IL TESORETTO DI GIACOMO

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Riflessioni di un folle

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Alcuni giornali ne parlarono, qualche programma di ciance pomeridiane approfondì, tanto per fare audience sulla notizia del momento, poi ovviamente silenzio.

Le pagine di Cronaca del Corsera riportavano: << UOMO SI SPARA ALLE TEMPIE>>. E in occhiello: <<ancora misteriose le cause dell’insano gesto>>. E le cause tali sarebbero rimaste, misteriose.

La notizia destò curiosità perché accanto al suo cadavere furono ritrovati alcuni documenti, “un diario” fu detto, poi “un romanzo”, poi un “trattato”. Poi una soubrette si fece ingravidare, e tutti si dimenticarono di Giacomo e del suo scritto. Anche se in quei grotteschi 15 secondi di gloria, durati due o tre giorni, qualcuno analizzò quei documenti, ne dette una più accurata definizione, e una più sagace critica.

<<Platonismo, storicismo, secolarizzazione del trascendentale>> disse qualcuno. << Filosofia spicciola da terza elementare>> rispose qualcun altro. <<Manuale d’ ascetismo dal sistema capitalistico-consumista>> strumentalizzò un altro ancora.

Il mistero rimane… ma ormai la soubrette di turno si è fatta ingravidare, e a nessuno importa più.

Il “Tesoretto di Giacomo” è, e rimarrà sempre nella spazzatura… spazzatura, vomito, non c’è motivo di mostrarlo… eppure, perversamente, eccolo :

“se le porte della percezione fossero spalancate, le cose apparirebbero all’uomo per come realmente sono: infinite!” (William Blake)

Nell’intera storia dell’umanità non è mai esistito in tempo in cui le porte della percezione siano state aperte (spalancate), da ciò consegue che la società di oggi è formata da ben pochi liberi pensatori.

Il libero pensiero è la perfetta forma di contributo umano alla sua stessa evoluzione, un incondizionato contributo al progresso. Il libero pensiero è però irraggiungibile senza la totale apertura delle porte della percezione.

Le cause fondamentali della chiusura delle porte della percezione, e della conseguente carenza di libero pensiero, sono tre: un’errata concezione della pedagogia, le referenze, e gli stereotipi.

La “pedagogia” è: lo studio del problema educativo e di tutti i suoi aspetti, quali la determinazione dei fini che ci si propone di raggiungere mediante l’istruzione, e la ricerca dei metodi più atti a conseguirli.

L’istruzione, in tutte le sue forme, prevede un comunicare tra due soggetti, colui che da informazioni, e colui che le riceve. Allo stato attuale, L’uomo però, anche se volesse, non è in grado, di trasmettere informazioni in maniera asettica, vale a dire che qualunque teoria è esposta in maniera diversa a seconda dei soggetti, i quali dapprima filtrano la tesi, e poi la divulgano. il risultato è una reazione a catena, che provoca una distorsione della tesi stessa, che avviene generalmente in maniera spontanea, ma, a volte può essere anche fatta appositamente per mettere in evidenza alcuni punti della teoria anziché altri. Quindi il più grande problema educativo è la comunicazione.

Il problema pedagogico, diventa ancora più intricato quando parliamo di referenzialismo, il fenomeno secondo il quale, il pensiero di un soggetto assume più importanza rispetto al pensiero di un altro, i metodi pedagogici e le nozioni da somministrare ai discenti vengono selezionate con questo criterio. Le idee di Un pedagogo che ha più referenze, avranno certamente una maggiore impronta sugli discenti che recepiranno una teoria non fedele a quella effettiva, quindi un pensiero non libero, ma condizionato a quello del pedagogo.

Fino ad ora abbiamo parlato di referenze riferendoci all’individuo, ma anche le sole teorie sono sottoposte a questo uso. L’attribuire più valore ad una tesi anziché ad un'altra (l’esigenza di dare referenze), dovrebbe essere stato un mezzo per divulgare le teorie più “importanti”, evitando al soggetto una, inutile e scontata (?) cernita. Ciò è un grosso errore, dato che il pensiero di ogni uomo è relativo, teorie non importanti per un soggetto possono essere importantissime per un altro. Inoltre i criteri di attribuzione delle referenze sono stati sempre scelti in modi sbagliati, subordinati a temporanee tendenze della società, o (ipotesi peggiore), da strumentalizzazioni politiche. La “cultura” che viene somministrata è colma di referenzialismo, essa trova modo di espandersi grazie al sistema pedagogico, ciò nuoce gravemente al raggiungimento del libero pensiero, (all’aperture delle porte della percezione).

