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Il valore educativo dello sportnella formazione dei ragazzi e dei giovaniall’amicizia, alla lealtà, alla carità

Lettera Pastorale di Mons. Pietro Meloniai giovani, agli educatori, alle famiglie e alle comunità

Correvano insieme tutti e due!… La “corsa” dei giovani apostoli Pietroe Giovanni, ardenti dal desiderio di vedere Gesù risorto, è l’emblema dellacorsa della vita (Vangelo di Giovanni 20,4). Guardate gli atleti che “corrononello stadio” e “correte anche voi per conquistare il premio della vita”, rac-comanda l’apostolo Paolo ai cristiani (1 Corinzi 9,24). La voce di Dioscende di corsa sulla terra e chiama gli uomini alla gioia: “Intonate al Si-gnore un canto di grazie, nella cetra cantate inni al nostro Dio, la sua Pa-rola corre veloce” (Salmo 147,7-15).

La vita è bella, ha esclamato Dio nel giorno della creazione, quando“creò il cielo e la terra” e dalla terra creò “l’uomo a sua immagine e so-miglianza” (Genesi 1,1-31). Il Signore della Vita ha chiamato gli uominiall’amore e alla gioia. Ed è una gioia nella vita il gioco e lo sport, per ibambini, per i giovani, per tutti gli uomini: “Lo Sport è gioia di vivere,desiderio di esprimersi in libertà, tensione a realizzare compiutamentese stessi: è confronto leale e generoso, luogo d’incontro, vincolo di soli-darietà e di amicizia”. È il Manifesto dello Sport del “Centro SportivoItaliano”.

La Chiesa di Nuoro ha sempre guardato con simpatia all’attività spor-tiva dei giovani, in sintonia con le aspirazioni della gioventù e la tradizionedella società del territorio. E oggi più che mai sente il desiderio di mettersial servizio delle nuove generazioni per trasmettere la luce della fede, per

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ravvivare la gioia dell’amore, per orientare l’entusiasmo giovanile all’edi-ficazione di un mondo migliore anche attraverso il valore del gioco e dellosport.

Il Papa dei giovani, il beato Giovanni Paolo II, fondatore delle “Gior-nate Mondiali della Gioventù”, ha infiammato i giovani d’oggi con le sueparole: “In questo tempo meraviglioso e tormentato impegnatevi a co-struire una cultura dell’amore, una civiltà dell’amore! A questa costruzionevoi potete contribuire con lo sport e con tutta la vostra condotta, con tuttala freschezza dei vostri sentimenti e con tutta la serenità della disciplinaalla quale anche lo sport può educarvi. Vivete da uomini che restano traloro amici e fratelli quando gareggiate per la corona di una terrena vittoria.Stringete le vostre mani, unite i vostri cuori nella solidarietà dell’amore edella collaborazione senza frontiere” (Giovanni Paolo II, 12 aprile 1984).

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Il vescovo Pietro, che tra qualche giorno affiderà a nome di Gesù“buon pastore” il “pastorale” al nuovo vescovo Mosè, desidera salutare igiovani e i loro animatori con un “inno allo sport”, ringraziando i respon-sabili del “Centro Sportivo Italiano”, ed anche tutti i sacerdoti e gli educa-tori, gli insegnanti e gli allenatori, i genitori e i nonni che si mettono alservizio dei giovani per guidarli alla lealtà e alla bontà attraverso la “magia”dello sport. Ed esorta i bambini, i ragazzi, i giovani, le famiglie, le comunità,a partecipare alle convocazioni del C.S.I. e delle istituzioni sportive educa-tive, per sentirsi protagonisti dello sport nella fede, per ascoltare con docilitàla parola di Gesù, per unire la gioia dello sport al mistero dell’Eucaristia.Nel “Congresso Eucaristico Diocesano” la Giornata dello Sport ha orientatola sua riflessione al tema nuovo e affascinante: Eucaristia e Sport !

È possibile vivere l’Eucaristia nello Sport? Questa è stata la grandedomanda. È possibile vivere lo Sport irradiando la gioia dell’Eucaristia?Noi abbiamo visto sempre con i nostri occhi grandi campioni dello sportmostrare la gioia di essere cristiani e gareggiare dopo aver ricevuto il Panedell’Eucaristia. Molto spesso la forza del mistero eucaristico è stata unamarcia in più nella gara sul campo. L’Eucaristia è il “Corpo di Cristo” chealimenta il corpo e lo spirito dell’uomo. L’Eucaristia alimenta in modospeciale anche l’atleta, per il quale è fondamentale l’energia del corpo vi-vificata dalla potenza dello spirito. Nel “Sacramento dell’Eucaristia” è pre-sente Gesù nel suo corpo, sangue, anima e divinità. Nel “mistero del pane”il giovane può incontrare Gesù in persona per vivere con Lui ogni giorno,nel tempo della vita in famiglia, nel tempo dello studio e del lavoro, neltempo del gioco e dello sport.

Nel Sacramento del Battesimo noi diventiamo “cristiani” e “figli diDio”. Il “crisma” del Battesimo, della Confermazione e della Ordinazione

EDUCAZIONE,VITA CRISTIANA E SPORT

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Presbiterale è il segno visibile della “unzione” che nell’Antico Testamentoricevevano i profeti, i re, i sacerdoti, e che anche gli atleti ricevevano nellasperanza di conseguire la corona della vittoria. Nel Nuovo Testamento gliatleti di Cristo sono tutti i credenti e in particolare i martiri. La paroladella Chiesa oggi, soprattutto nell’insegnamento dei Papi, mostra che èda valorizzare il patrimonio del pensiero biblico e teologico sullo sport,insieme alla ricchezza didattica e umana dei popoli antichi sul sano ago-nismo giovanile. Il Papa addita agli educatori la strada per discernere e ri-conquistare il valore umano dello sport, che ben conoscevano i Greci e iRomani.

