Tevere Sodalizio Lazio Aprile 2012

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EORUM CLARITATEM VESTIG ATIONES JULY 23, 2005 TEVERE (TRIBUNA) APRILE 2012 ANNO 1 - NUMERO 6 RACCONTI DI VITA, DI CAL- CIO E DI LAZIO DA E PER IL SODALIZIO BIANCOCELESTE . ..TI AMO E POI TI ODIO E POI TI AMO... COME TE SEI GRANDE SOLAMENTE TU.

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EORUM CLARITATEM VESTIG ATIONES ! JULY 23, 2005TEVERE(TRIBUNA)

APRILE 2012ANNO 1 - NUMERO 6

RACCONTI DI VITA , DI CAL-CIO E DI LAZIO DA E PER IL SODALIZIO BIANCOCELESTE

...TI AMO E POI TI ODIOE POI TI AMO...COME TE SEI GRANDESOLAMENTE TU.

in ricordo di Giorgio Chinaglia

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 2

Molto conta dal proprio an-no di nascita, i conti sono presto fatti. Puoi avere un ‘età da ragazzino, da ra-gazzo, da uomo da anziano, ognuno di noi si ricorda di  ”Giorgione”, ognuno di noi ricorda una partita vi-sta con il numero nove in casacca biancoceleste che “distruggeva” le difese dell’altra squadra. Ricordi indelebili per chi, come scritto, abbia vissuto, in qualsiasi età,  Giorgione in campo. Per chi non lo ha vissuto ci hanno pensato e tuttora ci pensano i Padri, i Nonni a farti conoscere o riscoprire Giorgione. La Storia di “Giorgio goal” è personale, ognuno la rac-conta a modo suo nei ricor-di o come gli è stata rac-contata. Chinaglia, Gior-gione, Long John, dai canti agli slogan questa persona ha influenzato il tifoso biancoceleste. Il calciato-re, il presidente, l’”ac-quirente”: tre punti nella vita di Giorgio. I giorna-listi, o quelli che tentano di fare questo mestiere, sicuramente potranno rac-contare meglio la vita di Giorgio ma sempre da una

tribuna stampa, mai da un settore di curva o tribuna composti da tifosi. I miei ricordi sono tanti come si-curamente quelli di chi leggerà questo articolo, dalle figurine panini con la sua immagine fino al-l’albergo sulla Cristoforo Colombo quando era tornato nel 2006 per riprendersi la Lazio. Stiamo parlando di circa quaranta anni di sto-ria della nostra tifoseria, della nostra società e sono convinto che tutti sanno chi era Giorgione: ha con-dizionato per tutto quel tempo la storia della no-stra passione. Oggi tutti lo ricordano, tutti lo piangono, tutti, ma proprio tutti, parlano di Giorgio-ne. L’immagine del suo ri-gore del primo scudetto in quel Lazio-Foggia, l’imma-gine della sua partenza verso l’America, l’immagine del suo ritorno nel 1983 ...alle dieci di mattina all’aeroporto di Fiumicino, l’immagine del suo falli-mento societario, l’immagi-ne del suo secondo ritorno in quell’albergo sulla Cri-stoforo Colombo o sotto la sede della CONSOB. Con i

in ricordo di Giorgio Chinaglia

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 3

tifosi sempre con lui in ogni occasione. Giorgio Chinaglia: un bel problema ricordarlo, troppe cose ci legano e ci allontanano da lui, ma il primo aprile del 2012 alla notizia della sua morte, come sempre avviene, tutti i ricordi sono ritor-nati nella mente. Le sue corse sotto la curva degli altri, i suoi goal, negli alberghi di tutta Italia ad aspettarti, quando il tifo-so giovane arrivava e gli diceva: “a Gio’ abbiamo problemi” e lui puntualmen-te te li  risolveva, ha aiutato tutti fino a quel maledetto anno 2006, un an-no maledetto ed infame come pochi anni si possono ri-cordare nella storia della nostra tifoseria. La tele-fonata “Aho’ Giorgio vuole riprende la Lazio” è la stessa di trenta anni prima quando ti telefonava l’ami-co di classe e ti diceva” Aho’ Giorgio gli ha sfonna-ti” o quella da ragazzo “ Aho’ arriva Giorgio a Fiu-micino”, sempre lo stesso concetto con voci diverse, e tu insieme a tutti corre-vi, c’era Giorgione non ci riuscivi a dirgli di no.

Anno 2006 non ci sono riu-scito a dire di no anche quella volta, una “volta” infame che poi punirà in-giustamente dei tifosi e lui, tuo campione, del pas-sato farà una figura pessi-ma nei confronti della ti-foseria. Triste ricordarlo cosi’ quando oggi tutti lo ricordano per le sue gesta belle per le sue reti ma io lo voglio ricordare come l’ho visto l’ultima volta. Il vero “amore” per Gior-gione era li’, nel 2006, troppo “facile” fare l’in-namorato quando è  Capocan-noniere o Presidente sfut-tandolo, come tanti che og-gi piangono, hanno fatto. Il vero amore stava li’, in quell’albergo sulla Cristo-foro Colombo dove un gruppo di uomini  ascoltavano in silenzio le parole del loro “invincibile  guerriero” e con fede cieca gli stavano  vicino senza fare calcoli su nulla. Erano gli stessi ragazzini che vedevano Giorgio giocare da piccoli, erano gli stessi ragazzi che lo hanno visto Presi-dente e, seppur pagando sempre in prima persona, come sentivano Giorgione

in ricordo di Giorgio Chinaglia

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 4

tutto era concesso e auto-maticamente si staccava il cervello. Purtroppo fini’ male, troppo male, peggio del suo primo tentativo realizzato ma poi pagato “amaramente” e anche pur-troppo “legalmente” con il Presidente Calleri: ”diffi-de”, “denunce”, partite vi-ste all’Olimpico come in trasferta, con cerchio di forze dell’ordine intorno a quei ragazzi. Oggi tutti piangono Giorgio. Anche io, anche noi, anche quei ra-gazzi che hanno pagato in-giustamente

un amore verso Giorgione. Giorgione puo’ solo capirlo chi lo ha vissuto: da Cal-ciatore, da Presidente, da “acquirente”. Per fortuna e purtoppo io e tanti altri  lo abbiamo vissuto e lo ab-biamo amato veramente, al-tri stiano zitti nel ri-spetto della sua morte!  