È quindi necessaria una riforma della pedagogia, essa dovrebbe non più essere uno strumento per impartire nozioni predeterminate, bensì dovrebbe essere una asettica mostra di tutte le teorie, che ha

come fine, non l’insegnamento di queste, bensì porre l’individuo sul piano di scegliere soggettivamente le teorie che egli ritiene più valide, al fine di uno studio e di una cultura davvero libera.

la sterilità di esposizione è forse un'altra utopia, la società dovrebbe essere sensibile al problema da intraprendere un lungo percorso che culminerebbe con l’eliminazione del settarismo. Questo percorso non può essere però intrapreso senza l’eliminazione di tutti i tipi di referenze, se una tesi ha maggiore referenza di un'altra, il soggetto sarà portato a sceglierla, trascurando, di conseguenza, altre, le quali (solo perché non hanno referenze) non sono necessariamente meno valide.

OBIETTIVISMO

Raggiungere il libero pensiero, cosa già ardua di suo, rimane in ogni caso il solo presupposto al contributo dell’individuo allo sviluppo dell’umanità.

I mezzi per dare un contributo all’umanità sono pressocchè infiniti, in prima linea troviamo le arti: pittura, scultura, architettura, musica, teatro, cinematografia, fotografia etc… ma anche i contributi nei campi tecnici non sono da sottovalutare. In parole povere qualsiasi sia la vocazione dell’individuo è giusto perseguirla dato che, in ogni caso, l’individuo con il suo operato aggiunga un tassello ulteriore al grande mosaico dello sviluppo umano.

È il tempo la risorsa base che qualunque uomo deve impiegare per perseguire la sua attitudine, o qualsiasi altra arte alla quale egli voglia dedicarsi. In pratica, la vita umana dovrebbe essere una corsa all’obbiettivo. Il concetto di raggiungere gli obbiettivi gradualmente è una delle più scontate ovvietà, nonostante ciò si continua a valorizzare l’obbiettivo finale, anziché il singolo gradino, e questo crea molta frustrazione dato che, tenendo presente come unico obbiettivo quello finale, e guardare al gradino solo come ad un mezzo, l’individuo si sente non come un essere che ascende una scala, bensì come uno che si trova davanti ad uno strapiombo e salti in continuazione tentando di scavalcarlo, fallendo, in pratica se si tiene presente come obbiettivo solo quello finale e ovvio che ogni avanzo di gradino viene visto come un fallimento, ma se come obbiettivo si concepisce anche il singolo gradino, allora anche quel minimo avanzamento (fatto giorno per giorno), è un successo. L’insieme di tutti i gradini ci porta al “piano”, vale a dire il macro obbiettivo, prefissato tenendo presente del proprio pensiero, in pratica il tassello che l’individuo suole dare all’umanità.

l’unità di tempo sulla quale misuriamo l’avanzare dei gradini è la giornata, composta da 24 ore.

BILANCIO

Socrate definiva le sue analisi introspettive come “esami di coscienza”, nel suo caso, Coscienza intesa come specchio dell’anima.

se alla coscienza attribuiamo il significato di facoltà di percepire, allora il concetto di esame diventa ancora più ampio, eseguire un esame di coscienza vuol dire valutare tutta la nostra percezione.

La rivoluzione freudiana dello studio della psiche sta nell’abbandono della ipnosi, allo scopo di comprendere il proprio quadro psicologico, in maniera conscia, da cosciente, appunto in piena facoltà di percepire, percepire se stessi, il punto sta nel fato che la vita è relativa, e da questa relatività viene condizionata anche la percezione, che diventa anch’essa relativa. Quindi la relatività rende impossibile lo studio della psiche al di fuori dell’individuo stesso. È impossibile porre regole ad una scienza diversa per tutti gli uomini, ecco perché ogni individuo deve studiare se stesso, senza alcun esterno ausilio, capire le regole che dominano il proprio pensiero.

Il fine di questo studio interiore è quello di rendere più oggettivi possibili gli esami di coscienza, ovviamente da intendersi in senso lato.

L’immagine che meglio rende l’idea di un esame di coscienza in senso lato è a mio avviso un bilancio economico.

Così come In un bilancio economico viene messo in relazione tutto l’esercizio economico, specificando gli utili o le perdite per i vari settori, nell’esame di coscienza umano devono essere trattati tutti i micro obbiettivi, verificare il loro apporto ai macro obbiettivi, e, cosa più difficile, valutare il tutto in maniera oggettiva, senza condizionamenti psicologici.

La perdita più grave si ha con i tempi morti, per tempi morti intendo, quelle situazioni di stasi di paralisi, dovuti non ad esigenze primarie, quale il riposo od il divertimento, ma ad atre situazioni che il soggetto può indubbiamente evitare.

Il lavoro di rendere la nostra psiche oggettiva è un lavoro che va eseguito individualmente, dato che la psiche varia di persona in persona, anche il lavoro di bilancio va eseguito introspettivamente, ed è fondamentale, come si è detto l’unita di misura dei micro obbiettivi è il giorno di 24 ore, e con questo bilancio, si può gioire dell’obbiettivo raggiunto, od porre rimedio ad un obbiettivo non raggiunto.

