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L ’ufficio sindacale della Fiom ha organizzato un ciclo di seminari con gli avvocati della consulta nazionale per condividere conoscenze e pratiche utili ad affrontare «la fase delle metalmeccaniche e dei metalmeccanici». A tal proposito abbiamo intervistato Michele De Palma, della segreteria nazio- nale della Fiom, responsabile del settore. Cosa è cambiato e cosa cambierà ancora per i metalmeccanici in queste fasi di transizione? Il primo dei problemi è che siamo passati, secondo alcune forze di governo e della Confindustria, dall’essere essenziali e strategici al lavoro mentre tutti dovevano stare a casa, a oggi che sembra aver can- cellato dalla scena quelli che erano gli eroi: i lavoratori sembrano essere di nuovo invisibili. Non imparare dal recente passato è un rischio per il futuro. I rappresentanti dalla Confindustria durante la fase acuta della pandemia chiedevano ai lavoratori di continuare a produrre, oggi una parte di quelle imprese sono ferme e i lavoratori «in cassa». Manca un ragionamento di sistema delle imprese, se ognuna ragiona senza una visione generale rischia di cor- rere in un vicolo cieco. Il calo del 10% in Germania, gli annunci di razionalizza- zione in Europa delle multinazionali, la crisi che stanno attraversando gli Stati Uniti e alcuni Paesi asiatici, stanno pesando sul nostro sistema industriale che viveva già in una condizione di crisi precedente all’emergenza Covid per una sofferenza di mercato interna. Il punto fondamentale è la transizione in corso. I provvedimenti europei e le risorse messe a disposizione dopo l’emergenza Covid devono servire per creare una reale transizione industriale del nostro Paese. L’innovazione tecnologica e la tutela dell’ambiente sono il motore dell’occupa- zione. Invece, corriamo il rischio di finire in un vicolo cieco per la cecità della rap- presentanza di una parte del sistema delle imprese e di chi nel governo ne è subalterno. L’investimento sulla transi- zione è legato indissolubilmente al ritorno alla centralità della contratta- zione. Esattamente il contrario delle richieste di deroghe dettate da un pre- sunto stato di emergenza contrattuale. La Confindustria non perde giorno per met- Sara Quartarella SMART PRIVACY iMec giornale metalmeccanico anno IX - numero 8 - 17 agosto 2020 DALL ESPLOSIONE DEL LAVORO A DISTANZA, ALLA TUTELA DEI DATI PERSONALI DURANTE L EMERGENZA: TRA GRANDI PROBLEMI E BISOGNO DI REGOLE MENSILE DELLA FIOM-CGIL Iscritto al n. 118/2019 del Registro della Stampa Direttore responsabile: Gabriele Polo Redazione: Bernardino Andriani, Michela Bevere, Alessandro Geri, Claudio Scarcelli Meta Edizioni Srl Corso Trieste, 36 - 00198 Roma Tel: 0685262372 - email: [email protected] www.fiom-cgil.it segue a pagina 2 metalmeccanici nella fase 2

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L’ufficio sindacale della Fiomha organizzato un ciclo diseminari con gli avvocatidella consulta nazionale percondividere conoscenze e

pratiche utili ad affrontare «la fase dellemetalmeccaniche e dei metalmeccanici».A tal proposito abbiamo intervistatoMichele De Palma, della segreteria nazio-nale della Fiom, responsabile del settore.

Cosa è cambiato e cosa cambierà ancoraper i metalmeccanici in queste fasi ditransizione? Il primo dei problemi è che siamo passati,secondo alcune forze di governo e dellaConfindustria, dall’essere essenziali estrategici al lavoro mentre tutti dovevanostare a casa, a oggi che sembra aver can-cellato dalla scena quelli che erano glieroi: i lavoratori sembrano essere dinuovo invisibili. Non imparare dalrecente passato è un rischio per il futuro.I rappresentanti dalla Confindustriadurante la fase acuta della pandemiachiedevano ai lavoratori di continuare aprodurre, oggi una parte di quelleimprese sono ferme e i lavoratori «incassa». Manca un ragionamento disistema delle imprese, se ognuna ragionasenza una visione generale rischia di cor-rere in un vicolo cieco. Il calo del 10% inGermania, gli annunci di razionalizza-zione in Europa delle multinazionali, lacrisi che stanno attraversando gli StatiUniti e alcuni Paesi asiatici, stannopesando sul nostro sistema industrialeche viveva già in una condizione di crisiprecedente all’emergenza Covid per unasofferenza di mercato interna. Il punto fondamentale è la transizione incorso. I provvedimenti europei e le risorsemesse a disposizione dopo l’emergenzaCovid devono servire per creare una realetransizione industriale del nostro Paese.L’innovazione tecnologica e la tuteladell’ambiente sono il motore dell’occupa-zione. Invece, corriamo il rischio di finirein un vicolo cieco per la cecità della rap-presentanza di una parte del sistemadelle imprese e di chi nel governo ne èsubalterno. L’investimento sulla transi-zione è legato indissolubilmente alritorno alla centralità della contratta-zione. Esattamente il contrario dellerichieste di deroghe dettate da un pre-sunto stato di emergenza contrattuale. LaConfindustria non perde giorno per met-

Sara Quartarella

SMARTPRIVACY

iMecgiornale metalmeccanico

anno IX - numero 8 - 17 agosto 2020

DALL’ESPLOSIONE DEL LAVORO A DISTANZA, ALLA TUTELA DEI DATI PERSONALIDURANTE L’EMERGENZA: TRA GRANDI PROBLEMI E BISOGNO DI REGOLE

MENSILE DELLA FIOM-CGILIscritto al n. 118/2019 del Registro della StampaDirettore responsabile: Gabriele PoloRedazione: Bernardino Andriani, MichelaBevere, Alessandro Geri, Claudio Scarcelli

Meta Edizioni SrlCorso Trieste, 36 - 00198 RomaTel: 0685262372 - email: [email protected]

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metalmeccanicinella fase 2

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tere in discussione i contratti nazionali,mentre i metalmeccanici hanno aperto tuttii tavoli negoziali dei Ccnl della categoria apartire dalla Federmeccanica con cui è inprogetto un calendario serrato di incontri.Il governo deve mettere in atto una politicadi sostegno alla contrattazione. Dagli ammortizzatori sociali allo smartworking, dal mercato del lavoro al temacentrale del salario. Non intervenendofavorisce al contrario la contrattazioneindividuale o «l’unicameralismo» cheimbarbarisce le relazioni contrattuali esociali. Tutto questo rallenta la possibilitàdi ripresa del Paese.

Nella situazione attuale quanto sonoimportanti il blocco dei licenziamenti el’utilizzo degli ammortizzatori sociali?Ovviamente la premessa è il blocco deilicenziamenti fino alla fine dell’anno chie-sto da Cgil, Cisl e Uil. Per realizzarlo glistrumenti sono: ammortizzatori sociali eformazione, riducendo l’orario di lavoro.L’emergenza ci ha detto, ma bisogna voler esaper ascoltare, che bisogna ripensare leproduzioni e l’organizzazione del lavoro. Unmodo può essere redistribuire il lavoro uti-lizzando ad esempio il contratto disolidarietà espansivo per stabilizzare rap-porti di lavoro precari. Tutti dobbiamo riflettere del fatto chedurante il blocco dei licenziamenti chi hapagato il prezzo immediato della crisisono state le lavoratrici e i lavoratori chenon avevano un contratto a tempo inde-terminato. Pertanto, per esempio,investire nella staffetta generazionalesarebbe un investimento sul futuro. Lariduzione d'orario con la formazione serveall’apprendimento delle informazioninecessarie alle nuove tecnologie.

In che modo le delegate e i delegati hannoaffrontato le situazioni critiche nei luo-ghi di lavoro? Abbiamo esempi in merito?Le delegate e i delegati hanno affrontatouna situazione molto complessa durantel’emergenza Covid perché sono stati princi-palmente loro, in quella fase, «il sindacato»,

che non ha lasciato soli i lavoratori. Hannodovuto affrontare la paura dei lavoratori, lariorganizzazione del lavoro sulla base deldistanziamento sociale e dei dpi, la scritturadei protocolli, i documenti di valutazionedei rischi. Il tema vero è come il sindacato,

nel senso della struttura esterna al luogo dilavoro, sia in grado di sostenere il ruolo fati-cosissimo di chi lavora nei territori. Qui c’èil senso di aver organizzato questi seminari.È importantissimo che la struttura esternanazionale o territoriale si riorganizzi persupportare il lavoro delle delegate e deidelegati, a partire dalla ripresa delle assem-blee, dopo le linee guida condivise con laFedermeccanica e Unionmeccanica, per evi-tare che il distanziamento sanitario diventisociale. La ripresa delle attività sindacali inpresenza, il riconoscimento di un ruolo deicomitati aziendali, quindi delle competenzedei delegati hanno trovato conferma negliaccordi Electrolux, Fca, Leonardo, CnhIndustrial, Hitachi, Marelli e da ultimo sullosmart working in Fincantieri.

Com’è possibile regolamentare lo smartworking e mettere un freno alle richiestedelle aziende?Il punto da cui partire è la contrattazionecollettiva per impedire frammentazione eisolamento delle persone. L’emergenza hacambiato la condizione di vita di molte per-sone e in molte imprese. Noi abbiamoassistito a una domiciliazione del lavoromentre lo smart working dovrebbe rappre-sentare la conciliazione tra la libertà diorganizzazione della vita e le necessità diimpresa. Era stato immaginato per funzioni,per obiettivi progettuali mentre invece noiabbiamo assistito a uno spostamento a casadel lavoro d’ufficio, del perimetro aziendaleall’interno delle abitazioni e della vita dellelavoratrici e dei lavoratori, sia in terminifisici sia in termini temporali: in pochigiorni in pochi metri quadri di casa si sonotrovate intere famiglie a doversi contenderepc e accesso alla rete.

I provvedimentieuropei e le risorsemesse a disposizionedopo l’emergenza

Covid devono servireper creare una reale

transizioneindustriale del nostro

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Il mio contributo avrà ad oggetto l’in-quadramento giuridico dell’istitutodello smart working – o lavoro agile– anche nella fase dell’emergenza,con particolare riferimento ad

alcune questioni applicative che si sono pre-sentate in questo periodo.Per capire cosa è successo, e immaginarecosa succederà dopo, dobbiamo partire dalladifferenza tra il telelavoro e lo smart wor-king, e averla chiara.Il telelavoro è un normale rapporto dilavoro subordinato, di tipo tradizionale, nelquale la prestazione è svolta regolarmentefuori della sede aziendale, in un luogo fisso.Vale per il telelavoro la normale disciplinadel rapporto di lavoro subordinato, cui siaffianca una regolamentazione pattizia,l’Accordo interconfederale del giugno 2004,in molti casi «integrata» dalla contratta-zione aziendale.Lo smart working è sempre una modalità dilavoro a distanza, ma è una modalità di ese-cuzione della prestazione peculiare, sipotrebbe quasi dire «smaterializzata» da queivincoli di orario e di spazio che sono untratto essenziale del rapporto di lavorosubordinato tradizionale.Lo smart working è pensato per figure pro-fessionali che possono lavorare per obiettivi,per attività che possono essere auto-orga-nizzate e che non hanno necessità dicoerenza spazio-temporale con l’organizza-zione aziendale; è pensato per lavoratori chemagari vanno a prendere i figli a scuola,passano il pomeriggio con loro e poi lavo-rano la sera. Dà maggiore libertà allavoratore, che però poi la «paga» in terminidi maggiori richieste di orario e di disponi-bilità da parte del datore di lavoro.Si discosta, quindi, dal lavoro subordinato

tradizionale e se ne discosta così tanto cheuna serie di contenuti tipici del rapporto dilavoro sono lasciati alle intese tra le parti:come vedremo meglio dopo, infatti, è cosìregolato dalla legge 81/2017.È per il fatto che la sua disciplina ha fontelegale, che la legislazione dell’emergenza e iprotocolli hanno fatto riferimento al lavoroagile e non al telelavoro.Così, è successo che lo smart working, cheera stato introdotto allo scopo di «incremen-tare la competitività e agevolare laconciliazione dei tempi di vita e di lavoro(art.18 l.81/2017), nella legislazione dell'emer-genza è divenuto invece uno strumento perevitare contatti e contagi nei luoghi dilavoro e favorire il distanziamento sociale,con una particolare attenzione alla prote-zione dei lavoratori e delle persone fragili.Da subito, infatti, immediatamente, appenascoppiata la pandemia, i Decreti ed i Proto-colli hanno invitato ad utilizzare almassimo il lavoro agile, che costituiva «unasoluzione organizzativa straordinaria»(come lo ha definito il Protocollo di aprile)finalizzata al contrasto e al contenimentodella diffusione del virus.Non a caso, quindi, ma proprio perché lamodalità di lavoro agile doveva, per servirea questo scopo, trovare immediata applica-zione, le deroghe alla sua ordinariadisciplina hanno di conseguenza riguardatotutto quello che poteva rallentarne, ritar-darne l’utilizzo.Così, le disposizioni normative che si sonosuccedute, e da ultimo il Decreto Rilancio –con il quale la possibilità di ricorrere allosmart working «in deroga» è stata estesa finoalla cessazione dello stato di emergenza «ecomunque non oltre il 31 dicembre 2020» –,da un lato hanno semplificato gli obblighi

