculiarità dei diversi contesti operativi.

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Nell’ambito della psicofisiologia si distin-gue, a volte, tra sensazione e percezione:la sensazione fa riferimento al trattamen-to in tempi brevissimi (meno di 100 ms) diinformazioni provenienti da organi senso-riali in grado di suscitare una risposta; lapercezione viene in genere definita come ilprocesso di elaborazione che opera la sin-tesi dei dati sensoriali in forme dotate disignificato.Informazioni esterocettive (provenienti,quindi, dall’esterno dell’organismo) impor-tanti per il movimento sono raccolte permezzo della vista, dell’udito e del tatto;informazioni propriocettive o cinestesiche(interne all’organismo) sono raccolte attra-verso l’apparato vestibolare e recettorisituati nei muscoli, nei tendini e nelle arti-colazioni.La vista (attraverso recettori di distanza otelerecettori) convoglia più dell’80% delleinformazioni esterne. Ad essa viene attri-buito un ruolo molto importante, sia per lacomprensione della situazione esterna, siaper il controllo e la coordinazione deimovimenti, poiché fornisce all’atleta infor-mazioni relative alle relazioni spazio-tem-porali fra sé e ambiente (velocità e direzio-ne dei movimenti propri, di altre persone edegli attrezzi), alle modifiche situazionali,alla propria azione. La sua importanza èevidente negli sport di situazione, in cuil’atleta deve costantemente controllare, inmodo più o meno consapevole, gli sposta-menti e le azioni dell’avversario; tali infor-mazioni costituiscono la base di previsionianticipatorie per avviare azioni e sceltetattiche appropriate. La vista svolge unruolo significativo anche in discipline cherichiedono l’esecuzione di abilità chiuse,come avviene nel controllo di un punto dimira in un lancio o in una battuta. Inoltre,è molto importante per il mantenimentoe/o il ripristino dell’equilibrio: “l’agganciovisivo” è un meccanismo di stabilizzazionenecessario, ad esempio, durante le rapiderotazioni del corpo di una ballerina o diuna ginnasta. Nell’approccio dinamico, inparticolare, viene attribuita molta rilevan-za alle informazioni visive.Dall’udito derivano informazioni relative airumori provocati dal movimento e che adesso si accompagnano: il rimbalzo dellapallina da tennis, l’entrata del remo inacqua, lo sfregamento degli sci sulla neve,il contatto con la palla, ecc. Un atletaesperto, in certi sport, è in grado di discri-minare la correttezza del gesto tecnico dalrumore che deriva dall’azione. Ma oltreche per recepire i rumori, l’udito è neces-sario all’individuo per ricevere i messaggiverbali e mettersi così in comunicazionecon altre persone (i compagni, l’allenatore,ecc.). Inoltre, in alcune attività di tipo tec-nico-compositorio (come ad es. la danza)

la struttura ritmica del movimento è stret-tamente connessa con l’accompagnamen-to musicale che ne condiziona aspetti tec-nici ed estetici.La percezione tattile si basa su informazio-ni dai recettori situati sulla superficie dellacute e specializzati per rilevare il senso tat-tile, la pressione e la temperatura. Giocaun ruolo rilevante nel controllo del movi-mento fine e nella gradazione degli impulsidi forza necessari, ad esempio, per il con-trollo della palla, per lanci e riprese diattrezzi, per la sincronia di movimento nelpattinaggio in coppia, per il controllo del-l’avversario nel judo.Fondamentali per il movimento sono leinformazioni che derivano dalla proprioce-zione, con stimolazioni provenienti dallamuscolatura, dai tendini e dalle articolazionidel corpo attraverso l’intervento di recettorispecifici, quali i fusi neuromuscolari e gliorgani tendinei del Golgi; si ricavano infor-mazioni sulle tensioni muscolari e sulle lorovariazioni anche minime, sugli angoli artico-lari e, quindi, sul rapporto spaziale dei seg-menti corporei fra loro. Attraverso le infor-mazioni propriocettive è possibile la modu-lazione di contrazioni e decontrazioni checaratterizzano il movimento fluido. L’importanza della propriocezione è evidentese si pensa al fatto che qualsiasi atto moto-rio di per sé è fonte di una grande quantitàdi informazioni somatiche. Nel processo diapprendimento la propriocezione assume unruolo via via maggiore, consentendo uncontrollo automatizzato del movimentosempre più preciso, rapido ed efficace.Questo vale tanto nelle abilità chiuse, comeaccade nella tenuta di una verticale, quantonelle abilità aperte, come avviene nel con-trollo del contatto con l’avversario nella pal-lamano o nella pallacanestro.L’apparato vestibolare, situato nell’orecchiointerno, fornisce segnali collegati ai movi-menti nello spazio, dato che le sue strutturesono sensibili alle accelerazioni e decelera-zioni del capo, ai movimenti angolari eall’orientamento della testa in rapporto allaforza di gravità. La sua interazione con irecettori della muscolatura del collo, in par-ticolare, ha un ruolo nella valutazione dellaposizione del capo in rapporto agli altri set-tori corporei e all’ambiente. Esso offre unimportante contributo ai fini dell’equilibrio;ciò è evidente considerando il ruolo pilotadel capo nel guidare i movimenti del restodel corpo, come nell’acrobatica e nei tuffi,reso possibile dall’integrazione delle stimo-lazioni vestibolari con quelle cinestesichedel collo.Le diverse strutture percettive, ognuna conil proprio specifico contributo nella raccoltadi informazioni interne ed esterne all’orga-nismo, consentono di preparare l’azione e,una volta che questa è avviata, di control-

larne l’esecuzione e di verificarne l’esitofinale. Solo l’interazione, l’integrazione e lasintesi delle diverse afferenze sensorialipermettono al soggetto di acquisire il sensodel movimento. Il peso specifico di ciascunasarà determinato, oltre che da caratteristi-che individuali, dalle esigenze di ogni sin-gola attività e dal livello di apprendimento.Stimoli propriocettivi, relativi ad accelera-zione, ampiezza, direzione, forza, posizionee velocità del movimento, sono ovviamentedi maggiore importanza nelle abilità chedipendono, per un corretto svolgimento,soprattutto da informazioni sui movimentidel corpo nello spazio, come avviene nelsalto giro al trampolino. Se invece sono piùimportanti referenze esterne, come in unservizio del tennis, le informazioni visivesono di rilevanza maggiore. Nelle fasi ini-ziali dell’apprendimento sono in generedominanti le informazioni visive, mentre lasensibilità propriocettiva è maggiore neglistadi più avanzati di acquisizione e perfe-zionamento del gesto. L’interazione deidiversi sistemi permette, inoltre, di affinarela percezione del tempo, non essendovi nel-l’organismo nessun recettore specializzatoper questo compito. La stima delle duratetemporali è facilitata dall’esperienza e dallaconseguente formazione di una rappresen-tazione mentale di riferimento.Strettamente collegati all’ambito percettivo,vengono considerati altri processi cognitivi(Vickers 2011):

• l’attenzione. In termini molto generaliviene definita come la direzione dellerisorse mentali consce verso specifici sti-moli sensoriali (Edwards, 2011). Dalpunto di vista applicativo, ne vengonoconsiderate soprattutto due caratteristi-che: la selettività e la durata nel tempo.L’attenzione ha di per sé capacità limita-ta: non si possono considerare molti sti-moli nello stesso momento, anche se sipuò spostare velocemente l’attenzione dauno stimolo ad un altro. È per questoimportante la capacità di selezionare leinformazioni da trattare (con processi didurata diversa, da 120 a 200 ms a secon-da della modalità sensoriale), escludendoaltre informazioni (attenzione selettiva).L’attenzione selettiva può essere inciden-tale (qualcosa che attrae inaspettata-mente l’interesse), oppure intenzionale.Quest’ ultimo aspetto è determinantenello sport; uno dei compiti dell’allenato-re è proprio quello di aiutare l’atleta adindividuare gli elementi essenziali delgesto tecnico o dell’ambiente esterno sucui dirigere intenzionalmente l’attenzio-ne. La capacità di mantenere l’attenzionenel tempo su stimoli significativi vienedefinita concentrazione (anche se alcunistudiosi utilizzano i termini di attenzione

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e concentrazione come sinonimi). Unaspetto importante approfondito recen-temente, con riferimento sia ad abilitàchiuse che aperte, riguarda il focusattentivo, ovvero la direzione dell’atten-zione. Il focus attentivo può essere diret-to verso una fonte interna (ad es., moni-toraggio dei propri movimenti) o su unostimolo esterno (ad es., bersaglio, pallone,o altri elementi dell’ambiente). Un’ampiamole di ricerca (Wulf, 2013) ha eviden-ziato che un focus esterno tende a deter-minare, in generale, una prestazionemigliore rispetto ad un focus interno. Ilfocus esterno risulta significativo soprat-tutto nei momenti prestativi (in competi-zione) e in particolar modo per gli atletiesperti che hanno automatizzato bene letecniche esecutive; a volte, però, puòessere necessario utilizzare anche unfocus interno. Ovviamente, nelle fasi diapprendimento, correzione di errori operfezionamento tecnico risulta fonda-mentale anche un focus interno;