IL CAVALLO DI TROIA

Pirandello scoprì un lato importante dell’aspetto umano, l’immagine, […]. Alcuni personaggi delle sue opere traggono vantaggio dalla loro maschera. Ottenere questo vantaggio presume però una buona conoscenza dei circoli di persone, delle idee e delle personalità degli individui con i quali si interloquisce.

L’immagine ha per l’uomo una grande importanza, possiamo definirla come la forma base di referenza, e, come detto, il peso di una tesi esposta da un individuo che ha referenze è superiore ad una tesi esposta da un comune, e questo a prescindere dal valore oggettivo della tesi stesa. Per mezzo della immagine è possibile anche la creazione di paradossi, ove una tesi valida, esposta da un individuo che possiede una negativa reputazione, non viene evidenziata.

È quindi opportuno a chiunque, uno studio della propria immagine, in modo da renderla idonea all’ambiente dove la tesi è esposta.

Tale applicazione è da definire, più che come una maschera, come un cavallo di troia.

Nell’opera epica “l’odissea” gli achei donano un cavallo di legno ai troiani, in simbolo di resa abbandono e sottomissione, tale cavallo portato nelle mura della città troiana si rivela in realtà una calamità per il popolo troiano dato che i soldati achei nascosti nel cavallo di legno, escono da questo e massacrano i troiani all’interno delle loro mura.

Quindi, l’immagine studiata per ottenere credibilità (referenza) è un cavallo di troia, l’individuo per ottenere credibilità, potrebbe nascondersi anche in comportamenti od ideali a lui contrari, i quali però, una volta che l’individuo avrà avuto credibilità, saranno pronti a scomparire, per lasciare il posto alle vere idee dell’individuo, le quali non sarebbero mai emerse se dette in un momento in cui non si hanno credenziali.

Lo studio della propria immagine comporta però un rischio, l’individuo può diventare assuefatto alla sua immagine , quindi, tentato dal successo ottenuto con l’immagine studiata, cambiare le sue teorie originali senza nemmeno accorgersene, o accorgendosene ma consentendo ciò, e quindi la tesi originale non sarà mai più esposta.

Per tornare all’esempio del cavallo di troia, egli è offerto come simbolo di resa al fine di nascondere una beffa, ma se i soldati ateniesi, sarebbero morti, il piano non avrebbe avuto successo, ed il cavallo sarebbe rimasto un simbolo di sottomissione, e gli achei non sarebbero più entrati in troia.

Machiavelli affermò che qualunque mezzo è giustificato se il fine è valido, studiare la propria immagine per renderla idonea ad ottenere credenziali, ed applicare questo studio anche al costo di tradire (temporaneamente) i propri ideali, dal punto di vista etico può apparire alquanto infelice, ma come si è detto prima la vita umana è una corsa all’obiettivo, e quindi per proseguire la corsa (il fine valido), si è disposti a tutto (qualunque mezzo).

INTEGRAZIONE DI UNA IDEA NEL PROPRIO PENSIERO

L’assuefazione all’immagine del cavallo di troia, come si è detto, è un qualcosa che avviene, in maniera inconsapevole. Il più delle volte si crede di vivere una evoluzione del proprio pensiero, mentre invece si inizia a vivere una dipendenza dalla propria immagine, od un profondo condizionamento imputato ad altre situazione, in ogni caso estranee alla oggettiva evoluzione del proprio pensiero.

Per oggettiva evoluzione, si intende una evoluzione incondizionata da qualunque tipo di esperienza ottenuta al di fuori dell’essere, per esperienza si intende esperienze di vita come successi fallimenti, ed esperienze di elaborazione artistica, esempio più lampante è la lettura critica di un saggio filosofico (esperienza al di fuori dell’essere facilmente confondibile con una esperienza interiore), il saggio filosofico offre infiniti spunti di riflessione che ci posso ingannare, dato che gli spunti di riflessione rappresentano un trampolino che permette di crearci artificiosi voli nel nostro pensiero, artificiosi perché è impossibile immaginare un saggio di filosofia che tratti tutti gli argomenti di riflessione possibile, quindi, a prescindere dalla scelta dell’individuo, per alcuni argomenti si è dotati del trampolino (spunto di riflessione derivante dal saggio), per altri argomenti (quelli non trattati dal saggio) non se ne dispone.

