Immunologia

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IMMUNOLOGIA BIOLOGIA DEL SISTEMA IMMUNITARIO Il sistema immunitario è costituito da una rete di componenti cellulari e solubili interagenti tra loro. La sua funzione è quella di distinguere le entità presenti all'interno dell'organismo come "self" o come "non-self" e di eliminare quelle che appartengono al non-self. Le principali entità non-self sono i microrganismi, ma sono importanti anche le neoplasie, i trapianti e alcune sostanze estranee (p. es., alcune tossine). Per svolgere i suoi compiti, il sistema immunitario ha evoluto due meccanismi: l'immunità aspecifica e l'immunità specifica, le quali sono legate una all'altra e si influenzano reciprocamente. Immunità aspecifica (innata) Questo tipo di immunità è filogeneticamente più antico, è presente fin dalla nascita, non necessita di un precedente contatto con la sostanza lesiva e non dà luogo a memoria immunitaria. L'immunità innata comprende le barriere meccaniche, come la cute, e le barriere chimiche, come il succo acido gastrico. Esistono due componenti cellulari: (1) il sistema fagocitario, la cui funzione è quella di ingerire e digerire i microrganismi invasori e (2) le cellule natural killer (NK), la cui funzione è quella di eliminare alcuni tipi di tumori, di microrganismi e di cellule infettate da virus (v. oltre). Le componenti solubili sono costituite dalle proteine del complemento, dai reattanti di fase acuta e dalle citochine. I fagociti includono i neutrofili e i monociti (nel sangue) e i macrofagi (nei tessuti). Ampiamente distribuiti, i macrofagi sono localizzati in maniera strategica nei punti in cui i tessuti sono a contatto con il sangue o con gli spazi cavitari; ne sono esempi i macrofagi alveolari (nei polmoni), le cellule di Kupffer (nei sinusoidi epatici), le cellule sinoviali (nelle cavità

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IMMUNOLOGIA

BIOLOGIA DEL SISTEMA IMMUNITARIO

Il sistema immunitario costituito da una rete di componenti cellulari e solubili interagenti tra loro. La sua funzione quella di distinguere le entit presenti all'interno dell'organismo come "self" o come "non-self" e di eliminare quelle che appartengono al non-self. Le principali entit non-self sono i microrganismi, ma sono importanti anche le neoplasie, i trapianti e alcune sostanze estranee (p. es., alcune tossine). Per svolgere i suoi compiti, il sistema immunitario ha evoluto due meccanismi: l'immunit aspecifica e l'immunit specifica, le quali sono legate una all'altra e si influenzano reciprocamente.Immunit aspecifica (innata)Questo tipo di immunit filogeneticamente pi antico, presente fin dalla nascita, non necessita di un precedente contatto con la sostanza lesiva e non d luogo a memoria immunitaria. L'immunit innata comprende le barriere meccaniche, come la cute, e le barriere chimiche, come il succo acido gastrico. Esistono due componenti cellulari: (1) il sistema fagocitario, la cui funzione quella di ingerire e digerire i microrganismi invasori e (2) le cellule natural killer (NK), la cui funzione quella di eliminare alcuni tipi di tumori, di microrganismi e di cellule infettate da virus (v. oltre). Le componenti solubili sono costituite dalle proteine del complemento, dai reattanti di fase acuta e dalle citochine.I fagociti includono i neutrofili e i monociti (nel sangue) e i macrofagi (nei tessuti). Ampiamente distribuiti, i macrofagi sono localizzati in maniera strategica nei punti in cui i tessuti sono a contatto con il sangue o con gli spazi cavitari; ne sono esempi i macrofagi alveolari (nei polmoni), le cellule di Kupffer (nei sinusoidi epatici), le cellule sinoviali (nelle cavit articolari), le cellule microgliali perivascolari (a protezione del SNC), i fagociti mesangiali (nei reni).Le citochine sono polipeptidi non immunoglobulinici secreti dai monociti e dai linfociti in risposta alla loro interazione con un antigene (Ag) specifico, con un Ag aspecifico, oppure in risposta a uno stimolo aspecifico solubile (p. es. endotossine, altre citochine). Le citochine modulano l'ampiezza delle risposte infiammatorie o immunitarie. Sebbene la loro secrezione possa essere indotta dall'interazione di un linfocita con il suo Ag specifico, le citochine non sono Ag-specifiche; pertanto esse costituiscono un tramite tra l'immunit innata e quella adattativa.

Immunit specifica (adattativa)Le caratteristiche distintive dell'immunit specifica sono la capacit di apprendimento, l'adattabilit e la memoria. La sua componente cellulare costituita dai linfociti, mentre le immunoglobuline (Ig) ne rappresentano la componente solubile.I linfociti sono divisi in due sottopopolazioni: quelli derivati dal timo (cellule T) e quelli derivati dal midollo osseo (cellule B). I linfociti sono ripartiti in cloni e ogni clone si specializza nel riconoscimento di un Ag specifico per mezzo del suo recettore per l'Ag. Poich il numero degli Ag potenzialmente illimitato, questa specializzazione sembrerebbe gravare il sistema immunitario di un carico eccessivo, ma il complesso problema di dover provvedere a un numero infinito di cloni altamente specifici viene risolto grazie alla capacit dei geni per il recettore antigenico dei linfociti di riarrangiarsi in una serie di combinazioni pressoch illimitate.La funzione di recettore per l'Ag sulla membrana delle cellule B svolta dalle immunoglobuline di superficie (sIg). Dopo che le cellule B hanno legato un Ag solubile per mezzo delle loro sIg, una serie di eventi cellulari (p. es. proliferazione, differenziazione) porta alla secrezione di una Ig che costituisce l'anticorpo (Ac) specifico per quell'Ag. L'opinione attuale che il corredo anticorpale che un organismo possiede prima di venire in contatto con gli Ag sia costituito da Ac prodotti durante la maturazione delle cellule B attraverso riarrangiamenti dei geni per le Ig. Per capire la natura dell'organizzazione dei geni per le Ig necessario comprendere la struttura delle Ig (v. anche Struttura degli anticorpi, pi avanti).Le Ig sono composte di due catene pesanti e due catene leggere, ognuna con regioni costanti (C)e regioni variabili (V). L'Ag viene legato in corrispondenza della regione variabile. A livello genico, la regione C viene codificata dai geni per la regione C e la regione V viene codificata dai geni per le regioni V e J (per le catene leggere) e dai geni per le regioni V, D e J (per le catene pesanti). Questi segmenti genici non sono disposti in modo continuo sul cromosoma, ma hanno piuttosto una disposizione discontinua e devono essere giustapposti durante la maturazione delle cellule B. Cos, per sintetizzare una catena pesante, uno dei diversi segmenti D (ne sono stati identificati almeno 12) si congiunge con uno dei 6 segmenti J. Questo cluster genico si congiunge poi con uno delle diverse centinaia (probabilmente migliaia) di segmenti genici per la regione V, per dare luogo a un'unit trascrizionale completa per una catena immunoglobulinica pesante.A seconda di quale particolare segmento di ciascuna regione genica viene utilizzato, possibile ottenere un ampissimo numero di molecole Ig con differenti specificit. Le potenzialit della diversit anticorpale vengono ulteriormente incrementate dall'aggiunta di nucleotidi in sequenza casuale in corrispondenza dei siti di giunzione (tra le regioni V, D e J), dovuta a mutazioni puntiformi somatiche e a imprecisioni nell'assemblaggio dei diversi segmenti. Il corredo anticorpale di un organismo prima dell'esposizione agli Ag si ritiene sia costituito da Ac prodotti durante la maturazione delle cellule B attraverso riarrangiamenti dei geni per le Ig.Le cellule T non possiedono sIg, ma riconoscono gli Ag attraverso il loro strumento di riconoscimento principale, il recettore delle cellule T (T-Cell Receptor, TCR) e altre molecole di adesione accessorie. I geni che codificano per il TCR appartengono alla superfamiglia dei geni delle Ig; analogamente ai geni per le Ig, essi vanno incontro a ricombinazione, dando luogo cos a un gran numero di cloni di cellule T, ciascuno dotato di una responsivit antigenica specifica.La porzione del TCR che lega l'Ag formata da due catene (ab o gd), ciascuna delle quali possiede una regione costante e una regione variabile. Diversamente dalla molecola Ig, che si trova isolata sulla superficie della cellula B, il TCR associato con la molecola del CD3; l'intera unit chiamata complesso TCR/CD3. Sebbene le catene del TCR siano soggette al riarrangiamento genico e possiedano una loro variabilit, le catene del CD3 (formato da almeno cinque subunit) sono invariabili e non sono Ag-specifiche. Alcuni Ac anti-CD3 attivano le cellule T in maniera diretta, senza la necessit della presenza dell'Ag. Il CD3 svolge quindi un ruolo importante nella trasduzione del segnale di attivazione attraverso la membrana linfocitaria.I linfociti possono essere ulteriormente suddivisi in sottopopolazioni a seconda della funzione che svolgono o dei loro marker di superficie. Le sottopopolazioni linfocitarie sono state identificate grazie alle diverse combinazioni di determinate molecole presenti sulla loro membrana: questi marker di superficie sono stati denominati cluster di differenziazione (CD). Fino a oggi, sono stati identificati 166 CD. Informazioni aggiornate sugli antigeni CD sono reperibili sul world wide web (http://www.ncbi. nlm.nih.gov/prow).