• l’anticipazione. È la capacità di dirigerel’attenzione verso la zona di comparsa diuno stimolo prima della sua apparizione,preparando così al meglio l’organismo perl’azione; questo può avvenire sulla base diinformazioni parziali o di riconoscimentodi pattern, e risultano determinantisoprattutto le informazioni visive.L’anticipazione percettiva è fondamentaleper agire efficacemente in situazioni cherichiedono una presa di decisione rapida.Può riguardare lo spazio (dove potrebbeavvenire l’azione), il tempo (quando acca-drà qualcosa) e l’evento stesso (che cosapotrebbe succedere); a tale scopo, unruolo importante è svolto dall’attenzioneselettiva. Accanto all’anticipazione percet-tiva, McMorris (2004) descrive anche l’an-ticipazione di movimenti necessaria perintercettare (colpire, afferrare o calciare)un oggetto in movimento; come avvienead esempio nel tennis in risposta ad unrovescio, nel baseball per il recupero dellapalla da parte di un difensore, nel calcioper intercettare un passaggio. In questotipo di anticipazione è presente un aspet-to percettivo (valutazione della velocità edella traiettoria dell’oggetto), ma ancheun’anticipazione esecutiva assai accurataper decidere a quale velocità muoversi ein quale direzione, quale azione compieree quanta forza applicare in un’azione dirisposta (in parte vi è già un aspetto dipresa di decisione). Nei processi anticipa-tori la ricerca ha evidenziato, accanto acaratteristiche individuali, notevoli diffe-renze fra esperti e principianti: gli espertiusano differenti modalità di ricerca di sti-moli utili e focalizzano l’attenzione più alungo sulle aree significative. Le teorie che

fanno riferimento ad un controllo centra-lizzato attribuiscono tali differenze allemaggiori capacità degli esperti di recupe-rare informazioni immagazzinate nellamemoria a lungo termine (approcciocognitivista); le teorie che considerano ilcollegamento diretto percezione-azione,senza passare per la memoria, ritengonoche tutte le informazioni siano già dispo-nibili nell’ambiente, comprese quellenecessarie per un automatismo di rispo-sta; ad esempio, postulano che le varia-zioni registrate nella retina delle dimen-sioni di un oggetto che si muove sianosufficienti per individuare il punto di con-tatto per intercettarlo ed agire di conse-guenza (approccio dinamico).Entrambi gli approcci riconoscono le dif-ferenze fra esperti e non esperti, e riten-gono che l’esperienza maturata nell’am-biente specifico sia necessaria per lo svi-luppo delle capacità di anticipazione;

• il riconoscimento di pattern. È un mecca-nismo che presenta un duplice aspetto: lacapacità di riconoscere un segnale ancheda uno stimolo parziale (ad es., la direzio-ne di un lancio, prima ancora che siaeffettuato, dalla posizione del braccio),ma anche la capacità di cogliere il signifi-cato di una configurazione di oggettifermi o in movimento (a fini tattici, laposizione di alcuni compagni e avversariin uno sport di squadra). Entrambi questiprocessi richiedono di riconoscere alcunielementi di regolarità in ciò che si sta per-cependo e sono determinanti quando vapresa una decisione in tempi molto rapidi;l’esperienza incide in modo significativo.Come per l’anticipazione, i due approcciteorici differiscono nell’interpretazione diquesto processo per la diversa considera-zione dell’intervento della memoria.

Le afferenze sensoriali provenienti dall’e-sterno e dall’interno dell’organismo posso-no essere ritenute ed in seguito utilizzategrazie ai sistemi di memoria. La memoria èun insieme di processi dinamici che com-prendono la registrazione, l’immagazzina-mento (apprendimento e ritenzione) ed ilrecupero delle informazioni; essa permetteall’organismo di conservare l’esperienzapassata, aspetto fondamentale per l’evolu-zione e la sopravvivenza.Vengono distinti tre sistemi di memoria:

a) il magazzino sensoriale , o memoriaimmediata. Attraverso gli organi di sensoriceve dall’ambiente esterno ed internoun’elevata quantità di stimoli. Questenumerose informazioni sono elaborate emantenute per pochi istanti e subisconoun processo di selezione: l’attenzioneconsente solo ad alcune informazioni,

quelle ritenute più rilevanti o pertinenti,di continuare nei livelli di elaborazionesuccessiva, mentre molte sono perdute;

b) la memoria a breve termine, o memoria dilavoro. Può essere assimilata ad uno spa-zio di lavoro in cui sono effettuate elabo-razioni controllate delle informazioni rile-vanti; ha una capacità limitata, in quantopuò contenere solo poche unità di infor-mazione o loro raggruppamenti (span dimemoria: 7 ± 2 unità). Le informazioni,già codificate e categorizzate dai mecca-nismi mentali di riconoscimento e diinterpretazione, possono rimanere fino acirca un minuto se ripetute consapevol-mente; se l’attenzione è invece rivoltaaltrove, le informazioni sono perdute rapi-damente. La memoria di lavoro è unambiente interattivo per l’integrazionedelle informazioni in entrata con le infor-mazioni recuperate dal magazzino alungo termine. Il confronto fra gli stimoliin arrivo e le esperienze passate è fonda-mentale per la soluzione dei problemi, iprocessi decisionali, il trasferimento delleinformazioni nel deposito a lungo terminee il recupero da quest’ultimo di informa-zioni utili;

c) la memoria a lungo termine. Contieneun’enorme quantità di esperienze benapprese: è un deposito relativamente per-manente di informazioni con una capa-cità virtualmente illimitata. Per le abilitàmotorie, la permanenza delle informazio-ni è particolarmente evidente per attivitàcicliche, coinvolgenti ampi settori musco-lari e prolungate nel tempo. Anche dopoperiodi molto lunghi senza pratica (anni oaddirittura decenni) non si dimenticacome si fa a nuotare, andare in biciclettao sciare: dopo un breve periodo di eserci-zio, si è sempre in grado di svolgere taliattività con un livello di efficienza relati-vamente alto. Naturalmente, le abilitàsaranno tanto più ritenute quanto mag-giore è l’ammontare di pratica iniziale; seil compito è invece appreso solo in partesarà anche più velocemente dimenticato.

I tre sistemi di immagazzinamento rap-presentano un continuum, in cui ognisettore costituisce una fase nel processodi memorizzazione.Come è già stato detto, approccio cogni-tivista e approccio dinamico si differen-ziano in maniera marcata rispetto alruolo della memoria: l’approccio cogniti-vista le attribuisce un ruolo indispensabi-le, mentre l’approccio dinamico enfatizza,soprattutto per quanto riguarda il con-trollo motorio, il collegamento direttopercezione-azione anche senza passag-gio attraverso la memoria.

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Altri processi cognitivi che si stanno stu-diando in maniera sempre più approfondi-ta nello sport riguardano la capacità dirisolvere problemi tecnico-tattici attraver-so la presa di decisione, sia in situazioni giàsperimentate che nuove. Prendere unadecisione significa attuare un processo discelta fra più alternative possibili per rea-lizzare una certa azione; in termini discor-sivi, significa saper fare la cosa giusta almomento giusto. Questa definizione consi-dera già anche l’aspetto esecutivo: oltrealla capacità di operare la scelta più valida,è necessario avere una buona tecnica perl’esecuzione corretta della componentemotoria del compito.Secondo l’approccio cognitivista, la presadi decisione segue la percezione e precedel’azione. Ciò significa “leggere” la situazio-ne, richiamare dalla memoria le esperienzepassate e le diverse soluzioni possibili;implica, inoltre, confrontare le differentipossibilità e dar loro un ordine di adegua-tezza o di priorità rispetto alla situazione,mettendo poi in atto l’azione scelta.Perché questo processo sia efficace, ènecessario che la percezione sia precisa,poiché informazioni scorrette determina-no una scelta sbagliata; va anche conside-rato che quasi mai due circostanze che sipresentano sono identiche. In realtà, neigiochi sportivi, e negli sport di situazionein genere, sono a volte gli allenatori che,se possono, suggeriscono (o meglio grida-no!) indicazioni tattiche. La presa di deci-sione, secondo quest’ottica, è un processoche richiede tempo: all’aumentare delnumero di opzioni aumenta anche iltempo per la decisione (fino ad un certopunto); questo, però, non riesce a spiegarecompletamente come nello sport spessovengano prese ed attuate decisioni intempi rapidissimi.L’approccio dinamico tende invece a nonusare l’espressione “presa di decisione”,poiché considera tale aspetto all’internodella relazione percezione-azione che con-sente ad un individuo di raggiungere ilproprio obiettivo. Il comportamento vienevisto come derivante dall’interazione tracompito, soggetto e ambiente senza pas-sare attraverso memoria e controllo cen-trale. Inoltre, poiché gli atleti differisconoper caratteristiche morfologiche (si pensiall’importanza dell’altezza in alcune disci-pline), per capacità motorie (ad es., nellarapidità di azione) e per caratteristichepercettive, in un’identica situazione è pos-sibile che due persone facciano due sceltecompletamente diverse. Come si vede,anche in questo caso i due approcci teoricisi differenziano sia nelle modalità di anali-si dei processi cognitivi, sia, come si vedràpiù avanti, riguardo alle modalità per illoro sviluppo.