La difficoltà consiste quindi nell’intuire il confine tra evoluzione e deviazione (dovuta a cause estranee) del proprio pensiero. Al sorgere di un dubbio, di una idee, di una nuova teoria, l’individuo dovrebbe verificare se questi sia coerente con il proprio pensiero originario (presumibilmente ottenuto con criterio di oggettività). Nell’evenienza in cui vi sia una coerenza, ovviamente l’idee deve essere integrata nel proprio pensiero, altrimenti deve essere archiviata. indubbiamente l’archiviazione di una idea è un processo che non va preso alla leggera, bisogna riflettere bene e convincersi dell’oggettività della soluzione. sia l’accettare di una nuova teoria incoerente con il proprio pensiero, che archiviarne una con superficialità (quindi in maniera non oggettiva), consiste in una deviazione del proprio pensiero.

Qualora, la nuova teoria, nonostante sia incoerente con le altre, è, ad avviso dell’individuo, comunque rilevante per il suo pensiero, il soggetto dovrà mettere in discussione tutti i punti del suo pensiero incoerenti con la nuova idee, quindi seguire una decisione, sempre adoperando il criterio dell’oggettività. Spesso un’idea nuova che può apparire come una deviazione, è invece la più grande crescita, anche se è forse una delle più difficili sorte di evoluzione di pensiero.

PENSIERO BILATEREALE

Il modo più adeguato di ricercare la nostra oggettività interiore è certamente quello di porsi, riguardo ogni pensiero, domane (pressocchè) infinite, ed ovviamente di dare risposte oggettive.

In pratica il nostro pensiero, dovrebbe essere in grado di “calcolare” tutte le critiche possibili (pressocchè infinite) ad una nostra idee, al fine di levigarla, e renderla davvero oggettiva. Se questo criterio sarà applicato sempre allora sarà possibile avere una oggettività interna. Una sorta di “pensiero bilaterale”, dove è opportuno trovare il raggio che chiameremo “idea”, il quale copre tutte le soluzioni di pensiero coerenti con le nostre teorie, ed il raggio opposto, che chiameremo “controidea” il quale copre tutte le soluzioni, incoerenti od addirittura opposte al nostro pensiero. Una volta quindi individuate tutte le possibili soluzioni a riguardo, bisogna stabilire le più oggettive, che formeranno l’idea definitiva.

PSICOANALISI AUTONOMA

Sebbene, la psicoanalisi, sia svolta da un secondo individuo, e quindi possiede il vantaggiosa portare al soggetto soluzioni che il soggetto non ha raggiunto con il proprio pensiero, la psicoanalisi è un qualcosa che va svolta interiormente, senza alcuno altro soggetto, questo a causa di tre motivi.

Il primo si riferisce al soggetto che svolge la psicoanalisi, anche egli non ha sue idee, e suoi metodi non oggettivi, e quindi potrebbe essere più propenso ad approfondire un aspetto della psiche del soggetto anziché un altro, con la ovvia conseguenza di dare soluzioni non oggettive.

Le altre due accuse mosse sortiscono invece dal concetto proprio di psicoanalisi: la prima di queste, consiste nel fatto che, lo studio della psicoanalisi è incompleto, la scienza si sta ancora evolvendo, quindi lo psicologo, non si può avvalere di tutti i mezzi che potenzialmente questo studio può dare, e quindi ancora una volta dare una valutazione non oggettiva.

Tuttavia,Ammettendo anche l’esistenza di uno studio completo e definitivo sulla psiche, c’è un’altra motivazione che rende a psicoanalisi non oggettiva, essa è data dal fatto che la vita è relativa, le esperienze, ed il modo di introitarle nella propria psiche sono diverse di soggetto in soggetto, e vanno quindi esaminate caso per caso, per quanto possa sembrare che esista una logica ben determinata questa non potrà mai essere certa al cento per cento la psicologia è quindi una scienza irrimediabilmente inesatta.

La soluzione ottimale e quindi quella di una psicoanalisi che autonoma, dove è l’individuo che conoscendo se stesso, e non avendo alcun intimo pudore verso se stesso, si mette a nudo, e valuta il suo quadro psicologico in termini oggettivi, il che non dovrebbe essere difficile, se il soggetto ha introitato pensieri, provato esperienze, rivalutato idee preesistenti o generato di nuove ecc. seguendo sempre il criterio dell’oggettività.

FUNZIONI PRIMARIE

Biologicamente l’uomo non può vivere di sola arte o di soli ideali, è una verità amara, ma certamente fondata su esigenze materiali. Fondamentalmente il dovere biologico dell’uomo è riprodursi e fornire ai propri successori la materiale possibilità di vivere, i doveri biologici li possiamo chiamare funzioni primarie, primarie perché sono fondamentali all’uomo per la sua esistenza, da sempre, fin dalla preistoria, ove gli unici “lavori” adoperati erano l’agricoltura e la pastorizia. nelle epoche successive l’uomo ha sviluppato nuovi bisogni, da ciò derivano nuovi settori lavorativi (secondario, terziario), il lavoro non è più inteso come sforzo faticoso al fine della sussistenza (“vizio sociologico” delle epoche passate), ma ciò nonostante, rimane un dovere tassativo. Possiamo quindi dire che il lavoro è un impegno inderogabile per l’uomo.