La “Pastorale dello Sport” è una strada illuminante per il servizioevangelico agli uomini di oggi, e in modo speciale alla gioventù. Non sitratta soltanto di convocare i giovani all’oratorio e allo sport per trarneoccasione di partecipazione alle celebrazioni, ma si tratta di vivere dal didentro il valore umano dello sport come fondamento della crescita spiri-tuale. L’armonia del corpo è al servizio dell’armonia dello spirito. Lo sportdeve ritrovare il suo traguardo, che è la lealtà, il coraggio, la sincerità, perla formazione di persone di grande umanità che siano bravi cittadini delmondo. L’agonismo, che è nella natura dello sport, senza il necessario equi-librio può condurre all’esasperazione tra i contendenti e tra i tifosi, e spessoanche alla violenza in campo e sugli spalti. Se prevale la violenza lo sportmuore e con lo sport muore la festa e l’umanità.

È bello e doveroso “darsi la mano” all’inizio e al termine della gara.La vittoria deve essere conquistata senza il ricorso a stratagemmi e tra-sgressioni, senza additivi venefici alle energie naturali, senza astuzie e so-praffazioni verso i rivali. Lo sport è umiltà, gentilezza, amicizia. L’arbitroè il pedagogo garante del rispetto delle regole e delle persone, l’allenatoreè un educatore che deve infondere serenità, gli atleti debbono essere i primiad amare le norme e amare gli avversari.

L’atleta “cristiano” è chiamato ad essere un “testimone” di bontà, cor-tesia, lealtà, per mostrare agli esordienti che la cordialità può far crescereanche l’abilità. Il “Centro Sportivo Italiano”, e tutte le organizzazioni che

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si prefiggono lo sport educativo, hanno la missione di essere “lievito” cherestituisce allo sport il suo “profumo” e la sua “dignità”. La dignità che èaltissima anche per gli atleti “portatori di handicap”, che già sono accoltifelicemente alle gare sportive locali e internazionali, e che debbono essereincoraggiati e ammirati per il loro entusiasmo per la vita. E soprattutto aibambini deve essere offerta una corsia preferenziale perché possano goderedi uno sport che renda la vita felice.

Il Papa Giovanni Paolo II, che conosceva la bellezza ed anche i rischidello sport, ha sempre ricordato che lo sport “deve essere orientato, soste-nuto e guidato, perché esprima in positivo le sue potenzialità” (31 maggio1990). Il vostro amico vescovo Pietro, confidando che la storia possa essereancora maestra della vita, offre a voi la riflessione cristiana dei primi secolidella Chiesa, perché possa ravvivare il senso spirituale del linguaggio bi-blico nell’orizzonte dell’esperienza classica dello sport.

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La fede cristiana ha sempre valorizzato il linguaggio delle Lettere diSan Paolo riguardo alle metafore atletiche, con la scoperta che vi è de-scritta, insieme al significato simbolico, anche la natura dell’agonismo:“Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo con-quista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo! Ogni atletaè temperante in tutto; ed essi lo fanno per ottenere una corona corrutti-bile, noi invece per una corona incorruttibile. Io dunque corro, ma noncome chi è senza mèta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l’aria,anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in servitù, perché nonsucceda che, dopo aver predicato agli altri, venga io stesso squalificato”(1 Corinzi 9,24-27).

Gli altri testi “sportivi” di Paolo nella Lettera ai Filippesi offrono aicredenti il consiglio a “non correre e a non faticare invano” e l’invito aprotendersi in avanti, che mostra anche nell’atteggiamento sportivo la fi-ducia verso l’avvenire dell’uomo (2,16 e 3,12-13). Sono preziose soprat-tutto le espressioni che riguardano la “corona del premio”, che suonanocome un’esortazione alla perseveranza. Vi sono e vi saranno sempre nellosport atleti che sanno giungere sino alla fine: la perseveranza è un inse-gnamento che dallo sport può giungere all’agonismo della fede e della vita.San Paolo nella Seconda Lettera a Timoteo confida: “È giunto per me ilmomento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho ter-minato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona digiustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; enon solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la suamanifestazione” (4,6-8).

È interessante anche scoprire l’origine della “corona”, che nel 776a.C. troviamo in Grecia nella prima Olimpiade. È una corona di olivo,

IL LINGUAGGIO SPORTIVONELLA BIBBIA E IN SAN PAOLO

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anzi di olivastro, che è sacro a Zeus e a Minerva. Ai giochi di Delfi tro-viamo invece la corona di alloro, sacro ad Apollo, dio della luce, dell’artee della musica, oltre che dello sport. La corona è presente anche nell’AnticoTestamento nel Libro della Sapienza: si tratta della “corona di giustizia” dicui parlerà San Paolo: “La sapienza ... è desiderata perché trionfa nell’eter-nità, cinta di corona, per aver vinto nella gara dei combattimenti senzamacchia”: i giusti “riceveranno una magnifica corona regale e un bel dia-dema dalla mano del Signore” (4,2 e 5,16).

La Lettera agli Ebrei, scritta da un perfetto conoscitore delle gare clas-siche dello sport, dice: “Anche noi dunque, circondati da una moltitudinedi testimoni (martyres), deposto tutto ciò che è di peso e deposto il peccatoche ci avvolge, con perseveranza corriamo nella corsa che ci sta innanzi,tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli,in cambio della gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, di-sprezzando il disonore, e si è assiso alla destra del trono di Dio. Riflettetebene su colui che ha sostenuto una tale ostilità contro di sé, affinché nonvi stanchiate perdendovi d’animo. Non avete ancora resistito fino al san-gue, lottando contro il peccato” (12,1-4).