Riposa in Pace Giorgione.

Antonio Grinta

in ricordo di Giorgio Chinaglia

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 5

Evviva Long John.Ci voleva purtroppo la scom-parsa di un calciatore ban-diera come Giorgio Chinaglia, per riunire tante persone al-lo stadio, un atto comune, un coro unanime, ognuno ha volu-to dare il suo personale sa-luto a quell’uomo che imper-sonificava il tifoso sul cam-po da gioco. Anche noi abbia-mo voluto omaggiare Long John con uno striscione. Parole dettate da una canzone di Mi-na e soprattutto dettate dal cuore. E quindi a più di 40 anni suonati e oltre siamo ancora lì: vernice e pennello e via. Non importa quanto ci mettiamo, non importa se la famiglia e’ a casa che ti aspetta, non importa se e’ il fine settimana, se c’e’ la Pasqua alle porte, non impor-ta. E allora ritorni per un po’ ragazzo, tanti ricordi, belli e brutti che siano, nel

nome di una squadra di nome S.S. LAZIO, che ti por-terai sempre dietro, fino al-la fine dei tuoi giorni. For-se quell’esempio di mentalità ultras e di tramandare dai più vecchi ai più giovani l’essere tifoso, anche con un semplice striscione, ieri se-ra e’ stato dato. dedicato ai ragazzi della curva che into-navano goliardicamente oi vi-ta oi vita mia, a quelli del-la tribuna non più tanto gio-vani che sventolavano le ban-diere, e a Giorgio che ci vede dall’alto insieme a tan-ti altri e soprattutto ai ti-fosi che non ci sono più.

Paolo Vecchi Spalti

a fil di palo

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 6

tutto scorre.Oggi i bar non sono più famo-si come un tempo e capita sempre più spesso che il ru-more delle palle da biliardo che cozzano tra di sé venga sostituito dal vociare di te-levisori ultrapiatti sempre accesi. Questi focolari post moderni sono quasi sempre sintonizzati su partite di calcio. Ve ne sono ogni gior-no e ad ogni ora, da ogni an-golo d’Europa. E se poi l’Europa non dovesse basta-re, c’è sempre il Sud Ameri-ca che viene in soccorso a chi vuole placare questa atavica fame di pallone. Un torneo Apertura o un buon Clausura non si negano a nessuno, mentre i pochi bi-liardini rimasti ( in pro-vincia ve ne sono ancora, lo giuro ) accumulano polvere e nostalgia. Non di solo cal-cio vive l’uomo ! Si dirà. Confermo e approvo. Infatti l’etere riempie i bar di ce-stisti di ogni dove, rugbi-sti dell’Oceania e pugili che non si accontentano più delle sole mani, ma che gon-fiano come zampogne gli av-versari a suon di ginocchia-te e calci in faccia. Il bello è che la situazione collettiva sembra di là da venire: il calcio perenne non stanca mai e lo sport ne costituisce valido corolla-

rio. Ma vi sono delle ecce-zioni meritorie. Di recente mi è capitato di conoscere il presidente di uno sparuto To-ro Club del Centro Italia. Mario, così si chiama, fa il barista e proprio il suo lo-cale è la sede del club. Ma udite, udite, nel bar il te-levisore non è sempre acceso, per il semplice motivo che non c’è. In compenso ci sono due vecchi flipper e alcuni mazzi di carte così piegate ed ingiallite da sembrare delle piccole tegole. Da Ma-rio nessuno chiede un cock-tail, ma potete stare sicuri, se vorrete, vi servirà un prosciutto notevole ed un rosso schietto. Appeso alla parete un gagliardetto sfran-giato e arricciato in fondo, ricorda i tempi in cui il To-ro aveva vinto solo sei scu-detti ma non aveva conosciuto tutte le retrocessioni degli ultimi anni. “ E per le par-tite del Toro come fate ? “ non ho potuto fare a meno di chiedere. “ Quando si può si va allo stadio, ma sempre me-no, perché non siamo più dei giovanotti. Sennò tutti a ca-sa mia: due spaghetti e forza Toro ! “. Ci credete se vi dico che mi sono commosso ?

Giacomo Serafinelli.

fuorigioco

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 7

Kinks e Oasis ovvero Caino ed Abele, nel brit pop.Due gruppi del brit-pop entrambi legati dalla presenza nelle loro fila di due fratelli litigiosi e talentuosi. I Kinks so-no nati alla metà degli anni sessanta. Gli Oasis trent’anni dopo. I primi sono gli inventori del-l’hard rock. I secondi hanno preso tutto quello che c’era da prendere dalla musica pop dei Bea-tles e Lennon e altri e lo hanno miscelato con le sonorità più recenti per dare al pubblico di tut-to il mondo il tesoro delle melodie pop degli anni 60 e 70. Vendendo montagne di dischi. En-trambi creatori di hit mondiali che resteranno nelle teste e nei cuori di tutto il popolo rock. I Kinks dopo un paio di singoli sfortunati, tira-rono fuori nell’estate del ’67, una canzone con un riff di chitarra tosto e ripetitivo.”You really got me”, sfonda in patria e negli Usa. Non è un ca-so che alla chitarra in quel pezzo c’è uno che

farà tanta strada nel-l’olimpo dei chitarristi, quel Jimmy Page futuro eroe degli anni 70, con i Led Zeppelin. Gli Oasis nel ’94 tirano fuori il loro primo album, dopo tre singoli già di suc-cesso, il loro :”Defeni-tely Maybe”. Sette milio-ni di copie vendute. Fa-ma, gloria, soldi, arri-vano subito e meritata-mente. Nelle file dei Kinks, i fratelli Ray e Dave Davies. Negli Oasis, i fratelli sbruffoni Liam e Noel Gallagher. Nelle corso delle carriere di entrambi i gruppi, en-trambi le coppie di fra-telli daranno vita a ris-se e litigi che sfoceran-no in un odio reciproco e durevole. I fratelli Davies, in tour negli Usa, danno vita ad una rissa perfino in uno show televisivo. Nei loro pre-cedenti concerti europei, avevano già dato prova di essere subito infiam-mabili e rissosi. Dopo di che, vengono banditi dal suonare in America per quattro anni. I fratelli Gallagher litigano furio-