I modelli di realizzazione dell’azione

Come già emerso da diverse osservazionipresentate precedentemente, sono due gliapprocci teorici che attualmente vengonoutilizzati per spiegare controllo e apprendi-mento (cfr. Edwards 2011). Il primo, quelloutilizzato da più tempo, si sviluppa all’inter-no di una prospettiva cognitivista che valo-rizza il ruolo del sistema nervoso centrale,paragonando il cervello ad un computer chericeve informazioni, le elabora e genera unarisposta. Fa riferimento ad un sistema dicontrollo chiuso (closed loop) o aperto(open loop), dove tutto viene spiegato all’in-terno del sistema stesso (figura 1).

Questo approccio si è sviluppato a partiredagli anni ’40 del secolo scorso, e da alloraha influenzato, e continua tutt’ora adinfluenzare, le teorie cognitiviste del con-trollo e dell’apprendimento motorio. Ingenerale, considera tre stadi successivi edistinti di processi cognitivi sottostanti larealizzazione di abilità motorie: percezione,presa di decisione (scelta della rispostamotoria) e programmazione della risposta.La teoria più conosciuta all’interno di questoapproccio è la teoria dello schema (o deiprogrammi motori generalizzati) di Schimdt,proposta nel 1975, da cui sono derivateimportanti, e ancora molto attuali, ricaduteapplicative (cfr. Schimdt, Lee 2014).Il secondo approccio è più recente (si è svi-luppato maggiormente a partire dagli anni’80, anche se le radici risalgono a moltianni prima) e la teoria più rappresentativaè conosciuta come teoria dei sistemi dina-mici. L’apprendimento è visto non comeconseguenza di un controllo centralizzato,ma come derivato direttamente dall’inte-razione dei diversi sistemi e apparati cor-

porei con l’ambiente circostante. L’aspettopiù significativo è appunto il collegamentodiretto percezione-azione, che non preve-de processi cognitivi centrali di elaborazio-ne e l’utilizzo della memoria.Queste due teorie sembrano in contrapposi-zione fra loro, in quanto una si fonda sullafunzionalità dell’organismo, mentre l’altrapone l’accento sull’interazione con l’am-biente, ma entrambe sono ritenute scientifi-camente valide in attesa di una nuova pro-spettiva unificatrice. Le contraddizioni teori-che possono essere superate se si considerache la motricità umana è talmente comples-sa, che aspetti diversi di questa sua com-plessità possono venire spiegati da approccidiversi: il corpo umano comprende più di

600 muscoli e più di 200 ossa articolate fraloro, che formano un sistema intricato dileve e pulegge in grado di realizzare un infi-nito numero di azioni; comprendere comemilioni di cellule nervose e muscolari possa-no coordinarsi per rendere possibili azionisignificative ed estremamente precise è ilproblema di fondo che ha stimolato, e sti-mola, l’elaborazione di teorie sul controllo esull’apprendimento motorio.Edwards ritiene che ciascuna delle due teo-rie considerate abbia suoi punti di forza e didebolezza, e che insieme possano fornireprospettive che nessuna delle due è in gradodi fornire da sola; inoltre, come si vedrà piùavanti, accanto alle differenze, pur con giu-stificazioni teoriche diverse, dal punto divista applicativo emergono alcune indica-zioni simili. In ogni caso, i due approcciinsieme offrono il potenziale per una futurateoria unificante, che può derivare anchedai rapidi progressi delle tecnologie di ricer-ca. Dal punto di vista applicativo, si vuolequi mettere in evidenza la possibilità per unallenatore di affrontare l’insegnamento di

Modello “open-loop” Modello “closed-loop”Input Input

Output Output

Comparatore

Feedback

Identificazione stimolo(percezione)

Selezione risposta(decisione)

Programmazione risposta(azione)

Identificazione stimolo(percezione)

Selezione risposta(decisione)

Programmazione risposta(azione)

Figura 1 – L’approccio cognitivista: modelli semplificati di elaborazione delle informazioni.

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abilità motorie con un bagaglio maggiore dicompetenze didattiche, scegliendo di voltain volta le strategie più efficaci a secondadel compito, dell’allievo e del contesto.

Teoria dello schema

Nell’ottica cognitivista, la teoria dello sche-ma di Schmidt (cfr. Schmidt, Wrisberg 2000;Schimdt, Lee 2014) postula che, dopo l’iden-tificazione delle informazioni provenientidagli organi di senso, negli stadi successividi elaborazione avvengano, con il contributodella memoria, processi decisionali di sele-zione del programma motorio e program-mazione della risposta. Nella tappa di sele-zione della risposta è scelto il programmamotorio adatto alla risoluzione del compito.Il programma motorio, contenuto in memo-ria a lungo termine, può essere consideratocome la rappresentazione mentale di un’a-zione che guida l’esecuzione anche senza lapresenza di feedback (ossia di informazionidi ritorno dal movimento stesso). Mentreprima dell’avvento della teoria dello schemasi ipotizzava la presenza di uno specificoprogramma motorio per ciascuna azione,questo approccio ha introdotto in manierapeculiare il concetto di programma motoriogeneralizzato, riferito cioè non ad una sin-gola azione, ma ad una classe di azioni simi-li. In questo modo venivano risolti due pro-blemi:

• quello dell’enorme quantità di informa-zioni che sarebbe stato necessario imma-gazzinare, considerando la quantità dimovimenti possibili;

• la possibilità di spiegare la realizzazione dinuove variazioni di movimenti mai effet-tuate precedentemente.

Proprio per spiegare le variazioni di azionisimili, Schmidt introduce il concetto di sche-ma (da cui deriva il nome della teoria) perdefinire un insieme generico di regole daapplicare ad un programma generalizzatoper adattarlo ad una specifica situazione.Le caratteristiche che definiscono l’apparte-nenza di gesti ad una stessa classe di azionisono:

• l’ordine degli elementi, cioè la sequenzadelle contrazioni muscolari implicata inun gesto;

• la struttura temporale (timing), ovvero laproporzione di tempo per i singoli seg-menti di movimento (struttura ritmicadel gesto), che rimane costante anche seil tempo totale di movimento cambia;

• la forza relativa, cioè la proporzionecostante fra le forze espresse dai varimuscoli che partecipano all’azione, indi-pendentemente dal grado di forza com-plessiva.

Il programma generalizzato sottostante aduna classe di azioni può essere poi adattatoa molteplici circostanze attraverso la specifi-cazione di parametri esecutivi precisi, qualila forza, la durata complessiva, l’ampiezza, ladirezione, la muscolatura coinvolta. Per spie-gare tali concetti, Schmidt usa l’esempio diun disco in vinile contenente un branomusicale. Le caratteristiche invarianti sonorappresentate dalla successione degli stru-menti (ad es., il pianoforte che suona primadel violino), dalla struttura ritmica del branomusicale (ad es., 4/4), dall’intensità delsuono dei singoli strumenti (forza relativa,ad es., piano o forte). Il disco può però essereascoltato in diversi modi, poiché altre carat-teristiche possono essere modificate comeparametri: la durata complessiva può variarea seconda della velocità della piastra (33 o78 giri; velocità assoluta dell’azione), il volu-me può essere più o meno alto (forza delmovimento), diversi amplificatori possonoessere selezionati (arti coinvolti nell’azione).La struttura del brano non viene comunquemodificata.Attraverso l’apprendimento, il programmamotorio viene perfezionato e consolidatosulla base dell’identificazione delle differen-ze che il soggetto riscontra tra fine deside-rato e risultato conseguito. Il programmageneralizzato della corsa, ad esempio, puòessere modificato secondo il terreno o icambiamenti di velocità; nei giochi di squa-dra, similmente, un passaggio (programmageneralizzato) va adattato in base alla velo-cità ed alla posizione del compagno.Attraverso l’esperienza, pertanto, l’allievoacquisisce non solo i programmi di azionema anche una serie di regole, o schemi, chegli consentono di adattare una specificarisposta a ciascuna circostanza. Tale appren-dimento avviene attraverso la memorizza-zione dei parametri del movimento (forza,durata, ampiezza, direzione, ecc.), così comedelle condizioni che precedono l’azione, deirisultati conseguiti e delle conseguenze sen-soriali della risposta. Queste informazioniconsentono al soggetto di stabilire, nelcorso dell’apprendimento, riferimenti di cor-rettezza e regole gradualmente più raffinatedi individuazione e correzione dell’errore.In questa teoria riveste un ruolo fondamen-tale anche il feedback, ossia le informazionisensoriali di ritorno che derivano dall’azioneche si sta eseguendo o che è stata eseguita;tali informazioni sono indispensabili perriconoscere un errore e per correggerlo.Schmidt individua, infatti, due tipi di sche-ma: lo schema di richiamo, che viene utiliz-zato per richiamare dalla memoria i parame-tri (specificazioni di risposta) da applicare alprogramma motorio generalizzato, maanche lo schema di riconoscimento, riferi-mento di correttezza individuale che, attra-verso il confronto delle sensazioni attese conPER INFORMAZIONI E ORDINI

