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ilCIVETTINO periodico della contrada priora della civetta GIUGNO 2018 Anno XXXVI n. 2

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ilCIVETTINOperiodico della contrada priora della civetta

GIUG

NO

2018

Anno XXXVI n. 2

3

ilCIVETTINO

SOMMARIO

Redazione

Quando si parla del Giro non si pu non

parlare dell'economato. E quindi anche

sulla scorta di quell'idea, lanciata tem-

po addietro, di mettere a confronto contradaioli

che hanno rivestito un ruolo in passato e contra-

daioli che lo rivestono, oggi non ho potuto fare a

meno di mettermi in contatto con Remo Buccianti.

La mia richiesta stata accolta con entusiasmo,

per un'intervista a due, lui e Matteo Mastrandrea

(d'ora in poi per comodit Mastro), al quale avevo

chiesto la disponibilit tempo prima, disponibilit en-

tusiasticamente data.

Il ritrovo fissato a casa di Remo di venerd po-

meriggio, e se non fosse per il fatto che si deve

rientrare tutti a casa propria, lui ci avrebbe ospitato

anche per cena e per il dopo cena. Il Mastro, pre-

ciso come un orologio svizzero, gi arrivato, sta

cercando posto per la macchina, mentre io sono in

catastrofico ritardo accumulato con un gap espo-

nenziale, sin dalla mattina. Remo appare come

un'epifania, si manifesta uscendo nel suo terrazzo

e ci fa cenno di entrare, facendomi al tempo notare

che il suo alter ego belle arrivato... Mmmh -penso

tra me e me- si parte bene... Ora chiappo dieci!!

Piccola premessa: casa di Remo, per uno strano sfi-

zio della mia memoria che registra ci che vuole

lei, me la ricordavo perfettamente. Al tempo del

"giro in campagna" si faceva tappa anche da lui,

per cui appena entrati, dopo i saluti, ci si piazza

dritti dritti nella sala in fondo al corridoio a sinistra,

ben comodi, raccolti intorno allo stesso tavolino

dove l'ultima volta che venni in visita, campeggia-

vano tartine, bign, coca cola e vino bianco. Per

un buon quarto d'ora i due intervistati parlottano

sulle tecniche per ottenere il miglior limoncino, che

Remo dichiara di possedere da qualche parte in

casa (scoprir che c' l'ho accanto di l a poco),

io ascolto e mi rendo conto fin da subito che con

quest'uomo oggi non far come mi pare. Infatti, il

buon padrone di casa, fa sua la scena, d i tempi

e le pause, come nella sua garbata e altrettanto

perentoria natura di uomo di stozzo che ricordavo.

Sic et simpliciter.

Eh s, Remo (seconda ulteriore premessa) per me,

ma sicuramente non solo per me, una memoria

anche sensoriale-percettiva, perch il mio corpo di

ragazzino ha registrato in qualche recondito luogo

dove si archiviano i ricordi fisici, quei momenti an-

che un poco dolorosi quando ti vestivi per il Giro e

che spiegher pi avanti. Del resto da adolescente,

negli anni '80, non osavi contraddire l'adulto o fare

troppe domande quando si trattava di mettersi la

montura, c'era una specie di ritualit che partiva

gi dalla vestizione, senza differenza che si trattas-

se del Giro oppure di entrare in Piazza. Esordisco

proprio con questo discorso, stuzzicando il baffuto

ECONOMI A CONFRONTO

periodico della contrada priora della civettaAnno XXXVI n. 2 - GIUGNO 2018Spedizione in abbonamento postaleArt. 2 comma 20/C legge 662/96 - Filiale di SienaIscrizione al Tribunale di Siena n 589 del 20/12/1993

DirettorePaolo BettiDirettore ResponsabileGiuseppe StefanachiAddetto StampaGianpaolo RabazziHanno collaboratoCons. Dir. del Gruppo Donatori di Sangue "Paolo Bonacci", Carlo Agricoli, Antonio Bianciardi, Amanda Bruttini, Don Enrico GrassiniSi ringraziano per foto, immagini e vignetteGiacomo Francini, Riccardo Guardabasso, Gianpaolo RabazziImmagine di copertinaGiacomo FranciniProgetto grafico e impaginazioneIrene BimbiStampaIndustria Grafica Pistolesi

ECONOMI A CONFRONTO

FUGA MUNDI

C'ERA UNA VOLTA IL GIRO

PIASTRINOFERESI

SONETTO

PROGRAMMAFESTA TITOLARE 2018

GRADINI, SCALINI E SCALONIDEL RIONE

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passato poco pi di un mese dall'ultima pubblicazione e la tentazione di riandare in stampa stata troppo forte perch... gira

e rigira, si gira, eh s, c' il Giro, il nostro Giro, pro-prio quello con la "G" maiuscola e muscolare, e questo girare, come il naufragar leopardiano, c' dolce in questo metaforico mare di pietra serena. Il Giro c'ha fatto venire in mente quanto l'andare ed il venire, cos come il partire ed il ritornare, siano quelle esperienze rituali e significative sia del singolo, ma anche di una intera collettivit. E allora partita la piccola sfida... quella di rea-lizzare un concept alla ceccoangiolieri (non per fare i ganzi, ma si chiama cos) in cui tutti gli arti-coli hanno come filo conduttore il tema del girare: che sia la traccia storica dell'economato di ieri e di oggi, la fuga mundi di San Bernardino ed il suo ritorno a Siena, la partenza e il ritorno di un civettino sbarcato a Lussemburgo, la cronistoria delle societ in cui si gira e rigira per Via Cec-co Angiolieri Castellare e dintorni, o lo sguardo antropologico sul rito e sul mito del Giro (per tor-nare seri) o ancora il "batti e ribatti" di un torneo transgenerazionale di ping pong in cui le palline girano in qua e l e i cappelli volano... e via fino al giro che fanno le piastrine, nella consueta rubrica dei donatori. E nel mezzo, ma proprio fisicamen-te nel mezzo al civettino, un collage di quei luoghi che sono le scalette e gli scaloni che si trovano nel territorio e che invece definiscono una centra-lit se non addirittura una stasi.Tutto gira davvero intorno a quel momento magi-co che atteso tutto l'anno, gemello eterozigote del 2 luglio e del 16 agosto, per importanza e portato. Questo numero ci siamo sentiti di farlo con un po di presunzione e di spensieratezza, perch a dirla tutta, non sarebbe stata una cosa da fare in due balletti, ma come uno di noi ha ribadito una sera del maggio scorso "a fare il ci-vettino bisogna anche divertirsi senn lavoro. Non sar un'opera composita come The Wall, dei Pink Floyd, ma speriamo piaccia uguale...

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ospite di casa, con un'affermazione che lo diverte:

Remo come mai le calzamaglie ai tuoi tempi non

facevano le grinze? I 3, 4 giri che venivano dati

erano di per s sufficienti a garantire una fissit del

tessuto oppure ci voleva un'arte che...

Non riesco a finire che gi mi stoppa con una rispo-

sta, che introduce un lungo monologo, che manco

Piero Angela nei suoi cenci avrebbe gestito meglio.

Remo, parte dalla definizione e dalla composizione

materica della calzamaglia con un'osservazione

che riporto fedelmente "doveva essere in puro co-

tone, ma leggera e resistente e non si doveva rom-

pere, ed era corredata di sottocalzamaglia bianca

sempre in cotone con cordino". Riporta tutto con do-

vizia di particolari assoluta, entra proprio nel detta-

glio del tessuto della sottocalzamaglia della calza-

maglia, del cordino, delle cuciture, come essere

entrato in sartoria.. D addosso alla "filanca" (che

dopo aver guardato su wikipedia riconosco essere

tessuto sintetico) di cui sono fatte quelle attuali, con

composizione mista, che a questo punto riporto in

questo articolo per giustezza: 10% elasten e 90%

cotone.

Io guardo ogni tanto il Mastro che da bravo cit-

tino ha pure lui capito che stasera non ce n' per

nessuno, si ascolta, eventualmente si risponde a

domanda. Ma nemmeno, perch appena pongo

la domanda al giovane economo, Remo riparte

come un missile a illustrare tecniche e metodi fa-

cendo capire quanto sia aggiornato ancor oggi su

tanti argomenti in cui prevale la manualit. Provo

a dirottare la discussione altrove, mi ci ero infilato

io e ora ci vuole uno shock, per cui chiedo peren-

torio il famigerato limoncello, per validarne le virt

terapeutiche e tirare il fiato ma soprattutto per ri-

prendere il filo del discorso. Ed davvero buono

questo limoncello, talmente buono che io e il Mastro

ci rimettiamo in posizione Rec, sorseggiandolo a pi

riprese. Una volta a te una volta a me, e il liquido

cala. A onor del vero devo dire che arriva anche...

Bravo Remo.

Insomma... si diceva? Ah s... non c' confronto che

non si apra sulle differenze, la prima, la pi marca-

ta anagrafica: Remo classe '41, il Mastro un

'89, nel mezzo c' un mondo fatti di aneddoti, di

storie, di persone e luoghi che mentre li racconta

quasi li vedi e che qui non riporto, ma che sareb-

be bello trovassero lo spazio di un altro racconto

scritto. Remo, per inciso, ha ricoperto in Contrada

tutti i ruoli a parte il Priore. un organigramma vi-

vente. Nonostante le diversit, scopro un'intesa tra

i due soggetti, che non conoscevo affatto, nel senso

che c' stima reciproca, stima che parte - questa

stata la mia impressione - da una analoga de-

dizione e da un uguale amore per quel compito.

Perch l'economato non da ghiotti e lo sa bene

solo chi c'ha lavorato. un impegno a 360 gradi e

per 365 giorni e devi per forza amare la materia

che compone bandiere, tamburi, drappi, monture,

se non addiritutture picce e braccialetti e tutto il

corredo che invariabilmente costituisce l'insieme dei

beni che a giusto titolo vi rientrano. Oggi. S oggi,

perch domando a Remo: Ma l'economato prima

dov'era?

Non c'era era ambulante nel senso che ci si arra-

battava. Spesso nell'appartamento del Foglia per

la vestizione della comparsa per il giro... o dove ca-

pitava.

Oggi invece ce l'abbiamo e di categoria vero

Matteo??

Si vero.. giusto il tempo di sorridere con gli occhi,

che Remo, salta come un felino sulla preda e do-

manda a me:

Te lo sai chi l'ha fatto il mobile che tiene le bandiere

stese?

No.

Io! E la scarpiera dove si possono individuare le

scarpe senza diventarci matti?

Boh..

Io! (e ride)! E...

Aspetta aspetta... facci riprendere fiato.. Remo, dopo

si ritorna su queste cose. Facci ritornare al Giro.

Oggi si gira in quasi 100 vero?

Per la precisione sono 96 mi risponde il Mastro che

cerca di recuperare giustamente terreno, nella ker-

messe tra economi.