fuorigioco

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 8

samente poco prima di sa-lire sul palco. In qual-che concerto Noel deve sostituire Liam, la voce ufficiale della band che si rifiuta di cantare ac-canto al fratello, in più di una data. Litigano fu-riosamente sotto i ri-flettori della golosa stampa dei gossips. Eppu-re agli inizi degli Oa-sis, Liam che con alcuni dei suoi amici di scuola già strimpellava nelle cantine di Manchester, dopo l’arrivo nel gruppo del fratello minor, ma più esperto musicalmente, Noel, avevano accettato la richiesta di quest’ul-timo di prendere il potere completo della band da lui fondata. Nel corso degli anni dei tour mondiali, sempre sold out, gli screzi diventano sempre più forti e insostenibi-li. Fino all’estate del 2009, a tre date conclusive del tour, Noel molla il fra-tello e la band e sbatte la porta. Sembra che come in passato possano tor-

nare a fare pace a casa della mamma. Invece sta-volta è proprio la fine. E i fratelli Davies?. A distanza di anni, dopo una carriera di mezzo se-colo di fortune artisti-che alterne ancora si in-sultano a vicenda tramite le interviste giornali-stiche. Che il rock e roll sia davvero una creazione del diavolo?

Francesco Longobardi

moviola

TRIBUNA TEVERE N.5 - MARZO 2012 PAGINA 9

Ti ricordi di Liver-pool-St Etienne? Perché mi vengono in mente questi ricordi proprio ora? Mi pare che molti fans spesso tornino con la mente a partite antiche e a vec-chie vittorie. Serate che sono diventate leggenda, come quella del 16 marzo del 1977. Il St Etienne era una top team del calcio eu-ropeo, nel 1976 erano stati finalisti contro il Bayern Monaco, in Coppa dei Cam-pioni, probabilmente erano favoriti per la vittoria finale anche nel 1977. Quando affrontarono il Li-verpool, nei quarti di fi-nale di Coppa dei Campioni, tutti noi, sapevamo che era una gara difficile, anche perché, nella partita di andata, i francesi si erano imposti per 1-0. Però men-tre eravamo sulle gradina-te, aspettando il fischio d’inizio della gara, abbia-mo intuito che li potevamo

battere, che la nostra squadra era sull'orlo della vera grandezza, la possibi-lità di vincere era nel-l'aria quella notte e anche io la sentivo, come un bam-bino. Ero nella Kop con mio padre (un cockney !) quella sera. Siamo arrivati pre-sto nelle nostro solito po-sto, in alto a destra sopra la famosa 'Pissing Wall' di Anfield. Ricordo che, i tifosi in trasferta con i loro colori verdi e bian-chi, erano tantissimi. Ero un bambino, allora il ter-reno di gioco mi sembrava enorme e vedevo la porta, dall’altra parte del campo, davvero distante. Come in tanti hanno raccontato tem-po dopo, anch’io sono con-vinto che gli spettatori quella sera fossero molti di più rispetto al dato 'ufficiale', perché la Kop contiene circa 25000 tifo-si, ed il nostro settore normalmente è abbastanza tranquillo. Quella notte, però, eravamo tutti stipati come sardine, in particola-re dopo il secondo tempo ( I cancelli erano forse sta-ti aperti ? ). Quella parte in alto della Kop era una delle zone più tranquille per vedere la partita, ma

moviola

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 10

non quella sera , quando Kennedy ha segnato la prima rete per poco non mi sono rotto la gamba, lanciandomi sui tifosi sottostanti. Mio padre di solito mi teneva a bada, ma quella notte non ci riuscì. Così i miei ri-cordi di quella vittoria sono ancora ben nitidi nel-la mia mente anche se, quella partita l’ho vista davvero poco. Ero troppo piccolo per vedere bene il campo, vedevo la gente da-vanti e me agitarsi, le sciarpe tendersi, le ban-diere sventolare. Ricordo che immaginavo quanto acca-deva in campo dai commenti che facevano i tifosi ac-canto a me. Ricordo la tre-pidazione, quando Fair-clough cercava di control-lare la palla sul campo fangoso, tutta la Kop sem-brava gridare “daì' e poi trattenere il respiro. Pas-sa! dai! avanti! goal! Ho pensato che avevamo segna-to. “Fatemi sapere se Iam ha invece sbagliato!” chie-si ai tifosi accanto a me. Quella notte la Kop è stata davvero indimenticabile... come i lividi sulle gambe che mi sono venuti dopo la gara, ci sono volute setti-mane per farli andare via.

Ma cosa importava! Devo am-mettere però, che è stata la prima e unica volta ( almeno per me ) che la Kop, mi ha anche spaventato. So-no stato letteralmente tra-scinato via dalla folla do-po il fischio finale e ri-cordo di aver pensato “qua-lunque cosa accada, non ca-dere”. Sono poi arrivato verso i boccaporti di usci-ta, mi sono messo in un an-golo fino a quando mio pa-dre e i suoi amici mi hanno raggiunto. Festanti siamo usciti tutti insieme. Quel-la notte di trepidazione alla fine è stata premiata ed infatti ci siamo quali-ficati battendo i francesi per 3-1. Una serata epica. Il resto della storia di quella stagione lo conosce-te bene. A Roma, nella fi-nale, con il Borussia M’Gladbach, abbiamo vinto la nostra prima Coppa dei Campioni. E ora spero che una notte come quella si possa ripetere presto. Team vs St Etienne: Clemen-ce, Neal, Jones, Smith, Kennedy, Hughes, Keegan, Case, Heighway, Toshack (Fairclough), Callaghan. Spettatori: 55,043

