Il volto della Misericordia

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ANNO XXX NUMERO 10 DICEMBRE 2015 Il Volto della Misericordia Vent’anni di Policoro di G. Orefice e M.I. Ambrosino La casa di Francesco di Alfonso Lanzieri Papa Francesco ci ha invitato in quest’anno giubilare a seguire Gesù per scoprire il volto misericordioso del Padre, per essere misericordiosi come Lui: attraverso la misericordia dunque possiamo scoprirci figli, possiamo scoprirci fratelli. Abbiamo chiesto ad alcuni esperti di guidarci in un intenso, seppur non esaustivo, confronto con alcuni passi dell’Antico e Nuovo testamento che ci raccontano Dio come misericordioso, come innamorato folle della sua creatura. Un confronto necessario per scoprire che la misericordia è lo strumento che Dio ci ha offerto non solo per ritrovare lui ma per ritrovarci tra essere umani, per ritessere i legami, ritessere la società.

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Mensile della Chiesa di Nola. XXX - 10 - Dicembre 2015

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Il Volto della Misericordia

Vent’anni di Policorodi G. Orefice e M.I. Ambrosino

La casa di Francescodi Alfonso Lanzieri

Papa Francesco ci ha invitato in quest’anno giubilare a seguire Gesù per scoprire il volto misericordioso del Padre, per essere misericordiosi come Lui:

attraverso la misericordia dunque possiamo scoprirci figli, possiamo scoprirci fratelli. Abbiamo chiesto ad alcuni esperti di guidarci in un intenso,

seppur non esaustivo, confronto con alcuni passi dell’Antico e Nuovo testamento che ci raccontano Dio come misericordioso, come innamorato folle della sua creatura.

Un confronto necessario per scoprire che la misericordia è lo strumento che Dio ci ha offerto non solo per ritrovare lui ma per ritrovarci tra essere umani,

per ritessere i legami, ritessere la società.

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mensile della Chiesa di Nola

in Dialogo mensile della Chiesa di NolaRedazione: via San Felice n.29 - 80035 Nola (Na)Autorizzazione del tribunale di Napoli n. 3393 del 7 marzo 1985Direttore responsabile: Marco IasevoliCondirettore: Luigi MucerinoIn redazione:Alfonso Lanzieri [333 20 42 148 [email protected]], Mariangela Parisi [333 38 57 085 [email protected]], Mariano Messinese, Antonio Averaimo, Vincenzo FormisanoStampa: Giannini Presservice via San Felice, 27 - 80035 Nola (Na)Chiuso in redazione il 29 dicembre 2015

L’ANNO CHE VERRÀ, TRA RIFORME E MISERICORDIAdi Marco Iasevoli

Per pezzi di Paese sembrano esser-ci segnali positivi. Per altri pezzi,

invece, la crisi è ancora lì a produr-re i suoi effetti.

Tanto il governo e la maggioranza mettono in rilievo le “cose positive” minimizzando quelle ancora irrisol-te, tanto le opposizioni enfatizzano i problemi che l’Italia ancora non riesce ad affrontare attribuendo a fattori esterni (soprattutto alla poli-tica monetaria della Banca centrale europea) il tiepido più 0,8 per cento di crescita del Pil registrato a fine anno.

Al “cittadino medio”, a noi, resta il dovere di non perdersi nel mare magnum dell’opinionismo di parte e interessato: nell’elaborare un giu-dizio politico, occorre aver chiaro il punto da cui si partiva, il punto in cui ci si trova e il punto verso cui si vuole andare, senza trascurare che a indicarci come “sta” il Paese non sono solo indici e statistiche, ma so-prattutto il livello di vita delle per-sone intorno a noi.

Ancora più difficile è inquadrare politicamente l’anno che inizia, il 2016. Una stella polare, però, c’è, e probabilmente funzionerà da filo rosso. Ad aprile, sono previsti gli ultimi due voti di Camera e Sena-to sulla riforma costituzionale che abolisce il cosiddetto “bicamerali-smo perfetto”. Ovvero: Camera e Senato, in virtù di questa riforma, non avranno più le stesse identiche funzioni. In particolare, sarà solo la Camera a dare la fiducia al gover-no. E per molte tipologie di leggi il Senato, i cui membri non saranno eletti direttamente del popolo ma saranno espressione di Regioni e Co-muni, avrà poteri molto ridotti. Di questo cambiamento dell’assetto

istituzionale del Paese si parla da tantissimi anni, almeno 30. Il fine è quello di snellire il processo che porta alla formazione delle leggi e rendere più chiare le responsabilità del governo e quelle del Parlamen-to. Per il presidente del Consiglio è la “Grande riforma” che porta la de-mocrazia italiana al passo delle de-mocrazie occidentali più sviluppate. Per diversi critici (anche all’interno del Pd) questa riforma, unita ad una legge elettorale – il cosiddetto Itali-cum – molto maggioritaria, potreb-be rappresentare una deriva che in-debolisce il Parlamento ed esalta il ruolo del leader.

Anche su questo tema, il “citta-dino medio” è chiamato a smarcarsi da slogan e opinioni semplicistiche. Anche perché, a ottobre 2016, sare-mo tutti chiamati ad esprimerci su questa riforma attraverso un “refe-rendum confermativo”. Ci sarà chie-sto che siamo favorevoli o contrari a questa rivoluzione istituzionale, ma non sarà necessario raggiungere alcun quorum. Uno dei criteri che sicuramente ci interpellerà, come credenti, è questo: la democrazia è solo il frutto delle regole che le isti-tuzioni si danno, oppure è anche un “habitus” che indossiamo nell’ordi-nario attraverso la partecipazione civica, il controllo degli ammini-stratori, la critica delle ingiustizie, le proposte costruttive?

Stiamo pur certi che le riforme saranno al centro dell’attenzione. Anche perché se la riforma costitu-zionale dovesse non andare in porto o essere bocciata al referendum si aprirebbero le porte ad un voto an-ticipato. In parallelo, vedremo cer-tamente crescere la polemica tra Italia ed Europa. L’Italia, che certa-

mente è tra i Paesi che ha pagato un prezzo molto alto alla politica del rigore di bilancio ispirata dalla Ger-mania, ora che ha rimesso a posto alcuni fattori (il deficit sotto con-trollo, nel 2016 dovrebbe iniziare a scendere anche il debito pubblico) vuole reclamare una inversione più profonda nel modello economico europeo, a partire da maggiori mar-gini per gli investimenti pubblici.

I due elementi preponderanti del 2016, riforme ed Europa, si intrec-ceranno a fine maggio – inizio giu-gno con un voto amministrativo che riguarderà quasi tutte le più grandi città italiane: Roma, Milano, Na-poli, Torino, Bologna… Molte delle posizioni che i partiti assumeranno su riforme e Ue saranno influenzate certamente dalla tentazione di spe-culare qualche voto in più alle urne. Purtroppo non sono in agenda prio-rità che potrebbero essere ispirate dal Giubileo della Misericordia: una seria ed efficace misura di contrasto alla povertà, un gesto di perdono e clemenza verso chi ha commes-so colpe verso la società; si tratta, dobbiamo dirlo, di temi che non rispondono a logiche di consenso, e dunque sono accantonati oppure affrontati con le logiche del populi-smo e delle misure-spot.

Questo il quadro. Ovviamente ci sarà una costante che non ci lasce-rà mai nei prossimi mesi: il pericolo terroristico, le iniziative diploma-tiche e militari in alcune aree di crisi (Iraq, Siria e Libia in primis) e l’afflusso di migranti e profughi. In particolare, i primi mesi del 2016 saranno decisivi per capire se esiste una reale unità d’intenti della co-munità internazionale per fermare le milizie del terrore e aiutare i Pae-si più minacciati dal Daesh a rispon-dere attraverso la ripresa del pieno controllo del territorio.

L’Anno Santo indetto da Papa Francesco può essere cruciale per richiamare i “grandi” del mondo ad essere meno condizionati da inte-ressi economici e finanziari, a esse-re più attratti dalla ricerca di una pace duratura e vera attraverso la cultura dell’incontro e del dialogo.

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prire che a sua volta lui partecipe-rà del dono della misericordia anche ad altri fratelli che fruiranno proprio della sua capacità di rimanere saldo nella fede e lontano dalla vita di pec-cato.

Per questa ragione tutta la rituali-tà e sacramentalità legata all’otteni-mento di questa grazia -confessione, partecipazione ai sacramenti, pro-fessione di fede, preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre e atti di carità- sono azioni legate alla ricom-posizione dello spirito comunitario e della sperimentazione del rimettere in circolazione i frutti della grazia ap-pena vissuta. L’indulgenza ci ricorda che Dio è pronto a condonare tutto e subito, ci chiede di aprire il nostro cuore a lui disposti a diventare nuova creatura. Quando pecchiamo ma pre-sentiamo al Signore il nostro cuore pentito, Dio nella sua misericordia, ordinariamente mediante il sacra-mento della riconciliazione, concede il perdono dei peccati e la remissione della pena eterna.

Con l’indulgenza la misericordia divina arriva a condonare la pena temporale dei peccati confessati, fa superare le tendenze e i disordini la-sciati in noi dal male commesso.

Ancora una volta l’opera di ricon-ciliazione, che avviene con la media-zione della Chiesa, ci verrà donata quale grazia da Gesù stesso, Lui in-dulgenza e propiziazione per i nostri peccati (cfr Gv 20,22-23).