Eh mica pochi, prima all'apice della tua carriera in

cui facevi coppia con Caterina Locatelli si girava in

quanti? In 60? Si noti che mentre ti vestivi, lo stran-

golamento della zona delle creste iliache, il bacino,

era una pratica che veniva svolta dai due, uno ti te-

neva davanti, uno dietro, e nel mezzo c'eri te (beh

ah gi nel mezzo, non si pu dire, ma c'era altro,

roba da evirazione..).

Il Giro prima era un problema di numeri dove-

vi comporre un numero decoroso di soggetti che

non andasse a sfoltire le schiere della Contrada,

che poi doveva cantare dietro al rientro. 30-40 la

mattina 60-70 il pomeriggio. Inoltre dovevi gestire

i doppio-turnisti, perch molti la mattina non gira-

vano (generalmente i pi anziani) e quindi capitava

che all'alba della domenica, qualche alfiere fosse

trasformato contro la sua volont in tamburino. Ac-

cettavo sempre male questa pratica ma era una

battaglia persa... e non valeva a nulla il mio disap-

punto.. Ecco s il disappunto di Remo, per cos dire,

perch definirlo disappunto come definire gatto

una tigre.. io me lo ricordo militaresco e dovevi sem-

pre avere parecchio occhio che non ti beccasse in

atteggiamenti al di fuori della regola, anzi dalle

regole, che sono beninteso sempre le stesse (non

fermarsi, non andare a coppia, entrare tutti in chie-

sa, non guardare il cellulare, ah no il cellulare no,

me lo sono inventato non c'era, c' oggi). Rilevo a

questo punto quanto sia significativo essere costi-

tutivamente lezzi per fare l'economo, seppure con

tratti diversi, ci vuole un po' di visione marziale, che

devi avere per evitare che la situazione vada fuori

controllo. Il Mastro ha dalla sua il fatto di essere

uno che non brilla per garbo (come effettivamente

riconosce lui stesso annuendo), Remo era cronica-

mente imbufalito. Altro legame tra i due maggior-

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Don Enrico G

rassini

FUGAMUNDI

La ricorrenza annuale della nostra festa titola-

re mi impone ogni anno, com' giusto che sia,

una rinnovata riflessione sulla vita, sugli inse-

gnamenti e sull'esempio che ancora oggi possono

offrire i nostri Santi Patroni Antonio e Bernardo.

Anche perch comunque in occasione del mattu-

tino mi corre l'obbligo di un discorso, pronunciato

dinanzi alla Signoria e ai priori delle Consorelle,

nel quale non per sfoggio di originalit, ma per

senso di rispetto alla dignit di chi ascolta, vorrei

evitare di cadere nella retorica dell'autocompiaci-

mento delle nostre secolari tradizioni, della virtus

senese (che tante volte ti chiedi se non sia rimasta

sulle rive dell'Arbia a Montaperti in attesa di tempi

migliori), del trito e ritrito lamento di come i valori

di una volta siano messi a rischio dalla globalizza-

zione e dalle mutate condizioni della nostra epo-

ca. Come se il Cerimoniale del Magistrato delle

Contrade e il Regolamento del Palio fossero stati

scritti da Senio e Ascanio su tavole di pietra.

Ebbene, per dirla col buon Paolo di Tarso, la no-

stra legge non scritta su tavole di pietra, ma su

tavole di cuori umani (2Cor 3,3). Credo sia pro-

fondamente rischioso infatti cercare di ingabbiare

una tradizione in strutture, senza creare cuori che

la vivano, la comprendano e la amino. Se i cuori

rimangono immutati nel loro orientamento al senso

di aggregazione, alla responsabilit di una "casa

comune" che la Contrada, all'identificazione

nei valori della civitas, che non semplicemente

uno spazio fisico ma un impegno morale, allora

le novit non possono e non devono far paura. I

cambiamenti non possono passare e lasciare tutto

indenne: ogni epoca lascia la sua traccia e lascia

una realt inevitabilmente modificata, nel bene e

nel male, diversa da come l'ha ricevuta. Il cuore

rimane e d continuit di valori anche se le cose

cambiano.

Dicevo che questa riflessione mi nasce dalla circo-

stanza della festa patronale. Antonio e Bernardo

sono due personaggi difficilmente accomunabili, sia

per epoca storica, sia per temperamento e anche

per spiritualit. Frate francescano e loquace can-

tore delle meraviglie della fede il primo, monaco

benedettino e pi incline all'azione che all'oratoria

il secondo. Antonio ci ha lasciato un nutrito corpo

di eruditi sermoni, che ci permettono oggi di po-

terci profondere nel descrivere i tratti del suo tem-

peramento e della sua personalit. Di Bernardo

ci rimangono solo poche lettere ai suoi confratelli,

appena una cinquantina, leggendo le quali si ha

il cuore rimane e d continuit di valori anche

se le cose cambiano

mente evidente di altri economi, di mia memoria

fortunatamente pi morbidi e transigenti o anche

solo tolleranti.

Non c' occasione per l'ottimo Remo che non atti-

vi in lui dei flashback che ti riversa addosso senza

piet, sembra abbia impugnato la mitraglietta di

Rambo e adesso che ha scaldato i motori, domina

la scena. Mi intima addirittura che vorr rileggere

il testo a dimostrazione che il piglio non sbiadito.

Oh Remo gnamo -dico- vabb che devo fare? Te

lo mander ti fiderai no?

No, non mi fido. Ragazzo..!

Ma insomma questo giro cos' per te Remo e cosa

per te Matteo?

Remo d un definizione da enciclopedia senza

sbavature, io mi aspettavo qualcosa di ampolloso

invece nada, non cede alle lusinghe della poesia.

un omaggio alla citt del santo patrono.

Il Mastro invece, come a ribilanciare la prima cita-

zione d la sua ma senza eccedere, e si sposta sul

versante ludico dichiarando: Un giorno a festa per

la Contrada. Io mi aspettavo qualcosa di pi ma

questi due un poco evidentemente si somigliano,

parchi nelle definizioni, essenziali.

quasi ora di cena, la moglie di Remo, che era

uscita un'oretta prima appena rientrata. Le chiedo

di farmi la cortesia di rimanere un attimo in cucina,

perch c' da fare una cosa. Gentilissima accon-

sente. Avevo chiesto al Mastro di portare una cal-

zamaglia della mia misura, una 48 per la precisio-

ne, e lui preciso, sempre come uno svizzero, l'aveva

portata senza fare domande. Ora la requisisco e

visto che Remo ha fatto ampio sfoggio delle sue vir-

t dialettiche ora gli chiedo la prova, la sua prova,

il suo brevetto, mi spoglio e mi infilo la calzamaglia

e gli intimo: e ora vediamo se riesci a evitare che

faccia le pieghe!!

Si alza, pare Lee Van Cleef, si rimbocca le maniche,

requisisce la cintura dei miei jeans e mi prende di

peso. Probabilmente siamo entrambi aumentati di

peso, perch la manovra appare problematica per

entrambi, ma ci nonostante mi issa, mi fa il primo,

il secondo ed il terzo giro di cintura, fino a costituire

l'essenza tattile dell'inscindibile e classico salsicciolo

di carne e tessuto. Si ferma, si abbassa, scruta e ri-

mira, mentre il Mastro sta di lato in silenzio, divertito.

Io muto, di cera. Silenzio. Poi dice: Ecco ci siamo! E

no, quasi! L c' una piega!! Fa notare, impudente,

il giovane e riccioluto economo indicando appena

sotto il mio ginocchio sinistro.

S, ma colpa della calzamaglia, non le fanno pi

come un tempo.. Ed ecco partire la risata liberato-

ria di tutti e tre, a concludere questo momento che

come abbiamo detto uscendo stato divertente e

forse unico. Anzi, senza forse. Ci lasciamo la porta

dietro le spalle, con doveroso saluto alla signora

che fa trasparire sul viso il dubbio che in casa sua

sia entrato un mezzo sciroccato...

Bella storia il Giro. Bella storia sei Remo. Anche te

Mastro, ma abbi pazienza, ubi maior minor cessat.

Con o senza grinze.

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quasi l'impressione che si rivolga con timore ai suoi

interlocutori. evidente che i tratti della loro santit

sono stati declinati in maniere e in circostanze assai

diverse: trovare un legame tra i due sarebbe forse

pi una forzatura che un servizio alla verit. Ma

proprio questo l'elemento che ci permette forse,

alla fine, di trarre una comune conclusione: la varie-

t, la polarit diametralmente opposta dei due per-

sonaggi indice che la diversit non ostacolo alla

continuit. In un recente convegno universitario, in cui

fu affrontata anche la figura di Bernardo, ricordo

come fu sottolineata in lui questa caratteristica della

continuit nella discontinuit. stato un certo tipo di

agiografia seicentesca a tratteggiare la conversio-

ne del Tolomei come una fuga mundi, mettendo-

lo quasi in tensione opposta con la sua Siena e il

contesto cittadino nel quale viveva. Bernardo non

"fugge" nel deserto di Accona, nei suoi lontani pos-

sedimenti sulle crete d'Asciano; Bernardo si ritira,

nell'esperienza dell'eremo prima e della comunit

monastica poi, proprio per un superamento quali-

tativo e un perfezionamento nella fede di quei va-

lori civici che aveva appreso nella sua formazione

culturale e spirituale dentro le mura della citt. Pur

ormai passato dal ricco e nobile rampollo Giovanni

de' Tolomei, all'ascetico Abate Bernardo, non solo

non rinnegher mai la sua senesit, ma la dimostre-

r in tutta la vera nobilt del suo percorso spirituale,

consumandola sull'altare della carit. Tutti sappiamo

come fece ritorno nella sua Siena proprio nel mo-

mento in cui tutti fuggivano per l'infuriare del terribi-

le morbo della peste, e che proprio a causa della

peste offr in sublime martirio di carit la sua vita.

Splendido ed esemplare anche per noi oggi l'a-

more di Bernardo per la sua Citt. Un amore che

proprio negli anni del nascondimento aveva accre-

sciuto e maturato tanto da offrirlo con tanta nobilt

in circostanze cos drammatiche. Il suo cammino di

fede e di amore lo port controcorrente: in una cit-

t da dove tutti fuggivano perch dichiarata ormai

un letto di morte, egli rientrava nelle sua mura am-

morbate; ci rientrava con la consapevolezza bella

e forte dell'uomo spirituale che la grande morte

non avrebbe mai potuto spegnere la fiamma d'a-

more che ardeva nel suo cuore. Fiamma che ha

continuato ad ardere nella sua progenie olivetana

e anche in tanti suoi concittadini che, ancora oggi,

nell'imperversare di un'epidemia forse ancor pi

subdola della peste che si chiama egoismo, sanno

perfettamente come un cuore che arde d'amore

possa di gran lunga superare le difficolt, le in-

comprensioni e i cambiamenti, anche epocali come

quello in corso.

Come la Comparsa che il giorno del Giro parte

dall'Oratorio e nell'Oratorio ritorna, cos sia il cam-

mino nel tempo e nella storia della nostra Con-

trada e della nostra Citt: dal cuore parta e al

cuore ritorni, al cuore dei nostri giovani, al cuore

del nostro futuro.