È la descrizione dello stadio ideale, nel quale apparivano raffiguratele immagini, come nelle palestre antiche, dei grandi vincitori che sono itestimoni di Dio. Il loro sguardo va verso il traguardo, e insieme versoGesù Cristo, che, come nella Olimpiade, è colui che dà il segnale e pro-mette il premio. Nel gareggiare bisogna anche liberarsi dal peso superfluo,che nella lingua greca della Lettera agli Ebrei è chiamato oncos (nasce quil’oncologia): liberarsi da quel peso estraneo e superfluo che attarda e frenala corsa dell’anima, e che è soprattutto il peccato. E prima di sferrare l’at-tacco verso la vittoria, lo sguardo deve essere rivolto a Cristo, autore e per-fezionatore della fede. Non solo la forza e l’impegno umano conduconoalla vittoria, ma il sostegno divino, che gli atleti chiamavano la fortuna e icristiani chiamano la grazia. C’è sempre la visione del dono e della gratuitàin ogni gara fisica e spirituale.

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Il messaggio biblico è stato riproposto nella Chiesa delle origini daiPadri della Chiesa. Il martire, testimone della fede, è unto con l’olio comegli atleti per la gara: quomodo solent in agonem (Passione di Perpetua e Fe-licita 10). I cristiani sono “l’anima del mondo”(Lettera a Diogneto 6).

Lo scrittore africano Tertulliano giudicava con severità gli spettacoli,perché questa manifestazione a Roma aveva raggiunto vertici di inumanità,eppure, parlando ai cristiani ed esortandoli al martirio, mostrava di cono-scere i valori dello sport, orientandoli al loro senso simbolico, per il quale“il Dio vivo è l’agonoteta (giudice di gara), lo Spirito Santo è il sistarca(guida ai giochi), la corona dell’eternità è il premio angelico della cittadi-nanza nei cieli e della gloria. Pertanto il vostro epistáte (allenatore), GesùCristo, che vi ha unti con lo Spirito e vi ha spinto in quest’arena, vi volletrasferire, prima del giorno della gara, da una condizione di libertà ad unpiù duro trattamento, perché fossero corroborate le vostre forze” (Ai mar-tiri 3, 3-4). Se gli atleti nello stadio, come dice l’apostolo Paolo, si affan-nano per conquistare una corona corruttibile, “noi che stiamo perconseguire la corona eterna riconosciamo la persecuzione e il carcere comeuna palestra, per poterci presentare allo stadio del tribunale ben esercitatiad ogni disagio, poiché la virtù si costruisce nelle asprezze” (3,5). Tertul-liano, mitigando la spiritualità platonica che vedeva il corpo come carceredell’anima e il mondo come prigione dell’uomo, dice che per il credenteanche la prigione è una fortuna, perché è simile all’eremo per i monaci:“Il carcere offre al cristiano ciò che l’eremo offre ai profeti” (2,8).

La Chiesa delle origini dovette lottare contro la violenza delle mani-festazioni pubbliche. Nella Veglia Pasquale dell’anno 399 San GiovanniCrisostomo, nella Cattedrale di Costantinopoli, che era la sua sede epi-scopale, fece un forte discorso contro i divertimenti del circo. Il Venerdì

IL LINGUAGGIO SPORTIVONEI PADRI DELLA CHIESA

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Santo precedente c’era stato lo spettacolo del circo a Costantinopoli, enon solo vi erano presenti i pagani, ma anche moltissimi cristiani. E il Sa-bato Santo si era ripetuta l’affluenza di pagani e di cristiani alle rappre-sentazioni del teatro. Potete immaginare quale fosse l’ardore di questoatleta dello spirito, il vescovo Crisostomo, nel condannare una così pococristiana preparazione alla Pasqua. Egli disse che bisognava fuggire gli spet-tacoli, e anche i giochi, perché tutto questo veniva dal diavolo, e chi par-tecipava era come se rinnegasse le promesse del battesimo (Discorso sulCirco 9,11 e Catechesi 20).

Un secolo prima, nella città di Alessandria, capitale della cultura inquel tempo, il filosofo Clemente, poi chiamato Alessandrino, si esprimevanei suoi trattati pedagogici con maggiore flessibilità e apertura, testimo-niandoci che i cristiani nella scuola partecipavano alle manifestazioni dellosport, considerato dagli antichi un ramo della didattica, importantequanto la ginnastica dello spirito. Clemente così si esprime: “Ai giovanibasta il ginnasio ... Non è forse male che gli esercizi corporali siano più ditutto preferiti dagli uomini ai bagni, perché nei giovani avvantaggiano lasalute e infondono impegno e aspirazione a curare non solo il benesseredel corpo, ma anche quello dell’anima. Onde, se non ci distolgono dalleopere migliori, sono graditi e utili. E non si debbono distogliere neanchele donne dalla fatica corporale...” (Il Pedagogo 3,10). Clemente affermache lo sport delle donne è principalmente “il lavoro della lana e del telaio”e “la fatica della cucina”, come sentenziava il Libro dei Proverbi dicendoche la donna è colei che “appoggia le mani al fuso, le apre al povero estende le palme all’infelice” (31,19-20).

Gli uomini invece “facciano alcuni la lotta, altri giochino con la palla(sphaire)”, oppure facciano delle passeggiate; ma se “anche dessero unamano alla zappa, non è un ignobile passatempo”, così come “è buona cosaattingere acqua e spaccare la legna” (Il Pedagogo 3,10). Non si deve farel’esercizio fisico “per artificio o per ostentazione”, bisogna “sempre serbarela giusta misura” ed “è ottima cosa che le fatiche precedano i pasti”, mentre“l’esercitarsi eccessivamente è una cosa pessima” (ivi). In sostanza “non si

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deve condurre una vita gaudente e sfrenata, ma nemmeno una vita senzasvaghi, bensì una vita che tenga la via di mezzo, e sia armonica e temperata”,considerando che anche “il lavoro personale è una ginnastica” e prepara aquella ginnastica che è il servizio della carità: “stare vicino ad un amico am-malato, aiutare uno che non può fare una cosa, preparare il cibo a un bi-sognoso” (ivi). Anche “la pesca è un utile esercizio”, se l’uomo ricorda cheCristo ha invitato gli apostoli ad essere “pescatori di uomini” (ivi).