Complesso maggiore di istocompatibilitLa capacit del sistema immunitario di differenziare il self dal non-self in larga parte determinata dai prodotti del complesso maggiore di istocompatibilit (Major Histocompatibility Complex, MHC), i cui geni si trovano sul cromosoma 6, appartengono alla superfamiglia dei geni delle Ig e sono soggetti a ricombinazione genica. I prodotti del MHC di classe I sono costituiti dagli HLA-A, -B e-C; essi sono ampiamente distribuiti nell'organismo e sono presenti sulla superficie di tutte le cellule nucleate e sulle piastrine. I prodotti del MHC di Classe II sono costituiti dagli HLA-D, -DR, -DP e-DQ; essi hanno una distribuzione pi limitata sulle cellule B, sui macrofagi, sulle cellule dendritiche, sulle cellule di Langerhans e sulle cellule T attivate (ma non su quelle quiescenti).Le cellule B sono in grado di rispondere agli Ag solubili, ma le cellule T lo fanno raramente e riconoscono l'Ag solamente quando associato al MHC; esse riconoscono quindi il complesso MHC/Ag. Il meccanismo attraverso il quale l'Ag viene processato e associato al MHC prima di essere presentato alle cellule T viene realizzato dalle cellule di presentazione dell'antigene (Antigen-Presenting Cells, APC), p. es. le cellule di Langerhans, i monociti, i macrofagi, le cellule dendritiche follicolari e le cellule B. Sebbene i particolari non siano pienamente compresi, sembra che per essere processato l'Ag debba essere esposto, degradato e frammentato. Nel caso della presentazione esogena, l'Ag viene sottoposto a endocitosi e degradazione all'interno dei lisosomi, viene associato ai prodotti del MHC di classe II e viene trasportato fino alla superficie cellulare. Nel caso della presentazione endogena, l'Ag viene prodotto intracellularmente (p. es. da un'infezione virale) e viene sottoposto a degradazione al di fuori dei lisosomi, all'interno di organuli chiamati proteosomi. I peptidi che ne risultano vengono trasferiti al reticolo endoplasmatico rugoso (RER) per mezzo di proteine di trasporto. Una volta all'interno del RER, questi peptidi vengono associati con i prodotti del MHC di classe I per poi essere trasportati fino alla superficie cellulare. importante sapere se l'Ag viene associato con il MHC di classe I o di classe II, perch le molecole CD4 e CD8 agiscono come molecole di adesione accessorie legandosi rispettivamente agli Ag di classe II o di classe I. L'interazione del TCR con il complesso MHC/Ag pu non essere sufficiente per indurre l'attivazione delle cellule T. necessaria la presenza di un segnale di coattivazione; questo secondo segnale mediato dall'interazione del CD28 presente sulla superficie delle cellule T con il CD80 o il CD86 presente sulle APC. L'assenza dell'interazione CD28/CD80-CD86 pu rendere la cellula T anergica o tollerante (v. Fig. 146-1).CitochineSebbene sia necessario un intimo contatto cellulare perch le risposte T-cellulari siano ottimali, le cellule T e i monociti secernono citochine, le quali sono in grado di influenzare eventi biologici che avvengono localmente o a distanza. Esse interagiscono con specifici recettori della superficie cellulare e possono agire in maniera autocrina o paracrina.Le citochine possono essere divise in diversi gruppi, i quali comprendono gli interferoni (IFN-a, b e g), il tumor necrosis factor (TNF-a e b), le interleuchine (dall'IL-1 all'IL-18), i transforming growth factor e i colony stimulating factor (CSF) emopoietici. Per le principali citochine, le loro origini cellulari e i loro effetti fondamentali, v. Tab. 146-1.Anche se le diverse citochine e i loro effetti vengono di solito elencati separatamente, importante ricordare che in una determinata risposta immunitaria le citochine agiscono di concerto, in coppia, oppure in conflitto tra loro. Per esempio l'IL-1 induce la secrezione di IL-2; l'IL-2, l'IL-4 e l'IL-6 possono agire sinergicamente nella generazione dei linfociti T citotossici; l'IL-4 e l'IFN-g possono neutralizzare l'uno gli effetti dell'altro nell'induzione dell'espressione degli Ag di classe II sulle cellule B e nell'induzione della secrezione di IgE.L'orchestrazione contemporanea di diverse risposte e la ridondanza del sistema immunitario sono forse illustrate al meglio dalla struttura di alcuni dei recettori per le interleuchine. Il recettore per l'IL-2 costituito da tre catene: a, b e g. L'espressione di tutte e tre le catene d luogo al recettore per l'IL-2 ad alta affinit; l'espressione delle catene be g d luogo solo a un recettore per l'IL-2 ad affinit intermedia, mentre la catena a rappresenta soltanto un recettore a bassa affinit. stato dimostrato recentemente che mutazioni o una delezione a carico della catena g del recettore per l'IL-2 costituiscono le basi molecolari dell'immunodeficienza combinata grave (Severe Combined ImmunoDeficiency, SCID) legata al cromosoma X. interessante notare che mutazioni a carico delle catene a o b del recettore per l'IL-2 non provocano SCID (almeno nei modelli animali). Questa apparente discrepanza si verifica perch la catena g del recettore per l'IL-2 entra anche nella costituzione del complesso recettoriale per l'IL-4, l'IL-7, l'IL-9 e l'IL-15; questa catena viene adesso denominata catena g comune (gc). Il recettore per l'IL-15 condivide le catene b e gc con il recettore per l'IL-2. La catena a del recettore per l'IL-13 identica alla catena a del recettore per l'IL-4. I recettori per l'IL-3, l'IL-5 e il GM-LCR possiedono tutti una catena b identica.Una nuova famiglia di citochine quella che stata appropriatamente denominata delle chemiochine; esse inducono la chemiotassi e la migrazione delle sottopopolazioni dei leucociti. Esistono quattro sottotipi di chemiochine, i quali sono definiti in base al numero di aminoacidi interposti tra i primi due residui di cisteina della molecola. Alcuni dei recettori per le chemiochine potrebbero servire come corecettori per l'ingresso del HIV all'interno dei monociti/macrofagi.

CELLULE T E IMMUNITA' CELLULARELe cellule T maturano, acquistano capacit funzionali e apprendono il concetto di self all'interno del timo. Il timo svolge il duplice compito della selezione positiva (i cloni che riconoscono il complesso MHC/Ag vengono posti in condizione di proliferare, maturare e migrare in periferia) e della selezione negativa (i cloni che reagiscono al self, riconoscendolo come estraneo, vengono eliminati). Gli esatti meccanismi cellulari e molecolari di questa selezione non sono del tutto conosciuti.Durante lo sviluppo fetale la cellula staminale T, derivata dal midollo osseo, si sposta nel timo, dove matura e apprende il concetto di self. Si svolge quindi il processo della selezione timica e ai linfociti maturi viene consentito di lasciare la ghiandola; essi si ritrovano nel sangue periferico e all'interno dei tessuti linfoidi. Tutte le cellule T mature esprimono il CD4 o il CD8 in maniera mutuamente esclusiva.Cellule T helperLe cellule T che esprimono il CD4 vengono genericamente denominate linfociti T helper (TH). Queste cellule possono essere suddivise in due categorie principali, a seconda della loro funzione, della risposta a diverse citochine e della capacit di secernere citochine. L'opinione attuale che le cellule TH siano in origine precursori cellulari sintetizzanti IL-2. In seguito alla stimolazione iniziale, queste cellule si trasformano in cellule TH0, le quali hanno la capacit di secernere diverse citochine, compresi l'IFN-g, l'IL-2, l'IL-4, l'IL-5 e l'IL-10. A seconda della citochina disponibile, le cellule TH0 possono trasformarsi in cellule TH1 oppure in cellule TH2; l'IFN-g e l'IL-12 promuovono lo sviluppo delle TH 1 e l'IL-4 e l'IL-10 quello delle TH2. I linfociti TH1 e TH2 differiscono tra loro per il profilo delle citochine che secernono: le cellule TH1 secernono IFN-g, mentre le cellule TH2 secernono IL-4, anche se entrambe producono diverse altre citochine (p. es. IL-3, GM-LCR, TNF-a) in maniera equivalente. In generale, i linfociti TH1 favoriscono l'attivazione dell'immunit cellulare, mentre i linfociti TH2 favoriscono quella dell'immunit umorale.L'identificazione delle risposte TH1 e TH2 ha modificato il modo di considerare le relazioni tra il sistema immunitario e le malattie. Una risposta immunitaria deve essere non solo energica, ma anche appropriata all'infezione o alla malattia. Forse il miglior esempio di questa strategia rappresentato dalla lebbra, nella quale si ritiene attualmente che una risposta TH1 dia luogo alla lebbra tubercoloide e una risposta TH2 dia luogo alla lebbra lepromatosa. In aggiunta, una risposta TH1 pu aggravare le patologie autoimmuni, mentre una risposta TH2 favorisce la secrezione di IgE e lo sviluppo di atopia.Cellule T suppressor/citotossiche Le cellule T che esprimono il CD8 sono meno ben caratterizzate rispetto ai sottotipi TH, nonostante sembri che anch'esse possano essere suddivise in due sottotipi sulla base delle citochine che secernono, con criterio identico a quello dei sottotipi dei CD4. stato suggerito che i sottotipi linfocitari vengano chiamati tipo 1 e tipo 2 (T1 e T2) piuttosto che TH1 e TH2, perch la medesima suddivisione si pu osservare nelle cellule CD8.Le cellule T citotossiche (TC) sono linfociti T citotossici (Cytotoxic T Lymphocytes, CTL, v. oltre) Ag-specifici con restrizione MHC. Sia le cellule CD4 sia le cellule CD8 possono fungere da CTL, a seconda del rispettivo riconoscimento del MHC di classe II o di classe I. Si conoscono diversi altri tipi di cellule citotossiche o killer, ma solo alcune di esse esprimono i marker CD8 o CD4. Cellule killerL'identificazione di ciascun tipo di cellula killer (tra i diversi possibili) dipende dalla restrizione MHC, dalla necessit di sensibilizzazione, dal tipo di bersaglio e dalla risposta alle citochine. Sebbene i macrofagi possano essere citotossici, tale tossicit aspecifica ed il risultato della loro attivazione da parte di alcune citochine. I vari tipi di cellule killer possono essere fondamentalmente divisi in cellule con restrizione MHC (p. es. i CTL) e cellule senza restrizione MHC (p. es. le cellule NK). Nessuno dei due tipi richiede Ac, complemento o fagocitosi per eliminare le cellule bersaglio; al contrario, esse trasmettono il segnale litico attraverso la membrana della cellula bersaglio dopo aver stabilito con essa un intimo contatto intercellulare.Cellule killer con restrizione MHC: i linfociti T citotossici (CTL) sono cellule killer generate unicamente in seguito a sensibilizzazione specifica nei confronti di cellule che esprimono prodotti MHC estranei (CTL allogenici) oppure nei confronti di cellule autologhe che siano state modificate da un'infezione virale o da un aptene chimico (CTL singenici). La vita di un CTL attraversa 3 fasi: una cellula precursore pu divenire citotossica in seguito a uno stimolo appropriato; questa cellula effettrice una cellula differenziata che pu indurre la lisi del suo bersaglio specifico; una cellula di memoria, quiescente e non ulteriormente stimolata, pronta a divenire effettrice in seguito a una nuova stimolazione con le cellule originali. Le cellule intatte costituiscono gli stimoli pi potenti per la generazione dei CTL; gli Ag solubili