Sogno un futuro in cui Siena si senta ancora in di-

ritto di cantare al mondo "e un cuore come il mio

(lall) dove lo puoi trovar?". Non rubatemi il mio

sogno.

Viva Antonio e Bernardo. Viva la Civetta!

1110

Sabato 16 giugno a Siena c' il Gay pride...

E a noi? 'Unne 'ncominciamo subito colle

strafottenze se no qui fenisce male!... Sa-

rebbe stato un bel problemino! Come sarebbe

a di' "sarebbe"? Ma... 'un c'avete messo troppi

"sarebbe" in questa frase?... Mah!... l'avete scritta

voi, no io... Io invece vi di'o: ma ve lo 'mmaginate

noi che si riceve la Signoria in Piazza Tolomei

colle bandiere e tutto mentre su pel Corso c'

la sarabanda dei... lo so io? Meno male va, s'

scampata bella! Che vuol dire s' scampata bel-

la? Il Gay pride c' davvero. Eh lo so, meno

male che non c' pi il Giro, se no chiss che ci

poteva scappa fori! Come un c' pi il Giro?

S, la Festa Titolare come tutti l'anni. E allora?

Ma come allora... ma che unn'avete saputo? Ma

che c' da sape'? Ma come? Ma 'unno sapete

davvero? No di certo. Ooooh... Allora ve lo

di'o io. La Festa Titolare e il Giro sono stati abo-

liti. S, meglio! Meglio o peggio, cos. stato

quest'inverno in una riunione davvero storica del

Magistrato. la prima decisione che pigliano da

svariati decenni gli "onorandini". Se non ci cre-

dete domandatelo a Sunto. Sei un cretino! Uu-

ummh, pu anche essere, per il Giro non c' pi.

E meno male! Era l'ora di falla finita con tutto que-

sto vecchiume! Che ebete! Ora basta, con le

offese! Anzi, facciamo sul serio e ripassiamoci un

po' di storia, cos ve n'accorgerete se so' ebete

o no! Ora che finalmente si potr dire la sacro-

Aldo PetessiC'ERA UNA

VOLTA IL GIRO

Carlo A

gricoli

santa verit senza tanti infingimenti come s' fatto

da secoli, si sapr com' ita per davvero, questa

storia del Giro.

Intanto per cominciare precisiamo subito che nac-

que per via di un doppio e volgare arruffiana-

mento, ben riconosciuto da tutti gli storici onesti.

Il primo era col Santo Protettore e il secondo coi...

Protettori santi, s cio con tutti quelli che mette-

vano i quattrini. Il Santo si faceva finta di pregarlo

perch s'era religiosi, ma il vero scopo era ap-

punto quello d'arruffianarselo perch ci facesse

vince il Palio. Coi Protettori santi... lo stesso. "Al

merito singolare e distinto degl'Ill.mi Signori Pro-

tettori", si trova spesso scritto nei sonetti che a

loro si dedicavano. Capirai, che sforzo! E tanto

per far vedere che qui non si ciarla a vanvera,

si produce un'arguta attestazione sul vero trat-

tamento dei Protettori reperita in un sonetto del

1969 edito dalla Contrada Capitana dell'Onda

"e' protettori, prima le pelate / e poi, con suprema

'oncessione / li dite grazie con du' sbandierate."

Ecco fatto.

Ma chi erano questi Protettori? Diamine, i Contra-

daioli, diranno subito i pi saccenti. Neanche per

sogno, risponder io che sono uno storico onesto.

Infatti se si va alle radici delle Contrade, al Sei-

cento e Settecento, cos per ridere, si trova che si

trattava di Signori Nobili ai quali si chiedeva di

proteggere la Contrada dalle prepotenze delle

varie Autorit sempre in agguato. E "proteggere"

voleva anche dire mettere i quattrini. A parecchi

di loro della Contrada non "gl'iene potea frega'

de meno", come direbbe il Mazzilli, la conside-

ravano una sbecerata da popolo zozza. Tant'

vero che nelle battute di caccia organizzate per

catturare Protettori, si facevano ghiotte prede an-

che fra i Nobili abitanti in altre Contrade, ai quali

della Contrada dove stavano di casa "'iene fre-

gava pure de meno". Meglio allora accaparrar-

si l'arruffianamento di quell'altri sconosciuti che

gironzolavano con le bandiere sotto le finestre.

Nel Settecento essere Protettori di qualche Con-

trada faceva tanto scicche! La Festa Titolare era

l'occasione giusta per rendere loro le "onoranze"

e fa' quelle du' sbandierate che nell'Onda si ri-

cordano bene. La tradizione era nata e continu

per parecchio tempo. Poi successe che i Protettori

diventarono troppi, nel frattempo s'erano intru-

folati anche i nullatenenti, ad andare sotto casa

a tutti non bastava l'annata intera, si rimaneva

indietro con la Festa di quest'anno e l'anno dopo

si sarebbero allora dovute fare due sbandiera-

te, la contabilit e il faciccho delle sbandierate

erano troppo difficili e cos si smise. Per, negli

anni 1950-60 o gi di l, per i Signori cominci la

moda di abitare in villa, e allora dai, via per tutti

i dintorni di Siena a fare chiaranzane coi tamburi

e le bandiere. In compenso il "Benemerito" offriva

1312

la merenda in villa, ma presto le ville proliferarono,

i trasporti erano sempre pi difficili, le merende

facevano veni' l'indigestione perch erano sette

o otto al giorno, quelli dove 'un ci s'andava se

n'avevano a male, s'invent il giro in campagna

in un'altra domenica, ma ce ne sarebbero volute

cento di domeniche, a volte pioveva, e allora s,

che si rimaneva indietro di mesi e mesi, e cos si

smise anche quello.

Ma la vera origine della Festa Titolare quella di

un rito pagano... Un rito pagano? Che demen-

te!... silenzio per favore... rito pagano che affon-

da le sue radici nella pi remota tradizione delle

feste per il raccolto, per l'avvento delle stagioni,

per i riti campestri tramandati fin dai tempi ance-

strali del medioevo e anche prima, quando ci si

raccomandava agli Dei dell'Olimpo. Insomma, le

feste per il trionfo della natura, "aspettando Apri-

le, quando, appena finito lo scampanio di Pasqua,

fra peschi e mandorli in fiore, nel tiepido sole pri-

maverile, tornano spaurite quelle tre o quattro

rondini sopravvissute ai disastri ecologici degli

ultimi decenni, gira il Montone, e sembra davvero

di rinascere, come il mondo tutto intorno". Bello!

Chi l'ha scritto? Ha' visto te, che roba trovo io!

Cos cantava uno sconosciuto menestrello addirit-

tura pochi anni or sono in uno scritto in realt or-

ripilante. Meno male va, che te ne sei accorto!

Che scimunito!

Benissimo, voi continuate a offendere, ma io porto

prove. Guardate queste che seguono tratte da

quell'altra tradizione pi vecchia del primo topo

che il classico, immarcescibile, stucchevole "so-

netto" per la Festa Titolare, da commissionare alle

migliori penne della Contrada... "Quando di giu-

gno il gran diventa giallo / e il cielo pi celeste"

(Tartuca 1981) - "dai colli rinverditi e profumati / ci

sorride novella Primavera / ci ristorano i tramonti

rosati / nel tenue respiro della sera" (Montone,

1954) - "il trillo dell'allodola nel sole, / il murmure

del rio che a valle scende / preghiere dette senza

dir parole" (Selva 1955) "nel biondo mese che

di grani odora" (Torre 1975) - "una rondine stride,

taglia il cielo; / rintoccato ha l'unora la campana

/ nemmeno l'eco di una voce umana / turba il

silenzio steso come un velo" (Montone 1979)

"primavera d'intorno dolcemente / brilla nell'aria....

e per li campi esulta / s che a mirarla intenerisce

il core..." no, scusate, gli ultimi due versi mi sono

sfuggiti perch il Passero Solitario del Leopardi

lo so a mente, ma l'attacco del menestrello mi

ha tratto in inganno... anche lui copiava il vecchio

Giacomo... aveva perso un po' la tramontana o

forse, peggio, giocava sull'ignoranza media dei

lettori... Non ci offendere, idiota. Smettete voi

e la smetto anch'io, io boione ladro!... "e per le

strade / ad annunciar l'estate ormai imminente",

cos proseguiva invece l'accorato menestrello leo-

pardiano del Drago nel 1980.

Ma a noi qualcuno di questi versetti ci garba

parecchio. Eh ci credo, ma non vi ho detto che si

tratta delle migliori penne delle Contrade? Quel

che conta che si dimostrato che la festa Tito-

lare nasce come rito stagionale a sfondo campe-

stre. Chiaro? Accident'a te! ...Ooooh!...

Spenti gli echi ancestrali della civilt contadina

attorno alla met del secolo scorso la Festa Tito-

lare cominci ad evolvere verso la sagra paesa-

na, la "festa de no' antri", come direbbe ancora il

Mazzilli. E s'inventarono allora i giochi nel rione,

le leccornie in vendita sui banconi, le grigliate

pazzesche, fino alle pi sofisticate corse di barbe-

ri con tanto di accanite scommesse, la corsa dei

cittini con gli zucchini e i giubbetti delle Contrade

dove vinceva sempre quella che girava il giorno

dopo, fino all'apoteosi del pi spregevole genere

di ogni sollazzo del popolino basso, il palo del-

la cuccagna!... Ma come spregevole? Portarsi a

casa un bel prosciuttino di quelli attaccati in cima

al palo a noi 'un ci farebbe di certo schifo... Ap-

punto, questa la dimostrazione storicamente

accertata di quali abissi di volgarit siano stati

raggiunti dalla Festa Titolare. Anche se non si

mai toccato il culmine dei culmini, l'abominio degli

abominii, la processione per le strade del rione,

con la statua del Santo Patrono in groppa ai pi

forzuti giovanotti, con i chierichetti vestiti da pre-

tini a ridere e sghignazzare tutti intorno al prete

vero, il Correttore, che tirava scappellotti a dritta

e a manca, con le cittine davanti a spargere fio-

ri dalle cestine colorate e le vecchierelle dietro

a sbisoriare le sante orazioni. Ma nella vita ne-

anche lo storico in cerca di abiezioni pu avere

tutto! E pensate noi che di Santi ci se n'ha due...

anzi... quasi tre, da portare in groppa. Senti te che

banda sarebbe stata!

Il clima da sagra paesana ormai imperante stuz-

zicava in modo irresistibile i pi riposti afflati lirici

di ogni poetastro da strapazzo ciondolante per

le strade di qualunque rione. E cos, siccome il

paese era Siena, emersero i pi stucchevoli versi

pervasi di una nuova mielosa e melensa regres-

sione verso i pi spregevoli epigoni del pi vieto

romanticismo, imbrattando le carte colorate dei

sonetti con ogni genere di sconfortanti versi in-

neggianti alle pi volte ridette bellezze di Siena e

delle Contrade, stucchevoli anch'esse, da quante

volte si sono ridette. Ancora i sonetti soccorrono

uno storico come me nel supporto inoppugnabi-

le alla sue sempre faticose indagini (cio le mie).