Clemente Alessandrino concordava in anticipo con Giovanni Criso-stomo sulla necessità di fuggire gli spettacoli, perché essi erano diventativeramente diabolici, ma dice che lo sport è prezioso per lo sviluppo ar-monico sia del corpo che dell’anima. E lo stesso Giovanni Crisostomo va-lorizza sulla scia di San Paolo il simbolismo delle gare degli stadi, dicendoai cristiani che se uno è caduto nel peccato, come un atleta deve rialzarsie risorgere. La “coppa del premio” per lui è soprattutto il Libro della Scrit-tura. La “lotta” deve essere contro il male e il demonio. La corona allaquale il cristiano aspira è una corona eterna: non è soltanto un serto diolivo, o di olivastro, come si usava ad Olimpia. Cristo è l’agonoteta, cioèl’arbitro e la guida che dà il segnale di partenza e dirige la gara. Al di làdel simbolo, il Crisostomo dice che se i cristiani vogliono proprio fare delmovimento atletico, possono andare a passeggio per i campi e per i giar-dini, e possono anche aggirarsi per i cimiteri, così uniranno alla sanità delmovimento il pensiero sugli atleti di Cristo che sono i martiri.

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Vent’anni prima del Crisostomo, a Milano, che è sempre una dellecapitali dello sport, Sant’Ambrogio aveva sentenziato che il cristiano “comeun valoroso atleta non cede al dolore e non rifiuta le asprezze del combat-timento” (Su Giobbe 1,1,4). Ambrogio vedeva nel biblico Giobbe un atletadell’Antico Testamento per la sua testimonianza di fortezza che lo portavaad esclamare: “È un combattimento la vita dell’uomo sulla terra” (Giobbe7,1). Nel commentare poi il Salmo 118, Ambrogio ricordava che l’atletadeve scendere nell’arena per cercare di guadagnare il premio: “Qual èl’atleta che scenderebbe nell’arena, se non sperasse nel premio?” (Su Giobbe3,4). Quel che è detto nell’ambito del simbolismo, ha un suo valore anchereale. Oggi l’atmosfera delle Olimpiadi ha scoperto il valore della parteci-pazione come superiore quasi alla vittoria. Ma i nostri Padri antichi, cheerano Greci e Romani e uomini classici, sapevano che l’agonismo è nellanatura della gara e che non è leale partecipare ad una gara senza il desideriodi vincere. I cristiani riconoscono questa lealtà nella trasposizione simbo-lica: “Nessun atleta riuscirebbe simpatico se non gareggiasse per avere ilpremio”, perché la “prova superata produce la speranza, e la speranza pro-duce la fiducia” (3,4).

Il cristiano, naturalmente, gareggia soprattutto per la corona dellagiustizia, afferma Ambrogio seguendo la tradizione paolina: “come unatleta forte e resistente, egli, conscio che le sofferenze sono un allenamentoe un massaggio per la sua anima, non desidera essere esentato dal dolore”(Su Giobbe 10,34). Egli deve “esercitarsi e anche lasciarsi ungere”, ma so-prattutto “nella sua anima per superare le tribolazioni” (10,34). “L’atletanon affronta la contesa se prima non ha fatto un lungo allenamento pre-paratorio nella palestra. Ungiamo allora con l’olio della lettura della Parolai muscoli del nostro spirito! Alleniamoci tutto il giorno e tutta la notte in

LA VISIONE DI SANT’AMBROGIOE DI SANT’AGOSTINO

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quella specie di palestra che sono le Sacre Scritture, e il cibo salutare dellepietanze spirituali rafforzi le membra del nostro animo ... Alleniamociprima della gara per essere sempre pronti a gareggiare” (12,28). L’olio dellaprova è “un allenamento per la fede, un segno della pazienza, una gloriosaeducazione alla virtù, una palese affermazione di vittoria” (14,16).

Sant’Agostino, forse per liberarsi dalla sua eccessiva passione giovanileper lo sport, rischia di andare quasi al di là, riconoscendo la sua antica de-bolezza nelle Confessioni: “La curiosità per gli spettacoli mi sfavillava ognigiorno di più negli occhi. Coloro che offrono gli spettacoli conseguonotanta popolarità e prestigio, che molti se la augurano per i loro figli”(1,10,16). Queste parole di Agostino contengono insegnamenti per noiattuali: quanti genitori vogliono che i loro figli diventino campioni, anzi-ché dir loro che debbono prepararsi alla vita attraverso la sofferenza dellosport! Agostino confessa: “Mi rapivano gli spettacoli del teatro” (3,2,2).Ma quando vede che l’amico Alipio non si reca alla sua scuola perché“amava perdutamente il circo”, allora Agostino con la sua ironia classicagli lancia una battuta tratta proprio dal circo: l’avvertimento del maestro“scosse lo spirito del suo allievo”, che vinse il suo indomabile desiderio deigiochi e del circo e “non vi tornò mai più”.