Smart Working

LO CHIAMAVANOTELELAVORO

Emilia Recchi *

È successo che losmart working, cheera stato introdotto

allo scopo di«incrementare lacompetitività eagevolare la

conciliazione dei tempidi vita e di lavoro,nella legislazionedell'emergenza è

divenuto invece unostrumento per evitarecontatti e contagi neiluoghi di lavoro e

favorire ildistanziamentosociale, con una

particolare attenzionealla protezione deilavoratori e dellepersone fragili

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informativi in materia di salute e sicurezzae le comunicazioni di attivazione del lavoroagile, dall’altro lato hanno eliminato lanecessità dell’accordo individuale (anche eproprio perché per raggiungerlo presumi-bilmente sarebbero stati necessari tempipiù lunghi).Con testo sostanzialmente, anzi, letteral-mente identico, i vari Decreti (Dpcm1.3.2020 art.4 – Dpcm 8.3.2020 art.2 –Decreto Rilancio art.90) hanno stabilito che«la modalità di lavoro agile disciplinatadagli articoli da 18 a 23 della Legge 22 mag-gio 2017, n. 81, può essere applicata daidatori di lavoro privati ad ogni rapporto dilavoro subordinato, nel rispetto dei principidettati dalle menzionate disposizioni, anchein assenza degli accordi individuali ivi pre-visti; gli obblighi di informativa di cuiall'articolo 22 della medesima legge n. 81 del2017, sono assolti in via telematica anchericorrendo alla documentazione resa dispo-nibile sul sito dell'Inail».La principale «novità» è stata proprio l’elimi-nazione della necessità dell’accordoindividuale, sicché i datori di lavoro hannoavuto la possibilità di far svolgere la presta-zione in modalità agile senza che ci fosseuna preventiva intesa con il dipendente.Al contempo, in casi particolari, o meglio aparticolari categorie di lavoratori, è statoriconosciuto – fino alla cessazione dellostato di emergenza epidemiologica – ildiritto a svolgere la prestazione in moda-lità agile, sia pure a condizione che talemodalità fosse compatibile con le caratte-ristiche della prestazione. Precisamente: • ai lavoratori disabili in condizioni di gra-vità ex art.3 c.3 Legge 104 o familiariconviventi di persone disabili in condizioni

di gravità (art.39 DL 18/2020 c.1);• ai lavoratori immunodepressi o familiariconviventi di persone immunodepresse(art.39 DL 18/2020 c.2bis);• ai lavoratori genitori di figli minori di 14anni (sempreché nel nucleo familiare non visia altro genitore beneficiario di strumenti di

sostegno al reddito in caso di sospensione ocessazione dell'attività lavorativa o nonlavoratore) (art.90 Decreto Rilancio comma 1);• nonché, da ultimo (in sede di conversione

in legge del Decreto Rilancio – comma 1art.90 II periodo), sulla base della valuta-zione del medico competente (nell’ambitodella «sorveglianza sanitaria eccezionale» dicui all’art.83 dello stesso decreto), ai lavora-tori maggiormente esposti al rischio dicontagio in ragione dell’età o di altre condi-zioni di rischio.Inoltre, sono state anche introdotte nuoveipotesi di «priorità» nell’accoglimento dellerichieste di smart working.Già l’art.18, comma 3bis, della Legge81/2017 costituiva un diritto di precedenzanell’accesso alla modalità di lavoro agile infavore delle lavoratrici madri entro il limitedi 3 anni dalla fine del congedo di mater-nità, e dei lavoratori con figli disabili incondizioni di gravità.La normativa dell’emergenza ha previstoun medesimo diritto anche a favore dei«lavoratori affetti da gravi e comprovatepatologie con ridotta capacità lavorativa, ailavoratori immunodepressi e ai familiariconviventi di persone immunodepresse»(art.39 comma 2 DL 18/2020). È da notare che si tratta di una disposizioneche non ha efficacia limitata al periododell’emergenza, non contiene limitazionitemporali, per cui le nuove ipotesi si affian-cano alle altre ipotesi che già la leggeprevedeva, a tempo indeterminato.Solo un cenno al fatto che il diritto allamodalità agile non è esercitabile in via diautotutela – cioè il lavoratore autonoma-mente non può decidere di lavorare insmart working, di non presentarsi sul postodi lavoro per svolgere invece l’attività daremoto, senza l’assenso del datore di lavoro– ma, se leso, deve essere fatto valeredavanti all’autorità giudiziaria.Lo «smart working dell’emergenza» è

I datori di lavoro

hanno avuto la

possibilità di far

svolgere la

prestazione in

modalità agile senza

che ci fosse una

preventiva intesa con

il dipendente

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profondamente diverso da quello ordi-nario, è un ibrido.Già solo per il fatto che nello smart working«ordinario» la prestazione si svolge in partein azienda ed in parte all’esterno, in luoghianche diversi, mentre in questo periodo difatto quasi tutti i lavoratori sono stati a casao comunque in uno stesso posto fisso.Questo lo ha in qualche modo avvicinato,reso molto più simile al telelavoro.Però non è telelavoro, perché i vari Dpcm eDecreti legge, e anche i Protocolli, si sonoriferiti espressamente al lavoro agile, allaLegge 81/2017 ed al «rispetto dei principi»dettati dalle sue disposizioni.Peraltro, nel telelavoro l’accordo fra datoree lavoratore rimane necessario, non è statoin alcun modo «toccato» dalla normativadell’emergenza.Questo smart working attuale invece nonè volontario (salvi i casi di cui abbiamo giàparlato in cui si ha diritto di svolgerlo) edè proprio per questo sostanzialmentederegolamentato.Nel sistema della L.81/2017 infatti è l'ac-cordo a individuare le caratteristiche dellaprestazione: • l'orario;• il luogo di svolgimento;• le forme di collegamento con il datore di lavoro;• le modalità di utilizzo degli strumenti tecnologici; • le misure necessarie ad assicurare la discon-nessione del lavoratore da quegli strumenti;• le forme di esercizio del potere direttivo edi controllo della prestazione; • le condotte che possono costituire illecitodisciplinare.Vi sono, certo, disposizioni che non sonostate toccate dalla deroga, ad esempio quellerelative al trattamento economico e norma-tivo, alla responsabilità del datore di lavoroper la sicurezza e il funzionamento deglistrumenti tecnologici assegnati.In assenza dell’accordo, si pone il problemadi quali siano le regole applicabili allo svol-gersi del rapporto in modalità agile.Ovviamente, nelle situazioni in cui lo smart wor-king già era disciplinato dalla contrattazionecollettiva aziendale, è stato possibile fare riferi-mento alle previsioni che la stessa conteneva.Negli altri casi, la maggior parte, lo svolgi-mento di questo smart working «senzaaccordo» si è rivelato più complesso, conriferimento a quei contenuti che la Leggeriservava appunto all’accordo individuale.In linea di massima, in assenza di regola-mentazione, ci si deve riferire alle normegenerali sul rapporto di lavoro subordinato,anche in virtù del generale rinvio conte-nuto nell’art. 20 della Legge 81/2017 anorma del quale il lavoratore agile «hadiritto ad un trattamento economico e nor-mativo non inferiore a quellocomplessivamente applicato […] nei con-fronti dei lavoratori che svolgono le

medesime mansioni esclusivamente all’in-terno dell’azienda».Alcune questioni sono di facile soluzione. In assenza di una diversa disciplina dettatadall’accordo individuale: • il potere disciplinare deve essere esercitatosecondo le previsioni della contrattazionecollettiva di riferimento; • i diritti sindacali rimangono inalterati;• il controllo della prestazione è necessaria-mente limitato al corretto adempimentodella prestazione lavorativa.Altre questioni, invece, si sono rivelate benpiù complicate, e hanno dato luogo a con-trasti e interpretazioni difformi.Mi riferisco, in particolare, all’orario dilavoro e ai contenziosi che si sono aperti perla mancata erogazione dei buoni pasto e/odell’indennità di mensa.

L’orario viene qui in rilievo sotto un dupliceprofilo, ovvero qual è oggi e finché dure-ranno le deroghe – probabilmente, da quelleche sembrano essere le intenzioni delGoverno, per tutto il 2020 – l'orario dilavoro del dipendente in smart working, ese e in quali termini si possa parlare didiritto alla disconnessione.Quanto all’orario di lavoro, nella Leggen.81/2017 si prevede che il lavoro agile puòsvolgersi «anche [...] senza precisi vincoli diorario» e che «la prestazione lavorativaviene eseguita entro i soli limiti di duratamassima dell’orario di lavoro giornaliero esettimanale derivanti dalla legge e dallacontrattazione collettiva».È poi l’accordo individuale che «disciplinal’esecuzione della prestazione» e individua

«i tempi di riposo».Nello smart working «ordinario», quindi, leparti concordano su quale dovrà esserel’orario da osservare, ad esempio preve-dendo che la prestazione sarà svoltaall’interno di una certa fascia oraria. Ma se l’accordo manca? Allora si deve fareriferimento al normale svolgimento dellaprestazione e le sole modifiche consentitesono quelle dell’orario consentite dal con-tratto collettivo. Valgono le normali regole: l’orario di lavorodel lavoratore in smart working è quelloordinario, ovvero l’orario che già osservavain azienda e, in ogni caso, anche se modifi-cato per disposizione aziendale (ma semprenei limiti in cui il Ccnl lo consente), non puòeccedere la durata massima giornaliera esettimanale prevista dalla legge n.66/2003e dal contratto collettivo e deve rispettare ilprincipio della parità di trattamento con idipendenti che svolgono le stesse mansioniall'interno dell'azienda.Sicché, in caso le prestazioni effettuate insmart working eccedano tale orario, vi èdiritto alle maggiorazioni per lavoro straor-dinario, notturno, festivo, ai riposicompensativi, agli accantonamenti inbanca ore, e in generale tutto quello che èprevisto dalla disciplina contrattuale collet-tiva in merito all’orario, compresa lareperibilità, deve essere applicato.Per quanto riguarda il diritto alla discon-nessione il discorso è più complesso, peròforse anche più interessante dal momentoche non se ne è trattato molto e che la con-trattazione collettiva si è fin qui pocoesercitata sul punto.Le caratteristiche del lavoro da remotomediante strumenti informatici e l’utilizzoin molti casi continuo (ed eccessivo) che diquesti viene fatto, pongono però adessol’esigenza di tutelare la disconnessione econ essa sia il diritto alla salute – ancheattraverso specifici obblighi di informativain ordine a quelli che vengono definiti«rischi da iperconnessione» – sia il dirittoalla vita privata.Il nostro legislatore ha rimesso la questioneall’autonomia delle parti, non ha dato indi-cazioni specifiche in ordine alle modalità ditutela: nella disciplina della Legge 81/2017il solo riferimento è nell’art.19 comma 1,secondo il quale l’accordo individuale deveprevedere, oltre che «i tempi di riposo»,anche «le misure tecniche e organizzativenecessarie per assicurare la disconnessionedel lavoratore dalle strumentazioni tecno-logiche di lavoro».Nella prassi, però, in genere, per quanto si èavuto modo di vedere, gli accordi indivi-duali, specie in caso di prestazione senzavincoli di orario precisi, sono oltremodogenerici sul punto e si limitano a mereaffermazioni di principio; mentre nello

L’orario di lavoro insmart working èl’orario che già

osservava in aziendae non può eccedere la

durata massimagiornaliera e

settimanale previstadal contratto

collettivo e deverispettare il principio

della parità ditrattamento

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smart working dell'emergenza l'accordo,come abbiamo già detto, manca nella quasitotalità dei casi.Sotto il profilo strettamente giuridico, allora,per individuare il tempo di disconnessionepuò farsi riferimento al previsto rispetto dei«limiti di durata massima dell’orario dilavoro giornaliero e settimanale derivantidalla legge e dalla contrattazione collettiva»di cui all'art.18 della Legge 81/2017, e alladefinizione che il D.Lgs. 66/2003 dà dell’ora-rio di lavoro, individuandolo come il«periodo nel quale il lavoratore è a disposi-zione del datore di lavoro e nell’eserciziodelle sue attività e funzioni».Certamente, però, non si risolve così sempli-cemente il problema per le prestazioni dasvolgersi senza precisi vincoli di orario, allequali, in assenza di regolamentazione spe-cifica, sembra applicabile solo la previsionedelle 11 ore di riposo.Ed in ogni caso, è difficile ipotizzare che sulpiano individuale vengano raggiuntiaccordi che effettivamente diano unatutela adeguata.È quindi evidente che la sede più oppor-tuna, e più necessaria, di regolamentazioneè quella collettiva.A questo proposito, potrebbe essere utile edinteressante, per trarne spunti per la futuracontrattazione sulla materia, raccogliere edesaminare anche accordi stipulati in settori,come quello bancario e assicurativo, dove losmart working ha avuto già in passato largaapplicazione ed è stato quindi maggior-mente oggetto di regolazione. Ad esempio, l’accordo aziendale di AllianzAssicurazioni del 2017 dove si legge che: «non è di norma richiesto di rendere la pro-pria prestazione lavorativa al di fuoridell’orario di lavoro. Pertanto, salvo partico-lari ed eccezionali esigenze aziendali efermo, in ogni caso, il recupero dei riposi –non è richiesto al Dipendente lo svolgi-mento della prestazione lavorativa e,quindi, la lettura delle email, la risposta alletelefonate e agli Sms aziendali, l’accesso e laconnessione al sistema informativo azien-dale. Durante il periodo di pausa, di riposo edi disconnessione il dipendente potrà disat-tivare i dispositivi utilizzati per losvolgimento della prestazione lavorativa.Durante le giornate di SW, e salvo il periododi pausa, di riposo e di disconnessione, ildipendente dovrà essere reperibile sullosmartphone e via email».Spunti interessanti si possono trarre anchedai regolamenti adottati in merito allosmart working da pubbliche amministra-zioni, come in quello di Reggio Calabria del2019 che «riconosce il diritto del lavoratoreagile di non leggere e non rispondere aemail, telefonate o messaggi lavorativi e dinon telefonare, di non inviare e-mail e mes-saggi di qualsiasi tipo inerenti all’attività