"Quando sui tetti rossi / e sulle torri / Sunto dif-

fonde il suono / lento e grave" (Chiocciola 1981)

"alba novella / soffusa di vermiglio, trascolora

/ al rezzo del mattin l'ultima stella" (Torre 1981)

"interrogando il turbino del vento / mi reca i canti

e le memorie liete" (Istrice 1981) "alla magia del-

le tue antiche mura, / ai sogni, ai giochi, a tutto

ci che appare / ormai lontano, nell'et matura."

(Civetta 1979) "sui battenti socchiusi delle porte

/ acre inasprisce la calura estiva / e nella sera

dolce e fuggitiva / un tamburo rulleggia baldo

e forte" (Istrice 1978) "le fiamme delle seriche

1514

PIASTRINOFERESI

Dal Vocabolario Treccani:

piastrina s. f. [dim. di piastra 1]. In gene-

re, piccola, sottile piastra: 2. In biolo-

gia, il pi piccolo degli elementi figurati del san-

gue (detto anche trombocito), del diametro da 2

a 3 m, privo di nucleo e di forma generalmen-

te rotondeggiante, di norma presente nel san-

gue umano in numero da 150.000 a 400.000

per mm3. Le piastrine svolgono una funzione di

capitale importanza nell'emostasi e nella coagu-

lazione del sangue

Ogni Donatore di sangue si sar sentito dire,

almeno una volta: "ma perch invece non doni

le piastrine?". Seguono poi spiegazioni, a vol-

te fin troppo particolareggiate, a volte, invece,

un po' sommarie se non addirittura un po' con-

fuse, che non sempre aiutano a fare chiarezza

e a comprendere appieno quale sia, all'interno

dell'importanza della donazione, quella della

cosiddetta Piastrinoferesi, ovvero della donazio-

ne di piastrine. Questi microscopici componenti

corpuscolari del sangue, infatti, intervengono

nei meccanismi della coagulazione, formando

aggregati in corrispondenza della lesione della

parete di un vaso, cos da formare un argine alla

perdita del sangue, permettendo il rimarginarsi

delle ferite.

I vantaggi di questo tipo di donazione sono mol-

teplici, e il maggiore di tutti certo il fatto che

il ricevente delle piastrine pu essere chiunque,

indipendentemente da quale sia il suo gruppo

sanguigno di appartenenza, e questo al contra-

rio della donazione di sangue cosiddetta "classi-

ca". Inoltre, le piastrine sono utilizzate non solo in

caso di ferite o interventi ospedalieri, ma anche

per il trattamento di gravi alterazioni quantita-

tive o qualitative di queste cellule, quali alcune

malattie neoplastiche. Infine, la donazione di

piastrine pu essere effettuata con una frequen-

za maggiore rispetto a quella di sangue intero.

Per tutti i Donatori, Contradaioli e non, l'avvici-

narsi dell'Estate significa l'arrivo di un periodo

di maggiore rilassatezza e minori impegni, con

pi occasioni per trascorrere del tempo piace-

vole con gli amici di sempre; questo non deve

per mai far dimenticare che proprio l'Estate il

periodo nel quale si presenta una maggiore ne-

cessita di donazioni di sangue in quanto, proprio

nei mesi delle vacanze, c' la concomitanza di

una diminuzione delle donazioni e di un aumento

delle necessit e delle urgenze (spesso causata

da un numero maggiore di incidenti stradali).

Quindi, quali che siano i vostri programmi per

la prossima Estate, ricordatevi di quanto sia im-

portante trovare il modo di riservare, nei vostri

calendari, il tempo necessario per effettuare una

donazione (o anche di pi); ovviamente, meglio

se di Piastrine!

Consiglio D

irettivo del Gruppo D

onatori di Sangue "Paolo Bonacci"

bandiere / che guizzano e s'accendono nel cielo"

(Selva 1956) "esprime in questo clima di mala /

le ataviche virt di Siena nostra / di storia, tradi-

zione e di poesia" (Pantera 1974).

Ma anche questi so' versini parecchio bellini! E

dai! Ve lo ridico, duri che non siete altro, sono le

migliori penne, per esempio per l'Istrice Luciano

Fini, per il Montone Carlo Fontani, per la Civetta

Mario Alessi, cos per ridere... mica come ora il

nostro... uuuuuh!, mio Dio, che stava per sfuggirmi!

Ma questi versi dimostrano come la Festa Titola-

re abbia da sempre questo suo maligno potere

di sfondacciare gli animi delle pi indegne me-

lensaggini di romanticismo, delle fanghiglie pi

putride accumulate negli anni nella brodaglia

limacciosa stagnante nei teneri cuori di giovani

e vecchi... Ooooh, indegno sarai te!... E voluta-

mente, da storico navigato, ignoro certi troppo

moderni epigoni di gente pseudo-poetica ancora

in vita per... paura di buscarne!

A proposito di fondacci limacciosi in questi so-

netti galleggiano talvolta anche delle domande

assai angosciose che evidentemente turbavano

le notti dell'Autore e che conviene sottoporre

all'attenzione del lettore... che saresti voi di l dal

foglio, tanto per essere chiari... "Chi mai Colui

che in riva del Giordano / asperge con la sacra

onda le genti?" E che ne so io? E ancora "chi

mai Colui che con linguaggio arcano / grida

alle folle misteriosi accenti?" Boh? Ma questi due

sconcertanti quesiti non fanno testo, siamo infatti

nel Leocorno del 1958, dove ancora non sape-

vano chi diavolo fosse quel Giovanni Battista che

avevano in chiesa e lo domandavano a chi ca-

pitava qua e l. Meglio allora quest'altra perla

"Perch sei tanto bella o mia Contrada? / Non ho

risposta n immaginazione" (Montone 1982). Ma

figurati se ce la posso ave' io!

Del tutto a sorpresa emergono anche altre stra-

vaganti constatazioni di ancor pi pregevole inte-

resse storico, tipo "gi quieta era la Libia in mano

agli Italiani, / gi, dopo audace lotta, eran quieti

i Balcani" (Oca 1917)... Meno male, va! Come ve-

dete siamo proprio nel pieno del tema senese e

contradaiolo della Festa Titolare!

E cos, arrivata finalmente la pace in Libia e nei

Balcani, si pu smettere. Basta!

In realt molto altro ci sarebbe da dire, ma tanto

ormai a che serve? A niente! Perch finalmente,

vivaddio, la Festa Titolare e il Giro non ci sono

pi. Aboliti, cancellati, definitivamente passati

per sempre alla storia. Alla peggiore delle storie,

come sopra ampiamente dimostrato.

Per, da storico non capoficcato a capo all'ingi

soltanto nel passato, ma proiettato verso l'avveni-

re avanzo una proposta: manteniamo il mattutino!

Perch subito dopo si canta "O Maria la tua Sie-

na difendi". E una sola "Siena difendi" ben vale

sorbirsi la noia mortale di sette mattutini di segui-

to. Don Enrico, mi comprender. Oh, finalmente

n'ha dette una giusta!

Bene. Finito. Arrivederci a meglio.

E invece si vole finire noi, guarda un po', para-

frasando un pochino quante niente un verso di

Mario Alessi "Anche se lo scritto (il tuo) stato

disgraziato, / ci piace celebrar la nostra festa."

(Civetta 1980). Anche noi ci sa i nostri sonetti

che credi! Beccati questa, strullo rimbecillito!

1716

Mercoled 13Castellare degli UgurgieriCastellare degli UgurgieriOratorio di Contrada

GalleriaVia Cecco AngiolieriGalleria

Gioved 14Castellare degli UgurgieriGalleriaGalleriaVia Cecco AngiolieriVia Cecco Angiolieri

Venerd 15Castellare degli UgurgieriCastellare degli UgurgieriCastellare degli UgurgieriPiazza TolomeiVia Cecco AngiolieriPiazza Tolomei

Sabato 16

Castellare degli Ugurgieri

Piazza TolomeiSan CristoforoGalleriaVia Cecco AngiolieriVia Cecco Angiolieri

Domenica 17Oratorio di Contrada

Via Cecco AngiolieriVia Cecco AngiolieriVia Cecco AngiolieriVia Cecco AngiolieriVia Cecco AngiolieriIl Campo, Bocca del CasatoOratorio di Contrada

ore 17.00ore 18.30ore 19.00

ore 20.00ore 20.30ore 22.30

ore 19.00ore 19.45ore 20.00ore 20.30ore 22.00

ore 18.00ore 18.00ore 19.00ore 19.30ore 20.30ore 22.00

ore 11.00ore 18.00ore 19.30ore 20.00ore 20.15ore 20.45ore 21.00ore 22.30

ore 07.45

ore 08.15ore 13.00ore 13.30ore 15.00ore 15.50ore 19.30ore 20.15

Caccia al Tesoro con i bambini delle ContradeMerenda con i bambiniS. Messa in onore di S. Antonio da Padova e S. Bernardo Tolomeie in suffragio dei contradaioli defunti AperitivoCena al tegaminoProiezione fiction: "Don Colpo e la Banda della Caldana"

Replica Ondeon "Violento di Baviera"Replica Cortometraggio "Una notte al Museo" AperitivoCenaCantagufo 2018

Cerimonia "Anni dArgento"Cerimonia dei SedicenniConcerto "Castellare in Musica"AperitivoCenaMusica con i BCube

Onoranze funebri ai Cimiteri cittadiniBattesimo ContradaioloRicognizione dei confiniRicevimento della SignoriaSolenne MattutinoAperitivoCenaPalio dei Barberi

S. Messa e benedizione della Comparsa "Maria Mater Grati"Partenza della ComparsaRientro della ComparsaPranzo del GiroRitrovo e vestizione della ComparsaPartenza della ComparsaIngresso della Comparsa, corteo di rientroMaria Mater Grati"

FESTA TITOLARE 2018 in onore di Sant'Antonio da Padova e San Bernardo Tolomei

13 -17 giugno 2018

Per le cene di Gioved , Venerd , Sabato e per il pranzo di Domenica obbligatorio prenotarsi entro le ore 12.00 dei due giorni precedenti scrivendo a societa@contradadellacivetta. it o inviando un sms al numero 339-3638150 (Francesco Amisano)

Dedicato ai Patroni S. Bernardo Tolomei e S. Antonio da Padova

Il Bianco, Rosso e Nero si fa ritoe la Contrada si ritrova, in festa:rullan tamburi, il Castellare avito,a celebrare, fiera, oggi s'appresta.

A' nostri du' Patroni ecco l'invitoa interveni', e poi una richiesta

al nvo Capitano che ha esordito:Che un bel Cittino arrivi, e anche alla lesta!

Auguri ad ogni nvo battezzato -nel cuor siam tutti fratelli e sorelle -risplenda su di voi il sol fortunato

e al popol tutto solo cose belle. S'alzino forti ed orgogliosi i cori,sia lode ai nostri Santi Protettori!

Amanda e Antonio - 17 Giugno Dumiladiciotto

18

trattiva, una calamita che rende difficile al senese

separarsi dalla sua citt. In pi, questa permanenza

aiuta in modo perentorio a sostenere le tradizione.