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Il movimento, il suo significato, il suo ruolo nella vita delle persone, la funzione stessa di educare alla vita, in quanto capace di conferire (come attività motoria in sé e come attività di tipo sportivo) fondamentali abilità di vita a chi lo pratica e lo esplora: ecco, di abilità di vita tratta appunto questo testo, cioè delle cosiddette life skills. Inizialmente studiate per rinforzare i giovani e giovanissimi contro il rischio di dipendenze, esse sono state successivamente importate nell’ambito dello Sport e dell’Educazione Fisica, considerati ambienti e pratiche ideali per farne esperienza diretta e facilitare il transfer delle life skills veicolate con l’allenamento fisico e sportivo ad altre – forse tutte le altre – situazioni della vita. Gli Autori espongono indagini, ricerche, programmi sperimentati – nel mondo – con successo e con precise procedure che coinvolgono direttamente la persona nel processo decisionale e nel raggiungimento degli obiettivi, in un continuo via-vai tra conoscenza e applicazione dell’abilità considerata, sia di tipo personale sia di tipo sociale, in contesti sportivi o di Educazione fisica. Il testo contiene anche 4 importanti appendici: sulle definizioni e classificazioni date alle life skills (Appendice 1), sui programmi mono-disciplinari sperimentati negli Usa e in Nuova Zelanda (Appendice 2), sui possibili strumenti di valutazione quantitativa e qualitativa della efficacia del life skill training (Appendice 3), sulle interrelazioni fra efficienza fisico-motoria, funzioni cognitive e life skills di tipo cognitivo, indagate sia in popolazioni con sviluppo tipico sia con sviluppo atipico (Appendice 4), nella prospettiva di un approccio sempre più olistico all’educazione che parte dal corpo in movimento.

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INSEGNARE LA VITACON IL MOVIMENTOE CON LO SPORTOvvero, considerando il ragazzo che si muove pensiamo all’uomo che cresce e si sviluppa… Le novità delle scienze del movimento lette insieme a voi

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quelle reali (conseguenze sensoriali), consen-te l’identificazione di eventuali errori. Neigesti di durata temporale sufficientementelunga (oltre 120 msec) è possibile apportare,entro certi limiti, correzioni o aggiustamentiall’azione in corso; ad esempio, dopo unosquilibrio nel superamento di un ostacolo, èpossibile recuperare rapidamente il correttoassetto corporeo. Nei gesti rapidi (meno di120 msec), invece, l’identificazione dell’erroreal termine dell’esecuzione è utile per unacorretta riprogrammazione dell’esecuzionesuccessiva, non essendo possibili correzionidurante l’azione. In assenza di un meccani-smo di riconoscimento basato sul feedbackintrinseco, non sarebbe possibile riconoscereerrori esecutivi.La ricaduta applicativa più significativa dellateoria dello schema riguarda la rilevanteimportanza che assume la variabilità nel-l’apprendimento motorio. Infatti, maggiorisono le variazioni dei parametri applicati adun programma motorio generalizzato, piùforte diventa lo schema d’azione sottostan-te. In questo modo, anche l’errore, quandoeffettuato a livello di parametri e non dellecaratteristiche invarianti, può non rappre-sentare effettivamente un errore, ma diven-tare elemento di variabilità che rinforza l’a-zione. Tra le caratteristiche invarianti che defini-scono una classe di azioni, viene messa inrisalto soprattutto la struttura temporale(timing) dei programmi motori generaliz-zati che costituiscono le tecniche sportive(ovvero le abilità motorie). In alcuni gestitecnici il ritmo esecutivo intrinseco all’a-zione viene facilmente riconosciuto (ilterzo tempo nella pallacanestro, gli ultimipassi prima dello stacco nei salti dell’atle-tica, il ritmo di corsa fra gli ostacoli), maogni gesto ha in realtà un suo ritmo ese-cutivo ottimale, una sua struttura tempo-rale derivante dal gioco di contrazione-decontrazione dei muscoli agonisti edantagonisti coinvolti nell’azione.

Teoria dei sistemi dinamici

A partire dagli anni ’80, un diverso approc-cio teorico ha cominciato a fornire nuovielementi di comprensione su come le abilitàmotorie vengano controllate e apprese.Attualmente, il ruolo della teoria dei sistemidinamici (considerata in parte alternativa, inparte complementare alla teoria dello sche-ma) è influente quanto l’approccio cogniti-vista, e si cominciano ad evidenziare le rica-dute applicative che ne derivano (cfr.Edwards 2011).I progenitori di questo approccio vengonoconsiderati il fisiologo russo Bernstein(1896-1966) e lo psicologo americanoGibson (1904-1979), che negli anni ’60misero in evidenza, da due punti di vista

diversi, uno fisiologico e l’altro psicologico,quello che ritenevano un punto debole del-l’approccio cognitivista. Entrambi, infatti,erano convinti che l’attività umana nonpotesse essere spiegata solo da un sistema dicontrollo centrale. Attribuivano un ruolodeterminante anche alle caratteristicheambientali ed alla conseguente interazioneindividuo-ambiente. Secondo questoapproccio, sono le condizioni dell’ambienteche offrono opportunità di azione, chedeterminano che cosa una persona possafare in un certo momento e in una datasituazione; due situazioni possono esseresimili, ma mai del tutto identiche. In unapartita di calcio, per un giocatore che staconducendo la palla, la conoscenza dell’o-biettivo (mantenere il possesso della palla), laposizione di alcuni avversari e di un compa-gno smarcato creano automaticamente ilcontesto per una certa azione; in questocaso, la percezione visiva della situazioneattiverebbe il comportamento necessario perun’azione utile. Ovviamente la decisione puòessere presa a livello del sistema nervosocentrale, ma solo perché tutti gli elementinecessari sono presenti nell’ambiente, equindi senza dover utilizzare in manieraintensiva processi di memoria. La percezione,automatica o attraverso la ricerca deliberatadi elementi ambientali utili, è dunque allabase di ogni azione.Bernstein e Gibson giunsero a considera-zioni simili portando avanti in modo indi-pendente i propri studi; infatti, la situazio-ne politica di quel periodo (la “guerra fred-da” fra Unione Sovietica e paesi occidenta-li) rallentava notevolmente anche la diffu-sione di informazioni scientifiche.Bernstein, in particolare, si occupò propriodella motricità umana, e per primo identi-ficò i due problemi principali presenti nel-l’approccio cognitivista.Il primo problema individuato riguarda lavariabilità condizionata dal contesto .L’approccio cognitivista considera il mec-canismo di controllo centrale come l’unicoresponsabile dell’esecuzione di un movi-mento: ogni azione, in questo caso, dipen-de dai comandi specifici contenuti nel pro-gramma motorio. In questo modo, però,non si tiene conto della possibile variabilitàdel contesto derivante da fattori esterniall’organismo (forza di gravità, inerzia,caratteristiche del terreno, forze centripeteo centrifughe, ecc.); ad esempio, nel kayakun programma motorio che controlla imuscoli in modo indipendente dal conte-sto sarebbe insensibile alle continue rapi-dissime variazioni dei flussi e della velocitàdell’acqua (fattori ambientali), che richie-dono altrettanto rapidissimi adattamentinell’equilibrio e nel controllo del mezzo. Ilproblema si presenta in tutte le situazionisportive che si basano su azioni che devo-