Ma al dovere del lavoro corrisponde un altro dovere altrettanto importante, vale a dire è non basare la propria vita sul lavoro, sull’obbiettivo materiale della funzione primaria, sulla futile sussistenza, bensì continuare ad impostare la propria vita alla ricerca della trascendenza, adoperando le funzioni primarie soltanto come mezzi per portare avanti questa ricerca nel migliore dei modi.

LIMITI DELL’UOMO

Potenzialmente l’umanità non ha limiti, con adeguati mezzi può giungere dove vuole. Per ora anche l’umanità vive una situazione relativa, dato che, non vivendo oggettivamente, non si conoscono totalmente le potenzialità, ma se queste si conoscessero sarebbe chiaro che l’umanità non avrebbe limiti, questo grazie alla possibilità di una globale collaborazione complementare. Al contrario, l’uomo come individuo è soggetto a due grandi tipologie di limiti, quelli psicologici e soggettivi, non accertati dato che potrebbero essere presenti in alcuni individui e non in altri (data l’inesattezza della scienza psicologica), e quelli che derivano dalla imperfetta natura dell’uomo, quindi oggettivi.

I limiti psicologici sono gli oppi: il primo oppio è la totale autorealizzazione, che non da più all’uomo l’impulso di crearsi nuovi obbiettivi. poi troviamo l’oppio del “fare di necessità virtù”, oppio che mina alla percezione dell’oggettività, spinge all’opportunismo, e al mentire a se stessi, credendo che un atto compiuto per necessità sia stato fatto invece per virtù, ad esempio. Per parlare del terzo dobbiamo supporre la psicologia come scienza esatta, o quantomeno efficace nella maggior parte dei casi, l’oppio va individuato nel funzionamento della più importante istanza del subconscio, l’io, l’io è la parte del inconscio più razionale, è aperta verso il preconscio e chiusa verso il subconscio, tramite il suo meccanismo di “rimozione” sposta le esperienze traumatiche e pericolose dal preconscio (dove l’individuo le può ancora “raggiungere”) al subconscio, dove non saranno mai più manifestate all’individuo se non in forma di sogni o patologie. Il meccanismo di rimozione è quindi un altro limite alla oggettiva percezione, e quindi un limite per il pensiero dell’uomo. L’uomo deve quindi combattere secondo quanto possibile contro questo genere di limiti, al fine di non condizionare la propria oggettiva percezione della realtà ne dalle esperienze, ne da esperienze ne da meccanismi psicologici.

Per quanto concerne i limiti dell’uomo derivanti dalla sua natura imperfetta, ci riferiamo al concetto di “praticità”: la praticità è il rapporto tra pensiero o idea, ed applicazione, esposizione, valutazione altrui di esso.

Anche questo è un limite contro il quale bisogna combattere. La lotta ai limiti umani si combatte quindi su due fronti, sul fronte psicologico, che consiste nella tutela della percezione oggettiva. E sul fronte della praticità, in cui si lotta per l’applicazione delle proprie vocazioni ed attitudini.

RICERCA DELLA CELEBRITA’ E DELLA REFERENZA

il raggiungere un obbiettivo, abbiamo detto, che è il mezzo attraverso il quale si da un proprio contributo al umanità. A volte può capitare che un soggetto possa essere più attratto dalla popolarità che dall’obbiettivo in se per se, cioè dare il proprio contributo. Ciò accade perché l’umanità non è ancora oggettiva, cioè, non esiste un ‘indice preciso che mostri la misura esatta del proprio contributo. L’inesistenza di questo indice ha creato all’interno degli uomini la ricerca della celebrità, infatti l’individuo che non possiede questo indice è spinto a cercare un’oggettiva valutazione delle proprie teorie nell’adesione altrui, cioè nella celebrità o nella referenza.

La celebrità e la referenza sono due indici non oggettivi (appunto perché creati da una umanità non oggettiva), essi si differenziano: la prima consiste nell’adesione alle proprie idee da parte della massa, la seconda invece consiste in una adesione da parte di una elite, che possedendo altre referenze è in grado di condizionare la massa con il proprio pensiero. C’è quindi possibilità di contrasto tra i due indici, una teoria può essere celebre ma non referenziata, a causa del fatto che non vada a genio alla elite nonostante piaccia alla massa, come (in un caso opposto ma ben più difficile a manifestarsi) può essere referenziata ma non celebre, giacché una teoria può essere così mal vista dalla massa che nemmeno l’elite è in grado di dargli celebrità.

GUSTO DELLA VITA

Gli obbiettivi della vita sono infiniti, in genere, compiuto l’obbiettivo si tende ad essere realizzati, ma per un breve periodo di tempo, dopodichè, ci si pone subito un nuovo obbiettivo.