Il Giro delle Consorelle tradizione piuttosto re-

cente, se si considera che il Palio nato nel 1500

e che le contrade erano gi attive da un bel po', il

battesimo contradaiolo addirittura nasce negli anni

'70, la Piazza stato aggiustata nel tempo, i cori, i

riti, le regole non scritte del Palio sono in perpetuo

mutamento. Dunque, Adam, dopo sei birre mi sento

un po' Marzullo e ti chiedo: stata la tradizione a

fare Siena o Siena a fare la tradizione?

Vorrei prima essere chiaro: non sono uno storico!

(per quello abbiamo torchiato Renato Lugarini...

nda). Quindi non saprei dirti con certezza cosa ha

effettivamente contribuito a creare a Siena la situa-

zione che c' oggi. Le cose sono sempre in muta-

mento, soprattutto ora col turismo e la tecnologia.

Ma l'evoluzione non necessariamente un male,

basta che sia naturale conseguenza delle decisioni

quotidiane che avvengono nelle contrade, create

dai contradaioli e non da altre forze (E qui tocchia-

mo un nervo scoperto, molto scoperto... nda).

Dire cosa viene prima, la tradizione o Siena,

quasi impossibile. A Siena, come in molti altri luoghi,

prima del Palio esistevano altre feste (p. es. il gioco

delle pugna, le bufalate, ecc.), quindi si potrebbe

dire che le tradizioni hanno un passato pi lungo

del Palio. Ma chi organizzava, o almeno partecipa-

va, a queste tradizioni? Certo non sono le contra-

de di oggi, perch altre aggregazioni esistevano

(basate intorno a chiese e compagnie militari). Vuol

dire che erano i Senesi a promulgare eventi che

sono diventati tradizioni. A Siena c'era un sistema

pronto per sostenere le tradizioni, sistema che poi

rimasto cos legato a se stesso da riuscire a tra-

mandare nel corso dei secoli una festa particolare

come oggi il Palio.

Aggiungerei (e anche se io adesso vedo due Adam,

cerco di mantenere il mio contegno aggrappando-

mi stoicamente al bancone del pub, nda) un altro

aspetto: perch la tradizione si mantiene a Siena?

Certo, ci sono altre feste, anche competitive, che

si trovano in Europa, ma tante non hanno la stessa

vitalit o aggancio emotivo del Palio. Ci sono altre

aggregazioni, ma queste non hanno lo stesso sen-

so di appartenenza e solidariet che troviamo inve-

ce nelle contrade. Questo insieme di fattori - ovvero

una lunga storia, una comunit basata sulla solida-

riet, un attaccamento quasi religioso a simboli e

riti - aiuta a mantenere la tradizione nelle contrade

e a Siena. Individualmente, ogni singolo fattore si

pu trovare in altre aggregazioni. Per esempio, ci

sono gruppi con una lunga storia, altri con un forte

simbolismo, altri ancora basati sulla solidariet e/o

sulle tradizioni. Ma solo a Siena, nelle sue contrade,

si possono trovare questi aspetti

Un'ultima domanda, Adam. Antropologicamente

parlando, stando alla tua illustre esperienza e sot-

tostando al tuo fine gusto irlandese, qual la Con-

trada di Siena pi ganza?

Adam, mi guarda, si scola la mia settima birra, sal-

vandomi la vita, e sogghigna:

Potrei dirtene una, ma non ho preferenze. Eh, mi sa

che sono un diciassettino!

Che dire? proprio vero: Adam, da buon antropo-

logo, non si sbilancia troppo. Mai!

si pu capire la contrada senza il Palio e viceversa."

E allora, visto che il suo occhio clinico c'ha studiato

per 365 giorni, attacco subito la prima birra e ac-

cendo il registratore.

Dunque, Adam, perch hai scelto Siena per il tuo

studio, come te l'aspettavi e quanto dell'idea che

avevi della citt e dei suoi abitanti ha effettivamen-

te coinciso con ci che hai trovato una volta arri-

vato qui?

Conoscevo gi un minimo Siena e le contrade visto

che ho abitato in Italia da bambino (o, come dite

voi, da cittino). E una volta, quando ero pi giova-

ne, sono venuto qui in visita con la mia famiglia e la

topologia della citt mi sempre rimasta in testa. Ri-

cordo come fosse ieri di essermi immerso tutto d'un

fiato nelle vie della citt.

Quando ho iniziato il dottorato ho letto tutto ci

che potevo, e dopo poco ero gi fissato con le

contrade. Ovviamente mi aspettavo una citt inte-

ressantissima, dove la gente aveva una passione

genuina per la contrada. Qualcuno mi ha "avverti-

to" di una potenziale chiusura da parte della gente

ma questa chiusura non l'ho mai incontrata, sono

sempre stato ben accolto... anzi, magari mi trovavo

fin troppo bene, visto che non volevo pi ripartire

dalla citt!

Malinowski, grande antropologo d'inizio '900, so-

steneva che "il mito non solo una storia raccon-

tata, ma una realt vissuta, non una invenzione,

come potrebbe essere un romanzo, ma realt

vivente che si crede accaduta in tempi primordia-

li e che perdura tanto da influenzare il mondo e i

destini umani." Ecco, quanto mito e quanto romanzo

hai trovato studiando le Contrade di Siena e come

secondo i risultati che hai ottenuto la tradizione

del Palio ha influito sul tessuto sociale della citt?

Ogni anno migliaia di visitatori assistono al Palio.

Ma ci che manca spesso ai visitatori la com-

prensione del fatto che come gi sapete bene

la contrada e le sue ramificazioni sono effettiva-

mente uno stile di vita, che porta con s un gran-

de significato emotivo e simbolico, non solo in quei

giorni di follia, ma durante tutto l'anno. difficile per

me dire a un contradaiolo che la contrada vera

e che influenza la vita: lo sa gi! Ma uno che viene

da fuori deve fare uno sforzo enorme e guardare

oltre il Palio per vedere tutto ci che fa la comunit

contradaiola per i suoi membri e non solo. Ci non

vuol dire che non esistano dei fili di mito e romanzo

nella percezione della gente. Il Palio ha un elemen-

to di romanzo, ma ci che lo rende unico che

le emozioni sono vere. Ovunque tu vada nel mon-

do c' sempre mito e romanzo nelle aggregazioni:

come dice Malinowski, la tradizione qualche vol-

ta inventata, ma questo non impedisce di viverla nel

mondo reale.

Da quello che ho fatto vedo che la contrada conti-

nua a influenzare i pensieri e gli atteggiamenti dei

contradaioli. Una statistica che esce fuori dal mio

studio che pi di tre quarti dei contradaioli ha

vissuto a Siena per almeno il 90% della loro vita:

ci vuol dire che anche se ci saranno altri motivi

la contrada influisce tanto, essendo una forza at-

17 16

ISOLASIENA

Avendolo conosciuto una notte in Contra-

da, dopo o durante una cena (i ricordi

sono stranamente vaghi), ricordandomelo

inglese, mi ero preparato a incontrare Adam da-

vanti a un bonario t con limone, Earl Grey magari,

con un pizzico di panna, mentre invece ci siamo

ritrovati al pub, alle 4 di pomeriggio, davanti a

una, due, tre, quattro (offri te, eh!), cinque eccete-

ra birre medie. E quando gli chiedo - fiero d'aver

vissuto a Londra - in che parte d'Inghilterra nato,

lui mi fulmina con lo sguardo e mi rimbrotta: "non ti

dovresti mai esporre cos con un irlandese". Eh s,

perch il ragazzo irlandese. Capite, come dare

del pisano a un livornese; sicch cerco di rimediare

dicendogli che magari anche lui avrebbe potuto

credermi, che so, spagnolo, se m'avesse conosciuto

all'estero. E lui, sorridendo un po' all'irlandese, mi

dice "forse, ma non te l'avrei mai detto! Il mio spiri-

to di antropologo non mi permette di sbilanciarmi,

mai!".

Adam Kenny, nato a Dublino nel 1991 - ma cresciu-

to in Italia - sta infatti laureandosi in antropologia,

con un dottorato sulla socialit contemporanea a

Siena, che lo ha tenuto nella nostra citt per gran

parte del 2017.

Come lui giustamente osserva, attraverso i secoli,

la ricca storia di Siena ha prodotto una realt cul-

turalmente e socialmente unica. Ci dovuto princi-

palmente alla struttura della citt, impostata attorno

alla vita di contrada. Questa realt unica interessa-

va da tempo la sua relatrice a Oxford: dopo un

incontro hanno deciso di elaborare un progetto

sulla vita sociale contemporanea a Siena. "Tanto

stato scritto su Siena" - mi dice Adam - "ma finora

il focus stato pi che altro sulla storia della citt e

sul Palio." A loro invece interessava di pi l'aspetto

Contrada e contradaioli, anche se, ammette, "non

Gia

com

o Fr

ancin

i

eliminati. Seconda fase: incroci da classifiche avulse

e set da disputare, magliette da sudare e punteggi

da tenere, nel frattempo, vassoi di hot dog, salsicce

e hamburger venivano razziati da bocche fameli-

che; tutto stava procedendo come da programma: il

Mao avanzava, i panini no.

Cos andando, si arriv alle fasi finali, i due tavoli

da gioco restarono riservati solo ai migliori, gli altri

a guardare, mangiando "sformati" pi o meno sa-

poriti. Eccoci alla prima semifinale: il Mao (che tanto,

avrebbe vinto il torneo) VS il giovane Zullino che, a

sorpresa, nel frattempo, si era guadagnato posizioni,

credibilit e fiducia. Solo la speranza era rimasta al

palo, perch stava sfidando un "mostro", colui che

tutti i bookmaker avevano accreditato come vincito-

re assoluto e incontrastato della prima edizione del

Torneo di Ping-Pong in Civetta.

Un codino ritto da una parte e una linguina mezza

di fuori da un'altra, iniziano fin dalle prime battute a

sfidarsi, a studiarsi, a fare strategie, chiedono ripetu-

tamente silenzio intorno per concentrarsi: s'incomincia

a fare sul serio. Per la prima volta, il favorito si trova in

difficolt contro uno strategico pallettaro, i pronostici

iniziano un po' a vacillare, i nervi, come cordini di un

tamburo di piazza alla Bocca del Casato, si tendono

sempre di pi, la tecnica incomincia a stridere con le

strategie Tutto sembra pi complicato.

D'intorno si odono commenti di questo tenore: "State

tranquilli, nessun problema, il Mao soffrir ma alla fine

la finale 'un gliela leva nessuno" oppure "Lo Zulla 'un

lo sa con chi ha a che fa'", o anche "Ma vo' mette',

a quanto s' allenato il Mao, cheddi' perder?!?..." E

via con questa solfa

Alla fine successo! Uno strepitoso Zullino, con palle

alzate, difesa impeccabile e fine strategia, ha elimina-

to il Mao: onore al merito!

Per la cronaca il torneo fu vinto da un perfetto e si-

lenzioso Granata, sbarazzandosi uno dopo l'altro,

degli avversari coriacei e tecnicamente preparati;

grande Salva, complimenti!