lavorativa nel periodo di disconnessione»,individua puntualmente detto periodo(indicando giorni e orari) e precisa che ildiritto alla disconnessione «si applica insenso verticale bidirezionale (verso i propriresponsabili e viceversa), oltre che in sensoorizzontale, cioè anche tra colleghi» .Un altro problema che si è posto è quello deldiritto ai buoni pasto e all’indennità dimensa. Anche qui occorre tenere presenti,in assenza dell’accordo individuale (e lostesso vale se l'accordo non se ne occupi), lenorme generali e comuni in materia di rap-porto di lavoro subordinato e ledisposizioni della Legge 81/2017, in partico-lar modo l’art.20 che, come abbiamo visto,fonda il principio della parità di tratta-mento economico e normativo con ilavoratori che svolgono le medesime man-sioni all’interno dell’azienda.Sicché, se a questi ultimi i buoni pasto o l’in-dennità di mensa sono corrisposti per ogni

giorno di lavoro, non si vede perché nondovrebbero essere dovuti ai lavoratori agili.Le argomentazioni in contrario si sonobasate, in sostanza, sul solo rilievo – deltutto privo di fondamento giuridico – chenon spetterebbero in quanto il dipen-dente lavora da casa (in un recenteconvegno abbiamo sentito un collega diparte datoriale dire: «Perché dovremmodar loro il buono pasto se si possono fareun piatto di pasta?»).Si pone, però, il problema della fonte che deibuoni pasto (o della indennità di mensa)prevede l’erogazione.Infatti, l'art.20 della Legge 81/2017 già

citato fa riferimento al complessivo tratta-mento economico e normativo applicato «inattuazione dei contratti collettivi di cuiall'art.51 del decreto legislativo 15 giugno2015, n.81» (cioè i contratti collettivi nazio-nali, territoriali o aziendali stipulati dalleassociazioni sindacali comparativamentepiù rappresentative, o dalle loro rappresen-tanze sindacali).In linea generale, quindi, se il buono pasto ol’indennità di mensa sono previsti dallacontrattazione collettiva applicata inazienda (e sempre che questa non lo escludaespressamente per il caso di lavoro adistanza), è da ritenere che spettino ancheai lavoratori in smart working, a prescin-dere dal luogo in cui prestano l’attività. Vanno ovviamente, caso per caso, esami-nate le disposizioni contrattuali, macertamente si tratta di emolumenti chefanno parte del trattamento economico.Lo stesso discorso vale se il buono pasto èriconosciuto nel contratto individuale dilavoro (ad esempio quando nella lettera diassunzione si dice «Per ogni giorno di effet-tivo lavoro prestato le sarà corrisposto unbuono pasto dell’importo di euro...»). La situazione, invece, è diversa e più com-plessa quando l’erogazione del buono pasto èdisposta unilateralmente del datore di lavoro.Questo perché, come abbiamo visto, l'art.20della Legge 81/2017 fa espressamente rife-rimento al trattamento applicato inattuazione di contratti collettivi: il che sem-brerebbe escludere in questo caso il dirittoal buono pasto o all’indennità di mensa, ecertamente ne rende più complicata larivendicazione. Si può sostenere, però, chesono ugualmente dovuti.In primo luogo, facendo leva sulla ratiodell’art.20. E infatti, la finalità che dettanorma persegue è evidentemente il garan-tire al lavoratore agile la parità ditrattamento, evitando che dall’adozione ditale modalità lavorativa potesse derivargliuna diminuzione del trattamento econo-mico; sicché non rientrava certo nelleintenzioni del legislatore che un determi-nato emolumento dovesse spettare allavoratore agile solo se disposto dalla con-trattazione collettiva.Può poi anche richiamarsi il principio diirriducibilità della retribuzione, laddove siritenga che il servizio di mensa e l’inden-nità sostitutiva della mensa costituisconouna sorta di retribuzione in natura (e lostesso ragionamento può valere per i buonipasto, atteso che il D.L. n.122/2017 li defini-sce come il mezzo con il quale al lavoratoreviene erogato un servizio sostitutivo dimensa aziendale).È una tesi un po’ (anzi molto) ardita, dalmomento che, in linea generale, la giu-risprudenza invece ne esclude la naturaretributiva (qualificandole come presta-

In linea generale se ilbuono pasto o

l’indennità di mensasono previsti dallacontrattazione

collettiva applicata inazienda è da ritenereche spettino anche ailavoratori in smart

working, aprescindere dal luogo

in cui prestanol’attività

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zioni di carattere assistenziale), anchein forza delle previsioni del decretoLegge n.333/1992.Secondo tale decreto, ilservizio di mensa e l’indennità sostitutivanon fanno parte della retribuzione a nes-sun effetto attinente istituti legali econtrattuali del rapporto di lavoro subordi-nato: ma ciò «salvo che gli accordi e icontratti collettivi, anche aziendali, dispon-gano diversamente, stabilendo se e in qualemisura la mensa è retribuzione in natura».E, per quanto riguarda i metalmeccanici,sia nel contratto di Federmeccanica chenel contratto di Confapi in materia dimensa vi è un richiamo espresso alla disci-plina dell’accordo interconfederale del ’56,che attribuisce natura retributiva all’in-dennità sostitutiva di mensa e al valoredella mensa in natura.Un ulteriore argomento che si può spendereè che quando l’erogazione del buono pasto,ovvero dell’indennità di mensa, configuraun uso (o prassi) aziendale, questo puòessere superato soltanto attraverso unadiversa disposizione contrattuale collettiva.Altra questione interessante che si pone è seal lavoratore cui è stata applicata, inassenza di accordo, la modalità di lavoroagile e che ha in questo periodo prestatol’attività in smart working presso la propriaabitazione, spetti il rimborso dei costi soste-nuti nell’interesse del datore di lavoro.Abbiamo letto sui giornali che di recente inSvizzera un Tribunale federale (cioè diseconda istanza, decide in via definitiva) haattribuito a una lavoratrice che, non essen-doci per lei una postazione in azienda,aveva dovuto prestare l’attività da casa, un

indennizzo mensile per coprire le speserelative ai consumi energetici e di connes-sione internet e, addirittura, in parte lespese dell’alloggio.Il Tribunale svizzero ha così deciso argo-mentando che i costi della produzione

devono restare a carico del datore di lavoro.Il principio per cui nella prestazione dilavoro subordinato i costi per lo svolgi-mento della prestazione sono a carico deldatore di lavoro vige anche nel nostro ordi-

namento; tra l’altro, così per il telelavorol’art.6 dell’accordo interconfederale del2004 dispone espressamente che «il datoredi lavoro provvede alla compensazione ocopertura dei costi direttamente derivantidal lavoro, in particolare quelli relativi allacomunicazione».In conclusione, è abbastanza semplice direcosa si può e si deve fare in questo periodo:pretendere il rispetto del normale svolgi-mento della prestazione lavorativa.Per il futuro, oltre l’emergenza, invece, checosa si deve fare? Le cose che ho detto ci suggeriscono unariflessione su quello che dovrà essere ilruolo del Sindacato nella fase successiva.Si dovranno affrontare i problemi postidalla possibilità (concreta) che molti piùlavoratori di prima lavoreranno fuori dal-l’azienda e che molti più lavoratori di primavorranno farlo. Ma con il telelavoro o con losmart working? Sono tipologie diverse evanno tenute distinte.E allora lo smart working deve tornare alla suadisciplina originaria, e bisogna immaginarecome regolarlo, pensare a una regolamenta-zione che lo tenga dentro i suoi limiti.Merita cominciare a pensarci già adesso,capire con quali mansioni, con quali attivitàaziendali lo smart working è compatibile,capire come il tempo di lavoro e di connes-sione si intreccia con il risultato e con gliobiettivi, capire come si possono e sivogliono regolare tutte le questioni che losmart working pone, in materia di orario, dicontrolli, di responsabilità disciplinare.

Lo smart working devetornare alla sua

disciplina originaria, ebisogna immaginarecome regolarlo,pensare a una

regolamentazione chelo tenga dentro i suoi

limiti

* Consulta giuridica Fiom-Cgil

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Il lavoro cognitivo sta crescendo inmodo consistente nella nostra cate-goria. Prima dell’emergenza il lavoroda remoto, in particolare il cosid-detto smart working (SW) o lavoro

agile, perché comunque il telelavoro hasempre avuto una dimensione molto rela-tiva, è stato uno strumento scarsamenteutilizzato da parte delle aziende, anche inpresenza di accordi, infatti anche dove cisono gli accordi le aziende utilizzavano loSW come una sorta di premio o di benefit alpari di altre modalità premianti unilateraliche spesso compongono la retribuzione deilavoratori quadri e impiegati.Con una sostanziale differenza nella nostracategoria, tra il settore manifatturiero conun bassissimo utilizzo dello SW e il settoredei servizi o ICT dove anche se lentamentestava prendendo campo, questa differenzala ritroviamo anche durante l’emergenzaper il Covid-19.Nel settore manifatturiero il lavoro daremoto era quasi inibito a tutti i quadri e agliimpiegati che sono vicini alla produzione,anche se poi gli stessi quadri e impiegatiuscivano alla sera dall’azienda con il porta-tile e continuavano il lavoro da casa, infattinella nostra categoria il problema delladisconnessione l’abbiamo anche senza lo SWper chi svolge l’attività nelle sedi, il dirittoalla disconnessione è una richiesta inseritanella nostra piattaforma per il rinnovo delcontratto nazionale, anche se io – e lo sannotutti – ho sempre sostenuto che, siccome ilnostro contratto non prevede il dovere allaconnessione, chiedere il diritto alla discon-nessione è una contraddizione.Segnalo però che, fra i giovani, il fatto di nonessere connesso significa essere escluso, nelsenso che c’è anche una tendenza generalea voler essere connessi per sentirsi parte diun gruppo, e noi che chiediamo il diritto alla

disconnessione – fra l’altro è riportato, comediceva bene Emilia Recchi nella sua rela-zione nella norma a cui si fa riferimento –sosteniamo una cosa in controtendenza.Cosa è successo quando è arrivata l’emer-genza? All’inizio le aziende hannocontinuato a resistere, sostenendo che imanager devono vedere i lavoratori pre-senti, questo anche quando sono arrivati iprimi Dpcm che raccomandavano il lavoroagile, trovavano mille difficoltà per ricono-scere la possibilità di lavorare da casa.Poi la diga si è rotta e tutti a casa. I lavora-tori che hanno lavorato e che ancoralavorano da remoto nell’immaginario collet-tivo sono apparsi anche per gli altrimetalmeccanici dei privilegiati, perchépotevano continuare a lavorare da casatutelando il reddito, facendo anche pocaCigo, con minor rischio di contagio perchénon si dovevano spostare, senza andare nelluogo di lavoro e in più potevano seguire ifigli con le scuole chiuse.Oggi sono passati diversi mesi e può darsiche continuino, perché oggi lo stato d'emer-genza è al 31 luglio [ultimamente prorogataal 15 ottobre, ndr], ma ho visto che l’articolon. 90 del D.L. Rilancio estende il lavoro agileper i pubblici dipendenti al 31 Dicembre2020, il che fa pensare che le aziende perrisparmiare sui costi di sanificazione e didistanziamento fra persone continuerannoa utilizzare questa modalità di lavoro fino al31 dicembre anche nel settore privato.Tante lavoratrici e lavoratori si sono trovatia svolgere la loro attività da casa in spaziinadeguati, case piccole e fortemente popo-late perché anche il resto della famiglia erabloccato in casa, con strumenti di lavoroinadeguati, pc portatile con uno schermopiccolo, sedie, cuffie, monitor e connessionescadente, in molti hanno acquistato perso-nalmente strumenti. È successo di tutto:

Smart Working

AGILE, MA PER CHI?