Nella visione dei cristiani c’è una teologia, che è riconoscimento dellostretto rapporto fra il corpo e lo spirito. Essa è fondata sulla cristologia,che svela il rapporto tra l’umanità e la divinità di Cristo: Cristo è perfettouomo e perfetto Dio. Nell’incarnazione di Cristo è rivelata la perfetta ar-monia tra il corpo e lo spirito, ed è annunziata la massima valorizzazionedel corpo nella sua chiamata alla risurrezione. Ireneo vescovo di Lione, ri-spondendo allo scetticismo degli Gnostici, secondo i quali “è impossibileche il corpo possa salvarsi, poiché è tratto dalla terra”, dice chiaramenteche il corpo “è in grado di essere immortale” (Contro le eresie 5,1,1 ss.).

L’approfondimento teologico del valore dello sport e della corporeitàè da ricercare nella teologia delle realtà terrestri, similmente alla teologiadella storia e della partecipazione politica. Nel tempo in cui sembrava chei cristiani non si interessassero né allo sport né alla politica, in realtà la cri-

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stologia poneva le basi di questa armonia tra l’umano e il divino, che èperfetta in Cristo, e che, attraverso il corpo di Cristo che è la Chiesa, devecontinuare la storia dell’incarnazione. Cristo è venuto per divinizzarel’umanità e l’umanità credente deve divinizzare in Cristo la storia delmondo. Il corpo è chiamato insieme con lo spirito alla vita immortale.

È interessante anche l’analogia tra la vita umana e la musica, che pa-ragona il corpo alla cetra e lo spirito all’armonia, e che fa dire all’autoreapocrifo delle Odi di Salomone: “Come il vento scorre sull’arpa e le cordeparlano, così parla nelle membra del mio corpo lo Spirito del Signore edio parlo nel tuo amore” (6,1-2). Il credente prega così: “Aprimi, o Signore,la cetra del tuo Santo Spirito, sicché in ogni nota io possa lodarti, o Si-gnore” (14,8). E anche Gesù Cristo venendo nel mondo ha fatto risuonarela musica divina ed ha compiuto la sua corsa sulla terra. Sant’Ippolito ar-disce parlare dei “sette salti del Verbo”: Cristo è lo sposo che venendo nelmondo ha compiuto il salto dal cielo al ventre di Maria, dalla nascita allacroce, dalla croce agli inferi, dal cuore della terra alla risurrezione, dallarisurrezione alla destra del Padre, e al suo ritorno sulla terra per il GiudizioUniversale inviterà gli uomini a compiere il salto dalla terra al cielo (Com-mento al Cantico dei cantici 21,2).

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Che cos’era lo sport per i popoli antichi? Noi abbiamo alcune testi-monianze in Egitto 3.500 anni a.C. e sembra che vi siano testimonianzeinteressanti nella civiltà cinese. Noi conosciamo meglio la storia della Gre-cia e di Roma, e dobbiamo comprendere quel che anche i cristiani hannocondiviso con la tradizione classica. Nella città di Delfi era Apollo che in-gentiliva gli animi selvatici degli uomini attraverso la musica e le gare spor-tive. Ma è la città di Olimpia, fra le tante città della Grecia cheorganizzavano i loro giochi, che è passata alla storia per la sua organizza-zione perfetta della gara delle Olimpiadi. La partecipazione era riservatasolo agli uomini liberi della Grecia, non agli schiavi e ai popoli che i Grecichiamavano barbari. I giochi si svolgevano in un’atmosfera religiosa inonore degli dèi e dei morti.

Un antenato bellissimo dei “Giochi” è nel ventitreesimo libro del-l’Iliade in cui sono narrati i giochi funebri in onore di Patroclo. Accantoa Omero, un altro grandissimo “cronista” di gare del passato è Virgilio,che nel quinto libro dell’Eneide descrive i Ludi in Sicilia. A Olimpia na-cquero le Olimpiadi. Era il Re che chiamava i generosi a gareggiare conlui per avere in premio come sposa sua figlia. Il re Enomao, che era diorigine divina, fu infine battuto da un comune mortale che poi, però, siscoprì essere anche lui di origine divina: si trattava di Pelope, che per vin-cere fece ricorso alla piccola slealtà di costruire con la cera l’asse delleruote dell’avversario. La slealtà era bandita dai Giochi, nei quali era as-solutamente necessaria la lealtà, perché essi si svolgevano dinanzi agliocchi di Zeus. Era visibile a Olimpia la statua di Zeus costruita da Fidia,dell’altezza di 12 metri, con il corpo in avorio e con il mantello d’oro;essa sovrastava lo stadio, lungo 800 metri, nel quale si svolgeva la corsaveloce di circa 180 metri.

IL VALORE DELLO SPORTNELL’ANTICHITÀ CLASSICA

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Alle origini i giochi duravano un solo giorno, poi raggiunsero i settegiorni: cinque giornate di gare, oltre al giorno dell’inaugurazione per lapreghiera e la lunga processione con le fiaccole accese, un uso che è poipassato all’Olimpiade moderna, infine l’ultimo giorno dedicato alle pre-miazioni. Athlos era la gara e athlon il premio! Nacque così l’atletica. Ilpremio era la corona di ulivo, non c’era altro a Olimpia, anche se, tor-nando nella loro città, gli atleti vincitori ricevevano riconoscimenti dailoro cittadini e dai loro re. Ma ciò che i vincitori desideravano maggior-mente era essere immortalati da un “epinicio”, un canto di gloria e di vit-toria: noi conosciamo i famosi canti di Pindaro e anche di altri poeti, checelebrano la corsa dell’atleta come “l’arte più celere del vento”.

