Illuminismo critico di Albe Steiner - liceorighiroma.it · Il senso della sua creatività non è da...

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10 Illuminismo critico di Albe Steiner F. Klenn, Storia della tecnica,1959,Feltrinelli, design Albe Steiner Quello di Albe Steiner (Milano 1913 - Raffadali 1974) é un progetto creativo a tutto campo che prevede un processo di osmosi tra la forma del design editoriale e il contenuto dei testi in una sintesi emozionante che si avvale di soluzioni sempre diverse e sempre sostenute da una forte percezione della loro concreta necessità. In questo volume scolastico per Feltrinelli Steiner recupera esplicitamente la forza iconica della grafica illuminista dell’Enciclopedia di metà Settecento che coniugava l’impegno etico con la più rigorosa disciplina dell’incisione. Illustrazione dall’Encyclopédie (1751-1772), Forges ou Art du Fer, disegno di L. J. Goussier, incisione di Robert Bénard

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Illuminismo critico di Albe Steiner

F. Klenn, Storia della tecnica,1959,Feltrinelli, design Albe Steiner

Quello di Albe Steiner (Milano 1913 - Raffadali 1974) é un progetto creativo a tutto campo che

prevede un processo di osmosi tra la forma del design editoriale e il contenuto dei testi in una sintesi

emozionante che si avvale di soluzioni sempre diverse e sempre sostenute da una forte percezione

della loro concreta necessità.

In questo volume scolastico per Feltrinelli Steiner recupera esplicitamente la forza iconica della

grafica illuminista dell’Enciclopedia di metà Settecento che coniugava l’impegno etico con la più

rigorosa disciplina dell’incisione.

Illustrazione dall’Encyclopédie (1751-1772), Forges ou Art du Fer, disegno di L. J. Goussier,

incisione di Robert Bénard

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Albe e Lica (Covo) Steiner

Albe Steiner trasmette al mondo professionale della grafica editoriale la sua trascinante passione

civile. La sua cultura è caratterizzata da un illuminismo di fondo che è materiato sia dallo studio

delle soluzioni sperimentali più avanzate del Bauhaus che dalla severità amara del Neorealismo

italiano. Con la moglie Lica Covo (Milano,1914-2008) condivide prima la militanza nella

Resistenza e nel PCI (Albe era nipote di Matteotti) e poi, per tutta la vita, l’attività professionale di

grafico, che ha inizio dalla sua frequentazione dello Studio Boggeri di Milano, la grande scuola

della grafica italiana dove la progettazione editoriale estesa a tutte le tipologie vive in osmosi con la

ricerca fotografica e con la pubblicità. Nel dopoguerra lavora per Il Politecnico di Elio Vittorini

(Einaudi); dal 1948 insegna a Milano alla Scuola Rinascita; collabora con Feltrinelli, Einaudi,

Zanichelli; disegna L’Unità e Rinascita; lavora con l’Olivetti. Dal 1950 al 1954 è alla Rinascente.

Docente all’Umanitaria, tiene corsi a Venezia e ad Urbino. Si impegna per i diritti della categoria.

Il senso della sua creatività non è da cercare nelle singole opere realizzate, quanto piuttosto nel

contesto vastissimo del suo campo d’azione sempre permeato di irrinunciabili valori etici.

La cultura visiva di Albe Steiner

1953 / 1959 / 1959 / 1962

L’opera di Steiner è profondamente segnata dalla forte volontà di ricostruire un vasto, composito

scenario capace di documentare la cultura italiana del dopoguerra: manifesti di protesta civile, icone

storiche, segni amari del cinema neorealista, suggestioni esplicite della pittura meno epidermica.

László Moholy-Nagy,1923; Steiner, Zenzero,1959

Le normative soluzioni tipografiche del Bauhaus e delle avanguardie storiche sono adottate da

Steiner con un inedito pathos.

A sinistra un Manifesto del Bauhaus; a destra copertine del 1959 e 1960 curate da Steiner

La sperimentazione interdisciplinare degli anni Venti lo educa ad ibridare l’immagine fotografica

con il colore e con la parola in una brusca collisione che rispecchia un doloroso pessimismo di

fondo. Il cinema di Rossellini gli suggerisce forme materiate di sgomento.

A sinistra: un fotogramma da Roma città aperta di Roberto Rossellini,1945

A destra: due copertine curate da Steiner nel 1962 e nel1963.

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L’innovazione del libro scientifico scolastico

Scienza della terra, 1974, Zanichelli, grafica di Albe Steiner

Jay Orear, Fisica Generale, 1971, Zanichelli, grafica di Albe Steiner

Steiner conferisce alle pubblicazioni Zanichelli per la Scuola una luminosa e confortante

freschezza, e all’interno dei volumi l’impaginatura è sempre guidata da un inedito gusto grafico.