Bill - 5 times

moviola

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 11

110 e Lane.Passano gli anni, i mesi e, se li conti, anche i minuti… cantava Fabrizio De André. E per te, caro Lane, di anni ne sono passati 110. Anni indi-menticabili. Anni unici. Anni più o meno felici, ma comun-que magici. Anni scolpiti nella memoria dei tanti, tan-tissimi tifosi che per questi colori hanno gioito e hanno sofferto. E molto spesso han-no anche pianto. Perché il Lane è soprattutto questo. È amore, è passione. Vera, au-tentica, genuina. Proprio co-me la sua gente. E se da un lato sarà pur vero che non si può vivere solo di ricordi, dall’altro aveva ragione il “nostro” Francesco Guidolin, che salutando la città del Palladio disse: “Uno dei per-ché valga la pena vivere è costruire dei ricordi, e io qui ne ho costruiti di mera-vigliosi”. E allora godiamo-celi i nostri ricordi, oggi più che mai. Perché niente e nessuno ce li potrà mai por-tare via. Da quel 9 marzo 1902, quando un gruppo di ap-passionati costituì l’Acivi, al 1942, l’anno della prima vera promozione in serie A. Da quella doppietta al torneo di Viareggio dei ragazzi d’oro di Berto Menti nel ’54 e ’55, allo straordinario ventennio in serie A (1955-

1975) targato Savoini, Lui-son, Vinicio, Campana, Zop-pelletto, Cinesinho, Sormani. Dal Vicenza di Gibì Fabbri, così bello da essere ribat-tezzato Real, alla sciagurata discesa in serie C, dove però arrivò una Coppa Italia sotto la guida di Giancarlo Cadè. Dall’indimenticabile spareg-gio di Firenze del Magico Vi-cenza di Bruno Giorgi ad un altro spareggio, quello di Ferrara, dove i gol di Zamu-ner e Tacchi scacciarono i fantasmi della C2. Dalla sciagurata gestione Caramanno alla risalita firmata Ulivie-ri. Dal Vicenza di Guidolin, che condusse i colori bianco-rossi là dove mai nessuno li aveva portati, a quello di Reja, per l’ultima promozione in serie A. E scusate se è poco…In attesa di tempi mi-gliori, certo. Perché se oggi “non è tempo dei processi”, è comunque bene ricordare che il Vicenza e i suoi tifosi meritano di più. Anzi no. Molto di più. E allora buon compleanno caro Lane: che il tuo vecchio cuore biancorosso possa battere per altri 110 anni…

Efrem Bertoli

moviola

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 12

Il Racing de Santander ha compiuto 99 anni.Il 23 febbraio del 1913, il Racing de Santender, disputò alle 15.30, il primo incontro della sua storia diventando poi, con il passar degli an-ni, la squadra di riferimento della regione della Canta-bria. Questa storica gara si disputò contro lo Strong, an-ch’essa, una squadra di San-tander della stessa epoca, e la partita si concluse con il risultato di 2 – 1. In quei tempi il football stava muo-vendo i suoi primi passi nel-la Comunità Autonoma della Cantabria, e già esistevano varie squadre, ma fin dai primi giorni della sua sto-ria, il Racing si mise in evidenza rispetto alle altre. Si fuse, in seguito, con il Real Santander, squadra riva-le della città, tesserandone, nel 1915 nove componenti, in qualità di giocatori e di so-ci, e riuscendo, in questo modo, a diventare un club più grande e più forte. Il Racing ha compiuto nei giorni passa-ti il traguardo dei 99 anni, grazie alle tante persone che nel corso degli anni, hanno dato il loro tempo ed il loro entusiasmo per il club più seguito e amato della Canta-bria. E’ stato un club di ri-ferimento negli anni '30, che ha giocato epiche partite

contro l'Athletic Club Bilbao in tante stagioni, fino a quando la guerra civile bloc-cò sia il mondo del calcio che la società spagnola. Dopo la pausa bellica, il Racing ne uscì molto indebolito per le perdite subite, e retro-cesse in seconda divisione, per tornare poi nella massima serie solo dopo cinquanta an-ni. Il club è sempre stato una fucina di grandi giocato-ri che, però, hanno dato il meglio in altre squadre, an-che perché per molti anni, il Racing, ha spesso avuto dei pessimi dirigenti. Nei decen-ni più recenti, dall’inizio degli anni '90, è sempre sta-to considerato come un club grintoso che ha alternato stagioni in prima con altre in seconda divisione: nel 1993 è tornato in prima divi-sione, retrocedendo solo nel campionato 2000 / 2001, per essere poi nuovamente promos-so, nella stagione successi-va. In quegli anni, il Racing ci ha regalato un anno memorabile in Europa, e un paio di semifinali della Copa del Rey, titolo mai neppure sognato dal racinguismo. No-nostante le buone stagioni sul campo di gioco, negli ul-timi dieci anni il club ha avuto dei grandi problemi con i suoi presidenti, come Pi-terman, o l’attuale, Syed

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TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 13

Ali: quest'ultimo rappresenta il peggior presidente nella storia del club, insieme a Francisco Pernia. Nonostante gli evidenti problemi istitu-zionali, di cui soffre il Racing, il 23 è stato un giorno di festa e di ricordo dei nostri momenti migliori ma anche peggiori, ma soprat-tutto è stata la celebrazione di coloro che hanno combattu-to, o semplicemente provato qualcosa per questo simbolo, ed è stato un giorno emozio-nante che non poteva passare inosservato da parte di tutti i suoi tifosi e simpatizzan-ti. Siamo arrivati a questo novantanovesimo compleanno, con lo scopo di superare i nostri notevoli disagi sia istituzionali che sportivi, e possiamo riuscirci solo gra-zie all'unione tra tutti i

sostenitori del racinguismo. In questo brutto momento, il Racing ha ospitato uno dei suoi rivali della Spagna del nord, lo Sporting Gijon, in una partita in cui le due squadre si sono giocate anche il loro prossimo futuro sportivo. Per questo motivo la tifoseria racinguistas ha fatto un grande tifo e dato prova della sua forza, al Campos dei Sport del Sardine-ro, di fronte anche ad un buon numero di tifosi ospiti della "mareona". Oggi non posso che fare gli auguri al Racing per il suo novantano-vesimo compleanno, ma anche all'intero mondo del racin-guismo, che gioisce e soffre con il nostro club. Auguri Racing de Santander.