La ritualità e sacramentalità dell’indulgenza legate alla ricomposizione dello spirito comunitario

L’ECCLESIALITÀ DELLA MISERICORDIAdi Pasquale d’Onofrio

Desta sempre tanta impressione l’immagine del padre che atten-

de e finalmente, quando quel figlio che aveva sperperato la ricchezza torna, pentito, gli corre incontro e lo riveste di quella dignità -calzari, veste nuova e anello al dito- renden-dolo nuovamente erede. È per tutti noi l’immagine della misericordia, dell’indulgente padre che riprende dalle sue ricchezze e nuovamente le condivide col proprio figlio.

La Chiesa madre, nelle occasio-ni degli anni giubilari, dispone che quella ricchezza di grazia, reso teso-ro prezioso anzitutto dall’offerta di Gesù e poi per la partecipazione del-la Vergine Maria, dei santi, delle vite conformi al vangelo di uomini e don-ne che partecipano alla costruzione del regno possa essere nuovamente condiviso.

Questo il senso di quel termine “indulgenza” che tanto ha fatto tri-bolare anche la storia della chiesa e ne ha diviso il corpo, ma che rappre-senta l’opportunità che viene donata per una vita nuova. È proprio la ca-tegoria del dono che immediatamen-te rende più comprensibile il valore dell’indulgenza. È dono di parteci-pazione alla vita ecclesiale in cui si sperimenta la forza del peccato che è vinta dalla misericordia di Dio e dei fratelli. È importante anche questo aspetto ecclesiale che l’esperienza dell’indulgenza richiama perché chi si avvale di questa grazia deve sco-

La Terza Pagina

Piazza Duomo a Nola in attesa dell’apertura della Porta della Cattedrale

Che cos’è l’indulgenza? L’in-dulgenza è la remissione del-la pena temporale per i pec-cati già “perdonati” da Dio attraverso la Confessione.

Ogni peccato infatti comporta una colpa che è rimessa all’as-soluzione sacramentale nella Confessione e una pena che permane oltre l’assoluzione. Per estinguere il debito della pena temporale la Chiesa per-mette ai fedeli battezzati di accedere alle indulgenze. L’ indulgenza può essere parziale (è solo un passo nel cammino di purificazione) o plenaria, totale (com’è quella giubila-re), perché è una grazia stra-ordinaria che guarisce comple-tamente l’uomo, facendone una nuova creatura. Come si ottiene l’indulgenza giubilare?

Ci si deve prima di tutto acco-stare al sacramento della Pe-nitenza.Va poi compiuto un pellegri-naggio in una delle grandi Ba-siliche giubilari, a Roma, in Terra Santa e nelle Chiese de-signate in ogni diocesi.Nel visitare queste Chiese si deve partecipare alla Messa, oppure ad un’altra preghiera: Lodi, Vespri, Via Crucis, Ro-sario, Adorazione o preghiera personale concluse col “Pa-dre nostro”, la Professione di fede, la Preghiera a Maria. La preghiera va recitata secondo le intenzioni del Papa, a te-stimonianza di comunione con tutta la Chiesa.Ci si deve inoltre impegnare in opere di carità e penitenza che esprimano la conversione del cuore.

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mensile della Chiesa di Nola

Il capitolo III della Genesi per assaggiare la misericordia di Dio nelle parole dell’Antico Testamento

TRA VERITÀ E LIBERTÀdi Fernando Russo

Non è di sicuro sufficiente un solo articolo per poter trat-

tare in maniera esaustiva di un tema così difficile quale quello della misericordia di Dio nell’An-tico Testamento. Volendoci però provare credo sia utile partire dal campo semantico di riferimen-to della parola, dato dai termini hesed, emet e rahamim, rispet-tivamente benevolenza, verità e seno materno, per mostrare subi-to come il Dio misericordioso sia

un Dio che si coinvolge con la Sto-ria di Israele e si sporca le mani, un Dio che propone l’Alleanza e resta fedele, nonostante le in-fedeltà del popolo, un Dio che, nonostante i terribili affondi e le invettive dei Profeti, rimane un innamorato della sua creatura.

Per farci un’idea che non trag-ga semplicemente spunto dalle parole prima elencate e dai con-testi in cui esse assumono quella particolare sfumatura di signifi-

Gen 3,14-24

14Allora il Signore Dio disse al ser-pente:«Poiché tu hai fatto questo,sii tu maledetto più di tutto il be-stiamee più di tutte le bestie selvatiche;sul tuo ventre cammineraie polvere mangeraiper tutti i giorni della tua vita.15Io porrò inimicizia tra te e la don-na,tra la tua stirpee la sua stirpe:questa ti schiaccerà la testae tu le insidierai il calcagno».16Alla donna disse:«Moltiplicheròi tuoi dolori e le tue gravidanze,con dolore partorirai figli.Verso tuo marito sarà il tuo istinto,ma egli ti dominerà».17All’uomo disse: «Poiché hai ascol-tato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti ave-vo comandato: Non ne devi man-giare,maledetto sia il suolo per causa tua!Con dolore ne trarrai il ciboper tutti i giorni della tua vita.18Spine e cardi produrrà per tee mangerai l’erba campestre.19Con il sudore del tuo volto mange-rai il pane;finchè tornerai alla terra,perchè da essa sei stato tratto:polvere tu sei e in polvere torne-rai!».20L’uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.21Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e le vestì.22Il Signore Dio disse allora: «Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!». 23Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, per-ché lavorasse il suolo da dove era stato tratto. 24Scacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita.

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cato, proverò a commentare in breve una pericope abbastanza famosa del libro della Genesi, in cui si evidenzia cosa si intenda per Dio misericordioso o per mi-sericordia di Dio.

Il nostro brano è il capitolo III del libro della Genesi che, segue la bellissima descrizione della formazione dell’uo-mo, plasmato dalla pol-vere, e della donna, co-struita dalla ‘costola’, dal fianco vitale del pri-mo: una diversità in fieri che trova la sua ragion d’essere nella reciprocità per poter vive-re in piena felicità, si apre con la descrizione morale del ser-pente. Era la più astuta di tutte

le creature. Eppure, il vocabolo astuzia, in ebraico è harùm che ha una qualche assonanza con un altro vocabolo ebraico rum il cui significato è alto, elevato: sem-brerebbe quasi che l’astuzia con-tenga l’altezza o che, per essere astuti, bisognerebbe essere alti.

Il serpente è ad un gradi-no superiore. Guarda più lontano perché conosce già il punto verso il qua-le vuole condurre la cop-pia felice. Infatti, tutto si compie con una estre-

ma banalità. Basta un dubbio a mettere in crisi Eva, che torna a guardare l’albero, dopo le parole del serpente e, miracolo dei mi-racoli, finalmente lo vede. Non

che prima non lo vedesse. Ora, è uno sguardo tutto nuovo. Infatti, tra tutti i vocaboli che descrivo-no la bontà dell’albero, che è in mezzo al giardino, ce n’è uno, che significa desiderio e ambizio-ne allo stesso tempo. Il vocabolo in questione è tahawah. Potrem-mo, dunque, tradurre, scrivendo che l’albero era desiderabile per fare carriera. E la carriera di Eva e Adamo è l’essere o vivere come Dio. Presunzione delle presunzio-ni. Rifiuto dei rifiuti. Essere col-mo di ogni follia, come direbbe Qohelet.Le conseguenze di que-sta scelta le conosciamo molto bene, ma ci interessa capire in che modo questo Dio si muova e se il suo atteggiamento è coeren-te con la sua scelta di amare la sua creatura.Interessante è l’os-servazione secondo cui l’unico ad essere maledetto è il serpente. La donna viene punita con le gra-vidanze, con la debolezza fisica, rispetto all’uomo. Per quanto ri-guarda l’uomo, è maledetta la terra da cui è stato preso.

Al termine delle parole la cop-pia viene cacciata dal paradiso terrestre e, all’ingresso del giar-dino dell’Eden, vengono posti i cherubini con la spada fiammeg-giante, per custodire la via all’al-bero della vita. Perché l’uomo non si impossessi della vita e viva in eterno: Dio perdona Adamo ed Eva, ma li rende liberi di accet-tare le conseguenze della propria scelta. Nessun pietismo, nessun buonismo, ma la libertà di con-tinuare ad amare la propria cre-atura, nonostante la delusione. Infatti, al v.21 è scritto che Dio fece tuniche per Adamo ed Eva. Questo versetto è di una straordi-naria tenerezza: dice il prendersi cura nella nuova situazione, il ri-spetto di una nuova condizione, l’amorevolezza di una presenza, il nuovo respiro che accompagna l’uomo nella nuova situazione, l’ “ottimismo divino” che si traduce in una presenza che continua ad accompagnare e induce a guarda-re avanti.

Genesi 3,21Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna

tuniche di pelli e le vestì

Masaccio, La cacciata dall’Eden, particolare

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mensile della Chiesa di Nola

La misericordia dal Nuovo Testamento alla vita di oggi

LA COMMOZIONE VISCERALE DI DIOdi Ernesto Borghi

Per iniziare a conoscere la misericordia secondo i testi

del Nuovo Testamento occorre partire dai dati testuali più oggettivi possibili: le diverse parole che esprimono variamente questa nozione spirituale ed etica.

Tre sono i termini in questione:

oiktirmòs, éleos e splànchnon/splànchna.