Voci di corridoio ci dicono che nei Tribunali di Mi-

lano, nelle pause fra un'udienza e l'altra, vengono

sgombrate scrivanie da fascicoli e ordini di custodie

cautelari, le uniscono, e dopo aver teso una retina in

mezzo, danno vita a dispute memorabili. Altrimenti

non si spiega! (Nasce da qui il popolare luogo comu-

ne che nei tribunali le cause se le rimpallano da un

ufficio ad un altro).

Nel frattempo a Siena invece, il Mao non si d

pace: sembra che da quel sabato stia pensando di

abbandonare definitivamente il mercato immobiliare

per mettersi in societ con il Terzi.

Di certo sappiamo che il Mao non ovviamente

matto, ma negli ultimi tempi in Ceccangiolieri (tutto at-

taccato), sembra che il famoso cappellaio nato dalla

fantasiosa penna di Carrol in Alice nel paese delle

meraviglie, abbia ripreso vita Dopo Vera (la cap-

pellaia - nda) sembra che possa rifiorire un nuovo e

florido commercio di copricapi.

A parte le ruzze, un sentito ringraziamento a Valen-

tino e a tutta la Societ per l'idea e per il confortante

successo dell'iniziativa: divertirsi e giocare in Contra-

da senza limiti di et, in un percorso intergenerazio-

nale, stato ed uno dei principali obiettivi, perch

ricordatevi, che di solito, non si smette di giocare per-

ch siamo vecchi, ma s'invecchia perch si smette di

giocare!

15 14

Allora babbo, ho detto a Vale di iscrivere an-

che te al torneo di ping-pong.

Oh Emilio, ma che sei matto?!? Saranno

vent'anni che 'un prendo una racchetta in mano. For-

se anche di pi 'Un so' mi'a bono, mi fanno il culo tutti

e poi mi fa male anche la spalla.

Ma che te ne importa!... Anch'io 'un so' mi'a gioca',

si fa pe' passa' una serata tutti insieme, vedrai che

risate tanto 'un ti preoccupa', vince il Mao!

cominciata cos la mia esperienza personale al

torneo di ping-pong organizzato da Valentino per

conto della Societ "Cecco Angiolieri", nello scorso

aprile e che ha visto un'apprezzabile ed entusiastica

partecipazione di Civettini di ogni ordine di et, ge-

nere sessuale e credo religioso

Fin dalle settimane precedenti ho assistito fra i par-

tecipanti a varie battute previsionali sull'esito del

torneo, sfott e ilarit di ogni genere che attraver-

savano per intero tutto l'arco lessicale ai cui estremi

si trovano la semplice ironia da una parte e la vera

presa per il fondovalle, dall'altra.

In quei giorni in avvicinamento al torneo, la Societ

stata trovata aperta ad ogni ora del pomeriggio

fino alle ore piccole della notte: partite, allenamenti,

battute, doppi, palle tagliate, sudate, schiacciate e

moccoli (ops, imprecazioni) hanno rimbalzato sugli

intonaci nuovi delle pareti della Ceccoangiolieri (tutto

attaccato), seppur fra gli astanti veleggiava sempre

l'amara consapevolezza che il torneo lo avrebbe co-

munque vinto il Mao, che nel frattempo veniva av-

vistato aggirarsi sulle lastre dell'omonima via, mattina

e sera, con giacconi dalle larghe tasche, larghe tanto

quanto basta a contenere una racchetta pronta all'u-

so, nel caso capitasse nei paraggi un compagno con

il quale fare qualche scambio. Solo in preparazione

della competizione eh, che di sicuro avrebbe vinto.

Si arriv dunque, con trepidazione e malcelato at-

tendismo, a quel sabato sette aprile; Valentino ave-

va gi allestito il tabellone con i sette gironi composti

da quattro giocatori cadauno: ventotto giocatori

(non poteva essere diversamente!); inizialmente il gi-

rone D, il mio, era formato, oltre che dal sottoscritto,

dall'organizzatore del torneo (Valentino), dal proprie-

tario del secondo tavolo da gioco (Giacomino) e dal

Presidente di Societ (Marco). "Bene pensai con

un "biscotto" cos farcito, facile che riesca a passe-

re il turno!..." Poi Marco, per aggiustare i gironi che

nel frattempo erano cresciuti di partecipanti, prese

muro, si ritir dalla competizione rifugiandosi nel pi

comodo ruolo di segnapunti. Sui due tavoli a disposi-

zione, ebbero inizio le fasi eliminatorie con l'alternarsi

di set a ventuno, fra babbi e figlioli, ragazzi e citte,

giovani e diversamente giovani si arriv alle prime

eliminazioni, con sorprese pi o meno eclatanti (per

la cronaca, la mia eliminazione non fu tanto una sor-

presa gliel'avevo detto a Emilio che 'unn'ero bono):

tre partite perse su tre.

E via. I gironi continuavano a proclamare promossi ed

BATTI &RIBATTI

Ricc

ardo

Cer

pi

sociale di una contrada. Per quanto riguarda il

modo in cui viene invece visto il Palio, come ben

sai, gi difficile spiegarlo qui in Italia, figurati

all'estero dove le notizie sono ancora pi som-

marie e dove l'incontro di culture deve superare

differenze ancora pi marcate. Diciamo che, pi

che spiegarlo, preferisco che siano gli altri a do-

mandarmi se incuriositi, magari da una foto che

tengo in ufficio, di modo che, partendo gi da un

interesse di base diventa parecchio pi semplice

far capire la profondit del Palio, anzich scam-

biarlo per folklore. E va detto, stato davvero

un piacere constatare che le persone che hanno

avuto modo di conoscere, se non addirittura visi-

tare Siena durante i giorni di Palio, sono rimaste

piacevolmente colpite dalla nostra Festa e che

avrebbero voglia di approfondirne la conoscen-

za. Per questo infatti continua ridendo poi le

chiacchierate si concludono sempre con un invito

in Civetta!

Un aneddoto su un tuo Giro?

Ridacchia [nda] Mi ricordo una volta, era il pri-

mo giro da tamburino e non sapevo fare altro che

il passo e il passo a vittoria, ma il Bobo mi chia-

m per fare una stamburata... Ecco, meno male

che c'era Ferruccio Valacchi l con me, perch

io avrei potuto farla solo con la bocca, quindi

suon lui e io feci finta! Un altro aneddoto invece

riguarda i giorni precedenti, durante un Palio coi

ciuchi, quando Jacopino (e indica il nostro neovi-

cario alle prese col quinto arancino) pochi metri

dopo la partenza fu malamente disarcionato

dall'indomabile ciuco e si ruppe lo scafoide (e qui

rido anch'io...).

Un'ultima domanda, di folklore diciamo: se tu po-

tessi portarti dietro una parte del nostro territo-

rio, da mettere fuori dalla porta di casa, l nel fol-

le Lussemburgo, che parte metteresti in valigia?

Il Castellare, sicuramente! Non c' luogo al mon-

do che sappia di casa pi del Castellare.

Mentre, cercando di smaltire i chili di arancini

che galleggiano nello stomaco, ci incamminiamo

verso Piazza del Campo, Renato mi si avvicina

e mi fa:

Jack, volevo puntualizzare solo una cosa, riguar-

do a quello che mi hai chiesto prima su cosa

cambiato nel mio rapporto con la Civetta... e mi

ripete, con passione, che niente pu cambiare

proprio perch la Civetta casa senza tempo

e il rapporto con il proprio passato non si pu

sciogliere neanche volendo.

La Contrada infatti fatta s da chi presente,

da chi quotidianamente lavora, decide, sostiene

attivamente la vita del Rione, ma vive profon-

damente e indissolubilmente anche in tutti coloro

che in passato ne hanno fatto parte e che ma-

gari (nobody knows the way it's gonna be, can-

tavano gli Oasis vent'anni fa) un giorno la vita

condurr nuovamente tra le braccia di Siena.

Renato negli anni stato pi volte consigliere

di Societ, poi, prima come vice cancelliere e in

seguito come archivista, rimasto in Seggio per

una decina d'anni, tornando infine a ricoprire il

ruolo di consigliere addetto alla Segreteria pri-

ma della sua partenza per il Lussemburgo.

Adesso un contradaiolo a giro, felice di tornare

e di appartenere a questa pazza meraviglia che

la famiglia di contrada.

13 12

e che adesso si ritrova a non riconoscermi quan-

do metto piede in Societ, soprattutto oggi che

le generazioni sono pi numerose rendendo pi

complesso conoscere bene tutti. Ma, ti dir, non

mi d fastidio perch pi che normale, per mi

fa un po' strano vedere qualcuno di questi ra-

gazzini avvicinarsi a persone che vedono quoti-

dianamente per chiedergli in un orecchio "ma chi

diavolo quello?!?". Mi fa capire che il tempo

scorre parecchio veloce, ecco!

Una domanda tecnica, visto che il Giro si sta

avvicinando e te non potrai essere presente,

parliamo un po' del tuo passato in comparsa: eri

alfiere o tamburino?

Allora, io ho iniziato come alfiere, si parla del

1994 o gi di l, poi visto che nel gruppo dei

miei amici, Davide Papi stava entrando in Piazza

come tamburino, mi ritrovai ad allenarmi con lui

(per questo forse non ha mai imparato troppo

bene... nda) e da allora sono sempre stato tam-

burino.

E adesso come percepisci la distanza nei giorni

in cui sai che la Contrada nel pieno dei propri

momenti di vita pi intensa? Tipo il Giro, il Palio,

il Novello...

Senti, fortunatamente ho saltato il Palio solo una

volta, quindi una bella fetta di emozione la posso

vivere qui a Siena, anche se emotivamente ar-

rivando praticamente a ridosso della Tratta ti

senti catapultato sul ciglio del burrone, non vivi

quei passaggi che ti conducono ai giorni di Palio,

ecco. Nelle altre occasioni, soprattutto per il Giro

o il giorno dell'estrazione, eh, la vivo in modo

surreale, tramite i Social o le dirette streaming.

Quindi male, ecco, anche perch l'orologio bio-

logico contradaiolo funziona alla grande, anche

se non puoi vivere l'emozione come sei sempre

stato abituato.

Prendo spunto da una frase del mitico John Ro-

ger Searle, il quale diceva che "non capisci una

tradizione se non la vedi in relazione alle altre".

Come percepisci adesso che sei lontano la no-

stra tradizione e come viene recepita invece per

esempio dai tuoi colleghi di lavoro quando ne

parlate?

Allora, il fatto di aver girato mi ha confermato

ancora di pi l'unicit del Palio come festa e so-

prattutto della Contrada come struttura socia-

le e come organizzazione. davvero unica e

non serve girare il mondo per comprenderlo.

