Il Tevere, dalla sorgente alla foce, una storia lunga un ... · Il Tevere con i suoi 406 Km. di...

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Il Tevere, dalla sorgente alla foce, una storia lunga un fiume vista con gli occhi dei bambini Classi III C e III D Scuola Primaria Giovanni Cena III Circolo Didattico – Perugia Anno scolastico 2010/2011

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Il Tevere, dalla sorgente alla foce, una storia lunga un fiume

vista con gli occhi dei bambini

Classi III C e III DScuola Primaria Giovanni Cena

III Circolo Didattico – PerugiaAnno scolastico 2010/2011

La documentazione è una parte sempre più importante del dovere professionale del docente. Attraverso essa si lascia testimonianza dei percorsi formativi realizzati con gli alunni ma è anche il momento per interrogarci sul lavoro programmato, sul target raggiunto in termini di competenze per gli alunni e di progetto didattico per gli insegnanti.Questo è lo spirito con il quale è stato realizzato il presente documento.Esso racconta un’esperienza condotta con l’ausilio di A.R.P.A. Lunga un anno di lavoro proprio come è lunga la storia del fiume Tevere.Gli obiettivi formativi disciplinari coinvolti nel possono essere riassunti nei seguenti punti, ai quali vanno aggiunte capacità di osservare, descrivere, narrare, ipotizzare: conoscere e comprendere le relazioni tra uomo e ambiente; conoscere e descrivere paesaggi della propria regione; assumere consapevolezza delle risorse naturali e acquisire comportamenti di rispetto e di uso sostenibile di quelle limitate; agire all’interno di ecosistemi secondo i valori di cittadinanza attiva; riconoscere i segni della storia dell’uomo in rapporto allo sfruttamento e all’adattamento alle risorse naturali . L’itinerario che si è sviluppato nel corso dell’anno è nato con queste intenzionalità didattiche: gli esiti in termini elaborativi e comportamentali sono rilevabili attraverso abitudini acquisite in modo naturale e spontaneo dai bambini e dalle loro famiglie.

Partendo da alcune riflessioni in campo di educazione ambientale … “Educazione ambientale: non si tratta soltanto di dare delle norme di comportamento, ma di far acquistare una “mentalità ecologica” che implica sia l’aspetto razionale che quello emotivo, sia il modo di pensare che quello di agire. Il prodotto altamente ipotetico di una buona educazione ambientale:-Dovrebbe innanzitutto amare la natura, dovrebbe sentirne la

bellezza. Ma non tanto la bellezza di tipo turistico quanto quella delle cose “normali” che si possono trovare dappertutto: le nuvole che corrono nel cielo, la variabili sfumature del fogliame di un albero mosso da una brezza estiva, l’ombra di un filo d’erba su un sasso, i riflessi nelle gocce di pioggia appese al ramo di un albero, la traiettoria di un uccello nel cielo …-Credo che il senso della bellezza della natura non sia innato, ma vada pazientemente costruito. Claudio Longo, Didattica della biologia, Firenze, La Nuova Italia, 1998

“Certo nella scuola italiana si pratica ormai diffusamente l’educazione ambientale che spesso però si confonde con l’informazione diffusa sui problemi ambientali o con l’induzione a buoni comportamenti, e che oltretutto, di fatto, rimane relegata a qualche aggiunta nei programmi scolastici o a qualche unità didattica, riproducendosi perciò come un lavoro di nicchia che non riesce mai a scalfire l’organizzazione culturale della scuola, né a modificare gli statuti delle discipline …” Alfabeti ecologiciMinistero dell’ambiente Gruppo di Saggi costituito dal Sottosegretario Laura Marchetti

La legge più importante degli ultimi 15 anni, l’autonomia scolastica, è in totale consonanza con queste esigenze di cambiamenti culturali e pedagogici profondi. E’ centrata sul passaggio dalla scuola del programma alla scuola del curricolo

per garantire competenze adeguate a tutti gli studenti.Queste considerazioni ci inducono a ritenere anche la progettualità rivolta all’educazione ambientale come una parte integrata appieno ai nuclei disciplinari perché per essere cittadini consapevoli è fondamentale essere ancor prima cittadini competenti. Quando parliamo di un apprendimento che fa diventare

competente, noi ci riferiamo a qualcosa che si apprende fino in fondo, di cui si prende possesso, che si padroneggia. Non si tratta di memorizzare soltanto un’informazione che può esser subito dimenticata, che si assume magari per dovere o per benevolenza nei confronti dell’insegnante, informazione che si può verificare con un test oggettivo; parliamo invece di un apprendimento acquisito in profondità, che mette in grado chi impara di servirsi di quella conoscenza nei diversi contesti di uso …