Marcello Corti *

Tante lavoratrici elavoratori si sono

trovati a svolgere laloro attività da casain spazi inadeguati,

case piccole efortemente popolateperché anche il restodella famiglia era

bloccato in casa, construmenti di lavoro

inadeguati, pcportatile con unoschermo piccolo,

sedie, cuffie, monitore connessione

scadente, in moltihanno acquistatopersonalmente

strumenti

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sono stati messi in ferie lavoratori perchégli saltava la connessione alla rete.Eppure è il contratto nazionale che stabili-sce come comportarsi quando c’è unasospensione temporanea dell’attività, inmolti casi la realtà ha superato la fantasia.E poi tutti i costi a carico del lavoratore,come si diceva prima: la connessione, tuttele utenze, il riconoscimento del buono pastoladdove non c’erano accordi precedenti chelo regolavano, il problema dell’indennità dimensa per chi aveva il servizio mensa.Certo, dei vantaggi ci sono, il lavoratore nonha i costi di viaggio, non ha il costo deimezzi di trasporto privato, gli abbonamenti,ha più tempo a disposizione, può supportarela famiglia e questo diciamo che in qualchemodo è stato confermato. L’Rsu di Almaviva ha fatto un questionario,che ha coinvolto il 66% della popolazioneaziendale, quindi un numero consistente,con un questionario anonimo. Ebbene, il90% di coloro che hanno risposto al que-stionario sono contenti di lavorare daremoto; solo una piccola parte ha cambiatoidea dall’inizio, visto il periodo lungo, e solol’1% dichiara di aver lavorato meno rispettoa quando era in sede, il resto si divide inparti uguali tra chi ha lavorato di più e chilavorava come prima, quindi l’azienda haavuto dei benefici.Quali sono i benefici dell’azienda? Tutti icosti delle utenze che con le sedi chiusehanno risparmiato, i servizi generali,risparmio dei viaggi, delle trasferte, ridu-zione in qualche caso dei costi della mensa,delle pulizie e poi anche per effetto di unmeccanismo dell’orario fuori controllo sisono pure risparmiati gli straordinari, i not-turni, le reperibilità.Durante la Fase 2 è continuato il risparmioe, siccome questi lavoratori possono conti-

nuare a lavorare da casa, le aziende hannorisparmiato tutti i costi della riorganizza-zione delle scrivanie a norma perché lamaggior parte delle aziende sono organiz-zate in open space ad alta densità discrivanie che dovevano essere ridotte note-

volmente, poi i colli di bottiglia, file agliingressi e alle uscite, bagni, mensa, misura-zione delle temperature, ecc.Hanno avuto un aumento della produtti-vità, un crollo della malattia perché lepersone a casa, anche quando stanno

male, tendono a non andare dal medicoperché evitano le fasce di controllo, cosìpossono muoversi anche rispetto alle esi-genze familiari; sono crollati anche gliinfortuni in itinere, le aziende hannoavuto il loro bel tornaconto.Quali sono gli scenari della fine dell’emer-genza? Diciamo che superato il tabù che illavoro da remoto si può fare, continuerà eresterà più alto di prima.Un amministratore delegato ai suoi mana-ger ha detto: «Nel futuro tutte le volte chedevi fare una cosa ti devi domandare: laposso fare da remoto?», noi quindi avremo lacomponente di lavoro da remoto più alta diquella che abbiamo conosciuto all’inizio.Tornerà agile? Non per tutti, per il manifat-turiero di sicuro sì, per tutti quelli vicinialla produzione le aziende tenderanno afarli rientrare rapidamente nelle sedi per-ché per loro devono stare accanto allaproduzione, e parlo degli uffici che sonovicini al prodotto.Sempre per quello che riguarda le stesseaziende manifatturiere il discorso saràdiverso per chi lavora in aree come finanza,ricerca e sviluppo, amministrazione, perquesti sicuramente ci sarà una componentedi lavoro da remoto che resterà alta.Mentre invece nelle aziende di ICT e di ser-vizi, ci sono forti rischi che non si vogliatornare indietro, perché ho già sentitoaziende che stanno pensando di tornare aun lavoro agile ma per tutti i lavoratori,almeno due giorni alla settimana da remotoe tre giorni in sede, si riducono e si ridimen-sionano le sedi, spariscono le scrivaniepersonali per lasciare il posto alle scrivaniecondivise, senza oggetti personali sopra.Chiuderanno le sedi piccole per concentrare ilavoratori in poche sedi, con il taglio dei costiper l’affitto delle sedi, perché tante aziende,

L’aumento della

produttività, un crollo

della malattia; sono

crollati anche gli

infortuni in itinere, le

aziende hanno avuto

il loro bel tornaconto

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soprattutto quelle controllate da Fondi o leMultinazionali, sono con sedi in affitto.Si aprirà uno scenario di esuberi strutturaliper chi lavora nei servizi generali, nellepulizie e nelle mense.Si faranno meno viaggi e trasferte.Si organizzeranno coworking perché, chiu-dendo la sede, una possibilità per evitarelo spostamento dei lavoratori potrebbeessere questa.Alla fine dell’emergenza il lavoro daremoto rischia di non tornare volontario,ma potrebbe essere ancora involontarioperché, se chiudi la sede e mi obblighi atrasferirmi a 200 km e in alternativa miproponi il telelavoro a quel punto la sceltadel lavoratore non è più volontaria, madiventa obbligatoria.Arriviamo, ora, ai punti che dovremmo con-trattare e/o regolare nel lavoro da remoto. Nel Novecento si sosteneva che ci sono 8 oredi lavoro, 8 ore di vita e 8 ore di sonno, oggi,lavorando da casa, tutto si realizza nellostesso luogo con un’organizzazione intrec-ciata, quindi credo che la principale cosache si dovrà fare – considerando anche chenel programma della manifestazione del 25giugno di Fim-Fiom-Uilm c’è contrattare illavoro da remoto – è che – finita l’emer-genza – bisognerà ripristinare lavolontarietà, le modalità di accesso e direvoca, precisare l’unità produttiva dove illavoratore svolge l’attività, il rispetto del-l’orario giornaliero e settimanale, le pauseper il pasto, le pause per i videoterminalisti.Non ci dimentichiamo che c’è l’allegato 34della Legge 81 del 2008 rispetto, appunto,all’esposizione al videoterminale, insieme aimeccanismi dell’orario che, secondo me,dovrà essere quello ordinario, in una fasciaoraria che potrà andare dalle 8 di mattinaalle 19/20 della sera. Poi ci dovrebbe essere

la disconnessione automatica ed eventualiforzature alla disconnessione dovrebberoriconoscere lo straordinario, il notturno e lareperibilità – così come è nel contratto deimetalmeccanici – dotazione tecnologia esua manutenzione a carico dell’azienda,compreso sedia ergonomica, cuffie e pc.Mi diceva una delegata che ci sono voluti

anni per avere in ufficio gli schermi digrande dimensione a bassa emissione, men-tre oggi si ritrovano a lavorare da casa damesi su uno sgabello, in una cucina, con unpiccolo schermo, la prospettiva non può

essere questa!E poi c'è il problema dei costi di connessionee le utenze, normalmente a carico del-l’azienda, che stanno risparmiando con lesedi chiuse e/o ridotte.Ma qualcosa a riguardo in giro c'è: ci sonoalcune aziende dove viene erogata unaquota una tantum, che copre praticamente– escluso il pc – tutta un’altra serie di costi,compresi quelli delle utenze.Ci sono, poi, le questioni relative ai buonipasto e alle indennità sostitutive di mensa,così come la tutela dei dati personali –sapendo che il controllo del lavoratore, saràfatto attraverso dei sistemi di software, quindil’applicazione dell’Art.4 della Legge 300.Quando, poi, si parla di 8 ore di connessione,vorrei ricordare che quando il lavoratore èpresente nella sede le ore retribuite sono le 8ore di presenza, non sono 8 ore di connes-sione (quando va a prendere il caffè o inbagno è retribuito). Se si attiva la disconnes-sione automatica dopo 8 ore di connessionel’azienda si ritrova 8 ore di effettivo lavoro!!La formazione continua che è nel nostro con-tratto nazionale con il minimo delle 24 ore atriennio deve essere esigibile, così come sonoimportanti i rientri programmati in aziendaper lo sviluppo della professionalità.Mi ha detto un capo del personale del set-tore manifatturiero che la macchinetta delcaffè è un luogo di fertilizzazione incrociatadelle idee.Pensare che negli anni Novanta erano con-siderate un luogo da chiudere, per scoprireoggi che serve ad accrescere la professiona-lità fa piacere. Oggi i dirigenti difendono il rientro nellesedi perché hanno capito che nei nuovimodelli organizzativi con tanto lavoro daremoto ci sarà meno bisogno di capi rispettoa quanti ce ne sono oggi!

Alla finedell’emergenza illavoro da remoto

rischia di non tornarevolontario, perché,

se chiudi la sede e miobblighi a trasferirmi

a 200 km e inalternativa mi

proponi il telelavoroa quel punto la sceltadel lavoratore non èpiù volontaria, madiventa obbligatoria

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C’è la questione dell’agibilità sindacale ed èstato fatto un passo importante con le lineeguida firmate da Fim, Fiom, Uilm e Feder-meccanica il 18 giugno scorso.Poi c’è una questione contingente cheriguarda più noi che le aziende, il votodelle Rsu. Abbiamo tante Rsu che stanno scadendo inquesto periodo, con tutti i lavoratori a casa,dobbiamo stabilire una modalità di voto daremoto con una piattaforma nostra, di Fim,Fiom e Uilm, che poi può essere usata ancheper il voto di piattaforme e/o accordi; ormainon è più rinviabile o ci troveremo con le Rsuscadute e impossibilitati a fare nuove elezioni.C’è, poi, l’informazione sulla valutazione deirischi, anche se il miglior intervento orga-nizzativo per evitare lo stress da lavorocorrelato è trovare l’equilibrio fra il lavoroda remoto e i rientri nella sede aziendale.Perché gli uomini e le donne sono animaligregari, hanno bisogno di stare in comunitàe, se un lavoratore sta chiuso in casa alungo, ne va della sua salute.Così come nell’accordo interconfederale del2004, in cui c’è la possibilità di accesso perl’Rls nei luoghi di lavoro, dovrebbe essereestesa a ogni tipologia di lavoro da remoto.Riconoscere fra gli altri il diritto alla pater-nità, perché oggi tutta la normativa dà dellepossibilità per la maternità. Per concludere, la soluzione migliorepotrebbe essere quella di avere una dota-zione minima di lavoro agile per tutta laplatea che, durante l’emergenza ha lavoratoda remoto, come le ferie, un giorno a setti-mana, sarebbero 48 giorni l’anno per tutti,da utilizzare un giorno a settimana o a set-timane nel corso dell’anno a seconda delleproprie esigenze, per poi far salire il numerodei giorni che potrebbero arrivare a due –quindi 96 giorni l’anno – per le maternità, le

paternità, la Legge 104, per i disabili, per chiha figli al di sotto di una certa età, per chideve assistere anziani e anche per queilavoratori che abitano oltre un certonumero di chilometri dalla sede del-l’azienda.

Noi, però, dobbiamo stare attenti perchénon tutto il lavoro da remoto è lavoro crea-tivo e gratificante. Ci sono attività ripetitiveo di semplice inserimento di dati, che fannotornare alla memoria il lavoro a domiciliodegli anni Cinquanta, che quelli più vecchi

come me hanno visto fare alle mamme,quelle donne, che hanno scioperato peruscire da casa. Attenzione a non ricreare illavoro a domicilio e a cottimo, farebbe arre-trare il Paese e colpirebbe soprattutto ledonne!C’è, poi, la questione dei rapporti di forza.Per fare tutto questo c’è la necessità dei rap-porti di forza e non si può pensare che lenostre richieste le conquistiamo con lo scio-pero degli operai, sappiamo bene che inalcuni settori, quando si fanno le elezionidelle Rsu, non si riesce a raggiungere il quo-rum e in molti casi non abbiamo delegati asufficienza rispetto ai voti presi, e quandoproclamiamo sciopero l’adesione è bassa.Questo vuol dire che questi lavoratori nonsono come l’operaio metalmeccanico delNovecento, che alle 17 gli cadeva il martellodi mano e se ne andava, non lo sono perchéci sono i gruppi di Whatsapp ai quali devirispondere. Le sollecitazioni a qualunque ora delgiorno e della notte fanno sì che questilavoratori, magari per paura di non farecarriera in azienda, subiscono in silenzio ein solitudine. La Fiom deve diventare per loro un puntodi riferimento più forte di quello che èattualmente.Abbiamo il dovere di provare a contrattare,e dobbiamo farlo ora che le aziende sistanno riorganizzando e che fra i lavoratoricon l’emergenza c’è più attenzione, ci cer-cano molto di più e ce lo ripetonoquotidianamente i delegati. Dobbiamo evi-tare che la componente di lavoro da remotocresca fuori controllo, solo gestita dal-l’azienda, ne va dell’integrità psicofisica deilavoratori, ma anche delle condizioni mate-riali ed economiche degli stessi, e anche delfuturo del Sindacato.

Dobbiamo evitare chela componente dilavoro da remoto

cresca fuori controllo,solo gestita

dall’azienda, ne vadell’integritàpsicofisica dei

lavoratori, ma anchedelle condizionimateriali ed

economiche deglistessi, e anche delfuturo del Sindacato

* Fiom-Cgil nazionale

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Abbiamo scelto di selezionarealcune questioni, tra le molte,relative in generale al tratta-mento dei dati nell’ambito delrapporto di lavoro e dunque,

nello specifico:1) la tutela dei dati del lavoratore nellosmart-working;2) i test sierologici;3) l’utilizzo di applicazioni per il traccia-mento dei contatti.Altre problematiche – che pure si eranoposte, in particolare, all’inizio dell’emer-genza sanitaria – quali la misurazione dellatemperatura e la possibilità per il datore dilavoro di ottenere dal lavoratore delle auto-dichiarazioni sulle proprie condizioni disalute mi paiono, in parte, superate sia dallaprassi che dall’entrata in vigore del c.d. Pro-tocollo condiviso del 24 aprile 2020.