Felipe de la Torre

moviola

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 14

Auguri Mister GiagnoniAlcuni giorni fa, esattamente il 23 marzo, ha compiuto 80 anni un grande della storia del calcio, che agli inizi degli anni Settanta, per l’esattezza tra il 1971 ed il 1974, ha guidato il Toro ri-portandolo a respirare l’aria buona dell’alta classifica. Sto parlando di Gustavo Gia-gnoni, “ l’uomo col colbac-co”. Quando al suo posto si insidiò sulla panchina grana-ta Gigi Radice, alla domanda del giornalista : “ Cosa pur fare lei, per migliorare que-sta squadra?”. Il mister di Cesano Maderno rispose: “ Prendo una squadra dove il puré è già stato fatto da Giagnoni“. Effettivamente “don Gustavo” (per imitare il quale molti tifosi andavano allo stadio col colbacco), era stato voluto dal presi-dente Pianelli, proprio per essere l’uomo del rilancio granata. Alla quarta giornata di campionato 71-72, dopo la vittoria sul Cagliari di Gigi Riva, il Toro tornò in testa alla classifica. Era la prima volta dalla tragedia di Su-perga. Il destino non fu be-nevolo in quel campionato, che resterà nei ricordi dei tifosi granata per il famige-rato gol di Genova, annullato ad Agroppi. Ma la squadra era stata caricata da Giagnoni in

un rinnovato spirito agoni-stico che rinforzò nei gioca-tori l’odio sportivo verso i gobbi, tanto che il derby di ritorno fu vinto per 2-1 il 26 marzo del 1972. Ma ad un altro derby, quello che si disputa al Comunale il 9 di-cembre del 1972, è legato il ricordo più intenso dell’uomo col colbacco. Gustavo Giagno-ni, granata nell’anima, esa-sperato dagli sfottò di Cau-sio, non ci vede più e gli sferra un pugno che lo lascia a terra. Non gli andava più di essere sbeffeggiato dai gobbi, non poteva sopportare le angherie di chi si crede più forte. E reagì da Toro. Lui stesso raccontò, anni do-po, che a seguito dell’episo-dio fu preso e portato in trionfo da centinaia di tifo-si granata e gli urlavano: “Questo è il Toro!“. Certo, da uomo d’altri tempi quel era, non si era mai dichiara-to contento di quel gesto. E ciò gli fa onore. Ma questo episodio, come tanti altri legati alla maglia granata, testimoniano di come il pro-blema del calcio di oggi sia la mancanza di uomini di ie-ri.

Auguri mister Giagnoni.

Giacomo Serafinelli

moviola

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 15

Bacigalupo, un portiere entrato nella leggenda.Valerio Bacigalupo, nasce a Vado Ligure mercoledì 12 marzo del 1924, da Enrico e Angela Brunasso, contadini, gestori anche di uno stabi-limento balneare nella cit-tadina del savonese. Vale-rio era l’undicesimo di una famiglia patriarcale. Il fratello Manlio di 16 anni più anziano di lui, giocò (anche lui portiere) nel Torino, disputando 10 gare nel Campionato 1927/28, al-ternandosi con l’altro “Grande” portiere, “Censin” Bosia alla guardia della porta granata, quando il Toro conquista il suo se-condo scudetto consecutivo. A fine stagione Manlio tor-na a Vado, per poi passare al Genoa, dove dopo una lunga carriera, ne diventa l’allenatore. Valerio ini-zia la carriera agonistica, a 14 anni, nella stagione calcistica 1937/38. E’ tes-serato negli “Allievi” del Vado, allenato dal fratello Angelo. Una domenica, per infortuni o malattia, i portieri del Vado erano in-disponibili, e si doveva giocare la partita Vado - Savigliano , valida per l’allora Campionato di Se-

rie C. La scelta forzata di Angelo fu di schierare il fratellino Valerio tra i pali. Destino volle che fosse concesso un calcio di rigore ai “cuneesi” che na-turalmente… Valerio parò !!! La gara fu persa dal Vado per 2-1 ma, a fine ga-ra i dirigenti e i tifosi del Savigliano, tributarono al giovanissimo portiere applausi e complimenti. Iniziava così ufficialmente la “super” carriera tra i pali di Valerio Bacigalupo. Nel 1942, quando il giovane portiere ha 17 anni, il Va-do viene sciolto, Valerio, passa allora alla Cairese (Cairo Montenotte), squadra di Promozione. Essendo in tempo di guerra, la squadra non aveva le maglie per scendere in campo, e allora giocò con quelle “rossoblu” prestategli dal disciolto Vado. A Valerio fu trovato un posto di lavoro in comu-ne, per consentirgli la so-pravvivenza, da ricordare che già nell’estate 1941, era stato segnalato al To-ro, dove già vi erano Fer-raris II, Gabetto, Grezar e Valentino Mazzola. I diri-genti vedono in lui un po-tenziale campione e da al-lora sarà seguito attenta-

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TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 16

mente dagli osservatori granata. Dopo la stagione alla Cairese, Bacigalupo fu ingaggiato dal Savona (al-lora in Serie B) per dispu-tare il Campionato 1942/43. All’esordio il Savona (nel-lo Stadio oggi a lui dedi-cato), è impegnato contro una squadra di Roma, la Ma-ter, Valerio para due rigo-ri, anche se il risultato sarà sfavorevole alla sua squadra 1-9, ma, in tribuna a osservarlo c’era niente-meno che il C.T. della na-zionale di calcio italiana Vittorio Pozzo, incuriosito dalle imprese del nostro campione. Nel 1944 (campio-nato di Guerra Alta Ita-lia), “Baci” passa alla squadra di cui da sempre è tifoso: il Genoa e il 27 febbraio di quell’anno, in-crocia per la prima e unica volta quelli che tra poco tempo saranno i suoi nuovi compagni d’avventura. Sem-pre da fonti incerte, la partita si svolge al “Moto-velodromo” di Torino, in-fatti il “Fila” era inagi-bile perché… bombardato, e Valerio non viene rispar-miato… direi proprio bom-bardato, dai suoi futuri compagni. È la 7° Giornata del Campionato misto alta