Anche perch per trovare simili tradizioni, con

radici pari a quelle del Palio, bisogna fare un

salto indietro enorme, alle societ tribali pratica-

mente, soprattutto in questo periodo storico in

cui la cultura occidentale si sta allontanando a

velocit supersonica da quella che la struttura

IL CONTRADAIOLO ALL'ESTERO

A questo giro ho buttato gi qualche do-

manda da sottoporre al buonvecchio

Renato Lugarini, classe 1975, laureato in

Storia, archivista di vocazione, amante del vino

rosso e dei cocktail a periodi, nonch vorace let-

tore dei romanzi Montalbaneschi di Camilleri.

Ero pronto a spedirgli le mie intricate domande

via mail, quando in realt la fortuna se di fortu-

na si pu parlare ha voluto che lo incontrassi a

casa del nostro neoVicario, Jacopo Bruttini, da-

vanti a un bel vassoio di arancini e qualche bot-

tiglia di vino ros colto direttamente dalle mani di

un vinaio di fiducia. Che c' di strano, direte voi,

nell'incontrare un amico a casa di amici, a Siena

poi, che grande quanto un tappo di bottiglia?

Giusta osservazione! Se non fosse che il baldo

non pi giovane ha portato il proprio talento di

archivista in Lussemburgo ben cinque anni fa.

Ne uscita fuori una bella chiacchierata, in cui il

nostro intervistatore stato sopraffatto dalla sa-

gacia e dall'astuzia archivistica del Lugarini, non

riuscendo a proporre quasi nessuna delle pic-

canti questioni che voleva affrontare. Rimarrete

un po' delusi, quindi, poich troverete poco gos-

sip, ma molto miele. Dunque, bando alle ciance

e partiamo con l'intervista.

Renato, piazziamoci subito nella storia: in che

anno sei espatriato?

Guarda, la data in cui sono partito piuttosto

simbolica, visto che presi servizio al Parlamento

in Lussemburgo il 16 agosto del 2013!

Pazzesco!

Tremendo!!! Noi non si correva, vero, per la-

sciare Siena proprio quel giorno stata una stra-

na sensazione.

stato il primo Palio che hai vissuto lontano da

Siena?

S, diciamo il primo da almeno vent'anni se non

di pi...

Ecco, come cambiato il rapporto con la Contra-

da e soprattutto con i contradaioli?

Oh, guarda, hai fatto bene ad aggiungere con-

tradaioli, perch in effetti c' una sottile differen-

za. Nel senso che da un punto di vista persona-

le non cambiato assolutamente niente, il mio

rapporto con la Civetta immutato e immutabile.

Non cambiato neanche il rapporto con i miei

amici pi stretti, mentre ovviamente quello che

cambiato anche se passato poco tempo

quello con i pi giovani. Cinque anni sono pochi

per chi ha la mia et, ma possono essere molti

per chi aveva 12/13 anni quando io sono partito

Ald

o Pe

tess

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iaco

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Fran

cini

11 10

tra le prime cose che volle fare da Presidente, ci

fu lintitolazione del 3vs3 di 28 ce n una quale

Memorial Alberto Ceccherini. Del suo biennio, ci

ricordiamo anche i cenini settimanali, quelli inver-

nali col famoso Tortellino. Il tavolo veniva messo

direttamente davanti al bancone del bar, per un

totale di circa 15 commensali. Non dimentichia-

moci che la Contrada (e dunque la Societ) dei

tempi moderni si divide in 2 ere: lera prima della

Vittoria e lera successiva al 2009. In realt Simo-

ne ci fa notare come nella gestione ordinaria del-

la Societ i numeri non siano poi tanto cambiati.

Tra le attivit memorabili, la cena medievale (nella

foto), che vide la partecipazione di una quaran-

tina di civettini. Fu ottima la riuscita della serata e

la cura dellallestimento del Castellare, giochi me-

dievali inclusi.

Concludiamo questo primo atto con il biennio

2004/2005 che vede la Societ guidata da una

donna, Maria Luisa Faleri. Nonostante nei docu-

menti darchivio si trovino dei riferimenti alla Civet-

ta come "Contrada delle donne", Zisa la prima

donna a ricoprire un incarico dirigenziale. Sar

durante il suo mandato che verr inaugurata la

stagione della sede della Societ nel Castellare,

Priore Gianfranco Bimbi.

Non si scappa ai legami, questa nostra Civetta

ci annoda e riannoda, tra passaggi di testimoni

e ricordi confusi. Perch il presente passa, il ricor-

do svanisce, nei documenti vi sono le tracce di

ci che chiamiamo realt dei fatti, a noi rimane

il sapore di ci che stato. Scrivete, perch la

memoria fuori fuoco, scriveteci, perch un ricor-

do personale possa divenire un frammento di una

storia pi grande.

Questo lavoro frutto della collaborazione tra la

redazione de Il Civettino e lArchivio della Con-

trada Priora della Civetta.

Fonti e riferimenti bibliografici:

Verbali e documenti presenti nellArchivio del-

la Contrada Priora della Civetta (ACPC);

"La Contrada del Castellare. Un secolo di vita

della Contrada Priora della Civetta e della

sua Societ", di Alberto Fiorini e Bruna Trabal-

lesi, Monteriggioni, Industria Grafica Pistolesi

Il Leccio 2012;

"Incontriamoci in Societ. Storie e racconti sulla

seconda casa dei contradaioli" capitolo sulla

Societ Cecco Angiolieri della Contrada Pri-

ora della Civetta a cura di Carla Bonacci e

Beatrice Gorelli allinterno del volume Terzo di

San Martino, Siena, Betti Editrice 2017;

Il Civettino giugno 2011.

alcuno. Immaginiamo sia dovuto allo stato confusio-

nale post vittoria. Attendiamo fiduciosi che qual-

cosa emerga nel prossimo futuro. Noi abbiamo

telefonato a Mauro Lorenzetti, al tempo Presiden-

te, ma ci ha risposto il ruggito di una chitarra elet-

trica. Prendendo spunto da un vecchio Civettino,

vogliamo ricordare che nel 2011 la Compagnia

di Cecco port in scena al teatro del Costone la

commedia Non varcate quella ZTL, le prove gi

si facevano nella Galleria per motivi di spazio e

segretezza ma la Compagnia bazzicava anche

il Castellare. Anzi vale la pena ricordare che le

mura della Societ nel Castellare hanno accolto,

durante una sera di prove, il coro degli attori -

contradaioli e patriottici che improvvisarono lIn-

no di Mameli per festeggiare i 150 anni dellUnit

dItalia.

Durante il biennio 2008/2009 il presidente Fran-

cesco Maccari, ottiene la concessione da parte

della Contrada (Priore Carlo Rossi) di realizzare i

cenini nel Fonte e addirittura nell'ingresso del Mu-

seo quando i numeri superano le 50 adesioni. An-

cora una volta, Societ e Contrada vanno di pari

passo e la Contrada comprende tempestivamen-

te le istanze di aggregazione dei contradaioli.

Donatella Capannoli, ci racconta che per lei quel

clima di unione altro non era che una premonizio-

ne a quanto di l a pochi mesi sarebbe accaduto:

la vittoria del Palio del 2009.

Di questa vittoria, ci preme annotare un aneddoto

a firma Olivia Agnelli (a quel tempo vice presiden-

te della Societ ndr). "Quella volta che: nel 2009

si vinse il Palio e la parola pi pronunciata non fu

n Mari n Palio n purgatorio fu Mecche Mec

ovvero Francesco Maccari, allora presidente di

societ comprensibilmente sommerso di domande

e cose da fare. Fu ripetuta cos tante volte che, in

un VANO tentativo di portare il Mec allesauri-

mento nervoso, qualcuno registr Mecche Mec-

che Mecche in un megafonino e lo piazz in un

punto alto irraggiungibile del Castellare per rom-

pere il silenzio della notte.

Forse non tutti sanno che nel 2008/2009 la So-

ciet Cecco Angiolieri ha avuto il suo record mas-

simo di amari presenti con addirittura 15 tipologie.

Tra le Societ di Contrada, solo il Drago ha fatto

meglio di noi con 16 amari.

Ci siamo quasi. Incontriamo Simone Cerpi, presi-

dente negli anni 2006/2007. Lo troviamo in cuci-

na, insieme a Lucia Belli, mentre si adoperano ai

fornelli. La prima cosa che Simone vuole raccon-

tarci legata al suo rapporto di stima con Alberto

Ceccherini, che lo volle vice barbaresco, quando

lui era appena diciassettenne. E infatti ci dice che

9 8

loro somiglianza con i pi famosi cappelli Panama)

a favore delle buste di carta usa e getta, forte-

mente volute da Donatella Capannoli, attuale

vicepresidente di Societ che ha ricoperto nume-

rosi incarichi all'interno della Cecco Angiolieri. Le

buste di carta sono accattivanti nella loro sem-

plicit e sicuramente pi igieniche dei cari vecchi

cestini, che se potessero parlare ne avrebbero di

cose da raccontare. Possiamo inoltre annoverare

la prima (e a oggi unica) edizione del cinemino

estivo nel Castellare, chiamata Cosa vedo nella

notte. Durante lestate del 2016, 4 appuntamenti

con cenino per 4 film italiani e un discreto pubblico,

oltre agli immancabili semini e noccioline (portati

da casa).

Dai ricordi di Stefano Traballesi, presidente negli

anni 2014/2015: "Nel '14 la Vittoria di Palio ci mise

davanti a una incredibile verit: non eravamo pi

pochi ma boni, eravamo tantissimi. Innanzitutto ci

tengo a dire "un tiro un goal" (la stessa frase era

scritta sulla maglietta di Paolo Betti durante la se-

rata vestiti da calcio per la Vittoria del 2009, ndr).

Ad esempio, per poter apparecchiare pi rapida-

mente furono abbandonati i mezzi tradizionali a

favore del kit posate&tovagliolo imbustati. Fu inol-

tre adottata la tecnica di transennare l'area appa-

recchiabile per impedire ai civettini di intralciare il

servizio. Inutile sforzo: tuttora ci sono contradaioli

accalcati come al concerto di Vasco, penne alla

mano e al grido di: segno i posti e vengo via!".

Stefano continua confidandoci che "dopo l'eufo-

ria della vittoria, il sentimento pi forte fu il senso

di smarrimento: tutti i consiglieri erano talmente

presi dalla voglia di festeggiare, che mi sentivo

un leader abbandonato. Decisi allora di indire

un consiglio straordinario, una volta riuniti salii su

un tavolino, chiesi a tutti di avvicinarsi poi mi girai

di spalle e mi buttai tra le loro braccia. Non se

l'aspettavano quel gesto, ma capirono". Stefano

ci lancia inoltre il curioso quesito: quanto ci vuole

perch si cancellino le righe di vernice fatte per il

3vs3? Chiediamo a Irene Bimbi, vicepresidente ai

tempi di Stefano e da molti anni impegnata nelle

attivit della Cecco Angiolieri. Le righe, nono-

stante il cambio di diluizione e le vernici utilizzate

siano sempre pi biologiche, biodegradabili etc,

puntualmente restano sulla pietra serena da giu-

gno fino almeno al giro dellAquila a settembre.