sono inefficaci, eccetto in determinate condizioni. Come stato descritto in precedenza, l'Ag viene processato e un suo frammento viene incorporato all'interno del sito per la presentazione dell'Ag del MHC. Oggi possibile identificare i peptidi che possiedono una configurazione sterica perfettamente complementare a quella di diversi aplotipi MHC. Se per la stimolazione vengono utilizzati questi peptidi, essi possono essere incorporati all'interno del MHC e stimolare in tal modo una risposta T-cellulare.I CTL allogenici possono essere facilmente prodotti in vitro coltivando linfociti normali in presenza di cellule stimolatrici allogeniche irradiate che presentano modificazioni a carico di una parte o di tutta la barriera MHC. I CTL allogenici possono inoltre essere prodotti in vivo in seguito al trapianto di un organo proveniente da un donatore i cui prodotti MHC sono diversi da quelli del ricevente e probabilmente svolgono un ruolo importante nel rigetto dei trapianti. Perch la produzione di CTL abbia successo sono necessari due segnali: il segnale antigenico (cellule stimolatrici) e il segnale di amplificazione (citochine). Un'azione efficace di questi due segnali richiede la presenza delle APC, dei TH e dei precursori dei TC. Il segnale di amplificazione mediato da citochine che agiscono in tandem; le pi importanti sono l'IL-1, l'IL-2 e l'IL-4, ma si ritiene che altre citochine (comprese l'IL-6, l'IL-7, l'IL-10 e l'IL-12) siano coinvolte nella generazione dei CTL, almeno in vitro.Un altro tipo di CTL che importante per l'eliminazione di taluni patogeni intracellulari (specialmente le cellule infettate da virus) costituito dai cosiddetti CTL Ag-specifici (CTL singenici). I CTL singenici riconoscono esclusivamente le cellule bersaglio che esprimono l'Ag utilizzato per la sensibilizzazione in associazione con il MHC. Tali CTL vengono generati contro cellule autologhe che siano state "modificate" da infezioni virali o apteni chimici. L'espressione di prodotti virali o di apteni, sulla superficie cellulare in associazione con il MHC innesca una cascata di eventi differenziativi cellulari e di rilascio e risposta citochinica analoghi a quelli dei CTL allogenici. Sia i CTL allogenici sia quelli singenici adoperano il complesso TCR/CD3 per il riconoscimento della cellula bersaglio.Cellule killer senza restrizione MHC: al contrario dei CTL, le cellule natural killer (NK) non hanno bisogno di sensibilizzazione per esprimere la loro funzione killer. Le cellule NK costituiscono dal 5 al 30% dei linfociti del sangue periferico normale. Esse sono linfociti, ma non appartengono alle linee cellulari T o B: di conseguenza, le cellule NK non esprimono sIg o TCR/CD3 sulla loro superficie. Il pattern dei marker di superficie che caratterizza meglio queste cellule CD2+, CD3-, CD4- e CD56+, con una sottopopolazione che risulta CD8+. Il compito delle cellule NK l'eliminazione di determinate cellule tumorali autologhe, allogeniche e anche xenogeniche, indipendentemente dal fatto se questi bersagli esprimano il MHC; in effetti, possibile che esse eliminino preferenzialmente le cellule bersaglio che esprimono poco o nulla il MHC di classe I. La suscettibilit alla lisi da parte delle cellule NK pu essere ridotta se la cellula bersaglio viene stimolata a incrementare l'espressione del suo MHC (p. es. tramite transfezione o IFN).Questa apparente inibizione dell'attivit litica NK indotta dall'espressione del MHC di classe I ha portato all'identificazione di diversi recettori per questa classe sulla superficie delle cellule NK. Questi recettori sono strutturalmente differenti dal TCR e vengono generalmente denominati recettori inibitori delle cellule killer (Killer cell Inhibitory Receptors, KIR). Mentre l'interazione del MHC con il TCR presente sulla membrana delle cellule T conduce all'attivazione della cellula T, l'interazione del MHC con la maggior parte dei KIR porta all'inibizione dell'attivit NK, nonostante esistano alcuni KIR in grado di indurne l'attivazione. I KIR sono stati identificati anche sulle cellule T. Ci pone un problema interessante: le cellule T possiedono recettori differenti (TCR/CD3 e KIR) per la stessa molecola (il MHC di classe I), ma con effetti opposti. Cosa sia a decidere se una cellula T verr attivata o inibita non si sa con precisione e il risultato finale pu variare a seconda del clone T-cellulare.Da molto tempo si ritiene che le cellule NK siano importanti nella sorveglianza antitumorale, poich esse sono in grado di eliminare alcune cellule bersaglio neoplastiche e perch la maggior parte dei tumori non esprime il MHC. Le cellule NK eliminano inoltre alcune cellule infettate da virus e alcuni batteri (p. es. la Salmonella typhi). La struttura di riconoscimento dell'Ag delle cellule NK non stata ancora identificata.In aggiunta alla loro capacit di killing, le cellule NK possono secernere diverse citochine, in particolare IFN-g e GM-LCR (fattore stimolante le colonie dei granulociti e dei macrofagi). Le cellule NK potrebbero costituire la fonte pi potente di IFN-g: mediante la sua secrezione, queste cellule possono esercitare la loro influenza sul sistema immunitario adattativo favorendo la differenziazione dei linfociti TH1 e inibendo quella dei TH2.Citotossicit cellulo-mediata anticorpo-dipendenteLe cellule NK esprimono il CD16, un recettore per la regione Fc delle IgG (v. Struttura degli anticorpi, pi avanti), e possono utilizzare questo recettore per mediare un altro tipo di lisi cellulare che non presenta restrizione MHC. La citotossicit cellulo-mediata anticorpo-dipendente (Ab-Dependent Cell-mediated Cytotoxicity, ADCC) dipende dalla presenza di Ac che riconoscono una cellula bersaglio (la sua specificit pertanto dovuta alla specificit dell'Ac). In seguito al legame con il suo Ag, la regione Fc dell'Ac viene esposta e si lega poi al suo recettore sulla cellula NK per formare un ponte molecolare. Una volta formato il ponte, alla cellula bersaglio viene trasmesso un segnale litico ancora non del tutto compreso, il quale ne determina la morte.Un forma interessante di ADCC la cosiddetta ADCC inversa. Alcune cellule killer, compresi i CTL con restrizione MHC, che esprimono il CD3 sulla loro superficie, possono perdere la loro specificit in presenza di Ac anti-CD3. L'anti-CD3 si unisce al suo ligando sulla superficie della cellula killer, lasciando la sua porzione Fc libera di legarsi a sua volta con le cellule bersaglio che esprimono i recettori per la Fc. Anche in questo caso, una volta che si formato un ponte, il segnale litico viene trasmesso alla cellula bersaglio che porta la Fc. Alcune forme di ADCC potrebbero rivelarsi utili per colpire le cellule tumorali in vivo, come forma di terapia immunitaria.Cellule T killer senza restrizione MHCIn aggiunta alle cellule NK CD3- TCR- CD56- , una diversa sottopopolazione CD3+ CD56+ e pu esprimere il CD2, il CD5 e il CD8. La maggior parte di tali elementi TCR-gd, sebbene siano stati identificati alcuni cloni TCR-ab. Questa sottopopolazione pu mediare una certa attivit simil-NK spontanea e pu incrementare tale attivit dopo stimolazione con IL-2. Un'altra sottopopolazione di cellule T (CD3+ TCR-gd CD4- CD8- CD56- CD16-) pu avere azione citotossica, sebbene nella maggior parte dei casi si tratti di cloni o linee cellulari. Rimane da chiarire se i linfociti isolati di recente che possiedono questo fenotipo siano dotati di attivit citotossica spontanea.Cellule killer attivate da linfochineAlcuni linfociti coltivati in presenza di IL-2 si trasformano in potenti cellule killer attivate da linfochine (Lymphokine-Activated Killers, LAK) capaci di eliminare un ampio spettro di cellule bersaglio tumorali, come pure linfociti autologhi che siano stati modificati dalla coltura, da alcuni virus o da apteni. Le cellule LAK vengono considerate un fenomeno funzionale, pi che una sottopopolazione linfocitaria specifica. I precursori delle LAK sono eterogenei, ma possono essere divisi in due categorie principali: simil-NK e simil-T. Si ritiene generalmente che le cellule NK classiche costituiscano i principali precursori delle LAK nel sangue periferico, ma ci potrebbe non essere vero nei tessuti extravascolari.Test per l'immunit cellulareLa valutazione quantitativa di base dell'immunit cellulare deve comprendere la conta linfocitaria, la conta differenziale delle sottopopolazioni T-cellulari (CD3, CD4, CD8) e la conta delle cellule NK con tecniche di fluorescenza. La valutazione qualitativa comprende i test cutanei di ipersensibilit ritardata (Delayed-Type Hypersensitivity, DTH) e i seguenti test in vitro: (1) proliferazione in risposta ad Ag solubili, ad Ac anti-CD3 e ad allo-Ag; (2) attivit litica delle cellule NK sia spontanea sia dopo stimolazione con IL-2 o IFN; (3) capacit di elaborazione delle citochine, con particolare riferimento all'IFN-g, al TNF-a, all'IL-2 e all'IL-4; (4) capacit di generazione di CTL con restrizione MHC. L'esecuzione di indagini ulteriori dipender dai risultati di questi test. La valutazione esaustiva dell'immunit cellulare viene effettuata soltanto nei laboratori di ricerca.I test cutanei di DTH forniscono indicazioni sulla normalit di alcuni aspetti del sistema immunitario cellulare. Tuttavia, essi non valutano lo stato delle cellule CD8, delle cellule CD4 vergini, delle cellule NK e delle APC diverse dalle cellule di Langerhans. Per esempio, un paziente pu avere un'assenza completa di cellule NK e presentare ancora una normale DTH. Cos, mentre la negativit di un test cutaneo di DTH indica la presenza di un'immunit cellulare anormale, non vero il contrario (v. Reti immunitarie, pi avanti).I test cutanei di DTH devono essere letti a 48 h. Una risposta pi precoce potrebbe essere dovuta a una reazione di Arthus (che comincia da 4 a 6 h dopo l'esecuzione del test e pu essere presente fino a 24 h dopo). Questa reazione dovuta alla presenza di un Ac che si lega all'Ag iniettato dando origine alla formazione di immunocomplessi, all'attivazione del complemento e alla chemiotassi dei neutrofili. L'infiltrato cellulare di una reazione di Arthus consiste soprattutto di neutrofili, mentre l'infiltrato della DTH costituito da cellule mononucleate. La risposta di DTH comincia a risolversi dopo 48 h e se si legge il test cutaneo a 72 h una reazione ai limiti inferiori della positivit (indurimento > 5 mm) pu sembrare falsamente negativa.