Oiktirmòs: Per quanto concerne oiktirmòs, l’elemento di partenza è il verbo òizein, il cui significato non è altro che gridare oi, ossia proferire un’esclamazione di lamento quale è, appunto, quella espressa dal monosillabo citato. Il

Luca 10, 25-37

25Ed ecco, un dottore della Legge si alzò per metterlo alla prova e chiese: “Mae-stro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. 26Gesù gli disse: “Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?”. 27Costui rispose: “ Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua men-te, e il tuo prossimo come te stesso “. 28Gli disse: “Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai”. 29Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: “E chi è mio prossimo?”. 30Gesù riprese: “Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e cadde nelle mani dei brigan-ti, che gli portarono via tut-to, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciando-lo mezzo morto. 31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. 32Anche un levita, giunto in quel luogo, vide e passò ol-tre. 33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passando-gli accanto, vide e ne ebbe compassione. 34Gli si fece vi-cino, gli fasciò le ferite, ver-sandovi olio e vino; poi lo ca-ricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si pre-se cura di lui. 35Il giorno se-guente, tirò fuori due dena-ri e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. 36Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?”. 37Quello rispose: “Chi ha avuto compassione di lui”. Gesù gli disse: “Va’ e anche tu fa’ così”.

Rupnik, Il buon samaritano

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significato è in stretta connessione con l’area semantica della pietà solidale che scaturisce in seguito ad un grave dolore capitato ad altri.Il NT non registra molte volte la presenza del termine oiktirmòs. I passi relativi sono soltanto quattro e tutti tratti dall’epistolario paolino: 2Cor 1,3; Fil 2,1; Col 3,12; Rm 12,1.

Éleos: si tratta del sentimento che porta a commuoversi dinanzi alle sofferenze altrui e, per certi versi, a condividerle, insomma di una forma elevata di compassione. Éleos ricorre 27 volte, nel NT: 9 sono le attestazioni evangeliche (cfr. Mt 9,13; 12,17; 23,23; Lc 1,50.54.58.72.78; 10,37), 10 quelle variamente paoline (cfr. Rm 9,23; 11,31; 15,9; Gal 6,16; Ef 2,4; 1Tm 1,2; 2Tm 1,2.16.18; Tt 3,5), 8 quelle nelle lettere cattoliche (cfr. Eb 4,16; Gc 2,13(2); 3,17; 1Pt 1,3; 2Gv 1,3; Gd 2.21).

Oiktirmòs ed éleos si radicano nello stesso settore della medesima area semantica (condivisione intensa e pregnante delle vicende emotivamente intense degli altri), ma tendono a distinguersi, probabilmente l’uno nell’accentuazione della componente negativa (l’afflizione, la tristezza partecipe), l’altro di quella positiva (la commozione benevola, la gioia della condivisione), manifestando, comunque, una densa complementarietà.

Splànchnon/splànchna: i sostantivi in questione derivano da un originario splèn (= milza) e significano, in radice, viscere, cioè, quelle che, nell’antichità, erano reputate le sette parti nobili, ossia stomaco, cuore, polmone, milza, fegato, reni e, poi per estensione, anche l’intestino. Il muoversi nell’intimo queste parti interne è quell’esperienza molto concreta e profonda che si può tradurre con commozione viscerale.

Splánchna è attestato 11 volte, prevalentemente nell’epistolario paolino (oltre ai testi qui esaminati si vedano 2Cor 6,12; 7,15; Fil 1,8; Fm 7.12.20; altrove

solo in Lc 1,78; At 1,18 e 1Gv 3,17) e comune denominatore di queste attestazioni è la grande intensità di ordine affettivo che viene manifestata. Degna di particolare attenzione è, invece, la presenza, essenzialmente nei vangeli, del verbo splanchnízesthai. Questa forma compare, all’aoristo passivo, 10 volte nell’intero NT (cfr. Mt 9,36; 14,14; 20,34; Mc 1,41; 9,22; 18,27; Lc 7,13; 10,33) ed esprime un’emozione fisica, una autentica compassione davanti allo stato miserevole del prossimo, letteralmente un movimento di viscere, suscitato dalla vista.

Proviamo ora a fare un piccolo percorso di lettura. Si vada a prendere un’edizione della Bibbia e si legga il passo di Luca 10,25-37. Nella parabola dei vv. 29-37 è censurata una pratica religiosa che, per timore dell’impurità rituale o per una considerazione abnorme del culto rispetto alla vita extra-cultuale, rende incapaci di vedere altri esseri umani in difficoltà e di aiutarli tempestivamente (i due “funzionari religiosi” ebrei che non si fermano ad assistere chi soffre in mezzo alla strada ne sono due esempi). Il samaritano che arresta il suo viaggio e si fa carico delle sofferenze di chi è in mezzo alla strada, agisce così perché sente un’esigenza intima che dalle viscere. Il verbo in questione è l’aoristo passivo esplanchnísthe (= lett. fu preso alle viscere), della radice del termine splánchnon. Si tratta, quindi, di una compassione tanto fisica quanto globale, che motiva il samaritano all’azione solidale. Chi si mostra disponibile all’aiuto è una persona certamente impura, secondo i criteri religiosi familiari ai due uomini che hanno deciso di passare oltre, così come lo era probabilmente, a causa di quanto gli era successo, l’uomo malmenato dai briganti. Il principio della purità ritual-religiosa appare di nessun rilievo rispetto alla necessità

di intervenire a favore di chi ha evidentemente bisogno di aiuto.

D’altra parte la solidarietà direttamente e personalmente attuata dal samaritano non è monocorde e neppure sine die. Essa ha dei limiti nella necessità sua di proseguire il viaggio (cfr. v. 35b) e il racconto termina con un’azione aperta e una conclusione aperta, in cui il dottore della Toràh può agire o meno nella linea delineata dalla narrazione, anche se, comunque, la parabola stessa appare una finestra dalla quale si può vedere la nuova creazione, ossia la via della pienezza della vita, fatta di solidarietà immediata e concreta.

Sarebbe assai utile che lettrici e lettori riprendessero i riferimenti alla nozione di misericordia che ho proposto nella prima parte di questo articolo. Dopo aver letto con attenzione anzitutto quelli relativi ai quattro vangeli per capire che cosa dicano quei brani in sé, tutti potrebbero chiedersi: quale differenza c’è tra la misericordia di cui parlano questi testi biblici e quella che io vivo nella mia esistenza?

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mensile della Chiesa di Nola

‘Misericordia’ sembra sempre più quella parola necessaria per ritessere la società

A CHE SERVE QUESTO GIUBILEO?di Alfonso Lanzieri

Comunque la si pensi, il pontificato di Papa Francesco

si qualifica per la sua capacità di generare ascolto al di fuori delle mura metaforiche della cristianità. Certo, il Pontefice romano è una di quelle poche figure di leader religioso la cui voce conosce una eco pressoché mondiale. Ma l’attuale interprete del ruolo, Jorge Mario Bergoglio, è senza dubbio singolarmente capace di generare dibattito o per lo meno interesse nelle file di quelli che noi “cristiani praticanti” siamo soliti chiamare i “lontani” (termine insopportabile, lo so). In quest’ottica, e al netto degli aspetti squisitamente spirituali e sacramentali, l’attuale Giubileo

della Misericordia ha il merito di porre a tutti noi (quindi anche ai “lontani”, che a onor del vero sono pure la maggioranza) un tema penetrante e urgente. A osservarla bene, infatti, la società nella quale viviamo, che si vuole così libera e liberante, così dolcemente indulgente con le fragilità e i vizi personali, è in verità spesso il regno di implacabili intransigenze, di una impietosa lotta ad esclusione in cui il minimo cedimento non è permesso.

Il nostro contesto sociale così mediaticamente gay-friendly perdona forse un adolescente insicuro, magari dalla sensibilità più acuta di quella dei suoi

coetanei, senza prenderlo in giro perché non appare adeguatamente guascone come quei bulli che lo irridono? Gli ambienti che di solito frequentiamo sono tanto misericordiosi verso coloro che vivono disagi psicologici, o non è forse vero che la battutina è dietro l’angolo, che al minimo sintomo di disadattamento partono subito le sentenze collettive “quello è proprio uno scoppiato” o “quella non sta bene con la testa”, che allargano inesorabilmente il cerchio della solitudine della povera vittima? Quanto sono misericordiosi i nostri rapporti interpersonali, nei quali spesso confondiamo fatica con fallimento e mandiamo tutto

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all’aria appena il propellente passionale degli inizi comincia (com’è ovvio a un certo punto) a scarseggiare?

Quanta misericordia è concessa a un padre di famiglia tra i quaranta e i cinquant’anni che viene licenziato? Chi lo riassume oggigiorno? Quanta poca misericordia, ancora, nel sadismo soft di certe filosofie aziendali – ormai diventate la nostra stessa psicologia, in qualche caso anche dentro la Chiesa – che ti costringono ad essere costantemente “raggiungibile” perché c’è sempre una presenza da assicurare, un evento da organizzare, un affare che non può sfumare; che ti costringono a pranzare in dieci minuti, in piedi, accanto a perfetti sconosciuti; e tutto questo, spesso, senza alternative perché fuori della porta della ditta c’è la notte più nera.

C’è misericordia poi per i giovani? A molti di questi il mondo del lavoro chiede credenziali formative sempre più specializzate - lauree in

università prestigiose, master qualificanti, esperienze all’estero etc. – il cui ottenimento è sempre meno nelle disponibilità delle famiglie “normali”: da un lato, infatti, aumenta la distanza tra le poche famiglie ricche detentrici della maggior parte delle risorse economiche e il resto della popolazione, dall’altro gli strumenti redistributivi scarseggiano. Per i giovani figli della ex classe media, poi, oltre al danno, la beffa di essere colpevolizzati per non essersi formati abbastanza, fregati da un concetto pur nobile come quello di “meritocrazia”.