Dal 1969 al 1974 Steiner lavora per Zanichelli contribuendo al rinnovamento delle edizioni

scolastiche delle quali cura con attenzione pagina per pagina, e l’incontro di Albe con questa casa

editrice è emblematico di una fase storica che vede la riforma della scuola del secondo dopoguerra.

La Zanichelli, fondata a Modena nel 1859, con sede a Bologna dal 1866, è l’editrice protagonista

dell’educazione scientifica italiana: nel 1864 pubblica per prima Darwin, nel 1921 Einstein;

lavorano per la casa editrice studiosi come Federigo Enriques e Fermi.

La stretta collaborazione con Carducci porta in dote una vitale solidità culturale.

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Una selezione di volumi della Collana di monografie scientifiche (dal 1965 al 1972)

Per la bella collana ideata e diretta da Delfino Insolera per Zanichelli Steiner sceglie immagini

attraenti e stimolanti per l’immaginazione che rispecchiano bene la matrice illuminista della sua

cultura.

La grafica di questi piccoli volumi riflette in un vivido mosaico la densità di immagini che

assediano il contesto culturale della contemporaneità, ma la matrice di questa eclettica antologia di

segni è l’Encyclopédie.

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Presenza di Max Huber

AA.vv. Albe Steiner, Comunicazione visiva, 1977, grafica Max Huber

Max Huber (Baar, 1919 - Mendrisio 1992) ha reso omaggio al suo amico Albe Steiner curando il

catalogo della grande mostra a lui dedicata nel 1977 al Castello Sforzesco di Milano (Edizioni

Fratelli Alinari).

Max Huber

Il designer svizzero Max Huber è uno dei tanti autori stranieri attivi in Italia: dopo aver coltivato la

raffinata cultura grafica della Svizzera di Max Bill si stabilisce a Milano (1940) dove collabora con

lo Studio Boggeri; a Brera conosce Munari e Steiner; nel 1948 progetta il 24Ore (che nel 1965 si

unirà al Sole,1865). Nel 1950 disegna il marchio per La Rinascente.

Come Steiner, è insegnante e formatore di nuovi designers.

V. Majakovski, Lenin,1946, Einaudi

In contrasto con l’esuberanza irrefrenabile dell’attività più matura di Huber, la raffinata,

delicatissima copertina per il libro su Lenin del 1946 risente della severità neorealista.

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Eclettismo editoriale

Esther Mccoy, Richard Neutra, 1960, Il Saggiatore, Mondadori, progetto grafico di Anita Klinz in

collaborazione con Elio Uberti.

Anita Klinz (Abbazia, Croazia,1925 - Italia, 2013) caratterizza il suo lavoro di art director con un

fertile e disinibito eclettismo che le permette di progettare per questo libro sull’architetto Neutra un

reticolo grafico che si estende a tutto il volume, mentre nelle altre innumerevoli opere editoriali

curate da lei opta liberamente per una varietà di soluzioni creative che spaziano dal rigore più

ortodosso delle avanguardie storiche alla più immediata, elementare icasticità.

A volte sceglie delicate soluzioni poetiche che si avvalgono della fotografia sfocata e

consapevolmente negligente.

I volumi curati personalmente da Klinz per la collana Il Saggiatore adattano alla scabra essenzialità

dell’architettura costruttivista la differenziata calibratura dei moduli tipografici tipica dei libri del

passato più remoto.

Anita Klinz

Anita Klinz è per anni l’art director della Mondadori: come supervisore segue ogni fase della

produzione, dall’impaginazione alla scelta dell’illustrazione per le copertine. La sua direzione

editoriale passa da opere severe e scarne come quelle della collana Il Saggiatore ad Urania, ai

Gialli Mondadori e ai periodici come Epoca; collabora con gli illustratori più popolari, come

Ferenc Pintér e Karle Thole, ma a volte sorprende con scelte di raffinata concettualità.

Conclusa la sua vita professionale si ritira in una rigida clausura negandosi anche a chi vorrebbe

studiarne l’opera.

Nel 1964 progetta per 40 Storie americane di guerra una splendida copertina ispirata evidentemente

alla forte pittura iconica americana di quegli anni.

Nel 1968 crea con Bruno Binossi e Ferruccio Bocca un’affascinante copertina fatta di delicate,

poetiche cancellature che evocano le ricerche più sottili della fotografia (Folco Portinari, Il cambio

di moneta. Poesie, 1968, Mondadori).