LA TUTELA DEI DATI DEL LAVORATORE INSMART-WORKINGTra le questioni lasciate aperte dall’abroga-zione della necessità dell’accordoindividuale nello smart-working vi è anchequella del perimetro del controllo da partedel datore di lavoro sugli strumenti utiliz-zati dal lavoratore e, quindi, della possibilitàdi legittima o illegittima utilizzazione deidati raccolti.A riguardo l’art. 21 della Legge 81/2017 sullavoro agile, in materia di potere discipli-nare e di controllo, prevede che «L'accordorelativo alla modalità di lavoro agile disci-plina l'esercizio del potere di controllo deldatore di lavoro sulla prestazione resa dallavoratore all'esterno dei locali aziendali nelrispetto di quanto disposto dall'articolo 4della Legge 20 maggio 1970, n. 300, e succes-sive modificazioni». La questione, pertanto, si pone sotto dueprofili, tra loro connessi: quello della tutela

della privacy e quello del controllo adistanza dell’attività lavorativa e quindi del-l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori.Si tratta di due discipline volte, entrambe, atutelare la dignità della persona che pren-dono, tuttavia, in considerazione ambiti nonsempre coincidenti: quella lavoristica pro-tegge i lavoratori da intrusioni e forme dicontrollo da parte dei datori di lavoro, men-tre quella in materia di privacy tutela lariservatezza, l’identità e i dati personali. Vi ricordo che l’art. 4 dello Statuto, nella for-mulazione successiva alla riformaintrodotta con il d.lgs. 81/2015 (uno deidecreti delegati del c.d. jobs act), prevede, alprimo comma, che gli impianti e gli altristrumenti dai quali derivi (anche solo inastratto) la possibilità di controllo a distanzadell’attività lavorativa, possono essereimpiegati esclusivamente per esigenzeorganizzative e produttive, per la sicurezzadel lavoro e per la tutela del patrimonioaziendale e possono essere installati soloprevio accordo con la Rsu o la Rsa o in man-canza con l’autorizzazione dell'Ispettoratoterritoriale del lavoro (Itl).Non c’è invece necessità di alcun accordoper l’ipotesi prevista al secondo comma,ovvero per gli strumenti utilizzati dal lavo-ratore per rendere la prestazione lavorativae per gli strumenti di registrazione degliaccessi e delle presenze.A ciò si aggiunge quanto previsto dal terzocomma della disposizione statutaria: leinformazioni raccolte sono utilizzabili a tuttii fini connessi al rapporto di lavoro, a condi-zione che sia data al lavoratore adeguatainformazione delle modalità d’uso degli stru-menti e di effettuazione dei controlli e nelrispetto di quanto disposto dal decreto legi-slativo 30 giugno 2003, n. 196.Per inciso, vi segnalo che il controllo adistanza è espressamente annoverato, dal-

Privacy

I NOSTRI DATI TRA TEST E APP

Stefania Mangione *

L’art. 4 dello Statuto,prevede che gli

impianti e gli altristrumenti dai quali

derivi la possibilità dicontrollo a distanza

dell’attivitàlavorativa, possonoessere impiegati

esclusivamente peresigenze

organizzative eproduttive, per la

sicurezza del lavoro eper la tutela del

patrimonio aziendalee possono essere

installati solo previoaccordo con la Rsu ola Rsa o in mancanzacon l’autorizzazionedell'Ispettorato

territoriale del lavoro

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l’art. 8 d. l. 148/2011, tra le materie oggettodella così detta «contrattazione di prossi-mità» e dell’ampissima ed eversiva facoltà dideroga che quella norma consente non solorispetto al Ccnl, ma anche rispetto alla legge.Ebbene, il computer assegnato al lavoratoreagile è senz’altro uno strumento di lavoro,così come, ad esempio, lo sono la posta elet-tronica o il telefono aziendale, con laprecisazione (con particolare riguardo alleapp installate sui dispositivi) che tutto ciòche non è effettivamente strumentaleall’esecuzione della prestazione lavorativaricade nell’ambito di applicazione del primocomma dell’art. 4 e non del secondo.Vi segnalo che il Ministero del Lavoro èintervenuto con la nota del 18 giugno 2015nella quale ha circoscritto il concetto distrumenti utilizzati dal lavoratore per ren-dere la prestazione lavorativa – econseguentemente la portata della derogadi cui al secondo comma dell’art. 4 dello Sta-tuto dei lavoratori – a quelli necessari a«rendere la prestazione lavorativa».Ciò significa che l’accordo sindacale o l’au-torizzazione della Itl non sono necessari see solo nella misura in cui, lo strumentoviene considerato quale mezzo che «serve»al lavoratore per adempiere la prestazione:nel momento in cui tale strumento vienemodificato (ad esempio, con l’aggiunta disoftware di localizzazione o di filtraggio) percontrollare il lavoratore, si fuoriesce dallasfera di applicazione del secondo comma.Sul punto si sono pronunciati anche l’Ispet-torato nazionale del lavoro, con la circolaren. 2 del 7 novembre 2016 e il Garante per laprotezione dei dati personali, ad esempio,con il provvedimento del 16 marzo 2017 sultema dei localizzatori satellitari Gps. In generale, possiamo dire che il Garantepone a carico del datore di lavoro precisiobblighi e limitazioni per il trattamento dei

dati «per scopi leciti» (e il controllo adistanza dell’attività lavorativa non lo è),fra i quali, a titolo esemplificativo:• obbligo di fornire al lavoratore un’infor-mativa dettagliata sulle modalità di utilizzodi Internet e della posta elettronica e sullapossibilità che vengano effettuati controlli;

• divieto di lettura e monitoraggio sistema-tici delle e-mail e delle pagine web visitate; • adozione di ogni misura per prevenire ilrischio di utilizzi impropri da parte deidipendenti, in modo da ridurre i controllisui lavoratori;

• per quanto riguarda la posta elettronica, incaso di assenze programmate (ad esempioferie), predisposizione di risposte automati-che con indicazione del periodo di assenza edei riferimenti di un collega a cui rivolgersio, in caso di assenze improvvise (ad esempiomalattie), designazione di un collega auto-rizzato ad accedere all’account emailinteressato. Di queste prescrizioni si dovrà tenere contoanche nell’ambito dello smart-working poi-ché la prestazione lavorativa ècaratterizzata, forse in misura maggiorerispetto a una modalità «ordinaria» dilavoro, dall’uso di strumenti informatici checonsentono lo scambio di informazioni trala rete aziendale e il singolo utente. Inoltre, occorre prestare molta attenzioneall’informativa che viene fornita al lavora-tore e che deve essere adeguata e aderentea quanto prescrivono l’art. 13 del CodicePrivacy e l’art. 12 del Regolamento europeo679/2016.L’informativa dovrà essere concisa e tra-sparente e dovranno essere indicate lemodalità di utilizzo degli strumenti azien-dali; le modalità e le finalità dell’accesso edei controlli da parte del datore di lavoro (adesempio, backup, aggiornamenti, ecc.); i sog-getti che tratteranno detti dati; la durata, lamodalità di conservazione e la cancella-zione dei dati raccolti e l’eventualeutilizzabilità degli stessi a fini disciplinari.In ogni caso, anche laddove il lavoratorepresti il suo consenso (normalmente sotto-scrivendo l’informativa), la liceità deltrattamento (e quindi l’utilizzabilità – adesempio a fini disciplinari o a fini proba-tori in un eventuale giudizio – dei datiraccolti), non deve ritenersi per scontata seil trattamento dei dati è avvenuto, senza ilrispetto dei criteri di necessità e proporzio-nalità del trattamento.

L’accordo sindacale ol’autorizzazione della Itlnon sono necessari se esolo nella misura in cui,lo strumento vieneconsiderato quale

mezzo che «serve» allavoratore peradempiere la

prestazione: nelmomento in cui talestrumento vienemodificato per

controllare il lavoratore,si fuoriesce dalla sferadi applicazione delsecondo comma

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Tale impostazione mi sembra coerenteanche con quanto stabilito dall’Accordointerconfederale che ha recepito l’Accordoquadro europeo sul telelavoro che contienetre disposizioni in materia di tutela dei datie tutela della riservatezza del lavoratore adistanza. In particolare:• l’art. 5, sulla protezione dei dati, impone aldatore di lavoro di adottare misure appro-priate a garantire la protezione dei datiutilizzati; di informare il telelavoratoresulle norme applicabili in materia di prote-zione dei dati e sulle sanzioni applicate perl’indebito utilizzo degli strumenti e dei pro-grammi informatici (con obbligo dellavoratore di rispettare tali regole);• l’art. 6 impone al datore di lavoro di rispet-tare la riservatezza del lavoratore e diinstallare eventuali strumenti del controllonel rispetto del criterio della proporzionalità;• l’art. 7 prevede che le questioni rela-tive all’utilizzo degli strumenti dilavoro debbano essere definite primadell’inizio del telelavoro.E ancora, l’art. 115 d.lgs. 196/2003, come modi-ficato nel 2018, impone al datore di lavoro peril lavoro, il telelavoro e il lavoro agile, digarantire al lavoratore il rispetto della suapersonalità e della sua libertà morale.Parzialmente diversa è la situazione in cui illavoratore utilizzi strumenti di lavoro nonforniti dal datore di lavoro: per la P.A. l’ art 87,comma 2 d.l. 18/2020 raccomanda che glistrumenti siano configurati dall’amministra-zione per ragioni di sicurezza e protezionedella rete, mentre per il lavoro privato non cisono specifiche disposizioni di legge. In ogni caso, il dipendente dovrebbe custo-dire i documenti, i dati e le informazionisenza consentire accesso a terzi e riducendole interferenze di altri.Venendo ora agli altri due argomentioggetto della mia relazione e quindi i test

sierologici e le app di tracciamento, è utileaffrontare brevemente alcune questioni –sulle quali torneranno anche le altre rela-zioni – già affrontate dal Garante propriocon riferimento ai trattamenti dei dati sani-tari del dipendente sul luogo di lavoro, nellafase dell’emergenza sanitaria.Permane anche nella pandemia il divieto

per il medico competente di informare ildatore di lavoro circa le specifiche patologieoccorse ai lavoratori.Tra gli adempimenti connessi alla sorve-glianza sanitaria sui lavoratori, da parte del

medico competente, rientra anche la possi-bilità di sottoporre i lavoratori a visitestraordinarie, tenuto conto della maggioreesposizione al rischio di contagio degli stessiche debbono essere effettuate nel rispettodei principi di protezione dei dati personalie rispettando le misure igieniche contenutenelle indicazioni del Ministero della Salute(cfr. anche Protocollo condiviso del 14 marzo2020, integrato il 24 aprile 2020).Nell’ambito dell’emergenza, il medico com-petente collabora con il datore di lavoro e gliRls/Rlst al fine di proporre tutte le misure diregolamentazione legate al Covid-19 e, nellosvolgimento dei propri compiti di sorve-glianza sanitaria, segnala al datore di lavoro«situazioni di particolare fragilità e patolo-gie attuali o pregresse dei dipendenti» (cfr.paragrafo 12 del predetto Protocollo). Solo inquesto quadro, dunque, il datore di lavoropotrà legittimamente trattare i dati perso-nali dei propri dipendenti.In ogni caso, il datore di lavoro che, nel con-testo dell’emergenza epidemiologica, siavenuto a conoscenza dell’identità del lavo-ratore che ha contratto il virus o chepresenta sintomi compatibili con il virus,non può comunicare il nome del dipendente(fatte salve le comunicazioni obbligatoriealle istituzioni e autorità sanitarie compe-tenti). E così anche l’Rls che, nell’eserciziodelle proprie funzioni venga a conoscenzadi informazioni che rendono possibilel’identificazione di alcuni lavoratori, ètenuto al rispetto delle norme in materia diprotezione dei dati.Coerentemente il Protocollo condivisodeclina il dovere di collaborazione deldipendente in specifici obblighi di informa-zione nel caso in cui sussistano condizionidi pericolo, come i sintomi influenzali (cfr.Protocollo condiviso, es. parr. 1, 2 e 11). Il datore di lavoro, inoltre, in base alle

Permane anche nella

pandemia il divieto

per il medico

competente di

informare il datore di

lavoro circa le

specifiche patologie

occorse ai lavoratori

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disposizioni applicabili in materia di sorve-glianza sanitaria del dipendente (v. art. 5Statuto dei lavoratori) non può conoscerel’esito degli esami disposti dal medico com-petente, tra i quali anche i test sierologici.