Questo ciclo potrebbe dare l’illusione che la felicità sia una qualcosa di semplicemente passeggero, dato che si potrebbe pensare di essere felici solo in quel breve periodo di realizzazione. ciò non è assolutamente vero, dato che il vero gusto della vita umana, non va ricercato nel breve periodo di totale autorealizzazzione che giunge dopo il compiere un obbiettivo, bensì si individua nel lungo periodo precedente al concludere l’obbiettivo.

Si potrebbe pensare che la felicità nello scalare i gradini si ha solo quando si è sicuri che si giungerà ad un obbiettivo, e che non si cadrà in un fallimento, ciò corrisponde al vero per la maggior parte dei soggetti, questo perché non si ha la saggezza di comprendere che anche i “tentativi falliti” sono estremamente importanti. anche il lieve spostamento di un piede corrisponde ad un tentativo di arrivare ad un macro obbiettivo, e seppure, anche procedendo per tentativi tutta la vita, non si avrà mai la certezza di giungere ad un obbiettivo, ogni tentativo ha più probabilità di giungere ad un macro obbiettivo rispetto a quello precedente, ed ogni tentativo fallito vale anche come eredità di un individuo ad un altro, quindi anche un tentativo fallito si può tranquillamente un contributo alla umanità.

Questa teoria può sembrare il classico esempio dell’oppio di fare necessità virtù di chi ha un basso quoziente di praticità, ciò non è vero, poiché ogni tentativo ha il suo valore, appunto quello di concedere al prossimo tentativo di non essere eseguito con il medesimo errore di quello fallito.

PERDITA DI PENSIERO

Esiste un altro limite della natura umana, quello della perdita di pensiero, nel senso che, il nostro pensiero è continuamente in moto, e innumerevoli idee vengono concepite, si modificano, o vengono dimenticate, quindi ci sona alcune nostre idee che non esterneremo mai più.

tutto ciò avviene in maniera spontanea, senza alcun condizionamento esterno, Quindi questo è un limite diverso da quello della assuefazione al cavallo di troia, e quindi prevede soluzioni diverse.

Fantascintificamente, potremmo immaginare un oggetto che funga da “memoria esterna” al nostro cervello, e che “salvi” tutti i nostri pensieri, ma irrazionalità a parte, il nostro cervello non è in grado di ricordare tutte le nostre idee, le idee modificate, e come erano queste prima delle modifiche, questo perché gli spunti che ci offre il cosmo sono numerosissimi e continui, ci troviamo dinnanzi ad un altro limite apparentemente insormontabile, dovuto alla imperfetta natura dell’uomo.

OBBIETTIVI O FELICITA’

Sento di riportare una mia affermazione soggettiva: “è molto più importante la meta rispetto al viaggio”. Senza generalizzare troppo, in alcuni casi, le persone tendono a pensare molto più allo stare bene (alla felicità) che ai propri obbiettivi, a mio avviso ciò grava all’umanità, lo sforzarsi per cercare la felicità è una cosa vana: in primis perché l’obbiettivo dell’uomo non è lo star bene, ma raggiungere un obbiettivo finale. Poi perché lo stare bene è un qualcosa che, in un modo o nell’altro, viene anche senza bisogno di sforzo alcuno. Nel mio caso posso dire di raggiungere la felicità grazie alla realizzazione dopo un obbiettivo, invece la raggiungo in maniera minore nel momento in cui cerco la felicità per come è intesa oggi (amore, amicizia, divertimento) cose importantissima, ma certamente futili se usiamo come riferimento la scalata agli obbiettivi.

Per questi motivi è molto più importante la meta della nostra vita, che la qualità della nostra vita stessa. In ogni caso, la bellezza del viaggio non esclude certo il buon raggiungimento di un obbiettivo.

RICERCA DELL’OGGETTIVITA’

Spalancare le porte della percezione vuol dire anche ricercare l’oggettività, sia interiore che universale, per oggettività interiore si intende la crescita del pensiero, l’assecondare delle attitudini, l’evoluzione dell’individuo stesso in maniera asettica rispetto all’ambiente esterno, cioè a tutte quelle situazione che vanno ad incidere la “tabula rasa” dell’individuo.

Così come l’individuo, anche l’umanità è nata con una tabula rasa, purtroppo nelle epoche questa è andata ad incidersi, per le cause che si sono descritte in precedenza, le stesse che hanno dato la carenza di libero pensiero, viviamo in una società non oggettiva e non libera.