RETI IMMUNITARIEIl sistema immunitario si comporta come un'unit indivisibile e nessuna delle sue componenti agisce in maniera autonoma. In ogni risposta immunitaria, le varie componenti agiscono di concerto, in tandem o in conflitto tra loro, come esemplificato dalla capacit del sistema immunitario di eliminare i microrganismi. I microrganismi extracellulari (la maggior parte dei batteri capsulati) per essere digeriti devono solo essere fagocitati; al contrario i microrganismi intracellulari (p. es. i micobatteri) vengono facilmente ingeriti, ma non possono essere digeriti a meno che il macrofago non riceva un segnale di attivazione.La strategia per eliminare i microrganismi extracellulari pertanto orientata alla fagocitosi, la quale viene facilitata dall'opsonizzazione (rivestimento di un microrganismo con Ac e/o con prodotti del complemento). Poich la maggior parte dei fagociti possiede recettori per la porzione Fc degli Ac e per i prodotti del C3, la presenza di queste molecole su un batterio facilita la sua adesione e la sua ingestione. Questa risposta immunitaria "semplice" dipende dal buon esito della sintesi di Ac, dall'attivazione della cascata complementare e dall'integrit del sistema fagocitario. Gli Ac vengono prodotti dalle cellule B, tuttavia queste cellule sono soggette all'azione di induzione o di soppressione da parte delle cellule T. In aggiunta, i fagociti vengono richiamati da fattori chemiotattici, alcuni dei quali sono sintetizzati dalle cellule T.La strategia per eliminare alcuni microrganismi intracellulari che infettano i fagociti prevede l'attivazione delle cellule ospiti, le quali successivamente divengono "armate" e capaci di uccidere questi organismi in maniera aspecifica. La capacit di attivare i macrofagi costituisce il nucleo fondamentale della tipica reazione di ipersensibilit ritardata (DTH) e il test cutaneo di DTH un esempio eccellente delle diverse cascate di eventi coinvolte in una determinata risposta immunitaria. Il presupposto di un test cutaneo di DTH che l'iniezione intradermica di un Ag con il quale il paziente sia venuto a contatto in precedenza conduca all'indurimento cutaneo locale entro 48 h. La complessa rete di interazioni implicata in una risposta di questo tipo illustrata nella Fig. 146-2. In seguito all'iniezione, le cellule di Langerhans della cute captano l'Ag, lo processano e lo presentano (complessato con il MHC di classe II) a una cellula CD4+ che era gi stata esposta all'Ag in precedenza (cio una cellula di memoria a lunga sopravvivenza). Appena la cellula CD4+ lega il complesso Ag/MHC, essa esprime i recettori per l'IL-2 e rilascia diverse citochine (p. es. IFN-g, IL-2 e fattori chemiotattici per i linfociti e i macrofagi). L'IFN-g stimola le cellule endoteliali ad aumentare la loro espressione delle molecole di adesione, facilitando cos la fuoriuscita dei linfociti e dei macrofagi attraverso la barriera endoteliale. L'IL-2 e l'IFN-g agiscono inoltre come segnali di proliferazione/ differenziazione, consentendo l'espansione dei cloni delle cellule T di memoria e delle cellule T appena reclutate. Dopo che i macrofagi hanno raggiunto la sede di inoculazione, i fattori di inibizione della migrazione (Migration-Inhibiting Factors, MIF) secreti dalle cellule T attivate impediscono loro di allontanarsi. L'IFN-g e il GM-LCR, entrambi secreti dalle cellule T, agiscono successivamente come fattori di attivazione dei macrofagi (Macrophage Activating Factors, MAF). I macrofagi attivati sono ora "armati" e sono in grado di eliminare gli organismi intracellulari e ogni cellula tumorale eventualmente presente.I macrofagi attivati secernono IL-1 e TNF-a, i quali potenziano la secrezione di IFN-g e di GM-LCR, aumentano l'espressione delle molecole di adesione sulle cellule endoteliali e permettono a queste cellule di secernere un fattore tissutale che innesca la cascata coagulativa, la quale si conclude con la deposizione di fibrina. Contemporaneamente, i linfociti attivati secernono il fattore inducente la procoagulazione dei macrofagi (Macrophage Procoagulant-Inducing Factor, MPIF), il quale consente l'espressione dell'attivit procoagulativa macrofagica (Macrophage ProCoagulant Activity, MPCA). La MPCA attiva inoltre la cascata della coagulazione dando luogo alla deposizione di fibrina. Quest'ultima responsabile dell'indurimento che si osserva nei test cutanei di DTH.La via della DTH importante per l'eliminazione dei microrganismi che infettano i fagociti. Alcuni microrganismi (p. es. i virus) possono infettare cellule che non possiedono un apparato litico e che quindi non possono essere attivate per mediare il killing intracellulare. Tali patogeni vengono eliminati dai CTL. In caso di infezione da parte di un virus, le cellule esprimono gli Ag virali sulla loro superficie in associazione con il MHC. Questo complesso virus/MHC stimola la formazione di CTL singenici che in seguito distruggono le cellule che lo esprimono. A seconda dell'associazione del prodotto virale con il MHC di classe I o di classe II, i CTL appartengono rispettivamente alle sottopopolazioni dei CD8 e dei CD4. Come stato descritto in precedenza, l'associazione con l'una o l'altra classe del MHC dipende dalla via che stata utilizzata per processare l'Ag; p. es., la maggior parte dei CTL prodotti contro il virus del morbillo e quello dell'herpes simplex appartiene alla sottopopolazione dei CD4. Durante l'infezione da virus influenzale, i CTL diretti contro l'Ag nucleoproteico sono CD8, mentre quelli diretti contro l'Ag emoagglutininico sono CD4.CELLULE B E IMMUNITA' UMORALELe cellule B costituiscono dal 5 al 15% dei linfociti del sangue e sono morfologicamente indistinguibili dalle cellule T. Tuttavia, esse possono essere riconosciute fenotipicamente per la presenza di sIg (sIgM sulle cellule B immature; sIgM e sIgD sulle cellule B mature antigenicamente vergini; sIgG, sIgA o sIgE sulle cellule B che hanno subto lo switch isotipico) e per la presenza del CD19, CD20, CD21 (CR2), CD49c, CD72 e CD80. Inoltre le cellule B possono esprimere il MHC di classe II e una variet di altri CD che non sono loro specifici. All'interno dei linfonodi, le cellule B si trovano nella zona corticale sottocapsulare esterna nel contesto dei follicoli primari e secondari e nei cordoni midollari; nella milza, esse sono contenute nella zona marginale e nei follicoli.Le cellule B sembrano svilupparsi secondo una serie di fasi programmate. Queste tappe hanno inizio nel midollo osseo con la cellula staminale orientata, proseguono attraverso gli stadi di cellula pro-B precoce e tardiva (con riarrangiamento dei geni D-J per le catene pesanti) e lo stadio di cellula pre-B (con riarrangiamento definitivo dei geni V-DJ per le catene pesanti e comparsa di catene m nel citoplasma e sulla superficie cellulare), e si concludono con la cellula B immatura (con riarrangiamento V-J per le catene leggere e comparsa di IgM di membrana). Non sembra che l'Ag abbia un ruolo nell'indirizzare questa sequenza, ma l'interazione delle cellule B immature con l'Ag pu condurre all'inattivazione clonale o alla tolleranza. Le cellule B immature che non vengono inattivate possono continuare a svilupparsi fino a diventare cellule B mature antigenicamente vergini e lasciare il midollo per colonizzare gli organi linfoidi periferici. In essi, l'interazione tra sIgG e antigeni estranei le trasforma in linfoblasti. Giunte al termine della loro differenziazione, queste cellule B diventano plasmacellule, le quali secernono Ig di una sola classe.Le cellule B presenti nei tessuti periferici sono preorientate a rispondere a un limitato numero di Ag. La prima interazione tra la cellula B e l'Ag conosciuta come risposta immunitaria primaria e le cellule B orientate a rispondere a questo Ag vanno incontro a differenziazione e proliferazione clonale. Alcune divengono cellule di memoria; altre si differenziano in plasmacellule mature sintetizzanti Ac. Le caratteristiche principali della risposta immunitaria primaria sono la presenza di un periodo di latenza prima della comparsa degli Ac, la produzione soltanto di una piccola quantit di Ac, inizialmente IgM e successivamente uno switch dell'isotipo delle Ig (con la collaborazione delle cellule T) verso le IgG, le IgA o le IgE. Ci porta alla generazione di un gran numero di cellule di memoria in grado di rispondere in futuro al medesimo Ag.La risposta immunitaria secondaria (anamnestica o amplificata) ha luogo in occasione dei successivi contatti con lo stesso Ag. Le sue caratteristiche principali sono la rapida proliferazione delle cellule B, la rapida differenziazione in plasmacellule mature e la sollecita produzione di grandi quantit di Ac, soprattutto IgG, che vengono liberati nel sangue e in altri tessuti dell'organismo dove possono venire a contatto con l'Ag in condizioni ottimali e reagire efficacemente con esso.In risposta al medesimo Ag possono essere prodotte IgM, IgG e IgA. Cos le cellule B derivate da una singola cellula B matura antigenicamente vergine possono differenziarsi in una famiglia di cellule B geneticamente programmate per sintetizzare Ac aventi una singola specificit antigenica, con cloni rappresentativi orientati alla produzione di ciascuna delle classi delle Ig (p. es. IgM, IgG, IgA).Le cellule B possono rispondere all'Ag in maniera T-dipendente oppure T-indipendente. Gli Ag T-indipendenti (p. es. i polisaccaridi dello pneumococco, i lipopolisaccaridi dell'Escherichia coli e le polivinilpirrolidine) sono sostanze ad alto peso molecolare con determinanti antigenici ripetitivi disposti in sequenza lineare e sono molto resistenti alla degradazione da parte degli enzimi dell'organismo. Essi evocano essenzialmente una risposta di tipo IgM.La maggior parte degli Ag naturali T-dipendente e necessita della processazione da parte delle cellule presentanti l'Ag (APC). Queste APC presentano l'Ag sia alle cellule T sia a quelle B. Le cellule T liberano citochine che inducono le cellule B a rispondere all'Ag producendo Ac. Durante la stimolazione antigenica delle cellule B, si verifica uno switch dalla produzione di IgM a quella di IgG. Questo switch isotipico dipendente dalle cellule T helper (TH) e pu richiedere l'intervento di differenti sottopopolazioni di cellule TH e di citochine specifiche. Per esempio, l'IL-4 o l'IL-13 sono necessarie per lo switch isotipico da IgM a IgE.