Augusto, divenuto imperatore, capì l’importanza di Olimpia e si fececostruire un tempio là dove prima c’era il tempio di Zeus. I cristiani co-struirono poi nello stesso luogo una chiesa e più tardi riuscirono a far abo-lire le Olimpiadi nell’anno 393 d.C. dall’imperatore Teodosio. La primaOlimpiade moderna, che è nata nel 1896 e si è svolta ad Atene, ha certa-mente recuperato i valori più belli dell’antica Olimpiade, tra cui quellodella gratuità, consentendo l’accesso ai dilettanti più che ai professionisti.Anche noi, quando parliamo di pastorale dello sport, ci riferiamo preferi-bilmente ai dilettanti, cioè a tutti i ragazzi e a tutti i giovani che non hannola possibilità di praticare lo sport ad alto livello agonistico. La Russia par-tecipò per la prima volta alle Olimpiadi nel 1952, a Helsinki: forse è davedere proprio in questa data il primo passo compiuto verso quella stradadi libertà che in tempi a noi più vicini si sta realizzando.

La “pace” era il fine dell’antica Olimpiade di Olimpia. La tregua sacrache faceva tacere le armi doveva durare per un mese e tutti dovevano esserlefedeli. Non è senza significato che nel 1916 e nel 1940, anni nei qualidovevano esser celebrate le Olimpiadi, la guerra abbia impedito la lororealizzazione. Gli araldi di Olimpia andavano in tutto il mondo per an-nunciare il tempo quadriennale delle Olimpiadi. All’inaugurazione, ilprimo giorno, c’era la luna piena. Una luce sempre accesa di giorno e dinotte illuminava la promessa degli atleti di essere cittadini esemplari nella

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fedeltà alle leggi dello Stato. L’urbanistica del mondo greco era orientataa questa vera e propria religione dello sport, che si poneva accanto alla re-ligione del teatro, nella cui celebrazione però talvolta avveniva di tutto.Menandro, che è stato uno dei vignettisti di quel tempo, dice che le Olim-piadi erano questo: “molta folla, rumoroso mercato, acrobati da tutte leparti, giochi, ladri”. C’era però anche il coro, il suono della cetra, la poesia.Pindaro è l’antesignano della Gazzetta dello Sport con quei suoi inni divittoria che sfoderano pagine di letteratura funambolica, forse anche al dilà del necessario. Ma lo sport di Olimpia era, soprattutto, sport comescuola e luce sulla vita quotidiana.

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Roma inclinò le manifestazioni ludiche verso la spettacolarità, poichéaveva per la cura del corpo un atteggiamento un po’ meno entusiasta ri-spetto a quello dei Greci. Le esercitazioni atletiche erano viste soprattuttocome preparazione alla guerra. Anche i cristiani hanno ereditato il concettoche il cristiano che riceve la Cresima è soldato di Cristo. A Roma lo spet-tacolo diventò sempre più crudele e politicizzato. Organizzare i giochi aRoma significava avere grande prestigio e gettare fumo negli occhi dei150.000 disoccupati (che allora chiamavano sfaccendati), perché stesserotranquilli, accontentandosi di ”pane e giochi”: panem et circenses (Giovenale10, 75). I 150.000 disoccupati al tempo di Augusto costituivano, proba-bilmente, la metà della popolazione della città, mentre molti fra gli altri150.000 erano di fatto anch’essi quasi sfaccendati, perché erano figli dipapà e non avevano bisogno di lavorare: il mondo si divideva tra quelliche non lavoravano perché non ne avevano bisogno e quelli che non la-voravano perché non trovavano lavoro.

Al Circo Massimo per assistere alle corse ippiche c’erano 150.000posti, mentre il Colosseo, quando nacque sotto i Flavi laddove era il Colosso(la statua di Nerone), poteva contenere 50.000 spettatori, che assistevanoa giochi ben più inumani delle corse delle bighe e delle quadrighe nel Circo.Il moltiplicarsi delle feste pagane a Roma non parve ai cristiani assai esal-tante: si era giunti a 180 feste all’anno, che significava una festa a giorni al-terni. Possiamo comprendere, quindi, l’ostilità di molti cristiani. Il poetapagano Ovidio prendeva in giro le signore, che “vanno a vedere, ma so-prattutto a farsi vedere”. L’imperatore Augusto, fine politico, non solo an-dava per guardare le gare con attenzione, ma vi portava tutta la sua famiglia.

La Scuola a Roma, frequentata da pagani e cristiani, veniva chiamataludus. Nella scuola antica l’armonia del corpo, orientata alla limpidezza

LA TRADIZIONE DI ROMA

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dello spirito, era valorizzata anche come sostegno alla memoria. La me-moria era uno dei valori più grandi nella scuola antica e i ragazzi impara-vano a memoria Omero e Virgilio proprio nell’età in cui era necessariauna mens sana in corpore sano (Giovenale 10,356). La prima cosa che im-paravano alle “elementari” i bambini che avevano la fortuna di andare ascuola erano le Leggi delle Dodici Tavole, cioè la Costituzione, la legge fon-damentale di Roma. La scuola insegnava cultura e sport: chi non sapevanuotare era considerato come colui che non sapeva leggere e scrivere.Nell’Eneide l’eroe Enea si dimostra estasiato dinanzi alle feste sportive, chesaranno poi descritte dal poeta Virgilio. Egli considera uomini virtuosi gliatleti che gareggiarono per i premi e le palme, nelle cinque gare che si svol-sero in Sicilia: la corsa delle navi, la corsa a piedi, il pugilato, la corsa deicavalli e il tiro con l’arco. E anche noi oggi dovremmo stupirci di frontealla meraviglia della natura, che può essere un bel tramonto ed anche unatleta che salta verso il cielo o un’atleta che diviene l’uomo più veloce delmondo.

Cicerone dice che “bisogna tenere in esercizio il corpo perché possaobbedire alla mente”: oboedire consilio et rationi. E Orazio afferma che sineamore iocisque nihil est iucundum: “senza un po’ di gioco niente è piacevolee gioioso” (Epistola 1,6,65-66). La tradizione pedagogica romana scopreche nel gioco e nello sport si conosce il carattere dei giovani: mores se interludendum simplicius deteguntur: “i giovani manifestano i loro atteggiamentiproprio nel gioco e nello sport” (Quintiliano 1,3,12). Orazio, sempre ar-guto, dice che non si può lavorare incessantemente, e neanche si può sem-pre essere intenti alla funzione che si ha nella società, così come Apollonon sta sempre tirando frecce con l’arco: Neque semper arcum tendit Apollo(Carme 2,10,20). Il proverbio della saggezza romana aggiunge: Ludusbonus non sit nimius! Buon gioco dura poco!