no essere variate in tempi molto rapidi,non sufficienti affinché il feedback senso-riale possa far pervenire a livello del siste-ma nervoso centrale le informazioninecessarie per riaggiustare il programma.Il concetto di programma motorio è dun-que, in quest’ottica, insufficiente per spie-gare molte situazioni sportive.Il secondo problema riguarda i gradi dilibertà. Considerata la complessità dellamotricità umana, che si fonda sull’orga-nizzazione di diverse strutture anatomiche(muscoli, articolazioni, fibre nervose, unitàmotorie), per eseguire un’abilità è necessa-rio che vi sia controllo e coordinamentoefficace di tutte le strutture coinvolte; ineffetti, se si prova a stare in equilibrio sudi un piede, è probabile che in modo auto-matico le braccia ed il busto si muovanoper produrre aggiustamenti che contribui-scono all’equilibrio. I gradi di libertà si rife-riscono appunto al numero di muscoli,articolazioni ed altre strutture anatomicheche devono essere controllate per realizza-re una certa azione. Va anche consideratoche una stessa azione (ad es., lanciare unapalla) può essere eseguita in diversi modi aseconda della situazione, ed ogni piccolavariazione modifica l’organizzazione dellestrutture coinvolte. I gradi di libertà pos-sono essere analizzati a diversi livelli, dallestrutture più evidenti, a quelle microscopi-che; per ogni livello di analisi è possibilespecificare i relativi gradi di libertà nell’e-secuzione di un movimento. Ad esempio,se si fa riferimento ai muscoli del braccioimplicati in un lancio, si individuano unminimo di 26 gradi di libertà: 10 muscolisono coinvolti nell’articolazione della spal-la, più di 10 nell’articolazione del gomito, e6 controllano i diversi movimenti delpolso; tutti devono essere coordinati pereseguire un’azione precisa. Se poi l’analisisi sposta alle singole unità motorie coin-volte nell’azione (i collegamenti fra fibrenervose e fibre muscolari), il numero deigradi di libertà cresce in maniera esponen-ziale. Maggiori sono le strutture anatomi-che ed il numero di gradi di libertà chedevono essere controllati, maggiore è lacomplessità che il sistema motorio deveaffrontare. Secondo Bernstein, il sistemanervoso centrale non è grado di controlla-re da solo un sistema così vasto ed artico-lato, e nessun programma motorio, anchese generalizzato, può guidare un’organiz-zazione di tale complessità. Il concetto digradi di libertà rimane anche oggi centralenella teoria dei sistemi dinamici.Mentre l’approccio cognitivista ritiene che lapercezione preceda l’azione, in due momentidistinti e susseguenti, la teoria dei sistemidinamici considera nel suo insieme il legamepercezione-azione. Infatti, per cogliere effi-cacemente gli stimoli ambientali, la persona

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deve agire sull’ambiente per cercare, anchemuovendosi, la maggior quantità di stimolisensoriali significativi; quando una personacomincia ad agire, percezione e azione con-trollano i suoi movimenti. Quando si corre,si muovono arti inferiori e superiori, macontemporaneamente si guarda dove si staandando e, a livello propriocettivo, si è con-sapevoli dei propri movimenti.Nell’approccio cognitivista questo vienespiegato con l’utilizzo del feedback che, neimovimenti di durata sufficiente, controlla ilmovimento anche durante l’esecuzione. Manella teoria dei sistemi dinamici si postulache le connessioni fra vie nervose afferenti(sensoriali) ed efferenti (motorie) avvenganonon a livello del sistema nervoso centrale,ma a livello periferico, nel midollo spinale(McMorris 2004).Al sistema nervoso centrale viene attribuitasoprattutto la funzione di decidere l’obietti-vo di un’azione, ad esempio, calciare unapalla; sarebbe poi l’interazione percezione-azione a determinare esattamente comequesto comando generale debba esseremesso in atto (il modo in cui va calciata, secon interno o esterno del piede, da chedistanza, con che forza). Mentre la teoriadello schema postula che l’azione degli artiinferiori, e la loro coordinazione, siano con-trollate dal sistema nervoso centrale, la teo-ria dei sistemi dinamici ritiene che questiaspetti siano controllati dal sistema nervo-so periferico, senza la necessità di detta-gliati programmi elaborati a livello centraleo l’utilizzo di informazioni depositate inmemoria; l’organismo viene quindi vistocome capace di auto-organizzarsi versoforme stabili di coordinazione. L’interazionepercezione-azione è specifica per ognisituazione, e dipende da cosa si deve fareper raggiungere l’obiettivo. L’azione vienequindi considerata come risultato dellecostrizioni emergenti e si auto-organizzanell’interazione fra richieste del compito(obiettivo), individuo (caratteristiche perso-nali) e ambiente (contesto e leggi fisiche,come inerzia, gravità, ecc.) (figura 2).Al centro della teoria dei sistemi dinamicic’era soprattutto il tentativo di spiegare inmodo più specifico i meccanismi sottostan-ti il controllo motorio; accettando però ilfatto evidente che l’esperienza influenza laprestazione, l’attenzione è stata posta suc-cessivamente anche ai processi di appren-dimento. Quale elemento fondamentale perl’apprendimento viene considerata la capa-cità di essere ricettivi nei confronti deglistimoli ambientali, pronti a percepire leopportunità presenti nella situazione; que-sto significa anche imparare a cercare nelcontesto gli elementi significativi. Dalpunto di vista applicativo, significa valoriz-zare l’apprendimento per prove ed errori:l’allenatore non specifica nei dettagli le

richieste motorie, ma dà all’atleta l’obietti-vo, crea le situazioni stimolo appropriate econsente di scoprire in modo autonomo l’a-zione più adeguata. Poiché questa modalitàdidattica richiede molto tempo, l’atleta puòessere guidato a ricercare e ad identificaregli stimoli più importanti nell’ambiente.Ovviamente anche a questa teoria vengonocontestati dei punti deboli. La critica mag-giore è il fatto che essa rifiuti di considerareil ruolo della memoria, che contraddiceanche l’esperienza comune; infatti, le per-sone attraverso l’allenamento migliorano leproprie abilità. Se l’esecuzione di un compi-to fosse dovuta solo a forme di auto-orga-nizzazione, una persona sarebbe capace dieseguire correttamente un gesto complessoanche la prima volta che viene sperimenta-to. L’altro aspetto critico riguarda la spiega-zione insufficiente dei processi sottostantila presa di decisione. La teoria suggerisce

che le persone, attraverso l’esperienza, rico-noscano meglio gli stimoli significativi pre-senti nell’ambiente, ma non spiega il modoin cui esse decidano quali stimoli sianomaggiormente utili. Nello sport, talvoltacapita anche che atleti esperti operino scel-te errate (come, ad es., non passare il pallo-ne ad un compagno di squadra completa-mente smarcato!).

Per concludere, McMorris (2004) ritiene chené l’approccio cognitivista, né quello deisistemi dinamici siano in grado di spiegarecompletamente la prestazione esperta; sipuò accettare esclusivamente, in modoacritico e sulla base delle proprie convinzio-ni, o l’una o l’altra delle teorie, ma si puòanche fare riferimento ad una teoria “ibri-da”, che prenda il meglio delle due scuole dipensiero. L’approccio cognitivista probabil-mente spiega meglio la presa di decisione,mentre quello ecologico sembra spiegaremeglio il controllo dei movimenti. Le diffe-renze maggiori rimangono riguardo allapercezione ed al collegamento diretto per-cezione-azione, ma l’evoluzione rapida delletecnologie di ricerca aggiungerà sicura-mente nel tempo nuove conoscenze.Le persone interessate, per mestiere o perpassione, all’ambito dell’apprendimento/insegnamento di abilità motorie dovrebbe-ro conservare sempre la curiosità ed ildesiderio di approfondire le proprie cono-scenze, per mantenere alta la qualità delproprio lavoro sul campo.

Le fasi dell’apprendimento motorio: gli aspetti comportamentali

Entrambe le teorie presentate precedente-mente individuano la presenza di tre tappesuccessive nel passaggio da un’esecuzioneiniziale ad una prestazione esperta. Purpartendo da presupposti molto diversi,

Compito

Ambiente Organismo

Percezione

Azione

Prestazione

Figura 2 – L’approccio dinamico: l’interazione compito-ambiente-organismo ed il collegamento per-

cezione-azione.

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entrambe riconoscono nei tre stadi le stes-se caratteristiche comportamentali. Ciòche differenzia i due approcci è il modo incui interpretano le fasi di sviluppo, esoprattutto le indicazioni di tipo didatticoche ne conseguono; come è stato già sot-tolineato, entrambe le teorie hanno peròpunti di forza che possono risultare com-plementari ed utili a livello didattico.Di seguito vengono descritte le caratteristi-che comportamentali dei tre stadi diapprendimento. La classificazione viene pre-sentata utilizzando la terminologia più con-solidata in letteratura e sempre attuale,integrando la visione anglosassone (conl’accento sui processi cognitivi) con quelladiffusa negli anni ’70 nei paesi dell’est (piùconosciuta in Italia, con l’accento sullamotricità). In entrambi i contesti, il riferi-mento teorico era comunque quello cogniti-vista:

1) stadio verbale-cognitivo o di sviluppodella coordinazione grezza;

2) stadio motorio o di sviluppo della coor-dinazione fine;

3) stadio autonomo o di sviluppo delladisponibilità variabile.