Antigeni e anticorpiStruttura degli antigeni e antigenicit: un Ag una sostanza in grado di evocare risposte immunitarie specifiche. Una volta prodotti, gli Ac sono quindi in grado di combinarsi con Ag specifici, pi o meno come i pezzi di un puzzle. Gli Ac riconoscono i siti di combinazione degli Ag, i quali consistono in configurazioni steriche specifiche (epitopi o determinanti antigenici) sulle superfici di grandi molecole ad alto peso molecolare (p. es. proteine, polisaccaridi e acidi nucleici). La presenza di un epitopo di questo genere rende una molecola un Ag. I siti di combinazione dell'Ac e dell'Ag si incastrano saldamente tra loro con una potente forza attrattiva, perch le aree di appaiamento sulla superficie di ciascuna molecola sono relativamente ampie. La stessa molecola anticorpale pu inoltre reagire in maniera crociata con Ag tra loro correlati, se i determinanti sulla loro superficie sono sufficientemente simili a quelli presenti sull'Ag originale.Le sostanze sono immunogene (antigeniche) se il sistema immunitario in grado di riconoscerne i determinanti antigenici come estranei (non-self) e se il peso molecolare della sostanza sufficientemente elevato. Un aptene una sostanza con peso molecolare inferiore a quello di un Ag, la quale capace di reagire in maniera specifica con un Ac, ma che non in grado di indurre la formazione di Ac a meno che non sia legata a un'altra molecola, solitamente una proteina (la proteina carrier); p. es. la penicillina un aptene che pu legarsi all'albumina.Struttura degli anticorpi: le molecole anticorpali sono Ig che possiedono sequenza aminoacidica e una struttura terziaria particolari, che conferiscono loro la capacit di legarsi a una struttura complementare situata sull'Ag. Nonostante tutte le Ig siano probabilmente Ac, non sempre possibile conoscere l'Ag contro il quale ciascuna Ig diretta. La reazione Ag-Ac pu svolgere un ruolo specifico nella protezione dell'ospite contro virus, batteri e altri patogeni. Le Ig sono responsabili della maggior parte della frazione g-globulinica delle proteine plasmatiche.Le molecole anticorpali sono estremamente eterogenee e nel loro complesso sono in grado di combinarsi con un numero di Ag praticamente illimitato, tuttavia condividono alcune caratteristiche comuni. Nell'ambito di ciascuna classe, le Ig monomeriche possiedono una struttura analoga. Ciascuna molecola composta da quattro catene polipeptidiche, due catene pesanti identiche e due catene leggere identiche. Le catene pesanti hanno ciascuna un peso molecolare variabile da 50000 a 70000 dalton e ogni catena leggera ha un peso molecolare di circa 23000 dalton. Ponti disolfuro uniscono le catene tra loro e conferiscono alla molecola la configurazione a Y comunemente conosciuta.La molecola Ig a forma di Y si compone di una regione variabile (V) e di una regione costante (C). La regione V situata alle estremit distali delle braccia della Y ed chiamata cos a causa dell'alta variabilit degli aminoacidi che vi si trovano, i quali determinano di volta in volta la capacit dell'Ig di combinarsi con l'Ag. La regione C, prossimale al sito di combinazione con l'Ag, contiene una sequenza aminoacidica relativamente costante la quale caratteristica di ciascuna classe di Ig (v. anche Immunit specifica [adattativa], sopra).Le regioni ipervariabili situate all'interno delle regioni V contengono i determinanti idiotipici, ai quali possono legarsi gli Ac naturali (chiamati Ac anti-idiotipo). Il legame dell'Ac anti-idiotipo con il suo determinante idiotipico importante per la regolazione delle risposte B-cellulari. Al contrario, i determinanti allotipici presenti nella regione C danno origine ad Ac anti-allotipo, i quali possiedono specificit di classe. Quindi, ciascun clone di cellule B produce la sua Ig specifica, avente una specifica sequenza aminoacidica, la quale si combina con una particolare configurazione antigenica. Ci nonostante, i membri di ogni clone possono modificare la classe della molecola Ig che producono, mantenendo tuttavia invariate le catene leggere e le regioni V.Per studiare la relazione esistente fra struttura e funzione, le molecole degli Ac sono state frammentante con l'impiego di enzimi proteolitici (v. Fig. 146-3). La papaina scinde le Ig in due frammenti monovalenti, i Fab (che contengono il sito di legame per l'Ag) e un frammento singolo, l'Fc (cristallizzabile). Il frammento Fab formato da una catena leggera e da una parte di una catena pesante e contiene le regioni V della molecola Ig (i siti di combinazione). Il frammento Fc contiene la maggior parte della regione C; questo frammento responsabile dell'attivazione del complemento e si lega ai recettori per l'Fc presenti sui fagociti. La pepsina produce un frammento chiamato F(ab')2, il quale formato dai due Fab e da una porzione delle catene pesanti che contiene i ponti disolfuro.Nell'uomo, ogni classe principale di Ig possiede una catena pesante corrispondente; le catene pesanti m, g,a, e e d si trovano rispettivamente nelle IgM, nelle IgG, nelle IgA, nelle IgE e nelle IgD. Nelle cinque classi di Ig dell'uomo esistono solo due tipi di catene leggere, l e k. In questo modo, esistono 10 tipi differenti di molecole Ig (p. es. IgG-l, IgG-k). Tre classi (le IgG, le IgD e le IgE) esistono solo in forma monomerica. Le IgM circolano nel sangue in forma pentamerica o monomerica. Come pentamero, le IgM contengono cinque molecole a forma di Y (10 catene pesanti e 10 catene leggere). Le IgA esistono come monomeri, dimeri e trimeri. Le IgG possiedono quattro sottoclassi (IgG1, IgG2, IgG3, IgG4); le IgA possiedono due sottoclassi (IgA1 e IgA2). Si comincia oggi ad associare specifiche funzioni biologiche alle varie sottoclassi (p. es. le IgG4 non fissano il complemento n si legano ai monociti e le IgG3 hanno un'emivita significativamente pi breve rispetto alle altre tre sottoclassi di IgG).Sono state identificate anche strutture addizionali. Le catene di giunzione (Joining, J) tengono unite le cinque subunit delle IgM, come anche le subunit delle IgA. Le IgA secretorie possiedono una catena polipeptidica aggiuntiva, la componente secretoria (Secretory Component, SeC), prodotta dalle cellule epiteliali e aggiunta alla molecola IgA dopo la sua sintesi.Per contrassegnare ciascuna classe di Ig sono stati tradizionalmente impiegati i coefficienti di sedimentazione, determinati con la tecnica dell'ultracentrifugazione. Le IgM hanno il pi alto coefficiente di sedimentazione a 19S e le IgG hanno un coefficiente di circa 7S.Propriet biologiche degli anticorpi: la struttura aminoacidica della regione C della catena pesante determina l'isotipo della classe di Ig cui appartiene. Ogni classe svolge funzioni differenti.Le IgM, i primi Ac che vengono sintetizzati in seguito a immunizzazione primaria (esposizione a un nuovo Ag), proteggono dalle aggressioni il compartimento intravascolare. Le molecole pentameriche delle IgM attivano prontamente il complemento e svolgono funzioni di opsonizzazione e di agglutinazione per collaborare con il sistema fagocitario nell'eliminazione di molti tipi di microrganismi. Le isoemoagglutinine e molti Ac diretti contro i microrganismi gram - sono IgM. Le IgM monomeriche svolgono la funzione di recettori per l'Ag sulla membrana delle cellule B.Le IgG, la classe di Ac sierici di gran lunga predominante, si possono trovare anche nei compartimenti extravascolari; vengono prodotte quando il titolo delle IgM comincia a decrescere dopo l'immunizzazione primaria. Le IgG sono le principali Ig prodotte in seguito a reimmunizzazione (risposta immunitaria di memoria o secondaria). Esse proteggono i tessuti dai batteri, dai virus e dalle tossine. Le IgG sono le uniche Ig in grado di attraversare la barriera placentare. Sottoclassi differenti di IgG neutralizzano le tossine batteriche, attivano il complemento e potenziano la fagocitosi grazie all'opsonizzazione. Le g-globuline disponibili in commercio sono costituite quasi interamente da IgG, con piccole quote di altre Ig.Le IgA si trovano nelle secrezioni mucose (saliva, lacrime, secrezioni respiratorie, GU e GI, oltre al colostro), dove provvedono a una difesa antibatterica e antivirale di primo livello. Le IgA secretorie vengono sintetizzate nelle regioni subepiteliali dell'apparato GI e di quello respiratorio e sono combinate con una componente secretoria (SeC) prodotta localmente. Alcune cellule produttrici di IgA si trovano nei linfonodi e nella milza. Le IgA sieriche non possiedono la SeC; esse conferiscono protezione nei confronti della Brucella, della difterite e della poliomielite.Le IgD sono presenti nel siero in concentrazioni estremamente basse, ma compaiono anche sulla superficie delle cellule B in via di maturazione e potrebbero svolgere un ruolo importante nella loro crescita e nel loro sviluppo.Le IgE (Ac reaginici, sensibilizzanti cutanei o anafilattici), come le IgA, si trovano principalmente nelle secrezioni mucose respiratorie e GI. Nel siero, sono presenti in concentrazioni molto basse. Le IgE interagiscono con le mast-cellule; il legame simultaneo di due molecole di IgE da parte di un allergene pu provocare la degranulazione delle cellule, con il rilascio di mediatori chimici che causano una risposta di tipo allergico. I livelli sierici delle IgE sono elevati nelle malattie atopiche (p. es. asma allergico o estrinseco, febbre da fieno e dermatite atopica), nelle malattie parassitarie, nel morbo di Hodgkin in fase molto avanzata e nel mieloma monoclonale a IgE. Le IgE possono svolgere un ruolo positivo nella difesa contro i parassiti.Metodi di dosaggio delle immunoglobulineLe IgG, le IgM e le IgA sono presenti nel siero in concentrazioni sufficientemente elevate da poter essere misurate con diverse tecniche che rilevano la presenza di qualsiasi Ag. Una metodica ormai datata quella dell'immunodiffusione radiale (tecnica di Mancini), nella quale il siero contenente l'Ag viene posto in un pozzetto ricavato in una piastra di agar contenente l'Ac; la dimensione degli anelli di precipitazione che si formano nell'agar proporzionale alla concentrazione dell'Ag nel siero. Per determinare le concentrazioni specifiche di numerose proteine sieriche, comprese le Ig, molti laboratori impiegano adesso la nefelometria, una metodica rapida e altamente riproducibile basata sul principio della dispersione della luce da parte delle molecole. Anche l'immunoelettroforesi viene utilizzata occasionalmente per identificare le Ig, particolarmente le Ig monoclonali (v. Mieloma multiplo nel Cap. 140). Le IgE sono presenti nel siero in quantit talmente piccole che devono essere misurate con metodi radioimmunologici o con il test di immunoassorbimento enzimatico (Enzyme-Linked ImmunoSorbent Assay, ELISA). Le IgE dirette contro Ag specifici vengono misurate utilizzando il test di radioallergoassorbimento (RadioAllergoSorbent Test, RAST, v. Cap. 148). Le sottoclassi delle Ig possono essere misurate utilizzando metodi radioimmunologici o l'ELISA. REGOLAZIONE DELLE RISPOSTE IMMUNITARIE UMORALILa capacit di allestire una risposta immunitaria umorale in gran parte determinata geneticamente. Il riconoscimento dell'Ag da parte delle cellule T regolato dai geni del MHC. Sono inoltre importanti la capacit delle APC di presentare l'Ag e la potenzialit delle cellule B di produrre Ac.Il controllo della risposta immunitaria di importanza cruciale. In caso contrario, una produzione illimitata di Ac (particolarmente contro Ag self) potrebbe portare all'autodistruzione. La risposta immunitaria umorale viene modulata in primo luogo dalla scomparsa naturale della sostanza estranea che l'ha indotta (p. es., batteri) non appena essa viene eliminata dall'organismo. Una regolazione ulteriore quella operata dagli Ac e dalle cellule T, dalla rete idiotipica degli Ac e dalle citochine. Gli Ag possono unire con un legame crociato lo specifico recettore per l'Ag presente sulle cellule B con qualche recettore per l'Fcg e in questo modo sopprimere l'attivazione delle cellule B antigenicamente vergini. Gli Ac anti-idiotipo reagiscono con i determinanti idiotipici situati nella regione V della molecola Ig. Ci avviene perch la regione V di ciascuna molecola anticorpale esclusiva dell'Ac prodotto da quel determinato clone. A sua volta, ciascun Ac anti-idiotipo pu possedere idiotipi che vengono riconosciuti da altri Ac anti-idiotipo e il processo di reazione di una Ig contro un'altra Ig pu continuare. In questo modo, gli Ac anti-idiotipo possono sopprimere la produzione degli Ac idiotipici bloccando i recettori presenti sulle cellule B e T. Questo fenomeno spiega perch nel neonato la malattia da incompatibilit Rh pu essere prevenuta mediante la somministrazione passiva di Ac IgG anti-Rh (anti-D) alla madre.