Il cristianesimo a Roma e nel mondo pose a fondamento del giornodi festa la celebrazione del “Pane dell’Eucaristia” e oggi ancora i cristianisono chiamati a vivere lo sport ricordando la presenza di Dio: “Noi nonpossiamo vivere senza la Messa della Domenica”.

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I primi cristiani erano intenti soprattutto alla gara della fede e dellospirito. Il riconoscimento del valore umano dell’attività ludica, presentenella Scrittura e nei Padri, ha una permanenza, anche se un po’ segreta esotterranea, nella tradizione teologica: il libro della Imitazione di Cristodice che “nella malattia pochi diventano migliori”, dunque, custodire lasanità del corpo, anche con il movimento, è una strada verso il bene. Enel Medioevo vescovi e presbiteri spesso benedissero i giochi cavallereschi,dedicandoli anche al santo patrono, come ancora oggi è in voga.

San Tommaso ha una pagina interessante sul valore dello shabbat: ilgiorno del riposo è necessario per ritrovare se stessi e il fine del proprio ser-vizio. E ricorda che la Sapienza giocava con il Creatore al momento dellacreazione: ”La contemplazione della Sapienza è paragonata, molto a pro-posito, al gioco, per due ragioni che in esso si trovano. In primo luogoperché il gioco è dilettevole, e la contemplazione della Sapienza ha il mas-simo diletto: onde nell’Ecclesiastico è detto dalla bocca della Sapienza: Ilmio spirito è più dolce del miele. In secondo luogo, perché i movimenti delgioco non si ordinano ad altra cosa, ma si cercano per se stessi. E la me-desima cosa compete ai diletti della Sapienza” (Sul Libro delle Settimanedi Boezio, prologo). San Tommaso dice poi che “la virtù consiste nel bene,più che nel difficile, per cui dobbiamo misurare la dimensione della virtùda quanto ha di buono, più che da quanto ha di difficile ... Il più difficilenon è necessariamente il più meritorio: è necessario che sia anche il mi-gliore” (Summa Theologiae II-II, q.27, a.8 ad 3).

È una teologia non dello sforzo valido in sé, ma del coraggio e dellaforza orientati al fine, in una visione trascendente, nella quale il perfe-zionatore è Dio con il suo dono. Dunque, una teologia della grazia, chePio XII riassume così: “Il tempo libero non è fine a se stesso. Sarebbe

IL PENSIERO TEOLOGICOE LO SPORT NEGLI ORATORI

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falso considerare il tempo libero come fine a se stesso, anziché riguardarloe utilizzarlo come giusto sollievo e ristoro, legato essenzialmente al ritmodi una vita ordinata, in cui riposo e fatica si alternano in un unico tessutoe si integrano in una sola armonia”. Un teologo del tempo libero mostrache c’è qui il rapporto tra croce e risurrezione, e dice che “il gioco è perl’uomo l’espressione più pura di se stesso, la manifestazione più trascen-dente dell’azione per la gioia dell’azione. Tutta la persona è in movimento... Sarebbe svalorizzare sconsideratamente il gioco volerlo ridurre ad unaforma di oziosità propria del fanciullo. Un umanesimo vivo vi vedrà piut-tosto una delle forme più elevate di espressione di se stesso da parte del-l’uomo. E il cristiano ha il dovere esatto di non disconoscere questadottrina. Egli ne ha più bisogno degli altri, perché gli permetterà di pre-sagire ciò che potrà essere la felicità corporale in cielo” (G. Thils, Saintetéchrétienne, p. 194).

A Fatima i tre pastorelli giocavano quando apparve la Madonna echiese loro: siete pronti a fare grandi sacrifici per la salvezza del mondo?Tutta la tradizione degli ultimi secoli presenta educatori cristiani che riva-lutano quella che l’educatore Vittorino da Feltre chiamava “la casa giocosa”,con una tradizione che ritroviamo negli oratori dai tempi di San CarloBorromeo nella Lombardia, ai tempi di San Filippo Neri a Roma, a quellidi San Giovanni Bosco nel Piemonte e nel mondo. L’oratorio era unascuola, più che una gara, un itinerario educativo nel gioco e nello sport.

La parola sport nella etimologia dovrebbe significare “uscire fuori”:deportare se stessi, portarsi fuori dal mondo quotidiano per un momentodi festa; almeno questa sembra l’etimologia latina, che poi passa al francesedeporter e all’inglese disport e poi sport. In questo secolo la Chiesa è moltoattenta al fenomeno, perché esso ha una rilevanza fondamentale nella vitadell’uomo. Questa rilevanza è un motivo valido per rendere attenta la co-munità cristiana, ma non è il motivo fondamentale: c’è una valenza edu-cativa più profonda nell’attività dell’uomo orientata verso il corpo,riconoscendo con San Paolo che il corpo deve far risplendere lo spiritoperché “il corpo umano è tempio dello Spirito Santo” (1 Corinzi 6,19).