Successivamente verranno presentate leconsiderazioni didattiche, differenziandofra approccio cognitivista e approcciodinamico. Qualunque sia il modo in cuivengono definiti gli stadi, alcuni concettirestano comuni: i momenti di passaggioda uno all’altro non sempre sono ricono-scibili in modo preciso, e la loro duratavaria in relazione alla caratteristiche delsoggetto ed alla complessità del compito;nel percorso di apprendimento sono possi-bili stasi ed anche regressi.

Stadio verbale-cognitivo o di sviluppo della coordinazione grezza

Nella prima fase di apprendimento il princi-piante si trova a dover affrontare una seriedi difficoltà imposte da un compito nuovo,soprattutto se complesso; il problema fon-damentale è comprendere quali siano gliscopi dell’azione e che cosa fare. Sono presenti errori frequenti, anche moltogrossolani, che variano in modo ampio sianella tipologia che nell’ampiezza; durantel’esecuzione, ancora incostante, compaionospesso movimenti scorretti, poiché gli allie-vi sperimentano diverse strategie nel tenta-tivo di eseguire l’azione che voglionoapprendere. Si rendono conto di non riusci-re, ma non sanno come correggersi; il com-pito è compreso a grandi linee ed è svoltosolo in condizioni molto favorevoli. I movi-menti sono spesso rigidi e poco economici,il tempo di risposta è lento, l’esecuzione

resta sempre uguale anche quando vi sonocambiamenti ambientali, la meccanica delgesto è molto imprecisa e le sensazioniderivanti dal movimento sono confuse. Perfar fronte alle difficoltà, spesso i principiantiutilizzano delle verbalizzazioni interne (siparlano) come una sorta di guida per svol-gere l’azione, quasi per spiegare a se stessicosa fare. Queste verbalizzazioni subvocaliriguardano il controllo dell’azione, le proce-dure da utilizzare, le modalità di realizzazio-ne ed i criteri di riuscita. A volte, le difficoltàpossono portare a frustrazione, diminuzio-ne dell’interesse e della motivazione.L’acquisizione degli elementi base dell’azio-ne, comunque, è di solito piuttosto rapida,con miglioramenti superiori rispetto aglialtri stadi di apprendimento. Il passaggioallo stadio successivo può anche richiederepoco tempo se l’apprendimento riguardaabilità relativamente semplici, soprattuttonegli adulti e in chi ha già esperienza in abi-lità simili. La situazione è invece diversa peri giovani, che possono richiedere anchetempi lunghi se affrontano abilità comples-se con un bagaglio di capacità ed abilitàmotorie limitato. In genere, comunque, conuna pratica efficace tutti possono raggiun-gere lo stadio successivo.

Stadio associativo o di sviluppo della coordinazione fine

Nel secondo stadio di apprendimento ilcompito è compreso più a fondo, l’azione èperfezionata e diventa più precisa, regolaree fluida, grazie anche ad un migliore inter-vento funzionale dell’analizzatore cinestesi-co. I costi energetici sono ridotti e la guidasubvocale assume minore importanza.Diminuisce la frequenza degli errori, chesono anche meno gravi; l’esecuzione divie-ne corrispondente al modello tecnico ricer-cato e le sensazioni derivanti dal movimen-to sono più precise. I movimenti sono piùrapidi ed alcune parti dell’azione vengonoeseguite in modo automatico; i parametridel movimento cominciano ad adattarsi allerichieste ambientali. In condizioni favorevoliil compito è svolto facilmente, mentre insituazioni difficili o impreviste emergonoancora imperfezioni ed errori tipici dellostadio precedente, con tensione dei muscoliantagonisti. I cambiamenti di questo stadiosono più lenti e graduali della fase prece-dente, poiché è già una fase di perfeziona-mento tecnico. Il tempo di permanenza inquesto stadio è molto variabile, e anche inquesto caso in funzione della complessitàdel compito, delle caratteristiche individualie della qualità dell’insegnamento. Alcuniatleti possono raggiungere lo stadio asso-ciativo abbastanza velocemente, ma nonessere in grado di passare allo stadio suc-cessivo; passare allo stadio autonomo,

soprattutto per abilità complesse, richiede avolte non solo forte motivazione e buonaqualità di insegnamento, ma anche caratte-ristiche individuali sport-specifiche.

Stadio autonomo o di sviluppo della disponibilità variabile

Il terzo stadio è raggiunto dopo una grandequantità di pratica, e potenzialmente non èmai concluso. L’azione è accuratamentecontrollata, tutte le componenti dell’abilitàsono ben integrate, il compito è svolto consicurezza e minimo dispendio energetico;l’esecuzione è rapida, coordinata ed efficaceanche in situazioni difficili, variate edimpreviste. Il gesto tecnico viene sempreeffettuato in maniera appropriata e conpochi errori, le capacità di riconoscimento ecorrezione rapida degli errori sono elevate ele sensazioni derivanti dal movimento sonomolto accurate. Vi è la capacità di spostarel’attenzione su stimoli esterni, continuandoad eseguire correttamente l’azione tecnica.In questo stadio, tipico della prestazionesportiva di alto livello, i miglioramenti sonolenti e di minore entità rispetto alle fasiprecedenti, ma comunque possibili. Nontutti gli atleti sono in grado di raggiungerequesto stadio; come è stato detto, oltre cheuna notevole quantità di pratica, lavorotecnico di alta qualità e forte motivazioneper sostenere elevati carichi di lavoro, sononecessari prerequisiti motori e cognitivispecifici.

Gli aspetti applicativi nell’approccio cognitivista

L’apprendimento viene spiegato con l’incre-mento di informazioni immagazzinate nellamemoria a lungo termine, in particolarecon lo sviluppo di efficaci programmimotori, attraverso un controllo attribuitosoprattutto al sistema nervoso centrale. Inogni stadio, il soggetto che sta apprenden-do si trova di fronte a problemi specifici, edil ruolo della memoria e dei processi cogni-tivi sono considerati determinanti per risol-verli. La terminologia utilizzata per definirele diverse fasi è quella più conosciuta e quiutilizzata precedentemente. Nello stadio cognitivo (o di coordinazionegrezza) il problema che deve affrontare ilprincipiante è quello di costruirsi un’idea dibase dell’abilità che sta apprendendo, sia intermini di obiettivi che di mezzi per rag-giungerli. Anche quando l’obiettivo è chia-ro, in genere manca la conoscenza deimovimenti esatti da eseguire: nel baseball,ad esempio, se l’allievo sta imparando abattere, sa che l’obiettivo è colpire la pallache gli arriverà, ma non sa come controllarei movimenti per farlo. Deve quindi capirequali siano i movimenti corretti e come le

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informazioni che provengono dal suo corpoe dall’ambiente possano aiutarlo. A talescopo acquistano molta importanza leinformazioni che vengono fornite dall’alle-natore: istruzioni verbali, dimostrazioni,assistenza, feedback verbali. Tali informa-zioni aiutano l’atleta a formare una primarappresentazione mentale del gesto, cheservirà come guida per l’esecuzione (pro-gramma motorio). Inizialmente l’azioneviene controllata passo dopo passo inmodo da poterla gestire meglio, attraversoverbalizzazioni subvocali con cui l’atletastesso si dà le informazioni necessarie.Questa strategia spontanea è utile nellaprima fase per il conseguimento di unaprima approssimazione del gesto: favorisce,infatti, l’organizzazione di un piano d’azio-ne e aiuta la memorizzazione delle perce-zioni relative al movimento e all’ambiente.

Nello stadio associativo (o di coordinazionefine) alcune componenti dell’abilità sonostate apprese, e nei gesti tecnici complessile diverse parti che compongono l’azionevengono progressivamente integrate inunità di livello superiore; l’atleta può cosìrivolgere l’attenzione a punti chiave dell’e-secuzione ed evitare un controllo continuoe dispendioso sulle singole componenti del-l’azione. Le capacità di prevedere gli eventi

migliorano grazie alla scoperta delle regola-rità negli aspetti prestativi, ossia al fattoche ad una certa azione corrispondano certirisultati.L’apporto di informazioni multisensorialiarricchisce la rappresentazione mentale delgesto e l’analizzatore cinestesico acquistamaggiore rilevanza; la programmazione delcompito e la rappresentazione dei movi-menti sono diventate più precise.Mentre nello stadio precedente la presta-zione è spesso astratta dal contesto in cuiè realizzata, in questo stadio l’atleta iniziaa comprendere e ad integrare le caratteri-stiche rilevanti dell’ambiente nella propriaprestazione, collegando le informazionisensoriali con appropriate risposte moto-rie: ad esempio, è in grado di accelerare orallentare i propri movimenti in funzionedella situazione.