E così una elite di supermanager lascia il posto a una elite di superlaureati, una specie di oligarchia nepotista difficile pure da individuare. Fuori di questa, il resto dei ragazzi s’arrangia come può.

Circola, infine, misericordia, nelle parrocchie, nelle chiese, tra i credenti? Non siamo anche noi implacabili nel puntare il dito? Non siamo magnificamente lucidi e arguti quando si tratta di

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analizzare i difetti (veri) dei nostri fratelli e, sorprendentemente, perdiamo ogni sagacia quando si tratta di metterne in luce le doti, la dedizione, il bene?

Il contesto sociale in cui viviamo, ho detto all’inizio, si presenta come massimamente indulgente con noi, “vivi e lascia vivere” è il suo motto: come sembra liberante tutto ciò! In realtà, il suo incessante invito “fai quel che vuoi” sembra in verità più “fai quel che vuoi: purché non mi scocci”. Ecco perché, se da un lato sembra ci perdonino (e ci perdoniamo) tutto, dall’altro nessuno ci perdona nulla, poiché viviamo un po’ tutti come degli estranei (quando non come dei nemici): allora l’accondiscendenza diffusa mostra la sua vera faccia. Non ha niente a che fare con la misericordia, ma è nient’altro che uno dei volti dell’egoismo. “Misericordia”, dunque, riappare sullo sfondo come quella parola della quale abbiamo urgente bisogno per ritessere i legami: coglieremo questa possibilità?

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mensile della Chiesa di Nola

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11dicembre 2015

Policoro: una presente profeziaL’incontro diocesano a vent’anni della nascita Progetto Policoro voluto da don Mario Operti

La casa di FrancescoIl progetto vincitore della quinta edizione del concorso Cei “I feel Cud”

Eccellenze locali: arte e spiritualitàNel Duomo di Nola la Madonnina di Expo 2015

Ecco il nostro “Sì” Festa dell’adesione dell’Azione Cattolica diocesana

Tra arte e poesiaUna raccolta di poesie e una mostra per riaffermare il fascino e il mistero del presepe

In Diocesi

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dicembre 201512

mensile della Chiesa di Nola

Vent’anni di storia: dall’idea ai gesti concreti. Questo il tema

dell’evento che si è svolto presso lo storico Salone dei Medaglioni del Palazzo vescovile, lo scorso 10 dicembre a Nola.

L’incontro è avvenuto a pochi giorni da un appuntamento ancor più importante che ha visto l’intera grande famiglia Policoro muoversi verso Roma per riunirsi attorno al Santo Padre e festeggiare con lui il ventesimo anniversario della nascita del Progetto nato subito dopo il Convegno ecclesiale nazionale di Palermo: l’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro, il Servizio Nazionale di pastorale giovanile e la Caritas Italiana si incontrano infatti a Policoro

(MT) il 14 dicembre del 1995 con i rappresentanti diocesani di Calabria, Basilicata e Puglia per riflettere sulla d i s o c c u p a z i o n e giovanile e dare il via ad un’ iniziativa ecclesiale fondata sulla presenza ai vari livelli dei tre uffici promotori, che assieme alle associazioni e con l’apporto competente degli animatori di comunità agissero in sinergia per evangelizzare, educare, esprimere gesti concreti.

Vent’anni di cammino e di

idee che, una dopo l’altra, hanno portato frutto trasformandosi in gesti concreti. Anche a Nola,

tra le prime diocesi ad abbracciare il sogno di don Mario Operti, dove, come ha ricordato don Giuseppe Autorino, tutor del Progetto in diocesi, 13 sono i gesti concreti nati e oltre 700 posti di lavoro creati, fonte di sostentamento per circa 400 nuclei familiari.

Direttori e tutor, insieme agli

animatori di comunità, senior e attuali, ai gesti concreti,

L’incontro diocesano a vent’anni della nascita Progetto Policoro voluto da don Mario Operti

POLICORO: UNA PRESENTE PROFEZIAdi Michela Ilenia Ambrosino

I tre gesti presentati il 10 dicembre: Azienda Agri-cola Francesco Sodano

specializzata nella produ-zione e trasformazione di noci, nocciole, olio e vino; l’associazione Smile Ani-mation che si occupa di

educazione e accoglienza; il Consorzio Genesy che offre servizi logistici in

outsourcing. La storia di questi ed altri ‘miracoli’ può essere letta su www.

progettopolicoro.it

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13dicembre 2015

in diocesiai membri dell’équipe e ai collaboratori si sono ritrovati dopo vent’anni alla presenza del vescovo mons. Beniamino Depalma che ha espresso la sua gratitudine per l’opera svolta nel corso di questi anni e ringraziato quanti hanno sempre creduto in questo sogno, divenuto, oggi, un insieme di gesti ma soprattutto ha chiesto ai giovani di essere protagonisti della propria vita, del proprio territorio, del proprio futuro, senza lasciarsi sopraffare dallo scoraggiamento e dalla rassegnazione, perché, ha sottolineato, qualcosa si può sempre fare.

Ne sono la prova i tanti giovani, caparbi e volenterosi che, anche grazie a Policoro, di sogni ne hanno realizzati, così come ci hanno raccontato tre dei gesti concreti presenti. Tre realtà ed esperienze differenti, che però, allo stesso modo, hanno sperimentato la presenza costante del tutor, l’accompagnamento sempre operoso degli animatori di comunità, e la generosità con cui équipe e collaboratori hanno messo e mettono a disposizione, nella gratuità, le proprie competenze.

Interessante e formativo è stato anche l’intervento del Presidente dell’Azione Cattolica diocesana e stimato giornalista di Avvenire, Marco Iasevoli, che, in questa occasione come in passato, ha voluto mostrarsi vicino alle iniziative di quella che è una preziosa realtà di Chiesa: le sue parole ci hanno permesso di approfondire una questione fondamentale per la buona riuscita dell’azione del Progetto e cioè l’importanza di fare rete ma anche di assumere un impegno: promuovere, insieme, bandi di progettazione sociale in tutte le parrocchie.

Al termine della serata, i gesti concreti presenti hanno sigillato la propria appartenenza al Progetto Policoro, sottoscrivendo un Codice Etico attraverso cui i tre Uffici Pastorali hanno voluto identificare i valori essenziali che devono animare l’agire quotidiano dei gesti concreti e di coloro che entrano in collaborazione con essi.

Grati a Dio per questi primi

Il Policoro a Roma da Papa Francescodi Giuseppina Orefice

Quella per i vent’anni del Progetto Policoro - promosso dai tre uffici pastorali nazionali (Pastorale del lavoro, Giovanile e Cari-tas) a Policoro, paesino della provincia di Potenza, dopo il Con-vegno di Palermo nel 1995 - è stata un’udienza sui generis. Il Santo Padre ha incontrato i territori, i giovani Animatori di Comunità del Progetto Policoro provenienti dalle diverse diocesi italiane, l’equipe diocesana, i Vescovi e quanti hanno incontrato il Progetto Policoro nel corso del proprio cammino. Animatori e Gesti Concreti sono stati al centro della giornata che è iniziata con i racconti di alcuni progetti avviati grazie all’ac-compagnamento del Progetto per supportare i giovani nel mon-do del lavoro, e si è conclusa con le penetranti parole di Papa Francesco. Parole penetranti non perché nell’aula facesse freddo anzi, il calore dei presenti era davvero un fuoco acceso di gioia e di speranza; parole penetranti e taglienti perché papa Francesco non ha utilizzato mezze misure per farle arrivare dritte al cuore dei presenti: “il lavoro è un diritto di tutti, non solo dei racco-mandati”. Il Santo Padre con tenerezza e dolore ha evidenziato che il Pro-getto Policoro può donare la speranza e la vocazione al lavoro ai giovani di oggi, soprattutto ai tanti che trascorrono, inoccupati, lunghe giornate in balia della noia. Infatti, sempre di più sono i giovani ammalati di depressione che hanno bisogno di amore e riscatto: “loro - ha ricordato France-sco - sono nostri figli, sono nostri fratelli, sono la nostra carne, sono la carne di Cristo ed è per loro che dobbiamo adoperarci, per la loro dignità”. Lunedì erano 120 le persone della nostra diocesi che con due pullman hanno raggiunto Roma e sono stati presenti all’udienza; 50 erano componenti dei 13 gesti concreti della nostra diocesi. È stata un’ottima occasione quella dell’udienza per arrivare alla tomba di Pietro attraversando la Porta Santa in quest’anno della misericordia. I Gesti Concreti hanno avuto modo poi di conoscersi meglio du-rante il viaggio e raccontare agli altri la propria esperienza non nascondendo le difficoltà e allo stesso tempo la gioia di operare per un’economia solidale. Con grande orgoglio l’azienda agricola di Francesco Sodano è stata scelta insieme ai gesti concreti di altre diocesi italiane per la fornitura di un loro prodotto (barattolo di cioccolata) offerto in dono ai partecipanti all’udienza, circa quattromila persone. Hanno preso parte alla giornata anche gli animatori senior del Progetto Policoro della nostra diocesi: Raffaele Meo, Elena Seri-no, Mara Russo, Michela Pascià e la sottoscritta per testimoniare che il mandato di Animatore di Comunità, che ufficialmente ha una durata di tre anni, non scade come un contratto, ma Polico-ro se ti tocca davvero, è una missione che dura per sempre e si rinnova ogni giorno.

venti anni di servizio al prossimo e al territorio confidiamo in Lui affinché la storia diocesana e non del Progetto Policoro, continui la sua corsa facendosi sempre più strumento di dialogo tra

realtà ecclesiali, istituzionali e associative, un dialogo che punti alla valorizzazione dell’uomo nella sua interezza e al raggiungimento del bene comune.