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Il Concilio Vaticano II nella Gaudium et Spes ce lo ha ricordato: “Iltempo libero sia impiegato per distendere lo spirito e per fortificare la sa-nità dell’anima e del corpo, mediante attività e studi di libera scelta, me-diante viaggi turistici in altri paesi, attraverso i quali si affina lo spiritodell’uomo e gli uomini si arricchiscono con la reciproca conoscenza, edanche mediante esercizi e manifestazioni sportive, che giovano a mante-nere l’equilibrio dello spirito anche nella comunità ed offrono un aiutoper stabilire fraterne relazioni fra gli uomini di tutte le condizioni, nazionie stirpi diverse. I cristiani collaborino dunque affinché le manifestazioni ele attività culturali collettive, proprie della nostra epoca, siano impregnatedi spirito umano e cristiano” (Gaudium et Spes 61).

Lo Sport nel suo valore umano e sociale “deve essere e rimanere or-dinato al fine, il quale consiste nella formazione e educazione perfettaed equilibrata di tutto l’uomo, cui lo sport è di aiuto nell’adempimentopronto e gioioso del dovere, sia nella vita del lavoro, sia nella vita dellafamiglia” (Pio XII, 24 maggio 1945). “Senza nulla perdere del suo valoretecnico, lo sport, scuola di energia e di padronanza di se stessi, deveessere ordinato al perfezionamento intellettuale e morale dell’anima”(Pio XII, 24 ottobre 1956).

Lo Sport “avendo assunto e raggiunto un valore universale”, è unostrumento indispensabile per gli “importanti e molteplici riflessi che nepromanano sia alle persone, sia alla società” (Giovanni XXIII, 8 novembre1962). La Chiesa “vede nello sport una ginnastica delle membra e unaginnastica dello spirito, un esercizio di educazione morale, e perciò am-mira, approva, incoraggia lo sport nelle sue varie forme” (Paolo VI). Losport “è il simbolo di una realtà spirituale che costituisce la trama nascosta,ma essenziale, della nostra vita: la vita è uno sforzo, la vita è una gara, la

IL CONCILIO VATICANO IIE L’INSEGNAMENTO DEI PAPI

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vita è un rischio, la vita è una corsa, la vita è una speranza verso un tra-guardo” (Paolo VI, 30 maggio 1964). Lo sport crea “quella completa ar-monia che è in sintesi bellezza fisica e interiore equilibrio, cui si aggiungela grazia di Dio” (Paolo VI, 22 gennaio 1966).

Lo Sport “può recare un valido e fecondo apporto alla pacifica coe-sistenza di tutti i popoli, al di là e al di sopra di ogni discriminazione dirazza, di lingua e di nazione” (Giovanni Paolo II, 12 aprile 1984). Ègrande “la sollecitudine pastorale della Chiesa verso il mondo dellosport”, perché “lo sport è certamente una delle attività popolari chemolto può influire sui comportamenti della gente, soprattutto dei gio-vani; tuttavia anch’esso è soggetto a rischi e ambiguità: deve, pertanto,essere orientato, sostenuto e guidato, perché esprima in positivo le suepotenzialità” (Giovanni Paolo II, 31 maggio 1990). Lo sport può “soste-nere le speranze che muovono i cuori degli uomini, specialmente dei gio-vani, in questo scorcio di secolo che si apre nel Terzo MillennioCristiano” (Giovanni Paolo II, 12 aprile 1984).

Lo sport – ha confermato il Papa Benedetto XVI – “possiede un po-tenziale educativo soprattutto in ambito giovanile” perché favorisce “i va-lori dell’amicizia, del rispetto e della solidarietà” (3 novembre 2009 e 30marzo 2011).

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Lo sport è “musica e canto”. Il canto del corpo può far risuonare lamusica dello spirito. Il corpo è l’arpa e la cetra, le cui corde fanno vibrarel’anima, la vita. L’atleta è una persona che gareggia con il corpo, con l’in-telligenza, con il cuore. E lo spettatore che lo guarda sente vibrare il suospirito all’unisono con l’amico che fa la sua corsa. Lo sport è umanesimo,è cultura, è arte.

L’uomo credente che corre per il servizio al Vangelo è chiamato “atletadi Dio”. La Chiesa fondata da Gesù di Nazaret è la palestra della fede cheraduna i suoi atleti per l’allenamento comunitario e per la partecipazionealla gara della “preghiera”, della “liturgia”, della “vita”.

Lo sport è comunione tra persone che percorrono la stessa via pergiungere allo stesso traguardo. La vittoria è la festa, è la gloria, è l’abbracciodei fratelli nella famiglia della fraternità.

Lo sport è icona della vita, è gioia, è poesia. Lo sport è preghiera nelsilenzio, nella sofferenza, nel sacrificio. L’uomo vivente è gloria di Dio. Lapreghiera è ascolto, è ringraziamento, è lode al Signore della Vita. Lo sportè stile e lo stile è l’uomo. L’uomo è l’immagine di Dio nello stadio delcosmo e della terra. Lo sport è bellezza: la vita è bella! Lo sport è bontà everità. Lo sport è lealtà. Lo sport è mistero. Lo sport è amore.

“Lo sport è davvero un’espressione di vita”, ha detto il Papa GiovanniPaolo II agli sportivi in Piazza San Pietro il 25 giugno 1994. E da quellapiazza nella quale il 1° maggio 2011 egli è stato proclamato “beato” sembrarisuonare ancora la sua voce: “Lo sport deve sempre rimanere un’occasionedi festa!”.

Fratelli e sorelle carissimi!Affidiamo la nostra missione educativa a Maria, che partì da Nazaret

con grande fretta per mettersi al servizio della vita nascente (Luca 1,39).

LA POESIA DELLO SPORT

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La Madre di Gesù è corsa “verso la montagna” e noi “correremo dietro diLei, attratti dal profumo dei suoi unguenti” (Cantico dei Cantici 1,4).

Dio ci benedica! @ Pietro Meloni

Amministratore ApostolicoDiocesi di Nuoro

Nuoro, 28 maggio 2011 Festa Diocesana della Pacificazione.Anniversario dell’Incoronazione di Maria “Regina del Monte Gonare”

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