Nello stadio autonomo (o di disponibilitàvariabile), è palese la capacità di eseguire leabilità tecniche in modo più o meno auto-matico, senza porre attenzione al controllodei movimenti; l’evidenza di aver raggiuntoquesta fase viene proprio dal fatto di saperecompiere bene un gesto complesso anchepensando a qualcos’altro. I programmimotori raggiungono un livello elevato diperfezionamento; le sensazioni precise edettagliate sono facilmente collegate allespiegazioni teoriche dell’azione, e la rappre-sentazione mentale multisensoriale consen-te la correzione del movimento attraversoun preciso confronto fra risultato atteso erisultato reale. Molte operazioni mentali,dalla percezione all’effettuazione, sonodiventate automatizzate e questo libera l’at-tenzione da compiti di controllo motorio, ela rende disponibile per l’analisi delle infor-mazioni ambientali.Poiché gli atleti hanno raggiunto un livelloelevato di prestazione, ovviamente i miglio-ramenti diventano meno evidenti, e ulterio-ri progressi anche minimi richiedono moltotempo. Ciò può apparire come una man-canza di sviluppo personale e determinarefrustrazione e calo di motivazione; a questopuò contribuire anche il fatto che per man-tenere alto il livello di prestazione è comun-que necessaria una grande quantità dilavoro.

A livello pratico è importante far evolveregradualmente le acquisizioni, possibilmen-te iniziando da ciò che il soggetto sa giàfare, introducendo progressivamente diffi-coltà crescenti e facendo notare similitudi-ni fra abilità possedute ed abilità da acqui-sire. La rappresentazione mentale dell’azio-ne può essere facilitata dall’osservazione diun altro atleta che esegue l’abilità, daimmagini o filmati.

Per fornire istruzioni efficaci l’allenatoredovrebbe:

• usare sia istruzioni verbali che dimostra-zioni per far comprendere l’obiettivo del-l’abilità e le corrette modalità esecutive;

• aiutare l’atleta ad identificare e distin-guere fra fonti di informazioni ambientaliappropriate ed irrilevanti;

• evidenziare all’atleta come le conoscen-ze e le abilità acquisite precedentemen-te possano essere trasferite a nuovesituazioni di apprendimento;

• fornire feedback verbali frequenti suglierrori principali;

• aiutare l’atleta a mantenere un sufficien-te livello di motivazione ed interesse.

A livello didattico, due sono gli aspettifondamentali che l’allenatore deve consi-derare nello stadio associativo:

• aiutare l’atleta soprattutto ad identifica-re ed a rispondere a cambiamenti nellesituazioni ambientali, piuttosto che con-tinuare a fornire solo istruzioni sullemodalità esecutive, come nello stadioprecedente (anche se comunque que-ste restano importanti). Sia negli sportad abilità aperte che in quelli ad abilitàchiuse, è importante modificare gra-dualmente e sistematicamente i fattoridi variabilità, ad esempio proponendodiverse velocità esecutive, richiedendoreazioni rapide e diversificate a stimoliimprovvisi e modificando gli spazi diazione;

• cominciare a ridurre progressivamentela quantità ed il tipo di feedback.Poiché l’atleta ha sviluppato una perce-zione più precisa dei propri movimenti,risulta maggiormente proficuo che l’al-lenatore intervenga soprattutto per svi-luppare nell’atleta la capacità di valuta-re la propria esecuzione, di individuareda solo i propri errori e correggerli.Richiedendo una descrizione delle sen-sazioni personali collegate all’azione sifavorisce l’introspezione e l’analisi del-l’esecuzione; in questo modo si agevolail collegamento del linguaggio con lesensazioni del gesto e si migliora lacomprensione del movimento. Inoltre,poiché rispetto allo stadio precedentegli errori sono molto diminuiti, è piùefficace un feedback diretto non solo acorreggere gli errori, ma soprattutto arinforzare i movimenti corretti.

Sostenere la motivazione diventa un obiet-tivo fondamentale nello stadio autonomo.Oltre che sull’accuratezza e sul perfeziona-mento della tecnica, le istruzioni dovrebbe-ro riguardare l’adattamento dei gesti tecni-ci a situazioni variate; sperimentare varia-zioni tecniche da utilizzare in situazioni digara (ad es., sviluppando strategie digestione della gara in diverse condizioni siaambientali che fisiche) sostituisce il fornireistruzioni legate solo al gesto tecnico.

L’allenatore, assieme all’atleta, può analiz-zare le possibili variazioni delle condizionidi gara che si possono verificare (anchesulla base di esperienze passate) per rifini-re ed adattare la tecnica a tali situazioni. Èquindi importante proporre esperienzemolto variate, anche inserendo difficoltàaggiuntive, così da ampliare il repertorio diadattamenti e risposte dell’atleta.

Risultano anche utili istruzioni sintetiche especifiche che possano poi essere utilizza-te dall’atleta come parole chiave per rego-lare il proprio comportamento. Va inveceridotto il linguaggio interiore di guida detta-gliata del movimento, soprattutto in com-petizione, poiché l’analisi dei particolariesecutivi rallenta ed ostacola, danneggian-dola, l’azione automatizzata.

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Gli aspetti applicativi nell’approccio dinamico

Pur riconoscendo le stesse caratteristichecomportamentali che si manifestano nel-l’acquisizione di abilità, questo approccio nedà una diversa interpretazione e, sulla basedi questa, pone l’accento su modalità didat-tiche differenti (cfr. Pesce 2002); gli studisull’apprendimento motorio sono ancorarelativamente recenti (come è stato detto,inizialmente l’interesse si è concentratosoprattutto sul controllo motorio), ma c’èun consenso generale riguardo a quelli chesono ritenuti i fattori principali coinvoltinell’apprendimento. In generale, secondo lateoria dei sistemi dinamici, pattern coordi-nati di movimenti (quali sono le abilitàmotorie) emergono dalle costrizioni (ossiadai limiti) e dalle opportunità derivanti dal-l’interazione della persona con il compito econ l’ambiente. Come si è visto, il sistemaumano di movimento comprende un nume-ro enorme di gradi di libertà che rende pos-sibili molteplici sfumature di una stessaazione. Poiché le diverse strutture che com-pongono il corpo umano possono funziona-re in modi molto diversi, la sfida fondamen-tale che si trova di fronte una persona chesta imparando è come controllare questoenorme numero di possibilità di movimento.Il modello di apprendimento proposto indi-vidua tre stadi che vengono definiti comeiniziale, avanzato ed esperto. Le indicazionididattiche sono simili per i tre stadi e ver-ranno presentate dopo la descrizione diquesti (cfr. Edwards 2011).

Stadio iniziale: riduzione dei gradi di libertà

Il problema del principiante è imparare acontrollare non solo i muscoli e le articola-zioni implicati nel movimento, ma anchequelli non coinvolti, che potrebbero interfe-rire; è dunque necessario il controllo dimolti gradi di libertà. Questo problema puòessere affrontato riducendo il numero distrutture da controllare, manipolando cioègli aspetti dinamici del movimento; per fareciò vanno ridotti i gradi di libertà nel siste-ma coinvolto nell’esecuzione di una abilità,bloccando alcune articolazioni. Vengonocosì bloccate alcune parti del corpo, consen-tendo il movimento solo di quelle essenziali.Ad esempio, quando un principiante imparaa calciare una palla, in genere coinvolge solola parte inferiore del corpo, mentre busto ebraccia restano ferme (e le braccia spessosono in fuori, per aiutare l’equilibrio). Anchei movimenti della parte inferiore del corposono in parte bloccati, con i movimenti dialcune articolazione (anca e ginocchio) chelavorano insieme in modo collegato: quan-do l’arto si estende dietro, il ginocchio si

flette, quando il ginocchio comincia adestendersi, l’arto si flette; la caviglia in gene-re resta fissa. In questo modo, il controllodell’azione è reso molto più semplice. Questastrategia può essere paragonata al controllodelle ruote di un’automobile: se ciascunaruota fosse libera di muoversi in manieraindipendente, sarebbero necessari quattrovolanti per controllare il movimento; invece,collegando il movimento delle ruote, facen-dole agire come se fossero un’unità unica,basta un solo volante.Risolvere il problema del controllo riducen-do i gradi di libertà non è però sufficienteper consentire un’azione coordinata ed effi-cace; miglioramenti nella prestazione sonopossibili solo se vengono coinvolti altrimuscoli ed articolazioni (aumentando cioè igradi di libertà) e sperimentando come que-sto porti a risultati migliori nell’azione.