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mensile della Chiesa di Nola

Il progetto vincitore della quinta edizione del concorso Cei “I feel Cud”

LA CASA DI FRANCESCO di Alfonso Lanzieri

Solidarietà concreta, attenzione ai bisogni del territorio, carità

non episodica ma organizzata: questi alcuni degli ingredienti di fondo del progetto “La casa di Francesco” col quale la Parrocchia di San Francesco di Paola di Scafati si è aggiudicata la quinta edizione del concorso della Cei “I feel Cud”, iniziativa tesa a sensibilizza le comunità a farsi partecipi del sostegno economico alla Chiesa con l’8xmille. L’intento del concorso è favorire l’ideazione di progetti di utilità sociale che migliorino la vita delle parrocchie e organizzare raccolte di schede allegate al modello Cu (ex Cud), in busta chiusa, tra coloro che sono esonerati dall’obbligo della dichiarazione dei redditi perché le firme possano far crescere opere sul territorio. I vincitori sono stati scelti dalla giuria del Servizio promozione della Cei. La migliore proposta di intervento sociale è stata appunto quella elaborata dalla Parrocchia di San Francesco di Paola, e in particolare dell’Associazione Emmaus che fa parte nella comunità parrocchiale, per il suo piano di prima accoglienza “La Casa di Francesco. Dove mangiare, dormire, lavarsi” che ottiene un contributo di 15 mila euro. I fondi Cei serviranno a ristrutturare i locali parrocchiali per creare un dormitorio, una mensa e una sala per le visite mediche.

La sera del 4 dicembre scorso, alla presenza del Vescovo di Nola, Beniamino Depalma e del sindaco di Scafati Pasquale Aliberti, è stato dato ufficialmente inizio ai lavori. Nel suo discorso Don Giuseppe De Luca, parroco di San Francesco di Paola, non ha nascosto i sentimenti generati dal lieto evento: «Questa sera ci sono tutte le emozioni dei cominciamenti. Assomigliamo, questa sera, a quelle coppie di innamorati che pensano alla loro vita insieme, al loro nido d’amore, alla loro casa. C’è

l’apprensione di chi costruisce, l’ansia di ci ha fretta di finire, la gioia di chi può progettare la vita insieme». Ha voluto ricordare il cuore del progetto: «È il Signore che vogliamo mettere al centro in questa nostra esperienza! Solo dall’amore incondizionato del Padre scaturisce il nostro essere fratelli. La fraternità trova soltanto nel Signore la propria origine». A partire dalla fede in Dio «sapremo insieme trovare la strada che ci porta ad inginocchiarci ai piedi dell’umanità sofferente. Sapremo riandare alle fonti della nostra chiesa diocesana quando Paolino e Terasia costruirono la loro casa sulla casa dei poveri. I poveri come fondamento della nostra comunità Il cammino percorso

finora dagli amici del MASCI II, che ringrazio a nome di tutta la comunità, è consegnato a tutta la comunità parrocchiale; insieme, ora, portiamo avanti lo sforzo per la realizzazione di quest’opera; insieme prepariamoci a mostrare la cura del Padre ai tanti che busseranno alla porta della nostra comunità.

La Casa di Francesco è la casa di ognuno di noi, è il luogo dove esercitarci ad essere figli, fratelli, padri e madri. È la casa della misericordia che porta il nome del nostro santo vecchio e del Papa “dolce Cristo in terra”; Francesco come il poverello di Assisi che piangendo gridava “l’Amore non è amato”. Questa è la casa dell’Amore, questa è la casa in cui s’impara ad amare!».

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in diocesiNel Duomo di Nola la Madonnina di Expo 2015

ECCELLENZE LOCALI: ARTE E SPIRITUALITÀdi Redazione

L’8 dicembre scorso, solennità dell’Immacolata Concezione,

la Chiesa di Nola ha aperto l’e-sposizione dedicata alla statua della Madonnina di Milano, rea-lizzata dalla Fonderia Nolana Del Giudice in collaborazione con la Veneranda Fabbrica del Duomo. Si tratta della riproduzione in formato reale della statua della Madonnina che dall’alto della Gu-glia Maggiore del Duomo domina Milano realizzata per l’Expo.

Nel padiglione di Rho-Fiera, di Expo 2015, infatti, la statua della Madonnina ha accolto i visitatori dalla cima di una scalinata e con una cascata d’acqua alle spalle permettendo loro di ammirare da vicino sfumature e dettagli della Madonnina, normalmente inaccessibili vista la locazione abituale. La copia della statua, placcata in oro e alta 4,16 metri, è stata realizzata con la tradizio-

nale tecnica della fusione a cera persa e rappresenta fedelmente la statua di Giuseppe Perego. Ve-diamo come.

Anzitutto, il modello in scala della Madonnina è stato realiz-zato partendo dalla scansione 3D dell’opera originale, attraverso la quale è stata guidata l’azione di un robot antropomorfo a sei assi capace di leggere i numeri del modello 3D e replicare material-mente l’opera su blocchi di poli-stirolo, fresando strato per strato la materia in eccesso. I dettagli di tali blocchi – che compongono l’u-nico modello in scala reale della Statua – sono stati, poi, ritoccati a mano dagli esperti artigiani del-la Fonderia Nolana Del Giudice.

Sul blocco in polistirolo, poi, è stato costruito un calco: sulla su-perficie del modello è stato appli-cato uno strato di gomma siliconi-ca elastica in grado di catturare

l’impronta di ogni particolare e costituire il negativo dell’opera. È stato poi creato un supporto in gesso per conferire consistenza a tale struttura.

Completato il calco, questo è stato aperto per procedere all’e-strazione del modello in polisti-rolo al suo interno. Al negativo in gomma siliconica, una volta ripo-sto nella sua struttura in gesso, sono stati applicati due strati di cera che hanno formato il primo positivo dell’opera.

A seguire, poi, l’essenziale passaggio del ritocco delle cere, eseguito da una sapiente mano artigiana, è fondamentale per eliminare qualche imperfezione e definire meglio i dettagli.

Successivamente, la fase detta della preparazione e cottura del-la Statua della Vergine che con-sta di due momenti: uno di pre-parazione alla cottura – i canali di colata in cera hanno coperto il materiale refrattario, forman-do un involucro resistente alle elevate temperature della for-nace – e uno di cottura vera e propria: l’insieme dei materiali è stato esposto a temperature che raggiungono 650°, che fanno eva-porare la cera all’interno (da qui cera persa), creando una cavità nel blocco di refrattario.A questo punto il bronzo, portato a una temperatura di 1.200°C, è sta-to versato all’interno della “for-ma” di materiale refrattario e, scorrendo dall’imbuto nei canali formati dalle “colate” scompar-se, ha riempito l’intera interca-pedine prima occupata dalla cera ormai sciolta. Il bronzo è stato ulteriormente lavorato e rifini-to. Come la statua della Vergine sulla Guglia Maggiore del Duomo, anche la copia della Madonnina è stata dorata a mano con 4.750 fogli d’oro giallo 24k a copertura dell’intera superficie, mantenen-do così caratteristiche di fedeltà rispetto al modello originale.

La famiglia Del Giudice con il vescovo Depalma davanti alla riproduzione della Madonnina del Duomo di Milano

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mensile della Chiesa di Nola

Domenica 8 dicembre, festa dell’Immacolata Concezione,

l’Azione Cattolica ha celebrato l’adesione dei suoi soci in tutta Italia. In ogni parrocchia dello stivale in cui è presente l’AC, i soci hanno potuto rinnovare (o esprimere per la prima volta) la propria adesione all’associazione, ricevendo la preziosa tessera, segno concreto dell’appartenenza e dell’impegno ecclesiale assunto.

Giusy Fabbrocini di Terzigno e Roberta Ragozzino di Scafati ci raccontano rispettivamente l’esperienza di una parrocchia che aderisce ex-novo e quella di una comunità “storica” dell’AC diocesana.

