Il Valore Del Vino

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I l vino buono costa. Su questa affermazione possiamo tutti essere

d’accordo, ma se andassimo a domandare quanto vale una bottiglia, saremmo altrettanto concordi nella valutazione?Oltre agli elementi che determinano la qualità intrinseca del prodotto, connessa alla materia prima e alle lavorazioni che la riguardano, la consapevolezza di cui disponiamo come consumatori ha infatti un ruolo determinante nella costruzione del valore di ciò che beviamo. Talvolta quando ci sediamo al tavolo del ristorante e scorriamo la lista dei vini non è poi così infrequente sentire nascere dentro di noi considerazioni del tipo: “Come è possibile che un vino che costa 7 euro sullo scaffale del supermercato, lo ritrovo qui a 25 euro? Non credo che loro lo paghino più di quanto costerebbe a me alla cassa!”.Proviamo a seguire il nostro bicchiere lungo il percorso che lo porterà fino alla nostra tavola.

Un lungo viaggioImmaginando di averlo già pronto per l’imbottigliamento, alcuni sostengono che il prezzo minimo teorico del vino sfuso è di 30 centesimi al litro. In realtà prima di averlo pronto per l’imbottigliamento, il nostro vino avrà già attraversato due fasi fondamentali della sua storia produttiva:

Il valoredel vino

Quanto costa produrre una bottiglia di vino? E quanto questo incide sul prezzo che paghiamo al ristorante, in enoteca o al supermercato?

la vigna e la cantina. Il produttore o l’imbottigliatore sanno che qui il vino assorbe una buona parte dei suoi costi diretti. Anche partendo da un costo della materia prima a questi livelli, occorre aggiungere i costi del confezionamento (tappo, bottiglia, etichetta, capsula, retro etichetta), quelli connessi alla vendita e alla distribuzione (cartone, costo dei trasporti, provvigioni per gli agenti, costo del credito concesso alla clientela) per completare i cosiddetti costi diretti. La forbice all’interno della quale possono collocarsi è in grado di condizionare pesantemente quel costo iniziale in relazione a scelte di prodotto ma anche di volumi di acquisto. Perché se è vero che i tappi di sughero naturale monopezzo costano più di quelli agglomerati, è altrettanto vero che chi ne compra centinaia di migliaia probabilmente riuscirà a spuntare un prezzo unitario più basso. Allo stesso modo, i costi fissi di produzione (ammortamenti dei macchinari, affitto di locali, parte dei salari e stipendi, ma anche consulenze enologiche e tutto ciò che rientra nella gestione ordinaria dell’azienda) si sostengono a prescindere dai volumi di produzione e si distribuiscono su tutte le unità prodotte. Maggiore sarà il numero di queste e minor peso avranno sul costo del prodotto finale.

di Luigi Pittalis*

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Vecchi e nuoviMa fino a qui siamo ancora in azienda, e il nostro vino deve ancora prendere la strada che lo porterà al ristorante, all’enoteca (sempre meno) o sugli scaffali di un supermercato (sempre più spesso). Qui entrano in gioco dei fattori che sono funzione del potere contrattuale del fornitore, ma anche del momento in cui la relazione è avviata. Il vino presente sul mercato da tempo, che può contare su una buona notorietà e su probabilità di acquisto elevate, non deve scontare la fase di lancio che è, all’interno del ciclo di vita del prodotto, quella caratterizzata dagli investimenti più elevati. Probabilmente chi desidera collocare per la prima volta il suo prodotto in un determinato canale o mercato di vendita sarà più disponibile a praticare un prezzo più basso. Capita così che lo stesso vino da un anno all’altro possa spuntare delle quotazioni più elevate in considerazione della notorietà acquisita, pur rimanendo intrinsecamente il solito ed essendo prodotto esattamente al medesimo costo.Analogamente, chi lo propone alla vendita deve contemplare esigenze di rotazione (non tutto ciò che invecchia sullo scaffale migliora) ma anche di ammortamento dei costi di struttura, per cui un

locale in Piazza Signoria, a Firenze, dovrà effettuare un ricarico sul costo del prodotto in grado di coprire, per ogni bicchiere di vino, un affitto sicuramente più elevato di quello pagato dalla media degli altri locali di Firenze. Per capirsi, prendiamo ad esempio due locali, A e B, che hanno cinquanta coperti ciascuno, lo stesso volume di fatturato, lo stesso livello di cucina e la stessa dimensione di costi fissi: stessi affitti, stipendi del personale, ammortamenti, utenze e altre spese generali. Con una differenza sostanziale: nel locale A, diciamo la trattoria, i tavoli girano anche due volte nella stessa giornata registrando cento coperti per ogni servizio, (duecento al giorno); nel locale B, il ristorante, i tavoli raramente vengono

costI dIrettI dI prodUzIone 4,4 eUroUve e lavoro, bottiglia, tappo, etichetta, capsula, cartone