La conoscenza del territorio, le sue potenzialità e risorse appartiene alla sfera dell'educazione ambientale, della cittadinanza attiva sulle quali le giovani generazioni devono essere formate.

L'ecosistema fluviale, dalla sorgente alla foce, per gli alunni della scuola primaria Giovanni Cena di Perugia, ha rappresentato la possibilità di studiare in modo attivo e concreto le acque interne dell'Umbria ed in modo particolare il percorso del fiume Tevere.

Un modo diverso e più aderente alle naturali motivazioni che muovono i bambini nella scoperta delle discipline geo-scientifiche e della storia umana che si è intrecciata con la storia naturale.

Il Tevere

Io sono quello che vedi radere le spondecon pieno corso e attraversare ricchi campi

il ceruleo Tevere, tra i fiumi il più gradito al cieloqui è la mia grande dimora

e la mia foce scaturisce tra nobili città (Virglio)

Il nostro percorso

Le risorse del territorio non consistono solo di elementi naturali. Vi è anche una rete composta da agenzie formative, Enti locali, associazioni che nel vigilare gli ecosistemi mettono le loro esperienze e competenze a disposizione della scuola.

Noi abbiamo goduto di una grande opportunità offerta dalla attenzione dell’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale al progetto scolastico, sostenendone costi e risorse umane, divenute per i nostri alunni figure di riferimento educativo e formativo: veri e propri maestri dell’ambiente.

Ciò che segue è il racconto realizzato con le classi di un’esperienza eccezionale che ci ha visti coinvolti in un percorso lungo … quanto il fiume Tevere!

Il Tevere, il biondo fiume,è il corso d’acqua dolce più importante per la nostra regione. Scorre lento e maestoso nei pressi del capoluogo regionale, Perugia, ma i suoi primi vagiti provengono dal monte Fumaiolo, un massiccio che fa incontrare tre regioni italiane ricche di storia e di storie che il fiume racconta scendendo giù dai pendii della montagna per giungere fino al mare, dove si prede nelle acque azzurre e salate in un abbraccio di color verdastro e dal sapore salmastro.

I calanchi del Fumaiolo

Il Tevere, terzo fiume d’Italia, inizia la sua vita con uno scrosciar di acqua, forte ed irruenta come è la gioventù, spavaldo e già prezioso per le popolazionidi Balze e di Santo Stefano. Le sue cascate che si diramano tra la faggeta secolare le cui radici nodose e contorte sono visibili, come se avessero bisogno di luce e sole per sorreggere il peso di tronchi, cortecce e rami, ridono e brillano tra chiazze di neve e soffici tappeti di foglie brune.

Foglie e ramoscelli che caduti insieme ai resti di piccoli animali, diventeranno in breve tempo prezioso humus

per far nascere rigogliosi i fiori della montagna, primule, colchi, anemoni selvatici e bucaneve.

La salita alla faggeta, svettano alti i faggi con il loro tronco nudo e le radici come mani aggrappate al suolo …

La sorgente: il luogo da cui l’acqua sotterranea sgorga alla luce del sole. Una fonte di vita che frizza spumeggiante e suonante con tutta la forza dirompente che riesce a trovare un passaggio tra la dura roccia del monte.

Acque limpide che però vanno sapute analizzare, riconoscere per proteggerle, difenderle dai tanti danni provocati dall’uso insensato che l’uomo ne ha fatto. C’è bisogno di comprendere, di capire per salvaguardare le nostre risorse limitate, lo dobbiamo fare da piccoli, per diventare cittadini veri da grandi

Il Tevere le cui sue acque fresche e zampillanti sono trasparenti e limpide, dal sapore ricco di sali minerali, di terra odorosa ed operosa, di frescura dopo la salita dura ed impervia per un viottolo scosceso. E’ li che si raccontano storie di uomini e folletti, di personaggi fiabeschi ma reali, come le storie di Osvaldo, il grande raccoglitore di diari dei partigiani, dei traghettatori, dei boscaioli di Pieve Santo Stefano.