Giusy FabbrociniDomenica 13 dicembre 2015,

durante la messa vespertina in presenza del Vescovo Beniamino Depalma, del Parroco Don Antonio Fasulo, del Presidente diocesano dell’Azione Cattolica Marco Iasevoli e della gran parte della comunità, un cospicuo gruppo della nostra famiglia parrocchiale dell’Immacolata Concezione di Terzigno, ha aderito ufficialmente all’Azione Cattolica. Il nostro “Sì” non è stato una mera formalità all’interno di una Celebrazione Eucaristica, per me è stato un “Sì” sincero e sentito, la testimonianza in ciò che ognuno di noi crede ed ha a cuore in quanto laico, è stata una risposta ad una chiamata a diventare attivi collaboratori. Mi è capitato poche volte di essere così emozionata: all’inizio era un’emozione difficile da spiegare che poi si è tramutata in una consapevolezza, la consapevolezza che ora sono chiamata a testimoniare la mia fede non solo in parrocchia ma anche al di fuori, non che prima non lo facessi, ma ora ne sento ancor più il dovere, la necessità. Sono io che porto la mia fede nel mio mondo, nelle relazioni con gli altri. Ed è proprio quello che ha detto il Vescovo nell’omelia: l’Azione Cattolica insegna il rispetto e la carità, non intesa

Festa dell’adesione dell’Azione Cattolica diocesana

ECCO IL NOSTRO “SÌ”come elemosina, ma come amore verso l’altro; dobbiamo avere un’attenzione verso il prossimo sentendolo come fratello. Quindi, citando sempre il Vescovo, dobbiamo guardare all’Azione Cattolica come speranza rivolgendoci ad essa come tale. Le parole di Padre Beniamino in me, come in tanti altri, hanno accresciuto quel senso di responsabilità già presente in noi, il sentirsi dire che noi laici siamo una parte fondamentale della Chiesa mi ha fatto pensare che in fondo, siamo dei piccoli tasselli di un grande puzzle e che per completare l’opera c’è bisogno di tutti. L’adesione, per me, è stata in parte il punto di arrivo di un percorso di preparazione e, nel contempo, metaforicamente parlando, l’inizio di un viaggio accompagnato da tanto di biglietto, la tessera, l’uno conseguenza dell’altro: ma non basta l’adesione, occorre essere membri attivi. Aderire è stato un atto di responsabilità non solo quella a cui educa l’Azione Cattolica, ma una responsabilità vera e propria, un impegno preso, un impegno che mi porta ad essere attenta alla crescita delle persone che non solo incontro ma, in quanto educatrice dei giovanissimi, che mi sono state affidate. Recitare la preghiera dell’Adesione ha suscitato un’emozione condivisa: l’impegnarsi di fronte al Vescovo, al Parroco ed alla comunità tutta, ci ha colmati di responsabilità che ognuno di noisentiva, esplicitandola nelle tante voci che tradivano l’emozione e nelle gambe tremanti. C’era una gioia ed un entusiasmo che riempiva ancora di più la Chiesa già gremita, e ciò mi ha fatto sentire ancor di più parte di un gruppo coeso nonostante abbiamo avuto una formazione differente. Credo che il merito sia anche dei nostri formatori che ci hanno trasmesso la vera essenza dell’Azione Cattolica “…educarci reciprocamente alla responsabilità, in un cammino

personale e comunitario di formazione umana e cristiana”. Ora, seguendo il tema di quest’anno, il treno dell’Azione Cattolica è arrivato anche a Terzigno e noi siamo pronti a ripartire con esso.

Roberta RagozzinoL’Azione Cattolica Santa Maria

delle Vergini di Scafati incomincia a prendere corpo nei primi decenni del secolo scorso, L’opera di apostolato laicale è stata realizzata nel corso degli anni grazie all’abnegazione di tante donne che hanno consacrato la loro vita alla causa della religione e che ancora oggi se ne conserva memoria dei loro nomi quali: Giuseppina D’Andria, Rachelina Vitello, Olimpia Vitello, Anna Mola, Maria Fienga e Virginia

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17dicembre 2015

in diocesiPesce. Oggi, quindi, l’AC Santa Maria delle Vergini raccoglie un’eredità, un tesoro prezioso consegnato da uomini e donne, testimoni del Vangelo, che hanno saputo fino in fondo essere interpreti dei segni dei tempi.

Oggi l’Azione Cattolica parrocchiale continua nella sua missione di laicità impegnata a vivere l’esperienza di fede, l’annuncio del Vangelo e la chiamata alla santità. Attualmente l’AC SMDV è costituita da numerosi tesserati e simpatizzanti che partecipano assiduamente alle attività associative e parrocchiali. Tutti gli aderenti, iniziando dalla presidente, si impegnano quotidianamente a vivere la propria vocazione missionaria lavorando e collaborando con l’attuale parroco Don Giovanni De Riggi e i religiosi presenti nella parrocchia. Forte è la volontà di costruire percorsi di comunione con le altre aggregazioni laicali

presenti in parrocchia e sul territorio scafatese, questo in fedeltà a quanto il Concilio ha chiesto a tutti i laici. Un momento centrale per l’Azione Cattolica è l’appuntamento annuale dell’Adesione e quindi al tesseramento di tutti i soci; anche quest’anno, come in tutta Italia, nel giorno dell’8 dicembre, festa di Maria Immacolata, l’AC SMDV di Scafati ha rinnovato il suo convinto “SI”; quest’anno è stato un “sì” all’Ac, nel segno del Giubileo, infatti la festa dell’adesione è coincisa con l’apertura dell’Anno Santo della Misericordia che Papa Francesco ha voluto donare a tutta la Chiesa.

Una straordinaria convergenza di eventi per dire con più forza nelle nostre comunità parrocchiali e diocesane il nostro “sì” all’Associazione e alla chiamata a servire la Chiesa nel mondo di oggi. Questo momento è vissuto annualmente come una scelta di libertà e responsabilità

effettuato di fronte alla comunità e per la comunità. Quest’anno, grazie anche al momento congiunturale in cui viviamo, la festa dell’adesione è stata sentita in modo particolare da tutti i tesserati a partire dai piccoli agli adultissimi; nei rispettivi incontri settimanali è emerso con forza la volontà di gridare al mondo l“Io ci sono” adesso, in questo momento storico; un “Io ci sono” per delle relazioni vere e familiari in cui si sperimenta la bellezza e la tenerezza come stile di vita;un “Io ci sono” per l’incontro con le periferie e le relative difficoltà; un “Io ci sono” per stare si, “dentro la vita”, ma “in uscita”, per stare al fianco del prossimo che ci sta vicino, dello straniero, dell’immigrato che ha bisogno di accoglienza, di chi è in difficoltà in termini economici, senza dimenticare chi ha bisogno anche solo di una parola; in definitiva un “Io ci sono” come ha fatto Maria che si “Alzò e andò in fretta”.

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mensile della Chiesa di Nola

Non c’è immagine più efficace per far memoria del Natale che

quella del presepe. E proprio a questo potente

strumento di evocazione ‘carnale’ del passato è stata dedicata una suggestiva serie di poesie a firma di Fortuna Dubbioso. “La Poesia del presepe” il titolo della raccolta presentata lo scorso 2 dicembre a Nola, presso la Chiesa del Gesù che in contemporanea si trasformava in sfondo per la mostra di presepi artigianali realizzati da Cesare Dubbioso.

All’evento hanno partecipato la prof.ssa Susy Barone che ha introdotto i contenuti della raccolta cogliendo la simbologia e il significato del presepe nello scorrere del tempo, la prof.ssa Elena Silvestrini che ha dato lettura di alcune poesie e la dott.ssa Ilaria Pizza che ha effettuato una descrizione puntuale e suggestiva dei vari scenari rappresentati nelle creazioni presepiali esposte.

La struttura dell’opera trova il suo filo conduttore in una cronologia temporale che segue l’evoluzione introspettiva dell’uomo e dei suoi valori. Nella prefazione del testo viene esaltato il valore della poesia, quindi della creazione e del suo carattere evocativo di

sentimenti e riflessioni. La lettura critica della raccolta, a cura della prof.ssa Susy Barone, ha posto l’accento sulla magia del Natale, capace di richiamare l’uomo alla fede, di ricondurlo a quei valori di purezza custoditi dalla tradizione: la famiglia, lo spirito di unione e di comunità che trova il suo perfetto riscontro nelle opere presepiali. La riscoperta di questi valori può però avvenire soltanto attraverso un percorso interiore da parte di ogni uomo, volto a far riemergere il bambino che è in ognuno di noi. Non a caso la scrittrice trova la sua ispirazione nella rimembranza di un evento che ha segnato la sua infanzia: il 1 dicembre di ogni anno, data in cui era solita dedicarsi alla costruzione del presepe insieme al nonno. Un ricordo forte, carico di emozioni e sentimenti, ma anche da un senso di nostalgia, dato il vuoto di certi valori nel presente.

L’analisi della prof.ssa Barone ha messo poi in evidenza uno dei temi principali della raccolta: la cecità dell’uomo di oggi, risucchiato dal consumismo natalizio, da quel meccanismo sfrenato ed alienante di produzione che fa dimenticare cosa spesso c’è al di sotto di tale produzione: mani di bambini che

vengono sfruttati... dimenticanza che a sua volta è il segno dell’ “assenza d’ amore” e dell’aridità di sentimenti di cui ci parla la scrittrice.

La lettura dei testi effettuata dalla prof.ssa Elena Silvestrini ha creato quell’atmosfera di calore che ha coinvolto gli spettatori-ascoltatori facendo sì che tutti si sentissero parte dello scenario di miracolo rappresentato dai presepi in mostra. Due liriche, in particolare, hanno avvolto i presenti in un clima di estatica sospensione: “Ninna Nanna”, tutta rivolta alla contemplazione del Dio Bambino; “I miei auguri”, evocante l’atmosfera di attesa del Messia che destava stupore tra i pastori e che ancora oggi è foriera di “gioia” e “buon senso”…è proprio in questi ultimi versi che emerge la visione fiduciosa ed ottimistica che la scrittrice ha dell’avvenire.

La messa in luce di valori semplici e genuini nelle liriche ha trovato riscontro nella descrizione effettuata dalla dott.ssa Ilaria Pizza del presepe “Tempus fugit” realizzato dal Dubbioso nel 2014.

Il titolo dell’opera sta ad indicare lo scorrere veloce del tempo paragonabile alla corsa incessante che caratterizza l’uomo contemporaneo, corsa che però non conduce a nulla poiché la vita scorre ed ha senso solo in una “dimensione comunitaria” che trova la sua rappresentazione nei sentieri, nelle viuzze e nelle botteghe che caratterizzano il presepe…scene di vita quotidiana come ad esempio l’opera “L’antica locanda”, realizzata nel 2005: la locanda è luogo di incontro dove viaggiatori, sfiniti dalle fatiche quotidiane scambiano qualche parola, vo si respira la presenza di Dio, presenza connotata da calore ed affetto, lo stesso calore e lo stesso affetto che si respira nella fede rappresentata nella scena superiore del presepe, ovvero la natività.