IL SISTEMA DEL COMPLEMENTOSistema costituito da pi di 34 proteine che interagiscono tra loro in una cascata (simile a quella del sistema della coagulazione) che ha come effetto finale un gran numero di processi biologici diversi.Molte proteine del complemento sono enzimi che si trovano nel siero sotto forma di precursori inattivi (zimogeni); molte altre si trovano sulla superficie delle cellule. Le proteine del complemento costituiscono circa il 10% delle proteine sieriche e il terzo componente (C3) presente alla concentrazione pi elevata (circa 1,5 mg/ml). Le tre vie di attivazione del complemento sono denominate via classica, via alternativa e via della lectina legante il mannano (Mannan Binding Lectin, MBL) (v. Fig. 146-4). Esse sono tutte dirette verso la pi importante tra le singole tappe di attivazione, il clivaggio del C3. La via finale comune denominata via terminale o complesso di attacco alla membrana (Membrane Attack Complex, MAC).Nomenclatura: i componenti della via classica sono designati con una C seguita da un numero (p. es. C1, C3). A causa dell'ordine con il quale sono stati via via identificati, i primi quattro componenti sono numerati come C1, C4, C2 e C3. I componenti della via alternativa sono designati con una lettera (p. es. B, P, D). Alcuni componenti vengono denominati fattori (p. es. fattore B, fattore D). I componenti o i complessi attivati hanno una linea al di sopra del nome, che indica l'attivazione (p. es. C1, C1r, C3b,Bb). I frammenti di clivaggio sono designati con una lettera minuscola dopo il nome del componente da cui derivano (p. es. C3a e C3b sono frammenti del C3). Il C3b inattivo designato come iC3b. Le catene polipeptidiche delle proteine del complemento sono designate con una lettera greca dopo il nome del componente (p. es. C3a e C3b sono le catene a e b del C3). I recettori della membrana cellulare per il C3 sono abbreviati come CR1, CR2, CR3 e CR4.La via classica Attivazione: la via classica (v. Fig. 146-5) viene normalmente attivata da Ac fissanti il complemento (Ac che si legano al complemento) i quali si trovano in complessi Ag-Ac oppure nei quali l'Ac (IgG o IgM) presente in forma di aggregato. Di conseguenza, la via classica svolge il suo compito nell'ambito dell'immunit specifica, dal momento che soltanto Ac di classi specifiche, prodotti in risposta a una stimolazione antigenica, sono in grado di attivare questa via. La macromolecola del C1 un complesso Ca++-dipendente formato da una molecola di C1q, due molecole di C1r e due di C1s. La macromolecola del C1 si mantiene integra esclusivamente in presenza di Ca++; in caso contrario, le singole subunit si dissociano l'una dall'altra. L'attivazione si verifica quando due dei sei monomeri del C1q si legano alle regioni Fc di due molecole di IgG o a una molecola pentamerica di IgM. Per innescare l'attivazione, due molecole di IgG devono trovarsi a una distanza adeguata, mentre una singola molecola pentamerica di IgM possiede questa vicinanza sterica insita nella sua struttura. Pertanto, le IgM sono molto pi efficaci delle IgG nell'attivazione del complemento. L'attivit delle IgG , nell'ordine, IgG3 > IgG1 > IgG2. Le IgG4 non fissano il complemento.Una volta che l'Ig si legata al C1q, la molecola di quest'ultimo va incontro a una modificazione della sua struttura terziaria, causando l'attivazione autocatalitica del C1r in C1r. Il C1r scinde poi un legame all'interno del C1s per formare C1s. Quando vengono clivati il C1r o il C1s, non viene liberato alcun frammento di clivaggio.Il C1s viene chiamato anche C1 esterasi. Esso pu clivare il C4 in C4a e C4b. Se ci avviene in presenza di una membrana il C4b, il frammento di clivaggio principale, vi si lega. Il C1s pu quindi clivare il C2 libero per formare C2a e C2b, che un processo scarsamente efficiente, oppure clivare il C2 contenuto in un complesso C4b,C2 per formare C4b,C2a e C2b libero, che un processo ad alta efficienza. Il C2a il frammento di clivaggio principale del C2. Se stato clivato il C2 libero, il C2a deve legarsi al C4b per formare un complesso C4b,C2a, altrimenti il C2a si degrader e diverr inattivo. Il C4b, C2a la C3 convertasi della via classica, la quale pu clivare il C3 in C3a e C3b. Il sito enzimatico per il clivaggio del C3 contenuto nel C2a. Il C4b, C2a richiede la presenza di magnesio e alle temperature fisiologiche si degrada spontaneamente nel tempo.La via classica pu essere attivata anche da meccanismi indipendenti dagli Ac. L'eparina (un anticoagulante polianionico) e la protamina (un policatione che viene utilizzato per neutralizzare l'eparina), quando sono presenti in concentrazioni equimolari, possono attivare la via classica. Si ritiene che diversi altri polianioni (p. es. il DNA e l'RNA) siano in grado di reagire direttamente con il C1q per attivare la via classica. La proteina C-reattiva ha la propriet di provocare l'attivazione della via classica in assenza di Ac. Sono state anche descritte vie di attivazione che aggirano il C1, le quali non utilizzano i componenti della via classica ma portano ugualmente al clivaggio del C3. Una di esse stata caratterizzata come la via della MBL.Regolazione: la via classica viene regolata dall'inibitore della C1 esterasi (C1 esterase INHibitor, C1INH), il quale si lega stechiometricamente (1:1) al C1r e al C1s, come pure al C1r e al C1s, per inattivare in maniera stabile queste proteine. Il C1INH si lega stechiometricamente anche alla plasmina, alla callicreina, al fattore di Hageman attivato e al fattore XIa della coagulazione. La sua assenza responsabile dell'edema angioneurotico ereditario (v. Cap. 148). Il fattore J una glicoproteina cationica che inibisce anch'essa l'attivit del C1. La proteina legante il C4 (C4 Binding Protein, C4BP) disassembla il complesso C4b,C2a, consentendo al fattore I di inattivare il C4b.La via alternativaAttivazione: la via alternativa (v. Fig. 146-6) viene attivata da sostanze presenti in natura (p. es. pareti cellulari dei lieviti, fattore del veleno di cobra, fattore nefritico, pareti cellulari batteriche [endotossine], GR di coniglio [in vitro]) e dalle IgA disposte in aggregati, rappresentando una forma di risposta immunitaria aspecifica (innata), cio una risposta che non necessita di una precedente sensibilizzazione. La via alternativa non coinvolge il C1, il C4 e il C2, ma porta ugualmente al clivaggio del C3. Questa via subordinata al clivaggio basale costante di piccole quantit di C3 in C3a e C3b. Questo clivaggio naturale del C3 ancora scarsamente compreso e si pensa che avvenga attraverso un'azione enzimatica aspecifica sul C3 oppure grazie a un'attivit a basso livello delle altre due vie di attivazione. Il C3b serve poi come substrato del fattore B per formare il complesso C3b,B. Il fattore D (un enzima attivato presente nel plasma) cliva il fattore B per formare C3b,Bb. La properdina (P) stabilizza questo complesso C3b,Bb per ritardarne la degradazione. Il C3b,Bb e il C3b,Bb,P sono le C3 convertasi della via alternativa, gli enzimi che clivano il C3 in C3a e C3b. Il sito enzimatico per il clivaggio del C3 contenuto nel Bb. Il C3b,Bb richiede la presenza di magnesio e si degrada spontaneamente nel tempo.La via alternativa considerata come una via di amplificazione, dal momento che un unico complesso C3b,Bb pu clivare molte molecole di C3. Tuttavia, l'amplificazione si verifica anche quando viene prodotto C1s e quando viene formato il C4b,C2a. Ognuno di questi enzimi pu clivare centinaia di molecole, conducendo a una rapida attivazione del complemento.Regolazione: il complesso C3b,Bb della via alternativa viene regolato da diversi fattori. La properdina ne ritarda la degradazione, prolungandone l'emivita da circa 4 min a 40 min. Le sostanze acceleratrici della degradazione (p. es. il fattore H o fattore di accelerazione della degradazione [Decay Accelerating Factor, DAF]) competono con il fattore B per il legame con il C3b (p. es. per formare C3b,H), accorciando l'emivita del complesso C3b,Bb e causando la sua dissociazione in C3b e Bb. Il fattore I agisce sul C3b,H per degradare il C3b (portando alla formazione di iC3b, C3c, C3d, C3f e C3dg).L'attivazione o la non attivazione della via alternativa sono determinate dalle circostanze nelle quali il complesso C3b,Bb viene a formarsi. Le superfici alle quali il complesso C3b,Bb pu aderire sono di due tipi: attivanti (p. es. pareti cellulari dei lieviti, GR di coniglio) oppure non attivanti (p. es. GR di pecora). Le superfici attivanti impediscono al fattore H di legarsi al C3b, mentre le superfici non attivanti consentono al fattore H di legarvisi e dissociare il C3b,Bb. Di conseguenza, il complesso C3b,Bb rimane attivo pi a lungo su una superficie attivante che su una superficie non attivante.Il meccanismo appena descritto spiega come la via alternativa venga attivata in vivo. Il fattore del veleno di cobra (Cobra Venom Factor, CoVF) simile al C3b di cobra; il complesso CoVF,Bb molto stabile e non sensibile all'azione di degradazione del fattore H. Di conseguenza, il CoVF,Bb pu condurre a un rapido e pressoch totale clivaggio del C3. Il fattore nefritico del C3 (C3 Nefphritic Factor, C3NeF) si trova nel siero del 10% circa dei pazienti con glomerulonefrite membranoproliferativa ed una Ig diretta contro il complesso C3b,Bb. Il C3NeF agisce in maniera analoga alla properdina, tranne per il fatto che il complesso C3b,Bb,C3NeF relativamente resistente all'azione di degradazione del fattore H. Le pareti dei lieviti (zymosan) e alcune membrane (p. es. i GR di coniglio) sono superfici attivanti sulle quali il complesso C3b,Bb protetto dall'azione di degradazione del fattore H. Attivit biologiche associate all'attivazione del complementoLa lisi cellulare soltanto una delle molte attivit biologiche associate all'attivazione del complemento e potrebbe non essere la pi importante. In ambito clinico, la lisi si osserva nei pazienti affetti da emoglobinuria parossistica notturna, una rara malattia nella quale sono coinvolti deficit a carico del DAF (fattore accelerante la degradazione) delle proteine di membrana, del HRF (fattore di restrizione omologo) e del CD59.I recettori per il complemento sono presenti su un gran numero di cellule diverse. Il CR1, la proteina cofattore di membrana (Membrane Cofactor Protein, MCP, CD46) e il DAF (CD55) regolano la degradazione del C3b. Il HRF e il CD59 impediscono la formazione del complesso di attacco alla membrana sulle cellule omologhe. Il CR1 (CD35) svolge inoltre un ruolo nella clearance degli immunocomplessi. Il CR2 (CD21) regola le funzioni delle cellule B (produzione di Ac) ed il recettore per il virus di Epstein-Barr. Il CR3 (CD11b/CD18) interviene nella fagocitosi, mediando l'adesione delle particelle rivestite di iC3b destinate a essere fagocitate. Il CR4 presente sulle piastrine ed stato studiato meno bene degli altri recettori per il C3. La gp 150,95 svolge un ruolo nella migrazione dei monociti. I recettori per il C3a e il C4a legano rispettivamente il C3a e il C4a. Il recettore per il C5a lega il C5a e il C5adesarg (C5a privo del residuo di arginina terminale) ed presente su un'ampia variet di cellule. Il recettore per il C1q lega la porzione collagena del C1q, consentendo il legame degli immunocomplessi ai fagociti.Il C3a e il C5a hanno attivit anafilotossinica, mentre il C4a si comporta come anafilotossina debole. Le anafilotossine causano aumento della permeabilit vascolare, contrazione della muscolatura liscia e degranulazione delle mast-cellule. Esse sono regolate dall'inattivatore delle anafilotossine (carbossipeptidasi N), il quale nel volgere di pochi secondi rimuove il residuo di arginina carbossiterminale.La chemiotassi consiste nel richiamo di cellule all'interno di un'area infiammatoria. Il C5a possiede attivit sia anafilotossinica sia chemiotattica, ma il C3a e il C4a non sono fattori chemiotattici. L'attivit chemiotattica stata descritta anche per l'iC5b-C7.l C5a e il C5adesarg regolano le attivit dei neutrofili e dei monociti. Il C5a pu causare l'aumento dell'adesione cellulare, la degranulazione e il rilascio di enzimi intracellulari da parte dei granulociti, la produzione di radicali tossici dell'O2 e l'avvio di altri eventi metabolici cellulari.La clearance degli immunocomplessi una funzione importante del complemento. La via classica pu impedire la formazione di immunocomplessi di grandi dimensioni e la via alternativa pu aumentare la solubilit degli immunocomplessi.Le proteine complementari possono inoltre avere numerose altre attivit biologiche. Alcuni frammenti del C3 (C3d o C3dg) possono contribuire alla regolazione della produzione di Ac attraverso il CR2 presente sulle cellule. L'edema angioneurotico ereditario, il quale causato da un deficit di C1-inibitore, potrebbe essere mediato da una sostanza chinino-simile ancora poco definita. Un frammento poco caratterizzato del C3 (C3e, fattore di mobilizzazione dei leucociti) pu provocare la mobilizzazione dei GB dal midollo osseo. Il frammento Bb del fattore B aumenta la diffusione e l'adesivit dei macrofagi. L'attivazione del complemento pu inoltre neutralizzare i virus e indurre leucocitosi.Metodi di valutazione dell'attivit funzionale del complemento Il test di attivit emolitica totale del complemento (CH50) misura la capacit della via classica e del MAC di indurre la lisi di GR di pecora ai quali siano stati adsorbiti Ac. Il CH50 per la via alternativa (Alternative Pathway CH50, APCH50 o CH50 su coniglio) misura la capacit della via alternativa e del MAC di indurre la lisi di GR di coniglio. I test emolitici possono essere utilizzati per misurare l'attivit funzionale di componenti specifici di entrambe le vie. Le proteine del complemento possono inoltre essere dosate impiegando tecniche antigeniche (p. es. la nefelometria, la diffusione in gel di agar, l'immunodiffusione radiale).Il complemento pu anche essere utilizzato come reagente a fini diagnostici. Nel test di fissazione del complemento, il siero del paziente viene riscaldato per denaturare gli enzimi complementari. Al siero vengono quindi aggiunti l'Ag (p. es. particelle virali) e nuovo complemento e la miscela viene incubata. In ultimo si aggiungono GR di pecora e si continua l'incubazione. Se il sistema del complemento stato attivato dalla presenza di Ac nel siero del paziente, l'attivit emolitica del complemento sar esaurita e non vi sar lisi dei GR. Se nel siero del paziente non presente alcun Ac, i GR andranno incontro alla lisi.