Stadio avanzato: liberazione dei gradi di libertà

È caratterizzato appunto dalla possibilità dicontrollare e coordinare un grande numerodi gradi di libertà per produrre azioni effica-ci. Ma se un principiante è già in difficoltà acontrollare un numero limitato di gradi dilibertà, come può riuscire attraverso l’ap-prendimento a gestirne poi un numeromaggiore? La risposta di Bernstein a questodilemma fu che mentre veniva ampliato ilnumero di possibilità di movimenti, potevacomunque diminuire il numero di struttureda controllare; l’apprendimento, infatti,determina l’accorpamento di diverse strut-ture, definite sinergie o strutture coordinati-ve, che agiscono come una singola unità diazione, e che vengono appunto controllatecome singola unità. Più muscoli ed articolazioni vengono incor-porati in unità di azione più ampie e raffina-

te; una sinergia, dunque, è costituita da ungruppo di muscoli, che si estendono su piùarticolazioni e che in alcune situazioni sonocollegati insieme ed agiscono in quelmomento come una singola unità. Il pas-saggio da forme di coordinazione elementa-re a forme più ricche ed articolate vieneattribuito a processi di auto-organizzazionedel sistema. Alla base di questi concetti cisono comunque spiegazioni fisiologiche chefanno riferimento allo sviluppo, attraversola pratica, di connessioni neurologiche van-taggiose tra i muscoli interessati, mediantevie nervose esistenti e riflessi. Questi mecca-nismi sono alla base di movimenti fluidi,eseguiti con scioltezza ed in modo efficace.

Stadio esperto: capitalizzazione dei gradi di libertà

Sebbene la coordinazione dei movimenti siaraggiunta nello stadio precedente, nellosport le abilità complesse richiedono spessola capacità di utilizzare le forze passive ereattive presenti sia nelle varie strutturecorporee (ad es., l’elasticità muscolare) sianell’ambiente (ad es., il vento nel windsurf).Nello stadio esperto, l’atleta continua a libe-rare gradi di libertà e ad organizzarne altriper ottenere pattern di azione più efficientidal punto di vista energetico. L’obiettivo èquello di utilizzare al massimo le forze inter-ne ed esterne che possono contribuire inmodo significativo all’efficacia dell’azione.Ad esempio, nello stacco del salto in alto onel caricamento del braccio prima di un lan-cio, la meccanica del gesto tecnico è finaliz-zata ad un pre-stiramento della muscolatu-ra coinvolta, al fine di utilizzare anche l’e-nergia elastica accumulata per imprimeremaggiore efficacia all’azione finale. Gli atletidevono anche acquisire la capacità di sfrut-tare le caratteristiche fisiche dell’ambiente,come l’inerzia, l’attrito, la gravità (si pensi adesempio alla diversa velocità di caduta diattrezzi diversi, come nella ginnastica ritmi-ca un nastro, una palla o una clavetta). Inquesto modo, l’interazione fra organismo,compito e ambiente viene ridefinita, con-sentendo prestazioni più precise ed efficaci.Nella teoria dei sistemi dinamici, un proces-so di sviluppo simile a quanto avviene per igradi di libertà (blocco, liberazione e capita-lizzazione) viene proposto anche per quantoriguarda il collegamento diretto percezione-azione. Nello stadio iniziale, per controllare ilmovimento il principiante orienta l’attenzio-ne su una specifica modalità di informazio-ne sensoriale, in genere quella visiva, che èquella più facilmente accessibile e compren-sibile, anche se non sempre la più utile.Nello stadio avanzato, l’atleta sviluppa unricco repertorio di possibili collegamentipercezione-azione, aumentando la propriacapacità di selezionare movimenti diversi in

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funzione di cambiamenti negli obiettivi enelle situazioni. Infine, nello stadio espertoacquisisce la capacità di sfruttare le caratte-ristiche ambientali; ciò significa che usa leinformazioni provenienti da più fonti perriuscire a raggiungere l’obiettivo mantenen-do gesti corretti ed efficaci anche quando simodificano le condizioni percettive edambientali. A questo punto, il collegamentopercezione azione-diventa automatico: una

volta deciso l’obiettivo, la ricerca attiva diinformazioni nell’ambiente determinerà,sulla base dell’esperienza effettuata perprove ed errori nel tempo, una rispostaautomatica; se l’atleta ha sviluppato ade-guatamente anche le strutture coordinativecoinvolte nei movimenti, la sua sarà un’a-zione altamente efficace. Nel riquadro sonoriportate le indicazioni didattiche relativeall'approccio dinamico.

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Bibliografia

Gli Autori:

Laura Bortoli, ricercatrice di Metodi e didattiche delle attività sportive presso Università “G. d’Annunzio” diChieti-Pescara; collabora come docente con la Scuola dello Sport della Coni Servizi s.p.a e con diverseFederazioni sportive.E-mail: [email protected]

Claudio Robazza, professore associato in Metodi e didattiche delle attività motorie presso Università “G.d’Annunzio” di Chieti-Pescara, PhD in Scienze e Tecniche delle Attività Fisiche e Sportive presso l’UniversitéJoseph Fourier di Grenoble; nel 2015 gli è stato conferito l’importante riconoscimento Ema Geron Awarddal Consiglio Direttivo della Federazione Europea di Psicologia dello Sport (FEPSAC).E-mail: [email protected]

La proposta didattica che deriva dalla teoria dei sistemi dinamici è in accordo con un approccioeuristico che valorizza l’apprendimento per prove ed errori: gli allievi, attraverso un processo diesplorazione che parte da sistemi di azione semplici, con il coinvolgimento di un numero limita-to di strutture di movimento, sperimentano progressivamente ed imparano ad utilizzare inmodo sempre più ampio e coordinato le proprie possibilità di movimento.Contemporaneamente, aumenta anche la capacità di “leggere” la situazione ambientale e diassociare in maniera automatica, sempre per prove ed errori, configurazioni di stimoli a rispo-ste efficaci anche in situazioni mutevoli. Alla luce dell’approccio dinamico, l’apprendimento èprima di tutto un processo di ricerca attiva, sia di opportunità ambientali che di proprie possibi-lità di movimento; le strategie che ne derivano sono quelle fondate sulla scoperta, su tentativiper risolvere problemi motori attraverso la ricerca delle possibili soluzioni. Il ruolo di chi insegnaè quello di facilitare la scoperta variando le richieste del compito:

a) si creano situazioni problema di difficoltà variabile in funzione dei livelli di abilità individuali; b) si presentano i problemi da risolvere e l’obiettivo da raggiungere; c) si incoraggia l’allievo ad esplorare le proprie capacità e le opportunità dell’ambiente, ed a

scoprire le soluzioni motorie più efficaci.

Una didattica di questo tipo non è nuova nella cultura sportiva italiana: già nel Programmamultimediale Educazione motoria di base (1987), realizzato dal Coni in collaborazione conl’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, fra le strategie didattiche venivano presentate la liberaesplorazione, la scoperta guidata, la risoluzione di problemi. Queste strategie venivano propo-ste soprattutto per le fasce giovanili, ed avevano allora un significato prevalentemente pedago-gico. Alla luce della teoria dei sistemi dinamici esse trovano ora una giustificazione valida peratleti di tutte le fasce di età, in accordo con principi scientifici relativi al controllo ed all’appren-dimento motorio.Invece che fornire istruzioni dettagliate, si possono dunque creare situazioni problema e dareinformazioni molto generali sulle possibilità di azione, come linea di esplorazione e di scopertadi ciò che potrebbe essere più utile e più efficace; un aiuto può venire anche da domande chefacilitino comprensione e riconoscimento degli stimoli percettivi importanti a cui prestare atten-zione, e dal feedback dell’allenatore. Una volta apprese strutture di movimento (abilità) efficaci,le istruzioni verbali e la dimostrazione possono essere usate per perfezionare l’azione.In genere, tradizionalmente nell’insegnamento di una tecnica sportiva c’è la tendenza ad utiliz-zare un’immagine ideale del gesto da ricercare in maniera molto precisa. Tuttavia, la ricerca haevidenziato come anche per abilità chiuse e molto stabili (come golf o tiro a segno) non esista-no schemi di movimento ottimali: questo perché sia le condizioni corporee (stabilità, condizionifisiologiche, fattori psicologici, ecc.) che quelle ambientali (luce, vento, superfice d’appoggio,temperatura, attrezzature, ecc.) sono ogni volta diverse. Dato che i fattori che incidono sulmovimento si modificano continuamente, l’allenamento dovrebbe dunque favorire l’adattamen-to a situazioni mutevoli, piuttosto che la riproposizione sempre uguale di un modello tecnicoipoteticamente ottimale (Edwards 2011).

Indicazioni didattiche nell’approccio dinamico