Le poesie del libro sono accompagnate da immagini di presepi curate da Alfonso Coppola.

Una raccolta di poesie e una mostra per riaffermare il fascino e il mistero del presepe

TRA ARTE E POESIAdi Rosa D’Ambra

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19dicembre 2015

Una generazione narra all’altra La Comunità di San Gennarello di Ottaviano festeggia il 300° anniversario della fondazione

Al bar per pensareIl caffè teologico promosso dalla parrocchia di Mugnano del Cardinale

Una comunità per il suo territorioLa V Edizione della “Notte Bianca” in Santuario

La grazia del cammino La comunità di S. Maria delle Grazie di Scafati in festa per don Antonio Federico

In Parrocchia

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mensile della Chiesa di Nola

Era il 1716 quando mons. Fran-cesco Montella, protonotario

apostolico e membro del capi-tolo della Cattedrale di Napoli, costruì a sue spese, in un lem-bo di terra di sua proprietà, una cappella in onore di San Gennaro denominandola San Gennarello. Montella, uomo di fede e di cul-tura, ottavianese di origini, ha dato così inizio alla storia della nostra comunità. I coloni che abi-tavano nelle campagne di Ottaja-no (oggi Ottaviano) erano molto lontani sia dal centro abitato, sia dalla Parrocchia di San Giuseppe “alli Boccia”, (attuale San Giu-seppe Vesuviano), cui apparte-nevano. Montella scelse proprio questa piccola parte di fedeli per dare loro un’opportunità nuova, “un’identità” alquanto speciale, mettendo a disposizione le pro-prie risorse economiche. Intorno a quel fervido nucleo di fede, in-fatti, le famiglie hanno avuto la possibilità di stringere i vincoli di fraterna amicizia, si sono sentite quotidianamente curate e amate e così, pian piano, si sono senti-te una comunità. Alla morte del fondatore, avvenuta nel 1746, i nipoti don Giuseppe Maffettone, don Felice e don Aniello Cianci, continuarono l’opera impegnan-dosi affinché fosse eretta a par-rocchia nel 1755 e, grazie alla cospicua eredità lasciata da Mon-tella, costruirono poi la chiesa grande e bella che oggi possiamo ammirare.

A distanza di 300 anni, le nuo-ve generazioni di quell’antica co-munità, fanno memoria della ge-nesi, del vissuto e delle venture della stessa terra. È questo l’an-no in cui come comunità ci met-tiamo alla scoperta della nostra storia che, nel corso del tempo e dell’avvicendarsi degli eventi, ha lasciato e continuerà a lasciare segni visibili.

Le celebrazioni del nostro anno giubilare parrocchiale, hanno avuto inizio il 19 settembre 2015, memoria del martirio di San Gen-naro, inaugurate del nostro ve-scovo mons. Beniamino Depalma. In quest’occasione, il vescovo ha scosso le coscienze di ciascuno consegnando degli interrogativi forti. Egli ci ha esplicitamente chiesto di non fare chiasso, di non perderci nei fastosi festeggia-menti che hanno poca sostanza, ma di imparare l’atteggiamen-to del porsi in ascolto, del sapersi interrogare spesso con queste do-mande: “Quando una parrocchia è vera? Quando una parrocchia è viva? Quando una parrocchia è feconda? Quando la parrocchia è credibile? Quando una parroc-chia funziona?”. I nostri 300 anni di comunità, partono proprio da qui, dalle forti parole del vescovo che ogni giorno invitano l’uomo a riscoprirsi e sentirsi parte di que-sta comunità parrocchiale. Una parrocchia è vera quando ha la coscienza di essere la comunità del Risorto che si unisce intorno

a Lui; una parrocchia è viva quan-do a viverla ci sono persone cha annunciano il Vangelo con la pro-pria testimonianza, che fa vede-re Cristo senza mai sciuparlo; una parrocchia è feconda quando sa creare una sinergia, un’alleanza con le famiglie; una parrocchia è credibile quando diventa missio-naria ed esce andando laddove il mondo vive, dove l’uomo lavora; una parrocchia funziona quando diventa umile, offrendo e chie-dendo collaborazione. Non è for-se questo, ciò che il nostro fonda-tore ha auspicato per la comunità nascente 300 anni fa?

Nello scorrere del tempo, in tutti questi anni, le generazioni si sono messe a confronto, hanno operato per il bene di questa ter-ra contribuendo a renderla sem-pre più viva e bella.

Non sono mancate ferite e do-lori, ingiustizie e fallimenti, ma nonostante ciò, tanti uomini e donne di buona volontà con spe-ranza duramente hanno lavora-to e tutt’ora s’impegnano per il bene, per l’onestà, per migliora-re il vissuto del nostro territorio, per sostenere le nuove genera-zioni, costantemente consapevoli del molto che unisce e non del poco che divide.

“Una generazione narra all’al-tra le sue opere” (Sal 145,4)…il salmo che accompagna que-sto anno speciale è un resocon-to davvero unico di quanto stia-mo vivendo e celebrando, è un prezioso filamento della soave storia che si è vissuta, che oggi viviamo e che domani consegne-remo, in tutto il suo splendore, a chi verrà dopo. Scelto dal no-stro parroco don Raffaele Rian-na, questo salmo diventa così il motto del nostro anno giubilare che risuona nel cuore di quanti si sentono parte della comunità cri-stiana che vive in San Gennarel-

La Comunità di San Gennarello di Ottaviano festeggia il 300° anniversario della fondazione

UNA GENERAZIONE NARRA ALL’ALTRA di Osvaldo Iervolino

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21dicembre 2015

in Parrocchialo, diventa il motto delle famiglie che continuano ad annunciare le meraviglie di Dio, di quanti con il sudore della fronte incidono segni positivi nei solchi del nostro vis-suto.

La generazione che oggi è chia-mata a narrare la storia siamo noi e al tempo stesso viene chiesto ad ognuno di trasmettere a quan-ti incontriamo, la pienezza di ciò che abbiamo ricevuto. Attraverso il dialogo tutto si rende possibile, nel raccontarsi e nel raccontarci apriamo il cuore per fare spazio all’Altro e agli altri.

All’indomani dell’apertura dell’anno “centenario” della par-rocchia, il 27 settembre è stato inaugurato il Centro Ascolto della Caritas Parrocchiale, sottoline-ando l’importanza di sviluppare un’ampia attenzione verso quanti sono nel bisogno, verso chi cerca un posto dove raccontarsi per es-sere aiutato, guidato, considera-to. I volontari del Centro Ascolto hanno vissuto ben diciotto mesi di formazione spirituale e umana

sotto la preziosa guida della Cari-tas Diocesana. Questa esperienza è un significativo segno di comu-nione con tutta la Chiesa di Nola e ci permette di entrare concre-tamente nel cuore degli uomini, di aiutare tutti a vivere la testi-monianza della carità non solo come fatto privato ma soprattut-to come esperienza comunitaria e costitutiva della Chiesa.

Quanta grazia, quanta pie-nezza, quanta presenza di Dio nella vita di ogni uomo figlio di questa terra: l’anno giubilare è felicemente coinciso con l’Anno Santo Straordinario della Miseri-cordia indetto dal Papa France-sco e aperto l’8 dicembre scorso. In quella data, mentre il Santo Padre a Roma varcava la Porta Santa, nella nostra chiesa veniva proclamato il rescritto della Pe-nitenzieria Apostolica nel quale si apprendeva che in questo anno giubilare per la nostra parrocchia il Papa ha concesso l’Indulgen-za Plenaria nella forma stabilita dalla Chiesa e con gli stessi fini

spirituali previsti per il Giubileo della Misericordia. Nella solenni-tà dell’Immacolata Concezione di Maria, durante la Celebrazio-ne Eucaristica, il vicario generale della nostra diocesi don Pasquale d’Onofrio ha sottolineato il va-lore unico e speciale di questo singolare anno di grazia, sugge-rendoci di essere angeli, annun-ciatori e portatori di pace; an-geli che continuano a narrare le meraviglie di Dio che continua a rendersi presente qui e ora. Quali attese e quali speranze ha questa comunità? Cosa ci aspettiamo? Per concretizzare queste doman-de è opportuno vivere il presen-te facendo memoria del vissuto della comunità, riscoprendo il bene che è maturato nel tempo, ricordando gli uomini di fede che hanno lasciato un segno, pregan-do per i benefattori di ieri e di oggi. Come non rendere grazie al Signore per questi infiniti se-gni della sua presenza in mezzo a noi, per la sua paterna bontà ver-so una comunità quale la nostra.