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Rigore logico

Niels Bohr, I Quanti e la vita, 1965;

Ernst Mach, La meccanica nel suo sviluppo storico-critico, 1977;

E. Stabler, Il pensiero matematico,1970;

Universale Bollati Boringhieri, design Enzo Mari

Con l’opera di Enzo Mari (Cerano,1932) il design industriale innesta la sua logica formale

temperata dalla Gestaltheorie nel design editoriale con una ammirevole unità di forma e di

contenuto che emerge soprattutto laddove il rigore progettuale dialoga con il rigore scientifico.

Enzo Mari

Enzo Mari è uno dei più noti protagonisti dell’Industrial design; si educa a contatto con la ricerca

d’avanguardia, conosce Bruno Munari. Dal 1963 è docente di design, di Architettura e di Storia

dell’arte.

Le opere di Mari sono esposte alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, al MOMA di New

York e alla Triennale Design Museum di Milano.

Calendario Formosa, 1962; Tavolo Frate, 1973

Nelle sue tante opere di design vige la stessa serena razionalità che risplende così nitida anche nelle

sue realizzazioni editoriali.

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Leggerezza e trasparenza

Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, 1962, Einaudi

W. Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, 1977, Einaudi;

Grafica Bruno Munari

Bruno Munari (Milano, 1907 – 1998) coniuga il rigore strutturale del progetto alla leggerezza

ludica che l’estetica contemporanea ha scoperto e adottato a contatto con le forme della creatività

infantile dall’inizio del Novecento in poi, ma la sua educazione alla forma essenziale deriva anche

dal Suprematismo, dalle Avanguardie Russe e dall’Astrattismo italiano.

Bruno Munari

Munari opera con lo scopo di saldare il territorio della creatività a quello della produzione

industriale e la ricerca di estrema essenzialità del Suprematismo e del Minimalismo conferiscono al

suo lavoro per l’editoria una disarmante semplicità strutturale.

Per Einaudi collabora con Max Huber (1962-1972), che porta in dote la fertilità del colto design

svizzero.

Le sue soluzioni grafiche sono apertamente debitrici delle sperimentazioni del passato.

A destra: composizioni editoriali di El Lissitzky.

Cubo (posacenere),1957; Abitacolo, 1971

Leggerezza e trasparenza sono sempre coerentemente i canoni del suo progetto.

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Il design come segnale

G. Gentile, Genesi e struttura della società, 1975, Sansoni, grafica Massimo Vignelli

Con l’opera di Massimo Vignelli (Milano,1931 - New York 2014) e di Bob Noorda il design

editoriale ritrova, attraverso la mediazione delle normative sperimentazioni tipografiche del

Bauhaus, la disponibilità (medioevale) a dialogare a distanza con i segnali urbani. L’utilizzo della

bellissima scrittura verticale nelle edizioni della Biblioteca Sansoni non è il frutto di un mero

espediente manieristico, ma quello di una colta riflessione sulla capacità del design di estendere la

sua portata al territorio illimitato dell’intera segnaletica cittadina nello spirito di un’ariosa esteticità

diffusa.

Il carattere tipografico usato da Vignelli è l’Helvetica, disegnato nel 1957 dallo svizzero Max

Miedinger e da allora adottato universalmente per la sua plastica monumentalità che si adatta

perfettamente alle dimensioni dei grandi logo esposti in pubblico; nel 1989 Vignelli estende

l’Helvetica a tutta la segnaletica di New York, dai cartelli stradali alle mappe, dai treni alla

metropolitana.

Massimo e Lella (Elena Valle) Vignelli

Massimo Vignelli ha sempre condiviso come progettista di design globale il suo studio con la

moglie Elena Valle (Lella) in lavori realizzati per le aziende di tutto il mondo, da Knoll alle

American Airlines. Nel 1964 crea negli Stati Uniti uno studio internazionale in collaborazione con

Bob Noorda e altri.

La sua opera più nota è la Mappa della Metropolitana di New York (1972), una mappa

diagrammatica che poi fu contestata e sostituita perché dava la priorità ai punti nodali della rete (ai

segnali) trascurando la realtà topografica del tragitto.

Le opere di Vignelli conservano sempre, pur nella varietà infinita delle loro innumerevoli

declinazioni pratiche, il vigore del forte segnale urbano.

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Il design come icona

B. Malinowski, Teoria scientifica della cultura e altri saggi, 1971, Feltrinelli

Grafica Bob Noorda e Antonio Vignelli

Anche nei progetti di Bob Noorda (Amsterdam, 1927-Milano 2010), solidale e socio di Vignelli,

agisce l’imperativo icastico del segnale: la fasciatura in diagonale in questo volume per Feltrinelli

viene percepita dinamicamente come frammento di una più vasta decorazione murale che continua

ben oltre la pagina.