Italia, “Girone Piemonte-se”. Torino Fiat - Genova 1893 7-1. Reti: 7’, 24’, 75’, 88’ Gabetto (T), 59’ e 80’ Piola (T), 85’ Ferraris II (T), 90’ Gè (G). Forma-zioni; Torino Fiat: Grif-fanti; Cassano, Piacentini; Gallea, Ellena, Cadario; Ossola, Piola, Gabetto, V. Mazzola, Ferraris II. Alle-natore: Antonio Janni. Ge-nova 1893: Baigalupo; Spa-doni, Sardelli; Andrighet-to, Genta, Poggi; Gè, Ber-toni, D. Nichelini, Verri-na, Conti. Allenatore: Ot-tavio Barbieri. Arbitro: Mattea (Torino). Termina il campionato e, il Presiden-tissimo granata, Ferruccio Novo si reca a Genova per mettere sotto contratto il giocatore ma ecco… la sor-presa, Valerio è ancora tesserato come giocatore del Savona. Novo risolve questo problema e Valerio (che come clausola, chiede di essere titolare fisso…) si trasferisce nella squa-dra Campione d’Italia. Al Savona vanno 160.000 lire più l’incasso di un’amiche-vole. Valerio riceve come ingaggio 80.000 lire. Il Toro già fortissimo, diven-ta grande !!!! Con Valerio arrivano Aldo Ballarin dal-

moviola

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 17

la Triestina, Eusebio Ca-stigliano dallo Spezia, Virgilio Maroso (dopo una stagione in prestito al-l’Alessandria) e Mario Ri-gamonti dal Brescia. Ad al-lenare i “Campionissimi”, il torinese (ex giocatore granata), Luigi Ferrero. Bilancio nel Torino di Va-lerio Bacigalupo: 137 pre-senze (tutte in campiona-to).Albo d’oro: 4 scudetti (1946, 1947, 1948, 1949). 5 Presenze in nazionale A.

Secondo il mio modesto pa-rere, Valerio Bacigalupo va collocato tra i cinque mi-

gliori portieri della sto-ria granata con Lido Vieri, Luciano Castellini, Luca Marchegiani e anche Aldo Olivieri (Campione del Mon-do a Francia 1938). La classifica fatela voi ami-ci.

Sandro Bertolino

la palla

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L’Arco che non c’è di Adalberto Libera.Questa meravigliosa illu-strazione, quasi metafisi-ca, raffigura l’arco imma-ginato ma mai realizzato di uno dei nostri architetti più famosi: Adalberto Libe-ra. Quando nel 1937 si de-cise di dare il via al pro-getto dell’E.42, ovvero la creazione del quartiere Eur dove avrebbe avuto luogo l’Esposizione Universale del 1942, l’arco avrebbe costituito la porta sud di accesso a Roma. Evidente-mente la sorte non fu trop-po benigna, infatti l’E42

non ebbe mai luogo e l’arco non fu mai costruito perché la seconda Guerra Mondiale deflagrò violentemente sep-pellendo ogni progetto ol-tre che le vite di migliaia di soldati e civili. L’ar-chitetto Libera (1903 – 1963) nasce a Villa Lagari-na, nel Sud Tirolo, ma stu-diò a Parma, iscrivendosi, dopo gli studi classici, alla Facoltà di matematica ma frequentava anche le le-zioni di architettura che poi scelse definitivamente come facoltà quando si tra-sferì all’università di Roma. Nel 1930 fondò anche il M.I.A.R. (Movimento Ita-liano di Architettura Ra-zionale) gruppo formato da una cinquantina di giovani architetti che intendevano promuovere i dettami del-l’architettura razionalista in Italia. Il razionalismo nasce in Germania per dif-fondersi ben presto nel re-sto d’Europa e predicava la riduzione all’essenziale diversificandosi, quindi, dal classicismo: basta con il passato, via le decora-zioni; infatti l’opera do-veva rispondere a criteri di funzionalità , utilizza-re linee, angoli netti, cercando di risolvere le

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esigenze dell’edilizia di massa con la creatività. A Roma tra le opere legate all’architettura razionali-sta possiamo elencare: la nuova università La Sapien-za, via della Conciliazio-ne, piazza Augusto Impera-tore e l’Eur. L’Eur costi-tuiva il progetto mussoli-nano della Terza Roma che si sarebbe sviluppata al di fuori del centro storico e che sarebbe giunta fino al mare lungo la via Imperiale (l’odierna Cristoforo Co-lombo). Adalberto Libera vinse il concorso per rea-lizzare il Palazzo dei Con-gressi dell’Eur e nella no-stra città progettò anche il palazzo delle Poste di via Marmorata, i villini Tirrena a Ostia, la zona est del Villaggio Olimpi-co, edifici al Tuscolano (quartiere realizzato tra il 1950 ed il 1954) l’ex cinema Airone all’Appio La-tino… Ma oggi ci occupiamo dell’ Arco che non fu! L’Arco, la porta sud di ac-cesso a Roma, era stato im-maginato come una struttura alta 100 metri in allumi-nio che avrebbe coniugato l’idea del passato legata all’arco di trionfo e la modernità rappresentata dal

materiale di costruzione: sarebbe sorto, secondo i disegni pervenuti, dove og-gi si trova l’ex Palazzetto dello Sport (ora Palalotto-matica) dell’architetto Nervi. Da notare che a St. Louis, nello stato america-no del Missouri, l’archi-tetto di origine finlandese Eero Sarinen nel 1947 pro-getta una arco “The Gateway Arch” in onore di Thomas Jefferson in acciaio inos-sidabile che verrà realiz-zato solo nel 1965 dopo la sua morte: per cortesia, andatelo a cercare su Goog-le e poi mi saprete dire…. Tuttavia, le idee sono dure a morire e già nel 2007, sotto la giunta Veltroni, Marco Marsilio, capogruppo di AN, aveva lanciato l’idea di costruirlo, i pa-reri furono favorevoli a patto che la realizzazione fosse ad opera di capitali privati, ma poi non se ne fece nulla. Sotto Alemanno l’idea venne rilanciata da Fabio Rampelli del PDL e si riscatenò il dibattito: contrari, favorevoli, pos-sibilisti. Tra i contrari, Giorgio Muratore, ordinario di Storia dell'architettura a La Sapienza “Ma per fa-vore... che devo dire... è