7,5eUro

4,4eUro

rIcArIco deL prodUttore

1,6 eUro

ALtrI costI coMMercIALI 0,5 eUroAgenti, premi, trasporti QUotA costI

VArIABILI 1,0 eUroAffitti, personale,

luce, imposte, leasing, oneri

finanziari

0,5 eUro1,0 eUro

rIcArIco deL rIstorAtore 7,5 eUro

se UnA BottIgLIA dI VIno costA 16,50 eUro (15,50 + 10% IVA)

(segue a pag. 16)

1,6 eUro

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occupati una seconda volta e nel corso della giornata se ne ricoprono al massimo un centinaio. Quindi, se il fatturato dei due locali è lo stesso, il prezzo medio del ristorante dovrà essere doppio di quello della trattoria: a parità di coperti serviti in un mese si calcola un guadagno (prezzi di vendita meno costi di acquisto) differente per due locali di fatto simili, ma che si posizionano in maniera molto diversa.La differenza tra il prezzo di vendita e il costo di materie prime come carne, pesce, pasta, ma anche bottiglie, dipende non solo dal livello di costi fissi che è necessario coprire, ma anche dal numero di vendite realizzate.

I conti in tascaVendere a 22,50 euro un Nobile di Montepulciano pagato 7,50 euro o venderne due a 15 euro l’uno è la stessa cosa in termini di guadagno netto: la differenza tra prezzo di vendita e costo di acquisto, destinata a coprire i costi fissi, è sempre di 15 euro. Di fatto, anche se differenze estreme non sono mai del tutto giustificabili, i locali possono, e in alcuni casi devono, far pagare prezzi diversi per prodotti che sono acquistati allo stesso costo e che noi stessi possiamo trovare presso la grande distribuzione organizzata.Il produttore è oggi poco o per niente in grado di controllare le dinamiche che interessano il viaggio del suo prodotto verso il cliente finale. Per questo i viticoltori o gli imbottigliatori devono essere almeno certi del costo con cui esce dalla cantina. Solo sulla base di questo è possibile gestire consapevolmente la fase negoziale, che consentirà la sua corretta collocazione in relazione al posizionamento atteso. Un obiettivo forse meno semplice della scelta che ci spetta quando scorriamo la carta dei vini, ma probabilmente da questa molto meno distante di quanto crediamo. *Luigi Pittalis, oltre che ideatore del progetto Staseranonesco, è consulente aziendale dal 1997. Quando possibile, coniuga la sua passione per la tavola alla professione nella cucina della Brogi & Pittalis (www.direzionebp.com).

tre domande al ristoratore e al produttoreRispondono Maurizio Tafani (ristorante Enotria) e Marco Toti (Direttore Agricoltori del Chianti geografico) Quanto i vini valorizzano un locale e quanto un locale può valorizzare i vini?tafani: Credo che oggi una grande carta dei vini, ormai alla portata di tutti, valorizzi fino a un certo punto un locale, mentre un locale con la sua proposta mirata può valorizzare un vino.toti: Il rapporto vino/ristorazione gode sicuramente di una sinergia e perlomeno in Italia l’uno non può prescindere dall’altro, penso però che il locale abbia una maggiore forza nella valorizzazione dei vini che il contrario. Vino a calice, macchine dosatrici,

serate di degustazione tematiche: quali sono le idee vincenti per creare curiosità intorno al vino?tafani: La proposta del vino a calice e il successivo servirlo direttamente dalla bottiglia possono scaturire la curiosità non solo del cliente ma anche delle persone accanto. Le macchine dosatrici, perfette per la conservazione del vino, annullano il momento magico del servizio al tavolo e del contatto del cliente con la bottiglia. Le serate a tema soffrono un po’ per l’uso improprio che se ne fa, il discorso cambia se il vino viene proposto in abbinamento al cibo.toti: Tutto quello che può aiutare il consumatore a una scelta intelligente e mirata può favorire a creare interesse, e curiosità, intorno al vino. Credo che la proposta a bicchiere oppure lo stimolare il cliente a portarsi a casa la bottiglia di vino non terminata siano le due strade principali per mantenere il livello di vendita interessante e rendere anche il conto più apprezzato.Fatto 5 euro il prezzo franco cantina, qual è secondo te la giusta forbice di ricarico in enoteca e al ristorante?tafani: Fatto cinque il prezzo al ristorante dovrebbe essere 12/15 e 8/10 in enoteca da asporto. Ma il ristorante che non ha servizio di sommelier dovrebbe, a mio avviso, avere un ricarico inferiore. Otterrebbe una rotazione più veloce del magazzino e il vino non diventerebbe un costo. Per questo la forbice dovrebbe essere fatta a scaglioni di prezzo d’acquisto. 100% per vini fino a 10 euro, 50/60% tra 10 e 25 euro e 30/40% per vini più cari. Nel caso di enoteca con asporto il ricarico cambia. toti: Penso che un eccessivo ricarico comprometta il consumo del prodotto e anche il guadagno del ristorante. Il ricarico dei vini dovrebbe essere fatto considerando la tipologia del prodotto: vini di alto prezzo non dovrebbero superare il doppio del prezzo di acquisto; mentre prodotti di prezzo medio e medio basso potrebbero oscillare fra le due e le tre volte rimanendo competitivi.

(C.M.)

(segue da pag. 15)