La soluzione a ciò è quindi creare il libero pensiero, accompagnato da una visione oggettiva della vita, in maniera tale che le porte della percezione si spalanchino, e vivremo in una libera ed oggettiva società, fatta da liberi ed oggettivi pensatori

L’UOMO NASCE PER ESSERE FELICE E MUORE FELICE

L’uomo nasce per essere felice e felice muore, in pratica se l’uomo “vuole” essere felice non ha problemi ad esserlo questo per vari motivi, in primis, anche in caso di fallimento, la vita offre infinite possibilità di redenzione, certamente ci saranno situazioni in cui la ripresa appare impossibile, ma comunque appaia non conte, ciò che conta è l’infinita possibilità di rialzarsi da qualsiasi caduta, ovviamente necessita la volontà di riprendersi e di non vedere la propria vita in maniera demoralizzante.

L’uomo se per essere felice è disposto a qualsiasi compromesso, può scegliere di tradire l’oggettività della vita ed accettare l’oppio psicologico che tende ad occultare la realtà in modo che questa non faccia male, l’oppio psicologico funziona quale più grande trauma di aver fallito la propria vita, e il meccanismo psicologico della rimozione è finalizzato proprio a quest’uso.

In fine c’è l’ultima via che da una certa felicità, Dio, senza vedere la religione come un qualcosa di buonista e scontato, è giusto dire che Dio non abbandona mai un suo figlio, soprattutto se suo figlio è in difficoltà, Dio offre a tutti noi, anche se non crediamo in Lui, sollievo amore ed una ragione per cui vivere, la sua missione, “La ricerca della verità”

UTOPIA

La mia utopia consiste nella creazione di un umanità ove le porte della percezione siano spalancate, ove tramite l’eliminazione delle referenze ed una riforma della pedagogia gli uomini siano tutti liberi, liberi pensatori, liberi di fare evolvere le loro vocazioni.

Uomini liberi per una libera umanità, un’umanità che grazie al libero pensiero può seguire il suo obbiettivo ontologico.

L’intero sviluppo umano lo si può immaginare come una sorta di “torre di babele”, dove ogni uomo ha il dovere di dare un contributo, di dare un mattone.

Il problema consiste nel fatto che la torre non è mai cresciuta in maniera omogenea, questo perché le porte della percezione non sono mai state totalmente spalancate. Se immaginiamo la mente umana come la tabula rasa notiamo che a causa (principalmente) del referenzialismo e dell’errata concezione della pedagogia, la tabula rasa viene irrimediabilmente incisa, quindi alcuni campi del pensiero umano non vengono sviluppati mentre altri si. Ciò rende la torre di babele non omogenea.

Si supponga l’esistenza di un limite “orizzontale” al pensiero umano, vale a dire un numero determinato (seppure tendente all’infinito), di porte della percezione, quella è l’area della torre di babele, ora a causa della chiusura delle porte della percezione e della mancanza di liberi pensatori che le spalancassero, esistono alcuni (oserei dire molti), punti dell’area della torre di babele dove non è stato posto alcun mattone.

La mia utopia sta quindi nell’individuare l’area totale del pensiero umano, (tutte le porte della percezione), e, grazie al libero pensiero, sviluppare tutti quei punti senza alcun mattone, per giungere ad un omogeneo sviluppo dello sviluppo umano, in cui ogni uomo durante la sua vita ponga mattoni di sviluppo, la mia utopia è una collaborazione di tutti gli uomini che in maniera complementare gli uni rispetto agli altri, sviluppino tutti i campi del pensiero umano. L’uomo è limitato, ma l’umanità è illimitata.

UTOPIA FINALE

Il supporre l’esistenza di un limite alle porte della percezione umana, nasce dal fatto che tutti l’umanità ha una missione, un unico obbiettivo finale: trovare la fine dell’infinito.

L’infinito non esiste nella natura umana, l’umanità nasce con un obbiettivo, ed il suo cammino è circoscritto a questo.

L’obbiettivo finale dell’umanità è l’antitesi dell’anchè, in pratica l’obbiettivo finale è il motivo per il quale esistiamo.

In epoca illuminista nacque la teoria della “causa prima”, vale a dire la materia che all’inizio dei tempi ha generato il tutto, secondo gli illuministi, una semplice materia, non una entità “divina”, ma a loro avviso l’anchè non poteva che essere visto così, dato che l’illuminismo è il ricorso delle teorie religiose medioevali, eccessivamente repressive, quindi l’anchè non è stato valutato in maniera oggettiva.

“la fede e tuffarsi in un burrone in maniera tranquilla data la sicurezza dell’esistenza di qualcuno ti salverà la vita”, religiosamente sento di dire che l’umanità è stata creata da un entità, Dio, lo stesso Dio che come un padre assiste la vita di tutti gli uomini tendendo loro perennemente una mano, salvandoli dalla dannazione , ed aiutandoli nella vita volta alla ricerca della verità.