RISOLUZIONE DI UNA RISPOSTA IMMUNITARIAUna risposta immunitaria pu essere associata alla proliferazione e alla differenziazione massiva dei linfociti (come accade p. es. nell'ipertrofia tonsillare in corso di faringite streptococcica). Cosa accade ai linfociti una volta che l'infezione stata controllata? Come stato detto in precedenza, una risposta immunitaria associata con la secrezione di numerose citochine. Quando l'infezione viene controllata e gli Ag vengono eliminati, la secrezione di citochine si interrompe e, a causa della sua cessazione, i linfociti vanno incontro ad apoptosi. Esistono due modi nei quali una cellula pu morire.1. La necrosi consiste nelle modificazioni morfologiche che si verificano quando una cellula muore in seguito a un danno acuto e grave (p. es. la lisi osmotica, l'ischemia, l'ipertermia, i traumi chimici). Il danno per lo pi a carico della membrana plasmatica e conduce alla perdita della capacit della cellula di regolare la pressione osmotica, esitando nella rottura della cellula e nel riversamento del suo contenuto nei tessuti circostanti. Questi eventi innescano una risposta infiammatoria.2. L'apoptosi (chiamata anche morte cellulare programmata) molto comune negli invertebrati. Per esempio, dopo che una farfalla fuoriuscita dal suo bozzolo, essa non ha pi bisogno dei muscoli che ha utilizzato per tale processo; questi muscoli vanno incontro alla morte cellulare programmata. Nei mammiferi l'apoptosi si riferisce al processo mediante il quale una cellula "si uccide" ed caratterizzata da una serie di modificazioni morfologiche. L'apoptosi comincia con l'addensamento della cromatina (secondario all'attivazione dell'endonucleasi endogena, che degrada il DNA) e la rottura del nucleo collassato in frammenti di piccole dimensioni. Contemporaneamente si verifica la zeiosi (rigonfiamento a bolle della membrana plasmatica), che pu fungere da segnale per la fagocitosi da parte dei macrofagi circostanti. Diversamente da quanto avviene nella necrosi, questa fagocitosi immediata non consente la fuoriuscita del contenuto cellulare e previene lo sviluppo dell'infiammazione.L'apoptosi un processo attivo e comporta l'induzione di diverse molecole e vie metaboliche. Due vie metaboliche coinvolte nell'apoptosi illustrano le possibili patologie che possono derivare da un'apoptosi anormale. Un enzima chiamato Bcl-2 in grado di inibire l'apoptosi. Di conseguenza, se un linfocita viene indotto a esprimere il Bcl-2, esso non morir e rimarr vitale; questo ci che accade in alcuni linfomi (la sigla Bcl sta per B-cell lymphoma, cio linfoma a cellule B, che la malattia nella quale il Bcl-2 stato identificato per la prima volta). Nell'apoptosi coinvolta anche un'interazione molecola-ligando che avviene sulla superficie cellulare. Molte cellule esprimono il Fas (CD95) sulla loro membrana. Il legame crociato del Fas attiva la via dell'apoptosi. Questo uno dei meccanismi principali attraverso i quali i CTL uccidono le loro cellule bersaglio, poich i CTL acquisiscono il ligando del Fas; esso si lega al Fas sulla cellula bersaglio, conducendo all'attivazione dell'apoptosi di quest'ultima. L'assenza del Fas o del ligando del Fas pu teoricamente portare alla persistenza dei linfociti e alla linfoadenopatia massiva. quanto si verifica nei modelli sperimentali animali, nei quali il deficit di Fas (topi lpr) o di ligando del Fas (topi gld) porta alla linfoadenopatia massiva e all'autoimmunit. Alterazioni a carico del Fas sono state descritte anche nell'uomo e sono alla base della sindrome di Canale-Smith.Determinati organi (p. es. la retina, i testicoli) sono "sedi privilegiate" che vengono ignorate o tollerate dal sistema immunitario. Allo stato attuale, sembra che questi organi esprimano un'alta densit di ligando del Fas sulle loro superfici cellulari. Qualunque linfocita tenti di attaccare questi organi andr incontro al legame crociato del suo Fas e a subire l'apoptosi sar il linfocita stesso. Questa strategia di sottrazione all'azione del sistema immunitario viene utilizzata anche da molti tumori; alcuni di essi esprimono il ligando del Fas sulla loro superficie e inducono cos l'apoptosi in qualunque linfocita provi ad attaccarli.

MALATTIE DA IMMUNODEFICIENZA Gruppo di condizioni eterogenee causate da uno o pi difetti a carico del sistema immunitario e caratterizzate clinicamente da un aumento della suscettibilit alle infezioni con conseguente stato di malattia grave, acuta, ricorrente o cronica.Una patologia da immunodeficienza va sospettata in ogni individuo che contragga infezioni insolitamente frequenti, gravi e resistenti alla terapia; prive di un intervallo asintomatico; sostenute da microrganismi inusuali; oppure che presentino complicanze gravi o inaspettate. Dal momento che i disordini da immunodeficienza sono relativamente poco comuni, in prima istanza vanno prese in considerazione altre condizioni che predispongono alle infezioni ricorrenti (v. Tab. 147-1). Se queste patologie possono essere escluse, si deve sospettare un difetto delle difese immunitarie.

IMMUNODEFICIENZE PRIMARIE E SECONDARIELe immunodeficienze possono essere primarie o secondarie. Le immunodeficienze primarie vengono classificate in quattro gruppi principali sulla base della componente del sistema immunitario che risulta compromessa: cellule B, cellule T, cellule fagocitarie o complemento. (Nel Cap. 146 vengono passate in rassegna le componenti del sistema immunitario.) Sono state descritte pi di 70 immunodeficienze primitive e nell'ambito di ciascuna di esse pu essere presente una notevole eterogeneit. Nella Tab. 147-2 riportata una classificazione delle immunodeficienze primarie (escluse le varianti pi rare).I difetti delle cellule T comprendono diversi disordini con alterazioni concomitanti anche a carico delle cellule B (della produzione di anticorpi), fenomeno comprensibile dal momento che sia le cellule B sia quelle T originano da una cellula staminale primitiva comune e che le cellule T influenzano la funzione delle cellule B. Le malattie dei fagociti comprendono le condizioni in cui l'alterazione primitiva a carico della motilit cellulare (chemiotassi) e quelle in cui tale alterazione a carico dell'attivit microbicida.Tra le immunodeficienze primarie, predominano i difetti delle cellule B o della produzione anticorpale; il deficit selettivo di IgA (solitamente asintomatico) pu essere presente in un individuo su 400. Escludendo il deficit asintomatico di IgA, i difetti delle cellule B costituiscono il 50% delle immunodeficienze primarie; i deficit delle cellule T, circa il 30%; i deficit della fagocitosi, il 18%; e i difetti del complemento, il 2%. Si calcola che l'incidenza cumulativa delle immunodeficienze primarie sintomatiche sia di 1/10000; negli USA, si verificano circa 400 nuovi casi l'anno. Dal momento che molte immunodeficienze primarie sono ereditarie o congenite, esse esordiscono nei lattanti e nei bambini; circa l'80% degli individui affetti ha meno di 20 anni e, poich molte sindromi presentano un'ereditariet legata al cromosoma X, il 70% di esse colpisce i maschi.Le immunodeficienze secondarie consistono in un deterioramento del sistema immunitario dovuto all'insorgenza di una patologia in un individuo precedentemente sano. Il danno spesso reversibile se la condizione o la malattia sottostante si risolve. Le immunodeficienze secondarie sono di gran lunga pi frequenti di quelle primarie e si manifestano in molti pazienti ospedalizzati. Praticamente tutte le malattie gravi di lunga durata interferiscono in qualche misura con il sistema immunitario. Nella Tab. 147-3 riportata una classificazione delle immunodeficienze secondarie.EziologiaLe immunodeficienze non hanno una causa univoca, sebbene spesso vi sia implicato un difetto a carico di un singolo gene. Il difetto pu portare alla mancanza di un enzima (p. es. deficit di adenosina deaminasi), alla mancanza di una proteina (p. es. deficit di componenti del complemento) o a un arresto di sviluppo in un particolare stadio differenziativo (p. es. arresto allo stadio di cellula pre-B nell'agammaglobulinemia legata al cromosoma X). In molte delle immunodeficienze primitive stata identificata la localizzazione cromosomica dei geni difettosi. In talune patologie possono essere coinvolti fattori che agiscono durante la vita intrauterina (p. es. l'alcolismo materno in alcuni casi di sindrome di Di George); in altre, pu avere un ruolo l'assunzione di farmaci (p. es. la fenitoina nel deficit di IgA). Nella maggior parte delle affezioni, l'esatta alterazione biologica sconosciuta.Sintomi e segniLa maggior parte delle manifestazioni cliniche delle immunodeficienze dovuta alle frequenti infezioni, che solitamente esordiscono come infezioni respiratorie ricorrenti. (Tuttavia, molti lattanti immunologicamente normali contraggono da sei a otto infezioni respiratorie l'anno, soprattutto se esposti al contagio da parte di fratelli maggiori o di altri bambini.) In seguito, la maggior parte dei pazienti con immunodeficienza finisce con il contrarre una o pi infezioni batteriche gravi che persistono, recidivano o portano a complicanze; p. es. la sinusite, l'otite cronica e la bronchite fanno spesso seguito a episodi ripetuti di faringite o di infezione delle vie respiratorie superiori. La bronchite pu progredire fino alla polmonite, alle bronchiettasie e all'insufficienza respiratoria, che rappresenta la causa di morte pi frequente. Possono verificarsi infezioni sostenute da germi opportunisti (p. es. Pneumocystis carinii o cytomegalovirus), soprattutto nei pazienti affetti da deficit delle cellule T.Frequenti sono anche le infezioni della cute e delle mucose. Una candidosi orale refrattaria pu essere il primo segno di un'immunodeficienza a carico delle cellule T. Si osservano anche ulcere orali e periodontiti, soprattutto nei deficit granulocitari. In molti adulti affetti da deficit anticorpali si manifesta una congiuntivite. Il pioderma, le verruche gravi, l'alopecia, gli eczemi e le teleangectasie sono di riscontro comune.Sintomi frequenti comprendono la diarrea, il malassorbimento e i difetti di crescita. La diarrea di solito di tipo non infettivo, ma pu essere dovuta a Giardia lamblia, rotavirus, cytomegalovirus o Cryptosporidium. In alcuni pazienti la diarrea pu essere di tipo essudativo, con perdita di proteine sieriche e di linfociti.Manifestazioni meno comuni di immunodeficienza comprendono alterazioni ematologiche (anemia emolitica autoimmune, leucopenia, trombocitopenia), fenomeni autoimmunitari (vasculite, artrite, endocrinopatie) e alterazioni a carico del SNC (encefalite cronica, rallentamento dello sviluppo, convulsioni).Diagnosi importante che venga raccolta l'anamnesi familiare. Se vi una storia di decessi precoci, malattie analoghe a quella del paziente, patologie autoimmuni, allergie, neoplasie maligne troppo precoci o consanguineit, la stesura di un albero genealogico potr essere d'aiuto nell'identificazione di una trasmissione ereditaria. Si dovr rilevare la presenza di una storia di reazioni avverse alle immunizzazioni o alle infezioni virali, cos come di pregressi interventi chirurgici (p. es. splenectomia, tonsillectomia, adenoidectomia), di terapie radianti sul timo o sul rinofaringe, e di precedenti terapie antibiotiche e immunoglobuliniche (IG) e della loro apparente efficacia clinica.Il tipo di infezione pu dare indicazioni sulla natura dell'immunodeficienza. Nelle immunodeficienze anticorpali (B-cellulari) si osservano infezioni sostenute dai principali germi gram + (pneumococchi, streptococchi). Infezioni gravi sostenute da virus, funghi e altri microrganismi opportunisti sono di riscontro comune nelle immunodeficienze cellulari (T-cellulari). Nelle immunodeficienze a carico dei fagociti sono frequenti le infezioni ricorrenti da stafilococchi e da germi gram-. Le infezioni ricorrenti da Neisseria sono caratteristiche dei pazienti con diversi deficit a carico dei componenti del complemento. Talune infezioni opportunistiche (p. es. da P. carinii, Cryptosporidium o Toxoplasma) possono verificarsi in diverse forme di immunodeficienza.Anche l'et di esordio pu essere d'aiuto per la diagnosi; i lattanti con meno di 6 mesi solitamente sono affetti da deficit delle cellule T. Tuttavia, un esordio di malattia intorno ai 6 mesi di et, quando gli anticorpi materni ricevuti per via transplacentare sono scomparsi, indicativo di un deficit congenito della secrezione anticorpale.All'esame obiettivo, i pazienti affetti da immunodeficienza hanno spesso l'aspetto di malati cronici, con pallore, malessere generale, malnutrizione e distensione addominale. Sulla cute possono comparire eruzioni maculari, vescicole, pioderma, eczemi, petecchie, alopecia o teleangectasie. La congiuntivite frequente, specialmente negli adulti. I linfonodi cervicali e il tessuto adenoideo e tonsillare sono caratteristicamente assenti nelle immunodeficienze a carico delle cellule B o T, nonostante un'anamnesi positiva per infezioni faringee ricorrenti. Questo reperto pu essere confermato con una rx laterale del faringe, che pu mostrare l'assenza del tessuto adenoideo. Occasionalmente, i linfonodi sono ingranditi e suppurati. Le membrane timpaniche presentano spesso cicatrici o perforazioni. Le narici possono essere escoriate e ricoperte di croste, indizi suggestivi di secrezione nasale purulenta. Pu essere presente stillicidio nasale posteriore e diminuzione del riflesso faringeo. Spesso presente tosse cronica. frequente il reperto di rantoli, specialmente negli adulti con immunodeficienza. Il fegato e la milza sono frequentemente ingranditi. La massa muscolare e i depositi adiposi delle natiche sono diminuiti. Nei lattanti, possono essere presenti escoriazioni perianali conseguenti alla diarrea cronica. L'esame neurologico pu mettere in evidenza un ritardo nelle fasi dell'accrescimento oppure atassia.In un certo numero di sindromi da immunodeficienza, la presenza di una caratteristica costellazione di reperti obiettivi consente di porre una diagnosi clinica presuntiva: neonati affetti da sindrome di Di George che presentano infezioni, tetania, facies caratteristica e cardiopatie congenite; ragazzi con sindrome di Wiskott-Aldrich che presentano infezioni da piogeni, eczemi e manifestazioni emorragiche; bambini con atassia-teleangectasia che presentano infezioni senopolmonari ricorrenti, atassia e teleangectasie; ragazze con i capelli rossi affette dalla variante di Job della sindrome da iper-IgE che presentano pelle chiara, eczemi e infezioni stafilococciche ricorrenti. Questi disordini sono illustrati in maggior dettaglio pi avanti e nella Tab. 147-4.Indagini di laboratorioIn tutti i casi di immunodeficienza, necessario eseguire indagini selezionate per confermare o stabilire la diagnosi; spesso sono necessari test avanzati per sottoclassificare la malattia, condizione indispensabile per impostare una terapia razionale (v. Tab. 147-5). Le indagini di screening possono essere eseguite nella maggior parte dei laboratori e degli ospedali e i test avanzati possono essere svolti nella maggioranza dei grandi ospedali, mentre i test specialistici sono disponibili soltanto nei laboratori o negli ospedali dotati di sofisticate attrezzature immunologiche.Quando si sospetta un'immunodeficienza, le analisi di screening raccomandate comprendono un emocromo completo con formula leucocitaria e conta piastrinica; la determinazione dei livelli plasmatici di IgG, IgM e IgA; la valutazione della funzione anticorpale; la ricerca clinica e laboratoristica dell'eventuale stato infettivo.L'emocromo stabilisce se presente anemia, trombocitopenia, neutropenia o leucocitosi. Va considerato con attenzione il numero totale dei linfociti; una linfopenia (< 1500/ml) indicativa di un'immunodeficienza T-cellulare. Lo striscio di sangue periferico va esaminato alla ricerca dei corpi di Howell-Jolly e di altre forme eritrocitarie inusuali indicative di asplenia o di iposplenismo. I granulociti possono presentare anomalie morfologiche (p. es. i granuli della sindrome di Chdiak-Higashi).Nonostante nella valutazione iniziale sia compresa anche la determinazione dei livelli delle immunoglobuline (Ig), in un primo momento i livelli di IgD e di IgE non vengono misurati. I livelli delle Ig vanno interpretati con cautela, a causa delle notevoli variazioni che si osservano con l'et; tutti i lattanti tra i 2 e i 6 mesi sono ipogammaglobulinemici rispetto ai valori di riferimento dell'adulto. Di conseguenza, i livelli vanno confrontati con quelli degli individui normali di pari et. In generale, si considerano normali i livelli di Ig compresi entro 2 deviazioni standard dalla media per ciascuna et. Un livello di Ig totali (IgG + IgM + IgA) > 600 mg/dl o un livello di IgG > 400 mg/dl, in presenza di normalit dei test funzionali anticorpali di screening, esclude la presenza di un deficit della produzione anticorpale. Un livello di Ig totali < 200 mg/dl solitamente indice di un deficit anticorpale significativo. Livelli intermedi (cio livelli di IgG compresi tra 200 e 400 mg/dl o livelli di Ig totali compresi tra 400 e 600 mg/dl) non sono dirimenti e devono essere messi in relazione con i test anticorpali funzionali.Per la valutazione iniziale raccomandata anche l'esecuzione dei test anticorpali di screening. La funzione delle IgM viene valutata per mezzo dei titoli delle isoagglutinine (anti-A e/o anti-B). Tutti i pazienti, tranne i lattanti pi piccoli di 6 mesi e i soggetti di gruppo sanguigno AB, possiedono anticorpi naturali a un titolo di 1:8 (anti-A) o 1:4 (anti-B) o superiore. Gli anticorpi diretti contro questi antigeni e contro taluni polisaccaridi batterici sono selettivamente diminuiti in determinati disordini (p. es. la sindrome di Wiskott-Aldrich, il deficit di IgG2). Nei pazienti immunizzati, i titoli degli anticorpi diretti contro gli antigeni dell'Haemophilus influenzae di tipo B, dell'epatite B, del virus del morbillo, del tetano o della difterite possono essere utilizzati per valutare la funzione delle IgG. Un'adeguata risposta anticorpale a uno o pi di questi antigeni depone contro la presenza di un deficit della secrezione degli anticorpi. In ultimo, la valutazione iniziale deve comprendere la ricerca di uno stato infettivo cronico. LaVES spesso elevata, solitamente in maniera proporzionale al grado dell'infezione. Vanno eseguiti appropriati esami radiologici (torace, seni paranasali) e colturali.Se i risultati di tutte queste indagini di primo livello sono normali, solitamente si pu escludere la presenza di un'immunodeficienza (e particolarmente di un deficit anticorpale). Tuttavia, se si documenta la presenza di un'infezione cronica, se l'anamnesi appare insolitamente sospetta o se i risultati dei test di screening sono positivi, si deve procedere all'esecuzione dei test avanzati.Test per i deficit delle cellule B (anticorpali): se i livelli delle Ig sono molto bassi (livelli totali < 200 mg/dl), la diagnosi di deficit della produzione anticorpale certa e procedure ulteriori divengono indicate soltanto per definire con precisione la patologia e identificare la presenza di altri difetti immunologici. Se i livelli delle Ig e i titoli anticorpali preesistenti sono bassi ma non nulli, bisogna procedere alla valutazione delle risposte anticorpali nei confronti di uno o pi antigeni standardizzati. I titoli anticorpali vengono misurati prima e da 3 a 4 settimane dopo l'immunizzazione con vaccini costituiti da tossoide tetanico o H. influenzae di tipo B (per valutare la responsivit agli antigeni proteici), oppure dopo immunizzazione con vaccino pneumococcico o meningococcico (per valutare la responsivit agli antigeni polisaccaridici). Una risposta inadeguata (aumento del titolo inferiore a quattro volte il valore di base) indicativa di un deficit anticorpale, indipendentemente dai livelli delle Ig.Se i livelli delle Ig sono bassi, si esegue la conta delle cellule B valutando con la citometria a flusso la percentuale di linfociti che reagisce con anticorpi marcati con fluoresceina diretti contro antigeni specifici delle cellule B (p. es. CD19, CD20). Normalmente, risulta positivo per la presenza di Ig di membrana il 10-20% dei linfociti del sangue periferico (cellule B).In seguito, va eseguito il dosaggio dei livelli sierici delle sottoclassi delle IgG e dei livelli di IgD e IgE. I livelli della sottoclasse IgG1 (come quelli delle IgG) dipendono strettamente dall'et. In generale, dopo i 2 anni di et, per porre la diagnosi di deficit di una delle sottoclassi delle IgG devono essere presenti livelli di IgG1 < 250 mg/dl, di IgG2 < 50 mg/dl, di IgG3 < 25 mg/dl o livelli indosabili di IgG4. Livelli di IgD e IgE sia elevati sia bassi sono comuni nelle sindromi da deficit anticorpali parziali. I livelli delle IgE sono elevati nei disordini della chemiotassi, nelle immunodeficienze T-cellulari parziali, nelle malattie allergiche e nelle parassitosi. I deficit isolati di IgG4, IgD e IgE sono privi di importanza clinica.Altre indagini di laboratorio per i deficit delle cellule B divengono indicate in circostanze particolari (v. Tab. 147-5). Di fronte a una linfoadenopatia, indicata l'esecuzione di una biopsia linfonodale (talvolta preceduta da immunizzazione nell'estremit adiacente) per escludere la presenza di un tumore maligno o di un'infezione. La determinazione delle sottoclassi delle IgG indicata se i livelli di IgG sono normali o quasi normali ma la funzione anticorpale risulta ridotta. Possono essere presenti deficit selettivi a carico di una delle quattro sottoclassi. Se esiste il sospetto di un rapido catabolismo delle IgG o di una loro perdita attraverso la cute o il tratto GI, pu essere indicato uno studio della sopravvivenza delle IgG. Se il paziente presenta livelli di IgG bassi, viene somministrata un'alta dose di immunoglobuline EV e vengono misurati quotidianamente i livelli delle IgG per determinarne l'emivita. Se le eventuali infezioni locali sono gravi, si possono misurare i livelli delle Ig nelle secrezioni (p. es. lacrime o saliva). Per individuare la posizione esatta del blocco sintetico, vengono valutate la sintesi di IgG in vitro e la risposta anticorpale nei confronti di antigeni particolari (p. es. l'antigene del fago fX o l'emocianina del mollusco Megathura crenulata). Nelle malattie in cui il difetto genetico stato identificato, il gene mutante o il prodotto del gene mutante pu essere individuato (p. es. il gene Btk [della tirosin chinasi di Bruton] nell'agammaglobulinemia legata al cromosoma X) mediante test di laboratorio particolari.Test per i deficit delle cellule T: una linfopenia marcata e persistente suggerisce la presenza di un'immunodeficienza a carico delle cellule T; tuttavia, la linfopenia non sempre presente. Una rx del torace un utile test di screening nei lattanti; l'assenza dell'ombra timica nel periodo neonatale un elemento indicativo di un deficit T-cellulare, specialmente se la rx viene eseguita prima che abbiano luogo infezioni o altri insulti che possono provocare la riduzione di volume del timo.I test cutanei di ipersensibilit ritardata sono inda