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una stupidaggine. Mi pare un'idea grottesca. Preferi-rei commentare, che ne so... Godzilla.” Favorevo-li: Paolo Marconi, ordina-rio in Restauro dei monu-menti a Roma3 “Sepoffà - dice -…L'Eur è un mito al-l'estero, considerato un grande museo dell'architet-tura anni Trenta a cielo aperto. E l'arco è un ma-gnifico pezzo di architet-tura. Il punto però è: c'è il posto per le fondamenta? Tecnicamente è ipotesi per-corribile? La proposta è di carattere simbolico e come tale l'apprezzo, ma il pro-blema è dove collocarlo. Filologia vorrebbe che sor-gesse là dove fu previsto (più o meno dove sorge il Palasport di Nervi”. Possi-bilista e perplesso, Renato Nicolini, l’assessore in-ventore negli anni ’80 del-l’Estate Romana” quando d’estate a Roma l’unica co-sa da fare era andarsi a prendere un gelato o una grattachecca… “L'idea è me-no stupida di quelle che circolano di solito, cer-to... l'arco è bellissimo. Ma sono perplesso per due motivi. Si parla di realiz-zarlo con moderne tecnolo-gie, ma... un'idea bellis-

sima dei primi anni '40 realizzata con mezzi odier-ni può rivelarsi un inutile fondale kitsch. Altra per-plessità, Libera, grandis-simo architetto, è morto, e se non sbaglio, ma credo di non sbagliare, di quell'ar-co non esiste un progetto esecutivo.” Come se non bastasse, prima della fine del 2010, Il Sole 24 Ore aveva invitato trenta ar-chitetti e artisti a pre-sentare dei progetti per un monumento  in memoria dei sei paracadutisti della Folgore rimasti uccisi da un attentato suicida a Ka-bul e l’urbanista americano Nikos Salingaros propose di utilizzare proprio i dise-gni dell’arco di Libera. Che dire? Strana storia, strano destino! Come canta Edoardo Bennato: “Seconda stella a destra, questo è il cammino e poi dritto, fino al mattino, poi la strada la trovi da te, por-ta all'isola che non c'è.”

Paola Bracci

il regista

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Il Justice Tour dei ti-fosi del Liverpool.Mick Jones, storico compo-nente dei The Clash e dei Big Audio Dynamite, si ri-unirà nuovamente con Pete Wylie, dei The Farm e con altri ospiti speciali per un due concerti speciali, il primo, presso il The Ac-cademy di Dublino il 30 marzo e poi, il secondo in ordine temporale, al The Spring & Airbrake a Belfast il 31 marzo. Questo tour è nato per trovare dei fondi a favore dell’ Hillsborough Justice Campaign, l’asso-ciazione composta dai tifo-si del Liverpool, per far luce sui fatti di Hillsbo-rough accaduti il 15 aprile del 1989. E’ stato ideato da Peter Hooton, il cantan-te del gruppo The Farm, che pensò all’inizio di fare un unico concerto in un evento speciale che si tenne all’ Olimpia di Liverpool il 24 settembre 2011. Quella not-te, Jones eseguì una sele-zione dei successi più fa-mosi dei leggendari The Clash, un gruppo che ha fatto la storia della musi-ca rock anglosassone. Jones tornò a suonare dal vivo, le canzoni dei The Clash, per la prima volta dal lon-

tano 1982, davanti a più di mille fan. Quella sera, il grande successo di quella indimenticabile manifesta-zione ha convinto il gruppo di musicisti a prendere in considerazione l’ipotesi di poter fare anche un tour in tutto il Regno Unito. Nel concerto tenutosi, tem-po dopo, nella città di Londra si sono raggiunti anche i Primal Scream e Paul Simonon, mentre, nella successica serata di Liver-pool hanno suonato anche il cantautore Billy Bragg e John Power. Inoltre è sali-to sul palco con il comico John Bishop. Nel concerto tenuto in Galles nella cit-tà di Cardiff anche James Dean Bradfield è salito sul palco con gli altri arti-sti. Ma forse il punto più elettrizzante del tour di dicembre è stato quando so-no saliti sul palco anche due leggende della musica rock come John Squire e Ian Brown degli Stone Roses, che hanno scelto il Justice Tonight Tour, che si è te-nuto nella città di Manche-ster, per fare la loro pri-ma apparizione sullo stesso palco di nuovo insieme, do-po ben 15 anni. Peter Hoo-ton ha dichiarato in questi

il regista

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giorni alla stampa anglos-sassone: "Il tour è stato un magnifico successo non solo per i tanti spettatori che vi sono accorsi, ma so-prattutto per il sostegno ricevuto da così tanti fa-mosi musicisti, che si sono dimostrati sensibili verso questo spinoso argomento. Come non ricordare i Gla-svegas che si sono esibiti nella città di Glasgow, gli The Stone Roses a Manche-ster, Reverend and the Ma-kers e Richard Hawley nella città di Sheffield.. , è stato davvero fantastico. "Ovunque siamo andati la musica era incredibile e il pubblico è stato fantasti-co. Il tour è servito so-prattutto però come opera di sensibilizzazione a fa-vore della Hillsborough Ju-stice Campaign. Questo è quello che hanno detto John Squire e Ian Brown, dopo la loro esibizione: “ Alcune cose trascendono il solo gioco del calcio - e questo problema è una di queste”. "Mick Jones è la vera forza trainante dietro a questo movimento. E’ stato lui per primo a dire che voleva continuare il tour anche in Irlanda. Ha detto che si sente come se stesse prote-

stando e lottando per otte-nere giustizia ancora una volta, come nei lontani an-ni ottanta, un sentimento che non aveva più sentito da quando, verso la fine degli anni settanta, ha iniziato a scrivere le can-zoni per i dischi dei The Clash”. "Lui vuole portare questo spettacolo in tutto il mondo e se Mick vuole fare qualcosa come musici-sta, noi siamo più che fe-lici di andare avanti in-sieme a lui". Un grande successo per tutti i tifosi del Liverpool, che chiedono a gran voce da tanti, trop-pi anni che sia fatta giu-stizia sui tristi fatti di Hillsborough in cui persero la vita 96 tifosi innocen-ti.