I TEST SIEROLOGICISul piano generale, occorre richiamarequanto disposto dall’art. 5 dello Statuto deiLavoratori in materia di accertamenti sani-tari che vanno effettuati, come previstodalla disposizione statutaria, dalle istitu-zioni pubbliche sanitarie. Durante la fasedell’emergenza, il Protocollo ha attribuitotali funzioni al medico competente nell’am-bito della sorveglianza sanitaria.Con Circolare dell’11 maggio 2020 il Mini-stero della Salute ha precisato che i test, allostato, non sono considerati utili a fini dia-gnostici e non possono sostituire iltampone, secondo i protocolli dell’Oms.A oggi, con d.l. 30 del 10 maggio 2020 èstato avviato il Protocollo metodologicoper un’indagine di siero-prevalenza sulSars-CoV-2 condotta dal Ministero dellaSalute e dall’Istat. Il trattamento dei campioni e dei relativi datiè effettuato per finalità di ricerca scientificasecondo una procedura che il Protocolloregola nel rispetto delle prescrizioni delGarante per la protezione dei dati personaliindividuate nel provvedimento del 5 giugno2019 e successive modificazioni.I responsabili del trattamento sono il Mini-stero della Salute, le Regioni, le Provinceautonome e la Croce Rossa.La procedura prevede che i campioni rac-colti vengano analizzati e refertati ailaboratori individuati dalle Regioni checomunicano poi i risultati delle analisisvolte all’interessato e al Ssn.In caso di esito positivo, il dipartimento diprevenzione competente provvede al tem-

poraneo isolamento domiciliare, in attesa dieffettuare il tampone.Se invece il test sierologico viene richiestodal datore di lavoro, esso va disposto dalmedico competente, nel rispetto delle indi-cazioni fornite dalle autorità sanitarie e,comunque, nel rispetto delle disposizioni

generali che vietano al datore di lavoro dieffettuare direttamente esami diagnosticisui dipendenti.Resta fermo che i lavoratori possono libera-mente aderire alle campagne di screeningavviate dalle autorità sanitarie competenti a

livello regionale, di cui siano venuti a cono-scenza anche per il tramite del datore dilavoro, coinvolto dal dipartimento di preven-zione locale per veicolare l’invito di adesionealla campagna tra i propri dipendenti.In assenza di espresse disposizioni di leggesul punto, si pone il problema di come vadaqualificata (e dunque retribuita e computataai fini del comporto) l’assenza del lavoratorerisultato positivo al test sierologico e inattesa di fare il tampone, non trattandosi diperiodo di quarantena ai sensi dell’art. 26,comma 1 del citato D.L. n. 18/2020 e nontrattandosi, ad avviso di alcuni, nemmenodi malattia.Il Ministero della Salute nelle Faq pubbli-cate sul proprio sito, afferma che, in caso didiagnosi positiva, la persona debba esseresottoposta a tampone naso-faringeo possi-bilmente entro le 24 ore successive allacomunicazione del risultato del test sierolo-gico. In attesa del risultato del tampone, ilDipartimento di Prevenzione può emanareun provvedimento di isolamento domici-liare, sulla base del quale il medico dimedicina generale può rilasciare un certifi-cato per l’assenza dal lavoro. Tuttavia, ad esempio, la Regione EmiliaRomagna nelle proprie Faq precisa inveceche, se in attesa del tampone, la personanon potrà essere posta in malattia dal suomedico di medicina generale né usufruiredi un’assenza dal lavoro giustificata per isoggetti che vengono messi in quarantenadall’autorità sanitaria.

UTILIZZO DI APPLICAZIONIGli strumenti di tracciamento dei contattipongono questioni rilevanti anche sotto ilprofilo del controllo a distanza e di quantoprevisto dall’art. 5 dello Statuto dei lavoratori.Il tracciamento dei contatti pur nonessendo menzionato dai Protocolli rientra

Se il test sierologicoviene richiesto dal

datore di lavoro, essova disposto dal medico

competente, nelrispetto delle

indicazioni fornite dalleautorità sanitarie e nel

rispetto delledisposizioni generaliche vietano al datoredi lavoro di effettuaredirettamente esami

diagnostici suidipendenti

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tra le misure di contrasto al diffondersidell’epidemia, come rilevato incidental-mente dal documento tecnico dell’Inail del24 aprile 2020. Si tratta quindi di misurevolte a garantire il distanziamento dei lavo-ratori nell’ambiente di lavoro e aidentificare i contatti stretti del lavoratoreeventualmente risultato positivo.Ci sono diverse tipologie di applicazioni (daquelle installate sugli smartphone, ai braccia-letti elettronici) con varie modalità difunzionamento (dal bluetooth al gps, con regi-strazione quindi anche degli spostamenti).A mio avviso, non è possibile qualificare taliapplicazioni quali strumenti di lavoro comesostenuto da alcuni, mentre essi potrebberorientrare nel campo di applicazione dell’art.4, comma 1 dello Statuto dei lavoratori inquanto strumenti che il datore di lavoro puòimpiegare per finalità di sicurezza. In questo quadro, come sapete, c’è «Immuni»al cui utilizzo il Garante ha dato parere favo-revole n. 79 del 29 aprile 2020 (vedi anchequanto affermato dal Garante, l’8 aprile2020, nel corso dell’audizione alla Commis-sione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni).Già il Comitato europeo per la protezione deidati con provvedimento n. 4/2020 avevaemanato le «Linee guida sull’uso dei dati dilocalizzazione degli strumenti per il traccia-mento dei contatti nel contestodell’emergenza legata al Covid-19» del 21aprile, poi aggiornate il 5 maggio.In linea molto generale e approssimativa, pos-siamo dire che il Garante ha affermato che:• l’attivazione deve essere su base volonta-ria e non vincolata a usufruire dideterminati servizi o beni;• i dati trattati devono essere limitati aquelli strettamente necessari; • la app non deve raccogliere informazioninon correlate o non necessarie (ad esempio,dati anagrafici, identificativi di comunica-

zione, messaggi, registrazioni di chiamate,dati relativi all'ubicazione, identificativi deldispositivo, ecc.);• gli scambi di dati devono rispettare la pri-vacy degli utenti;• non deve essere consentita l'identifica-zione diretta né il tracciamento deglispostamenti degli utenti;

• non deve essere consentito agli utenti diacquisire informazioni su altri utenti (in par-ticolare se siano vettori del virus o meno); • deve essere garantito agli utenti l’eserciziodei propri diritti attraverso l’app;

• la cancellazione dell’app deve comportarela cancellazione di tutti i dati raccolti.Quindi, nel giudizio di proporzionalità ebilanciamento tra diritti fondamentali dellapersona, il Garante ha ritenuto Immuniquale misura necessaria al perseguimentodel bene della salute con l’unica finalitàquindi di prevenzione del rischio.Ebbene, le prescrizioni che il Garante ha for-nito rispetto a Immuni possono, a mio avviso,tornarci utili anche rispetto a eventualiapplicazioni utilizzate dal datore di lavoro,aggiungendosi comunque alla tutela dellavoratore dai controlli a distanza previstadallo Statuto e di cui abbiamo già parlato.La segnalazione al Garante di eventuali vio-lazioni e irregolarità da parte di un’impresapuò essere peraltro uno strumento da nonsottovalutare, anche per l’entità delle san-zioni che l’Autorità ha il potere di applicare.Vi segnalo conclusivamente, ad esempio, checon Provvedimento correttivo e sanzionato-rio nei confronti di Tim del 9 gennaio 2020(Registro dei provvedimenti n. 8 del 9 gen-naio 2020), emanato a seguito di un’iniziativadi parte sindacale, il Garante ha condannatola società, tra le altre cose, al pagamento dellasanzione pecuniaria amministrativa di euro900.000, oltre che ad adeguare la app che itecnici della società trasfertisti installavanoe che consentiva, tra l’altro, il tracciamentodegli spostamenti con il Gps, la localizzazionedel dipendente, la registrazione della pre-senza e del tempo di lavoro. Con il medesimoprovvedimento, infine, il Garante ha ordinatoall’azienda di modificare l’informativa di cuiall’art. 4, 3° comma dello Statuto dei lavora-tori consegnata ai lavoratori, nella quale nonera precisato in maniera chiara, per esempio,il periodo di conservazione dei dati e dunquedi cancellazione.

Gli strumenti ditracciamento deicontatti pongonoquestioni rilevanti

anche sotto il profilodel controllo a

distanza e di quantoprevisto dall’art. 5dello Statuto dei

lavoratori

* Consulta giuridica Fiom-Cgil

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Uno storico del futuro a cuidovesse capitare in mano lanormativa dei 100 giornidella pandemia avulsa dalcontesto e dalla finalità di

evitare la diffusione del Covid-19, potrebbepensare che in Italia all’inizio del 2020 vi siastato… un colpo di Stato. Leggo dall’art. 1 del DL 19/2020 convertitocon L. 35/2020:«possono essere adottate una o più delleseguenti misure:a) limitazione della circolazione delle persone,anche prevedendo limitazioni alla possibilitàdi allontanarsi dalla propria residenza; f) limitazione o divieto delle riunioni o degliassembramenti in luoghi pubblici o apertial pubblico; g) limitazione o sospensione di manifestazionio iniziative di qualsiasi natura, di eventi e diogni altra forma di riunione in luogo pubblicoo privato, anche di carattere culturale, ludico,sportivo, ricreativo e religioso; h) sospensione delle cerimonie civili e reli-giose, limitazione dell'ingresso nei luoghidestinati al culto;l) sospensione dei congressi, di ogni tipo diriunione o evento sociale e di ogni altra atti-vità convegnistica o congressuale […];o) possibilità di disporre o di affidare allecompetenti autorità statali e regionali lalimitazione, la riduzione, la sospensione o lasoppressione di servizi di trasporto di per-sone e di merci, automobilistico, ferroviario,aereo, marittimo […] nonché di trasportopubblico locale; u) limitazione o sospensione delle attivitàcommerciali di vendita al dettaglio, a ecce-zione di quelle necessarie per assicurare lareperibilità dei generi agricoli, alimentari edi prima necessità…;z) limitazione o sospensione di altre attivitàd'impresa o professionali».

Dalla lunga lista delle restrizioni imposte, adesempio, dal Decreto legge 26 febbraio 2020,lo storico constaterebbe che sono stati (prov-visoriamente) soppressi – prima solo aicittadini di certi territori circoscritti, e inseguito a tutti – diritti e beni costituzional-mente garantiti come la libertà dicircolazione, soggiorno ed espatrio (articolo16 della Costituzione), la libertà di riunione(articolo 17 della Costituzione) quelle di eser-cizio dei culti religiosi (articolo 19) e diinsegnamento (articolo 33), la libertà di ini-ziativa economica (articolo 41, primo comma),nonché i diritti derivanti dalla garanzia edall'obbligo di istruzione (articolo 34). In questo contesto la tutela della privacypotrebbe non apparire tra le priorità, consi-derando che la sospensione di principicardine del nostro ordinamento democra-tico trae legittimazione in un altro principiofondamentale della nostra Carta Costituzio-nale, ossia quell'articolo 32 («La Repubblicatutela la salute come fondamentale dirittodell'individuo e interesse della collettività, egarantisce cure gratuite agli indigenti. Nes-suno può essere obbligato a un determinatotrattamento sanitario se non per disposi-zione di legge. La legge non può in nessuncaso violare i limiti imposti dal rispetto dellapersona umana») che fa del diritto alla salutenon soltanto un bene individuale, ma unpatrimonio della collettività da tutelare e sal-vaguardare che giustifica la prevalenza del«fondamentale» diritto alla salute sugli altri.Prevalenza, tra l’altro, sancita formalmentedalla stessa Costituzione, che espressamentestabilisce, ad esempio, che le libertà di circo-lazione e soggiorno sul territorio dello Stato(art. 16) possano essere limitate per «motividi sanità o di sicurezza», così come che leriunioni in luogo pubblico (art. 17) possanoessere vietate per «comprovati motivi disicurezza o incolumità pubblica».

Privacy

LA PRIVACY AI TEMPIDEL CORONAVIRUS

Alberto Piccinini *

Uno storico del futuro

a cui dovesse capitare

in mano la normativa

dei 100 giorni della

pandemia avulsa dal

contesto e dalla

finalità di evitare la

diffusione del Covid-

19, potrebbe pensare

che in Italia all’inizio

del 2020 vi sia

stato… un colpo di

Stato

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È in questo contesto che va affrontato iltema che ci è stato assegnato della «Privacye tutela dei dati» nel tentativo di salvaguar-dare il delicato equilibrio tra libertàindividuali e interessi collettivi anche inmateria di protezione dei dati personali,materia definita da Antonello Soro, Presi-dente del Garante per la protezione dei datipersonali, un «diritto inquieto» poiché «indialettica con una tecnica in continua evo-luzione e con i molteplici interessi, dinatura sia individuale che collettiva, mache trova forza nella sua funzione sociale».E nel contrasto al virus essa si rivela indispen-sabile «rappresentando il punto di equilibriotra libertà e tecnica, tra persona e società, ilpresupposto della tenuta della democraziaanche in circostanze eccezionali». Io curerò, sperando di non annoiarvitroppo, l’inquadramento teorico mentre Ste-fania affronterà in particolare gli aspettiapplicativi della normativa.Una ulteriore premessa si rende necessaria:quando si parla di Privacy, in genere si ha amente la raccolta, la conservazione e la dif-fusione di dati anche – e questo è quello chequi ci interessa – relativi alla salute, in que-sto caso propria e altrui. Posto, quindi, che la necessità di conoscerlipotrebbe giocare un ruolo fondamentale percontrastare la diffusione del contagio, sitratta di capire dove è il confine tra il miodiritto alla riservatezza se sono contagiato equello del collega che mi lavora di fianco aessere informato del rischio di essere a suavolta contagiato.Nello stesso tempo non possiamo ignorareche la materia della Privacy in ambito lavo-rativo include anche tutto il tema dei rischidi illegittimo controllo sulla prestazione lavo-rativa, oggi possibile in forma sempre piùsofisticata a opera di strumenti informatici. Io affronterò, nello specifico, la normativa,

europea e nazionale relativa alla legittimitào meno della condivisione, tra determinatisoggetti e a precise condizioni, di dati rela-tivi alla salute dei cittadini/lavoratori,limitandomi a un breve cenno sulla secondaproblematica, che vengo subito ad illustrare.Nell’ampia gamma degli strumenti tecnolo-gici affidati ai lavoratori si può distinguere

tra strumenti di lavoro utilizzati per il sod-disfacimento di esigenze organizzativedell’imprenditore, che quindi rientrano nelprimo comma dell’art. 4 Statuto del Lavora-tori («impianti audiovisivi e altri strumenti

dai quali derivi anche la possibilità di con-trollo a distanza dei lavoratori possonoessere impiegati esclusivamente per esi-genze organizzative e produttive, per lasicurezza del lavoro e per la tutela del patri-monio aziendale» che richiedono l’accordocollettivo) e strumenti utilizzati solo perrendere la prestazione lavorativa, cheinvece rientrano nel secondo comma del-l’art. 4 (che, insieme agli strumenti diregistrazione degli accessi, non richiedonol’accordo collettivo).Così, ad esempio, le funzionalità softwaredovranno essere oggetto di un'attentavalutazione anche con riferimento allemansioni svolte dal lavoratore. Si pensi aisistemi che servono a migliorare la qualitàdel servizio, le performances dei lavoratori,o a prevenire errori dei lavoratori: è miaopinione che in tali casi si rientri nel primocomma e che quindi sia necessario l’ac-cordo sindacale o l’autorizzazioneamministrativa. E comunque che il datore di lavoro debbafornire un'adeguata e specifica informativaal lavoratore su tutti i possibili usi, anchesolo potenziali, che possono essere fatti deidati raccolti.Ciò detto proviamo a capire come sia statopossibile adottare misure restrittive dellalibertà in genere e come, in questo ambito,possano e debbano comunque essere tute-lati i diritti in gioco: per farlo dobbiamorisalire alle loro fonti, prima di tutto aquelle europee.