A Pieve Santo Stefano le acque del fiume sono trasparenti, scivolano tra i sassi del letto fluviale ancora mormorando la vita che portano con sé: trote, molluschi, larve, alghe, libellule ed uccelli che nelle acque si rifocillano e si riposano. L’ecosistema del fiume inizia da qui.

“Che cosa si richiede ad una scuola che punti sulla costruzione di competenze?

La domanda non dovrebbe più essere: “ho fatto una bella lezione? Ma piuttosto: “Che cosa ho suscitato nello studente?

L’ho fatto pensare, ho modificato le sue conoscenze, ho messo in discussione le sue certezze, ho sollecitato un pensiero produttivo, l’ho aiutato a risolvere un problema, a guardare se stesso e gli altri

con maggiore attenzione, riflessività e voglia di migliorare?”Nasce da questa impostazione l’abitudine a riflettere insieme, a

discutere sulle esperienze vissute e avviare in tal modo i processi di meta-cognizione culturale

Il Tevere con le sue anse, i meandri, con la portata e il regime:

solo se li vedi, li osservi, li capisci e li proteggi. Il cammino diventa sinuoso, sempre più lento come la vita di un ragazzo che sta diventando

grande e saggio.

Il Tevere presso Ponte Felcino

Presso il Bosco Didattico di Ponte Felcino,

il maestoso letto del biondo fiume

E’ bello sedersi ad ascoltare, perciò, le storie di fiume e degli alberi che,

rigogliosi affollano lo spazio del Bosco Didattico. Storie antiche, leggende, miti

che costituiscono la nostra cultura, ci dicono chi siamo oggi, da dove veniamo e

dove andiamo.

“Sai che gli alberi parlano?Sì parlano. Parlano l'un con l'altroe parlano con te,se li sai ascoltare.Ma gli uomini bianchi non ascoltano.Non hanno mai pensatoche valga la pena di ascoltarenoi indiani e, temo che non ascolterannonemmeno le altre voci della Natura.Io stesso ho imparato molto dagli alberi:talvolta qualcosa sul tempo,talvolta qualcosa sugli animali,talvolta qualcosa sul Grande Spirito.” (Tatanga Mani) Michele e il suo flauto mentre racconta

la storia di un antico albero

Traghettatori di un tempo trasportavano da una sponda all’altra,

persone, animali, cose: è quello che accadeva solo pochi anni fa sul letto

ingrossato del Tevere presso Ponte Felcino:

il tratto più urbanizzato del suo lungo cammino regionale.

E’ qui che si sentono ancora le voci delle lavandaie,

dei contadini, della gente povera che poteva permettersi una vacanza ….

Nuotando nelle fredde e movimentate acque del fiume.

I piccoli traghettatori all’opera

Un’esperienza esaltante, in cui il gioco e il corpo fanno scoprire la dura fatica del traghettatore , attraverso l’uso di materiali di recupero

Le acque, il vento, il sole, la terra … le fonti della nostra vita. La vita che nasce da un seme caduto dal frutto, trasportato dal vento,

di piante che sanno che la specie avrà così modo di continuare ad esistere,

ad essere: acacie, aceri, .. semi galleggianti, come barchette che possono scivolare

silenziosi tra i sassi per poi andare ad radicarsi e germogliare

in posti lontani dai loro padri, rendendo omaggio alla biodiversità.

E per finire ... facciamo cerchio per risistemare le idee

ma anche fare un sana merenda!

Dal ruscello al grande fiume che attraversa ben tre regioni.Il Tevere con i suoi 406 Km. di lunghezza, che attraversa la città

eterna, Roma, la ravviva con il suo maestoso passaggio

tra antiche vestigia che parlano di mercati, di guerre ma anche di amori e di eroi. La foce

Un nutria guarda curiosa il passaggio di un battello,una tartaruga gioca in equilibrio sopra un vecchio tronco, un pescatore rugoso e sereno trascina la sua rete cercando di prendere pesci che guizzano all’improvviso in cerca di zanzare e insetti.