Giorgio Acerbis

Radio Sodalizio

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Ci manchi, BOB.Un anno fa ci lasciava Bob Lovati, in occasioni simi-li, il foglio bianco davan-ti a se, dove scrivere qualche riga di ricordo, sembra un ostacolo insor-montabile. Troppo il timo-re, di scrivere le solite cose scontate e banali. Per tutti quelli che come noi dell’Associazione Sodali-zio, considerano la S.S. Lazio non una semplice formazione di calcio, ma un valore che ci accompagna indissolubilmente per tutta la nostra esistenza, la fi-gura di Bob Lovati è stata quella, che forse più di tutte ha incarnato lo spi-rito e l’indole del tifoso Laziale. Bob Lovati sembra-va un gentleman inglese, sempre pacato, mai sopra le righe, sempre pronto ad aiutare tutti, ma soprat-tutto sempre dedito alla causa della S.S. Lazio, pronto a lottare e a sacri-ficarsi per il bene di quei colori che amava. Con i no-stra casacca ha giocato, vinto, allenato, è stato sempre pronto quanto ce ne è stato bisogno. Una volta Bob Lovati, lo incontrai nella storica sede della Lazio a Via Col di Lana,

quando ero solo un adole-scente, eravamo in una cal-da giornata d’inizio estate e mi ero recato nella vec-chia palazzina nel cuore storico di Roma, per sotto-scrivere il mio abbonamen-to. Ai tempi salivi qualche rampa di scale ed arrivavi, in una stanza, con degli sportelli simili a quelli di un ufficio postale dove, dopo un po’ di fila, potevi finalmente ritirare quella tessera che ti avrebbe per-messo si seguire dal vivo i tuoi campioni, ogni domeni-ca nelle loro gare casalin-ghe. Prima di entrare in questa stanza vidi Bob Lo-vati, che parlava con una tifosa, aspettai che finis-se di parlare con la signo-ra, poi mi avvicinai e gli chiesi se mi potesse fare un autografo su un vecchio biglietto che avevo per ca-so nel mio portafoglio, mi chiese come mi chiamassi e mi autografò il vecchio ta-gliando. Lo ringraziai per aver salvato la S.S. Lazio da una probabile retroces-sione, lui mi sorrise e se ne andò. Paziente e dispo-nibile, come lo è stato in tutta la sua vita con tutti i tifosi Laziali. Nella stagione calcistica prece-

Radio Sodalizio

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dente era subentrato sulla panchina della sua amata S.S. Lazio, sostituendo Luis Vinicio, che nonostan-te le sue indubbie capaci-tà, con i suoi modi troppo bruschi, si era inimicato troppi giocatori biancoce-lesti. Il 9 di aprile del 1978, dopo la sconfitta pa-tita a Foggia per 3-1, Lo-vati sedeva sulla panchina della S.S. Lazio. Quel giorno arrivava a Roma la Fiorentina di Galli, Caso e Casarsa, anch’essa invi-schiava nella lotta per non retrocedere. Allo stadio, tra gli altri 45000 spetta-tori, sedevo nella vecchia tribuna Tevere non numera-ta, lato Curva Nord, insie-me a mio padre. Quella era una partita che la S.S. La-zio avrebbe dovuto vincere assolutamente, per sperare di ottenere l’agognata sal-vezza. Lovati per questa partita decisiva decide di affidarsi alla vecchia guardia, ai giocatori che con Tommaso Maestrelli, so-lo pochi anni prima avevano vinto lo scudetto incantan-do l’Italia intera. Avrà ragione, perché saranno proprio i pretoriani di quella vecchia S.S. Lazio ad essere determinanti per

ottenere l’intera posta in palio. Martini, giocò forse quel giorno una delle sue migliori partite con la ca-sacca con l’aquila sul pet-to, correva come una furia sul prato verde, esaltando noi tifosi che trepidanti e speranzosi, seguivamo le vicende della gara dagli spalti. Wilson coprì tutti gli spazi in difesa e Gar-laschelli, in avanti si prodigò per creare gli spa-zi per gli inserimenti del giovane centrattacco Bruno Giordano. Sarà proprio lui, al 37’ della ripresa, gra-zie ad un passaggio del-l’inarrestabile Gigi Marti-ni a segnare la rete che regalò i due punti e la speranza concreta di sal-varsi alla S.S. Lazio e d ai suoi tifosi. Ricordo a fine gara gli abbracci che i giocatori riservarono al loro allenatore ed i tan-tissimi tifosi della S.S. Lazio, in piedi sugli spal-ti, che non volevano uscire da quello stadio, dove si era scritta una pagina im-portante della nostra sto-ria. Quella storia di cui Bob Lovati è stato sempre parte integrante!

Giorgio Acerbis

schegge di STORIA

TRIBUNA TEVERE N.6 - APRILE 2012 PAGINA 25

Liverpool Football ClubUna delle primissime immagini del Liverpool Football Club, con il presidente John Houlding seduto al centro. Scattata di fronte al Bowls pavilion, sul retro dell'Hotel Sandon, la squadra indossava ca-micie a spicchi blu e bianco. La data della foto è sconosciuta, ma si pensa che sia stata scattata tra il giugno e l’agosto del 1892.

S.S.Lazio Calcio1928: inedite maglie a strisce verticali per Lazio e Napoli.

ASSOCIAZIONE CULTURALE SPORTIVA SODALIZIO BIANCOCELESTE

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“ASSOCIAZIONE SODALIZIO BIANCOCELESTE”

...e... STADIO “OLIMPICO” di ROMA - TRIBUNA TEVERE

VECCHI SPALTIVIA DI POGGIO MIRTETO, 21 - ROMA