FONTI EUROPEECONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTIDELL’UOMO, (CEDU) DEL 1950Art. 8 il diritto al rispetto della vita pri-vata e familiareSono tre i presupposti in presenza dei qualiogni Stato membro è legittimato a sottoporre

Quando si parla diPrivacy, in genere si

ha a mente laraccolta, la

conservazione e ladiffusione di datianche relativi alla

salute, in questo casopropria e altrui

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a restrizioni, eventualmente anche a operadi privati nei rapporti orizzontali, l’eserciziodel diritto definito dal primo paragrafo:1) trovi fondamento nella legge;2) sia giustificata dalla necessità di perse-guire almeno una delle finalità legittimeelencate dalla norma; 3) sia necessaria in una società democratica.Art. 15 in caso di un pericolo pubblico «cheminacci la vita della nazione», ogni Statomembro può adottare delle misure in derogaagli obblighi previsti dalla Convenzionemedesima, «nella stretta misura in cui lasituazione lo richieda e a condizione che talimisure non siano in conflitto con gli altriobblighi derivanti dal diritto internazionale».

CARTA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DEL-L’UNIONE EUROPEA del 7.12.2000 a Nizzaadattata il 12.12.2007 a Strasburgo. Art.7 è parallelo all’art. 8 della CEDU.Art. 52, al paragrafo 1, in coerenza con l’art.15 Cedu, ammette limitazioni ai diritti e allelibertà riconosciute dalla Carta solamenteove previste dalla legge e nel rispetto delcontenuto essenziale di detti diritti e libertàe dei principi di proporzionalità, necessitàed effettività rispetto al perseguimentodelle finalità di interesse generale ricono-sciute dall’Unione o all’esigenza diproteggere i diritti e le libertà altrui. Sul tema specifico della Privacy la princi-pale fonte europea è il Regolamento Ue2016/679 del Parlamento europeo e del Con-siglio, del 27 aprile 2016, indicato comeGeneral Data Protection Regulation, Gdpr.Nell’indicare i criteri di liceità del tratta-mento di dati personali, fa riferimento,anche, alla necessità di proteggere un inte-resse essenziale per la vita dell’interessatoo di un’altra persona fisica. Queste le fonti delle eccezioni al divieto ditrattamento:

Il considerando 46 esplicita che «alcuni tipidi trattamento dei dati personali possonorispondere sia a rilevanti motivi di inte-resse pubblico sia agli interessi vitalidell’interessato, per esempio se il tratta-mento è necessario a fini umanitari, tral’altro per tenere sotto controllo l’evoluzione

di epidemie e la loro diffusione». Il considerando 52, relativo al trattamentodelle c.d. «categorie particolari di dati perso-nali», richiama l’interesse pubblico, lefinalità di sicurezza sanitaria, «prevenzioneo controllo di malattie trasmissibili e altre

minacce gravi alla salute» come basi giuri-diche legittimanti il trattamento. Il considerando 54 specifica che «il tratta-mento di categorie particolari di datipersonali può essere necessario per motividi interesse pubblico nei settori della sanitàpubblica, senza il consenso dell’interessato»prevedendo comunque «misure appropriatee specifiche a tutela dei diritti e delle libertàdelle persone fisiche».Dopo 173 considerano le disposizioni delRegolamento prevedono, all’art. 9 comma 2alcune eccezioni al divieto di trattamento,tra le quali le lettere:b) nell’ambito degli «obblighi ed esercitare idiritti specifici del titolare del trattamento odell'interessato in materia di diritto del lavoro»;g) il trattamento è necessario per motivi diinteresse pubblico rilevante sulla base deldiritto dell'Unione o degli Stati membrih) il trattamento è necessario per finalità dimedicina preventiva o di medicina dellavoro, (…) diagnosi, assistenza o terapiasanitaria o sociale;i) il trattamento è necessario per motivi diinteresse pubblico nel settore della sanitàpubblica, quali la protezione da graviminacce per la salute a carattere transfron-taliero o la garanzia di parametri elevati diqualità e sicurezza dell'assistenza sanitariae dei medicinali e dei dispositivi medici.L’art. 88, Reg. 2016/679/ UE, infine, stabilisceche «gli Stati membri possono prevedere,con legge o tramite contratti collettivi,norme più specifiche per assicurare la pro-tezione dei diritti e delle libertà conriguardo al trattamento dei dati personalidei dipendenti nell’ambito dei rapporti dilavoro», per diverse finalità, tra le quali ilRegolamento espressamente ricomprendela salute e la sicurezza sul lavoro.

Sul tema specificodella Privacy laprincipale fonteeuropea è il

Regolamento Ue2016/679 del

Parlamento europeo edel Consiglio, del 27aprile 2016, indicatocome General Data

ProtectionRegulation, Gdpr

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NORMATIVA LAVORISTICA L’art. 2087 c.c. prevede che «L’imprenditoreè tenuto ad adottare nell’esercizio dell’im-presa le misure che, secondo la particolaritàdel lavoro, l’esperienza e la tecnica, sononecessarie a tutelare l’integrità fisica e lapersonalità morale dei prestatori di lavoro».Nel caso dell’operatività della normativa intema di salute e sicurezza sui luoghi dilavoro, il concetto di datore di lavoro siespande e ricomprende non solo l’imprendi-tore (azienda) di cui il lavoratore èdirettamente dipendente, ma più in gene-rale il soggetto che «secondo il tipo e l’assettodell’organizzazione nel cui ambito il lavora-tore presta la propria attività, ha laresponsabilità dell’organizzazione stessa odell’unità produttiva in quanto esercita ipoteri decisionali e di spesa», e dunque ilcommittente, in caso di appalti, l’utilizza-tore, in caso di somministrazione, e più ingenerale il soggetto che ha la titolarità dellostabilimento nel quale operano lavoratoridipendenti anche da diversi datori di lavoro.L’articolazione della organizzazione sanita-ria aziendale di cui al d.lgs. n. 81/2008prevede poi le figure:• del medico competente (artt. 38-42) cui èdemandata l’attività di sorveglianza sanitaria;• del Responsabile del servizio di preven-zione e protezione (Rspp, artt. 31-35);• del Rappresentante dei lavoratori per lasicurezza (Rls, artt. 47-50).Ai sensi degli artt. 17, 28, 29 e 30 del d.lgs. n.81/2008, il datore di lavoro è tenuto all’elabo-razione del Duvri (Documento UnicoValutazione Rischi) e alla previsione, nelmedesimo documento, di tutti i rischi con-nessi allo svolgimento dell’attività lavorativa,nonché – per particolari attività (tra cui figu-rano quelle in industrie alimentari enell’agricoltura), la valutazione del c.d. rischioda agente biologico (ai sensi dell’art. 271).

In particolare, il Titolo X del d.lgs. citato clas-sifica gli agenti biologici in quattro gruppi,inserendo nel «gruppo 2» «un agente che puòcausare malattie in soggetti umani e costi-tuire un rischio per i lavoratori: i virusappartenenti alla famiglia Coronaviridaerientrano tra gli agenti biologici del gruppo 2.L’art. 5 dello Statuto dei Lavoratori prevede

che «Sono vietati accertamenti da parte deldatore di lavoro sulla idoneità e sulla infer-mità per malattia o infortunio dellavoratore dipendente (…). Il datore di lavoroha facoltà di far controllare la idoneità

fisica del lavoratore da parte di enti pubblicied istituti specializzati di diritto pubblico».(quindi Asl, Inail, organi del Ssn).Le disposizioni di cui al d.lgs. 81/2008demandano ogni attività di sorveglianzasanitaria ai medici competenti (artt. 38-42). Dopo un momento iniziale in cui si sonoverificate iniziative confuse e incontrollateper individuare quali fossero – e in capo aquali soggetti – gli strumenti di controlloconsentiti all’interno dei luoghi di lavoro, aseguito dei Protocolli (in particolare il Proto-collo condiviso di regolazione delle misureper il contrasto e il contenimento della dif-fusione del virus Covid-19 negli ambienti dilavoro sottoscritto il 14 marzo 2020 ed inte-grato il 24 aprile 2020) recepiti nei Dpcm(nello specifico in quello del 26 aprile 2020)la situazione dovrebbe essere chiara.I Protocolli siglati dalle parti sociali, in parti-colare, attribuiscono specifiche funzioni almedico competente, nell’ambito del sistemadi sorveglianza sanitaria disciplinato dal T.U.n. 81/2008 (art. 41), rafforzandone il ruolo. Tale scelta è compiuta anche nel DecretoRilancio, che istituisce la sorveglianza sani-taria eccezionale con la disposizione di cuiall’art. 83 riservata «fino alla data di cessa-zione dello stato di emergenza per rischiosanitario sul territorio nazionale» ai lavora-tori maggiormente esposti a rischio dicontagio, in ragione dell’età o della condi-zione di rischio derivante daimmuno-depressione, anche da patologiaCovid-19, o da esiti di patologie oncologicheo dallo svolgimento di terapie salvavita ocomunque da comorbilità che possonocaratterizzare una maggiore rischiosità».Al medico competente sono dunque attri-buite le diverse funzioni individuate neiProtocolli e dai Decreti emanati nel periodoemergenziale quali: • acquisire il dato della temperatura corpo-

L’art. 2087 c.c.prevede che

«L’imprenditore ètenuto ad adottare

nell’eserciziodell’impresa le misure

che, secondo laparticolarità del

lavoro, l’esperienza ela tecnica, sono

necessarie a tutelarel’integrità fisica e lapersonalità morale deiprestatori di lavoro»

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rea superiore a 37,5°; • effettuare visite preventive, periodiche alrientro dalla malattia da Covid-19; • segnalare al datore di lavoro di situa diparticolari condizioni di fragilità/patologie; • acquisire l’eventuale test negativo di infe-zione da Covid-19 al rientro in azienda. Il Protocollo del 24.4.2020 richiamato nelDpcm 26.4.2020 fornisce inoltre indicazionioperative finalizzate a garantire, negliambienti di lavoro non sanitari, l’efficacia dispecifiche misure precauzionali. Uno spazio importante è certamente riser-vato all'informazione, che consistesostanzialmente nel comunicare efficace-mente ai lavoratori (avvalendosi dellacollaborazione del medico competente) maanche a chiunque entri in azienda, il conte-nuto delle diverse disposizioni e misuredella pubblica autorità funzionali al conte-nimento del contagio da «Covid-19», al finedi rendere consapevoli i lavoratori e gli altri«destinatari», ovvero di responsabilizzarlisui comportamenti da assumere.In particolare il Protocollo del 24.4.2020prevede che «l’azienda, attraverso le moda-lità più idonee ed efficaci, informi tutti ilavoratori e chiunque entri in azienda circale disposizioni delle Autorità, consegnandoe/o affiggendo all’ingresso e nei luoghimaggiormente visibili dei locali aziendali,appositi depliants informativi». Nello specifico le informazioni riguardano: • l’obbligo di rimanere al proprio domicilioin presenza di febbre (oltre 37.5°) o altri sin-tomi influenzali e di chiamare il propriomedico di famiglia e l’autorità sanitaria; • la consapevolezza e l’accettazione del fattodi non poter fare ingresso o di poter perma-nere in azienda e di doverlo dichiararetempestivamente laddove, anche successi-

vamente all’ingresso, sussistano le condi-zioni di pericolo (sintomi di influenza,temperatura, provenienza da zone a rischioo contatto con persone positive al virus nei14 giorni precedenti, etc.) in cui i provvedi-menti dell’Autorità impongono di informare

il medico di famiglia e l’Autorità sanitaria edi rimanere al proprio domicilio;• l’impegno a rispettare tutte le disposizionidelle Autorità e del datore di lavoro nel fareaccesso in azienda (in particolare, mante-nere la distanza di sicurezza, osservare le

regole di igiene delle mani e tenere compor-tamenti corretti sul piano dell’igiene); • l’impegno a informare tempestivamente eresponsabilmente il datore di lavoro dellapresenza di qualsiasi sintomo influenzaledurante l’espletamento della prestazionelavorativa, avendo cura di rimanere ad ade-guata distanza dalle persone presenti.Sempre il Protocollo prevede:«Il datore di lavoro informa preventiva-mente il personale, e chi intende fareingresso in azienda, della preclusione del-l’accesso a chi, negli ultimi 14 giorni, abbiaavuto contatti con soggetti risultati positivial Covid-19 o provenga da zone a rischiosecondo le indicazioni dell’Oms».Il Protocollo si occupa dunque di informa-zione, delle modalità di ingresso in azienda,delle modalità di accesso dei fornitoriesterni, delle precauzioni igieniche perso-nali da osservare, della gestione delleentrate ed uscite dei dipendenti etc.Tutte tali disposizioni costituiscono applica-zione dell’obbligo di sicurezza di cui all’art.2087 c.c., gravante sul datore di lavoro.Si segnala poi che per l’art. 20 del dlgs81/2008 «Ogni lavoratore deve prendersicura della propria salute e sicurezza e diquella delle altre persone presenti sul luogodi lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sueazioni o omissioni, conformemente alla suaformazione, alle istruzioni e ai mezzi fornitidal datore di lavoro […]».Si ricorda che anche nell’emergenza almedico competente permane il «divieto diinformare il datore di lavoro circa le speci-fiche patologie dei lavoratori». Nell’emergenza gli adempimenti connessialla sorveglianza sanitaria sui lavoratori daparte del medico competente rappresentanomisure di prevenzione di carattere generale