Il caffè teologico promosso dalla parrocchia di Mugnano del Cardinale Al bar per pensaredi Giuseppina Orefice

Eravamo nel pieno degli esercizi spirituali quando arriva con un messaggio l’agghiacciante noti-zia della strage di Parigi. Gli esercizi guidati da don Luigi e don Aniello ci facevano riflettere sulla Misericordia: “Siate misericordiosi come il Padre Vostro”. Inutile sottolineare quanto siano state importanti le meditazioni per soffermarci su quanto stava accadendo fuori: la violenza, la paura, il terrore possono lasciare spazio alla misericordia? Noi siamo davvero capaci di opere di misericordia in questo mondo che mette costantemente alla prova il nostro agire umano? Il dio evocato di fronte a tanto male da che parte sta? L’accaduto e la riflessione ci hanno fatto ripensare alle volte in cui con don Giuseppe e altri gio-vani della parrocchia di Mugnano avevamo discusso su quanto potesse essere utile un incontro informale anche con i giovani lontani dalla vita della chiesa, ma che studiano e che lavorano, che amano leggere e confrontarsi e che sentono il bisogno di spiegare il loro punto di vista senza esse-re annoverati tra i credenti, come fedeli discepoli di Gesù o di Allah, ma giovani capaci ancora di riflettere e porsi domande. Un incontro che fosse utile anche per noi giovani parrocchiani che se da un lato troppo spesso siamo accusati di bigottismo senza che ci sia dato il tempo di raccontare la ‘normalità’ della parrocchia, dall’altro, presi da attività, canti e preghiere dimentichiamo che la vita di un buon cristiano si misura fuori dalle mura di una sacrestia. Da qui l’idea sostenuta da don Giuseppe di creare un ciclo di appuntamenti letterari e teologici, non per confutare dogmi o abbracciare un credo, ma semplicemente per ascoltare più punti di vista e tornare a casa con i pensieri in movimento, capaci quindi di catalogare nuove informazioni e altrui sollecitazioni per offrirci la possibilità di cambiare punto di vista o semplicemente rafforzare il nostro. Da questa lettura nasce l’esperienza del caffè teologico che dal 30 dicembre si svolgerà nel bar Il Caveau di Mugnano del Cardinale: un’occasione per aprire il confronto in un luogo insolito e ami-cale per affrontare anche temi forti quali: “Tutti Contro Tutti: Dio da che parte sta?” scelto per il primo incontro.

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dicembre 201522

mensile della Chiesa di Nola

Nella parrocchia-santuario Ma-donna Liberatrice dai Flagelli

di Boscoreale e nelle abitazioni vicine è possibile percepire, an-che ormai a distanza di qualche giorno, l’entusiasmo e la magia che si accompagnano ad un even-to che ormai è diventato tradi-zione per la nostra comunità: la rinomata “Notte Bianca in San-tuario”.

L’appuntamento, voluto forte-mente dal parroco Don Tommaso Ferraro, è ormai diventato una tradizione dal 2011 e nonostante il passare degli anni desta ancora stupore per le novità e il diver-timento che riesce ad offrire. La V edizione della “Notte Bianca in Santuario” si è tenuta lo scorso 13 dicembre, giorno di Santa Lucia: hanno partecipato molte compo-nenti della parrocchia alle quali Don Tommaso ha dato fiducia e li-bertà di espressione con l’intento di coinvolgere tutti.

L’evento ha avuto inizio alle ore 17:00 con la “casa di Babbo Natale” realizzata con l’aiuto dell’associazione KHIPU e la pre-senza delle mamme della comu-nità - che hanno organizzato un

mercatino - e dei più piccoli, i cui occhi erano incantati alla vista dello spettacolo di luci e colori, in particolare dall’incontro con Babbo Natale, arrivato su di una carrozza, offrendo la possibilità a tutti di scattare una foto-ricordo. Si respirava la vera magia del Na-tale.

Alle 19:30 gli ospiti si sono re-cati in Santuario: si entrava nel vivo della serata; si sono esibiti i giovani e giovanissimi della par-rocchia nel flash mob di “aggiungi un posto a tavola”, tratto dall’o-monima commedia musicale del 1973 con l’intento di far capire che per aggiungere un posto a tavola e raddoppiare l’allegria è necessario vivere la tavola con i nostri cari e i meno fortunati. La serata è stata rallegrata dai balli e canti messi in scena dall’acca-demia UPAM( Università popolare arte e musical) , diretta da Ina Perna dal 1980, che hanno susci-tato stupore e meraviglia negli occhi di tutti i presenti sfociati in applausi fragorosi.

Le esibizioni sono state apprez-zate da tutti, soprattutto dalle autorità presenti, dal Vescovo

Mons. Beniamino Depalma, dal Vi-cario generale della diocesi Mons. Pasquale D’Onofrio e dal Sindaco Giuseppe Balzano. Durante la se-rata è avvenuta la degustazione dei dolci di Natale preparati per il concorso culinario previsto per l’occasione. Il vincitore ha rice-vuto una targa di riconoscimento e cento euro. Suggestiva anche l‘esibizione delle voci bianche dei bambini della parrocchia che, guidati dalle suor , piccole an-celle di Cristo Re, hanno intona-to dolci canti natalizi con tanta gioia e tenerezza da risvegliare il bambino che è in ognuno di noi.

La chiusura della serata è av-venuta con il brano “Libiamo ne’ lieti calici”, tratto dalla Traviata di Verdi, eseguito dal nostro coro parrocchiale.

Sorrisi, allegria e fratellanza sono stai alcuni degli elementi che hanno caratterizzato la se-rata. Sebbene la realtà in cui vi-viamo non è vista in modo roseo dall’esterno, noi abbiamo cerca-to e cerchiamo di trasmettere un po’ di felicità, dando colore ad un ambiente in cui prevale da molti anni il grigio.

La V Edizione della “Notte Bianca” in Santuario

UNA COMUNITÀ PER IL SUO TERRITORIO di Luisa Ammendola e Carmela Cassitto

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23dicembre 2015

in Parrocchia

In un’atmosfera di grande gioia e di commossa e folta partecipa-

zione di laici, diaconi e sacerdoti diocesani si è svolto il venticin-quesimo anniversario dell’ordina-zione presbiterale di don Antonio Federico. Il nostro vescovo, S. Ecc. Mons. Beniamino Depalma, che ha presieduto la cerimonia di ringraziamento, ha avuto paro-le toccanti e ricche di profondo insegnamento cristiano, ispirate alla celebrazione dell’anno giubi-lare della divina Misericordia. La funzione religiosa si è arricchita di numerose testimonianze, par-ticolarmente affettuose e since-re, da parte di coloro che hanno avuto modo di conoscere il parro-co nel corso della sua formazio-ne umana e spirituale. Non pochi sono i meriti che vanno ricono-sciuti alla sua lunga missione sa-cerdotale: dall’impegno costante nella cura delle anime, con cui ha saputo risvegliare tante coscien-ze, che sembravano aver smarri-to la via del Vangelo, al restauro della storica chiesa parrocchia-le di S.Maria delle Grazie che da vecchio rudere, è diventata, oggi, una struttura accogliente e luminosa, che invita alla preghie-ra ed alla meditazione.

Il suo impegno pastorale sarà, pertanto, rivolto a completare quel cammino di evangelizzazio-ne già da tempo avviato, e che vedrà la comunità parrocchiale si S. Maria delle Grazie sempre

più proiettata nel territorio, per favorire quel processo di inte-grazione, indispensabile per una società pi’ umana e più giusta, secondo lo spirito del Vangelo. Non facile è perciò il lavoro che lo attende.

La realtà, infatti, di Scafati è profondamente mutata. I flussi di immigrazione provenienti dalla costellazione dei paesi vesuviani, arricchiti da una considerevole presenza di nostri fratelli norda-fricani, hanno alterato non poco la fisionomia demografica della città, con conseguenti enormi problemi di convivenza e di as-similazione. È questo un nuovo e gravoso incarico non solo per il don Antonio e la comunità parroc-chiale che guida, ma anche per le istituzioni, che sono chiamate a svolgere, con grande responsabi-lità, il ruolo che è loro assegnato dalla Costituzione.

Il suggestivo momento di festa è terminato con parole di ringra-ziamento di don Antonio per tutti coloro che, pur nella diversità dei ruoli, hanno accompagnato il suo impegnativo percorso religio-so: “Confido - ha proseguito poi - sempre nell’aiuto della grazia di-vina che non è mancata in questi anni e certamente non mancherà per me e per tutti voi”. Alla Ma-donna delle Grazie ha, infine, il parroco affidato la sua vocazione per essere sempre “un discepolo fedele del suo Figlio”

La comunità di S. Maria delle Grazie di Scafati in festa per don Antonio Federico

LA GRAZIA DEL CAMMINO di Bruno Pagano

A Cimitile una marcia per la Pacedi Paola Trinchese

Ad un mese dal vile attacco di Daesh a Parigi, in ricor-do dei tanti giovani e delle tante persone spazzate via dalla follia che ha segnato indelebilmente il nostro vi-vere civile, il 13 dicembre a Cimitile, l’Azione Cattolica di quattro comunità parroc-chiali: San Felice in Pincis di Cimitile, San Gavino di Cam-posano, San Giacomo Aposto-lo di Cutignano e Sacra fami-glia di Cimitile hanno voluto dare un segno tangibile del desiderio di essere protago-nisti nella costruzione di un mondo migliore, dove regni la pace e la solidarietà tra popoli.Un corteo multicolore, il cui incedere è stato scandito da musiche inneggianti alla pace intercalate da note e considerazioni sul tema, è partito da Villa Lenzi intorno alle ore 20,00, illuminato da centinaia di candele che vo-levano simboleggiare la luce che si dovrebbe accendere nei cuori dei potenti.La partecipazione é stata copiosa, circa 400 persone hanno testimoniato con la loro presenza la necessità di perseguire e valorizzare le norme fondamentali del vi-vere civile. Lungo il percorso sono vola-ti in cielo tanti palloncini a forma di colombe ad indica-re la presenza dello spirito Santo che vigila su tutti: for-te infatti si è sentita la sua presenza lì dove il corteo si è sciolto, nelle Basiliche Pa-leocristiane, luogo di fratel-lanza da sempre.

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