Bob Noorda

Bob Noorda, designer olandese naturalizzato italiano, è educato (come tutti) dagli esempi del

Bauhaus e delle avanguardie novecentesche. Si trasferisce a Milano nel 1954, lavora per La

Rinascente e per la Olivetti, progetta tutta la segnaletica rigorosamente in Helvetica della

metropolitana di Milano (1964).

Aut Aut,1964, grafica di Bob Noorda

Per una delle riviste di cultura più importanti, Aut Aut, Noorda crea una forte costruzione grafica

che associa una pubblicazione dedicata al dibattito teorico sulla filosofia al logo aziendale e alla più

diffusa comunicazione urbana nello spirito di una continuità creativa che ignora le riduttive

gerarchie.

Gli innumerevoli logo aziendali e i forti segnali urbani di Noorda segnano ovunque la città.

Codice Facundus, 1047, Commentari all’Apocalisse del Beato di Liébana (786), Madrid, BN

Logo Agip rielaborato da Bob Noorda nel 1972 sul modello del 1953

Il più noto di questi segnali urbani, il cane della Agip rielaborato da lui nel 1972, deriva

(inconsapevolmente?) dalla drammatica raffigurazione della ‘bestia’ dell’Apocalisse miniata nel

1047, a riprova della remota matrice medioevale che riemerge con forza nella robusta iconicità di

questa poetica che prevede una grafica costantemente aperta alla città.

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Design della parola

J. Lindsay, Picnic a Hanging Rock, 1997, Libri dell’Unità, grafica Giovanni Lussu

Questa fresca invenzione grafica di Giovanni Lussu (Roma, 1944), designer e teorico, dimostra

efficacemente come l’interesse dello studioso possa convivere serenamente con la più intrigante

lievità creativa: l’utilizzo di un solo carattere tipografico, il comunissimo Times New Roman,

conferisce a questo spazio arioso il sapore di un negligente bozzetto del tutto privo di intenzionalità:

ammirevole sintesi di sensibilità e di tenace ricerca della specificità della grafica editoriale.

Giovanni Lussu

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Il design grafico editoriale oggi

Olivier Munday, 2009 / 2012

In questi anni di invadente inflazione dell’illustrazione più manieristica e della fotografia più banale

imposte sulle copertine dei libri con immagini che troppo spesso sono irrazionalmente incongrue

rispetto ai contenuti del testo, si è felicemente sedimentato un potente antidoto creativo dovuto

all’intelligenza e alla sensibilità di giovani autori che hanno compreso la specificità della grafica

editoriale e la preziosità insostituibile della parola.

Lo attestano due splendide opere di Olivier Munday, designer di New York: in una (2009) la

scrittura emulsiona in superficie disinnescata dal piano, e qui l’autore sembra rivivere l’emozione

che si prova di fronte alle annotazioni apposte disordinatamente sui libri antichi in epoche diverse,

ma anche il fascino delle riscritture su pergamena dei palinsesti, laddove i segni tipografici si

sovrappongono come voci discordanti. In un’altra (2012) i segni rievocano nella memoria il

polimaterismo grafico delle targhe barocche dove le voci (le parole) si affrontano in un incisivo

contrappunto musicale, con una vivida memoria del passato (nell’eterno presente delle forme) che

in questi fogli nasce senza retorica da una confortante freschezza immaginativa. Non c’è

manierismo in queste tavole di Munday, c’è il frutto sincero di una sensibilità acuta che respinge

con naturalezza l’ottusa icasticità imperante nell’editoria più commerciale.

Barbara de Wilde, 1995

La bellissima copertina del 1995 di Barbara de Wilde (attiva a New York) rinnova senza remore

l’inquietante splendore delle epigrafi su marmo nero.

Marion Deuchars, 1984 / 2001 (Penguin)

L’inglese Marion Deuchars, poi, ha creato delle copertine di puro design editoriale: prima (1984)

adottando apertamente il gusto postmoderno del graffito urbano e dopo (2001) offrendo una limpida

versione della maniera grafica Penguin con segni impercettibilmente dissonanti e glossati da un

corsivo meravigliosamente occasionale.

1999 / 2004 / 2004

Il troppo celebrato David Pearson (inglese) condivide questa ricerca della specificità del design

editoriale con soluzioni assai attraenti, ma il suo lavoro è troppo scopertamente e artificiosamente

concettuale: per Penguin ha creato nel 1999 una fascinosa copertina che simula un frammento di

giornale, nel 2004 ha simulato la riedizione di pagine del passato nello spirito di un tardo gusto

postmoderno orami in declino.

Il suo lavoro conferma comunque, pur nei limiti di un troppo esibito manierismo, la forte necessità

avvertita dal mondo della grafica di dare continuità alla magnifica tradizione del libro, un

affascinante territorio della creatività che non si conosce mai abbastanza.

Giorgio Guarnieri

[email protected]