Il Protocollo prevedeche «l’azienda,informi tutti i

lavoratori e chiunqueentri in azienda circale disposizioni delle

Autorità,consegnando e/o

affiggendoall’ingresso e nei

luoghi maggiormentevisibili dei localiaziendali, appositi

depliants informativi»

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e sono effettuati nel rispetto dei principi diprotezione dei dati personali e nel rispettodelle misure igieniche contenute nelle indi-cazioni del Ministero della Salute.Il medico competente collabora, inoltre, conil datore di lavoro per le misure di regola-mentazione legate al Covid-19: il medicosegnala al datore di lavoro situazioni di par-ticolare fragilità e patologie attuali opregresse dei dipendenti (cfr. paragrafo 12del Protocollo del 14 marzo citato) e, per-tanto, quei casi specifici in cui la condizionedi fragilità connessa anche allo stato disalute del dipendente impongono l’impiegodello stesso in ambiti meno esposti alrischio di infezione. Non è però necessario fornire informazionial datore di lavoro sulla specifica patologiadel lavoratore.Mentre il datore di lavoro può trattare i datipersonali dei dipendenti solo:• se previsto dalla normativa; • se disposto dagli organi competenti; • se vi è una specifica segnalazione delmedico competente, nello svolgimento deipropri compiti di sorveglianza sanitaria. In ogni caso, per adempiere all’obbligo disicurezza di cui all’art. 2087 c.c. e garantirel’operatività delle misure di contenimento egestione dell’emergenza epidemiologica daCovid-19 prescritte dal Ministero dellaSalute e dal Dpcm, le aziende, con il sup-porto del proprio Medico Competente (MC),dovranno emanare tutte le disposizioninecessarie volte a ridurre la possibilità dicontagio per il proprio personale nonchéall’aggiornamento del Dvri nella parte delrischio biologico.

QUALI INFORMAZIONI SUI DATI (TRATTA-MENTO) POSSONO ESSERE TRASMESSI ECONDIVISIL’Ordinanza del Capo del dipartimento dellaProtezione civile (O.C.D.P.C.) n. 630 del 3 feb-braio 2020 – a seguito di parere conformedell’Autorità Garante per la Protezione dei

dati personali – aveva consentito la possibi-lità di realizzare trattamenti dei datipersonali, anche appartenenti alle categorieparticolari (art. 9 Gdpr) e giudiziarie (art. 10

Gdpr), necessari per l’esercizio della fun-zione di Protezione civile, connessaall’insorgenza delle patologie derivanti daagenti virali trasmissibili. Il 9 marzo 2020, è uscito il Dl n. 14 recanteDisposizioni urgenti per il potenziamentodel Servizio sanitario nazionale in relazioneall’emergenza Covid-19, pubblicato in G.U. n.62, il 9 marzo 2020, ed in vigore dal 10marzo 2020, che consente una disciplinasemplificata per la tutela dei dati personaliin base, per l’appunto, all’art. 9 par. 2 lett. i)del Regolamento.L’11 marzo 2020 c’è stata dichiarazionedell’Oms di pandemia del Covid-19.È stato pertanto consentito, vista la situa-zione di necessità, un flusso di scambio didati tra i soggetti individuati dagli artt. 4 e 13del codice della Protezione civile (i compo-nenti del Servizio Nazionale della Protezionecivile e delle strutture operative ad esso con-nesse) nel rispetto dei principi stabilitidall’art. 5 Gdpr, visti in precedenza (propor-zionalità, minimizzazione, finalità, ecc.). Tali dati potranno essere condivisi tra i sog-getti autorizzati, nonché comunicati asoggetti pubblici e privati nel caso in cui ciòrisulti indispensabile, ai fini del conteni-mento dell’epidemia. L’ordinanza ha poi previsto che per esigenzedi celerità il conferimento di incarichi ditrattamento ai sensi dell’art. 2-quaterdeciesdel Codice in materia di protezione dei datipotrà avvenire con modalità semplificate,anche oralmente.

CONCLUSIONIQuanto ho esposto riassume, solo in minimaparte, le complesse problematiche legate alrapporto tra privacy e tutela dei dati, che è

Mentre delleripristinate libertàprendiamo atto conimmediatezza nel

momento stesso in cuitorniamo a goderne,lo stesso non accade

per quello cheriguarda i datisensibili trattati

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stato oggetto di un recente rapporto dell’Isti-tuto superiore della sanità (Rapporto IssCovid-19 n. 42 del gruppo di lavoro Bioeticadel 28.5.2020) reperibile agevolmente in rete.Per concludere il mio intervento vorrei ripor-tare l’«Introduzione» al succitato Rapporto.«L’emergenza sanitaria in atto causata dallapandemia ha generato un conflitto tralibertà individuali e interessi collettivi, cheha riguardato anche la materia dei datipersonali. L’evoluzione della tecnologiadigitale ha ormai reso sempre più «reale» ladimensione digitale stessa: oggi la raccoltae l’utilizzo dei dati, e in particolare quellirelativi alla salute, hanno acquisito unruolo fondamentale per contrastare la dif-fusione del contagio. La disciplina diprotezione dei dati contempla già limita-zioni necessarie a garantire la salutepubblica, attraverso criteri di proporziona-lità, precauzione e temporaneità. È all’interno della cornice di questi principiche si leggono le previsioni e, soprattutto, le

deroghe al sistema ordinario di tutela dei dati. Il punto problematico riguarderà allora l’in-dividuazione del livello consentito dilimitazione dei diritti, quello strettamentenecessario ai fini della tutela della salute. Inaltre parole, la tensione creatasi tra privacye salute pubblica fino a che punto potràspingersi? […]Anche il Comitato europeo per la protezionedei dati ha affermato che non dovrebbeesserci una scelta tra risposta efficace allacrisi e la tutela dei diritti fondamentali,essendo possibile realizzare entrambi gliobiettivi: «i principi di protezione dei datipossono svolgere un ruolo molto impor-tante nella lotta contro il virus» dalmomento che «il diritto europeo in materiadi protezione dei dati consente l’uso respon-sabile dei dati personali per la gestione dellasalute, garantendo al contempo che nonsiano erosi i diritti e le libertà individuali».Ritornando ai dubbi sollevati all’inizio diquesto mio intervento in merito ai rischi

per i diritti e le libertà individuali compressiin modo macroscopico nel periodo del lock-down, devo dire che li abbiamo accettatitutti senza colpo ferire non solo perchéerano giustificati dalla necessità di tutelarela salute e la vita delle persone, ma anche esoprattutto perché sapevamo trattarsi dilimiti temporanei.Quello che differenzia i beni tutelati dalla pri-vacy dalle altre libertà «compresse» è, appunto,l’effetto di quanto accaduto «nel dopo».In tale periodo, infatti, sono stati raccoltidati relativi a milioni di persone. In mano a chi rimarranno? E per farne cosa? Mentre delle ripristinate libertà prendiamoatto con immediatezza nel momento stessoin cui torniamo a goderne, lo stesso nonaccade per quello che riguarda i dati sensi-bili trattati, sul cui uso e della cui sortedobbiamo quindi continuare a essere vigilianche nella fase della post-emergenza.

* Consulta giuridica Fiom-Cgil

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Questa modalità di lavoro in emergenza èstata chiamata in maniera, appunto, impro-pria smart working. Per poter tornare aconciliare la vita con il lavoro. È ora di con-trattare una nuova «normalità» conprovvedimenti legislativi e fiscali di sup-porto alla contrattazione del lavoro agile e diuscire dalla «trappola» dell’intesa tra l'im-presa e il singolo lavoratore. Noi nonpossiamo più immaginare un sistema di que-sto tipo perché scarica sulle persone chelavorano dei costi economici, sociali e digenere legati alla «remotizzazione». In questimesi è successo che chi aveva la mensa ed èstato remotizzato a casa non si è visto rico-nosciuti i ticket; le postazioni di lavoro sonostate organizzate alla bene e meglio dentro leabitazioni e i costi riguardanti la rete sonostati scaricati sulle persone che lavorano,con enormi risparmi per le aziende e unaderesponsabilizzazione. Però va tenutoanche presente che molti lavoratori hannoritenuto una buona esperienza poter evitaredue ore di auto nel traffico per poter rag-giungere il luogo di lavoro. Noi crediamo chevada aperta una discussione vera in cui c'èsicuramente la necessità di ripensare l'orga-nizzazione del lavoro, anche se il puntofondamentale della conciliazione dev’esserequello tra le esigenze legittime di riorganiz-zazione del lavoro da parte dell'impresa e ibisogni delle persone che lavorano, altri-menti corriamo il rischio di ritrovarci in unariedizione dell'Ottocento. Abbiamo bisogno diripristinare e di riprendere la contrattazione.Su questo c'è un punto di delicatezza deter-minato dal fatto che parliamo di persone diuna parte del mondo del lavoro che non èparticolarmente sindacalizzata. È una neces-sità per la Fiom cogliere questa crisi anchecome l’occasione di prendere in mano una

parte importante dell'organizzazione dellavoro e della tutela di lavoratori; di far pren-dere coscienza a una parte consistente dilavoratori dell’esistenza e dell’importanzadella contrattazione collettiva, soprattutto inquelle realtà in cui si è abituati, per scelteaziendali, ad avere a che fare con una con-trattazione di carattere individuale.

In questo scenario che valore ha esserecorrettamente informati e qual è lo scopodi questo ciclo di seminari? Lo scopo di questi seminari è stato fare unbilancio di quello che è successo nel corso di

questi mesi e ripensare agli strumenti dellacontrattazione alla luce dell’accelerazionedelle trasformazioni che sono state impostedall'emergenza. Abbiamo affrontato questitemi da più versanti, dalle questioni piùdelicate a quelle più urgenti: il diritto allaprivacy, il diritto alla disconnessione, ripen-sare gli ammortizzatori sociali in unacondizione diversa da quella ordinaria conla quale abbiamo sempre fatto i conti primadell’emergenza Covid. Abbiamo affrontato iltema della salute e della sicurezza, dei pro-tocolli, ragionando in prospettiva rispetto acosa succederà dopo la fase emergenziale ea come sarà cambiato il modo in cui gli Rlslavoreranno all'interno dei luoghi di lavoroe gestiranno i rapporti con le direzioniaziendali. Abbiamo messo insieme la cono-scenza dei nostri avvocati con le esperienzesul campo dei sindacalisti. Una sperimenta-zione che è stata molto efficace perché hal’obiettivo di generare orientamenti condi-visi, comuni rispetto alla contrattazione conl’intenzione di dare un’identità, pur nelladifferenza delle pratiche contrattuali, fortedella Fiom. Il fatto che i seminari fossero in videocon-ferenza ha permesso un’altissimapartecipazione, riservata alle strutture ealle Segreterie, che ha toccato oltre 90 per-sone in collegamento ogni lunedì per mezzagiornata. Una possibilità che, in tempi nor-mali, senza lo strumento dellavideoconferenza, non si sarebbe realizzatacon tale successo. Anche per noi è stato un fenomeno di acce-lerazione rispetto all’utilizzo di questo tipodi strumenti che ci hanno permesso unamaggiore capacità di organizzazione. Iseminari riprenderanno a settembre perchéil bilancio che ne abbiamo tratto è statoassolutamente positivo.

Il punto fondamentaledella conciliazione

dev’essere quello trale esigenze legittimedi riorganizzazione del

lavoro da partedell'impresa e i

bisogni delle personeche lavorano

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