Germani e gabbiani che qui si danno appuntamento per scambiarsi notizie che vengono da paesi lontani: è la foce del Tevere che si allarga come un imbuto per bere l’ultimo sole di primavera.

Le sponde si allontanano, le acque assumono un colore particolare, terragno, giallastro, verdastro: il luogo adatto a mimetismo di tanti animali in fuga dal

rumore, dal clamore del vociare umano.

Nidi di aironi e di pendolini tra i canneti del canale che si apre man mano scoprendo l’orizzonte, vasto,

misterioso, azzurro di un mare increspato pronto

ad accogliere nuova acqua che racconta storie di fiume.

Il nido di un “pendolino” che dopo la lunga migrazione trova tra il canneto fluviale il luogo adatto alla costruzione della sua casetta

La vegetazione spontanea ripariale che accompagna il fiume nel suo ingresso al mare …

L’incontro tra le acque dolci del fiume e quelle salate del mare: un lungo abbraccio che suggella il patto dell’acqua con la terra

Vi sono tuttavia anche problemi irrisolti, interni alla tradizione dell’educazione ambientale…

Un primo aspetto riguarda le modalità culturali, pegagogiche ed organizzative che hanno caratterizzato l’educazione ambientale con la presenza da molto tempo nelle scuole del referente dell’educazione ambientale. Ciò ha rappresentato e rappresenta indubbiamente un aspetto positivo per il riconoscimento che viene così dato all’educazione ambientale, ma anche un limite, il rischio, cioè, della marginalità dell’educazione ambientale nella scuola nel suo insieme.La meta, tutt’altro che facile, dovrebbe essere il coinvolgimento di tutti gli insegnanti e di tutte le discipline nella dimensione dell’educazione ambientale, che non si esaurisce in specifici progetti, ma comporta più in generale una riforma del pensiero.

Un secondo aspetto è quello dell’utilizzo pedagogico del dispositivo dell’interdisciplinarità. L’educazione ambientale è stato uno degli ambiti dove maggiormente le impostazioni pedagogiche ingenue e spontaneistiche hanno operato, pensando in questo modo di essere fedeli alla cultura ambientalista che per statuto rifiuta il riduzionismo e condivide il paradigma della complessità. Ma le buone intenzioni non sono sufficienti per realizzare percorsi didattici significativi. Non c’è nulla di significativo in molte esperienze, in teoria interdisciplinari, dove l’attività didattica parte da un problema, una situazione ambientale, ma poi le varie discipline coinvolte vengono trattate separatamente e molto spesso (e ciò rappresenta la negazione dell’educazione ambientale) con impostazioni tradizionali, disciplinariste, nozionistiche e trasmissive.

Noi abbiamo scelto di agire secondo le seguenti riflesisoni …“il modello di educazione ambientale che proponiamo è un modello fortemente interdisciplinare, e pensiamo che non possa essere diversamente, dal momento che l’EA si occupa della relazione uomo/ambiente, ovvero di un rapporto vivo e reale tra noi e tutto ciò che ci circonda … Ogni disciplina può partecipare a definire un processo di EA, pur riconoscendo la propria parzialità (così come il proprio specifico contributo) e la propria inadeguatezza al compito generale. E’ la complessiva azione scolastica che può caratterizzarsi come efficace EA” …Interdisciplinarità, allora, può essere intesa come l’intrecciarsi di discipline nel dialogo con le menti dei ragazzi secondo la stato di maturazione dei problemi e delle conoscenze.All’interno di questa nozione di interdisciplinarità possono avere un loro significato effettivo anche comunanze di obiettivi cognitivi, metodologie comuni, interventi interpretativi su uno stesso “oggetto” di ottiche disciplinari diverse: secondo i casi, le opportunità, le utilità. (Educazione ambientale: la proposta di Pracatinat, Quaderno 1, 1991)

I protagonisti...

Le docenti e gli alunnidelle classi III C e III D

Scuola PrimariaGiovanni Cena

III Circolo Didattico di Perugia

Michele Sbaragli Francesco Zuccherini

A.R.P.A. Umbria

Ass.ne scientifica Psiquadro