L’anchè è quindi Dio, che ci ha creati per portare a termine una missione, quindi parlando di un qualcosa che si porta a termine, ecco come per natura l’umanità ha un fine, uno scopo, un obbiettivo… ecco quindi il concetto di “antitesi dell’anchè” , la fine dell’infinito, il compimento della missione umana.

Tornando al concetto dello sviluppo umano immaginato come la torre di babele, fin d’ora abbiamo parlato dell’individuare l’estensione orizzontale, tutte le potenzialità dell’umanità, ma abbiamo trascurato che una volta individuate queste, noi abbiamo tracciato il semplice terreno dove sorgerà la vera e propria torre. Ma la fine dell’infinito va individuata principalmente nella estensione verticale della torre, se l’area sta nelle porte della percezione, la massa nell’intero volume sta nel cammino dell’umanità.

Dove finirà il cammino dell’umanità? Ho individuato la fine della crescita verticale della torre in un evento che citando gli illuministi chiamo “causa ultima”, avverrà quando l’uomo avrà adempito al suo obbiettivo finale, avrà quindi terminato il suo cammino. nuovamente agirà sia l’entità Divina per porre fine alla vita terrena umana.

POSSIBILI TEORIE SULLA CAUSA ULTIMA

Non conosciamo qual è l’obbiettivo dell’umanità, ovvero il punto dello sviluppo umano in cui si manifesterà l’ente divino ed avverrà la causa ultima. Possiamo riportare teorie:

-teoria del tutto: quando la torre sarà completa sia in latitudine che in altezza, cioè quando l’umanità avrà eseguito “tutto”. E per tutto si intende davvero ogni combinazione di azioni e di opere possibile all’uomo, quindi anche gli atti malsani, dato che anche quelli fanno parte dell’insieme del tutto. Quindi secondo questa teoria la causa ultima avverrà solo quando tutte le combinazioni possibili all’umanità saranno state eseguite almeno una volta, e quindi la vita di ogni nuovo essere sarebbe la ripetizione di eventi svolti da altri. causa ultima = torre di babele completa sia in orizzontale che in verticale.

Può darsi che alcune combinazione delle opere o del pensiero umano siano irrilevanti, e quindi la causa ultima può essere raggiunta anche secondo altre teoria:

A seconda del fatto che la causa ultima debba arrivare da uno sforzo comune o di un singolo individuo:

-teoria della concezione comune: consiste non nella esecuzione di tutte le combinazioni, bensì nello sviluppo del pensiero umano, al momento in cui tutti siano in grado di comprendere una, o tutte, le verità. Quindi non si parla dello sviluppo delle opere, bensì di quello del pensiero. Questa ipotesi lascia comunque combinazioni dell’umanità incompiute, ma forse è giusto così dato la bassa rilevanza delle stesse.

-teoria della unica verità: è sufficiente che l’umanità arrivi ad una o tutte le verità, anche se giunge un solo individuo, è la/le verità ciò che conta, non lo sviluppo del pensiero.

A seconda del fatto che si debbano sviluppare solo un campo del pensiero umano o tutti:

-teoria dell’intera area della torre di babele: il singolo uomo/l’umanità tutta, deve compiere/concepire tutti le combinazioni dello sviluppo umano.

-teoria del singolo campo: esiste un unico campo rilevante al fine della causa ultima, e a il singolo uomo/l’umanità tutta, basta compiere/concepire tutte le combinazioni inerenti quel solo campo.

A seconda della necessità di compiere tutte le combinazioni possibile o di semplicemente concepirle.

-teoria della esecuzione: le opere tutte/inerenti al singolo campo, devono essere eseguite, non basta che il singolo uomo/l’umanità tutta le concepisca, questo allo scopo di sfruttare tutta la materia che l’ente divino ci ha donato.

-teoria della semplice concezione: la causa ultima avviene grazie alla semplice concezione delle opere tutte/inerenti al singolo campo, questa teoria può essere probabile se la causa ultima scaturisca da un introitare da parte un insegnamento che il singolo uomo/l’umanità tutta debba introitare.

La causa ultima può inoltre consistere, a seconda della sua entità, in:

-in un insegnamento che il singolo uomo/l’umanità tutta deve introitare, una verità.

-in un utilizzo della materia divina, teso a compiere/concepire tutte le combinazioni con essa possibile

IL BENE ED IL MALE

Dalla ricerca dei metodi per raggiungere la causa ultima scaturisce il concetto di bene e male: il bene è tutto quanto serve al raggiungimento della causa ultima, il male è tutto quanto sia al raggiungimento di quest’ultima, inutile.

È quindi per gli uomini impossibile stabilire con certezza cosa sia il bene e cosa sia il male, dato che il metodo per raggiungere la causa ultima non può essere conosciuto dagli uomini.

Avvalendoci della oggettività relativa, ove secondo la quale sfruttando tutto ciò che esiste ed è concepibile, possiamo sostenere che il male non esiste.