Le righe vengono fatte il gioved, dopo larrivo

del canestro ed sempre un gran casino sia per

lorario che per il transito auto sia perch dif-

ficile farle e prendere le misure. Non le fanno

sempre le stesse persone, ma una attivit che

si tramanda di generazione in generazione di

donne.

Iniziamo a far nostro il mantra talvolta anche un

dettaglio pu rappresentare una svolta epocale."

Basti pensare al cambiamento del gioco del Filus

da quando non vengono pi utilizzati i bicchieri di

vetro per apparecchiare.

Nel biennio 2012/2013 Presidente della Socie-

t Cecco Angiolieri era Stefano Capannoli, per

la prima volta supportato da due vice presiden-

ti (Donatella Capannoli e Stefano Traballesi). La

Societ era quella nel Castellare ma veniva an-

che utilizzato gi dal 2010 il bar della Galleria. Il

Nena sottolinea lapertura serale della societ e

la necessit di guardare a Piazza Tolomei come

riferimento anche per le sere antecedenti la pro-

va generale, a conferma del clima di grande par-

tecipazione. Maggiore attenzione viene rivolta

alla provenienza degli alimenti, sono gli anni di

apertura verso il chilometro zero e lo slow food,

protagonisti nel Novello con grandi risultati. La

crescita numerica della Contrada non poteva che

esprimersi con completa conquista della Galleria

come sogno nel cassetto.

Del 2010/2011 non ci ancora pervenuto ricordo

delle serate danzanti della Corte di Cecco.

Finalmente siamo arrivati alla Societ Cecco An-

giolieri! Ci vorr un salto di circa 25 anni prima di

atterrare con i piedi per terra, esattamente nel

1971 i giovani civettini misero piede nel magaz-

zino nel Castellare sotto allufficio del Cancelliere.

Dai verbali si intuisce chiaramente che si trattava

di uno spazio della Contrada usato abusivamen-

te dai giovani della societ come ritrovo. Non si

capisce bene dai verbali se e in che termini fu un

momento di discussione e conflitto, ma questo pri-

mo atto condusse alla conquista della prima vera

sede della Societ, quella di via Cecco Angiolieri

n. 34. Tutto risolto allora? Macch! Una tregua di

una quindicina danni e poi inizi il peregrinaggio

della Societ Cecco Angiolieri.

Ma allora ce labbiamo di vizio: savvia una cosa

e poi si riavvia e ancora. Quante volte s fondata

la Societ?! Una, due, tre, poi ha cambiato nome,

poi nel 64 rinasce come Societ Cecco Angiolieri

Piccoli Civettini e nel 72 si trova una sede autono-

ma e che succede? Inizia il giro del rione torno tor-

no. Perlomeno abbiamo sfiorato e chiuso il cerchio

rispetto alla costituzione plurima della Societ, non

ce ne vogliano archivisti e storici per non esse-

re scesi in particolari, che rimandiamo alla lettura

da parte di ogni curioso contradaiolo presso le

fonti stesse. Ora ci siamo: possiamo riprendere il

filo del discorso da dove lavevamo lasciato. Gli

aneddoti della Societ Cecco Angiolieri con sede

nel Castellare. Abbiamo dunque lanciato il sasso

e speravamo tornasse indietro una gragnola di

racconti, entro un arco di tempo compreso tra il

2005 ed il 2016. Mantenere un rigoroso ordine

cronologico ci molto difficile. Daltronde, come

scrive Octavio Paz, La memoria non ci che ri-

cordiamo, ma ci che ci ricorda. La memoria un

presente che non finisce mai di passare. Ci sono

casi inoltre in cui ci hanno raccontato un episodio

di cui si era certi corresse lanno XXXX e poi il ri-

cordo di unaltra persona smentiva la prima data

e lasciava sfumare la veridicit circa laneddoto.

Comunque, da qualche parte bisogna pur partire

e mettendo le mani avanti, sappiamo essere que-

sto un lavoro parziale e ancor lontano dallessere

puntuale.

Il biennio 2016/2017 vede la Societ presieduta

da Marco Ricci consolidarsi per poter sostenere

l'ambizioso progetto del rinnovo degli spazi (av-

venuto a novembre 2017). Il passaggio definitivo

nei locali della ex galleria ex garage Bardini vede

comunque una prima rivoluzione: l'abbandono

dei famigerati cestini del pane in vimini (durante un

cenino ribattezzati volgarmente "panemo", per la

7 6

il primo documento sulla Societ presente in archi-

vio. Non viene fatta menzione di nessuna carica

e a questo documento, che pur si propone di rea-

lizzare uno speciale banchetto annuale, non se-

gue nessun riscontro documentale sullattivit della

costituenda Societ. Candidamente, larchivista ci

svela che per leggere tutta la documentazione

presente ci vorrebbe moltissimo tempo e che fino

a pochi mesi fa, causa i ripetuti traslochi e sposta-

menti, i materiali non erano stati ordinati in manie-

ra organica per una cronica mancanza di spazi.

Latto del 1889 non si trovava nelle cartelline dei

verbali delle Adunanze del Seggio o del Con-

siglio generale n in altro appropriato fascicolo,

ma allinterno di uno generico chiamato Miscel-

lanea corrispondenza, atti varii e documenti am-

ministrativi conservati nellarchivio della Contrada

dallanno 1867 allanno 1910. Eureka verrebbe

da gridare! Proprio come Archimede (a proposito

di aneddoti) il quale entrando in una vasca da

bagno e notando che il livello dell'acqua era sa-

lito, cap che il volume di acqua spostata doveva

essere uguale al volume della parte del suo corpo

immersa. Il desiderio di condividere questa scoper-

ta fu talmente grande che egli si mise a correre

nudo per le vie di Siracusa. Ora, nessuno dallAr-

chivio si messo a correre nudo per via Cecco

Angiolieri, anche perch loro stessi ci dicono che

nel 1984, anno di redazione da parte di Cecilia

Alessi dellInventario dei materiali presenti in Ar-

chivio (unico inventario che abbiamo ad oggi) tale

Atto risultava gi inventariato.

Par dessere nella nebbia, altro che realt docu-

mentale: nel Verbale dellAdunanza di Seggio del

13 maggio 1905 si legge che il Cancelliere Ovi-

dio Pilli propone di fare anche nella Contrada

della Civetta la cos detta Societ del Palio tra gli

abitanti della Contrada stessa. Anche a questo

secondo documento non segue nessun riscontro

oggettivo sullattivit della suddetta Societ. Ec-

coci arrivati al 13 maggio del 1922: durante la-

dunanza del Consiglio della Civetta, il consigliere

Ottaviano Gianni ripropose lidea di costituire la

Societ del Palio come esiste in tutte le altre Con-

trade e Il sig. Lunghetti propone di costituire un

fondo palio e, quindi, la predetta societ. Dunque

una Societ di utilit ed appoggio economico per

la partecipazione alle corse del Palio della Con-

trada Priora della Civetta, attraverso lorganizza-

zione della gita e del banchetto annuale: cio si

ribadiscono ancora una volta i presupposti e gli

scopi gi indicati nel documento del 1889. Con

il termine del conflitto bellico, i civettini aspirarono

invece alla realizzazione di ulteriori attivit ricrea-

tive; nel giugno 1945 si costituisce il consiglio diret-

tivo della Societ del Palio che prese per la prima

volta il nome del poeta Cecco Angiolieri e prese

avvio la stagione brevissima ma significativa -

stretto ai Presidenti della Societ Cecco Angiolieri

dagli anni 2004/2005 ad oggi. Stiamo dunque

parlando del ritorno della Societ nella sede

del Castellare, inaugurata nellottobre del 2005.

Che ti ricordi della Societ nel Castellare? Hai

qualche aneddoto curioso? E via via che face-

vamo domande, arrivavano - a singhiozzo e non

sempre - s i racconti, le suggestioni, ma anche

tremendi dubbi (i nostri) e quesiti sul metodo da

utilizzare per raccogliere questo materiale. Cosa

importante raccontare, raccogliere e trascrive-

re?! Come raccogliere il tutto in poco pochissimo

tempo visto che c da uscire a giugno? possibi-

le essere obiettivi in un lavoro del genere? Come

ricordare tutto e tutti senza commettere errori?

Come fare per ricordare? Domande che si erano

gi posti Bruna Traballesi e Alberto Fiorini nella

premessa al testo La Contrada del Castellare. Un

secolo di vita della Contrada Priora della Civet-

ta e della sua Societ, domande spontanee a

chiunque si trovi ad affrontare una ricostruzione

non esclusivamente storica.

Abbiamo constatato che la memoria non funziona

a comando, nemmeno quella recente. E quando

la memoria stenta ad aprirsi e lasciar affiorare i

ricordi, possiamo avvalerci di altri strumenti a no-

stro favore.

Siamo andati direttamente nel luogo che custo-

disce la memoria storica della Civetta: lArchivio

della Contrada. Un posto magico ed un ruolo

strategico, quello dellarchivista, in quanto leg-

gendo, ordinando e riordinando i materiali, sco-

vando frammenti del passato e decifrando le cal-

ligrafie antiche che si pu ricostruire lo scenario

e comprendere la portata storica degli eventi. E

trasmettere questa dimensione storica altrimenti

sconosciuta. Sono appunto i frammenti quotidiani,

organizzati in maniera organica, a divenire Storia.

Procediamo per gradi. Perch in Archivio ci siamo

andati per procurarci lultima pubblicazione a cura

del Magistrato delle Contrade, dal titolo quanto

mai attinente con la nostra impresa: Incontriamoci

in Societ. Storie e racconti sulla seconda casa dei

contradaioli, pubblicazione suddivisa in tre volumi

cos come sono i Terzi. Il capitolo relativo alla So-

ciet Cecco Angiolieri a cura di Carla Bonac-

ci e Beatrice Gorelli. E con il libro in mano, cosa

leggiamo e dunque scopriamo? Che la Societ

Cecco Angiolieri del 1922, era gi nata nel 1905

e prima ancora nel 1889! Eppure nella parete di

Societ nuova c scritto proprio 22. O come

andata? Iniziamo ad incalzare Beatrice, archivista

in carica e scriviamolo anche, meticolosa archivi-

sta che ha promosso, intrapreso e quasi concluso

il lavoro di riordino dellArchivio assieme ai colla-

boratori del settore.

La disponibilit dellArchivio di aprire le sue porte

e i faldoni contenenti verbali, corrispondenza e

materiali vari relativi alla Contrada (e alla sua So-

ciet, fino a un certo punto quale anno?) ci con-

sente di riprendere una collaborazione avviata.

Beatrice ci mostra un documento datato 4 luglio

1889. Si tratta dellAtto costitutivo della Societ

del Palio, firmato dal priore Adamo Tanzini cui se-

guono 61 firme di consiglieri. Secondo la ricerca

archivistica dei documenti (ACPC) comprovanti le

origini e levoluzione della Societ della Contrada

Priora della Civetta, a cura di Beatrice stessa,

5 4

PEREGRINA SOCIET

Sappiamo bene che la storia della Civetta

fatta di date che segnano importanti even-

ti e cambiamenti della contrada. La conqui-

sta degli spazi una delle "questioni" cruciali che